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AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
ANNO I
1927
OIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4. MILANO (108)
Conto corrente postale.
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
UNIONE TIPOGRAFICA - MILANO
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+ € ANNO I. - FASC, 1-2 GENNAIO-MARZO 1927
AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
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DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108)
'Conto corrente postale.
AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
Fsce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.0
DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE
presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4
ABBONAMENTO ANNUO - Italia e Colonie L. 50,30 Estero L. 70,30
NUMERO SEPARATO - » » » 20,00 >»
SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO
AVVERTENZA: Lou i e ale e ene e ana
AGOSTINO GEMELLI O. F. M., L’ordinamento delle Facoltà di let-
tere nelle Università cattoliche straniere . .......
Inedita et rara:
GiovaNNI GALBIATI, Vergilius latine et Graece in Palimpsesto
codice Arabico . LL en
Bollettini bibliografici:
AMBROGIO BALLINI, India - (1915-1924) |. |...
CAMILLO CEssI, Letteratura greca, parte I (1923-1925) . . . . .
GIOVANNI SORANZO, Storia del Papato - (1923-1925) . . ....
Recensioni:
KUMANIECKI C. F. Quo temporis ordine Vergilius singulos Aeneidos
libros elaboraverit (Fel. Ramorino) . .........-.
SoFiA DoLENzZ, Le commedie latine di Suor Rosvita (Felice
RADO): ia e È e Bn A
Luici PARETI, Le origini etrusche I° (Giul. Gìannelli) . . ...
Forma Italiae I 1, ed. Jos. LucLi (Ar. Calderini) . . .....
Notiziario: 1. A proposito delle prime stampe in Italia (P. Rotta)
— 2. La critica nel testo nelle iscrizioni antiche (4. C.) —
3. Pubblicazioni in preparazione dell’ Università Cattolica
dell'Ovest (Angers) — 4. Necrologie (Pascal, Pistelli, Com-
paretti) (fel. amorino) . LL...
Libri ricevuti Lilli
Abbreviazioni LL LL
» 30,00
pag. 3
» 5
359
393
394
398
408
412
413
AVVERTENZA
Nell’iniziare questa nuova pubblicazione periodica, che sarà
l'organo ufficiale della Facoltà di lettere per le discipline storiche,
filosofiche e letterarie, l’Università Cattolica del Sacro Cuore non
ha che a richiamarsi a quei principî che furono a base della sua
costituzione e che essa viene applicando gradualmente e metodi-
camente anche nel campo scientifico:
dirigere cioè gli sforzi di quanti dentro e fuori la sua orga-
nizzazione consentono con essa nella necessità di dare sempre più
e sempre meglio alla scienza carattere di severa austerità, di con-
templazione serena, di vita vera nella visione completa e unitaria
dell'uomo e dei suor destini soprannaturali;
seguire con attenzione e con perseveranza il movimento degli
studî in ogni paese e presso ogni popolo, per ritrarre preziosi in-
segnamenti dall'esperienza e dal consiglio di ognuno a migliore
incremento dei propri lavori;
partecipare con tutte le sue energie anche e sopratutto attra-
verso la scienza alla rinascita spirituale d'Italia e al trionfo del-
l’idea Cattolica nel mondo.
Aevum pertanto darà gran parte della sua attività a consi-
derare il movimento degli studî storici e letterari in Italia e fuori,
per modo che più facile gli riesca e di giudicare con fondata pon-
derazione l'opera degli altri e di procedere con migliore coscienza
e sicurezza sul proprio cammino. Inoltre esso traccerà direttive per
lo studio «cattolico » anche del problema storico leiterario e in base
ad esse saggerà le opere nuove man mano che saranno pubblicate;
raccoglierà l’eco delle attività che le Facoltà di lettere di altre Uni-
versità Cattoliche sviluppano fuori d'Italia; presenterà periodica-
n
aiar
AVVERTENZA
mente materiali nuovi di studio all'attenzione dei ricercatori, perchè
se ne servano per sicuri progressi.
Nella lieta speranza che è in ogni imzio di fatica e nella
ferma fiducia che è în ogm volontà sorretta dalla coscienza di
una nobile missione, Aevum manda 1l suo primo saluto a quanti
lavorano nel campo delle nostre discipline con sincerità e con ar-
dore, chiede loro confidenza e simpatia, collaborazione di senti-
menti e di pensieri, e specialmente quella elevazione di spiriti,
che al di là delle contingenze della vita pratica anche attraverso
lo studio della sioria e le visioni dell’arte, avvicina la scienza
all’infinita sapienza di Dio.
LA REDAZIONE
AGOSTINO GEMELLI O.F.M.
Rettore dell’Università Cattolica del S. Cuore.
L'ordinamento delle Facoltà di lettere
nelle Università cattoliche straniere
Pare utile a noi, iniziando questo periodico che rappresenta il
contributo degl’insegnanti della Facoltà di lettere della Università
Cattolica d’Italia agli studi filologici, letterarî, storici, dare uno
sguardo d'insieme all’organizzazione delle Facoltà di lettere nelle
varie Università cattoliche. Codeste Università rappresentano uno
sforzo, compiuto in nome di un ideale comune, in nazioni diverse,
e quindi in condizioni profondamente differenti; sorgono cioè
queste Facoltà in paesi nei quali gli studî sono diversamente
progrediti, quindi la influenza di esse è più o meno grande; a
lor volta esse stesse rispondono con differente organizzazione a
esigenze eda gradi di coltura differenti. Si aggiunga poi che non
in tutti i paesi la libertà di insegnamento è egualmente riconosciuta;
si va anzi da paesi, nei quali la legislazione scolastica riconosce in
tutto pari le Università libere a quelle statali, a paesi dove la legi-
slazione è tanto restrittiva da obbligare questi istituti superiori
ad una vita assai grama. Infine profondamente diverse sono le
condizioni economiche nelle quali si trovano questi varî istituti.
Un esame comparativo si presenta adunque singolarmente utile;
la unità di ideale si realizza in forme varie di organizzazione.
La comparazione può suggerire pertanto utili considerazioni sia
nel campo dei principî, sia in quello della tecnica.
E poichè nella organizzazione della nostra Facoltà abbiamo
tenuto conto di quanto si fa nelle altre Università e dei risultati
che vi sono stati ottenuti, così nell’esporre gli ordinamenti di quelle
noi verremo anche implicitamente a dare ragione degli ordinamenti
di studio che da noi furono adottati.
F. AGOSTINO GEMELLI
Non è infrequente sentir ripetere l'osservazione che non si
comprende la funzione delle Facoltà cattoliche. Posto che la scienza
ha da essere coltivata, anche per confessione degli stessi cattolici
cultori di scienza, con serenità e senza prevenzioni di sorta, e in
un'atmosfera di obiettività, così pare a molti che gli scienziati di fede
cattolica potrebbero liberamente coltivare la loro scienza nelle Uni-
versità dello Stato senza bisogno di appartarsi in Istituti confessio-
nali, sulla serenità di spirito e sull’oggettività di indagine dei
quali è facile il dubbio. Glì scienziati cattolici gioverebbero così
maggiormente alla scienza, con il portare il loro contributo ad un
lavoro che per sua natura ha bisogno delle braccia di molti, e ser-
virebbero anche maggiormente alla loro religione con il rendere più
facili i contatti con gli uomini che non hanno questa stessa fede
religiosa.
Non è qui il caso di riprendere in esame questo antico dibat-
tito, nel quale codesto stesso punto di vista è sostenuto anche da
pensatori cattolici ed è forse sufficiente allo scopo nostro ricordare
come le Università hanno, oltre gli ideali della ricerca scientifica,
anche una funzione educativa delle nuove generazioni e che questa
non si può svolgere se non proponendosi una integrale ed orga-
nica formazione del giovane.
Qui, per lo scopo nostro, è utile invece e sufficiente accennare
alla ragione per la quale sono sorte le Università Cattoliche e prin-
cipalmente le Facoltà di lettere.
La questione delle Università Cattoliche è nata nel secolo XIX (1).
Essa è stata posta il giorno in cui le Università di Stato, eredi della
(1) Sulla funzione delle Università cattoliche si legga: BAUDRILLART,
Les Universités catholiques de France et de l’Etranger, Paris, 1909, pag.
3 e segg. L’eminente storico è anche rettore dell’Istituto Cattolico
(Università) di Parigi. Si vegga anche BRÉtON, Le role de l’enseigne-
ment supérieur libre, in Bulletin de Littérature ecclésiastique, 1925, n. 9,
IO. GEMELLI, Perchè i cattolici italiani debbono avere una loro Uni-
versità, in Studium, Rivista universitaria 1907. Lo storico gesuita
GRISAR ha scritto di recente: Die Katholische Hochschulbewegung aus-
serhalb Deutschland, in Stimmen der Zeit, 1925, n. 7, nel quale articolo
le Università cattoliche non sono giudicate con molta esattezza e con
molta benevolenza. È da notarsi che la Germania non ha alcuna Uni-
versità Cattolica.
Sullo sviluppo delle Università cattoliche si hanno poi numerose
altre pubblicazioni che mi è impossibile qui ricordare tutte. Una buona
ca
ORD NAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
grandezza delle Università medioevali, non solo furono laicizzate,
al punto che i loro maestri non tenevano conto della religione e della
dottrinarivelata, ma furono persino trasformate in focolai del così det-
to libero pensiero, ossia di quel pensiero che ha per compito precipuo
di non riconoscere il governo di Dio sul mondo. In quel giorno, poichè
si affermava che la scienza giustifica essa tale distacco e poichè
non si trattava solo di un dissidio di pensiero, ma anche di una que-
stione pratica, ossia della formazione di quei giovani che per il loro
compito e per la loro condizione sociale costituiscono le classi dirigenti,
si è iniziata, in quasi tutti i paesi civili, quella lotta per la libertà
d'insegnamento nella scuola, nella quale i cattolici hanno sostenuto
il diritto dei genitori a educare essi i loro figli secondo le loro convin-
zioni, ed hanno affermato questo, fondati sopra tutto sul fatto che
non è possibile che l’istruzione sia feconda se non è intimamente unita
con la educazione del giovane e che educazione non vi ha là dove
non vì è riconoscimento dei fini soprannaturali che la religione rico-
nosce alla vita umana (1).
Questa lotta per la conquista della libertà di insegnamento fu
più vivace ed ebbe fasi epiche specie a mezzo del secolo scorso in
Belgio e in Francia e negli Stati Uniti di America (2) e alla fine dello
stesso secolo in Olanda; essa condusse nella grande maggioranza dei
paesi civili e sopratutto in quelli nei quali la vita sociale è più in-
tensa, al riconoscimento del diritto dei cattolici a istruire e ad educare
i loro figli ed alla fondazione delle Università Cattoliche. Prima fra tut-
te fu fondata quella di Lovanio nel Belgio, che poi assunse pertutti icat-
tolici significazione e valore di simbolo (3). Ultima fondata fu nel 1923
rassegna completa si ha in The Catholic Encyclopedia ove ha scritto
un atticolo Ed. Pace attuale segretario della Università cattolica di
America e uno dei due fondatori di essa; in questo articolo è anche
una copiosa bibliografia.
(1) GEMELLI, / postulati dei cattolici italiani in ordine alla legisla-
zione scolastica, Milano, 1925.
(2) A verodirela reazione contro i danni della laicizzazione compiuta
dalla Grande Rivoluzione Francese si ebbe in Italia, per quello che
riguarda le Università, grazie alla Costituzione « Quod divina sapientia »
di Leone XII, 1814, con la quale si riformarono gli studî universitari (Sì
veggano ì varî atti relativi in: Co/l/ectio Legum et Ordinationum de recta
ratione studiorum, Roma, 1841). Ricerche che sto facendo compiere
negli archivi di Roma dimostrano che il merito di questa importante e
geniale riforma spetta, come presto spero di poter dimostrare, a Pio VII.
Compì la riforma Leone XII che ottenne di restaurare i danni compiuti
dalla laicizzazione francese nelle Università dello Stato Pontificio.
(3) La lettera di Gregorio XVI, che approva l'azione dei Vescovi
belgi per la restaurazione della Università, è del 12 dicembre 1833; Pio
F. AGOSTINO GEMELLI
quella di Nijmegen in Olanda; e questa fondazione suggellò la fine
della secolare lotta religiosa che aveva tormentato quel paese. Le vi-
cende di codeste Università, il cui numero è certamente grande, fu-
rono varie, liete e dolorose; vi furono, per alcune, periodi di grande
sviluppo e periodi di decadenza, e ciò in modo parallelo al grado di
libertà del quale ogni paese godette. Così, per citare un esempio,
i cinque Istituti cattolici della Francia, che ebbero momenti di mas-
simo fiore e contribuirono potentemente allo sviluppo della cultura
religiosa in quel paese, e furono focolai attivissimi di vita scientifica,
languiscono ora pei ceppi nei quali fu posta la libertà della scuola in
quel paese. La ridonata libertà al Belgio dopo la guerra ha avuto la
sua ripercussione sulla vita della Università cattolica, che oggi è
la più fiorente di quella nazione. L'Austria e la Germania non
hanno Università cattoliche; i cattolici di quei paesi ritenne-
ro che alla conservazione della fede religiosa nelle classi colte
bastasse la fondazione di Facoltà teologiche cattoliche nelle Uni-
versità di Stato (1). Pare a me invece che la Riforma prima,
e poscia l’idealismo abbiano in quei paesi rafforzata la idea
dello Stato come fonte assoluta: di ogni diritto, tanto che ciò
non fu senza qualche influenza perfino sui cattolici che si acconciaro-
no infatti al concetto che la istruzione deve essere data dallo Stato.
Tanto è vero questo che, all'indomani della guerra, scossa profonda-
mente alle basi questa concezione statolatra nella quale purtroppo
furono travolti anche dei pensatori cattolici di quei paesi, sì è fatta
strada fra cattolici di Austria e di Germania, che coltivano con
tanto onore gli studi Rlosofici e le scienze sociali, la persuasione della
necessità di fondare Istituti superiori Cattolici, e già preparativi e
tentativi varî si stanno facendo per farli sorgere (2).
IX con lettera del 22 marzo 1852 approvava gli Statuti dell’Univer-
sità di Dublino: le Università cattoliche francesi nascevano nel 1875,
grazie alla legge 12 luglio 1875, ma nel 1882 erano private del diritto di
conferire lauree: l’Università Laval nel Canadà nasceva nel 1876; quella
di Beyrout in Siria nel 1881, quella di Ottawa nel Canadà nel 1887; pure
nel 1887 quella di Friburgo in Svizzera; quella degli Stati Uniti d'America
nel 1884. Dopo la guerra sono nate le Università cattoliche di Milano,
di Nijmegen e di Lublino.
(1) Nell'ex Impero Germanico nacquero tali Facoltà a Bonn, Bre-
slavia, Friburgo, Monaco, Minster, Tibingen, Wurzburg e Strasburgo.
Quest'ultima è ora passata alla Francia. Nell’ex Impero Austro-Ungarico
nacquero a Gratz, Innsbruck, Cracovia, Lemberg, Praga, Olmutz,
Salzburg, Vienna, poscia passate agli Stati eredi della Monarchia.
(2) Così in Austria i Benedettini lavorano per far rinascere la Uni-
versità di Salzburg; in Germania è sorto l’Istituto superiore di Filoso-
fia Alberto Magno a Colonia e l’Istituto di pedagogia a Minster in
cai
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Ma qui io non faccio la storia di queste Università: accenno solo
alle contingenze di carattere culturale che hanno influito sul loro
sorgere.
Giova invece allo scopo che mi sono prefisso con questo
articolo, accennare anche che la necessità di formare degli uo-
mini di scienza che fossero pure degli uomini di fede, doveva farsi
sentire viva anche nel campo delle lettere.
Innanzitutto si ricordi che dalle Facoltà di lettere escono gli in-
segnanti delle scuole medie, questi uomini modesti ai quali tocca il
grave e difficile compito di preparare le classi dirigenti in quel mo-
mento della vita che avrà una influenza decisiva sulla formazione
del futuro uomo, e di dare ad essi quella coltura generale e fondamen-
tale senza della quale è impossibile pensare a una preparazione uni-
versitaria professionale o scientifica che sia realmente feconda di
risultati. Si può dire che, per questo loro compito, i professori delle
scuole medie, che però occupano nella vita sociale e nella considera-
zione pubblica una posizione modesta, tanto che solo giovani animati
da ideali possono darsi ad essa con quell’entusiasmo che ne fa degli
apostoli, esercitano una influenza decisiva sulla vita futura della
nazione. Ora, se vogliamo che la scuola media sia all’altezza di un
siffatto compito,non basta riformarne la organizzazione, sopra-
tutto bisogna dare ad essa degni insegnanti; e degni insegnanti non
sì può divenire se la Università, oltre che dare la formazione letteraria,
non dà anche la formazione del carattere. Per questo i cattolici di
ogni paese hanno sentito la importanza massima di Facoltà di lettere
informate alla dottrina cattolica. Per i cattolici, che, con una lotta
durata quasi un secolo nei paesi più progrediti hanno combattuto per
la conquista della liberta della scuola, era perciò indispensabile prov-
vedere alla preparazione di insegnanti medî capaci di intendere la
missione dell’insegnamento come un apostolato.
Si consideri poi che la coltura classica antica poggia sopra una
tradizione schiettamente anticristiana. Allorchè non si ha della vita
quella visione soprannaturale che ad essa ha dato il Cristianesimo,
quando la vita non si intenda come preparazione ad un’altra vita,
Westfalia, istituti che preannunciano il sorgere di Università cat-
toliche.
La nuova Università di Colonia (che ha preso il posto dell’anti-
ca Accademia) è in parte dovuta allo sforzo dei cattolici renani dopo.
la guerra, mentre in pari tempo gli israeliti (non ammessi prima nelle
Università del Reich) erano i principali fattori del sorgere delle Uni-
versità di Francoforte sul Meno e di Amburgo. 1 cattolici tedeschi
hanno poi alcuni /icei che sono come Università minori.
POI er
F. AGOSTINO GEMELLI
non vi ha altro modo di interpretarla che come hanno fatto il paga-
nesimo, prima, poi l’umanesimo e più di recente il naturalismo. Ora
1 classici della letteratura antica non solo traggono ispirazione o ri-
specchiano e sono manifestazione di questa interpretazione della vita,
ma la magnificano. Vi è netta, precisa opposizione tra coltura classica
e coltura cristiana. Il giovane cristiano ha quindi bisogno di una scuo-
la superiore, che, mentre gli illustra il valore e il significato della
coltura classica, lo renda cauto nella interpretazione dei suoi
documenti e dei suoi capolavori e, per altro verso, e sopratutto, lo
guidi a studiare la coltura cristiana.
Nè si dica che con questo sono sacrificati i diritti della scienza
a quelli della fede. Oramai sono passati i tempi nei quali queste
bubbole si ripetevano dalle cattedre; e sono anche passati quei
tempi nei quali, per difendersi da codesto genere di accusa, si affer-
mava che basta coltivare la scienza per la scienza per non mancare
a quella oggettività che la scienza richiede nei suoi collaboratori.
E cioè nessuno più, ora, fa proprie le viete accuse mosse alla
fede di essere avversaria nata della scienza. Codeste accuse sono
tramontate con il gretto positivismo che le ha formulate; per converso
non ha alcun valore quella maniera di fare la pace tra scienza e fede
che è fondata sulla strana concezione della vita per la quale la vita
religiosa e quella della scienza sono. chiuse come in compartimenti
stagni. La religione pervade la vita e le conferisce una sua fisionomia
ed una finalità; ed essa crea anche una atmosfera di amore per la
scienza per la quale questa viene coltivata senza preoccupazioni;
mentre per lo scienziato incredulo la scienza vale per sè stessa, per lo
scienziato credente la scienza, mediante i procedimenti che le sono
propri, ci dà una rivelazione, ci svela una immagine di Dio. Nella
ricerca delle verità parziali lo scienziato incredulo è un curioso; lo
scienziato credente è un apostolo. A quale dei due la scoperta di co-
deste verità riesce più preziosa? Uno spirito di sottomissione al vero,
quale esso appare nella ricerca, ispirazioni generose che stimolano lo
zelo, un meraviglioso allargamento dell'orizzonte e al medesimo tem-
po il senso della limitazione delle proprie forze, sono questi i preziosi
vantaggi che l'abitudine intellettuale alla fede assicura alla ragione
dello scienziato credente nel suo lavoro.
Non è più dunque da ripetere che la oggettività della scienza è un
motivo per non istituire una Facoltà di lettere cattolica.
Un'altra riflessione: in una Facoltà di lettere non si studiano solo
i classici della letteratura, nè si fanno solo delle ricerche filologiche.
Una parte preminente vi hanno gli studî storici e, per una consuetu-
dine antica, le Facoltà di lettere nelle grande maggioranza del paesi
il
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
fanno un tutt'uno con quelle di filosofia. Tutto questo è senza dubbio
un vantaggio. Fino a che il positivismo ha imperato, si poteva cre-
dere alla utilità di rinchiudersi nel puro studio di una questione filolo-
gica; la coltura era concepita come un accumulamento di dati di fatto e
come cognizione di leggi. Oggi invece sempre più evidente appare il
carattere storico della coltura e si attribuisce sempre più alla spe-
culazione filosofica la funzione animatrice della coltura. Il che con-
ferisce agli studî una siffatta fisionomia per la quale il puro eru-
dito o la pura erudizione appaiono straniati alla vita. Il giovane
che esce da una Facoltà di lettere deve avere una propria con-
cezione della vita, quindi di una filosofia; e deve alimentare questa
concezione come un prodotto storico della coltura.
Le Facoltà di lettere agnostiche sono quindi un non senso. Le
Facoltà universitarie tanto care al positivismo, nelle quali per una
falsa idolatria dell’oggettività del sapere era possibile a un giovane
ascoltare da un maestro la confutazione di ciò che poco prima
aveva sentito difendere da un altro, le Facoltà di lettere agno-
stiche che perciò creano degli scettici, non hanno più ragione di
essere, e da una Facoltà di lettere oggi il giovane non solo esce
addestrato nella ricerca scientifica e con una adeguata conoscenza
degli strumenti del suo lavoro, ma avendo anche una coltura orga-
nica che è il fondamento e la ragione della sua vita. Una Facoltà
cattolica di lettere risponde quindi giustamente a una esigenza tut-
ta attuale del nostro pensiero.
Per questo noi cattolici italiani, seguendo l’esempio e ammirando
i risultati conseguiti dai cattolici di altri paesi, abbiamo fondata
una nostra Facoltà di lettere nell'Università Cattolica del S. Cuore.
Di questa Facoltà è organo cd espressione questa Rivista. Era giusto
quindi che sn capite libri dicessimo della organizzazione delle
Facoltà di lettere delle Università cattoliche e ciò, non solo per mo-
strare che cosa i cattolici hanno saputo fare in questo campo, in
tutto il mondo, ma anche per giustificare gli ordinamenti che ab-
biamo dato alla nostra Facoltà valendoci anche della esperienza
altrui (1).
(1) Come ho accennato più sopra, quasi dappertutto l'insegna-
mento della filosofia è abbinato a quello delle lettere e perciò si han-
no: Facoltà di Lettere e Filosofia. Dato il carattere di questa rivista,
non rendo però conto dell'ordinamento degli studi filosofici nelle Uni-
versità cattoliche. Per quello che riguarda l’ordinamento dell’insegna-
mento della filosofia nell'Università Cattolica si legga: GEMELLI, L’in-
segnamento della filosofia nelle Università italiane, in Rivista di filosofia
neo-scolastica, 1926, pag. 2.
7
CI
F. AGOSTINO GEMELLI
I. BELGIO. - UNIVERSITÀ DI Lovanio. — È da premettersi
che, pur essendo Università libera, codesta università conferisce
diplomi aventi valore legale in virtù della legge belga sopra l’in-
segnamento superiore e che essa si conforma in tutto ai programmi
dello Stato per i gradi chiamati legali.
Gli studî della Facoltà di lettere e filosofia che conducono al
conseguimento di titoli legali comprendono due tappe; dapprima
si consegue la candidatura; poscia il dottorato (1).
(1) Cade qui acconcio fare un'osservazione di carattere generale.
Debbo cioè ricordare, come tutti sanno, che l’organizzazione delle
Facoltà non è uguale in tutti i paesi per ciò che riguarda il consegui-
mento dei titoli. Alcuni paesi ossia le regioni nelle quali prevale l'influenza
della coltura o della lingua francese (Francia, Belgio, Canadà) o della lin-
gua inglese(Inghilterra, Stati dipendenti, Stati Uniti d'America) e qualche
altra nazione (come la Svizzera e l'Olanda), conservano un ordina-
mento che ricorda per molti aspetti quello delle Università medioevali.
I diplomi cioè sono di tre gradi: baccalaureato, licenza, laurea dottorale.
È bene osservare che per l’esercizio pratico della professione di inse-
gnante, ossia per ciò che stiamo qui studiando, basta la licenza. Questa
in alcuni paesi è differente dalla licenza di coltura ed è chiamata licentia
docendi. Il dottorato non ha scopi professionali ed apre la via agli studi
superiori e alla carriera universitaria. Tuttavia è da notarsi che in alcuni
paesi, e specie negli Stati Uniti d’America, anche la licenza dà diritto
ad insegnare da alcune cattedre universitarie. A mio modo di vedere, que-
sto metodo giova assai alla formazione dei giovani insegnanti di scuole
medie e allo stesso progresso scientifico; esso è assai migliore di quello se-
guito da altri paesi e anche dall'Italia, secondo il quale il corso universi-
tario è comune a tutti: e a tutti è imposto il dovere di conseguire il dotto-
rato, sia esso titolo di abilitazione professionale, sia esso solo un titolo di
accesso agli Esami di Stato per l’esercizio professionale. In Italia non si è
voluto adottare il metodo tradizionale della licenza, perchè si è detto che,
togliendo l’obbligo allo studente di conseguire il dottorato, e quindi di
fare una tesi, si abbassa il livello degli studî. In realtà non è il grado
o il titolo che si conferisce al termine degli studî che ne eleva il va-
lore e il tono; essi sono elevati dalla disciplina e dallo spirito che si
esige da chi studia. Il mantenere l'obbligo di stendere una tesi
e di conseguire il titolo di dottore non giova ad elevare il livello
delia coltura e degli studî. Ed anzi è vero il contrario. Pochi sono
coloro che possono costrurre una tesi nel vero senso della parola, ossia
originale; pochi sono quindi coloro che possono ambire al titolo di dot-
tore; per conseguire questo titolo è giusto che il giovane presenti una
tesi originale per la genuinità della quale è garanzia che essa debba
essere stampata; alla maggioranza bastano studî che preparino alla pro-
fessione e a certuni basta un titolo che dia diritto all’esercizio di essa. Così,
per le lettere, coloro che aspirano all’insegnamento delle scuole medie
debbono seguire un corso di studî che dia loro una adeguata e personale
formazione culturale. Per preparare il dottorato coloro che aspirano a
carriere più elevate e che hanno le attitudini necessarie debbono avere
— 12
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
La candidatura può essere di due specie: quella preparatoria al
grado di dottore in filosofia e lettere (con specializzazione in filosofia,
storia, filologia classica, filologia romanza) e al titolo di dottore
pure in filosofia e lettere (con specializzazione nella filologia ger-
manica). L'esame di candidatura del primo tipo è comune, per molti
insegnamenti, a quello degli studenti che debbono conseguire il
dottorato in diritto e comprende i seguenti corsi con rispettivi esami:
Prima prova:
Metafisica e religione.
Traduzione a prima vista di autori latini.
Storia della letteratura francese.
Psicologia (ivi comprese le nozioni elementari di anatomia e
fisiologia umana).
Storia politica dell'antichità.
Spiegazione di un autore latino.
Storia politica del Medio evo.
Storia politica interna del Belgio.
Storia politica moderna.
Storia della letteratura fiamminga.
Esercizî filologici sulla lingua latina.
Esercizî di geografia.
Spiegazione di un autore greco.
Traduzione a libro aperto di autori greci ed esercizî filologici
di lingua greca.
a loro disposizione completamente libero un certo tempo (due anni
nella maggioranza delle Università), durante il quale essi possono se-
guire corsi monografici della specialità scelta e compiere quelle ricerche
di biblioteca o di laboratorio negli istituti che permettono di arrivare
a un lavoro originale.
Da noi si è cercato di supplire con le scuole di perfezionamento.
Ma è da osservarsi che, se si fa eccezione per la medicina, ove vi sono
stimoli professionali che possono giustificare il grave sacrificio, per le
lettere è ben raro che un giovane aggiunga nuovi anni di studio a quelli
universitarf. Così sì spiega il numero assai scarso di quelli che frequentano
le scuole di perfezionamento nelle Facoltà di lettere. Si osservi poi che i
diplomi di perfezionamento non hanno per lo più quel valore che ha la
laurea dottorale, e per sè non costituiscono una sufficiente attrattiva.
Da ultimo è utile ricordare che in Francia e in paesi che hanno imi-
tata la legislazione Francese vi sono i «certificati» che sono attestati
parziali di studio di un gruppo di materie. Il diploma di licenza si rila-
scia a chi ha conseguito un certo numero di certificati. Ma di ciò trat-
terò più avanti.
Ss |: PR
F. AGOSTINO GEMELLI
Seconda prova:
Traduzione a prima vista di autori latini.
Storia della letteratura francese.
Logica.
Storia politica dell’antichità.
Spiegazione di un autore latino.
Nozioni sulle principali letterature moderne.
Nozioni sulle istituzioni politiche di Roma.
Storia politica del Medio evo.
Storia politica interna del Belgio.
Storia della letteratura fiamminga.
Filosofia morale.
Diritto naturale.
Esercizî filologici di lingua latina.
Esercizî filologici di lingua greca.
Spiegazione di un autore greco.
Esercizî di geografia.
L'esame di candidatura del secondo tipo, ossia per coloro che
vogliono conseguire il secondo diploma di dottore in filosofia e lettere
(specializzazione in filologia germanica) comprende:
Prima prova:
Metafisica e Religione.
Storia della letteratura francese.
Psicologia (ivi comprese le nozioni di anatomia e fisiologia umana).
Spiegazione di autori tedeschi.
Traduzione a prima vista di testi inglesi e spiegazione di autori
inglesi ed esercizî filologici di inglese.
Storia politica moderna.
Traduzione a prima vista di un testo tedesco ed esercizî filologici ‘
di tedesco.
Traduzione a prima vista di testi fiamminghi ed esercizi filologici
di fiammingo; spiegazione di autori fiamminghi.
Seconda prova:
Storia della letteratura francese.
Logica.
Spiegazione di autori tedeschi.
Nozioni sulle principali letterature moderne.
Traduzione a prima vista di un testo inglese; spiegazione di
testi inglesi; esercizi filologici di inglese;
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CA1T. STRANIERE
| Traduzione a prima vista di testi tedeschi; esercizî filologici di
tedesco.
Filosofia morale.
L'esame di dottorato in filosofia e lettere comporta per le materie
letterarie, i corsi e gli esami indicati qui appresso in ciascuna delle
sotto indicate sezioni.
Per il gruppo di storia vi hanno due sezioni: storia antica e
moderna.
I corsi e gli esami per la sezione di storia antica sono:
Storia della letteratura greca e della letteratura latina.
Storia della pedagogia ed esercizî didattici.
Storia della filosofia antica.
Critica storica e applicazione ad un periodo della storia antica.
Enciclopedia della storia.
Istituzioni greche ed epigrafia greca.
Geografia.
Storia della geografia.
Istituzioni romane ed epigrafia latina.
I corsi e gli esami per la sezione di storia moderna sono:
Storia della pedagogia e metodologia con esercizî didattici.
Storia della filosofia antica.
Storia delle letterature moderne (germanica e romanza come corsi
separati).
Geografia.
Storia della geografia.
Istituzioni del Medio evo.
Istituzioni dei tempi moderni.
Archiveconomia.
Critica storica ed applicazione a un periodo della storia moderna
Enciclopedia della storia.
Paleografia e diplomatica del medioevo.
Nozioni pratiche delle scienze ausiliarie della storia.
I corsi e gli esami per il gruppo di filologia classica sono:
Storia della letteratura greca e della letteratura latina.
Spiegazione approfondita di autori greci.
Storia della pedagogia e metodologia con cesercizî didattici.
Storia della filosofia antica.
Istituzioni greche.
Enciclopedia della filologia classica.
F. AGOSTINO GEMELLI
Spiegazione approfondita di autori latini.
Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata
greca e latina.
Elementi di paleografia greca.
Istituzioni romane.
Elementi di paleografia latina.
I corsi e gli esami per il Gruppo di filologia romanza sono:
Storia della pedagogia e metodologia con esercizî didattici.
Grammatica storica del francese.
Storia approfondita delle letterature romanze.
Spiegazione approfondita di autori francesi.
Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata
delle lingue romanze. |
Spiegazione approfondita di autori latini.
Storia delle letterature moderne (germaniche e romanze; corsi
separati).
Enciclopedia della filologia romanza.
Lezioni pratiche di lingua spagnola e italiana.
I corsi e gli esami per il gruppo di filologia germanica sono:
Storia della pedagogia, metodologia ed esercizî didattici.
Storia delle letterature moderne (parte germanica).
Storia approfondita della letteratura tedesca.
Spiegazione approfondita di autori tedeschi.
Esercizî di fonetica.
Storia delle letterature moderne (parte romanza).
Grammatica storica dell’inglese.
Spiegazione approfondita degli autori inglesi.
Storia approfondita della letteratura inglese.
Grammatica comparata e specialmente grammatica comparata
delle lingue germaniche.
Esercizî sulla grammatica comparata; il gotico.
Grammatica storica del tedesco.
Spiegazione approfondita di autori tedeschi.
Grammatica storica del fiammingo.
Enciclopedia della filologia germanica.
Spiegazione approfondita di autori fiamminghi.
Storia approfondita della letteratura fiamminga.
Oltre a questi dottorati, che hanno valore legale, la Facolta di
lettere e filosofia rilascia anche titoli aventi puramente valore ac-
cademico. Essi sono i seguenti con i corsi segnati per ciascuno.
Me
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
I. — Scienze morali e storiche:
Candidatura:
Primo anno:
Metafisica e religione.
Psicologia.
Logica.
Storia politica dell’antichità.
Storia politica moderna.
Esercizî di storia.
. Secondo anno:
Storia politica del medio evo.
Storia politica interna del Belgio.
Nozioni di storia contemporanea.
Esercizî di storia.
Filosofia morale.
Diritto naturale.
Licenza:
Storia della Filosofia.
Istituzioni del Medio Evo.
Istituzioni dei tempi moderni.
Archiveconomia.
Enciclopedia della storia.
Critica storica e applicazione a un periodo della storia.
Paleografia e diplomatica.
Archeologia cristiana.
Nozioni pratiche di scienze ausiliarie della storia.
Un corso a scelta tra storia ecclesiastica, storia dell'umanesimo
belga, economia politica, diritto pubblico.
Dottorato: Presentazione di una dissertazione stampata e difesa
pubblica di 14 tesi annesse alla dissertazione.
II. — Letterature romanze. Per questa licenza e relativi dotto-
rati vi sono corsi ed esami speciali che non conosco.
III. — Archeologia e storia dell’arte:
Candidatura:
Primo anno:
Corso generale di storia dell’arte.
Corso generale di filosofia dell’arte.
Estetica e architettura religiosa.
Storia approfondita dell’architettura.
Lavori grafici relativi all'architettura.
Aevum - Anno I - 2
F. AGOSTINO GEMELLI
Corso speciale di storia dell’arte antica.
Esercizî di archeologia classica.
Corso speciale di archeologia e storia dell’arte cristiana.
FEsercizî di archeologia cristiana.
Storia politica del medio evo.
Storia politica dell'antichità.
Traduzione a prima vista di un autore greco.
Secondo anno:
Storia approfondita dell’architettura.
Architettura religiosa ed estetica.
Lavori grafici relativi all'architettura.
Corso speciale di storia dell’arte antica.
Corso pratico di archeologia classica.
Corso speciale di archeologia e storia dell’arte cristiana.
Esercizî di storia antica, oppure:
Esercizî di storia del Medio Evo o Moderna.
Licenza: Storia approfondita dell’architettura.
Storia della pittura in Belgio.
Estetica ed architettura religiosa.
Corso speciale di archeologia cristiana e storia dell’arte cristiana.
Storia dell’architettura nel Belgio.
Storia della scultura nel Belgio.
Enciclopedia dell'archeologia cristiana.
Enciclopedia dell'archeologia classica.
Filosofia dell'arte.
Storia dell’arte orientale.
Epigrafia greca.
Epigrafia latina.
Paleografia greca.
Paleografia e diplomatica del medio evo.
Corso approfondito su una questione di archeologia o di storia
dell’arte.
Corso pratico di archeologia classica o di archeologia cristiana.
Storia della musica.
Dottorato: Presentazione di una dissertazione stampata e difesa
pubblica di cinque tesi annesse alla dissertazione.
IV. — Corst speciali di filo'ogia orientale e di linguistica e dut-
forato in lingue orientali.
Parte generale: Linguistica generale.
Grammatica comparata delle lingue indoeuropee.
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Storia religiosa dei popoli antichi.
Storia dell’arte orientale.
I» sezione speciale: Grammatica sanscrita.
Rig-Véda: inni scelti.
Filologia indiana.
Lo Zendo e i pehlvi. i
Il Zeroastrismo. .
Grammatica armena.
Mitologia indoeuropea.
Greco neotestamentario.
II> sezione speciale: Lingua e letteratura araba.
Lingua e letteratura siriaca.
Lingua ebraica.
Corso di assiro.
Corso elementare di lingua ebraica.
Corso di lingua copta.
Ì Geroglifici.
Corso di lingua etiopica.
Dottorato: colui che ha il diploma di candidato di filosofia e
lettere o altro equivalente può conseguire questo dottorato
presentando una dissertazione scritta e facendo un esame
su tre lingue orientali a scelta, delle quali una posseduta
a fondo.
Nella Facoltà di lettere e filosofia vi sono poi corsi facoltativi
numerosissimi e varianti di anno in anno.
Una istituzione assai interessante sono i Cercles d’études. Citerò
i principali: storia e letteratura greca e latina; filologia e lettera-
tura fiamminga; archeologia classica; filologia romanza; lettera-
tura francese; studî valloni; storia antica; seminario di storia:
conferenze di storia dell’arte e di archeologia; linguistica e gram-
matica comparata; storia fiamminga, ecc.
Dal complesso si ricava che questa Facoltà è una grande Facoltà
ricca di corsi variati e rispondente alle più varie esigenze. Possiamo
dire: è un modello degno di imitazione.
II. CANADÀ - 1. UxnivErsITÀ LAvaL. — Riesce difficile,
a chi conosce solo la organizzazione della nostre Facoltà costituite
secondo rigide e tradizionali norme, rendersi. conto dell’organiz-
zazione delle Università americane ed inglesi. La efficacia dell’in-
segnamento in codesti atenei è data da varî fatti: innanzi tutto vi
F. AGOSTINO GEMELLI
ha grande ricchezza di collegi nei quali sono ospitati gli studenti
universitari. Codesti collegi sono affiliati a una data università e
vivono sotto il controllo e la tutela di quella Università. Essi
collaborano alla istruzione ed educazione degli studenti con proprî
insegnanti e con proprî corsi di studio. Ma soprattutto la vitalità
delle Università anglo-americane è data dal fatto che le Facoltà
e Scuole non sono che corporazioni di istituti scientifici diversi
riuniti da un legame comune, ma aventi ciascuno un ordinamento
proprio, rispondente alle varie esigenze dello sviluppo delle scienze.
A differenza delle nostre Università, legate dai ceppi di un'organizza-
zione burocratica uniforme e rigida, le Università anglo-sassoni
sono veri organismi autonomi che si sviluppano e si trasformano
parallelamente allo sviluppo delle scienze; ciascuna realizza un
proprio piano ideale ed ha proprî ordinamenti. In una parola la
libertà è reale condizione di vita per quegli organismi. In terzo
luogo ciascuna Università ha affiliati istituti e scuole medie e
financo primarie; istituti e scuole controllati e protetti dalla Uni-
versità dalla quale ricevono insegnanti, indirizzo di studio e pro-
tezione; ancor più il nome, e la rinomanza dell’Università serve
loro per arruolare allievi. Tutto questo premetto per concludere
che è vano ricercare in coteste Università delle Facoltà di lettere
costituite come le nostre. Ancor più; data la libertà della quale
gode nell'America del Nord la scuola media non vi è una profes-
sione di insegnante medio come da noi, ma piuttosto le Univer-
sità mandano ad insegnar nei collegi e nelle scuole medie affiliate
1 propri licenziati e i propri dottori. Insomma l'Università è una
grande corporazione risultante di varie forze unite insieme.
Tale è anche l'Università Laval a Quebec, una Università così
fiorente che ha dato origine a un’altra università, quella di Montreal,
della quale diremo appresso.
La Università Laval, così chiamata dal suo fondatore Mgr.
Laval, gode di ogni privilegio e conferisce titoli e diplomi aventi
piceno valore legale. Essa, oltre le tre facoltà, di teologia, di diritto,
e di medicina, ne ha una che si chiama delle arti, che comprende
un grande numero di collegi afhliati, e nella quale si impartono inse-
gnamenti disparati, letterarî, filosofici e scientifici, nella quale cioè,
dice il regolamento, si hanno tutti gli insegnamenti che non ven-
gono impartiti nelle altre Facoltà. Fatto non raro nelle Università
Americane, questa Facoltà, per mezzo di filiazioni, provvede anche
all'insegnamento primario oltre che al secondario.
Per il passato, per ciò che riguarda l'insegnamento superiore,
questa Facoltà non comprendeva che corsi pubblici, ossia corsi di
— 20 —
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE
coltura generale che non conducevano all'acquisto di titoli
aventi uno scopo professionale, e l'insegnamento delle lettere e delle
scienze non serviva che a perfezionare gli insegnanti ecclesiastici
dei numerosi collegi cattolici del paese; ma più recentemente l’Univer-
sita ha inviato alcuni giovani a completare gli studî in Francia; dopo
di allora la Università possiede una Facoltà di lettere nel nostro e
comune senso dell'espressione. Tale è infatti la Scuola normale
superiore che ha per scopo la formazione pedagogica, letteraria e
scientifica degli insegnanti secondarî; essa comprende una sezione
di lettere e una di scienze, le quali rilasciano il baccalaureato, la li-
cenza e il dottorato. Gli studî stabiliti nella sezione di lettere con-
ducono ai seguenti diplomi:
I. Certificati di lingua e letteratura francese, latina, greca,
inglese, tedesca, italiana e spagnola.
2. Certificato di pedagogia.
3. Licenza di lettere.
4. Dottorato in lettere.
5. Diploma di grammatica.
Il certificato si consegue, dopo un anno di studî; si intende un
anno almeno per ciascun certificato o lingua; la licenza in due anni;
il dottorato viene dato ai licenziati che presentino una tesi stampata
e discutano pubblicamente un certo numero di tesì connesse. Il di-
ploma di grammatica è istituito per iniziare i nuovi professori dell’in-
segnamento secondario al metodo di insegnamento; esso quindi ha
un carattere nettamente pedagogico.
Dall'elenco degli esami che i candidati debbono fare per la licenza
sì scorge che i corsi di lettere di codesta università sono ben lungi
dall’essere ciò che sono i nostri corsi Universitari, ossia non si ha quella
varietà e quell’approfondimento di insegnamenti che abbiamo nei
paesi europei. Qui si limitano a insegnare: lingua e letteratura fran-
cese, lingua e letteratura latina, lingua e letteratura greca, pedagogia;
lingue viventi. Io paragonerei questa scuola universitaria aì no-
stri Istituti superiori di magistero, con la differenza che vi è ag-
giunta, ciò che mi sembra cosa molto buona, una sezione di scienze.
2. - UNIVERSITÀ DI MoxTREAL. — Ho già accennato che questa
Università è filiazione della precedente; anzi dapprima era succursale
della Università Laval dalla quale si staccò nel 1919 acquistando au-
tonomia. Ha una Facoltà di lettere nata dalla scissione dell’antica
Facoltà delle arti in Facoltà di lettere, Facoltà di filosofia e Facoltà
di scienze pure.
La Facoltà possiede i seguenti insegnamenti: storia dell’arte,
- 2% --
F. AGOSTINO GEMELLI
ha grande ricchezza di collegi nei quali sono ospitati gli studenti
universitari. Codesti collegi sono affiliati a una data università e
vivono sotto il controllo e la tutela di quella Università. Essi
collaborano alla istruzione ed educazione degli studenti con proprî
insegnanti e con propri corsi di studio. Ma soprattutto la vitalità
delle Università anglo-americane è data dal fatto che le Facoltà
e Scuole non sono che corporazioni di istituti scientifici diversi
riuniti da un legame comune, ma aventi ciascuno un ordinamento
proprio, rispondente alle varie esigenze dello sviluppo delle scienze.
A differenza delle nostre Università, legate dai ceppi di un’organizza-
zione burocratica uniforme e rigida, le Università anglo-sassoni
sono veri organismi autonomi che si sviluppano e si trasformano
parallelamente allo sviluppo delle scienze; ciascuna realizza un
proprio piano ideale ed ha proprî ordinamenti. In una parola la
libertà è reale condizione di vita per quegli organismi. In terzo
luogo ciascuna Università ha affiliati istituti e scuole medie e
financo primarie; istituti e scuole controllati e protetti dalla Uni-
versità dalla quale ricevono insegnanti, indirizzo di studio e pro-
tezione; ancor più il nome, e la rinomanza dell’Università serve
loro per arruolare allievi. Tutto questo premetto per concludere
che è vano ricercare in coteste Università delle Facoltà di lettere
costituite come le nostre. Ancor più; data la libertà della quale
gode nell'America del Nord la scuola media non vi è una profes-
sione di insegnante medio come da noi, ma piuttosto le Univer-
sita mandano ad insegnar nei collegi e nelle scuole medie affiliate
i propri licenziati e i propri dottori. Insomma l’Università è una
grande corporazione risultante di varie forze unite insieme.
Tale è anche l’Università Laval a Quebec, una Università così
fiorente che ha dato origine a un’altra università, quella di Montreal,
della quale diremo appresso.
La Università Laval, così chiamata dal suo fondatore Mgr.
Laval, gode di ogni privilegio e conferisce titoli e diplomi aventi
piceno valore legale. Essa, oltre le tre facoltà, di teologia, di diritto,
e di medicina, ne ha una che si chiama delle arti, che comprende
un grande numero di collegi affiliati, e nella quale si impartono inse-
gnamenti disparati, letterarî, filosofici e scientifici, nella quale cioè,
dice il regolamento, si hanno tutti gli insegnamenti che non ven-
gono impartiti nelle altre Facoltà. Fatto non raro nelle Università
Americane, questa Facoltà, per mezzo di filiazioni, provvede anche
all'insegnamento primario oltre che al secondario.
Per il passato, per ciò che riguarda l'insegnamento superiore,
questa Facoltà non comprendeva che corsi pubblici, ossia corsi di
- WE
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE
coltura generale che non conducevano all'acquisto di titoli
aventi uno scopo professionale, e l'insegnamento delle lettere e delle
scienze non serviva che a perfezionare gli insegnanti ecclesiastici
dei numerosi collegi cattolici del paese; ma più recentemente l’Univer-
sita ha inviato alcuni giovani a completare gli studî in Francia; dopo
di allora la Università possiede una Facoltà di lettere nel nostro e
comune senso dell’espressione. Tale è infatti la Scuola normale
superiore che ha per scopo la formazione pedagogica, letteraria e
scientifica degli insegnanti secondarî; essa comprende una sezione
di lettere e una di scienze, le quali rilasciano il baccalaureato, la li-
cenza e il dottorato. Gli studî stabiliti nella sezione di lettere con-
ducono ai seguenti diplomi:
I. Certificati di lingua e letteratura francese, latina, greca,
inglese, tedesca, italiana e spagnola.
2. Certificato di pedagogia.
3. Licenza di lettere.
4. Dottorato in lettere.
5. Diploma di grammatica.
Il certificato si consegue, dopo un anno di studî; si intende un
anno almeno per ciascun certificato o lingua; la licenza in due anni;
il dottorato viene dato ai licenziati che presentino una tesi stampata
e discutano pubblicamente un certo numero di tesi connesse. Il di-
ploma di grammatica è istituito per iniziare i nuovi professori dell’in-
segnamento secondario al metodo di insegnamento; esso quindi ha
un carattere nettamente pedagogico.
Dall’elenco degli esami che i candidati debbono fare per la licenza
sì scorge che i corsi di lettere di codesta università sono ben lungi
dall’essere ciò che sono i nostri corsi Universitari, ossia non sì ha quella
varietà e quell’approfondimento di insegnamenti che abbiamo nei
paesi europei. Qui si limitano a insegnare: lingua e letteratura fran-
cese, lingua e letteratura latina, lingua e letteratura greca, pedagogia;
lingue viventi. Io paragonerei questa scuola universitaria ai no-
stri Istituti superiori di magistero, con la differenza che vi è ag-
giunta, ciò che mi sembra cosa molto buona, una sezione di scienze.
2. - UNIVERSITÀ DI MONTREAL. — Ho già accennato che questa
Università è filiazione della precedente; anzi dapprima era succursale
della Università Laval dalla quale si staccò nel 1919 acquistando au-
tonomia. Ha una Facoltà di lettere nata dalla scissione dell'antica
Facoltà delle arti in Facoltà di lettere, Facoltà di filosofia e Facoltà
di scienze pure.
La Facoltà possiede i seguenti insegnamenti: storia dell’arte,
ne Dc
F. AGOSTINO GEMELLI
storia del Canadà, storia generale, lingue moderne (tedesco, spagnolo,
italiano (1)), letteratura inglesé, letteratura francese, letteratura
canadese, letteratura greca, lingua greca, lingua latina, pedagogia
(da notarsi: due corsi; nell’uno si insegna pedagogia per l’insegna-
mento primario, nell’altro per l'insegnamento secondario), geografia
canadese, geografia generale, storia dell’Acadia; cattedra Dantesca.
La Facoltà, oltre i corsi regolari, ha anche corsi pubblici di
letteratura, storia, pedagogia e corsi liberi di lingue.
La Facoltà conferisce la licenza e il dottorato in lettere. Essa
poi conferisce anche dei certificati e dei diplomi di letteratura
francese e inglese, diplomi speciali a chi vuole dedicarsi all’insegna-
mento di lingue moderne, certificati a coloro che hanno frequentato
i corsi di pedagogia. A proposito di codesti corsi è da osservarsi
che la commissione provinciale scolastica alla quale compete il go-
verno dell’insegnamento, ha affidato all’Università di Montreal l’in-
segnamento della pedagogia ai maestri delle scuole primarie e che
la stessa Facoltà ha organizzato dei corsi in unione con la Facoltà
di scienze, in modo da potere assolvere una funzione simile a quella
delle Scuole normali superiori di Francia e da potere esercitare così
una larga influenza sull’insegnamento primario e secondario.
La licenza costituisce un titolo superiore; essa può essere di due
specie: la licenza d'insegnamento (licentia docendi) dà diritto a inse-
gnare nelle classi superiori dei collegi secondari, nelle scuole affi-
liate, nelle accademie e anche da alcune cattedre universitarie,
La licenza di coltura (a certificati) è un titolo accademico. Per ot-
tenere ambedue queste licenze bisogna già avere il baccalaureato
in lettere o in arti.
Per il conseguimento della licentia docendi occorre avere preso
due iscrizioni (una per anno) ai corsi regolari della Facoltà, aver
studiate tutte le materie che durante il ciclo di due anni
sono state oggetto dei corsi chiusi professati alla Università,
aver seguito per due anni i corsi speciali della sezione scelta dal can-
didato, aver superato l’esame di licenza. Questo esame è diverso a se-
conda che si tratta delta licenza in lettere e grammatica o della licenza
in storia e geografia. Il primo è costituito dai seguenti esami scritti:
dissertazione letteraria, versioni greca e latina commentate, te-
ma latino; e dai seguenti esami orali: greco, latino, francese (gram-
(1) È da notare che la conoscenza del francese e dell’inglese è pre-
supposta. È da notarsi ancora che queste Università canadesi hanno
un carattere schiettamente francese, come lo prova il fatto che
possono senz'altro essere nominati a una cattedra professori delle Uni-
versità cattoliche francesi.
ORDINAMENTO DELELE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE
matica, storia letteraria, autori), letteratura canadese e lin-
gua moderna (storia letteraria, autori). Per il diploma di licen-
za in geografia e storia vi sono esami scritti: dissertazione lette-
raria, esposizione di storia e di geografia (generale o canadese),
versione greca o latina; ed esami orali, costituiti da storia generale
e canadese, geografia generale e canadese, una lingua moderna
(storia letteraria, autori).
I licenziati possono conseguire il titolo dottorale dopo aver
consacrati almeno due anni alla preparazione di una tesi canadese
o generale e dopo aver sostenuto in pubblico la discussione sopra di
essa. È da notarsi che, per avere la licenza, bisogna, alla fine di ogni
anno, fare un esame scritto e orale sulle materie della sezione prescel-
ta e un esame orale sulle materie della sezione non prescelta; per
presentarsi all'esame è obbligatorio aver frequentato almeno due terzi
delle lezioni e aver fatto un certo numero di lavori. I caduti nell’e-
same in più di due materie sono obbligati a ripetere tutto l’esame.
Se il candidato non supera la seconda prova in autunno, è tenuto
a ripetere l’anno.
III. CILE. - UxiIveERSsITÀ CATTOLICA DI SANTIAGO. — Questa
Università non ha ancora una Facoltà di lettere (1). Frattanto
ed in preparazione, essa ha fondato dei corsi superiori di carattere
letterario come: Curso superior de Historia literaria, Curso de Litera-
tura Nacional, Curso superior de Historia Universal, Curso de
Arte, Curso de Literatura General.
Ma allo sviluppo di una vera Facolta si oppone la mancanza
della libertà di insegnamento, onde l’Università Cattolica di Santia-
go è costretta a limitarsi a un'azione collaterale di difesa del pen-
siero cattclico e di formazione dei giovani cattolici.
IV. FRANCIA. 1.- ISTITUTO CATTOLICO DI PARIGI. — La Facoltà
di lettere dell'Istituto Cattolico di Parigi, fondata nel 1875, è stata
poscia nel 1880 trasformata in « Écoles de hautes études littéraires »
e poscia nel 19009 ricostituita nella sua forma primitiva.
Conviene premettere che l’Istituto Cattolico di Parigi, come
tutte le altre università cattoliche francesi, delle quali dirò tosto
(Angers, Toulouse, Lille, Lyon), sì trovano in una stranissima e
difficile situazione. La libertà di insegnamento, concessa nel 1875,
e grazie alla quale furono fondate codeste cinque Università, venne
(1) Come è naturale, ometto di trattare di quelle Università che
non hanno Facoltà di lettere.
N ga
F. AGOSTINO GEMELLI e
tosto tolta, o meglio siffattamente limitata, che codesti Istituti
(ai quali tra l’altro è vietato dalla legge di chiamarsi Università),
non possono far altro che preparare i giovani a conseguire i titoli
mediante esami che si danno nelle Università dello Stato. Ciò avviene
perchè gli studenti dell'Istituto Cattolico di Parigi, come delle altre Uni-
versità libere, dopo aver seguito i corsi presso queste, possono presen-
tarsi alle Università dello Stato e conseguirvi i diplomi sostenendo
gli esami nelle materie che in quella Università sono insegnate.
Per ciò i giovani che sono iscritti alla Facoltà di lettere dell’Isti-
tuto Cattolico, vengono da questa preparati all’esame di licenza.
Debbono poscia presentarsi a tali esami in una Università di
Stato (1). Essi poi, consecutivamente sono nell'Istituto Cattolico
guidati nella preparazione dei lavori o delle tesi che sono da essi
presentati alle Facoltà dello Stato per il conseguimento del titolo
dottorale.
Quanto ai titoli che in questo modo si possono conseguire,
è da ricordare che in Francia il giovane fornito di baccalaureato può,
dopo un biennio di studì, conseguire la licenza; la quale può essere
di due specie (per le lettere) e cioè licenza generale o libera, che si
può prendere o in storia e geografia o in letterature classiche o in
lingue viventi, ovvero licenza di insegnamento, che può essere o in
filosofia o in lettere classiche o in lingue straniere. Il giovane fornito
‘ di licenza può conseguire il dottorato presentando una tesi e dimo-
strando di avere frequentati determinati corsi speciali riferentesi
al ramo scelto. Inoltre la Sorbona rilascia dei diplomi speciali supe-
riori di lettere. Naturalmente la maggioranza dei giovani si accon-
tenta della licenza che abilita all'insegnamento medio c pochissi-
mi conseguono il dottorato, che apre la via dell’insegnamento supe-
riore.
Questo monopolio dello Stato a conferire titoli e lauree
(1) Ai giovani è permesso scegliere la Facoltà ufficiale dinnanzi
alla quale essi intendono presentarsi. Gli studenti iscritti all'Istituto
cattolico sono tenuti a notificare la loro scelta avanti la fine dell’ultimo
semestre. Le Facoltà dell'Istituto Cattolico però danno loro il permesso
di presentarsi agli esami nelle Facoltà statali solo quando essi hanno su-
bito e superate uguali prove da farsi nell’Istituto cattolico. Naturalmen-
te con ciò le Facoltà cattoliche non rinunciano a dare una laurea dot-
torale; possono conferire in nome della Santa Sede lauree dottorali, ma
che hanno solo valore accademico. I giovani che vogliono conseguire
codeste lauree debbono comporre, far stampare e sostenere una tesì
che su un determinato punto contribuisca al progresso della scienza
nell'ordine filosofico, storia e geografia, lingue classiche, lingue e lette-
tature straniere viventi.
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE
toglie alle Università cattoliche francesi la loro efficacia e le pone
in una dolorosa situazione di inferiorità. Ad onta di ciò, tanta èla
vitalità culturale di quel paese, che molti giovani frequentano queste
Facoltà e da esse escono ogni anno giovani saldamente formati
che affrontano con alta percentuale di successo gli esami nelle
Facoltà di Stato. Soprattutto le vecchie famiglie conservatrici fran-
cesi, nelle quali la fedeltà alla religione cattolica è tradizionale,
amano mandare alle Università cattoliche i loro figli per avervi
una buona educazione cattolica. Inoltre codeste Università sono
focolai di intensa produzione cattolica nel campo delle lettere e
delle scienze; a questi istituti infatti si deve la meravigliosa pro-
duzione religiosa francese del secolo scorso e attuale nel campo
delle scienze religiose, della filosofia e delle lettere. È a tutti noto
che a Lilla e a Parigi sono passati come insegnanti molti fra
i più eminenti uomini della Francia contemporanea.
È bene rilevare una curiosa contraddizione. Coteste Univer-
sità, che non possono rilasciare titoli aventi valore In Francia, ri-
lasciano titoli che hanno valore in altri paesi; ad esempio il Ca-
nada, la Polonia (1).
Ancora, sia a riguardo dell'Istituto Cattolico di Parigi che degli
altri istituti cattolici francesi, è bene ricordare che una recente di-
sposizione legislativa (1920), attuata però solo nel 1922-23, ha rifor-
mato totalmente il conferimento della licenza.
Come si è già detto, la licenza è di due specie: comune o di
insegnamento. La licenza comune è conferita ad ogni studente
che ha ottenuto un piccolo numero di certificati scolastici. La li-
cenza di insegnamento è conferita a chiunque ha un diploma che
dimostra che il candidato ha conseguito uno dei seguenti gruppi di
certificati:
Filosofia: storia della filosofia, psicologia, filosofia generale
e logica, morale e sociologia;
Lettere: studî greci, studî latini, letteratura francese, gramma-
tica e filologia;
Storia: storia antica, storia del medio-evo, storia moderna
e contemporanea, geografia.
Lingue viventi: studî letterarî classici, letterature straniere,
filologia, studî pratici di insegnamento.
(1) La Francia ha un’altra Università cattolica, a Beyrout in Siria,
la quale rilascia titoli e diplomi riconosciuti dallo Stato. Celebre è la
Facoltà di Medicina dell’Università Beyrout; ad essa però non si pos-
sono iscrivere che gli Orientali o gli Europei nati in Oriente e la cui
famiglia è definitivamente fissata in Oriente.
MRO e
F. AGOSTINO GEMELLI
Lo studente dunque che è fornito del baccalaureato deve iscri-
versi per quattro semestri in una università, o in quelle delle Stato
ovvero in quelle libere, viene munito del « livret universitaire » che
attesta l'iscrizione; dopo di che deve presentarsi all’Università
di Stato per conseguire i certificati di studio che sono necessarî per
presentarsi alla licenza, licenza che conseguirà pure ad una Uni-
versità di Stato; avuta la licenza, dopo un biennio, può presentarsi
al dottorato.
Vediamo l’organizzazione della Facoltà di lettere dell’Istitu-
to Cattolico di Parigi. Essa è divisa in tre sezioni: Storia e geografia,
Lingue e letterature classiche, Lingue e letterature viventi.
I. — Gli insegnamenti della prima sezione: storia e geografia sono:
Storia antica dei popoli dell’oriente.
Storia greca e storia romana.
Storia del medio evo.
Storia moderna.
Storia contemporanea.
Storia della rivoluzione francese.
Geografia.
Istituzioni francesi.
Istituzioni greche e romane.
Scienze ausiliarie della storia.
Epigrafia latina.
Correzione dei lavori pratici degli studenti.
2. — Gli insegnamenti della sezione lingue e letterature classiche sono:
Letteratura francese.
Spiegazione degli autori francesi.
Letteratura latina.
Letteratura greca.
Grammatica greca e grammatica latina.
Filologia classica.
Metrica greca e latina.
Fonetica sperimentale e scienza del linguaggio.
Storia della lingua francese.
Lingua latina.
Lingua greca.
Istituzioni greche e romane.
Correzione dei lavori pratici degli studenti.
3. — Gli insegnamenti della sezione lingue e letterature viventi, sono:
Letteratura francese.
26 —
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Fonetica sperimentale e scienza del linguaggio.
Lingua inglese.
Lingua tedesca.
Lingua spagnola.
Correzione dei lavori pratici degli studenti.
È interessante notare che in questa Facoltà si ha l’uso della
correzione dei lavori. Ogni studente, che intende conseguire i certi-
ficati di studio necessarî per essere ammesso alla licenza, deve pre-
sentare ogni anno un certo numero di lavori per la correzione. I
lavori vengono corretti in classe.
Inoltre lo studente per la licenza deve fare duc esami: uno alla
fine del primo anno e l’altro alla fine del secondo. Questo esame
comprende prove scritte e orali. Le prove sono sulle materie fonda-
mentali della sezione alla quale il candidato appartiene, ma il can-
didato è tenuto anche a prove complementari, tra le quali è interes-
sante osservare che vi è sempre una prova pedagogica.
È bene ricordare una misura interessante. Gli studenti che deb-
bono fare la licenza, sono convocati due volte l’anno per fare nelle
stesse condizioni che all'esame le diverse prove scritte fissate dal
programma di Stato. Queste prove richiedono una settimana, du-
rante la quale le lezioni sono sospese. Esse sono obbligatorie per tutti
gli studenti che si presentano alla licenza.
La Facoltà conferisce oltre i certificati di iscrizione e di fre-
quenza necessarî per presentarsi alla licenza dello Stato anche i
seguenti titoli:
I) certificati di studio, che, per ciascuna materia, sono dati
dopo un anno di studî a chi ha superato il relativo esame;
2) diplomi di insegnamento superiore che danno il diritto di
chiamarsi diplomati della Facoltà di lettere dell'Istituto Cattolico di
Parigi (aventi solo un valore accademico);
3) il titolo dottorale (avente solo valore accademico).
Deve anche essere ricordato che in questo Istituto alla Iacoltit
di lettere è annessa una Scuola libera di lingue orientali.
Questa scuola conferisce:
1) diplomi di lingue semitiche: un diploma di primo grado
per tre lingue: ebraica e due altre a scelta del candidato; un diploma
di secondo grado, o superiore, per cinque lingue: ebraica, siriaca, as-
sira, araba, etiopica.
I corsi per ciascun diploma durano due anni e, alla fine di ciascun
anno, vi è un esame scritto ed uno orale sulla grammatica e sui testi.
0
F. AGOSTINO GEMELLI
Coloro che aspirano al diploma superiore debbono provare anche la
loro cultura sulla storia dell’oriente. |
2) diplomi di filologia egiziana e cioè: di primo grado per
l’Egitto antico e per il Copto; di secondo grado, per il quale si ag-
giunge alla sopradetta lingua, il demotico.
Ciascuno dei corsi è della durata di due anni.
2. Istituto CATTOLICO DI LiLLa. — In questa Università si
ha l'ordinamento degli studî che è richiesto dalle disposizioni della leg-
ge francese sulla istruzione superiore che ho dianzi accennato. La
Facoltà di lettere di questa Università ha però attuata per quanto
riguarda gli studî classici una modificazione che ha non piccola
importanza: essa cioè per porre un argine alla precoce spe-
cializzazione degli studenti e per prevenire il pericolo che si
abbassi la coltura classica mediante lo spezzettamento soverchio
della licenza in certificati diversi, obbliga lo studente, durante un
anno, ad occuparsi degli studi classici che sono indivisibili, e a ri-
mandare ad un secondo anno la specializzazione e la preparazione
immediata ai differenti certificati di licenza. Gli studî strettamente
classici richiesti dalla preparazione per questo certificato rendono
lo spirito più atto ad acquistare quella coltura speciale che è propria
di ciascun certificato. Preparando il certificato di studî superiori
classici, il giovane si assicura il mezzo per ottenere la competenza
necessaria ad un buon professore dell’insegnamento secondario.
Presso questa Università, si hanno quattro specie di corsi di
studî:
I) quelli che preparano alla licenza (in conformità alla nuova
disposizione legislativa esposta più sopra a proposito dell'Istituto
Cattolico di Parigi);
2) certificati di studî superiori classici (dianzi accennato);
3) certificato di studî superiori francesi;
4) corsi complementari.
I corsi per il conseguimento dei certificati di licenza sono:
Filosofia e storia della filosofia.
Lingua e letteratura francese.
Lingua e letteratura latina.
Lingua e letteratura greca.
Filologia e grammatica comparata.
lingua e letteratura inglese.
Lingua e letteratura tedesca.
Storia antica.
28 _-
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Storia del Medio Evo.
Storia moderna e contemporanea.
Paleografia.
Geografia.
Storia dell'Arte.
I corsi per il certificato di studi superiori classici sono i seguenti:
Letteratura francese.
Spiegazione di autori francesi classici ed esercizî di compo-
sizione francese.
Letteratura latina.
Spiegazione di autori latini ed esercizi latini.
Letteratura greca. ; |
Spiegazione di autori greci ed esercizî greci.
Letterature straniere.
Lingue viventi (inglese, tedesco).
Filosofia.
Istituzioni greche e romane.
Gli insegnamenti per il certificato di studî superiori francesi sono:
Letteratura francese.
Spiegazione di autori francesi é esercizî di composizione.
Un corso a scelta tra i corsi della Facoltà di filosofia.
Un corso a scelta fra quelli di storia enumerati nell’ordine
precedente.
Un corso a scelta di storia moderna.
Un corso a scelta di geografia.
Un corso a scelta di lingue viventi (inglese; tedesco).
Fra i corsi complementari la Facoltà ha la storia dell’arte
cristiana.
Le prove di esame per il conseguimento del certificato di studî
superiori sono le seguenti:
Composizione di una memoria scritta su una questione che si
riferisce a uno degli insegnamenti della Facoltà (filosofia o storia del-
la filosofia, lingue e letterature classiche, storia antica, del medio evo
o moderna e geografia, lingue viventi e letterature straniere). Discus-
sione orale di questa tesi. Spiegazione approfondita di un testo scelto
dal candidato e approvato dalla Facoltà e interrogazioni su una o
più questioni indicate dalla Facoltà e riferentesi all’insegnamento
che è oggetto del diploma.
Per il dottorato (che, come si è detto, ha anch‘esso solo un va-
lore accademico) i candidati debbono comporre e presentare a stampa
i
F. AGOSTINO GEMELLI
una tesi che contribuisca al progresso del sapere in filosofia, o in
letteratura, o in filologia (lingue e letterature classiche; lingue e
letterature francesi o straniere,) o in storia o geografia. Il diploma di
laurea fa menzione della materia nella quale è stato conseguito.
Inoltre il candidato deve discutere una tesi nella stessa materia,
scelta d’accordo con la Facoltà. Per conseguire la laurea dottorale,
prima dei 25 anni, occorre avere la licenza o un titolo straniero
equivalente; dopo quella età il candidato sprovvisto di licenza può
sottoporsi a un esame di coltura generale.
3. -- IstITuTO CATTOLICO DI LioNE. — Vale per l’organizzazione
di questa facoltà, ciò che già si è detto per l’organizzazione di quella
di Parigi e di Lilla. La Facoltà di lettere dell'Istituto di Lione
è stata fondata nel 1877 e si è venuta a mano a mano sviluppando.
Vi sì preparano i giovani alla licenza in lettere, e in storia; i corsi
che vi sono organizzati sono i seguenti:
Filosofia.
Letteratura francese.
Letteratura latina.
Letteratura greca.
Letteratura comparata.
Filologia comparata.
Filologia romanza.
Storia.
Geografia.
Inglese.
Tedesco.
LI
4. ISTITUTO CATTOLICO DELL’OvEST (Angers). — L'insegnamento
impartito in questa Facoltà comprende corsi e conferenze sulle
seguenti materie:
Lingua e letteratura francese.
Lingua e letteratura latina.
Lingua e letteratura greca.
Lingue e letterature straniere viventi (tedesco e inglese).
(Grammatica comparata del greco, del latino e del francese.
Filosofia e storia della filosofia.
Storia moderna ec contemporanea.
Storia del Medio Evo.
Storia antica (istituzioni greche e romane).
Storia delle provincie dell'Ovest.
Geografia.
e
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Le conferenze hanno per oggetto lo studio e la spiegazione
di autori inseriti nei programmi ufficiali per la licenza. In tali con-
ferenze si fa anche la correzione dei compiti scritti. Queste con-
ferenze hanno lo scopo di formare i giovani nel lavoro personale;
in una parola corrispondono ai nostri seminari.
In conformità a quanto sopra è stato detto e cioè al fatto che
la nuova legge sulla licenza stabilisce un nuovo ordinamento per il
conseguimento di essa ad Angers è stato organizzato un corso di
studî per la preparazione alla licenza ordinaria; essa, come si è detto
più sopra, si conferisce a chi ha conseguito quattro certificati di
studio scelti a volontà dal candidato; la licenza di insegnamento si
rilascia a chi ha conseguito uno dei quattro certificati di filosofia, di
lettere, di storia e di lingue viventi; in vista di ciò l'ordinamento
degli studî per il conseguimento di questo certificato è il seguente:
Filosofia:
Storia generale della filosofia.
Logica e filosofia generale.
Psicologia.
Morale e sociologia.
Lettere:
Studî greci.
Studi latini.
Letteratura francese.
Grammatica e filologia.
Storia:
Storia antica.
Storia moderna e contemporanea.
Storia del Medio Evo.
Geografia.
Lingue viventi:
Studî letterarì classici.
Filologia.
Letterature straniere.
Studî pratici.
La durata degli studî per il conseguimento della licenza non può
essere inferiore a due anni. Per avere la licenza occorre il baccalau-
reato.
5. ISTITUTO CATTOLICO DI ToLosa. — L'andamento di questa
Facoltà di lettere è eguale a quella delle altre Facoltà degli istituti
i e
F. AGOSTINO GEMELLI
‘cattolici francesi. Le materie che vi si insegnano sono le se-
guenti:
Letteratura greca.
Letteratura latina.
letteratura francese.
Letteratura cristiana antica.
Storia.
Paleografia
Esercizî pratici di critica.
Filosofia (è da notare che vi è una Facoltà di filosofia a parte).
Lingue viventi (tedesco, inglese, spagnolo).
V. GIAPPONE. — Una Facoltà di lettere fa parte della Uni-
versità della Sapienza (Jochi Daigaku) fondata nel 1913 dal Cardinale
O. Connel e dai Padri Gesuiti a Tokyo. Con le Università di Tokyo
e Kyoto, fondate dagli americani, sono le tre sole università frequenta-
te da stranieri. Sfortunatamente la Università della Sapienza non ha
ancora un pubblico riconoscimento. Per concederlo, il governo
esige che la università dimostri di avere un capitale di 500.000
Yen depositati presso una banca Giapponese; i capitali già raccolti
sono andati perduti specie per causa del terremoto. Questa Univer-
sità è però frequentata da un certo numero di studenti. Non ho
notizie sulla sua organizzazione scientifica.
VI. ISOLE FILIPPINE. —- REAL v PONTIFICAL UNIVERSI-
DAD DE SANTO ToMas DI MANILA. — Questa grande Università fu
fondata nel 1611 dai PP. Domenicani, che ancora ne tengono la di-
rezione; essa fu elevata a Università nel 1645 da Papa Innocenzo X;
ebbe durante la dominazione spagnola gli stessi privilegi legali che
avevano le Università statali spagnole. Il Governo degli Stati Uniti
d'America l’ha sottoposta alla legge comune americana, per la quale
lo Stato lascia completamente libero l’insegnamento superiore.
In vista delle professioni le Facoltà di legge, di ingegneria,
di medicina e di farmacia hanno uno speciale riconoscimento, grazie
al quale gli studenti di queste Facoltà possono presentarsi alle com-
missioni per l'esercizio professionale. L'insegnamento medio essendo
totalmente libero, i diplomati di questa Facoltà di lettere non hanno
bisogno di alcun speciale controllo o esame per potere insegnare.
La Facoltà di lettere è stata fondata nel 1896. Per essere
ammessi ad essa lo studente deve possedere il diploma delle High
Schools, o un suo equivalente rilasciato da scuole a ciò autorizzate
MER TA
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
dallo Stato. I diplomi rilasciati dalla Università sono il bacca-
laureato, la licenza, il dottorato.
Per ottenere il baccalaureato, il giovane segue per quattro anni
i seguenti corsi, superandone i relativi esami, in mancanza di che è
tenuto alla ripetizione dell’anno.
I. anno: I semestre: inglese, spagnolo, filosofia, scienze politi-
che, letteratura generale.
II. semestre: Inglese, spagnolo e il resto come nel primo se-
mestre.
II. anno: per ambedue i semestri: Inglese, spagnolo, filosofia,
storia moderna, letteratura classica.
III. anno: per ambedue i semestri: Letterature neolatine, la-
tino, storia antica, filosofia, storia delle Filippine, quest’ultima ma-
teria e la prima solo per il primo semestie, mentre per il secondo
semestre storia del Far West e letteratura anglo-sassone.
IV. anno: Storia critica della filosofia, filosofia, greco, letteratura
inglese, storia medioevale. Nel secondo semestre, invece della let-
teratura inglese, letteratura americana.
Conseguito il titolo di baccalaureato in filosofia e lettere, dopo
un altro anno di studî, il giovane può conseguire la licenza
seguendo i corsi di: Letteratura spagnola, Sociologia, corso generale
di Filosofia, Giornalismo, Storia dei trattati, Letteratura romanza,
Corso generale di letteratura.
Ottenuta la licenza, lo studente può avere il dottorato mediante
la presentazione e la discussione di una tesi.
VII. OLANDA. - L’ UNniversITÀ CATTOLICA CARLO Magno è
stata fondata in Nijmegen nel 1923 in virtù della nuova legge sull’in-
segnamento superiore. Questa università gode di una situazione parti-
colarmente felice creata da questa legge. Infatti in Olanda le Univer-
sità libere hanno, accanto alle Università di Stato, una posizione di
perfetta uguaglianza di diritti. I diplomi e le lauree rilasciate da esse
hanno un valore giuridico eguale; un Esame di Stato è richiesto solo
per alcune professioni. Le condizioni alle quali è permesso la fonda-
zione di una Università sono queste: 1) che comprenda almeno tre
Facoltà e che entro venticinque anni abbia anche quella di medicina;
2) che i professori siano laureati da una università olandese e che la
nomina fatta dalla Università stessa sia approvata dallo Stato. Non
esiste alcun concorso pubblico per la nomina dei professori; la
lista di coloro, fra i quali deve essere scelto colui che ha da essere
nominato, è preparata dalla Facoltà. È da osservarsi che i cattolici
Olandesi ritengono che fra qualche tempo essi avranno la parte
299
Aevum - Anno I - 3
F. AGOSTINO GEMELLI
finanziaria, ossia che ben presto anche le Università libere riceveran-
no dallo Stato sussidî proporzionali al numero degli studenti promossi.
La Università di Nijmegen ha un'ottima organizzazione dovuta
al suo primo rettore, il prof. Schrijnen.
La Facoltà di lettere e filosofia rilascia lauree dottorali nelle
seguenti sezioni:
Filologia e letteratura classica.
Filologia e letteratura olandese.
Filologia e letteratura romanza.
Filologia e letteratura germanica.
Filologia e letteratura semitica.
Storia.
Storia de l’arte e archeologia.
Linguistica generale.
Linguistica comparata indogermanica.
Filosofia.
Gli insegnamenti della Facoltà sono divisi in due gruppi: quello
della sezione di filosofia e pedagogia e quello della sezione lettere e
storia. I corsi di quest’ultima sezione, che solo ci interessa, sono i
seguenti:
Interpretazione di autori greci e latini.
Storia della filologia greca e latina.
Letteratura greca e latina: innologia.
Latino volgare; latino patristico.
Storia politica dell'antichità (con speciale riguardo alla gre-
cità e alla latinità). |
Istituzioni greche ec romane.
Archeologia greca e romana.
Linguistica gencrale.
Linguistica comparata indogermanica.
Letteratura e filologia olandese.
Gotico e altre lingue germaniche.
Letteratura e filologia francese.
Letteratura e filologia dell’Alto Tedesco.
Letteratura e filologia del Basso Tedesco.
Letteratura e filologia inglese.
Letteratura ce filologia celtica.
Sanscrito e storia della civiltà dell'India.
Letteratura c filologia semitica (ebraico, arabo, ecc.).
Storia della cultura araba ed ebraica.
Filosofia della storia.
= Que
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Storia medioevale e moderna dell'Olanda.
Paleografia e diplomatica.
Storia dell’arte ed estetica.
Etnologia olandese.
Storia della mistica olandese.
Inoltre gli studenti possono frequentare corsi di altre facoltà;
ad esempio è interessante notare che a colui che fa il dottorato in
filologia classica si richiede un approfondito esame della storia delle
religioni del mondo antico, specialmente greco e romano. Questo
corso appartiene alla Facoltà di teologia. |
È interessante ancora notare che anche la Università di Nijme-
gen ha la tradizionale organizzazione dei gradi: ossia licenza
e dottorato.
VIII. —- STATI UNITI D'AMERICA. — L'America, grazie
alla sua legge di piena e assoluta liberta di insegnamento, ha visto
fiorire numerose le Università e i Collegi Universitarî. Fra questi
sono numerosi certi Istituti, chiamati per lo più Università, ma che
non sono che collegi universitari, che in parte si valgono anche degli
insegnamenti di altre Università ma che soprattutto con propri in-
segnamenti preparano i giovani all'esercizio delle professioni libere.
Per lo più sono retti da Congregazioni religiose, hanno una numerosa
popolazione scolastica ed esercitano una enorme influenza sulla
coltura del loro paese. Ricordo i principali fra questi Istituti:
Chreigton Universitv (Omaha, Nebraska), University of Davton
(Dayton, Ohio), Paul University (Chicago, Illinois), University
of Detroit (Detroit, Michigan), Duquesne University (Pittsburg,
Pensilvania), Fordham University (New York Citv), Georgetown
University (Washington D. C.), Gonzaga University, St. Louis Uni-
versity (St. Louis, Missouri), University of Notre Dame (Notre Dame,
Indiana), ecc. Quasi tutte queste Università hanno una scuola su-
periore o Facoltà di lettere.
La Università dei cattolici americani, nel senso pieno della
parola, è la Catholic University of America di Washington D. C.
Essa ha la sua sede in Washington D. C., fu fondata nel 1889
con una lettera apostolica di Leone NIIT, è posta sotto la dipendenza
dell'Episcopato cattolico degli Stati Uniti di America. Questa Uni-
versità ha, secondo l’uso americano, affiliate molte istituzioni e tra que-
ste anche scuole che preparano all'insegnamento secondario, ha una
Summer School che serve soprattutto al personale insegnante delle
scuole rette da congregazioni religiose, comprende una Facotà di
F. AGOSTINO GEMELLI
lettere fondata nel 1903; e una scuola di preparazione delle religio-
se (Sister’'s College) all'insegnamento medio.
La Università Cattolica d'America da i gradi accademici di
baccalaureato, di Master of Letters (la licenza delle antiche univer-
sità) e il dottorato.
I baccalaureati sono di arti o di lettere. Il baccalaureato di arti
si può fare con un corso di studî di quattro anni nel gruppo classico,
o in quello storico, o nelle lingue moderne. Pure quattro anni dura
il baccalaureato in lettere. Il baccalaureato non è però niente di
più che un nostro liceo.
Il grado di Master of Letters si concede a chi essendo già for-
nito di baccalaureato o avendo sostenuto prove equivalenti, ha
frequentato un determinato numero di corsi e superate le relative
prove. Esso richiede due anni di studio. |
Il dottorato richiede tre anni di studio dopo il baccalaureato,
un numero minimo di iscrizioni e la discussione di una tesi
stampata. |
È da osservarsi che la filosofia è insegnata in una Facoltà a parte.
La Facoltà di lettere è divisa in varie sezioni (o dipartimenti) che sono:
Filologia comparata.
Lingua e letteratura sanscrita.
Lingue e letterature semitiche e dell'Egitto.
Lingua e letteratura latina.
Lingua e letteratura greca.
Lingua e letteratura celtica.
Lingua e letteratura inglese.
Lingua e letteratura francese.
Lingua e letteratura tedesca.
Lingua e letteratura spagnola.
Ciascuna sezione risulta di parecchi corsi, e ve ne sono di
due specie, quelli per coloro che vogliono accedere ai gradi e quelli
per coloro che desiderano solo una preparazione alle professioni e
alla vita (untergraduates).
I corsi di ciascuna sezione per l’anno 1926-27 (indico solo i
graduati) sono i seguenti:
A. — Filologia comparata:
Linguistica generale.
Principî generali di filologia comparata indocuropea.
Fonetica generale.
Grammatica comparata greca e latina.
BIEN; ge
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
B. — Lingua e letteratura sanscrita:
Sanscrito elementare.
Grammatica e filologia.
C. — Lingue e letterature semitiche:
Ebreo, Aramaico, Siriaco, Arabo, Etiopico, Assiro-babilonese,
Egiziano, Copto, Armeno: per ciascuna di queste lingue:
grammatica e testi. Leggi delle Chiese ortodosse (tra
l’altro la Letteratura legale della Chiesa Coptoarabica
d'Egitto; lo studio filologico delle fonti arabiche del-
l’Ecclesiaste).
D. — Lingua e letteratura greca e latina:
Greco:
a) Corso generale:
Composizione greca.
Storia e letteratura greca.
Scopo e metodo degli studìî classici.
Esercitazioni speciali sopra un autore greco.
b) Corso di greco profano:
Letture e commenti sopra autori greci; si tratta di corsi
numerosi e di genere vario, che toccano ogni sezione
della letteratura; si aggiungono corsi di Epigrafia greca
e di Dialetti greci.
c) Corso di greco sacro:
Lettura e commenti di autori greci cristiani, varî come
sopra.
Latino:
a) Corso generale.
Composizione latina.
Storia e letteratura latina.
Scopo e metodo degli studî classici.
Esercitazioni speciali sopra un autore latino.
b) Corso di latino profano:
Letture e commenti sopra autori latini; varî corsi come
sopra; sì aggiungono corsi di Epigrafia latina e di Dia-
letti italici.
c) Corso di latino sacro: |
Letture e commenti di autori latini cristiani; corsi varî
come sopra; corso di letteratura cristiana.
ERI pn
P. AGOSTINO GEMELLI
D. — Lingue e letterature celtiche:
Lingua e testi dell'Irlanda antica.
Lingue e testi irlandesi medioevali.
Grammatica e testi gaelici.
Lingua del Galles.
Grammatica e testi bretoni.
Grammatica comparata delle lingue celtiche.
E. - Lingua e letteratura inglese:
Sintassi inglese storica.
Storia della forma del verso inglese.
Storia della tecnica drammatica inglese.
Grammatica e testi inglesi medioevali.
La poesia di Cynewulf.
Storia della letteratura inglese.
Teoria della critica.
Letteratura americana.
Novellistica contemporanea.
Relazioni dell’inglese e delle lettere slave; ecc.
F. — Lingua e letteratura francese:
Lingua, testi, grammatica, letteratura (questa sezione non è
ancora completamente sviluppata).
G. — Lingua e letteratura tedesca:
Letteratura della lirica tedesca.
Antica epica c romanzo.
Elementi religiosi nella letteratura tedesca.
Relazioni letterarie fra Inghilterra e Germania.
Introduzione alla filologia tedesca.
Antico alto Tedesco e Gotico.
H. — Lingua e letteratura spagnola:
Lingua. testi, grammatica, letteratura come per la sezione
francese.
IX. POLONIA. —- LA UNIvERSITÀ CATTOLICA DI LUBLINO è
stata aperta dal 1919, dapprima come istituzione privata, quindi
come Università che non ha alcun riconoscimento giuridico, ma lo
Stato, ha, mano a mano, concesso che commissioni governative
st rechino nelle singole Facoltà per assistere agli esami di diploma,
in seguito di che anche i diplomi rilasciati da queste Facoltà han-
no valore giuridico. Dal 1925 una siffatta commissione è stata
concessa anche alla Facoltà di lettere. Questa si chiama: Facoltà di
__ Ru
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT STRANIERE
lettere e filosofia, e si divide in gruppi aventi ciascuno un proprio pia-
no di studi:
Gruppo filosofico.
Gruppo di filologia classica.
Gruppo storico.
Gruppo polacco.
Gruppo romanistico.
La laurea può esser fatta in ciascuno di questi gruppi.
X. SIRIA. — La Università CATTOLICA DI BEYROUT non ha
una Facoltà di lettere. Come già ho detto più sopra, a questa
Università non si possono iscrivere i francesi e quindi, mentre la
Facoltà di medicina è fiorentissima, una Facoltà di lettere non a-
vrebbe scopo. Vi sono dei corsi di lettere preparatorî di studî infe-
LI
riori. In essa lo studio della filosofia è unito con la teologia.
XI. SPAGNA. — CoLEGIO DES ESTUDIOS SUPERIORES. — DEUSTO
BiLBao. — La Spagna non ha libertà di insegnamento e quindi non
ha Università Cattoliche nel senso preciso della parola. Essa però
ha il Collegio sopracitato, nel quale si aveva anche una Facoltà di
lettere che fu soppressa cinque anni or sono.
Mi consta che nel REAL COLEGIO DES ESTUDIOS SUPERIORES
DE MARIA CRISTINA A S. LorENZo (EscorIaL). si ha una Facoltà
di lettere; ma deve essere ancora piccola cosa; infatti conta quattro
professori e 10 studenti; non ho altra notizia.
XII. SVIZZERA. - Università DI FRIBURGO. — La Università
di Friburgo fondata nel 1889 non è, a tutto rigore, una Università
Cattolica, essendo una Università di Stato; ma il carattere ufficiale
del suo insegnamento ci permette di includerla fra le Università
Cattoliche.
Essa ha una Facoltà di lettere e filosofia.
La Facoltà rilascia tre tipi di diplomi: certificati di attitudine
all'insegnamento secondario; la licenza e il dottorato. I certificati
di attitudine sono di grado inferiore (per le prime quattro classi
del ginnasio) e superiore (per il ginnasio e il liceo). Per conseguire
il primo occorre dimostrare di aver frequentato una qualsiasi Uni-
versità per quattro semestri. Per il secondo la frequenza richiesta
è di sei semestri.
catia
F. AGOSTINO GEMELLI
Si è ammessi all'esame per il conseguimento di tale certificato
nelle seguenti materie e per due gradi inferiore e superiore:
Filosofia.
Lingua ebraica.
Lingua e letteratura greca.
Lingua e letteratura latina.
Lingua e letteratura francese.
Lingua e letteratura italiana.
Lingua e letteratura inglese.
Lingua e letteratura tedesca.
Storia.
Geografia.
Storia dell’arte.
Scienza della musica.
In filosofia, in lingua ebraica e storia dell’arte non si danno che
diplomi di grado superiore.
Gli. esami consistono in prove fatte a casa propria per le quali
sono concessi tre mesi, in prove fatte sotto controllo e in prove orali.
La licenza in lettere viene conferita a chi ha subito con successo
gli esami per due dei sopraelencati gruppi di materie di grado supe-
riore oppure per uno di grado superiore e due di grado inferiore; -
il candidato deve inoltre subire un esame di pedagogia.
La laurea viene conferita a chi ha seguito almeno per sei semestri
in una università studî letterari e presenta una tesi scritta trattata
in modo originale ; la tesi deve essere approvata dalla facoltà; la laurea
viene conferita dopo la stampa della tesi. |
Lo studente sceglie lui stesso le materie nella quale vuole essere
esaminato, e il grado del certificato al conseguimento del quale con-
corre.
Le cattedre della Facoltà sono:
Cosmologia e psicologia, etica, storia della filosofia moderna,
pedagogia, egittologia e assiriologia, filologia classica e archeologia
classica, lingua e letteratura latina, lingue e letterature romanze,
letteratura francese, letteratura italiana, filologia germanica, lette-
ratura tedesca moderna, lingua e letteratura inglese, storia della
cultura e letteratura orientale, lingue e letterature slave, storia
dell’arte, scienza della musica, storia della musica, palcografia ec
diplomatica, storia dell'antichità, storia medioevale, storia generale
del Medio Evo e dell’Evo Moderno, storia della Svizzera, storia.
generale dell'antichità, storia moderna, storia moderna generale.
PECg | |
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
XIII. BRASILE. —- Debbo ricordare la FACOLTÀ DI LET-
TERE E FiLosoFiA DI S. Paoto, la quale è una dipendenza
della Università belga di Lovanio; ma si deve trattare di una mo-
desta scuola superiore, in quanto non comprende di materie lette-
rarie che cattedre di filologia classica, greco e latino. Evidente-
mente troppo poco perchè noi dobbiamo qui considerare.
XIV. AUSTRIA. — È in preparazione la rinascita delle anti-
che FACOLTÀ DELL'UNIVERSITÀ DI SALISBURGO, ma ancora nulla si
sa in merito alla costituzione della Facoltà di lettere.
Dovrei ora illustrare nei confronti con le Università Cattoliche
straniere (1) l'ordinamento della Facoltà di lettere della Università
Cattolica; preferisco però, a questo scopo, dedicare un articolo a sè
(1) Tra le Università cattoliche italiane non dovrebbe essere di-
menticata la antica e gloriosa Università Pontificia Gregoriana, che
nella sua organizzazione odierna è stata ricostituita da Pio IX nel
1873. quando, per la soppressione degli Ordini e delle Corporazioni re-
liglose, venne soppresso pure l'antico Collegio Romano fondato nel 1578
con lo scopo non solò d’istruire gli studenti della Compagnia di Gesù,
ma anche di formare i giovani nella religione e nelle scienze. Lo ri-
corda assai bene la lapide che campeggia ancora sul frontone del Col-
legio Romano.
La Università Gregoriana non ha una Facoltà di lettere; ma Pio
NI, preoccupato del fatto della decadenza dello studio del latino e
desideroso di procurare una soda formazione nella lingua latina specie
al sacerdoti, fondò presso la Università Gregoriana una scuola superiore
per lo studio del latino. Nei documenti di fondazione è detto che la
scuola fu fondata precisamente per formare « per la Curia Romana, per
le Cancellerie episcopali, e anche per gli Ordini religiosi e per le Con-
gregazioni religiose uomini che possano stendere atti e decreti e scri-
vere lettere in una lingua latina che faccia onore alla Chiesa nutrice
delle belle lettere e delle arti ».
A questa scuola sono ammessi laici e sacerdoti; il corso compren-
de due anni di scuola dedicata totalmente ed esclusivamente al perfe-
zionamento nell’uso del latino classico; il primo con esercizî orali e
scritti intorno a materie comuni e ordinarie; il secondo con esercizi orali
e scritti intorno a materie ecclesiastiche e moderne.
Per il conseguimento del diploma si fanno quattro prove:
1) rendere ragione oralmente in lingua latina degli scrittori clas-
sici letti in scuola o privatamente;
2) dissertazione in lingua latina scritta e orale di argomenti
comuni;
3) dissertazione scritta di cose sacre;
4) traduzione in latino di passi di autori moderni in lingue
viventi.
Oltre il diploma ai benemeriti viene conferita una medaglia d’oro.
sila
F. AGOSTINO GEMELLI
della nostra rivista; e questo faccio per aver agio e modo, in pari
tempo, di esaminare comparativamente l'ordinamento delle altre
Facoltà di lettere del nostro paese sulla base degli Statuti che
per tutte le Università del Regno si stanno in questi giorni approvan-
do in forma definitiva (1). Avrò allora occasione di esporre le
mie vedute sulla organizzazione delle Facoltà di lettere in Italia e
ciò che resta da fare perchè esse possano rispondere sempre meglio
alle esigenze della ricerca scientifica e della preparazione dei gio-
vani all'insegnamento medio.
Frattanto conviene qui, dall'esame comparativo fatto dell’or-
dinamento delle varie Facoltà di lettere nelle Università Cattoliche
ricavare alcune osservazioni di carattere generale.
Una premessa. Sarebbe opportuno da questa rapida esposi-
zione dell'organizzazione delle Facoltà di lettere delle Università
cattoliche trarre qualche considerazione sull’insegnamento delle
lettere in queste Università. Tali considerazioni (dato che l’insegna-
mento impartito in coteste Università certamente rispecchia le
condizioni. dell’insegnamento delle lettere e della storia nei vari
paesi) sarebbero certamente assai fruttuose. Come ad esempio
non rilevare che in quasi tutte le Università sopra ricordate
vi è l'insegnamento delle istituzioni del mondo greco e roma-
no, mentre nelle Università italiane si tende a sostituire que-
sto insegnamento con altri? Come’ non rilevare che in molte
Università vi è l'insegnamento della fonetica sperimentale che
da noi non è ancora ufficialmente insegnata? Come non rilevare che
l'insegnamento della storia è per lo più impartito da tre cattedre:
per la storia antica, medioevale e moderna? Come non rilevare che
in quasi tutti i paesi vi ha l'insegnamento della storia nazionale
separato dalla storia generale?
Per varie considerazioni mi limito per ora a trattare il pro-
blema della organizzazione degli studî Universitarî in generale;
anche perchè un raffronto per essere fruttuoso dovrebbe essere
fatto tenendo conto dell'ordinamento degli studî nelle Facolta
statali e nelle altre Facolta libere dei varî paesi e questo è com-
pito troppi» complesso per esser fatto ora qui.
(1) È noto che dopo la riforma Gentile (R. D. 30 settembre 1923
n. 2102) alle Università furono dati Statuti approvati provvisoriamente
con decreto ministeriale. Dopo la esperienza di due anni le Università
hanno trasformato i propri statuti che furono esaminati dal Consiglio
superiore della Pubblica Istruzione. Sino al momento in cuì scrivo nella
Gazzetta Ufficiale del Regno è apparso solo lo Statuto della Università
di Napoli. Vi è dunque tempo per fare il contronto tra di essi.
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV. CATT. STRANIERE
Dal punto di vista della organizzazione generale possono es-
sere fatte le seguenti considerazioni:
I. — Innanzi tutto una constatazione si presenta evidente. La
dove vi è maggiore e più compiuta libertà, la Università libera mag-
giormente fiorisce.
In primo luogo, perchè Università non di Stato, come sono le
Università cattoliche, abbiano a svilupparsi, è necessario che esse
abbiano il diritto di conferire titoli aventi un valore giuridico. Muove
a pietà il considerare, ad esempio, la condizione di Università come i
cinque Istituti Cattolici di Francia che compiono sforzi inauditi,
che hanno ottimi insegnanti, che hanno una buona e numerosa po-
polazione scolastica, che danno una prova mirabile della loro attività
scientifica e didattica, che hanno contribuito poderosamente alla
coltura del loro paese, e che, per il fatto di essere loro negato di con-
ferire titoli aventi valore giuridico, si vedono poste in una condizione
di grave inferiorità in confronto con le Università dello Stato. La li-
bertà limitata della quale godono, frustra miseramente gli sforzi
dei loro promotori e soffoca la attività loro. Ci si volga invece al
magnifico spettacolo dato dalle Università del Belgio, dell'Olanda,
degli Stati Uniti d'America. Esse gareggiano onestamente con le altre
Università del loro paese nell'educare la gioventù e nella produzione
scientifica. Il risultato ottenuto è dimostrato dalla vigoria della vita
loro, dalla ricchezza degli insegnamenti, dalla serietà degli ordina-
menti, dalle loro pubblicazioni scientifiche. E nessuno si sogna in
codesti paesi di pensare che esse siano un pericolo per la coltura
del loro paese, come nessuno si sogna di recare loro danno o di at-
tentare alla loro liberta.
Ma un’altra libertà è necessaria alle Università per fiorire, ossia
la libertà di organizzazione. Se una certa uniformità e un certo
grado di fedeltà alla tradizione non nuoce, è però pur vero che le
Università non statali debbono poter esercitare una lecita concor-
renza con le Università statali sulla base della originalità dei propri
ordinamenti. Questa legittima concorrenza stimola il progresso negli
studi perchè il giovane che sceglie la Università libera lo deve poter
fare per il vantaggio di trovarvi attuati più moderni e nuovi ordina-
menti o almeno per la considerazione di trovarvi un ordinamento di
studio che gli sembri assicurare un migliore risultato. Sarà suo il
rischio; ma se l'esperimento riesce, esso giova a tutti.
Queste due libertà, necessarie per la vita delle Università non sta-
tali, debbono essere accompagnate e garantite dalla parità di diritti
delle Università libere e di quelle dello Stato. Non voglio dire senz'al-
tro che si debba arrivare a ciò che i cattolici e i protestanti Olandesi
F. AGOSTINO GEMELLI
mirano di ottenere e ritengono verrà tra breve concesso alle
Università libere, e cioè che la Università libera debba ricevere
dallo Stato sussidî in proporzione dei giovani da essa laureati, ma
dico che, affinchè il giovane studente, nella scelta della Università
che egli ritiene più adatta alla sua formazione e alla sua preparazio-
ne alla vita, sia realmente, dico realmente, libero, è necessario che
nell'iscriversi alla Università libera non sia trattenuto dal timore che
la sua carriera scolastica venga danneggiata dal non iscriversi in
una Università di Stato.
E perchè questo non avvenga bisogna tornare alla concezione an-
tica della vita universitaria. Un'Università era ed ha ancora da essere
un organismo che ha in sè le fonti della propria vita e gli organi di-
rettivi. L'Inghilterra e gli Stati Uniti di America hanno conservato,
meglio di ogni altro paese, la fisionomia medioevale, ossia corporativa,
all’Università, costituzione questa che garantiva quella completa
autonomia che permette ad una Università di darsi quegli ordina-
menti, di organizzare quei corsi, di istituire quelle scuole e quegli
insegnamenti, di ricorrere a quelle garanzie della carriera scolasti-
ca che essa ritiene più adatti al conseguimento dei piani che si
prefigge; e nessuno negherà che la vizoria e la fecondità delle Uni-
versità di codeste nazioni sia data soprattutto da questa caratte-
ristica. i
Si noti poi che queste considerazioni dimostrano che l’irrigidire
la vita universitaria in un determinato stampo nuoce alla vita di
essa. Deve esservi possibilita che nell'Università o accanto ad essa
sorgano organismi minori che rispondano a nuovi bisogni, e ne esten-
dano l'influenza culturale come: scuole, collegi, istituti, ecc.
L'Università, anzichè essere un organismo concepito con uni-
formità burocratica in tutti i suoi elementi, deve essere piuttosto la
riunione viva e corporativa di codeste scuole, istituti, collegi, tutti
cooperanti con la propria vita al fine di dare al giovane il mezzo di
conquistarsi una propria personalità, di formarsi una coltura ade-
guata e di compiere studî in particolari campi, e di dare allo scien-
ziato il modo di seguire quelle vie che i progressi continui della
scienza esigono. In una parola allo sviluppo fecondo della vita uni-
versitaria sono necessarie due libertà:
a) libertà di insegnamento. Là dove vi sono forze capaci,
esse facciano sorgere centri di coltura. I cattolici, in quasi tutti i
paesi civili, sono in condizione di far sorgere codesti centri di col-
tura. Bisogna dar loro modo di poter apportare alla coltura na-
zionale il loro contributo; e questa via non può essere che quella
della libertà di insegnamento.
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT, STRANIERE
b) libertà di organizzazione. La Università, obbligata a ordi.
narsi secondo uno stampo e a vivere secondo norme rigidamente
inflessibili, ben presto intristisce, perchè non ha modo di svilupparsi.
L'Università deve essere pienamente libera nell'ordinamento degli
studî.
II. — La rassegna da me fatta dimostra che alle libertà fonda-
mentali ora qui illustrate è necessario che corrisponda, perchè gli
studî fioriscano, la libertà dello studente. Parrà strana cosa che si deb-
ba difendere questa libertà che le più grandi, le più antiche università
conservano. In esse vige l’uso antico che lo studente universitario si
formi il proprio ordine di studio a seconda degli scopi che si propone
e delle esigenze che ha. Naturalmente questa libertà presuppone nelle
Università ricchezza di cattedre e di insegnamenti, nel giovane
maturità spirituale, nelle leggi dello Stato un certo grado di libertà
sanzionata nelle leggi sull'esercizio professionale.
III. — Nella maggioranza delle Università straniere è distinto,
molto opportunamente, il titolo scientifico dal titolo professionale.
Sono troppo diverse le qualità che si richiedono in chi ha bisogno del
primo da ciò che si richiede in chi vuol conquistare il secondo, perchè
si abbiano a mettere tutti gli uomini che frequentano una Università
in una stessa via; se i migliori e i meno studiosi, quelli che mirano al-
l'esercizio professionale e quelli che mirano alla vita scientifica, sono
posti, grazie il minimo comun denominatore di un ugual titolo,
nella condizione di mirare ad una stessa meta, si ottiene il livel-
lamento nella mediocrità.
Il titolo dottorale lia da essere invece conferito solo a chi ha rag-
giunto quella maturità scientifica che gli permette di conquistare una
propria personalità. Questa sarà rivelata da un lavoro realmente
originale, ossia che contenga o difenda conclusioni nuove, presentato
come tesi; la stampa obbligatoria della. tesi è sufficiente garanzia
di onestà. L’accurata discussione delle conclusioni è un sufficiente
accertamento della preparazione del candidato. La massa degli stu-
denti non ha attitudini al lavoro scientifico originale e si deve ac-
contentare di un titolo professionale. Questo può essere benissimo
l'esame di Stato, al quale dà accesso la licenza. Quindi varî hanno
da essere i gradi accademici rilasciati dalle Università: dottorato,
licenza, e poi anche il baccalaureato. Si è detto e si ripete che, non
obbligando tutti i giovani ad ottenere il dottorato, si abbassa il
livello degli studî. A dimostrare l’infondatezza di questo ragiona-
mento basti osservare che non è la massa degli studenti che tiene
elevato 1l livello degli studî, bensî gli uomini forniti delle qualità
indispensabili per il lavoro scientifico originale.
sia
F., AGOSTINO GEMELLI
IV. — L'esame degli ordinamenti accademici delle varie
Università Cattoliche straniere dimostra che è necessario abolire,
dico abolire totalmente gli esami speciali. Spezzettando il sa-
pere, il giovane mediocre riesce, con relativa facilità, mediante un
certo numero di esami, ad arrivare fatalmente all’esame di lau-
rea, che diventa una pura formalità; e vi riesce facilmente perchè,
per lo spezzettamento del sapere, non vi è più necessità che il giovane
dia prova della maturità del proprio ingegno, che riveli di aver ac-
quistato una unità spirituale; gli basta un certo grado di memoria
per dimostrare, volta per volta, che ha un certo numero di cognizioni.
L'esame per gruppo introdotto dal Gentile nel nostro paese fu un ottimo
rimedio in questa via; ma tuttisappiamo quale accoglienza ha avuto
questa riforma da parte di professori e di studenti. Il solito vezzo di
essere indulgenti e di scansare la fatica ha frustrate le speranze che so-
pra l'esame di gruppo si erano poste. Bisogna avere dunque coraggio
di andare più in là; romperla con una tradizione di pigrizia, essere
inflessibili con i soliti procaccianti di favori, ed abolire tutti gli esami
speciali, peste della vita universitaria. Il giovane si presenti alla fine
degli studî all’esame di licenza e venga esaminato da una commissione
costituita da tutti i professori dei quali ha seguito i corsi e le eserci-
tazioni; per essere ammessi all’esame di licenza è titolo sufficiente
dimostrare di avere avuto un certo numero di iscrizioni per un nu-
mero congruo di semestri in qualsiasi Università italiana o straniera;
l'esame di licenza sia un’esame di maturità intellettuale scientifica
in cui sì badi anche a controllare se il giovane ha raggiunto il grado
richiesto di coltura generale e speciale. Naturalmente un simile esa-
me è più difficile e più faticoso per il giovane; richiede anche una
maggiore capacità e maggiore fatica nel professore. E non è difficile
comprendere come possano essere organizzate prove scritte, taluna an-
che da farsi a casa, tal’altra da farsi dinnanzi alla commussione esami -
natrice, e come possano essere organizzate le prove orali per essere serie,
per dar modo di constatare la attitudine, la maturità e la coltura
del candidato. Questo vale per l'esame di licenza che è un esame che
apre la via alla professione ossia alla maggioranza degli studenti.
Per coloro che aspirano al dottorato la elaborazione scientifica
di una tesi originale svolta sotto il controllo e ta guida di un insegnan-
te e la discussione pubblica di essa sono sufticienti garanzie, quando
appunto l’esame di laurea lo si intende come la dimostrazione di una
maturità che il candidato offre dando la prova di avere una per-
sonalità scientifica propria.
V.—- Un altro insegnamento si ricava dall'esame comparato
dell'ordinamento delle varie Facoltà cattoliche.
ut
ORDINAMENTO DELLE FACOLTÀ DI LETTERE UNIV, CATT., STRANIERE
Lo studio della filosofia sta a disagio abbinato o, peggio ancora,
unito con quello delle lettere, in un'unica Facoltà. La coltura che ha
da avere il filosofo deve certamente essere anche letteraria, deve
essere anche storica, ma non può essere solo letteraria e storica;
essa deve essere bensì estesa anche alle scienze della natura, alle
scienze psicologiche e alle scienze religiose. Per quello che riguarda
il nostro paese abbinare o unire la filosofia con le lettere è stato
il frutto di un'esigenza determinata dal fatto che si tratta di due
ordini di studio che preparano ambedue all'insegnamento medio,
ma l'abbinamento non giova nè al progresso degli studî filosofici
nè alla preparazione dei giovani. Per altro verso è da evitare la
concezione tedesca per la quale nelle Facoltà filosofiche si ha solo l'in-
segnamento della scienza e della filosofia, errore questo opposto
al primo e tale per la unilateralità della veduta alla quale si ispira.
L'insegnamento della filosofia deve essere dato da una Facoltà
autonoma, la quale si può servire e degli insegnamentî letterari e
storici delle Facoltà di lettere e degli insegnamenti scientifici delle
facoltà di scienze, ma da una Facoltà che sia realmente autonoma.
Non facendo in questo modo, la filosofia diventa una povera Cenc-
rentola, che si limita a preparare i giovani all'insegnamento della fi-
losofia nei licei.
VI. — Un'ultima conclusione che si ricava dall'esame com-
parato dei vari ordinamenti della Facoltà di lettere delle Univer-
sita Cattoliche sì è che non è possibile sperare di ottenere frutti
duraturi e reali nella formazione dei giovani e nel loro addestra-
mento all'insegnamento e alla ricerca scientifica solo con il farli
assistere alle lezioni cattedratiche Una scuola ove non si facesse
altro che ascoltare il maestro parlare. sarebbe una scuola passiva,
mentre la scuola ha da essere per cccellenza attività. Il gio-
vane deve nella scuola addestarsi a compiere un lavoro profondo, perchè
solo lavorando e producendo può imparare a vivere la vita della scienza
prescelta, ad applicarla, a cavarne frutto. Possiamo perciò dire che
la lezione cattedratica è il minore dei compiti del professore univer-
sitario e &he la lezione ha solo uno scopo direttivo generale. Il vero
insegnamento il professore lo deve impartire lavorando insieme con
il giovane studente per guidargli la mano, per assisterlo, per esa-
minare se sa camminare da solo e quando. Lo studente deve vi-
vere, dico vivere tutto il giorno negli istituti scientifici, nei seminari,
nei laboratori, nelle biblioteche, per avervi contatto diretto con
le fonti del sapere, con il materiale da elaborare, con gli istrumenti
di lavoro. La scuola universitaria adunque si realizza soprattutto
in questo lavoro personale nel quale il maestro sta vicino al giovane
si
F. AGOSTINO GEMELLI
»
per additargli gli strumenti del lavoro e per esserne il consigliere e l’a-
mico. La scuola universitaria vive della collaborazione e del contatto
dei giovani tra di loro e dei giovani con il maestro. Quindi è neces-
sario, perchè una Università risponda al suo scopo, svilupparne e cu-
rarne i seminarî, gli istituti, i laboratorî, e fare in modo che essi siano
largamente e continuamente aperti ai giovani e vi siano assistiti
dai loro insegnanti. e che questi vivano la vita scientifica con i loro
giovani.
Dall'esame, che nel prossimo articolo farò dell'ordinamento delle
Facoltà di lettere in Italia, si vedrà se e come nel nostro paese sono
realizzate queste idee fondamentali e direttive.
ni RL
INEDITA ET RARA
IOHANNES GALBIATI
Bybliothecae Ambrosianae Praefectus idemque Professor in Athenaeo Cath.
VERGILIUS LATINE ET GRACE IN
PALIMPSESTO CODICE ARABICO
Evolventi mihi atque explicanti saepe numero superioribus
annis in Bybliotheca Ambrosiana codices Arabice conscriptos, ut
quaedam in lucem edenda inde promerem, illud necopinato sed prae-
clare et iucundissime contigit ut Vergilii Aenéidos fragmenta, eaque
insigniora atque uberiora quam huc usque factum sit, Arabicis
litteris demersa et paene obruta invenirem. Quae quidem fragmenta,
ad extremam libri primi partem pertinentia, versus unum et octogin-
ta, a versu scilicet DLXXXVIII ad DOCXXXXVIII, aliquot tamen
interiectis spatiis, Latine et Gracce continent. Sunt autem versus sae-
culo quarto exeunte vel, ut maximum dicam, incunte quinto conscripti
ita sane ut nota antiquitatis vetustissima cum optimis Vergilii co-
dicibus, quos perspectos habemus, iure comparari, immo his ante-
poni posse videantur.
Pulcherrimus codex et perelegans, anno MDCCCCX ab Achille
Ratti, qui tum Bybliothecae regendae praeerat, emptus, eodem
anno Ambrosianae est traditus. Folits constat CNL, paginis scilicet
CCLXXX, quibus totidem respondent membranae uno libro seu
volumine, ut dicitur, conclusae et compactae. Initio aliquot desunt
membranae, quas tamen ratiocinando facile numeres: contra desunt
multa in extremo volumine lacunis maxime absumpta quae nume-
rare haud possumus. Totus est codex rad iuyrnotog, sed, id quod sane
magni momenti est, non semel raZipygr070s, cum sit persaepe, hic
sola
Aevum - Anno I - 4
IOHANNES GALBIATI
atque illic, bis aut etiam ter abrasus atque exsculptus ita sane ut
aciem oculorum exacuenti duo vel tria scripturarum genera imposita
membranis appareant. Quod quidem plane singulare videtur idque
vel in antiquissimis codicibus manu exaratis numquam fere repe-
rias. Membranae bis aut ter exsculptae nimia, ut par est reputare,
subtilitate laborant; ceterae solidiores sunt et firmiores.
Quod si mirificus codex, quem breviter hoc loco describendum
suscipimus, maXiutnotog est, ut videmus, floretque tanta laude,
is est etiam roAbypagog et roXb:fAwrros cum pluribus linguis conscrip-
tus exsultet, nempe sermone Arabico, Hebraico, Syriaco, Graeco,
Latino, Aegyptiorum Coptica quae dicitur lingua, ipsis Armeniis
litteris. Et maxima quidem pars libri Arabica est cum magna re-
rum, quae continentur, varietate, quarum permultae antiquissimam
aetatem demonstrant formasque abrasas exhibent, quas tamen
saepe legere possis. Altera alteri scriptura imponitur. Quae recentio-
res sunt formae eaedemque postremum rescriptae vitam sanctorum
virorum, qui in deserto degere solebant, reddunt: qualem apud
Palladium illum legimus aut in historiis rerum a Sanctis Patribus pie
gestarum, quas in Mignaei collectione (cxempli causa, in vol. LXKXIII
Patr. Lat.) aliisque locis habemus. Sunt antem hae formae per-
spicuae satis lectuque facillimae ei qui Arabum linguam teneat perti-
nentque ad XI vel XII saeculum p. Ch. Notae vero quibus membra-
nae numerantur Armeniae sunt et Copticae, diversa tamen aetate
conscriptae. "Arsoraoua cx Evangelio Iohannis, unciali (sic enim
appellant) antiquissima nota exaratum, in inferiore scriptura mem-
branae cuiusdam continetur.
Is igitur liber ea est ratione confectus ut se in Orientis solis
regionibus, ac potissimum in Syria aut in Acgypto, ut opinor, ex-
stitisse dicat magnoque se testetur usui fuisse monachis qui christia-
nam sapientiam èv Epaiuw profiterentur, a quibus etiam recentiore
tempore postremum sit abrasus, exsculptus, tum, detracta Muham-
medanorum, qui vocantur, religione atque humanitate, christiano
colore sit tinctus. Certum est autem, eum librum ex alio loco ad
alium devenisse commigrasseque ex alio ad aliud monasterium, quod
dicitur, in iis scilicet quae quondam, in regionibus ilsdem quas no-
minavi, floruerunt quasi quibusdam monachorum rebus publicis.
Scd, ne longius abeam, venio ad id quod maxime specto. Insunt
enim in extremo volumine membranae octo inclusae membranis, ut
diligentius dicam, centesima et duodecima et centesima et una et
vicesima: quibus in membranis Aeneidos versus unus ct octoginta,
quos supra dixi, continentur inferiore scriptura Arabicis litteris
recentioribus abdita binisque delineata columnis, Latine scilicet in
MEI) Se
VERGILIUS LATINE ET GRAECE
, Sinistra, cum Graeca conversione in dextra. Quae litterae legi possunt,
Sive Graecae sive Latinae, perspicuitate nitent et formarum elegan-
tia atque uno eodemque tempore sunt ductae. Eas exeunti IV
Saeculo aut V ineunti tribui posse certissime opinor, siquidem Lati-
nae sine ulla dubitatione aetatem, quam dico, aperte et formis ipsis
et scripturae tota conformatione ac ratione designant, Graecae vero
ad idem tempus pertinere dixeris quo Romanae scriptae sunt ad quas
(sraecae referuntur. Iamque, ut brevitatis causa unum exemplum pro-
feram, cetera omittam (1), Latinas formas cum claro illo ac pervulgato
fragmento de formula Fabiana comparo quod est in Vindobonensi-
bus Papyris Rainerianis, scriptum tamen in membrana (2). Id autem
fragmentum, quod cum Ambrosiano Arabici codicis maxime con-
gruit, viri docti ad aetatem inter quartum et quintum saeculum
post Ch. natum pertinere consentiunt. Sed in re nostra satis habeo
testem excitare E. A. Lowe, Oxoniensem doctorem eundemque
scripturarum Latinarum formis legendis dinoscendis interpretandis
unum omnium peritissimum (3). Illud autem animadvertas velim,
in codice Ambrosiano, ut in formula Fabiana, grandioribus seu uncia-
libus litteris saepe admisceri minores seu minusculas, quas vocant,
solere.
Si vero codicis, quem tractamus, Graecas litteras cum allis
codicibus comparemus unciali, ut dicitur, ratione conscriptis, argu-
menta ad id probandum, immo clarius definiendum, non sane nos
deficiant. Proferre exemplum libet ex pulcherrimo codice quodam
Vindobonensi librum qui Genesis inscribitur exhibente (4): insunt
ibi, in rubris membranis, litterae argento exaratae quae prope ad
(1) Multos omitto eosque bonos, inter quos ipsum E. CHATELAE-
NIVM a quo unciales scripturae Latinorum codicum in Europae regioni-
bus subtiliter quaesitae sunt atque expressae. Etiam cxempla a Pa-
laeographical Society, a C. CiroLLA ex Bobiensibus codicibus, ab aliis
collecta praetermitto. i
(2) Quod vides apud L. PrAaFFUM et FF. HorMaNNUM in commen-
tariis Mitteilungen aus der Sammlung der Papyvrus Erzherzog Rainer,
Vindobonae editis, vol. IV, p. I-L, a. MDCCCLA XXVIII. Breviter sed
apte apud F. STEFFENSIUM in eius /ateinische Paldographie, quae
inscribitur, Treveris, a. MDCCCCHX, f. XIV (II edita).
(3) Qui cum versaretur in Ambrosiana unum versum legit editu-
rus postea in comm. Classical Review, NXXNVI, a. MDCCCCAANITI, p.
CLIV. Eius rei mentionem fecit in Anthologicis in honorem FR. EHRLE,
vol. IV, p. XLVI, Romae, ed. a. MDCCCCXNAIV.
(4) Ut est apud 7he Palacographical Societv, P. NI, in tab. 178,
Londini, 1881. Cfr. HARTELIUM et WickHOFFIUM, Die Wiener Genesis,
Vindobonae, 1805 (Jalrb. d. Samml. d. allerh. Kaiserh., NV-NVI1).
220. SÒ
IOHANNES GALBIATI
litterarum nostri codicis similitudinem accedere videntur, quamquam
eaedem grandiores sunt quam apud nos neque inclinatae aut férovoar.
Etiam omitti solet in eo codice irta &vexp@wvytov, quod contra in
nostro ubique scribitur (T H I, exempli causa, in dativo casu): est
tamen, ad formas quod universe attinet, multa eius codicis, qui ex-
eunti saeculo VI post Christum natum tribuitur, cum nostro palim-
psesto consensio.
Morari autem velim si fieri possit, ut dixi, in iis adferendis co-
dicibus, si quos inveniam, qui in Orientis regionibus confecti sint,
ac potissimum in Syria aut in Aegypto (quos tamen haut frequenter
reperias hoc modo confectos), cum noster hic certe a Syria aut
Aegypto, ut opinor, codex ortum duxerit. Profero insigne illud exem-
plum idemque notissimum, Dioscuriden videlicet Vindobonensem (1),
cuius aetatem indicia satis luculenta resque palacographica praebent:
scripturam enim uncialem huius libri ad saeculi quinti finem vel ini-
tium saeculi sexti pertinere Carolus Wesselius, vir doctus scripturis
dinoscendis, uberius demonstravit. Cetera indicia eum ante annum
DXII Constantinopoli in urbe imperii principe fuisse scriptum con-
firmant.
Etiam in hoc codice sunt derectae litterae, non deflexae ut in
nostro, et plerumque paulo grandiores, sed caedem fere sunt, ad for-
mam quod attinet, quae in nostro, eaedem omnino vocis notae, cadem
syllabarum apice circumflexarum ratio, idem paene verborum inter
se puncto distinguendorum modus. Punctis saepe muniri duobus
litteras I e Y ibi vides ut in codice Ambrosiano etiam fit. Sed mi-
nutiora omitto, cum agatur de codice celeberrimo atque, ut dixi,
omnibus noto (2), de quo breviter ipse Gardthausenius sed oportune
disseruit (3).
Omitto formas litterarum certe similes etsi mollius teretiusque
ductas in fragmento fictili quod, Megaris repertum, apud Kernium
exstat in collectis Inscriptionibus Graecis (4). Quod fragmentum ad
quartum sacculum pertinet. Etiam omitto exempla ex Dione Cassio
petita, cuius Historiae Romanae secundum codicem Vaticanum
Graecum 1288 (qui fuit olim Fulvii Orsinii) litteras ad quintum sae-
(1) Codicem Aniciae Iulianae, picturis illustratum, nunc Vindo-
bonensem Med. Graec., I, phototvpice editum cura PREMERSTEINII,
WessEeLII et MANTUANI, Lugduni Batavorum, 1900.
(2) Eius exempla etiam in 7le Palaeographical Society, ibidem, tab.
177, sunt allata.
(3) In sua Griechische Palaeographie, vol. II, Das Buchwesen im
Altertum, et c., iterum ed.,Lipsiae, 1913, pag. 134-138.
(4) Bonnae ad Rh., 1913, tab. 50.
-
— DI —
VERGILIUS LATINE ET GRAECE
Culum spectantes et codici Ambrosiano simillimas, derectas tamen
Neque inclinatas exhibent (1). Neque fuse dicam de Codice Borgiano-
Copto 109, saeculi quinti aut sexti, in quo sunt Evangeliorum frag-
Menta Graece et Coptice similibus nostro codici formis (2). Sed haec
Pauca vidisse satis est hoc loco.
Neque tamen negaverim, adferri codices etiam posse, quorum
litterae unciales (nam semper de uncialibus formis hic agitur) cum
nostro possint conferri, re ipsa vera saeculis quarto, quinto et sexto
recentiorem aetatem monstrare videantur. Qua in re ex Vaticano
Graeco n° 1666 Gregorii Magni dialogos Romae, ut viri docti putant,
anno DCCC Graece versos praetermittam, etsi similitudinem quandam
genus litterarum cum codice Ambrosiano habet (3); Vaticanum
Graecum 749, saeculi noni, nominabo, cuius subiectas paginas vides
apud P. Franchi de’ Cavalieri et I. Lietzmannum in adlatis specimini-
bus Codicum Graecorum Vaticanorum (4). Etiam nomino Ambro-
sianum codicem nota distinctum E 49-50 inf., binis columnis, litte-
ris in oratione contexta inclinatis, erectis in scholiis, exaratum, ex
insula Chio Mediolanum in Bybliothecam Ambrosianam advectum
a. MDCVI: est quidem codex insignis, figuris deauratis conspicuus
ut plurimum margini adpictis. Exhibet Gregorii illius Nazianzeni
orationes (5). Is codex nono saeculo tribuitur propter litterarum
formas, quas consentire prima fronte cum Vergilianis dixerit quispiam.
Sed, ut mea quidem opinio fert, angustiores litterae atque in acutum
angulum desinentes ipsaque verborum modo coniungendorum modo
breviandorum aut in unam notam redigendorum ratio conspectu-
(1) Cfr. P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, Cassti Dionis Cocceiani Histo-
riarum Romanarum lib. LXXIX-LXXXN quae supersunt, Romae, 1909
(inter Codices e Vaticanis selectos et phototypice expressos); IoH. LiETZ-
MANNUM et P. FRANCHI DE’ CAVALIERI in Speciminibus Codicum Gyrae-
corum Vaticanorum, Bonnae ad Rh., IgIo, tab. II; FR. STEFFENSIUM,
Proben aus Griechischen Handschrijten und Urkunden, Treveris, 1912,
tab. V.
(2) Apud eundem LIETZMANNUM, tab. III.
(3) Cfr. paginae exemplum apud Pa/. Soc. ser., II, t. LXXXI nec non
apud eosdem P. FRANCHI DE’ CAVALIERI et I. LIETZMANNUM in Spec.
Cod. Graec. Vaticanorum, quae attulimus, t. VI.
(4) Tab. VIII. Videas etiam cum his cohaerentia apud H. VITELLIUM
et C. PAULIUM in Collezione Fiorentina di Facsimili paleografici Greci e
Latini, Firenze, 1884-97, tab. XVII (qua Dionysius Areopagita de divinis
nominibus exhibetur); in /°a/. Soc., ser. II, t. IV et XXVI; apud Omon-
TIUM, in uncialibus codicibus Parisinis (a. 1892) optime expressis, aliceque
harum rerum peritos.
(5) Cfr. AE. MARTINII et D. Bassii Catalogum Codicum Graeccri m
Bibliothecae Ambrosianae, v. IT, Mediolani, 1900, n. 1014.
=
IOHANNES GALBIATI
que rerum universus recentiora tempora sine ulla dubitatione desi-
gnant. Neque cum nostro consentit. Conferas etiam velim Ed. Thomp-
sonium, qui hunc codicem in eo libro qui inscribitur An Introduction
to Greek and Latin Palaeography, Oxoniae, 1982; memorat eiusque
imaginem reddit in p. 213, n. 49.
Perspicue quamquam breviter a Thompsonio explanatum est lit-
terarum uncialium, quas appellant, quae origo et qui progressus
fuerint apud eos qui Graece in membranis scripserunt. Exorditus
enim doctus vir a codice Homeri Ambrosiano, qui tertio saeculo
post Christum natum tribuitur, omnium celeberrimos codices erudite
persequitur, serpit tota commentatione (a pag. 198 ad 217) per mul-
tas aetates longoque demum itinere pervenit, post nominatum Slavo-
nicum codicem, ad decimum saeculum adlata (pag. 215, n. 50) scrip-
turae imagine codicis Vaticani Graeci n. 354 Evangelium anni 949
referentis atque exhibito Evangeliarii, quod dicunt, specimine Har-
leyano annì 995 ms. 5598 in Museo Britannico (p. 216, n. 51). Huic
ego Thompfsonio codicum Graece scriptorum aetates diligentissime
persequenti vehementer adsentior, quamquam sane mea non refert
eius hic sequi vestigia. Satis enim nunc arbitror me fecisse, si ad
eum codices adferentem qui cum nostro aetate et forma litterarum
optime congruant legentes miserim.
Sed ad aetatem, quam statui, quarti sacculi vel, ut maximum
dicam, quinti ineuntis confirmandam argumenta adferri possunt
ex libris et exemplis editis sescenta eaque cum ex Graecae scriptu-
rae modis tum ex Latinac generibus. In re autem clarissima praeter-
mittere argumenta malo, ne nimius hoc loco oratione sim, cum prae-
sertim ils qui tà rmadiupnora codicis nostri inspexerint aetas
qua litterae scriptac sunt manifesta atque aperta videatur. Mem-
branas ex alio ad alium locum pervenisse iam supra dixi: eam vero
partem raAlupnorovy aut in Syria aut, ut mea quidem fert opinio,
in Acgvpto ortum habuisse contendo adeo ut illud mihi etiam persua-
sum sit, scripturac modum cum papyris, quae dicuntur, comparari
optimis de causis posse: cum papyris, inquam, eiusdem fere aetatis
quamquam sane etiam video, aliud in membranis, aliud in papyris
adhiberi scripturae genus solere: quae duo scribendi delineandique
genera si minus abhorrent inter se, certe declinant persaepe et a
similitudine inter se quibusdam in ductibus deflectunt ac differunt,
ita quidem ut non eandem omnino esse membranarum scripturam
atque in papyris dixeris, quamvis ea una aetate, una atque eadem
fere in regione sit adornata (1).
(1) Cfr. scripturae similitudinem in Papiri Greci e Latini, Ll'lo-
e VERGILIUS LATINE ET GRAECE
Auctoritate valere codicem, quem tractamus, maxima et litte-
Tarum antiquissimae formae declarant et continuatio seriesque
Terum, quae continentur, copiose luculenterque confirmat. Scio enim
ab aliis Vergilii minutissima d&roordouare seu parva trunca in
Papyris, quas vocamus, fuisse inventa atque in lucem edita, quibus
ex truncis nihil aut parvum sane quaerendo efficias (1): in codice
vero Ambrosiano una fere continuatione serieque unum et octoginta
versus exhibitos vides, eosque Latine scriptos et Graece conversos,
tum abditos in Arabicis litteris hisque paene obrutos et deletos. Quod
quidem primum in historia Litterarum Latinarum, quod quide mex-
quisierim, fieri intellego. Sed ctiam plura docemur: nempe, quod ad
res, quod ad verborum genus formamque attineat (id quod nostra
ipsorum lingua «testo» appellamus), codicem nostrum cum optimis,
quos cognitos habemus, Vergilii codicibus, cum Augusteo, Vero-
nensi rescripto, cum Palatino et Romano Bybliothecae Vaticanae,
cum Fulvi Scidis Vaticanis, cum Mediceo Bybliothecae Laurentia-
nae aliisque praestantissimis iisdemque antiquissima aetate scriptis
cohaerere. Si vero conversionis modum consideres, interpretatio-
nem ad verbum esse factam intellegis, sed perpolitum plane ser-
monem habes atque elegantem satis quo scribentes utebantur qui
ex Aegyptiis ea aetate #XXnvlYew solebant. Designantque membra-
nae Graecae et Latinae Ambrosiani codicis rationem viamque quam
- od “EXXnv{Yovres in suis ad Nilum flumen umbraculis ad litteras
Latinas arripiendas adhibebant, Ciceronem, Livium, Sallustium,
Vergilium aliosque bonos in primis auctores tractantes (2). Graecae
vero orationis formas eo tempore dicendique modos apud gram-
maticos declarata videas, quos multos ad hunc grammaticae locum
reperias.
Haec igitur habuìi quae primum edendo perquam breviter prae-
farer. Aeneidos scilicet partes quasdam Gracce et Latine in antiquis-
simo codice Arabico Ambrosiano rmonyàbmz® et roivvpiow eo-
rentiae, vol. I., 6 (quod est Protoevangelium quod dicitur Iacobi) et
in Indice Digestorum ibidem, 55.
(1) Rainerianum fragmentum designo By bliothecac Vindobonensis
maximae, inspectum a LowE; VITELLII « Interpretamenta Vergiliana »
in vol. VII Papyrorum Societatis Italicae, 756 (quod fragmen-
tum ad saec. IV aut V pertinere videtur); deinde parva fragmenta in
Papyris quae Oxyrhinchi sunt inventae (vol. I et VIII apud GREN-
FELLIVM et HvxTIvm); in Tebtunis Papyri, II; in Papyris Mediola-
nensibus a CALDERINIO editis, I; aliisque locis.
(2) Confer. Lowe et VireLLivm locis quos dixi; A. STEINIVM, Un-
tersuchungen zur Geschichte und Verwaltung Aegvptens unter Romischer
Herrschaft, p. 207, Stutgardiae, MDCCCCNV.
IOHANNES GALBIATI .
demque raXiuynotw repertas ac productas editurus in lucem, nihil
potius habui quam ut rei splendidissimae vulgandae capita praemit-
tenda duo censerem eo quidem animo ut totius, quae ‘adurnanda erat,
questionis velut imago perpaucis lineis hoc loco sed aptis informa-
retur. Primum enim generatim atque universe dixi de Arabico palim-
psesto Ambrosiano deque cius historia ac pondere comparate prae-
sertim cum linguis Semiticis, quas vocant, quibusque codex est scrip-
tus; deinde de Aeneide Latine scripta et Graece conversa deque ra-
tione atque aetate scripturae sive Latinae sive Graecae (saeculìi
fere IV exeuntis vel V ineuntis) tum Vergilium ipsum duabus lin-
guis (« testo ») expressum exhibui, eo quidem modo quo hodie legere
solemus, sed iis etiam formis quibus in palimpsesto Graeca er Latina
scripta sunt («lettura diplomatica »); denique imagines duas solis
radiis descriptas ad formarum genus exprimendum ac ‘Ypaguéòe
depingendum etiam adiunxi.
Ex quo enim tempore historia litterarum Latinarum et studia
philologa excoli coepta sunt ad hanc usque aetatem tam laeta tam-
que clara Vergilii incrementa apud Arabas abdita atque in antiqui-
tatis umbraculis penes Orientis incolas prope demersa nunc primum
in aspectum lucemque feliciter prolata sunt.
Subtilius his multoque copiosius in Fontibus Ambrosiants, quos
vocabo, proxime aperiendis atque edendis disscram.
‘pssd4gira amuzzimas tunnd (<A) ELI 79 (A) £/7 01/0]
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VERGILIUS LATINE ET GRAECE
I. FORMAE GRAECAE
ARABICI CODICIS HAAIMYHETOY (1)
F_1177
1 ATECTHOAINEILAC v. 588
2 KAIENKA@APQOITOIDOTI
3 ANTEAAMYEN
4 TOIPOCOIION ; KAITOYCQMOYC 589
5 @ENIOMOIO[
6 KAITAPAYTH ; EYIPEIHH
7. THNKOMHNTOITIAIAI 590
8 HTENNHTIPA:KAIDLOC
9 THCNEOTHTO[
10 =TIOP®YPEONKAIIAAPAC 591
11 = TOICO®®AAMOIC
12 IIPOCIEINEVYKEI:TIMAC
13 OIIOIONXEIPEC ; TPOCTIAEACIN 592
14 EAEDANTINOIOCTENIKOCMON
15 = HOTHNIKAZANOQI
16 APIYPOC 593
17 HIIAPIOCAI[
F. 114
1 SE v. 593
2 TOTEOYTQC;THNBACIA[ 59%
3 IIPOCDOE[LTTEOAI
" CYMIIACINTE:AI@NIATO[
5 AIHPOOINTOC®HCIN 595
6 ENGQIIIONON
7 ZHTEITENHAPEIMI
8 OTPOQIKOCAINEITAC 96
9 TONAIBYKONEZAPITLACOEIC
10 AIIOTONKATAONGON
11 QMONHTOYTCA®EMITOTC 5U7
12 THCTPOIAC:0IKTEIPACA
13 KAMATOTC
(1) Laeva lineas et folia codicis 7xAuy7070) numeris designo
dextra Vergilii versus, si eos tamen demas qui Vergilio falso tri-
buuntur.
IOANNES GALBIATI
F. 117v
I TICHMAC v. 598
TAAEIFANA:TONEAAHNI[ |
THCTETFHC:KAITHCOAAAC[ è
IIACAIC:EZANTAHOENTAC 599
HAHCYM©DOPAIC
IITANTONENAEHC
ETAIPOIOIEICXAPITAC 600
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9 OYTFHCIIEPIOYCIACECTINTHCHMETEP[ 601
10 QAIAQ;0YTEOTIAHIIOTOT[
11 KAIOIHOVYAHIOTEECTIN
12 TOYEONOYCTHCTPOIAC 602
13 TONMELTANHTICAIECITAPTA[
14 ANATONKYKAON
15 OIOEOICOIEITINA 603
16 TOYCEYCEBEIC:EPOPOA[
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1 INHCE[ v. 604
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7 TENEAITINEC 606
8 TOCOYTOI:TOIATTIHIN
9 = ETENNIICANTONEIC
10 EICTOYCIIOP@MOYGC;EQCOIIO[ 607
41 TPEXOYCINPEOYCIN
12 ENOCQITOICOPECIN:AICKIA[
13 KYKAEYOCIN 608
KAIHEPIY®AOMENON v. 649
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748
IOHANNES GALBIATI
II. VERGILIVS LATINE LECTVS
F. 114 r
IN IIAAIMYHEXTOI CODICE ARABICO
Restitit Aeneas claraque in luce refulsit
Os umerosque deo similis; namque ipsa decoram
Caesariem nato genetrix lumenque iuventae
Purpureum et laetos oculis adflarat honores:
Quale manus addunt ebori decus, aut ubi flavo
Argentum Pariusve lapis [cijrcumd[atur auro]:
Tum sic reginam adloquitur cunctisque repente
Inprovisus ait: Coram, quem quaeritis, adsum
Troius Aeneas, Libycis ereptus ab undis.
O sola infandos Troiae miserata labores,
Quae nos, relliquias Danaum, terraeque marisque
Omnibus exhaustos iam casibus, omnium egenos
Vrbe domo socias, grates persolvere dignas
Non opis est nostrae, Dido, nec quidquid ubique est
Gentis Dardaniae, magnum quae sparsa per orbem.
Di tibi, sì qua pios respectant {[numilna, si quid
[Vsquam]} iustitiae est fet} mens sibi conscia recti,
Praemia digna ferant. Quae te tam laeta tulerunt
Saecula? qui tanti talem genuere parentes?
In freta dum fluvii currunt, dum montibus umbrae
Lustrabunt [|
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VERGILIUS LALINE ET GRAECE
-
III. VERGILIVS EX LATINO IN GRAECVM
CONVERSVS IN CODICE ARABICO
E. 1171
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F. 114 V
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F. 114 r
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608 KuxAevoaty
2000
Aevum - Anno I - 5
IOHANNES GALBIATI
F. 116 r
649 Et circumtextum croceo velamen acantho,
650 Ornatus Argivae Helenae, quos illa Mycenis,
651 Pergama cum peteret inconcessosque hymenacos,
652 Extulerat, matris Ledae mirabile donum;
653 Praeterca scceptrum, Ilione quod gesserat olim,
654 Maxima ‘natlarfum) Priami, collloque mjonfile]
655 Baccatum et duplicem gemmis auroque coronam.
656 Haec celerans iter ad naves tendebat Achates.
057 At Cytherea novas artes, nova pectore versat
658 Consilia, ut faciem mutatus et ora Cupido
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659 Pro dulci Ascanio veniat donisque furentem
GLo Incendat reginam atque ossibus implicet ignem.
661 Quippe domum timet ambiguam Tyriosque bilingues;
662 Vrit atrox Iuno, [elt sub noctem ‘cu]ra recursat.
603 [Er]jgo his aligerum dictis adfatur Amorem:
664 Nate, [mieae vires, |
665 Nate, patris summi qui tela Typhoéa temnis,
6606 Ad te confugio et supplex tua numina posco.
667 Frater ut Aeneas pelago tuus omnia circum
668 Litora iacteturque odiis Iunonis acerbae,
FP. 113 v
689 Paret amor dictis carae {gejnetricis et alas
690 Exuit et gressu gaudens incedit Iuli.
691 At Venus Ascanio placidam per membra quietem
692 Irrigat et fotum gremio dea tollit in altos
693 Idaliae lucos, fubji mollis [amajracus illum
694 'Floribjus et dulci f.
F. TIT
695 [Iam]q{ue ibat] dicto parens et dona Cupido
696 Regia portabat Tyriis duce laetus Achate.
6907 Cum venit, aulaeis iam se regina superbis
098 Aurea composuit sponda mediamque locavit.
— 6 —
VERGILIVS GRAFCE ET LATINE
F. 136 r
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F. 1160 v
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IOHANNES GALBIATI
FE. 113 r
699 Iam pater Acneas et iam Troiana iuventus
700 Conveniu[nt], stratoque super discumbitur ostro.
701 Dant famuli manibus lymphas Cereremque canistris
702 Expediunt tonsisque ferunt mantelia villis.
703 Quinquaginta intus famulae, quibus ordine longo
704 Cura penum [struer]e [
I. 119 Vv
705 Centum aliae totidemque pares actate ministri,
706 Qui dapibus mensas onerant et pocula ponunt.
707 Nec non et Tyrii per limina laeta frequentes
708 Convenere, toris iussi discumbere pictis,
729 Implevitque mero pateram, qua Belus et omnes
730 A Belo soliti; tum facta silentia tectis:
731 Iuppiter, hospitibus nam te darc iura loquuntur,
732 Hunc laetum Tyriisque diem Troiaque profectis
733 Esse velis nostrosque huius [m]eminisse {min]ores.
5 [Et vos o c]oetum, [T}]yrii, celebrate faventes.
6 Dixit et in mensam laticum libavit honorem
737 Primaque libato summo tenus attigit ore;
8 Tum Bitiae dedit increpitans; ille impiger hausit
IF. 120 r
739 Spumantem pateran et pleno se proluit auro;
740 Post alii proceres. Cithara crinitus lopas
741 Personat aurata, docuit quem maximus Atlas.
742 Hic canit errantem lunam solisque labores,
743 Vnde hominum genus et pecudes, unde imber et ignes,
744 {Arclturum |
745 Quid tantum Oceano properent se tinguere soles
746 Hiberni, vel quae tardis mora noctibus obstet.
747 Ingeminant plausu Tyrii Troésque sequuntur.
748 Nec non et vario noctem sermone tralcbat
— 68. —
VERGILIVS GRAECE ET LATINE
F.i13:r
699 “Hd è mario Alvetxs xal 7,3 È Tewixh veéras
700 LMuvipyoviar xal Th forpmutvw Eravardetverat xolt[w].
701 Ardoxotv ol Bepazoviec T[atc yepoiv] HSxta xal Anuntpay xaviozio[tc]
702 Arinvtolav xa xexapuevore dEpaovaty yetpexuayeta puxd)o0is.
703 Ievrrxovia Ev30[v] Oecarmavar xls tif uaxp[3]
704 Drooviig of. . . .
F. 119 v
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706 Otziveg taîg edewyetats Td pare tac oprltovatv xa ixmmuata T10éxatv.
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F.118r
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741 Auryei xeypuompuim, édidatev Ovitva è ueytoros "ATA2<.
742 OVbtog der riavmpeviv tiv cEAnv[nv] xxi 709 fX/001 ToLs xau[270vs],
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F. 118 v
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748 Od piv dAXd xal movi [r,] ci,v vinta ourrdeia eWxev
— 69 —
I. GALBIATI: VERGILIUS GRAECE ET LATINE
*
* x*
Itaque Vergilii fragmenta Latina et Gracca quam diligentis-
sime dedi ex insigni libro Ambrosianae Bybliothecae manu scripto.
Attamen non negaverim has Vergilii mepixoràg non solum a Graecis
sed etiam ab Arabiac incolis antiquissimis qui ante natum Muham-
meden in Syria aut in Arabiac ad occasum vergentis regionibus
tempore gahilitae, quam vocant, viverent, adhiberi potuisse, nisi et
ipsi adhibuissent qui, christianam sapientiam in regionibus iisdem
fere profitentes, sive Arabico sive Syriaco sermone uterentur.
Sed, quoquo modo se res habet, illud maxime teneo, ab iis prae-
sertim qui Graece sentirent Vergilium aliosque Latinos auctores ad
Nilum flumen temporibus, quibus scribendi genus in papyris prac-
cipue viguerit, fuisse tractatos adhibitos conversos. Certe qui con-
vertebant et Graccam linguam bene callebant ct Latinam satis
intellegebant.
“2 (0
BOLLETTINI BIBLIOGRAFICI
AMBROGIO BALLINI
Professore di Sanscrito nella Universivà Cattolica del Sacro Cuore
INDIA
(1915-1924)
Questo Bollettino bibliografico dà ragione delle pubblicazioni indo-
logiche, le quali, apparse tra la seconda metà del 1915 e il 1924, sono
venite a conoscenza della Direzione.
La notevole ampiezza di questa rassegna è stata suggerita dal de-
siderio vivo di connettere il Bollettino indologico — che ha l'onore di
aprire la serie d'ogni altro concernente le discipline filologiche, lingui-
stiche e storiche rappresentate nell’ Università Cattolica del Sacro
Cuore — all'ultimo uscito nella Rivista degli Studi Orientali, edita
dalla Scuola Orientale della R. Università di Roma (v. I 27); così che
fosse possibile tracciare, ininterrotta, la linca di tale pubblicazione bi-
biografica, sorta per prima nel nostro Paese. La nuova Scuola
Orientale di Milano, continuando in tal modo, nell’ambito delle sue
discipline, un assunto che aveva avuto la sua frima origine e il suo
primo sviluppo per opera dell’ illustre e maggiore sorella romana,
sente e vede nell'opera stessa l'affermarsi cordiale, fruttuoso di quel
vincolo che deve strettamente unire ogni istituzione scientifica della
Nazione.
Il prossimo Bolleitino indologico, che apparirà nel secondo vo-
lume dell’Aevum, dirà delle pubblicazioni uscite negli anni 1925-1926
e, possibilmente, anche di quelle degli anni 1922-1924 che non fossero
state ricordate in questo, che pur è costato, per la sua mole e varietà,
lunga, aspra fatica di ricerca e di ordinamento.
Le notizie, che portano a fine della relativa indicazione bibliografica
le sigle (MA) (LM) (LR) (GBP) appartengono rispettivamente alle
Signore Maria Teresa Ancillotto Mazzarolli e Luisa Vivanti Marinoni,
al Dottor Luigi Rossi, al Dottor Giovanni Battista Pighi, già tutti
della mia scuola di Sanscrito nella R. Università di Padova, e l’ultimo
Lai
BALLINT - INDIA,
attualmente Assistente in questa Università Cattolica (Scuola Orientale),
e alla Dott. Irene Cattaneo (IC). |
I prossimi numeri dell’Aevum conterranno Bollettini bibliografici
d’altre lingue e letterature orientali e inoltre 10 Bollettino degli studi
di linguistica indo-europea.
La snateria di questo Bollettino è stata suddivisa nell'ordine
seguente (I):
I. Indo-Europeo ; 1-16
II. Notizie, cataloghi di ‘manoscritti 17-26
III. Bibliografia. Atti di Congressi. Collezioni.
Periodici. Cataloghi di RR 27-44
IV. Alfabeto, Grammatica 45-74
V. Lessicografia .. . 75-102
VI. Poetica (Alamkara) 103-109
VII. Prosodia, Metrica . IIO-112
VIII. Letteratura vedica: . . . 113-326
1. Veda: a) Rgveda . 113-152
b) Atharvaveda . 153-158 a
c) Yajurveda 159
d) Prosa vedica 160-161
2. Brahmana . 102-171
3. Sutra . . 172-181a
4. Upanisad . 132-206
5. Varia 227-225
IX. Filosofia: Gh ‘ . 226-326
I.Samkhya- vera a . 2206-2532
2. Nyaya-Vaicesika . 254-264
3. Mimamsa-Vedanta . 205-281
4. Bhagavadgita 282-206
5. Trattazioni generali e i particolari 297-324
6. Filosofia del IE Go 325
7. Varia 320
X. Jainismo . . 327-307
XI. Buddhismo: . Pi se dig e » o 1808770
I. Edizioni, traduzioni, critica di
testi . 368-493
2. Biografie del Buddha. Esposizio:
ne della dottrina buddhistica.
Studi su di essa 494-689
3. Storia della dottrina 690-703
4. Arte, archeologia 704-735
Gi Biiddhisno e Cristiane 736-753
6. Varia 754-770
(1) Non tutte le molte difficoltà d’indole tipografica si son potute
superare in questo primo Bollettino orientale, per il quale l’intero fab-
bisogno dei segni diacritici fu messo a disposizione e usato solo nel
corso del lavoro.
SOMMARIO
XII.
(XIII.
XIV.
XV.
XVI.
NVII.
NVIII.
NIX.
NX.
XXI.
XXII.
XXIII.
XXIV.
NXV.
NXVI.
XXVII.
XXVIII.
XXIX.
XXX.
XNXAI.
XXXII.
XXXIII.
XXXIV.
XXXV.
XXXVI.
XXXVII.
XXXVIII.
XXXIX.
NL:
XLI.
XLII.
Induismo . 771-854a
« Periodo zoroastriano della storia dell’In-
dia ». Parsismo 855-802]
Epica e Purana È 863-901
I. Mahabharata e > RamAyana 3 863-887
2. Purana 888-900
Mahakavya 901-907
Lirica . 908-913
Drammatica 914-958
Novellistica ; 959-479
Erotica (KEmasutra) 980
Gnomica 981-982
Storia letteraria. 983-1004
Storia . . 1005-1190
Cosmografia, Geografia 1191-1223
Paletnologia . . 1224
Etnografia. Sociologia. Religioni primitive.
Folklore ; mis 1225-1323
Epigrafia 1324-1415
Numismatica 1416-1428
Archeologia . . 1429-1496
Arte . 1497-1547 2
Musica 1548-1553
Giurisprudenza. Politica. ‘Economia 1554-1002
Matematica. Astronomia, Sistema metrico 1003-1029
Mineralogia. Metallurgia ; 1030
Medicina. Eugenetica. Zooiatria 1031-1043
Pali . 1044-1051
Pracriti . a 1652-1009
Lingue e dialetti ‘neo-indiani: 1070
I. Bengali i 1670-1700
2. Marathi 1701-1709
3. Pafîjabi . 1710-1712
4. Gujarati 1713-1715
5. Hindi 1710-1730
6. Hindustàani 1731-1732
7. Nepali 1733
8. Kacmiri i i 1734
9. Lingue e talee: * varî ariani 1734a-1700
Lingue e dialetti dravidici (famul, Cana-
rese) Civiltà dravidica 1761-1778
Giavanese. Malese. Andamanese. Birmano 1779-1783
Tibetano
Notizie personali (Biografie. Necrologie) .
Varia a” xe &
-
7 da
. 1753a-1700
1701-1318
1814-2020
BALLINI - INDIA. I.
1-10
I. Indo-Europeo. — Sulla civiltà, sui costumi, sulla terra
d'origine degli Indo-Europei e su particolarità che li concernono
scrivono A. Carnoy (I 1), G. Kossinna (I 2), H. Bender (I 3), E. Siecke
(I 4), G. Wilke (I 5-6), L. H. Gray (I 7). il De La Vallée
Poussin {I 8).
Il Meillet (I 9), fondandosi specialmente sulle coincidenze tra
1 metri vedici e i metri della lirica colica, abbozza una teoria ge-
nerale della metrica indo-europea.
La «Varendra Research Society » jnella sua quinta pubblica-
zione (I-10), la più importante di quelle sinora uscite, ci offre
un cospicuo studio di R. Chanda intorno alle origini degli Indo-
Ariani. Il 1° cap. definisce la natura della gente del Midland, la
quale risulterebbe come composta delle vecchie famiglie rs: ec di una
razza nera risultante da elementi arii e mesopotamici venuti d’oltre
oceano. A questi ultimi apparterrebbero Kanva e Vicvamitra (Yaja-
mana). A questi due clementi s'aggiungono gli Aborigeni (Nfsada), ne-
ri, piccoli, col naso schiacciato, che parlano i linguaggi Munda. Nella
classe degli Yajamana si distinsero più tardi i Vaigya mentre gli schia-
vi presi in guerra formarono la classe dei (dra. Il Keith ob-
bietta al Chanda che il RV non
mitra appartenessero alla classe
I.1 — Carxmovy A., Les Indo-
Européens. Préhistotre des langues
des moeurs et des crovances de
Europe, pp. 256, Bruxelles, Vro-
mant I92I.
I. 2 — Kossinna G., Die-Indo-
germanen, I. Das indogermanische
Urvolk (Manns Bibliothek N..20),
pp. 85, 1922.
I. 3 — BENDER H., The Home
of the Indo-Europeans, Princeton,
University Press 1922. - Rec.: Ph.
W., 1924, 56-58 (HELCK).
I. 4 — Siecxe E., Indogermani-
sche Mythologie (Un. Bibl.
6247-48), 151, Leipzig, Reclam.
1921.
I. 5 — WILKE G., Die Religion
der Indogermanen in Archdologi-
schev Beleuchtung, pp. 254, Lon-
don, Kabitisch.
I.6 — \VILKE G., Die Zahl 13
dice affatto che Kanva e Vicva-
degli Yajamana e neppure che i]
im Glauben der Indo-Germanen,
Mannus, X, 1918, 121-155.
I. 7 — Gray L. H., Zndo-Euro-
pean Names, ERE, 1917, 162-167.
I. 8 — Poussin L. DE LA VAL-
LÉE, Zndo-Eitropéens et Indo-Ira-
niens - L’Inde gqusqu' da vers 300
av. J. C. Paris, E. De Boccard
1924, pp. (4)+345 (= L'’Histoire
du Monde, publiée sous la dire-
ction de M. E. Cavaignac, t. IIl).
I.9 — MeiLLeTt, A. Les orì-
gines indo-europeiennes des métres
grecs, pp. VIII-79, Paris, Les Pres-
ses Universitaires de France 1923,
(GBP).
I. 10 — CHANDA RAMAPRASAD,
Indo-Arvan ltaces. A Study of the
Origin of Indo-Aryan People and
Institutions. Part I, Rajshahi,
1916. — Completo, London, Luzac
a. Co. 1918. — Rec. TRAS, 1017,
SR, E
I. INDO-EUROPEO.
_T. 10-14
padre di Kanva, Nrsad, fosse di color nero. Osserva inoltre che
dal RV, 6, 50, 12 non risulta che gli Yaiamana abbiamo pas-
sato l'Oceano. S'indugia quindi a trovare l’origine della distinzione
tra i paesi esterni ed interni. Parla delle molte invasioni di outer fe-
oples; accenna all'invasione di popoli antichissimi del tipo del-
l'Homo Alpinus che parlavano il Tocario, i quali, mescolatisi ai vedici
Arit, ai Nisada, ai Dravidi, produssero il tipo Indo-Afganistano del
confine nord-ovest e del Belucistan. Tra i popoli invasori sorse il
culto di Krsna. Essi si appropriarono, inoltre, dai Dravidi
quelle « matriarkal influences » che diedero origine al Gaktismo che
si svolse principalmente nel Bengala. Il K. parla pure della storia della
religione, ammettendo la teoria del Dr. Gray, la « Magophonta ».
Congettura che una volta il Re, in India, fosse anche il supremo
sacerdote. Il Keith non crede, tuttavia, che si possa dare una
soluzione definitiva a questi problemi, giacchè siamo sempre sul
terreno dell'ipotesi.
Al Keith, che nel sopra citato scritto del Chanda aveva
negato qualsiasi probabilità nella letteratura vedica e nei Prà-
criti alla «Two invasion hipothesis» dello Hoernle e del
Grierson, quest’ultimo (I 11) risponde che la asserzione di lui,
non essendo provata, ha un valore negativo e rimanda il Keith
per notizie agli scritti dello Hillebrandt. In quanto ai Pracriti
afferma che in ogni caso vi sono ben altri studiosi che non son d’ac-
cordo con lui.
H. Bruce Hannch (I 12) scrive sulle Origini etniche Indo-Ariane.
«L'atteggiamento degli Arii primitivi (secondo quanto può ri-
sultare dall’Avesta e dai più antichi documenti indo-arî) di fronte
all’Universo, e le loro particolari concezioni delle relazioni dell’uo-
mo con la natura che lo circonda » studia J. von Negelein (I 13).
Lo scritto, breve, è illustrato di note e dotato di ampia biblio-
grafia.
Il Konow (I 14), studiando: il problema dell’identificazione dei
165-175 (A. BERRIEDALE KEITH).
{MA).
I. 11 — GRIERSON G. A., Mi-
scell. Comm.: JRAS, 1917, 400-401.
(MA).
I. 12 — Journal of the De part-
ment of Letters, Vol. IV, Univer-
sity of Calcutta. Eleven Essavs
by various Writers. pp. 353, Cal-
cutta University Press 1921.-Rec.:
JRAS, 1923, 482-3 (G. Linpsay)
(LAM).
I. 13 — NEGELEIN |. vox, Wel-
tanschauung des indocermanischen
4siens, pp. VIII-186. Erlangen,
Palm und EnFe 1024. — Rec.:
JRAS, 1925, 178. (LD. BARNETT).
I. 14 — Koxow STEN, Zle
Asian Gods of the Mitani People
(Roval Frederik University Chri-
De; per
BALLINiI - INDIA. I. 14-18
nomi delle divinità di cui è fatto cenno in un trattato tra il Re Ittito
Shubbiluliuma e il re dei Mitanni Mattiuaza con divinità Vediche, fra
le due teorie (di cui una sostiene essere gli dèi di quel documento
del principio del XIV sec. avanti Cristo le divinità Ariane d'origine;
l’altra, divinità Vediche o Indiane che possedevano le caratteristiche
che quelle assunsero quando le tribù Ariane si furono stabilite in
India ed ebbero rimodellati i loro concetti religiosi in accordo con
quelli ivi trovati) adotta risolutamente la prima, seguendo il Jacobi.
Contro l'opinione espressa dal Tilak, il quale aveva voluto
dimostrare per mezzo del RV che gli Arii eran vissuti non lungi
dal Polo Nord, poichè nel RV vi sono « clear and unmistakable
references to Arctic phenomena », il Dutt (I 15) porta validi argo
menti. Ma il Macdonell accusa i due contendenti di mancare di
una conoscenza adeguata, della lingua, della sintassi, del metro e
d'altro, al compito proposto ed accenna a parecchi errori di tradu-
zione e interpretazione dello scritto del Dutt e ad una mancanza
assoluta in ogni sua parte di precisione e d’accuratezza (v. I 146).
G. W. Brown (I 16) attribuisce alle popolazioni pre-ariane
dell'India l'indirizzo preso dal pensiero indiano.
II. Notizie, cataloghi di manoscritti. — Il Pargiter (I 17)
fa un elenco dei manoscritti dello Hoernle. (Per notizie di questo
su mss. di letterat. buddistica scoperti nel Turchestan Orientale, v.
I 476).
Lo stesso (I 18) ricorda, per desiderio di Sir A. Stein, come tra le
carte dello Hoernle, passate dopo la sua morte alla Biblioteca del-
l’India Office, si trovi la trascrizione di un trattato di medicina scritto
in Khotanese (scoperto dallo Stein), comprendente testo sanscrito
e commento khotancse, introduzione, note e lessico. L'opera, desti-
nata alla pubblicazione, è rimasta, per mancanza di mezzi all'uopo,
stiania), Publications of the Indian Haven, Yale University Press.
Institute, Kristiania, I, 1, 1921. —
Rec.: JRAS, 1923. 488-480) (CLAN-
SON (LM).
I. 15 — Dutt N. K,, The
Arctic Home in the Rig-Veda: An
Untenable Positton, pp. VIII-95,
Dacca, 1918. — Rec.: JRAS, 1921,
127-13I. (A. A. MACDONELL).
I. 16 — Studies in honor of
Maurice Bloomifield, by a group of
his pupils. pp. NXXI-312, New
1920. — Rec.: BSL XXXII, 1921,
184-186. (A. MEILLET), OLZ 1922,
35-6 (A. HiLLEBRANDT), OLZ
1924, 423-7 (M. WINTERNITZ).
(GBP).
I. 17 — PARGITER È. E,
Dr. Hoernle's Mss. Papers. JRAS,
1923, 551-558.
I. 18 — ParcitEr F. E., The
late Dr. Hoernle’s Mss. JRAS,
1925, IIO-III.
ss "6
1. INDO-FUROPEO - II. MANOSCRITTI - IIT. BIBLIOGRAFIA, ECC.
I. 19-28
interrotta al I volume (Manuscripts Remains of Buddhist Litera-
ture found in Turkestan, Oxford Clarendon Press).
È apparsa una relazione delle ricerche dei manoscritti ancora
sparsi nell’India, quale fu presentata alla terza riunione dell’/ndian
Historical Records Commission. Ci è data così notizia della scoperta
a Patna di un manoscritto persiano che è la cronaca, fatta da un te-
stimonio oculare, degli avvenimenti svoltisi a Delhi durante la
anarchia del 1749-88, e di altri documenti importanti (£ 19).
Sono usciti varî cataloghi di mss. sanscriti e dialettali (I 20-26).
TII. Bibliografia. Atti di Congressi. Collezioni. Periodici.
Cataloghi di pubblicazioni. — Il Ballini (I 27) ha pubblicato
la bibliografia degli studi indologici compiutisi negli anni 1914-1915.
Il Kirfel (I 28) ha pubblicato — in occasione del settantesimo
I. 19 — Indian Historical Records
Commission. Proceedines of Mee-
tings. Vol. III: Third Meeting held
at Bombay, January, 1921, pp. 65,
Calcutta, Superintendent Govern-
ment Printing 1921. - Rec.: JRAS,
1923, 635-37 (F. Novce). (DMI).
I. 20 — Catalogue of the Govern.
Collect. of Mss. Deccan College,
Poona. Vol. I, part I. Vedic Lat.
Samhitàs and Brahmanas, Bom-
bay 1916.
I. 21 — GANDHI LALCHANDRA
BHAGAWANDAS, A Catalogue of
Manuscripts in the Jain Bhan-
darsat Jesalmere. Edited with in-
troduction, indexes, and motes on
unpublished works and theivr authors
(Gaekwad'’s Oriental Scrics, No.
XXI), pp. 1II+II+XV+-70+ 101,
Baroda 1923.
I. 22 — SASTRI
A ltriennal catal. of Miss. coll.
during triennium 1913-14-15 for
the Gov. Oriental-Manuscripts Lib.,
Vol. II, Madras 1917.
KUPPUSWAMI,
I. 23 — SAstRI KUPPUSWAMI
S., A triennal catalogue of Mss.
collected during the triennium 10916
io 1919 for the Govt. Oriental Mss.
Library, Vol. III, part. I, Sanskrit
A.B.C., Madras 1922.
I. 24 — A Catalogue of Sanskrit
Manuscripts acquired for the Go-
vernment Sanskrit Library, Saras-
batt Bhanava, Benares (during
the years 1918-1919) by GOPINATH
KAvIRAJ, M. A., Allahabad, Go-
vernment Press 1919.
I. 25 — List of Sanskrit and
Hindi Manuscripts purchased bv
order of Government and deposited
in the Sanskrit College, Benares,
during the year 1917-1918. Alla-
habad, Government Press 1919.
I. 26 —Misra SHyaMm Binari and
Misra SuTDEO The Third Triennal
Report on the Search for Hindi Ma-
nuscripis for the vears 1912-13-14.
Published by the Nagari Pracharini
Sabha, Benares, under the authority
and patronage of the Government of
the United Provinces. Allahabad,
Government Press 1924.
I. 27 — BALLINI AMBROGIO, Bol/-
lettino bibliografico degli studi in-
dologici per gli anni 1914-1915 —
RSO, VII, 1916-18, 0282 - 0339.
I. 223 — KikceL W. Verzei-
chnis der bis zum 11 Februar 1920
erscheinen Srhriften Hermann Ja-
BALLINI - INDIA.
compleanno di Hermann Jacobi — l’intera copiosissima bibliogra-
fia degli scritti del grande indianista a tutto l’1I Febbr. 1920, offer-
tagli dagli scolari.
Una bibliografia di opere per la maggior parte di religione
dell’Avesta e del Veda offre J. E. Saklatwalla (I 29).
DI
«The Religious Quest in India » è una raccolta di studî che vuol
dare un quadro della vita religiosa dell'India (I 30).
Il Barnett (I 31) parla dei N. X-VIII della Gaekicvad's Oriental
Series usciti a Baroda nel 1920-21.
Amici e scolari hanno offerto a E. Windisch in occasione del
suo settantesimo compleanno una raccolta di scritti filologici
(I 32).
DI
Pure al Bhandarkar è stato offerto un volume contenente qua-
ranta articoli (I 33), ed un altro al Kuhn (I 34).
È uscito il I vol. degli Annali dell'Istituto Bbrandarkar di Poona
(I 35). Si divide in due parti e contiene scritti dei più varì argomenti
(lessicografia, retorica, storia, filosofia, ecc.).
L'Istituto Bhandarkar stesso pubblica gli atti del Congresso
Orientale di Poona del 1919 (I 36). Fra l’altro, sono in essi conte-
nuti studî del Tavlor sui dialetti Birmani, del Bandharkar sull’ori-
cobis. Ihrem hochverehrten Lehreyr
Herrn Geheimen Regirerungsrat
Prof.Dr.H. J.In seinem 70 Geburts-
tage dargebracht von ehemaligen und
jetzigon Muitglidern des Ortentali-
schen Seminars dev Universitat Bonn
zusammengestellt von Dr. W. K.
Bonn,Schròder Verlag 10920, pp.17.
I. 29 — SAKLATWALLA ]}Am-
sHebyi E., A Bibliography oj he-
ligion (mainly Avestan and Vedic),
pp. Il + 142 4 XVII, Bombay
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 425.
(LD. BARNETT). (LM).
I. 30 — The Religious Quest of
India edited by J. N. FARQUHAR
M. A. and H. D. GriswoLp M.
A., Ph. D., Oxford, University
Press. — Notizia: ]RAS, 1915,
833 (A. BERRIEDALE IEITH).
I.31 — Gaekwad's Oriental Se-
ries, Nos N-XNVIII, Baroda, Bom-
bay printed 1920-21.— Rec.: JRAS,
1923, 425-427. (LD. BARNETT).
I. 32 — Festschrift Ernst
Windisch zum 70 Geburtstage am
4 Sept. 1914 dargebracht von Freun-
den und Schiilern, Leipzig 1914.
1.33 — The R. G. Bhandarkar
Memorial Volume, A. B. Press,
Poona 1917. — Rec.: JRAS, 1918,
347-348. (MA).
I. 34 — Aufsatze zur Kultur
und Sprachgeschichte vornelmilick
des Ortents, E. Kuhn gewidmet von
Frcunden und Schiillern. Breslau,
Marens 1916, NNV 523.
I. 35 Annals of the Bhandar-
kar Institute 1018-19 and 1919-20,
Vol. I, Pts. I and II, Poona 1919-
20. — Rec.: JRAS, 10921, 133-34.
(L.D. BARNETT).
I.36 — Proceedings and Trans-
actions of the First Oriental Con-
ference, at Poona, pp. 120 +
CLXXNI, tavole 6, BhandarFar
Institute, Poona 1922. — Rec:
ca [Re
III. BIBLIOGRAFIA, FCC. I. 36-40
—____—__—__—_——y—_r-—————<—_——. rr, ———+6—_+&—tm
gine indigena dell'alfabeto Indiano, di Krishna Sastri sulle iscri-
zioni Brahmi dell'India Meridionale, ecc. ecc.
Sono usciti gli atti del secondo Congresso orientale, tenutosi
in Calcutta nel 1922 (I 37). Le tredici sezioni di esso trattarono
rispettivamente, di Vedico, Iranico, Etnologia, Sanscrito, Pràcrito,
Archeologia, Storia politica, Storia sociale e religiosa, Filosofia e
Religione, Filologia, Buddhismo, Scienza, Geogratia araba e persiana.
G. Jha (I 3$) offre alcuni volumi di traduzioni in Inglese,
che fanno parte della collezione « Indian Thought », la quale, ini-
ziatasi nel 1907 per merito di Giorgio Thibant e di Ganganatha
Jha, è stata troncata per la morte del Thibaut
La Nagaripracarini Sabha ha determinato la ripresa della Ndga-
ripracarini Patrika, rivista in Hindi, uscita la prima volta nel 1897,
suo organo ufficiale. Il primo numero contiene articoli di storia, arte,
cronaca, ecc. (I 39).
Si è iniziata nel 1922 sotto la direzione di Sten Konow la ’
pubblicazione di una rivista orientale dal titolo Acta Ortentalia
organo delle Societa Orientalistiche Olandese Danese e Norvegese
(1 59a).
Una breve nota è uscita (I 40) per informare l'assunzione, av-
venuta da parte di una ristretta Compagnia, del giornale Indian
Antiquary, sotto la direzione di Sir Richard Temple, già unico pro-
prietario del giornale.
È apparso il II vol. (IV parte) del Catalogo della Biblioteca
JRAS, 1923, 0648-50 (]J.
(LAM).
ArLAN). dra». (Indian Thought Serles,
Vol. II-IV). Allahabad 1917-
19. — Rec.: JRAS, 1023, 430. (LI.
I. 37 — Proceedines and Trans-
actions of the Second Oriental Con-
ference, pp. CVI + 651 (Calcutta),
1922. Calcutta University Press
1923. Notiz. JRAS. 1925, 115-120,
(T. GRAHAME BAILLv).
I. 38 — JHA MAHAMAHOPADH-
YaYA GANGANATHA, The Nvava-
sutras of Gautasna, with the Bhasva
0f VATSYAYANA and the Vartika
of UDDYOTAKARA. Translated into
English with notes from VA-
CHASPATI MIsHRA's eNVvava-Vartika
l'atparya », UDAYANA'S «Parishud-
dh » (and Bodhasiddhi, Vampua-
MANA'S Antiksanayatattuabodha)
and RAGHUTTAMA'S « Bhasvachan-
BARNETT). (ZL).
I. 39 — The Nazari-Pracarini
Patrikà, Benares, 1920. — RKRcecec,:
JRAS, 1921, 280-287. (G. A.
GRIERSON). (MA).
I. 39a — decta Ortentalia. Edi-
dervunt Soctetates Orientales Bata-
va Danica Norvegica curantibus
FE. Buut, Hauniae; C. Sxouck
HURGRONJE, Lugd. Bat.; STEN
Koxow, Christiamae; Ph.S. VAN
RoxnkkL, Lugd. Bat. - Lugduni
Batavorum, apud E. J. Brill.
I.40 — The Indian Antiquary:,
JRAS, 1924, 100-101. (LI).
PER; RR
BALLINI - INDIA. ; I. 41-50
dell'India Office (I 41), concernente le opere Bengali venute alla
Biblioteca tra il 1906 e 1920.
Sono usciti varî cataloghi di pubblicazioni appartenenti a Bi-
blioteche diverse (I 42-44).
Per una bibliografia di studi tedeschi sul Buddhismo v. I 493.
IV. Alfabeto. Grammatica. — R. G. Bhandarkar scrive
sull'origine indigena dell’alfabeto indiano (I 45).
Il Grierson (I 46) pubblica le, tavole complete dell’alfabeto
Carada, mostranti*non solo le semplici vocali e consonanti, ma anche
tutte le loro possibili combinazioni. Le fa precedere da alcune con-
siderazioni sull’alfabeto stesso in relazione agli altri alfabeti Indiani,
sulla tradizionale sua interpretazione e su quella « mezzo mistica »
del Barnett. Segue un'appendice dedicata all'alfabeto nel misticismo
dei Caiva, con una traduzione dal sanscrito e note esplicative del
Barnett sull'argomento.
Il Macdonell (I 47) ha pubblicato una Grammatica ed una
Antologia Vediche ad uso scolastico.
Sul dativo vedico avîrate scrive il Meillet (I 48), e su adhi bra
e adhi Vvac nel Veda il Gehman (I 49).
Il tipo vedico tuddti, secondo il Renou (I 50), viene da una
antica flessione modale (c quindi tematica) con desinenze secondarie,
I. 41 — ]J. F. BLUMHARDT,
Catalogue of the Library of the
India Office, Vol. II, Part. IV, Sup-
plement 1906-1920, pp. I4+ 523,
London, Eyre and Spottiswoode
1923. — Rec.: JRAS, 1925, I106-
117. (T. GRAHAME BAILEv).
I. 42 — General Catalogue of
all Publications of the Government
of India and Local Governm. and
Adm., Calcutta 1917.
I. 43 — Government Oriental
Librarv Series. Edited under the
supervision of the Curator Govern-
ment Oriental Library, Alysore,
Bibliotheca Sanskrita, Nos. 46-
53-56-63. Mvsore 1916-23.
I. 44 — India Office Library
Catalogue, Vol. I. Accessions 10,
London 1921.
I. 45 — v.I. 36.
I. 46 — GRIERSsON SIR GEORGE,
K.C.T1.E., M.R.A.S., On the Sa-
rada Alphabet, ]RAS, 1916, p. 677-
708. (LM).
I. 47 — MacpoxELL A. A., 4
Vedic Grammar for students, Oxford
at the Clarendon Press, 1916,
pp. XII+ 508.
MacpoxELL A. A., A Vedic
Reader for students, Oxford at the
Clarendon Press, 1917, pp. XXXI
203. — Rec.: RIGI, II, fasc. III
e IV, 152-154. (E. La TERZA). (LR).
I.48—MEILLET A., Le datif védi-
queatvirate, BSL, XXI, 1920, 21-22.
I 49 — GEHMAN H. S., Adhi
Vira and adhi Vvac in the Veda:
JAOS, NXXNV, 1916.
I. 50 —
védique tuddti in
Renou L., Le type
Mélanges lin-
— 80 —
III. BIBLIOGRAFIA, ECC. - IV. ALFABETO, GRAMMATICA.
I. 50-54
che poteva anche esprimere un fatto momentanco, e che ha as-
sunto le desinenze primarie, passando così all'indicativo, quando
queste son divenute necessarie nell'espressione del presente.
Bhagavad Datta, offrendo l’edizione della Mandaki Ciksa
(I 51) tratta nella prefazione alcuni punti connessi con la Ciksa
stessa, per es. la relazione in cui si trova col Rgveda-praticakhva e
Yaska. Egli ritiene scarsissimo il materiale originale della Mandahi,
i cui insegnamenti in gran parte derivano da altre Ciksa.
S. K. Belvalkar (I 52) presenta un suo libro come un modesto
saggio di speculazione grammaticale. Esamina tutte le scuole e i
sistemi fermandosi più lungamente su quella di Panini.
Il Sarup (I 53), traduce il Nighantu e il Nirukta, dopo aver
descritto le edizioni esistenti e i manoscritti da usarsi per la sua edi-
zione, e dopo aver rilevata l’importanza dell’opera di Yaska, il gram-
matico che appare, alla fine del periodo vedico (egli conosce anche
diverse scuole grammaticali posteriori ai fadapatha e ai praticakhya
vedici), il più antico autore conosciuto (anterioredi molto a Panini,
il contemporaneo di Alessandro) che tratti dei principî dell’etimologia.
Il Liebich (I 54) pubblica un notevole contributo alla cono-
scenza della scienza del linguaggio degli Indiani, com'era da essi
stata trattata, dando l’esame del Katantra e la versione dei ll. I-IV,
trattando dello sviluppo della grammatologia indiana, pubblicando
Il testo e un indice alfabetico del Dhatupatha di Panini, etc. Lo
i
Quistiques offerts à M. ]J. Ven- mantics. Critically edited.... and
dryes, Paris, Champion 1925, 309-
310. (GBP).
I. 541 — DATTA BHAGAVAD,
Manduki Siksa, or the phonetical
treatise of the Atharva Veda. Edited.
wilh an introduction, appendices,
index (in Hindi), XVIII + 52 +
VI + VII. Lahore 1921. — Rec.:
JRAS, 1923, 432-33. (LD. BaR-
NETT). (LM).
I. 52 — BELVALKAR SHRIPAD
Krisuna, M. A., An account of
the Different Existing Systems of
Sanskrit Grammar, Poona 1915.
— Rec.: JRAS, 1917, 182-183.
(LD. BARNETT). (MA).
I. 53 — The Nighantu and the
Nirukta, the oldest Indian treatise
on etvmology, philology, and se-
translated for the first time into
English, with introduction.... notes,
three indices, and eight appendices
hv LAKSHMAN SARUP M. A. (Paris),
D. Phil. (Oxon). Introduction,
pp. 80, Oxford University Press
1920. — Rec.: BSL XXII, 1921,
196-198, (]. BLocH); JRAS, 1922,
447 - 448; 1923, 275-276. (L.D.
BARNETT);— V. pure L. SARUP,
Notes on the Nirukta IA, May
1921. (GBP).
I. 54 — LiEBICH Bruno, Zi
FEinfiihrung in die indische einhei-
mische Sprachwissenschaft I, Das
Katantra, II, Historische Emfihr.
SBHAW 1919-20. Quattro parti:
pp. 95 + 53 + 86 + 88. Heidelberg,
Winter 1919-20. — Rec. : JRAS,
1922, 433-439 (A. A. MACDONELL);
==
Aevum - Anno I - 6
BALLINI - INDIA. I. 54-61
stesso (I 55) espone le radici sanscrite col loro significato, contenute
nel Nirukta e nei grammatici, quelle del Dhatupatha di Panini e
di Candra, ordinate secondo il significato da loro dato ad esse, e liste
alfabetiche delle radici verbali immesse da Panini e da Candra,
come usate all’attivo, al medio e in ambedue i modi.
Il Vidyabhashana (I 56) si propone di insegnare la grammatica
per mezzo di aforismi di Panini spiegati in Sanscrito e in Inglese.
Edizioni e traduzioni di grammatiche indigene danno S.
Ray (I 57) e V. S. Sùkthankar (I 58),
Il Vidyabhaùshana (I 59) pubblica una grammatica sanscrita,
in cui le regole sono in Bengali e gli esercizî in Inglese. Lo
stesso (I 60) insegna gli elementi del Sanscrito in maniera piana
e pratica, illustrandoli con brani di narrazioni rielaborati in forma
semplice.
Il Dewhurst (I 61) a proposito dell'opinione dei grammatici
(v. Panini, VI, 4, 117) che vi siano tre forme alternantisi della
2.a pers. sing. dell’imperativo del verbo da «lasciare », cioè
jahihi, jahihi e jahahi, dichiara — ricordato che secondo il Whitney
(Sanskrit Grammar $ 665) una sola forma, la prima, appare docu-
mentabile — di non aver mai trovato nel Sanscrito classico alcun
JRAS, 1925, 179 (LD. Bar- I. 58 — SUKTHANKAR VISHNU
NETT). S., Die Grammatik Sakatayana's....
nebst Jaksavarman’s Kommentar.
I. 55 — LieBICH BruNO, .Ma- Inaugural Dissertation, Leipzir,
derialien zum Dhatupatha SBHAW,
Stiftung Lanz. Ph.-hist. KI., 1921,
7 Abh. Heidelberg, Winter 1921.
— Rec.: JRAS, 1925, 185 (LD.
BARNETT). — Vedi pure:
LiEBicH Bruno, Candya-Vrtti
der Original-Kommentar CANDRA-
GOMIN'S zu scinem grammatischen
Sttra, AKM, XIV, 1918.
I. 56 — VIDYABHUSHANA U-
PENDRANATH, A Mantal of Higher
Sanskrit grammar and Composi-
tion, Pts I, II, Calcutta 1919-
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 436,
(L.D. BARNETT). (LM).
I. 57 — BHATTOJI DiKSHITA'S,
Siddhanta-Kaumudi, Vol. II: Ka-
raka and Samasa. With translation
and Sanskrit commentaryv by SA-
RADARANJAN Rav, Vidvavinod,
M. A., pp. IV+ 106, Calcutta 1920.
Kreysing, s.d.(Adkyava 1, Pada 1
mit Uebersetzung der Stitras, 1921).
I. 59 — VIDYABHUSHANA U-
PENDRANATH, 7 he Beginner's Sans-
krit grammar and Composition,
Introductory and supplementary to
the Elements of Sanskrit grammar..
Published by the Calcutta Uni-
versity, 4 ed., XI + 336, Calcutta
1915. — Rec.: JRAS, 1923, 435-
436. (LD. BARNETT). (DM).
I. 60 — VIDYABHUSHANA U-
PENDRANATH Pandit: Samskyta-
Patha-Mala. Sanskrit Reader, Pts
I, II, Calcutta 1922. — Rec.:
JRAS, 1923, 436 (L.D. BARNETT).
(LM).
I. 6t — DewHURST R. P,
Sanskrit Grammatical Note, JRAS,
1916, 571-72. (LM).
_ 829
IV. ALFABETO. GRAMMATICA.
ii E fi li Pi i i SL E ii i i i iii gig i
I. 62-72
esempio della terza forma, mentre le altre due si trovano
nel Kiratarjuniya di Bharavi, probabilmente per esigenze me-
triche.
È uscito l’Indice delle questioni di glottol. indiana toccate o
trattate nel t. XXII dei MSL (I 62): conson. fin.; indebolim.
dell’iniz. in parole access.; loc. plur.-sw; 18 sing.; 1* plur.; nomi non
arii in i.-ario; parole di popolaz. aborig. in linguaggi indiani; skr.
-a- e -u-. È apparso pure il lessico delle parole studiate ib.: scr.,
prakr., pali, marathi, hindi, paùjabi (I 63).
Il Grahbame Bailey (I 64), a proposito di uno scritto del Gri-
erson (I 65), discute anzi tutto il significato usuale assegnato al
termine « cerebrale » per le consonanti della terza serie del sistema
fonetico indiano; indaga, su l’autorità dei principali cultori di fone-
tica indiana, la natura dei detti suoni, il luogo vero della loro arti-
colazione (che egli determina nel mezzo del palato duro). Accenna
pure al valore del comune termine « dentale ». Si chiede poi se ì
quattro suoni dentali e cerebrali (tt, dd, rr, n n) esistano nel lin-
guaggio Sina e risponde affermativamente. Finalmente indaga sul
punto di articolazione di questi suoni in Sîna.
Nella raccolta delle pubblicazioni scientifiche dì F. de Saussure
gli editori, Charles Bally e Léopold Gautier, ristampano tra l’altro:
De l’emploi du génitif absolu en sanscrit (1881) (I 66), Vedique libua,
Paléoslave lobuzati (1884) (I 67), Sanscrit stokd-s (1889) (I 68).
L'indice (I 609) contiene circa 1100 parole sanscrite che il de Saus-
sure ha in qualche modo illustrate.
Altri scritti d'indole grammaticale pubblicano il Lanman (I 70),
il Liebich (I 71) e K. V. L. Rao (I 72).
I. 62 — MSL XXII, 1920, 282. I. 67 — ib,, 404.
I. 63 — MSL XXII, 1920, 306- I. 68 — ib., 419.
8. (GBP).
3055 doc) I. 69 — ib. 608-615,
I. 64 — GRAHAME BAILEv T,,
Are the four series (front t, d, r, n,; I. 70 — LANXMAN C. R., The
Sanskrit passive-stem, JAOS, vol.
back t d r n; aspirates, and non
40, fasc. 3, 1920.
aspirates) found in Sina? ]JRAS,
1925, 87-93.
I. 65 — JRAS, 1924, Oct,
I. 66 — Recueil des publica-
tions scientifiques de Ferdinand de
SAUSSURE, Heidelberg, Winter
I. 71 — LiEBicH Bruno, Lebdber
den Sphota (Ein Kapitel iber die
Sprachphiosophie der Inder),
ZDMG, LXNVII, 1923, 208-209.
I. 72 — Rao K. V. L., Dia
1922 (Indo-germ. Bibliothek III, 2)
269-338. (GBP).
Panini know Buddhist Nuns? IA,
March 1921. (LM).
— 83—-
BALLINI - INDIA.
V. S. Suktankar, (1 72a) nella sua dissertazione dottorale, da
un saggio critico sull'opera del grammatico Cakatayana (adh. 1.
pa. I), «corredato dal commento (cintàmani) di Yaksavarman. Una
traduzione in tedesco con note dichiarative, completa l’interessan-
tissimo specimen».
1l Caland (1 72b) cerca di spiegare il samplomnaya di Apa-
stambacrautasitra VIII, 16, 6 e XIII, 17,9, con un richiamo della
samplavamplivam del Manavagrautasitra II, 5, 4, 10. Ììndica i
probabili passaggi.
P. Ch. Chakrabarti (I 73), considerato che il Sanscrito, per la
sua ricchezza e complessità fonetica e morfologica, è atto a dar
luce a molti problemi della grammatica in generale, che esso si
può ritenere il più antico dci linguaggi viventi, afferma che «la
speculazione scientifica sul linguaggio ha avuto origine in India ».
Accenna all'importanza del Sanscrito per la grammatica comparata,
alle giuste espressioni sulia lingua (vak) date dal RV, al criterio
scientifico seguito da Yaska nella dottrina della parola, e, pur non
negando i meriti della scienza europea nella speculazione lingui-
stica, insiste nel mostrare l’eccellenza delle antiche cognizioni lin-
guistiche indiane. — Divide il suo lavoro in due parti: 1® Filo-
sofia del linguaggio (viàA, la sua origine e il suo carattere eterno:
origine divina, ab acterno; origine della lingua, spiegata secondo
la frascologia indiana; teoria dell’eternità del linguaggio; origine
convenzionale o non eterna; teoria sulla radice, modo di espressione
del pensiero; onomatopea; articolazione del suono; produzione del
suono secondo il Nyaya; teoria dell'evoluzione; classificazione
delle parole; divisione della parola in tema e suffissi; natura e
significato della radice « ultimo germe della parola » etc.); 23 Se-
mantica (teoria del Nyaya-Varsesifa su la relazione tra parola e
concetto; teoria della Mimamsa, etc.).
S. K. Chatterji (I 74) pubblica un tentativo di trascrizione
fonetica dei principali linguaggi dell'India moderna: Bengali (nelle
sue varictà), Assamese, Ortya, Magahi, Maithilî, Bhojpuriya, Hin-
I. 72a — SUKTANKAR VISHNU I. 73 — CHAKRABARTI PRa-
S., Die Grammatik Cakatayvana’s «8BHAT CHANDRA, Linguistic Spe-
adhyvaya 1, pàda 1 nebst Yaksa- culations of the Hindus. Calcut-
varman’s Kommentar etc. Lcip- ta, University Press 1924-1925,
zig, 192I - Rec. RSO, IX, 1921-23. pp. 185.
610 (F. BELLONI-IILIPPI). _
I. 74 — CHATTERJI SUNITI Ku-
I. 72b — CALaND W. Das son-
derbare Absolutiv Samplomnava
Act O I 1922, 318-319.
MAR, Phonetic Transcriptions from
Indian Languages. Hertford, Au-
stin 1922, pp. 19.
= Re
IV. ALFABETO. GRAMMAT'CA - V. LESSICOGRAFIA. I. 75-80
dustini (Hindi), Marwari, Patijabî occ., Sindhî, Gujarati, Marathi,
Telugu, Kannada, Tamul, Malayala, Sinhalese.
V. Lessicografia. — Lo Schmidt, dopo averne dato un saggio,
ha iniziata la pubblicazione delle aggiunte (a tutto il 1924) all’edi-
zione minore del Vocabolario Sanscrito del Bòhtlingk (I 75), del
quale è uscita una riproduzione anastatica (1 75a),
È uscita una riproduzione anastatica del Vocabolario sanscrito
del Macdonell (I 76), particolarmente utile ai principianti.
S. Lévi (I 77) esamina alcune coppie. di nomi che si riscon-
trano nella nomenclatura geografica dell'India, dal Kacmir al cuore
della penisola (Kosala-Tosala, Anga-Varniga, Kalinga-Trilinga, Ut-
kala-Mekala, Pulinda-Kulinda), trovandovi le traccie d'una lingua
che appartiene al tipo Munda e Mon-khmer.
L'epiteto di sahampati (pali sahampati, scr. anche salapati),
che i testi buddhistici danno a Brahma, riposa, secondo il Przyluski
(I 78), su scr. sabhapati « signore, capo della sabla, assemblea », ri-
fatto in pali sul tipo di disam pati (sujampati, gavampati) che contiene
un gen. vedico di dig-, dicam.
Secondo il Cunv (I 79), la lingua madre dell’i.-e. e del cam.-
sem. avrebbe posseduto una parola *IK,(s)a-ba, da cui i.-e. *g,zli-1-p >
scr. Rsip- « dito » f., e sem. *saba (*sba-'u) > ebr. ’esdba' « dito » f.,
ar. class. ‘isba‘-u"* spesso f. sir. seB'd4 m. e f.
Il Grierson (I 80) riferendosi all'affermazione di Kumarila che gli
Ariani abbiano confuso la parola dravidica pap ‘‘ serpe ,, colla lero pa-
rola papa ‘‘ peccato ,, discute sull'origine comune delle due parole.
I. 78 — ScHMIDT_ RicHarD, — Rec.: JRAS, 1925, 177-8 (L.D.
Bertrage zum Sanshrit Worterbuch, BARNETT). ,
ZDMG, LXXXI, 1917, 1-49.
SCHMIDT RIcHARD, Nachtreage zum
Sanshrit - Worterbuch in Riirzerer
Fassung von Otto Bohtlingk, Han-
I. 77 — Levi Svylvarx, Pré-
aryen et pré-dravidien dans l’Inde,
JÀ, 10923, 1-57. (GBP).
nover, Lafaire 1924-1925. — Rec.: I. 78 — PRZYLUSKI ]., Brahma
JA, 1925, 310-311 (G. FERRAND). — Salampati. JA, 1924) 155-103.
I. 75a — BontLINGH OTTO von, (6282).
Sanshrit Worterbuch in Airzerer I. 79 — Cunmnvy A, Ze nom du
Fassung. Neudruck in Helioplan- «doigt» en sanskritet dans les langues
verfahren, im 7 Bdnden, Folio, auf sémitiquesin Mélangeslinguistiques
Holzfreiem Papier. Leipzig, Mar- ofierts à M. J. Vendryes, Paris,
kert und Petters s. d. Champion, 1925, 135-139. (GBP).
I. 76 — MAcDoNELrL A. A, I. 80 — GRIERSON A. GEORGE,
A practical Sanskrit Dictionary, Tamil pambu, Sanskrit papa,
Oxford, University Press. 1924. JRAS, 1923, 619. (LM).
la e
BALLINI - INDIA. Ca _L 81-85
Il Codrington (I 81) combatte l'opinione espressa dal Tho-
mas (I 82) che la parola sanscrita #arsa nel significato di vn certo
peso, non sia d’origine indigena, come vorrebbe il Cunningham (I 83),
ma importata dall'Asia Occidentale. Il Codrington non vede la ne-
cessità di supporre tale importazione. In margine alla nota del
Codrington si legge un breve commento di F. W. Thomas che dilu-
cida nuovamente la propria tesi.
Il Thomas (I 83) richiamandosi alla pag. 461 del JRAS, 1916,
a proposito delle parole udyana e urdî, richiama l’attenzione sopra
nuove derivazioni delle parole ed accenna alle « Ausgewdhlte Erzih-
lungen in Maharastri » (pag. 28).
Lo stesso (I 84), ricordato che al verbo vivasay — nell’iscri-
zione di Sarnath è stato riconosciuto il significato di «cause to dwell
away ,, to dwell, that is, in a place which is anavasa ‘ not a resi-
dence », in the particular case ‘not a residence of a comunity of
monks ,, e accennato al ricorrere di una frase nell’editto di Ripnath
sostanzialmente identica a quella dell’editto di Sarnath, nella quale
il significato generale di vivas- è certo, indaga se il verbo stesso sia
transitivo e valga cioè per ‘‘ came to dwell away ,,:‘‘ came to travel ,,
o intransitivo e significhi ‘“ dwell away ,, o ‘‘ travel ,,. Studia inol-
tre il valore delle espressioni: tam atham tadatvane, nijhati, niuu-
dhasi pi kalasi.
Lo stesso Thomas (I 85), polemizzando col Fleet sull’esatta inter-
pretazione della parola gana, dal Fleet tradotta colla parola tribù,
vuol dimostrare che essa significa invece comunità, e che l'essere
stata tradotta trib da Pratap Chandra Ray in un brano del Maha-
b©harata, e da Nandargikar e Shankar P. Pandit in un brano del Ra-
ghuvamga, non è un argomento valevole, poichè è lecito a studiosi
usare termini approssimativi in brani poetici. Approfondisce la
differenza di significato fra le espressioni f#ribù e comunità, e cita
a sostegno della propria tesi una nota dello stesso Pratap Chandra
Ray, già citato dal Fleet, al Cantiparvan, adhy. 107, interamente
dedicato ai gana.
I. 81 — CopnrINGTON H. \,, I. 84 — THomas F. W., Notes
Karsa, Karsapana. ]RAS, 1924, on the Edicts of Asoka, 12 Vivasa.
93-94. 13 Some Minor Potnts: Tam
. . afham, tadatvane, nijhati, nilu-
I. 82 — THomas F. W., JRAS, diasi pi Ralasi. JRAS, 1916, 113
1916, p. 300. -123. (LM).
I. 83 — TuHomas F. W., Mr- I. 85 — THomas F. W,, Ma-
scell. Comm. JRAS, 1918, 311. /ava-gana-sthiti, JRAS, 1916, 162-
(MA). 106. (LM).
inietta
V. LESSICOGRAFIA. I. 86-92
Il Bloch (I 86) indaga sul verbo vedere nell’Indo-ario.
A. C. Woolner (I 87) pone la domanda se possa stabilirsi che
in Taxila al principio dell’era Cristiana ayasa fosse usato per signi-
ficare ‘‘ di questo ,, e formula alcuni quesiti che, insoluti, lo ren-
dono dubbioso se sia veramente ayasa = asya.
Il Meillet (I 88) dimostra che ved. Arstt ’ gruppo di genti”
è da *k*-l-s-ti-, in cui l'aggiunta del secondo suffisso ha regolarmente
provocato il vocalismo zero dell'elemento presuffissale; gr. réX0g
è da *k”el-es- con lo stesso senso.
Lo Schwyzer (I 89) studia i vocaboli che indicano ’’buono”’
e ‘cattivo’ in sanscrito e in antico iranico.
E. G. Oliver (I 90) studia i vocaboli che designano l'apparecchio
per produrre il soma.
Secondo il Laufer {I gI), scr. Rarketana (-tana, -tila; Caraka
6,23; Ratnapariksa di Buddhabatta [prima del VI sec.]; Brhat-
samhità di Varahamihira [505-587]; Amarakoga; Mahavyutpatti,
sez. 235) «crisoberillo», proviene dal Ceylon, dove si trova tale gemma;
non ha relazione con sir. qarkedna, lat. calchedomus (Pl), gr.
sandy e xapynSévioc, ebr. kadkéd; infine: *forma singhalese >
scr. Rarketana > pracr. kakkeraa > apabhramga *kekeru > tibet.
he-ke-ru; skr. > partico Rarkadan > arm. Rkarkchan (sinon. di
seilany > ‘arab. karkahan (-han); scr. > pehl. karka(n)dan >
arab. karkand.
Le lingue antiche dell'India hanno preso a prestito nomi di
piante, animali e prodotti dalle lingue (affini alle indocinesi) delle
popolaz. aborigene. Ciò afferma ]J. Przyluski (I 92), esaminando
scr. kRa(n)dalî «albero di banane», scr. kambala «tessuto di lana»
I. 86 — BLOCH ]J., « Voir» in VII-243. — Rec.: BSL XXII,
indo-aryen in ‘“Avtldwpov Festschr. 1920, 50-51. (MEILLET).
J. Wackernagel, Gottingen 1924.
I. 90 — Studies in honor of
I. 87 — WooLnER A. €. Maurice Bloomfield, by a group of
Ayasa-Asya, JRAS, 1916, p. 570- his pupils, New Haven, Yale Uni-
571. (LM). versity Press. 1920, XXXI-312.
I. 88 — MEILLET A., À propos — V. I. 16.
2.47 SAS I. 91 — LAurFER B., Sanskrit
{ i karketana. MSL XNXII, 1920,
I. 89 — ScHwyzER E., Die 43-06. (GBP).
altindischen und altiranischen Wòr-
ter fiir gut una bòse in Fe- I. 92 — PRZYLUSKI ]., De
stgabe Adolf Kacgi, von Schiilern quelques noms anaryens en indo-
und Freunden dargebrachi zum 30 arven. MSL XAXII, 1920, 205-210.
September 1919. Frauenfeld, 1919, (GBP).
MR cir ge
BALLINI - INDIA. I. 93-102
(A. V. 14,2,66,67) e «specie di cervo» e pracr. sakkara pali sak-
khara (caxyapi) «zucchero». Scr. garkarà, in origine «ciottolo,
massa cristallina », è la sanscritizzazione artificiale del voca-
bolo pràacritico. |
Il Meillet (I 93) dimostra come in scr. f/us:, alb. Pl'est, arm.
lu si riscontra il gruppo iniz. fl, di fronte a dAl- di lit. lett. sl.
afgh. — Il senso del nome 1.-e. della pulce è rimasto lo stesso in tutte
le lingue; anche, secondo il Bloch, nel ved. plusi.
Il Liiders (I 94) espone una interessante spiegazione di certi
l del scr. classico; così ali «ape» verrebbe da alil < *adih < *rdih,
cf. gr. &pSts «punta».
L’Avadanagataka, in cui si trova la parola dinara, appunto
per ciò, secondo il Winternitz (Gesch. d. ind. Litt., II, I, 216, n. 4)
appartiene al II sec. d. C. Ma, nota il Keith (I 95), se la pronunzia
i dell’e fu in Grecia generale, per quanto risulta, non più tardi del
principio dell’era cristiana, lat. denartus può essere stato introdotto
da Greci in India e ridotto a skr. dinara fin dal I sec. d. C.
K. R. V. Raya (I 096) trova che il Thomas (JRAS, 1916,
362-366) è d'accordo coi suoi « Comparatives Studies » (1908) nel
far derivare il nome Asura da quello del gran dio assiro.
Il Thomas (I 97) risponde che il nome Asura non è concepito
assolutamente nello stesso modo con cui lo intende K. R. V. Raja,
perchè quest’ultimo ammette che tal nome sarebbe penetrato nel-
l’India in tempi pre-ariani.
Su ved. puramdarati (I 98), scr. bhariah (I 99) scrive 11
Meillet.
Su scr. phalgu, scive F. Kreek (I 100-101).
Di una parola araba citata da Hemachandra, scrive il Gri-
erson (I. 102).
I.93 — MEILLETÀ., A fropos du I. 97 — THiomas F. W., Miscell.
nom i.-e. de la « puce ». MSL XXXII, Comm., JRAS, 1917, p. 132. (MA).
1920, 142-3. — ]. BLocH, Sanskrit
plusi « puce », ib., 239-241. (GBP). I. 98 — MEILLET A, Ved.
purasdarati. BSL XXI, 1919,
I. 94 — FK 1916, — Rec.: 127.
BSL_XXII, 1920, 49-50 (MEIL-
LET). (GBP). I. 99 — MEiLLET A., Sfkr.
bhirjah. MSL XXI, 1918, 48.
I.95 — KEITH BERRIEDALE A,, | Ù
The denarius as a proof of date. I. 100-101 — KREEK F., Zu as.
JRAS, 1915, pp. 504-5. (GBP). = phalgu. FW.
I. 96 — Rava K. R. V.,, Mi- I. 102 — GRIERSON G. A., An
scellaneous communications. JRAS, Arabic Word quotea by Hema-
1917, 131-132. (MA). candra. J]RAS, 1915, 235.
RA << PER
I. 103-107
V. LESSICOGRAFIA - VI, POETICA.
Per scritti di lessicografia contenuti nel I volume degli Annali
dell'Istituto Bhandarkar, v. I 33.
Per una discussione fra il Fleet e il Keith sul valore dell’e-
spressione ratri-divasa, I 1605-1609; per l'esatta interpretazione
di pratigravanapurvani naksatrani, I 1610; per un vocabolo ma-
lese di origine sanscrita I 17$0.
VI. Poetica (Alamkara).— Hari Chand Sastri nella sua tesi di
laurea (I 103-104) si occupa di Kalidasa e dell’arte poetica indiana. Il
consta di quattro capitoli e di una notevole appendice. Il 1° cap. dà la-
voro una completa bibliografia dei trattati di A/amkara; il 29° investiga
l'arte di quanti hanno scritto sugli Alamkara; il 3° contiene tutte le
« quotations » dei lavori di Kalidasa in rapporto ai testi sull’Alamkara
esaminati dall'Autore; il 4° s'intitola « La storia del testo di Kalidasa
secondo le citazioni ». Al grande poeta sono attribuiti sei lavori.
Il Sastri gli nega la paternità del Riusamhara. Il lavoro finisce
con una lista alfabetica delle iniziali di ogni verso delle opere
di Kalidasa. Il Morici, che fa un ampio esame dell’opera del
Sastri (I 105), afferma giustamente avere il dotto indiano fatto
un vero e proprio studio su l’A/amkara, oltre che su Kalidasa, il
quale tutti i retori indiani proclamano «il malakavi, l'altissimo
poeta, il modello insuperato e insuperabile dell’arte poetica ».
Il Jacobi, discussa l’età di Bhamaha e Dandin (I 106), (al
primo assegna una data non anteriore all'ultimo quarto del secolo
VII d. C. e non posteriore all'ultimo quarto dell'VIII; al secondo,
il periodo della maggiore attività al principio o nella prima metà
dell'VIII sec. d. C.), esamina l’opera di ambedue in confronto del
predecessore Bhatti e conclude che essi dovettero giovarsi di fonti
diverse dalle sue. Indaga, poi, sulla somiglianza e differenza in-
tercedenti fra i due e sul progresso delle loro opere in paragone
di chi li aveva preceduti.
Importanti scritti di Al/amkara sono usciti per opola di P. V.
Kane (I 107-108) e di K. S. De (I 109).
I. 103-104 — Sastri Hari retorica indiana in un’ opera re-
CHanp, Kalidasa et l'art poétique
de l’Inde (Alamkara Castra). Thése
de doct., Paris, Champion 1917,
pp. XIV + 252 + 104 — Rec,:
JRAS, 1918, 564-572 (A. A.
MACDONELL). ZDMG, LXXIII,
1919, 189-196. (Jou. NOBEL).
I. 105 — Morici GiusEppPE, La
cente. GSAS, NXIX 1919-20(1921),
115-125.
I. 106 — JacoBI HERMANN, Bha-
maha und Dandin, thr Alter und
ihre Stelle in der indischen Poctik
SBAB, XXIV, 1922, 210-220.
I. 107 — KAaxnE P. V., Zhe
4900 2g
BALLINI - INDIA. I. 107-11 6
Per scritti di retorica nel I volume degli Annali dell'Istituto
Bhandarkar, v. I 33.
VII. Prosodia. Metrica. Il Meillet (I 110) ritiene che la
quantità delle prime sei sillabe nei versi d’un frammento nuovo d'Alceo
(v. Neue Jahrbiicher, 1914, p. 238 segg.) sia indifferente come quella
delle quattro o cinque sillabe iniziali dei f@da vedici di II o 12 sil-
labe. Conclude, asserendo che il verso è più antico del piede: la no-
zione di piede non s’applica che ai tipi in cui si trova l’equivalenza
di una lunga e di due brevi (sconosciuta al vedico, e all’eolico), cioè
ai versi epici e ai versi ionici.
Contributi di prosodia e metrica indiana hanno dato Roby
Datta (I III), lo Schubring (I 112).
Per uno studio del Grierson sulla metrica dei Lalla-vakyani v.
I 783.
Per uno studio su la prosodia nel Tamul v. I 1766.
VIII. Letteratura vedica. — 1. VEDA — a) RovenpA— Il
Geldner (I 113) ha pubblicato un primo volume di versione e com-
mento del Rgveda. Esso contiene i primi
quattro mandala. 1l
secondo volume conterrà gli altri sei e il terzo il lessico.
Traduzioni di inni vedici hanno pubblicato pure E. Schwen-
tner (I 114), A. A. Macdonell (I 115), E. J. Thomas (I 116).
Sahityadarpana of Vicvanatha (Pa-
richchedas I-X), with Notes on
Parichchedas I, II, X, anda History
of Alamkara Literature. Bombay,
1923.
I. 108 — KaxEP.V., Outlines of
the History of Alamkara Literature,
JRAS, 1917.
I. 109 — De SusHiL KUMAR,
Studies in the History of Sanskrit
Poettes Vol. I, London, Luzac a.
C. 1923, pp. XX 376.
I. 110 — MEILLET A., Metrique
éolienne et métrique védique. BSL
XXII, 1920, pp. 16-17. — V. an-
che I. 5. (GBP).
I. 1tt — DAaTTA RoBy, Pro-
sody and Rhetoric. Calcutta 1915.
I. 112 — ScHUBRING \VALTER,
Beitrage zur indischen Verskunde.
ZDMG, LXXIV, 1920 97-121,
1920.
I. 113 — GELDNER K. F. —
Der Rigveda tibersetzt und erlautert,
VI + 442 pp.— Rec.: JRAS, 1925,
178 (L. D. BARNETT),
I. 114 — ScHWENTNER E.
Lieder des Rigveda in metrischen
Uebersetzung, X +54, Hagen, 1923,
Folkwang-Verlag.
I. 118 — MACDONELL A. A,,
Hymns from the Rigveda (= Heri-
tage of India Series), pp. 98.
London, Oxford University Press
1923.
I. 116 — THomas E. ]J., Vedic
Hymns: Translated from the Rig-
veda with Introduction and Notes,
_ We
VI. POETICA - VII. PROSODIA. METRICA - VIII. LETT. vEDICA. I.116-121
Il Macdonell pubblica pure un manuale di letture vediche ad
uso didattico (I 117).
Il La Terza (I 118) traduce e commenta il RV, X, 14. Nota
che l'inno risulta composto di tre parti: @) str. 1-6; bd) str. 7-12;
c) 13-16. La prima e la terza sono dirette a Yama; la seconda, con-
tiene una strofa interpolata ed è diretta ad un determinato defunto.
Aggiunge la bibliografia relativa all’inno.
Lo stesso (I. 119), esaminata la costituzione dell'inno X, 18
del RV (Alla Morte), trova che le varie parti di esso non risul-
tano disposte in ordine cronologico, cioè, nelle tre fasi successive di
cremazione (dahana) di raccoglimento e seppellimento delle
ossa (nidlhana) e di purificazione dei superstiti che avevano
partecipato alla cerimonia (cantikarman). Crede che la ragione
di questa inversione stia nel fatto che nel RW gli inni sono coordinati
‘ secondo il numero delle strofe in gradazione discendente. Accennato
poi che nel detto inno non si parla del fuoco per la cremazione,
osserva che le strofe possono adattarsi anche all’altra pratica della
inumazione. Difatti le due pratiche coesistevano, come risulta dal
RV, X, 15, 14, e dall’AV, XVIII, 2, 34. In quest’ultimo anzi, si ac-
cenna ad altre due pratiche: quella di gettar via il cadavere e quella
di esporlo: ma queste sono malsicure. Le pratiche fondamentali erano
la inumazione e la cremazione. Poichè gli inni del RV si riferiscono
a singole parti della cerimonia funebre che si eseguiva in occasione
della morte di una persona cara, così, per avere di quella un'idea
compiuta, il La Terza, giovandosi specialmente dell’Agvalayana-
grhyastitra e di molti altri testi, da un’esatta esposizione di essa.
Soggiunge che l’inno trovasi nelle Sarvanukramani ed è attribuito
al rsg Samkusuka Yamaputra. Aggiunge una ricca bibliografia sugli
studi e sulle traduzioni dell'inno stesso (X, 18) che poi traduce ed
illustra (I 120).
Lo stesso (I 121), connettendosi ad alcune osservazioni
del Ribezzo, traduce ed illustra i versi 3-4, 8-9 del RV, X, 28.
Lo stesso da la traduzione ed il commento dell'inno Aî dadi
{= Wisdom of the East Series), I. 119 — La Terza ÈE,, Dal
pp. 128, London, Murray 1923. Rigveda: Alla Morte (X, 18), RIGI,
I fasc. III, 87-105. (LR).
I. 117 — MACDONELL A. A,, PRE (EIOSTAZ)
A Vedic Readey for Students: v. 1. I. 120 — La Terza E, Dal Rig-
47. veda: Alla Morte (X, 18), RIGI II,
Li — La dii È. 4 1918, fasc. I, 65-72; 1917-18, fasc.
Yama (Rigveda X, 14), RIGI, IV, I, 89-56. (LR).
III, 1919, fasc. I e II, 131-145. I. 121 — La Terza E, Rig-
{LR). veda X, 28, 3-4 e 8-9, RIGI, II,
sf
BALLINI - INDIA. I. 121-125
RV, X, 34 (I 122), premettendovi una introduzione nella quale
accenna allo scopo dell’inno, soggiungendo ch'esso può considerarsi
come diviso in due parti, di cui la prima recitata dal sacerdote offi-
ciante, la seconda dalla persona interessata. La quale, secondo il
La Terza, sarebbe l’autore stesso dell’Inno. Adduce le ragioni per
le quali esso si trova nella Samhità, opponendosi a quanto suppone
lo Schréder. Tratta della materia onde eran formati i dadi, del tiro
o getto, della posta, dei bari, e del numero dei dadi sul quale v'è grande
incertezza (1000?) e spiega, da ultimo, in che consisteva il giuoco.
Lo stesso (I 123) traduce e illustra gli inni RV_X, 15 e X, 16.
Lo stesso (I 124) considera 1 pada c, d, del RV, I, 92, 5 e spiega
il vocabolo féro come un nom. sing. del tema in vocale é5a-, con-
trariamente a quanto avevano congetturato il Ludwig, il Grassmann,
il Pischel, il Bloomfield e l’Oldenberg. E, dandogli il significato di
« colui che pinge, colorisce, orna, quindi pittore », traduce: «Come ‘
il pittore che la colonna tinge nelle adunanze sacrificali, (così) la
figlia del cielo (= l’Aurora) ha disteso il mirabile splendore ».
Il Bloomfield (I 125) ha pubblicato in due volumi della Harvard
Oriental Series le concordanze del Rgveda nelle quali raccoglie e clas-
sifica tutti i luoghi di singoli distici o di singole strofe che si tro-
vano ripetuti nella Samh:ità del RV, che ammontano a 2400. Egli
poi classifica queste ripetizioni in dieci classi. Alla Vedic: Concor-
dance e a quest'opera l'A. si propone di far seguire, oltre ad. una
Reverse Concordance, anche un Yreatment of the Vedic Variants.
« Con la pubblicazione di queste altre due parti, il Bloomfield condurrà
a termine un'opera veramente monumentale, di cui si gioverà gran-
demente la indagine scientifica, per giungere ad una maggiore e
più approfondita comprensione della formazione del RV e del suo
pensiero religioso ».
I.125 — BLoOOMFIELD MAURICE,
Rig-Veda Repetitions. The repeated
verses and distichs and stanzas of
the Rig-Veda in systematic pre-
sentation and with critical discus-
ston. Harvard University Press,
Cambridge (Mass.), 1916, XNX-
1918, fasc. III e IV,
(LR).
I. 122 — La Terza LE. Dal Rig-
veda, Ar dadi, N, 34 - RIGLI,
1917, fasc. I, 85-104. (LR).
127-128.
I.123 — LA TirzA E. Gli inni,
X, 15 e X, I0 del R. V. tradotti
ed illustrati in: Eco della Coltura;
mumero unico per Michele Kerba-
ker, pag. 27-58, Napoli 1910.
I. 124 — La Terza E, RV.
I, 92, 5 c-d, RIGI, I, 1917, fasc. II,
99-100. (LL).
690 (Harvard Oriental Series, 20-
21). — Notizia: BSL XXII, 1921.
10060 (MerLLeT). Rec.: ZDMG,
LXXNV, 1921, 288-291 (J. HER-
TEL); JRAS, 1922, 113-120 (A.
A. MacpoNELL); RIGI, IV, 1920,
fasc. III-IV, 154-560 (LA TERZ7A).
(LI).
_ 92
VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 126-141
M. Deva Shastri, pubblica, traduce e illustra il Praticakiya
del RV (I 126).
Sono apparsi studi parziali ermeneutici, critici, grammaticali,
mitologici, geografici, descrittivi, etc. sul RV, per opera del Geldner
{[ 127), Bloomfield (1 128), Scheftelowitz (I 129-129a), Hopkins (1130),
Hillebrandt (I 131), Keith (I 132), Petersson {I 133), Hentschel
(I 134), Hannah (I 1535), Siecke (I 136-137), Stein (I 138)
Macdonell (I 139).
Il La Terza (I 140-141), accennato che l’Agvamedha ha fornito al
RV due inni interi cioè il 162 ed il 163 del 1° mandala e, forse, parte
del 164, viene a descrivere questo, giustamente chiamato il «re
dei sacrifizi ». Considerate quindi, principalmente, le parti che ri-
guardano l'accoppiamento della maXisi col cavallo immolato e le
+
I. 126 — Deva MANGAL SHAS-
TRI, The Rg-vedapraticakhva with
the Commentary of Uvata. Edited...
with introduction, critical and ad-
ditional notes (Traduzione Inglese
del testo e appendici), pp. 33,
Oxford, University Press 1922. —
Rec.: JRAS, 1923, 432-34 (LD.
BARNETT).
I. 127
Erklarung des lig-veda,
LXXI, 1917, 315-340.
— GeELpbNER K., Zur
ZDMG,
I. 128 — BLooMFIELD MAURICE,
On Vedic Agni Kravvavahana -
Streitberg Festgabe, 12-14.
I. 129 — SCHEFTELOWITZ I., Die
Stellung der Suparna- und Vala-
khilva - Hymmne im Rgveda, ZDMG,
LXXIV 1920, 192-203.
I. 129a — ScHEFTIELOWITZ I.,,
Die sieben @Purorucas. ZDMG,
LXXIV 1920, 204-7.
I. 130 — Horkins E. WasH-
HURN, Zndia as God of Fertility.
JAOS, XXVI, 1916, pt. III.
I. 131 — HILLEBRANDT A., Die
Panis im Rgveda, ZDMG, LXX,
1916, 512-520.
I. 132 — KEITH BERRIEDALE A.,
Two Notes on Vedic Religion,
JRAS, 1915, 127-133.
I. 133 — PETERSSON H., Z'inige
Bemerkungen zu den Gotternamen
Mitra und Varuna. Studier til-
legnade Esaias Tegner, 1918.
I. 134 — HeENnTscHEL W., Va-
runa. Das Gesetz des aufstergenden
und sinkenden Lebens in der VOl-
Rergeschichte. 3 Vol. pp. 1784-1498
+-192 Leipzig, Matthes 1920.
I. 135 — HANNAH H. B., Agni
Univ. of Calc. Journal, 1920.
I. 136-137 — SieckE E., Pis-
chan. Studien zur Idee des Hirten-
gottes in Anschluss an die Studien
tiber « Hermes den Mondgott ». M.
Bibl. VII, 1, Leipzig, Hinrichs,
1914. — Rec.: INLZ, 1915, 301
(OLDENBERG).
I. 138 — SIirin A, On Some
River Names in the Rigveda. JRAS,
1917, 9I-99.
I. 139 — MACDONELL A. A,,
Vedic Hymns, ERE, 1914, 49-58.
I. 140-148 — La Terza E,
L’Acvamedha nel Itigieda, 1, 102
103, RIGI, VI, 10922, fasc. I c II,
133-142 (LR).
MO
BALLINI - INDIA. I. 142-144
facezie oscene che i sacerdoti si scambiavano tra loro e quelle delle
regine col loro seguito, crede di ravvisare, in essa cerimonia, la
sopravvivenza di una pratica magica preistorica di carattere popo-
lare. Ma se sì badi, dice, alle molte divergenze che esistono, rispetto
a questa cerimonia fra gli inni sopra citati ed i Brakmana e Sutra
e quelle tra Brahmana e Brahmana e tra Brahmana e Sutra, si deve
concludere che essa sembra appartenere più all’età brahmanica che
non alla vedica propriamente detta. Si chiede poi il La Terza quale
era il fine che si proponeva l’Agvamedha e quale la divinità a cui esso
era, nella concezione vedica più antica, associato. Quanto alla prima
questione afferma che tale cerimonia era sostenuta a spese del Re
per ottenere dagli dèi, dopo una vittoria, forza, potenza, regno
pieno di splendore e figliolanza numerosa. Quanto alla seconda v'è
discrepanza d’opinioni fra gli studiosi, i quali (Eggelin, Oldenberg,
Von Negelein) credono sia diretta, rispettivamente, a Varuna, ad
Indra. al Sole. Ma il La Terza opina che tale sacrifizio sia stato cele-
brato in onore di Indra; però, soggiunge, esso probabilmente presup-
pone una forma popolare rappresentante la potenza vegetativa e ne
adduce le ragioni. Lo stesso La Terza (I 142) traduce, poi, e illu-
stra gli Inni RV. I, 162 e 163 che trattano dell’Agvamedha.
Il Pavolini (I 143), dopo aver osservato che ci vollero grandi
fatiche di interpreti e di editori per far conoscere il più antico mo-
numento del pensiero indiano, dice che per lo studioso esso può costitui-
re una delusione. Nulla vi è nel RV di quello che contiene la letteratura
‘sanscrita. Vi sono dialetto arcaico, metri arcaici, oscurità, simboli,
riti ignoti, ecc. e inoltre una grande monotonia per l'uniformità della
materia e la spesso scarsa ispirazione. Fra le cose veramente belle
l’A. riporta l’inno a Parjanya (importante per la storia mitologica),
l’inno a Varuna (come saggio di fenomeno enoteistico). Il sentimento
della natura è nel RV. largamente espresso e ad esempio il P. riporta
l'inno alla Morte. Altre strofe relative a cerimonie iniziali e funebri
(X, 18) riferisce li Pavolini, che termina accennando ai libri più re-
centi (I, N) contenenti formule magiche, scongiuri incantamenti,
sacrifici, benedizioni, ecc., ecc.
Il La Terza (I 144) considera le varie opinioni circa la
cronologia della poesia Vedica; secondo la teoria di M. Miiller e
dei suoi seguaci la detta poesia sarebbe compresa tra i secoli XVI,
I. 142 — La Terza E., L’'Agua- I. 143 — Pavotixi P. E., Za
medha mel Rigveda (continuazione foesia del Rigveda, F. R., I, 1921,
di RIGI, VT, 133-142). Mand./,162, fasc. I, 13-21. (MA).
RIGI VI, 1922, fasc. III e IV, 135-
147. (LI). I. 144 — La Terza È, L'età
“De
VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 144-147
XV e VII a. C. Secondo il Bergaigne, seguito da altri studiosi,
il RV. dovrebbe ascriversi ad un'età posteriore al 1000 a. C.; la re-
dazione, scritta, poi, almeno a sei o sette secoli più tardi. Di contro
alle due dottrine sopra accennate sta quella del Jacobi e dell’in-
diano B. G. Tilak, i quali, indipendentemente l'uno dall’altro, pog-
giandosi sopra calcoli astronomici ingegnosi e precisi, considerano
gli anni 4500-2500 come il periodo dello svolgimento letterario e
culturale del R.V. Tale teoria, dice il La Terza, ha il torto di attri-
buire agli scritti ciò che può essere pura tradizione o importazione da
altre civiltà. Fra tante discrepanze, il La Terza, giovandosi degli
studi dello Hoernle, circa l'insediamento degli Arii nell’ Afganistan
orientale e nel Pengiab verso il sec. XVIII a. C. e la loro dimora
sino al 1000 e le loro credenze, dice che appunto questa è l’età del
R.V. Verso il 1000, poi, altri Arii dal Turchestan irruppero nell’In-
dia occ. scacciandone i primi invasori e si mescolarono alle popo-
lazioni nere assorbendo le loro credenze circa il sortilegio e la magìa.
Questa è l’età dell’Atharvaveda. Ciò ammesso, il La Terza afferma non
essere errato porre quali termini estremi del sorgere e dello svilupparsi
della letteratura vedica i secoli XVIII e VII a. C. e considerare i
secoli XV e XIV quelli della maggior fioritura della poesia e civiltà
del RV.
Sulla patria del RV scrive lo Hillebrandt (I 145).
Un libro di quanto possiamo dire «Vedic lore », pubblica
A. C. Das (I. 146). Esso contiene 26 capitoli; di cui i primi riguar-
dano l’antichità del RV, e degli Ariani; i seguenti, l'influenza
Ariana sulle altre civiltà; gli ultimi sone controversie, e si aggirano
sulla teoria del Tilak sulla culla Artica degli Ariani. Il libro finisce
con una bibliografia e un indice. Il Lindsay, che ne dà notizia, crede
che le affermazioni del Das siano talvolta stravaganti e poste senza
prova nè discussione.
È apparsa una seconda edizione della celebre opera dell’OI-
denberg: « Die Religion des Veda» (I 147).
Altre opere comprensive sul RV. sono uscite per opera dcl
Datta (I 148) di H. D. Griswold (I 149).
del Rigveda. RIGI, I, 1917, fasc.
III, 105 e 114. (LR),
I. 145 — HILLEBRANDT A., Die
Heimat des Rigveda, OMO, 1916,
285-288.
I. 146 — Das ABINAS CHANDRA,
Rig-Vedic India, Calcutta Univer-
sity 1021. — Rec.: JRAS, 1921,
6036-38 (JAMES Linpsay). (MA).
I. 147 — OLpENBERG H., Die
Religion des Veda, 2 Aut. X,
608, Stuttgart u. Berlin, Cotta.
- Rec.: Mm, XXIV, 1917, 192-194;
(CALAND);GGA, 1917, 321-336. —
Vedi pure: OLDbENBERG H., Ztr
sera
BALLINI - INDIA. VITTO a i I. 147-152
Il La Terza espune brevemente la religione del RV. (I 150).
Un excursus di religione del Veda, fa il Macdonell (I 151).
Il La Terza (1 152), accennato alla nota dominante nel RV. ch'è
la brama dei godimenti terreni c quindi all’adoperarsi del vate con ogni
mezzo per tener lontana la morte, indaga, quale, al cospetto della
morte, fosse secondo il vate vedico il destino dei defunti; parla dei varî
signivicati dati all'anima (asu, prana, manas, atman). Spiega come
sia sorta la teoria del samsara e dell’atman, della quale non si parla
nel RV. Riporta un accenno (RV.,IX, 113, 7-11) sul destino dell'anima
dopo la morte. Si diffonde sulle relazioni tra 1 Pitarah o Mani ed i
viventi sulle offerte a loro destinate in certe ricorrenze festive
{Craddha). E poichè il RV. parla solo del Cielo come sede degli uo-
mini pii e giusti, il La Terza si chiede dove andassero gli spiriti
dei cattivi e dei malvagi. Difatti, mentre l’Avesta ammette un in-
ferno, il RV. non lo nomina esplicitamente. Dà quindi la ragione di
ciò, concludendo, tuttavia, che anche ai tempi del RV. vi era la cre-
denza in un inferno. Tocca, poi, delle relazioni fra il paradiso Vedico
e quello Iranico e di Yama, come re e custode di esso. Riporta la
traduzione del RV., X, 10, secondo il quale Yama con la sorella
Yami costituirebbe (a simiglianza dell’Avesta: Yima, Yimak) la
coppia progenitrice del genere umano. Aggiunge che la sede di Yama
e dei Pitarah fu creduta dapprima nella parte occidentale della
terra, come è nell’Avesta. Crede, che i due paradisi derivino dal mito
Ario antichissimo, che poneva la sede dei beati appunto dove il sole
tramonta. Da la ragione per la quale il paradiso Vedico, in pro-
gresso di tempo, venne collocato nelle regioni celesti, mentre
l'Iranico fu localizzato presso i monti dell'Armenia. Termina col
chiedersi per colpa di chi andò perduta la primitiva felicità degli
uomini e risponde cogli accenni dati da Yasht, XIX o Zam Yata
Yasht, 31-39.
Religion und Mythologie des Veda,
GGN, 1915, 167-225.
The Religion of the Rigveda, pp.
XXIV + 392 Oxford, H. Milford
I. 148 — BHAGWADDATTA, Rg-
ved-par Vyvakhvan, Lectures on the
Rigveda, containing a discussion
on the questions of (1) the Rigveda’s
being a vecension, and (2) about
the attribution of its authorshif
Pt I; pp. IV + 6 + 90. Lahore,
1920. — Rec.: JRAS, 1922, 450-
451 (L.D. BARNETT).
I. 149 — GrIswoLDb H. D,,
1923.
I. 150 — La Txrza E, La reli-
gione del Rigveda, Nuova Cultura,
192I, 34-59.
I. 151 — MACDONELL A. A.,
V’edic Religion, ERE, 1921, 601I-
019.
I. 152 — La Terza E,, Il Pa-
radiso e il re Yama o le credenze
so
VIII. LETTERATURA VEDICA. I. 151-157
Il Tuxen (I 152a) prova che l’idea di un'anima non era svi-
luppata al tempo del RV., ma che sorte soltanto in periodo più
tardo.
b) ATHARVAVEDA. — È uscita la versione dell’Atharvaveda
rimasta lungo tempo inedita, fatta dal Riickert (I 153).
Il Barret continua la traduzione dell’AV Kashmiriano (I 154).
Il Datta (I 155) pubblica, traduce, illustra — con in-
troduzione, parafrasi e note in Hindi — l'Atharvavediyapatica-
patalika, anukramani dell’AV. L'edizione non si può conside-
rare, tuttavia, definitiva; chè solo duc mss. poterono essere usati
dal Datta, di cuì uno ben corretto, l’altro tale da lasciar molto a
desiderare.
Ramgopala Shastri (I 156) premette ad una nuova edizione del-
la Brhatsarvanukramanika dell'AV. (di più ampie proporzioni del ma-
noscritto della stessa, descritto da Weber) una prefazione in cui tratta
dell'antichità dei Veda, e in particolare dell’AV. e della sua
canonicità, a proposito della quale sostiene che il termine chandamsi
che comunemente si crede si riferisca al RV. designi parimente
l'AV.
G. Melillo (I 157) dà un’interpretazione dell’emistichio (AV.
XIX, 39, 8): Yatra navaprabhramganam - yatra himavatah Cirah,
traducendo: «dove non [c'è] scoscendimento, dove è dell’ Hima-
d'oltretomba nel Rigveda, con la I. 155 — 7he Atharvavediya-
traduzione degli inni X 14, X 135,
€ X 154. RIGI, II, 1918, fasc. III
e IV, p. 105-127.
I. 152a — TUxEN P., Forens-
tillingen om Staelen 1 Rigveda.
Kel. Danske Videnskabenes Sels-
hab. Historish - filologiske Medde-
delser II, 4. Kòbenhavn 1919.
I. 153 — RGUECcKERT FR., Der
«Atharvaveda, Uebertragenvon F. R.
Ausdemungedruckten Nachlasse des
Dichters zum ersten Male heraus-
gegeben von H. KREGENBORG, KA/ei-
ne Ausgabe, XV 229, Hagen FolF-
wang-Verlag, 1923.
I. 154 — BarRrET LL. C., The
Kashmirian Atharva Veda, Book
VII. JAOS, XL, 1920; VIII,
ib. XLI, 1921; /X ib., XLII,
1922; XA ib. XLIII, 1923.
Pancha - Patalika, Throwing light
on the arrangement, division, and
Text of the Atharva Veda Sam-
hita - With a (Hindi) translation
and an Index of the Pratikas.
Edited by BGiaGwapbatra B. A,,
Lahore 1920. — Rec.: JRAS,
1921, 478-479 (LD. BARNETT).
I. 156 — SHASTRI RAMGOPALA,
Brihat Sarvanukamanika (sic!) of
the Atharva Veda, Edited.... with
an introduction and an index (in
Hindt), pp. NLI +14+-204 4 XXII
Lahore 1922. — Rec.: JRAS,
1023, 432-434 (LD. BARNETT).
(LUMI).
I. 157 — MetiLLo Giacomo,
Per l’interpretazione di un pas-
so dell’ Atharva Veda. RIGI,
VI, 1022, fasc. I e II, 143-143.
(LR).
DE i ge
Aevum - Anno I - 7
BALLINI - INDIA. I. 158-158a
laya la vetta», poichè considera la parola: navaprabirameanam
come composta da «na ava prabhrameanam ».
Il La Terza (I 158) fa rilevare il grande valore storico dell’ AVI
confronto del RW, sebbene il RV preceda letterariamente di in
secoli l’AV. In quello difatti si riscontrano superstizioni ed infantili
errori, mentre in questo domina una vera e propria religione, e ciò
pel fatto della compiuta alleanza determinatasi verso il 1000 a. C.
del nuovo elemento ario con quello indigeno o dravidico, per cui le
credenze di questo passarono compiutamente nel patrimonio delle
credenze del primo e quindi nella loro letteratura. L'AV fornisce
al folklorista un vasto campo di studî edosservazioni interessantissime.
È da notare, poi, che si ebbe, per esso, prova della coesistenza di due
forme di religione affatto distinte. Non tutte le pratiche religiose
che si riscontrano nell’AV sono di conio indigeno o dravidico ma
alcune risalgono al periodo unitario indoeuropeo, come ha dimostrato
il Kuhn. Queste pratiche si trovano quasi tutte nel Kaugirkasaitra ed
alcune nel Grlvasùtra e le più importanti sono quelle che riguar-
dano i rapporti sessuali tra l’uomo e la donna prima e dopo il matri-
monio (strikarmani). Il La Terza indica quali fossero queste pratiche
magiche, che avevano diversi .scopi e venivano eseguite con varie
sostanze. Dei molti inni dell'AV che erano associati alle pratiche
magiche, quattro ricorrono nel RV., nel X mandala, e propriamente
il 145, il 159, il 162, il 183. Il La Terza dice per quale ragione essi
sì trovino nella Sam4ila rgvedica. Si propone poi di dare la tradu-
zione e la illustrazione di tutti quattro. Il primo, cioè X, 145,
il più bello, è attribuito alla rsika Indrani e tratta della pratica
magica con cui una giovine donna cerca di trionfare sulla ganza
del marito per riacquistare l'affetto di lui, la pace e la felicità alla
famiglia. Descrive la pratica come si trova nel Kaugikasitra, XNNXVI,
1g e nell’Apastambagrhvasitra, III, 9, 5-6. Aggiunge la traduzione
ed il commento dell’inno.
Per cura del Dr. Lindenau è uscita la seconda edizione mi-
gliorata dell'Afharvavedasamhitaà curata, in origine, dal Roth e
dal Whitney (I 158 a).
c) Yajurvepa — Il Keith (I 159), primo traduttore del Yajurveda
nere, fa precedere alla traduzione stessa un'introduzione di 150 pagi-
I. 158 — La Terza KE. Dal I. 158a Atharcav:dasambl:tà
Rigveda (X,145e Atharva Veda Ill, Herausgegeben von R. RotH und
18). Contro la rivale. Operazionema- W. D. \WHITNEY, Zivelte verbesserte
gica di una giovine donna per ria- Auflage besorgi von Dr. Max Lix-
cere lo sposo. RIGI, III, 19109, DENAU,, Berlin, Diimmlers Verlag
fasc. III e IV, 139-150. s. d.
- 9
VIII LETTERATURA VEDICA. I. 159-163
ne, in cui non si limita allo studio di questo Veda, ma esamina il resto
della letteratura Vedica in relazione alla lingua e alla cronologia.
Dimostra, infatti, ad es., che il Baudhayana data dal V sec. a. C.
e la Samhità dal VI a. C., e giunge a risultati interessanti come
quelli sulla relazione della Tatttirivasamhità coi Brahmana degli
altri Veda. Si occupa, poi, diffusamente dell’origine dei sacrifici e
infine del problema linguistico. ll primo volume, oltre l'introduzione,
contiene i tre primi libri della 7aittirivasambità, 11 secondo, gli -
altri quattro libri ed un Indice.
d). Prosa VEDICA. — L'Oldenberg (I 160) ha esposto il risultato
delle sue ricerche, da cui ha escluso il scr. buddhistico e le iscrizioni
di Acoka, sulla forma della frase e sulle formole caratteristiche
della prosa vedica e del pali, e sul racconto misto di versi e prosa
tino all’epopea.
Lo Scheftelowitz si occupa dei più antichi testi vedici in prosa
(I 161).
Per uno studio dello Zimmer su argomento contenuto in
testi prosastici vedici v. I 221.
2. BRAHMANA,., — Il Keith (I 162) traduce l’Aifareva- e i
Kausitakibrahmana. Fa precedere alla traduzione una introduzione
di oltre 100 pagine che tratta del loro contenuto, della loro conm-
posizione, della data. Discute altresì su problemi di lingua,
stile e metro.
Il Caland (I 163) pubblica,
passi del Jarminiyabrahmana.
I. 159 — The Veda of the Black
Yajus School entitled Taittiriva
Sanhita, translated bv ARTHUR
BERRIEDALE KEITH, D.C.L.D. Litt.
Cambridge (Mass) 1914 (= Har-
ward Oriental Series). — Rec.:
JRAS, 1916, 617-630, con no-
tizie pure sulle versioni degli altri
Veda (A. A. MACDONELL). (L.V),
v. pure: CALAND W., Zur Ueber-
setzung der Taittirivasamhità Act
O, II, 1923, 22-31.
I. 160 — OLDENBERG Il., Zur
(reschichte der altindischen Prosa.
AGWG, Phil.-Hist. KI., N.F. XVI,
1917, pp. 99. — Rec.: BSL XXIII,
192I, 191-199 (J. BLocn). (GBP),
I. 161 SCHEFTELOWITZ l.,
traduce e illustra una scelta di
Die Nividas und Praisas, die dilte-
sten Vedischen Prosatexte. ZDMG,
LXNIII, 1919, 30-50.
I. 162 — KEITH BERRIEDALE
ARTHUR, The Aitareva and Kausi-
taki Brahmanas of the Reveda
translated from the original sans-
krit. Cambridge (Mass.), Harvard
University Press 1920 (Harv. Or.
Ser. XXV), XII+ 553. — Notizia:
JA, 1923, 3306-37 (P. Masson-QUR-
SEL); JRAS, 1923, 330-337 (JA-
Mes LINDSAY). i
I. 163 CaLanD \WV. Das
Jaiminiyva - Brahmana in Auswahl.
Text, Uebersetzung, Indices. VAMW
Deel. 1, NR. pp. 3206, Deel 19 No.
4, Amsterdam, Joh. Muller 1919.
Hr) a
BALLINI - INDIA. I. 163-172
Il Gaastra pubblica il Copathabrakmana (I 164).
La signora H. de Willman-Grabowska (I 165) attribuisce al-
l'origine sconosciuta e probabilmente straniera le particolarità di
accentazione e di formazione dei nomi personali dello Catapatha-
brahmana.
Altri studi sui Bra/mana sono apparsi, del Caland (I 166-167).
del Keith (I 168), dell’Oldenberg (I 169), di J. Engert (I 170), di K.
Aivar (I 171).
3. SUTRA. — Il Caland (I 172) offre la prima traduzione
dello Crautasitra di Apastamba. Solo il Vastanasttra era stato tra-
dotto sin ora. Gli C.S. sono, com'è noto, sommari dei sistemi del
rituale vedico, fondati principalmente sui Brahmana, e rappre-
sentano testi di eccezionale importanza per la conoscenza del rituale
sacro indiano non solo, ma pure per gli studi comparati della storia
delle religioni. Il lavoro difficile e acuto del C., arricchito di note
eccellenti, fa sperare che possa esser condotto pure per ì rimanenti
libri.
— Rec.: ZDMG, LXXV, 1921, I. 169 — OLDENBERG H., Vor-
285-286 (W. WINTERNITZ). — V.
pure: CaLanD W., Qver en uit
het Jaiminiya-Brahmana. VMAW,
5 R., Deell 1, 1914, pp. 1-103.
I. 164 — Das Gopatha Brah-
mana, herausgegeben von D. GAA-
STRA, 44 + 302. Leiden, Bull.
— Rec.: LZB, 1920, 191 seg.
(B. D.); Mm, 28, I9z20, 20-28
(FADDEGON).
I. 165 — H. DE WILLMAN-
GRABOWSKA, Les noms de person-
nes dans le Catapatha Brahmana
in Meélanges linguistiques offerts
d M. J. Vendryes, Paris, Cham-
pion 1925, 373-390. (GBP).
I. 166 — Caranp W,, Zu den
Brahmanas, AK, 1916, 09-73.
I. 167 — CALAND W.,, Erklarende
und kritische Bemerkungen zu den
Brahmanas und Sitras. ZDMG,
LXXII, 1918, 1-31.
I. _168 — KEITH BERRIEDALE,
A. Apastamba and the Bahur-
cabraàlmana. ]RAS, 1915, 493-498.
wissenschaftliche Wissenschaft. Die
Weltanschauung der Brahmana—
Texte. VI + 245. Gòttingen, Van-
denhoeck und Ruprecht 1919. —
Notizia dell'Autore in GGA, 1919,
78-80. — Rec.: Mm, XXVI, 1919,
228 (CALAND); NO, V, 1919,
201-2 (H. v. G.); LZB, t1919,
692-094 (B. L.).
I. 170 — EncEert |]. Die
IWeltanschauung der Brahmana-
Texte. Th. Rev., 1920, 161-168.
I. 171 — ArvarR KAMEGVARA,
The lunar Zodiac în the Brahmanas.
IA, June 1919.
I. 172 — CaLranpn \,, Das
Crautasutra des Apastamba. Gòt-
tingen, Vandenhoeck u. Ruprecht
I92I. pp. 209, (=Quellen der
Religionsgeschichte Bd 8). — Rec.:
ThLZ, 1921, 285 segg. (FRANKE);
ThlBl, 1921, 34 segg. ei
LZBI, 1921, 723 segg. (L. C.);
JRAS, 1921, 592-93 (BARNETT);
FR, I, 1923, fasc. I, 59-61
(TUCCI).
— 100 —
VITI. LETTERATURA VEDICA. I. 173-179
Lo stesso dà l’edizione critica e la prima versione del
Jaiminiyagrhyasùtra (I 173) quinto testo della terza gakha
appartenente al Samaveda, con quella di Jaiminiya, che era ri-
masto sin oggi inedito. Nell’introduzione il C. discute brevemente
«sulle varie gcakha del Samaveda e sulla loro letteratura » e dopo
aver accennato ai vari mss. su cui è fondata la sua edizione, in-
daga «la relazione che corre tra il Jatminiyagrhyasiùtra e gli altri
testi di faiminiva, mostrando come esso si riconnetta direttamente
‘a questo ».
Il Harting (I 174) pubblica una scelta di Parisistas o supple-
menti al Grhyasttra. contenenti rituali di carattere intermedio fra
1 culti Vedici ed il più recente Induismo classico, che formano uno
stadio di transizione, finora poco noto, nello sviluppo della reli-
gione Indiana.
Lo Hultzsch pubblica una seconda edizione del Baudhayana-
dliarmasitra (I 175).
Miss van Gelder (I 176) pubblica la traduzione del Cayana, o
rituale per la costruzione dell'altar maggiore appartenente al Manava-
crautasùitra, del quale W. Knauer aveva pubblicato i libri 1-5 €
di cui il Cayana forma il quinto vibhaga. Il testo è oscuro e noioso
come tutti 1 lavori rituali.
Il Caland (I 177-179) scrive sul Vadhialasitra, stra apparte-
nenti alla Ta:ttirivagakha, il cui autore, Vadhula, è ricordato, come
tale, da Mahadeva nel suo commento detto Vaijayanti al suo Ht-
I. 173 — Cacranpb W., 7Zhe @Baudhavana - Dharmastitra. AKM,
Jaiminiyagrhvasitra belonging to Bd. 16, No. 2, 2te verbesserte
the Samaveda with extracts from the Auttage, Leipzig, 1922.
Commentary, edited with an in. _ _
I. 176 Manava Crauta-sitra:
troduction and translated for the
first time into English. Punjab
Sanskrit Series, N. 2, Lahore
1922. pp. NI-f 714 02. - Notizia.
RSO, X, 1923-25, 718 (G. Tucci).
Cavana (Opf van het Hoogaltaar
naar de Overleverine der Manavas).
F.M.vANGELDER, Leiden, Leipzig,
1921. — Rec.: JRAS, 1921, 593-
04 (LD. BaRNETT). (M_4).
I. 174 — Hartinc P. N. U,, È .
I. 177 — CaranD \,,, Veber das
Selections froni the Baudhavana-
Grhyaparisistasitra, Academisch
proefschrift ter verkrijging van
den graad van Doctor.... aan de
RijEsuniversiteit te Utrecht. 1 + I
+ XXXII + 67, Amersfoot, 1922.
—_ Recc.: JRAS, 1923, 428 (LD.
BARNETT). (LM).
I. 175 — HuttzscH E.,, Das
l'adhulastitra. Act O, I, 1922, 3-11.
I. 178 — Catuanpn \W., Eine
zweite Maitteilune tiber das Vadhila-
Stitra. Act O, II, 1923, 142-107.
I. 179 —CALAND \., Fine duite
Mitteilung itber das Vadhulasutra.
Act O IV 1925-1920, 1-43; IOI-
413.
— I0I —-
BALLINI - INDIA. I. 180-192
ranva kegicrantasiitra. — Il V.S era stato considerato perduto sin
qui. Il Caland ne ha potuto avere notizia da una Vadhalakavyakhva,
trovata fra le opere registrate nel « Report on the working of the pe-
ripatetic Party of the Government Oriental Manuscripts Library (1910-
1919) ».
Ancora il Caland (I 180), A. Guha (I 181), e K. Avar (I
177), scrivono su vari s@itra.
4. UPANISA D. — M. Hirivanna (I 182) traduce la Kathofa-
nisad.
Il Belloni-Filippi (I 183), ripubblica la versione, con introdu-
zione, delle valli 1-0 della Kathopanisad, condotta su l'edizione del
Bohtlingk. Egli ha tenuto conto dei più recenti studi e della
traduzione del Geldner
bingen, IQII, pp. 202 segg).
« Vedismus
und Brahmanismus » (Ti-
Betty Hcimann (I 184) pubblica il commento di Madhavacarva
alla Kathlopanisad, sulla quale scrive B. Faddegon (I 185).
R. E. Hume traduce tredici Upanisad (I 180) e undici ne pub-
blica il Col. Jacob (I 187).
Sono apparse nuove edizioni delle note opere del Deussen
sulle T'fanisad (I 188-192).
I. 180 — CaLranp \, Brah-
mana en Stitraanwinsten. VMANW,
1920, 4061-98.
I. 181 — GuuÙÙa A,, M. A.à, Ph.
D., Jivatman in the Brahma-
Sittras, A comparative Study, pp.
IX + 230.— Rec.: JRAS, 1923,
479-80 (J. Linpsay).
I. 181a — AlvAR KAMESVARA B.
V., Kalpa Stitras and Apastambha.
OJMS, Jan. 1923.
I. 182 — HirivanNa M, Katho-
panishad, Translated into English.
Srirangam, 1915.
I. 183 — Bettoni-FiLippi F.,
L’« Upanisat » dei Katha (Katho-
panisat). FR, I, 1922, fasc. II,
3-12, fasc. 3-4, 3-8. (MA).
I. 184 — HEManN BETTY,
Madhva's Kommentar zur Khata-
ka-Upanishad, herausgegeben von
B. H.. Leipzig, Otto Harrassowitz
1922.
I. 185 — IFapbpkcon B.,, De
interpretatie der Kathakha Upani-
shad. VMAW, 1923, 55, N. 1.
I. 186 — Hume R. E, 7le
Thirteen principal Upanishads,
translated from the Sanskrit. Lon-
don, Milford 1921, pp. 555
I. 187 — Jaco Colonel G. A.,
Eleven Atharuvana Upanisads. 2
ed. (Bombay, SanskFrit Series XI)
Bombay 1910.
I. 188-190 — DEUSSEN P., Seckh-
zig Upanishad's des Veda. 3 Auf.
XXVIII + 0928, Leipzig, Brock-
haus 1921.
I. 191 — Drussen P., Die
Geheinilehre des Veda. Ausgevahite
Texte der Upanishads. 5 Aut.
XXIV - 221, Leipzig, BrocFhaus
IVIO.
I. 192 — Deussen P. Die
Philosophie der Upanishads. 3 Aut.
NIV - 497, Leipzig, 1919.
- 102 —
VIII. LETTERATURA VEDICA.
| I. 193-207
Sulle connessioni esistenti fra le Ufanisad e il Buddhismo
ha scritto l'Oldenberg (I 193).
Di diversi argomenti concernenti le U'fanisad si sono occupati
il Formichi (I 194), lo Hillebrandt (I 195-197), il Liiders (I .198),
lo Zimmermann (I 199), il Carpenter (I 200), lo Hertel (I 201),
P. Eberhardt (I 202), B. Heimann (I 203), A. S. Geden (I 204-205),
il Jacobi (I 206), il Faddegon (I 2002).
3. VARIA. — Il Mukherjce (I 207)
I. 193 — OtupENBERG H., Die
Lehre der Upanishaden u. die
Anfange des Buddhismus. VIII +
3606. Gottingen, Vandenhoeck und
Ruprecht. — Rec.: ThLBI, 1915,
298 (ScHomERrUSs); LZBI, 1915,
1010-1013 (WinpiscH); JRAS,
1918, 320-322 (E. THomAas).
C., La dot-
L'panisad.
I. 194 — FORMICHI
trina idealistica delle
BilvEnis, 1920, 1-14.
I. 195 — HILLEBRANDT A,,
Weitere Bemerkungen zu den Upa-
nisads, ZDMG, 1915, 104-106; 1917,
313; 10920, 401-403.
I. 196 — HILLEBRANDT A,,
Ueber die Upanishaden, 4B, 4,
1922, 39-51. ®
I. 197 — HILLEBRANDT A,
Aus Brahmanas und Upanisaden.
183, Jena, Diederichs, 1921. —
Rec.: NO, IX, 1921, 98 (von
GLASENAPP).
I. 198 — LuEDERS H., Zu den
Upanishads II. Die Sodaca Kala-
cidva. SBAB, 1922.
I. 199 — ZIiMMERMANN R,,
Some Remarks on the Chronology
of the Upanishads, 1À, 1915, 177-
180; IA, XLIV, Pt. DLIX.
I. 200 — CarpeEnTER ÈE., The
Teaching of the Upanishads, 28,
London, Allmand U. 1920.
I. 201 — HerteL ]J., Die
non trova persuasiva
Weisheit der Upanishaden, 2 ver-
besserte Auf'age, XII + 181, Mun-
chen, Beck 1922. — Rec.: JRAS,
1923‘ 4709-80 (]. Lixpsay).
I. 202 — EBERHARDT P., Der
Weisheit letzter Schluss. Die NRe-
ligion der Upanishads im Sinne
gefasst. pp. 127, Jena, Diederichs
1920.
I. 203 — HrEiMmann BETTY,
Die Tiefschlafspekulation der alten
Upanishaden. ZB 4, 1922, 2535-
274. Separatamente: Munchen -
Neubiberg, Schloss 1922.
I. 204 — GepEN A. S., Upani-
sads. ERE, 1921, 540-548.
I. 205 — GEDEN A. S.,, Hindu
Pantheism. ERE, 1917, 617-020.
I. 206 — ]Jacoz5i H. UTeber die
diltre Auffassung der Upanisad-
Lehren. FW 153-157. — V. pure
I. 233.
I. 206 a — FabDEGON B., Ze
catalogue of Sciences in the Chan-
dogva-U panisad (VII, 1, 2) Act. O
IV, 1925. 42-54.
I. 207 — MUKkHERJEE BRAJA
Lal, The Soma Plant. ]JRAS,
1921, 241-244. (MA). V. pure:
MUKHERJEE BraJa Lau, M. À,,
M. R.A. S.,, The Soma Plant, Cal-
cutta ‘1922. — Rec.: ]RAS, 1923,
p. 437 (I..D. BARNETT). (LM).
{0g
I. 208-223
BALLINI - INDIA.
la conclusione cui giunge lo Harvell (I 208) per la quale la pianta
Soma del rituale vedico dovrebbe identificarsi non col Rag? (A scle-
pias acida) ma con la Cannabis sativa. Fa varie osservazioni per
dimostrar ciò. Rinvia, poi, il lettore a un suo articolo sul Bulletin
della Indian Rationalistic Society di Calcutta.
Del Soma si occupa lo Hopkins (I 209).
Il Neogi (I 210) sostiene che l’uso del ferro e dell’acciaio risale,
in India, ai tempi vedici. Lo Smith, recensendo, confuta le suc as-
serzioni!.
H. Zimmer (I 211) scrive sullo stato della famiglia brahmanica
quale ci appare dalla letteratura vedica prosastica, dai Vamsa, etc.
Sono stati pubblicati scritti di genere vario sul Veda (I 212-
223).
I. 208 — HarvELL E. B,. Waht
is Soma? JRAS, 1920, 349.
I. 209 — Hopk:ixs E. W.,,, Soma.
ERE, 1920, 685-687.
I. 210 — Nreoci PANCHANAN,
Iron in Ancient India. Bulletin
N.o 12 of the Indian Association
for the Advancement of Science,
Calcutta, 1914. — Rec.: JRAS,
1915, pp. 177-180 (V. A. SMITH).
I. 211 — Zimmer H,, Studien
zur Geschichte der Gotras. Leipzig
1914.
I. 212 — WiNrERNITZ M., Die
Witwe im Veda. \WZKM, 1915,
172-203.
I. 213 — Kanpiotui K., The
IWomen Poets of the Rig-Veda.
IA, April 1921.
I. 214 — BeLtoxI- FiLippi F.,
La niorale dell'età vedica. La Cul-
tura Filosofica, 1915, 22 SS.
I. 215 — BLOOMFIELD M., Vedic
and Classical Sanscrit Literature,
ERE, 1915, 106-113.
I. 216 — HomxmeEL VF., A/te Pa-
rallelen zu den beiden Hunden der
Sarama. F\V, 1910, 402-422.
I. 217 — MacnicoL N., Indian
Theism from the Vedic to the
Muhammadan Period. XVI, 292.
London, Oxford Univ. Press 1915.
— Rec.: Mm, 1916, 114 (DE Cock);
H]J, 1916, 662-666 (Cock); JRAS,
1015,833, Ath. 1915, II,89 (KEITH).
I. 218 — JoHanssen K. F.,
L'eber die altindische Gòttin Dhi-
shana und Verwandtes. (Skrifter ut-
gifna af K. HumanististFa Vetens-
Faps-Samfundet i Uppsala) Uppsa-
la, 1917. — Rec.: NO, 6, 1920,
61 (v. G..
I. 219 — MacpoxNELL A. A,
V'edic Magic, ERE, 311-321.
I. 220 — JouvEAU-DUBREUIL
G., Vedic Antiquities. London and
Pondicherrv, 1922.
I. 221 — Siec E., Der Nachtweg
der Sonne nach der vedischen An-
schauung. GGN, 1923, I Sscgg.
I. 222 — CALAND W., De ant-
dekkingsgeschiedenis van den Veda.
VMAW, V, Recks III, 1918, 261-
333. i
I. 223 — Guxne P. D., Two
Schools of Vedic Interpretation in
Europe SR, vol. I, N. I.
= Ja =-
1 224-234
VII. LETTERATURA VEDICA - IX. FILOSOFIA.
Il Ballini (I 224) pubblica la seconda edizione della esposizione
sintetica delle « Concezioni religiose dell'India », in cui tratta, natu-
ralmente, pure delle divinità vediche e della religione del Vida.
[Jarl Charpentier (I 225) considera l’'Ezour-Vedam e il suo
autore. Esclude che tale opera possa essere stata scritta da un In-
diano o da un Brahmano e afferma che essa è dovuta senza dubbio
a un padre missionario del 1700. Con tutta probabilità l’opera va
attribuita al P. Antonio Mosac S. J., superiore della casa di missione
di Chandernagor, che fu l'autore della traduzione dell'Ezour-Vedam
stampata col commento del Barone di Sainte Croix. Il Mosac visse
a lungo nel Bengal, studiò il sanscrito presso i brahmani di Nadiva
c fu oltre che autore del su citato Veda, pure di altri libri pseudo-vedi-
ci, di carattere completamente monoteistico e quasi cristiani, di-
retti a facilitare le discussioni fra missionari e brahmani].
Per una bibliografia vedica v. I 29; per una sezione vedica
del Congresso Orientale di Calcutta del 1922, v. I 37; per studî
di grammatica e lessicografia vedico v. I 47, 48, 49, 50, 67; per
vocaboli designanti l'apparecchio per produrre i! soma, v. I 90.
IX. Filosofia. — 1. SAMKHYa-YoGa. — È uscita una
seconda edizione della nota opera del Garbe (I 220-229) sul SamAlya.
Sul Samklya scrivono L. Berndt (I 230), il Keith (I 231),
E. A. Welden (I 232), il Jacobi (I 233), B. G. Tilak (I 234), ancora
il Garbe (I 235).
I. 224 — Batuini A, Le con- A. Buddhismus 1). Munchen-Neu-
cezioni religiose dell'India. II ed. biberg, Schloss 1921.
«Vita e Pensiero », 1925. A DA
I. 231 — KEITHO A. B. Ze
[I. 225 — CHARPENTIER JARL, Samkiva System, 112, London,
Quelques observations sur lEzour Milford 10919.
V'edam et son auteur. Mélange, JA
1922, 136-145. — V. pure: ViNSON
JULIEN, Notes sur l’Ezour Vedam.
JA, 1923, 1009-172.]
IT. 226-229 — GarbE R., Nie
Samkhva Philosophie, 2 Auf. NII
412, Leipzig, Hassel. — Rec.: DIZ,
1918, 211-213 (\W. JaHN); DRu,
CLXX, 1917), 472-475 (OLDEN-
BERG.).
V. pure: GarBe R., Sankiva.
ERE, 1920, 189-192.
I. 230 BerNnDT L., Ueber das
Sqnkhva(Untersuchungenz.Gesch.
-1 History of the Samkhva Phi-
losophv (== The Heritage of India
Serìes), pp. 109, Calcutta and Lon-
don. — Rec.: JRAS, 421 (LD.
BARNETT).
I. 232 — WeLbeN E. A. Ze
Samkhva Teachings in the Mattri
Upanisad. AJPh, 1014, 1, 32-51.
I. 233 —- JacoBI H., Ueber das
L'erhaltnis des Vedanta zum Sam-
Riva. FK 10910, 30-39.
I. 234 — TrLAaKk B.G., Ad missing
l'erse in the Samkhva-Kartkhas.
SR, vol. I, II.
— 100 —
BALLINI - INDIA. T 235-240
L'interesse principale dell’opera dell’Oldenberg su la Dottrina
delle Upanisad e 1 principit del Buddhismo (I 230) sta (v. I 193)
nella ricerca delle connessioni tra il Buddhismo, le Upanisad e
la dottrina brahmanica. Ma lo studio del pensiero indiano dal pe-
riodo brahmanico al pieno sviluppo del Samkkva e del Yoga occupa
la maggior parte dell’opera. L'analisi di questi due sistemi porta
quindi ad esaminare l’origine del Buddhismo.
J. H. Woods (I 237) traduce i Yogastttra di Patafijali col loro
commento, Yogabhasva di Vedavyasa, e la Tattvavaicaradi di
Vacaspatimicra.
La storia dci testi e delle scuole, la teoria e la pratica della
filosofia Yoga sono esposte dal Tuxen (I 238).
Il Dasgupta (I 239) in uno studio sul sistema Yoga, quale è
contenuto nel Yogasztfra di Patafijali, secondo l'interpretazione di
Vyasa, Vacaspati e Vijiana Bhiksu non si occupa tanto della
storia del sistema, quanto del sistema stesso, considerando non
soltanto i suoi particolari tecnici, ma pure i rapporti fra quelle con-
cezioni filosofiche e molti problemi che agitarono cd agitano tuttora
l'Occidente.
Una prima esposizione del sistema Yoga sotto l'aspetto filo-
sofico, religioso e mistico, tutta fondata sui testi originali di Patafiali
e su tutti i noti commenti ad essi, pubblica lo stesso Dasgupta (I 240).
I. 235 — GarbBeE RR, Purusa. Yoga-filosofi, paa grundlag af kild-
ERE, 1918, 517. erne af. Kjòobenhavn, 1911, pp. VII
+ 215. — Notizia: ]RAS, 1915,
I. 236 —- OLDENBERG HERMANN, W. THOMAS). (GBP).
Die Lehre der Upanishaden und 537-544 (1
die Anfdnge des Buddhismus. GOt- I. 239 — Dascurra SUREN-
tingen, VandenhoecF u. Ruprecht DRANATH, Zhe Study of Patanjali,
1915. — Rec.: Th LBI, 1915. 298 (Griffith Memorial Prize, 1915),
(ScHomErus); LZBI, 1915, 1013- pp. 200, Published bv the Univer-
1013 (WixnpiscH); JRAS, 1918, sitv of Calcutta 1920. — Rec.:
320-322 (E. J. Tomas). (V.4). JRAS, 1923, 116-117 (E. J. THo-
I. 237 — The Yoga-syvstem of MAS). (LM).
PATANJALI or the Ancient Hindu È: 2/0 Dada. Sen
Doctrine of Concentration translated
froni the original Sanskrit by JAMES
Hauceton_ Woonps. Cambridge
DRANATH, M. A., Ph. D. (Cal),
Ph. D. (Cantab.), Author of a
History of Indian Philosophv, etc.,
Reale da ur Lc Marani Professor of Philosophy, Presi-
Oriental Series, cdited by Ch. R. PERDE I E
Lanman, Vol. NVIL. — Rec.: i : ge, L a,
fessor of SansFrit, Chittagong Col-
lege, Late Lecturer in the Univer-
sitv of Cambridge. Yoga as Phi-
I. 238 — TuxEex Pour, Yoga /osophv and Religion, London, Ke-
en oversicet over den svstematiske gan Paul, Trench, Tritbner a. Co.
JRAS, 1015. pp. 537-544 (PF. W.
THomas). (GBP).
106 —
IX. FILOSOFIA. I. 240-254
Il volume è diviso in due parti: 1. Metafisica del Yoga; 2. Etica e
pratica del Yoga. L'A. tratta del mondo esterno, dell'evoluzione, delle
categorie, delle qualità, di Dio, degli stati mentali e morali, del
karman etc.
Sono apparsi scritti varî sul Yoga e in genere sul misticismo
indiano del Garbe (I 241), di H. Woods (I 242), G. R. G. Mead
(I 243), J. W. Hauer (I 244), A. Besant (I 245), F. L. Woodward
(I 240), N. Macnicol (I 247), R. Otto (I 248), B. H. Streeter e
A. J. Appasamvy (I 249), Trebor (I 250), Wilke (I 251), V. Svami
{I 252), Tessitori (I 253), Garbe (I 2532).
2. NYAYA-VAICESIKA. — Ganganatha Jha da la tradu-
zione dei A vavastitra di Gautama e dei commenti di Vatsyavana
e di Uddyotakara (I 254). Vi aggiunge note dalla 7a/paryatika di
Vacaspatimicra e della Viguddit di Udavana.
I. 249 — STREETER B. H. and
A. J. Appasamvy, The Sadhu, a
Study in Mysticism and Practical
Religion, pp. 279, London, Mac-
millan 10921.
I. 250 — TxkeBoR, YVogha im
Lichte des Christemtums. Eine
versòohnende Schrift. pp. 152 Berlin,
Univers. Buch und Kunst 1922.
I. 2581 — Wickk M.,, Zfatha-
I. 244 — HAaver ]J. W., Die Yoga, die indische Fakir-Lehre zur
Anfange der Yogapraxis. VIII <- Entwicklung magischer Gewalten
210, Stuttgart, Kohlhammer 1922. im Menschen, pp. 60, Dresden,
I. 245 — Besasr A. Finfih- SRUROLagaz
rung in die (sic) Yoga. UWcbersetzt
con }. CORDES tw. F. FEERHOW, IV
126, Leipzig, Grieben 10915.
I. 246 —
1924, X + 200 (== Triibner's O-
riental Series)..
I. 241 — GarbE RR,
ERE, 1921, 831-833.
I. 242 — Woobs_ H.,, La théorie
de la connatssance dans le svstème
du Yoga. JA, NI, 385-389.
I. 243 — Mean G. R. G., A
Word an Yoga.
Yoga.
I. 252 — SvaMI VIVEKANANDA,
Karma Yoga. Der Weg zur Vol-
hRommenhertt durch Werke. Uebertr.
Woopwarp EF. Lo von F. HARTMANN, 194, Leipzig,
Manual of a Mystic: being a Theosoph. Verlagshaus 1921.
i NR
Translation fron the Pali and È. sii —. ignoti LD
Singhalese Workentitled« The Yoga- sei i x Rn
o Yogis (Kanphata). ERE, 1921,
vachara's Manual ». 182, London, ARE
Milford 1918. 337935).
I. 247 — MacxicoL N., Hindu I. 2534 GARBE R. Yoga. ERE,
Mvsticism. ERE, 1917, 113-117. 1921, 831-833.
I. 248 — Otto R. Vishnu- I. 254 — The Nyaya Sutras of
Naravana. Texte zur indischen GAUTAMA with VATSYAYANA'SBha-
Gottesmystik 1, 102, Jena, Diede-
richs 1917. — Rec.: ChW, 1917,
701-704 (W. BoRNEMANN).
sva and UDDYOTAKARA'S Vartika,
translated into English bv Gax-
GANATHA JHa_ Vol. I. Allahabad
— 107 --
BALLINI - INDIA. I. . 254- 256
e —_— _ ll I I I 111 UL q@E1e-
Lo Strauss (I 254a) ci offre una traduzione della Ka-
rikavali di Vigvanatha e si propone lo scopo di presentare un
testo tedesco che dia allo studioso un’esatta idea dell'originale
sanscrito.
S. Sen (I 254b) si propone di illustrare lo stile di Mathuranatha,
traducendo e analizzando una parte del commento di M. stesso
al Vyaktiparicaha di Gangeca.
Edizioni e versioni di testi nydya sono contenuti in Indian
Thought VI-VIII (I 255).
Il Nvayasitra tratta: 1° dell’arte del dibattito; 2° dei mezzi
di valida conoscenza (queste due parti sono attribuite a Gotama
— 500 a. C. — e conosciute col nome di Tarkagastra); 3° della dottrina
del sillogismo; 4° l'esame delle dottrine filosofiche contemporanee.
Neì primi commenti il si/ra è attribuito ad Aksapada, ma è pro-
babile che tanto costui quanto Gotama abbiano contribuito egual-
mente al lavoro. S. C. Vidyablhùsana in uno studio notevole sul
N. S. (I 256), si domanda se la 32 parte di esso sia originale
o non piuttosto frutto d'importazione greca, e propende per questa
seconda ipotesi, dopo aver esaminato il sillogismo greco comparato
all’indiano. I lavori d’Aristotele penetrarono nell’ India in tre suc-
cessivi periodi: 1° (175-30 a. C.), quando i Greci erano nell’India
nord-ovest (la Retorica); 2° (30 a. C. — 450 d C.) quando i Romani
tenevano commercio fra Alessandria e l’India (Primi Amalitici, a
. cul s'inspirarono molto Aksapada e Dignaga); 3° (450-600 d. C.,
quando la scuola Siro-Persiana era ncl massimo splendore (Ana-
litict posteriori che molto influenzarono i logici Dbarmakirti e Ud-
dyotakara).
1915. — Rec.: JRAS, 1916, 613- I. 255 — Indian Thought.
617, Voll. IIH-IV, 1919 (A. BERRIE- Vol. VI-VIII, 1914-1917. Questi
DALE KEITH). (LM). ultimi volumi contengono: The
bia Sino da Nvava Philosophy of Gautama: SA-
l'igvanatha Paricanana BHATTÀ-
CARYA Karikavali mit des Verfassers
eigenem Kommentar Siddhanta-
muktavalt aus dem Sanskrit ùber-
setzt. NI + 133. AKM, 1922,
NVI, 1. — Rec.: JRAS, 1923,
454 (J. CHARPENTIER).(LM).
I. 254b— SEN SAILESWAR M.A.,
4 Studv on Mathuranatha's Tat-
tua-cintamani-rahasva, pp. 06, Wa-
geningen, 1924. — Rec.: JRAS,
1925, 138-142 (S. N. DASGUPTA).
DHALAL lectures. — Translation
of Advattasiddhi of MADHUSUDANA-
SARASVATI. — Translation of the
Nyaya-Sutras: Bhashva and Var-
tiha. — Translation of the Vigcami-
trodaya of Mitral Mishra. Notice oi
books and manuscripts.
I. 256 — VIDYABHUSANA M.A.,,
M. M. SATIS CHANDRA, Znfluence
of Aristotle on the development of
the svllogism in Indian Logic.
JRAS, 1918, 469-488. (JM).
— 108 —
I. 257-265
IX. FILOSOFIA.
Il Keith espone il sistema Nydya (I 257) e Ch. R. Jain scrive
sul Nyaya (I 258).
Il Faddegon (I 259) discute lo studio della filosofia indiana
in Europa, i testi Vargesika, il Nyayastitra e la sua relazione col
Nvavastitra, questioni di metafisica, fisica, matematica, psicologia,
gnoseologia. etica, teologia. IDà traduzione e «material for reference»,
bibliografia, analisi, ecc.
Sul Va:fesika scrivono il Garbe (I 260) e H. Uli (I 261).
Di logica indiana scrivono il Keith (I 262), J. Allan (I 263)
ed altri (I 264).
3. MIMaMSA-VEDANTA.— Il Ganganatha Jha (I 265) scri-
ve sulla Mimamsa, dando per la prima volta un esame minuto del
sistema e delle diverse teorie di Prabhakara e di Kumarila.
L'opera è divisa in cinque capitoli di varia lunghezza, dei
quali il primo riassume per sommi capi le storia della Mimamsa,
il secondo contiene un'importante e particolareggiata esposizione
della filosofia di Prabbakara e di Kumarila, il terzo un'analisi
del sistema della Mimamsa, il quarto si occupa dei riti sacri-
ficali, il quinto dei principî d’'interpretazione della Mîmamsa e
della lette ratura legale.
Lo stesso Ganganatha Jha in collaborazione con G. Thibaut (I
I. 257 — KEITH BERRIEDALEA,,
D. C. L., D. Litt, Indian Logic
and Atomism, An Expositton of
the Nyava and Vaigestha Systenis.
291, Oxford, Clarenudon — Press
1921. — Rec.: ]RAS, 1923, 479-80
(J. LINDSAY).
I. 258 — JAIN CHAMraT R,,
Nvaya the Science of Thought,
IV + 60 pp., Arrah, The Central
Jaina House 1910.
I. 259 — Fappicon Pr. B,,
lhe Vaigesika System, described
with help of oldest texts. Amsterdam
1918, — Rec.: JRAS, 1921, 594
(LD. BARNETT). (MA).
I. 260 — GARBE R,, Vaigestha.
ERE, 1921, 508-570.
I. 261 — Ur H.,, 7he Vaicesika
Philosophy, according to the Da-
capadartha-Gastra. Chinese Text
with Introduction, Translation and
Notes. NII+ 205, London, Roval
Aslatic Society 1917.
I. 262 — KEITH BERRIEDALE À.,
Indian Logic and Atomism, 291.
Oxford, Clarendon Press 1921,
I. 2603 — ALLAN ]., Jriana-
Marga. ERE, 1914, 504-500.
I. 264 — The Thesaurus of
Knowledge Divine and temporal;
oy the Vedas and their Tpangas or
the six Systems of Indian Philo-
sophy H, 1, 1; General Outline of
Nyaya and Vaisheshika, pp. 87,
London, Luzac 1919.
I. 265 — ]Jua MAHAMAHOPA-
DHYAYA GANGANATHA, The Pra-
hhakara School of Pitrva Mimamsa,
Allahabad, 1911. — Rec.: JRAS,
1916, 309-370 (A. BERRIEDALE
KEITHR). (DM).
— 109.
BALLINI - INDIA. I. 2652-2731
265a) traduce la celebre opera di Criharsa Khandanakhandakhadya,
cercando di appianare alcune delle molte difficoltà e oscurità espressa-
mente volute dall’autore per allontanare dall'opera sua i malvagi
e gli ignoranti. Questo libro, esempio notevole di dialettica Indiana,
vuol dimostrare che i logici, supponendo la realtà dell’esistenza, ca-
dono in errore, e a tal fine cerca di demolire ognuna delle definizioni
della scuola del Nyaya.
C. D. Dalal e R. A. Shastri (I 266) pubblicano e illustrano la
Kavvamimamsa di Rajacekhara.
Altri scritti sulla Mîmamsa hanno pubblicato il Garbe (I 267),
K. A. N. Sastri (I 269), il Keith (I 268-270),P. Shastri (I 271).
Kokileewar Sastri (I 272) in uno studio su la filosofia Advatta
si propone di illustrare l’opera di Gankaracarya, in modo da far
cadere tutte le interpretazioni errate avutesi fin qui. Nell'esposi-
zione delle teorie raccoglie e discute, così, molti passi del celebre
maestro monista. L’opera è di grande valore e sarebbe utilissima
anche solo per la cernita opportuna dei detti passi dalla grande
produzione di Cankara.
Sono apparse edizioni di studì noti e studi nuovi sul Ve-
danta (I 273-281).
I. 270 — KEITH BERRIEDALE À,
B. The Karma-Mimamsa, London,
Oxford University Press 1923.
pp. 112 — Rec.: OLZ, 20, 1923,
181-82 (WINTERNITZ); JRAS, 1023
479-480 (J. Linbpsay).
I. 265a — THIBaUT G. and
GANGANATHA JHA, 7he Sweets of
Refutation, An English Translation
of the Khandana Khandakhadva
of SRIHARSHA, Allahabad, 1913. —
Rec.: JRAS, 1916, 377-381 (A.
BERRIEDALE KEITH). (DM).
I. 271 — SHASTRI PASHUPATI-
NATH, Introduction to the Purva
Mimamsa, Calcutta 1923.
I. 266 — RAJAGEKHARA, Ka-
cvamimaàmsa Edited in Sanskrit
with English Introd. and Notes
by C. D. DALAT and R. A. SHASTRI.
(= Gackward's Or. Ser. No. 1),
London, Probsthain 1917.
I. 267 — GaRBE R., Mimamsa.
ERE, 1915, 048.
I. 272 — SASTRI KOKILESWAR,
VIDYARATNA, «An Introduction to
Advuatta Philosophy (Sankara School
of Vedanta). University of Calcutta
1924, pp. XV+1094.
° I 273 — Deussen P., Das Sy-
stem des Vedanta. 3 Auf. (Anastat.
Druck) XVIII + 540, Leipzig,
BrocFhaus, 1920.
TI. 268 — Sastri K. A. N,
The Mimamsa Doctrine of Works.
JA, Juli 1921.
I. 269 — SastRI K. G. NATERN,
Parinaya Mimamsa or An en-
quiry into the teaching of Gastras
I. 273a — Dkussen P,, Die
Sutras -des Vedanta iibersetzt. 2
as regards the question of marriage.
Srirangam 1914.
Auf. XXIV+768 Leipzig, Broc-
lhaus 1920.
110 —
IN. FILOSOFIA. L 274-285
4. BHAGAVADGITA. — È uscita una seconda edizione della
traduzione della Bhagavadgità del Garbe (I 282).
Th. Springmann (£ 283), F. Hartmann (I 284) pubblicano ver-
sioni della Bhagavadgita.
Altra versione della Bhagavadgita ci è data dal Senart
(1 285). Nell'introduzione il Senart scarta l'ipotesi del rimaneggia-
mento del poema (Garbe) come pure l'ipotesi del Dahlmann, per cui
il poema sarebbe un tutto logico e armonioso. Si attiene invece alla:
opinione che fa dipendere il sincretismo della B/Ag. dall’attitudine
della speculazione indiana d'allora, per cui si procedeva a salti
intuitivi e sulla base di classificazioni meramente parziali. Infatti,
secondo il Senart, la Bhg. risale al III s. a. C. L'elemento della
bhabti o devozione a un unico Dio è risultato fatale di evoluzione
non solo indiana, ma umana, così che è assurdo voler ricercare in-
flussi della BAg. sul nostro Vangelo, o viceversa. Il Senart ama
considerare la B/g. ‘' una raccolta di strofe e di frammenti che la
tradizione centrale della setta ha raggruppati intorno all'idea dp-
minante ,,.
Riassunti brevissimamente i primi 6 libri del _MarXabharata
I. 274 — lFabpecon B., 7le I. 281 — KoHLER ]J. Die
Chapter (III, 3), the method of Eleaten u. der Vedanta. Archiv
Fxegesis, in the Vedanta-Sùutra. fùr Rechts- u. Wirtschaftsphilo-
Act O, I 10922, 113.
I. 275 — GHatE V. C., Le Ve-
danta. Etude sur les Brahma Sî-
tra et leur cinq commentaires. Paris,
Leroux 1918.
I. 276 — GARLE R., Vedanta.
ERE, 1921, 597-8.
I. 277 — Daxpovy RLkv. GG,
Essay on Doctrine of the Unrea-
lity of the World in the Aduvaita.
Calcutta 1919.
I. 278 — RANGACHARI, Lifes
and Times of Vedanta - Destha.
JBRAS, vol. XXIV, 1I.
I. 279 — DreussENn P., Vedanta
Platon und Kant. Wien, Waldheim-
Eberle 1910.
I. 2806 — DEUSSEN P., Vedanta
und Platonismus in Lichte der
Kantischen Philosophie, 2.e Aut.
PP. 41, Berlin, Unger 1922.
sophie, 1917, 125-140.
I. 282 — GARLE R., Mie Bha-
gavadgità tibersetzti, 2 Auf!., Leip-
zig, Haessel 1921.
I. 283 — Srrkingomann TH,
Bhagavad-gità. Der (Gesang des
Erhabenen. 115, Heidelberg, Frei-
deutscher Jugendverlag 1920.
I. 284 — Hartmann LF., Die
Bhagavad Gita. Nach E. ARrNOLD
Sanskrit, ins Deutsche tUberty.
VH + 143, Leipzig, Theosoph.
Verlagshaus 1921.
I. 285 — Ia Bhagavadzità
traduite du sanscrit avec une
introd. par EMiLE SENART (= Les.
Classiques de l’Orient). Paris.
Bossard 1922. — Rec.: FR, I,
1922, fasc. 3-4, 71-72 (C. FoR-
MICHI). (3/4). JRAS, 1923, 428-420
(L. D. BARNETT), (LUMI).
— ll —
BALLINI - INDIA. I. 286-293
fino al punto ove trovasi il Canto del Beato, il Formichi (I 286)
osserva le ragioni della celebrità di questo meraviglioso poema, ri-
velato per primo all'Occidente dal Wilkins nel 1785. Sono esse tre.
La 13 sta nel problema morale della guerra. Visnu afferma che è
lecito e doveroso uccidere i nemici, poi che lo spirito eterno che è
in noi non può uccidere nè essere ucciso. La 2% è nello spirito conci-
liativo ed eclettico della Bhagavadgitaà. che cerca di conciliare tutti
i varî sistemi filosofici. La 3* risiede nella magnificenza della poesia
religiosa. Il Formichi dà la traduzione (spoglia delle ripetizioni, di
vocativi, di epiteti) di due letture.
Il Michalski-Iwicnski, nel 1° numero delle ‘ Publications de la
Société Asiatique de Varsovie,, offre in traslitterazione latina il
testo della B/g. (I 287) nell’edizione dello Schlegel e del Lassen, ec-
cettuate pochissime varianti, aggiungendovi una prefazione che meglio
che un’opera critica adeguata, è un entusiastico inno alla bellezza della
poema, il quale egli ritiene non abbastanza apprezzato in Europa.
La stima, inoltre, del M.-T. per la Blg. è tale da fargli credere che
in tutta la letteratura Europca a mala pena si trovi un’opera da
metterle a paro! Traduce poi la Bg. (I 288) premettendole un
saggio di frammento di Alberuni (7, 9, 24 e 33).
Il Pizzagalli (I 288a) pure pubblica una traduzione della
Blg.
Sulla Bhagavadgità scrivono M. T.. Kurtkoti (I 289), il Jacobi
(I 290-292), A. Sécrétan (I 293, il Garbe (I 294), M. Chakravarti
(I 295).
289 — INurtkoti Mana-
BHAGAVAT OF LINGESA, The Signi-
ficance of the Bhagavadgità, SR,
Vol. I, 1915, N. 1.
I. 286 — FoRwMICHI CarLO, Z/ I.
canto del Beato. FR, I, 1921,
fasc. 1, 22-37. (MA).
I. 287 — NICHALSKI-IWIENSKI
St. TR., Bhagavadegità. Texte san-
scrit, NII + 48, 2 tavole, Paris,
Geuthner 1922. — Rec.: JRAS,
1923, 429 (L.D. BarxETT). (LM).
I. 238 — Blagawadgità, Nowy
precklad 2 sanskrytu st. FE. MIcHAL-
SKIiEGO. Wydanictwo Ultima Thule,
Warszawa 1021. 8°. VIIIH-88 —
Rec.:GSAS, XXIX, 1919-20(1921)
189-190 (P. E. PAVOLINI).
I. 288a — La Bhagacvad-Gità o
il Canto del Bcato, Trad. di A. XML.
PIZZAGALLI, Lanciano, Carabba
1922, XVI- 137.
I. 290 — JacoBi Il., Ueder die
Finf'ihvrung der Bhagavadgità 1
Mahabharata, ZDMG, 1918, 323-
327.
I. 291 — Jacogsi H., ITezteres
zum Bhagavadgità- Problem, DLZ,
1922, 205-273.
I. 292 — JacoBiI
gavadgità, DLZ, 1921,
H., Die Bha-
715-724.
I. 293 — SECRÉTAN A,, Le
problème du salut dans la Bhaga-
vadgita. Thèse, 119, Genève, Wyss
1919.
cale
IX. FILOSOFIA.
I. 294-301
È uscita una ristampa della versione del Cowel e di A. FE. Gough
del Sarradarsanasamgraha (I 206).
5. TRATTAZIONI GENERALI E PARTICOLARI. —
Il Dasgupta (I 297) pubblica il primo volume di una Storia
della Filosofia indiana. Si tratta del primo saggio di una esposizione
compiuta e sistematica del pensiero filosofico indiano nelle sue più
varie e molteplici manifestazioni. L’opera è notevolissima e per la
bontà del metodo con cui è condotta e per la grande ricchezza di
materiale (il D. G. ha consultato un numero grandissimo di testi ori-
ginali filosofici e di commenti) su cui è stata costruita. Questo primo
volume comprende lo svolgimento delle idee filosofiche indiane dai
primi accenni nella letteratura vedica (Veda e Brahkmana), alle
Upanisad al Buddhismo, al Jainismo, a tutti i sei sistemi orto-
dossi. Il secondo volume tratterà dei sistemi filosofici dell’ In-
duismo,
È uscita la 48 ediz. della grande storia della filosofia del Deus-
sen (I 208).
Il Belloni-Filippi (I 299) descrive i sei sistemi ortodossi di fi-
losofia indiana.
Il Masson-Oursel (I 300) stende una breve storia della filosofia
indiana.
Il Berriedale Keith (I 301) studia la filosofia buddhistica fiorita
nell'India e nel Ceylon. Nell’importante prefazione egli s’oppone
alla leggenda del Concilio di Agoka e combatte la tendenza di con-
I. 294 — GarbBE R., XMoch
metne Geschichte der Philosophie
einmal das Bhagavadeità- Problem,
4 Auf. I, 1; allgemeine Finleitung
DLZ, 1922, 97-104.
I. 295 — CHAKRAVARTHI A,
Bhagavad-Geeta; Philosophy of Du-
fv. QJMS, Jan. 1923.
I. 296 — MADHAVACHARYA
Saria-dargana-samgraha or com-
pendium of allthe philosophical
Systens. Transl. by E. B. CowEL
and A. E. GoucH, London 1914.
I. 297 — DASGUPTA SURENDRA-
NaTH, M. A. PhD., 4 History
oj Indian Philosophv, Vol. 1,
Cambridge, at the University Press
1922, XVI + 528. — Rec.: PhR,
XXXIV, 3, 1925, 292-298 (NA-
THANIEL SCHMIDT).
I. 298 — Deussin P., 4//ge
und Philosophie des Veda bis
aus die Upanischad's; I, 2: Die
Philosophie der Upanischad's; I, 3:
Die nachvedische Philosophie dev
Inder. XVI + 301; XIV + 4qor;
XVI + 728, Leipzig, BrocFhaus
1920.
I. 299 — BettonI- Fiuippr F..
I maggiori sistemi filosofici in-
diani. I: Dalle origini al Buddhi-
smo. Palermo, Sandron 1915.
I. 300 — Massoxn-OursEL P.,
FEsquisse d’une histoire de la phi-
losophie indienne, pp. 314, Paris,
Geuthner 1923.
I. 301 — KEITH BERRIEDALE A,,
Buddhist Philosophy in India and
Cevlon. 1923.
= ie
Aevum - Anno I - 8
BALLINI - INDIA. I. 302-305
siderare la grande dottrina indiana con criteri moderni ed europei
e così di modernizzarla.
B. Barua (I 302) si propone di ricostituire, sulla maggiore
quantità possibile di materiale «la personalità filosofica dei massi-
mi nomi del periodo prebuddhistico ». Così, dai tempi vedici veri e pro-
prî, l'A. conduce il lettore «ai più segnalati rappresentanti degli
indirizzi più in voga, ai tempi di Gautama », da Mahidasa. Aita-
reya, cioè, agli eretici ben noti, elencati nel Dighanikaya. Di cia-
scuno il Barua cerca di ricostruire il pensiero fondamentale, ri-
correndo a fonti d’ogni specie, brahmaniche, buddhistiche e jainiche.
È apparsa, postuma, interamente rifatta e accresciuta, la Hi-
story of Mediaeval School of Indian Logic di S. Ch. Vidyabhùsana
(I 303), immaturamente rapito agli studi che tanto aveva onorato.
« L'antico manuale, resosi ormai introvabile, è divenuto un pode-
roso volume che traccia lo svolgimento della logica indiana dai
suoi inizi fino alle età più recenti ». La storia del Nyaya e del
Vaicesika e delle correnti a latere buddhistiche, jaina, brahmaniche,
è, in esso, così, ampliamente trattata dal V., il quale ha creduto
« che il sistema migliore fosse quello di esporre il contenuto delle
varie opere logiche, rilevando il particolare punto di vista dei sin-
goli autori ».
Il Tucci (I 304) attraverso le citazioni e gli accenni contenuti
in tutta la letteratura indiana — dal Veda all’età classica, dal Jai-
nismo al Buddhismo, etc. — e nelle fonti cinesi e tibetane (più
di cento testi egli ha consultato), viene a ricostruire i varî sistemi
materialisti indiani. « Ciascuna scuola materialista rivive nei suol
confini nettamente delimitati », così che è possibile seguire « con
ordine lo sviluppo dell’epicureismo indiano, dai tempi più remoti
all’età classica ».
Il Dasgupta (I 305) accennato che se la scoperta del Sanscrito
ha dato grande impulso agli studi di glottologia e di mitologia
comparate, non sembra, nondimeno, aver « touched the inner vein of
I. 302 — BARUA BENIMADHAR,
.4 history of prebuddhistic indian
plilosophy. Calcutta (published by
the University) 1921, pp. NNIV+-
444. — Rec. RSO, XX, 1923-25,
711-712 (G. TUCCI).
I. 303 — VipbyvABHUSANA SATIS
CHANDRA, dd history of indian
Logic (Ancient, medicaval and mo-
dern Schools). Calcutta (publ. by
the University), 1921, pp. LXII-|-
648. — Rec. RSO, X, 1923-1925,
713-716 (G. Tucci).
I. 304 — Tucci GIUSEPPE, Lince
d'una storia del materialismo india-
no, AAL, CCCXNX, 1923. 242-3I0.
I. 305 — DAS GUPTA SURENDRA
NATH,[ndian Philosophyin relation
to Contemporary Italian Thought
IN. FILOSOFIA. I. 305-307
European culture and civilisation » — come aveva sperato lo Scho-
penhauer, pensando all’influsso della cultura greca nella nostra Ri-
nascita —, lamenta tale fatto, pur per molte ragioni spiegabile. Affer-
mato poi, come molti elementi della filosofia contemporanea siano
stati precorsi in India, si propone di dimostrare il suo asserto
prendendo per ora in considerazione particolare l’opera filosofica
di Benedetto Croce, «whose doctrines may, at all ordinary appea-
rance, seem to be far removed from any known systems of Indian
thought ». Egli, difatti, la compara con quelle di alcune scuole del
Buddhismo con le quali — pur date varie differenze — il Croce
mostra di aver punti fondamentali comuni. La stessa cosa potrebbe
dirsi, con riferimento ad altre scuole filosofiche indiane, del pen-
siero del Gentile, del Varisco e altri, fra i moderni e, prima, di S.
Tomaso, Campanella, Bruno, Rosmini, Gioberti, Galuppi e di fi-
losofi tedeschi, francesi, inglesi, americani.
Il Senart (I 300) pensa che rajas (uno dei tre gna), fatto
derivare posteriormente da raga (passione), abbia un'altra etimologia.
Rajas non ha nell'uso letterario tale significato: in Vedico signifi-
cava vapore, nebbia, ecc., ecc., e se si riporta alle tre divisioni dello
spazio, questa parola sta fra le tenebre e la luce. Del pari gina ha
in origine il significato di filo (filo di cui è tessuto l'universo). L'A.
conclude che la dottrina sam4Alva dei tre guna procede da nozioni
che risalgono all'antico naturalismo su cui la speculazione filosofica
posteriore ha trovato un appoggio ed una cornice. Senza tale teoria
cioè, che il cosmo abbraccia tre parti, che sono il luogo e la materia,
le quali, sotto il giorno nascente, con una triplice trama si slanciano
in un'irresistibile spinta, dalla notte che cade nell'abisso verso la
luce superiore dell'empireo. la teoria dei tre guna non sarebbe mai
sorta.
F. Masson-Oursel (I 307) scrive sul significato della parola
dharma (legge, dovere) attraverso i secoli della civiltà indiana;
mette in luce la straordinaria importanza di questo concetto che
fu, a volte, informatore del pensiero indiano, e a volte, e più spesso,
costituì materia duttile plasmabile a seconda della concezione re-
ligiosa e filosofica del tempo, del luogo, dello scrittore.
(fead at the International Con- nas, JA, 1015, IT, pag. 151-104.
gress of Philosophy at Naples), (MA).
Modern Review, Aug. 1924, pp.
153-163. I. 307 — Masson-OURSEL, Vote
sur -l’acception, d travers la civi-
I. 306 — SENART È, Rajas et lisation indienne, du mot Dharma.
la théorie indienne des trois gu- JA, 10922, 209-275. (£C).
— 115 —
BALLINI - INDIA. I. 308-314
— —--_—_6—————————————__________—_ m —————_—————
Il Burlingame Watson (I 308), premette che un atto di verità
è una formale dichiarazione di fatto accompagnata da un comando
o risoluzione o preghiera, affinchè sì compia il fine del soggetto, che
una semplice verità e anche comunissima è sufficiente per l'atto di
verità e non occorre che concerna solo opere buone o buone qua-
lità della persona, ma è valevole anche per male opere e per soggetti
indegni. Nessun miracolo è impossibile all'atto di verità. Ciò posto,
afferma che l’atto di verità è spesso un incantesimo indirizzato
agli dèi cattivi o alla natura ed è usato nelle maledizioni. Dalla
parola pali saccaririva e dall’equivalente sanscrito satyaRrivà
l'autore desume che si contenga in essi l’idea d’incantesimo. L'onnipo-
tenza della verità è insita in una legge morale universale; tale ca-
rattere si rivela principalmente nelle ordeals, in certe prove cioè
usate anche da noi nel M. E. L’atto di verità è importante in tutte le. .
novelle indiane poichè è usato come il deus ex machina per sciogliere
le più varie ed opposte situazioni. Il /ocus classicus dell’atto di ve-
rità si trova in uno dei dialoghi del re Milinda col saggio buddhista
Nagasena (Milindapafiha, 119-23), nel quale si cerca spiegare in
forma pseudo-scientifica il modo d'’operare di tale atto, si esaminano
i vari modi d’incantesimi, che si illustrano con storielle ed esempi
sulle acque, sul fuoco, sui veleni, sul sesso, sulla nascita e rinascita,
sulla liberazione e si adducono esempi anche sulle maledizioni, sugli
ordeals, sui sotterfugi degli atti di verità.
Studi di filosofia indiana pubblicano S. A. Acharya (I 309),
H. Schulemann (I 310), J. McKenzie (I 311), S. Radhakrishna (I 312),
O. Strauss (I 313), Th. Becher (I 314), D. J. Stephen (I 315), il
Guénon (I 310).
I. 308 — BurLINGAME EUGÈNE
WATSON, The act of truth (Saccaki-
riya); A Hindu spell and its em-
ployment as a psvchic motif in
Hindu fiction, JRAS, 1917, p. 429-
467. (MA).
I. 309 — AcHaRyva S. A,
Brahmadarcanam,; or Intuition of
the Absolute, being an Introduction
to the Study of Hindu Philosophy,
pp. 222, London, Macmillan 1917.
I. 3I0 — ScHULEMANN H.,
Zur Geschichte der indischen Phi-
losophie. AGPh, XXXII, 1910,
207-220, XXXIII, 1920, 48-59.
I. 31I — MCKENZIE J., Hindu
Ethics. A Historical and Critical
Essay. IV + 267, London, Oxford
University Press 1922. — Rec.:
OLZ, 1924, 150-153 (FICK).
I. 3512 — RADHAKRISHNA S.,
Indian Philosophy, Vol. I, pp. 684,
New York, Macmillan 1923.
I. 313 — Strauss OTTO, 7n-
dische Philosophie. Miinchen, Rein-
hardt 1924.
I. 354 — BEcHER TH,., Dite
Tattuas und ihre Bedeutung, pp.
41, Leipzig, Theosophisches Ver-
lagshaus 10919.
— 116 —
IX. FILOSOFIA.
I. 315-325
K. A. N. Sastri (I 317) scrive su Jaimini e Badarayana.
Il Venkateswara (I 318) fissa quale epoca in cui visse Cankara
l'805-97 d. C., dopo aver preso in esame la data tradizionale (2625
della Era Kali, circa 477 a. C.) e quelle accettate da Justice Telang
(VI sec. d. C.) dal Pathak e dal Bhandarkar (788-825 d. C.).
Su Cankaracarya scrivono V. S. Aiyar (I 319), Y. Subbarao
(I 320), N. K. Venkatesan (I 321), V.S. Ghate (I 322), H. v. Gla-
senapp (I 323), B. Pillai (I 324).
6. FiLosoFIA DEL Lincuaccio. — S. Varma (I 325) discute
il valore del significato nella filosofia del linguaggio indiano. Esamina
le diverse opinioni sul valore stesso dei grammatici indiani: « par-
ticolare relazione, cioè, tra la parola e l'oggetto indicato da essa »
(Nageca Bhatta), la quale può manifestarsi per ‘ diretta istru-
zione ,, per ‘‘“ autorità che ha valore di verità ,,, per ‘’ sintattica
connessione con parole già conosciute ,,, etc. Espone le obbiezioni
e le contro obbiezioni a questo concetto di relazione dato al valore
del significato della parola. Accenna pure al valore negativo dato
al significato della parola dai filosofi Buddhisti che, contrariamente
ai Brahmanie ai Jaina, definiscono il significato come negazione. Ma
di più: siccome v'è concordia di opinioni fra la maggioranza delle
scuole indiane in favore della realtà della relazione fra parola e lo
oggietto indicato, la scuola buddhistica respinge tale opinione, e
sostiene, al contrario, che non v'è relazione, come quella del signifi-
I. 315 — StEPHEN DoRrotHEA Sankara the Propagator of a New Sy-
JANE, Studies in early Indian stem of Thought? SR, Vol. T, N. II.
Thought. pp. 1 + 176 Cambridge, Ne
University Press 1918. — Rec. : I. 321 — VENKATESAN N. K.,
JRAS, 1919, 422 (LD. BARNETT).
I. 316 — Guénox R.,, Iutro-
duction générale d l'étude des doc-
trines hindoues, 346, Paris, Ri-
Vière I92I.
I. 317 — Sastri K. A. N,
Jaimini and Badaravana, TA, May
IU2I.
I. 318 — VENKATESWARA S. V.,
The date of Sankaracharva, JRAS,
1916, 151-161. (LM).
I. 319 — ArvaAR V. SUBRAH-
MANYA, GCamnkara. SR, Vol. },
Ni È.
I. 3206 — SuBRraARAO VY.,, Ias
Sankaracharva and his Kamakoti
Peetha. Kumbaconam, 1915.
I. 322 — GHATE V. S., Can-
haracharva. ERE, 1920, pp. 185.
I. 323 — GLASENAPP H. von,
Shankara, der Reformator des Brah-
manismus. NO Io, 1922, 50.
I. 324 — Piccar B., Ze date
of Sarvajniatma andCankaracharva.
JA, Apnil 1921.
I. 325 — VARMA SIDDHESHWAR
M. A., Shastri, Prince of Wales
College, (Kashmir), Analysis of
Meaning in the Indian @Philo-
sophv of Language, JRAS, 1925,
21-35.
BALLINI - INDIA.
I. 326-328
cato e della cosa significata, tra parola e oggetto indicato. La parola
‘“ vacca ,, ad es. non denota l’obbietto ‘‘ vacca ,,. Essa indica prin-
cipalmente, solo la negazione (apoha) degli oggetti che non sono
‘“vacca,,, es. ‘“ cavallo ,, ecc. Dopo, conseguentemente, per infe-
renza, attraverso questa esclusione si giunge alla indicazione dello
obbietto ‘‘ vacca ,, con la parola ‘“ vacca ,,. Il Varma porta gli argo-
menti, dati a favore c contro questa opinione, dei Buddhisti e con-
clude col sostenere delle due la prima teoria, quella cioè della rela-
zione tra parola e oggetto indicato, e suffraga il suo pensiero con
ragionamenti pratici e persuasivi. ‘‘ Definire il significato come una
relazione, egli conchiude, è certo dunque più giusto, sia logicamente
che psicologicamente ,,.
7.VARIA.— Ill'razer (I 326) cerca di dare un resoconto chiaro
e breve del pensiero indiano in relazione alle condizioni sociali e reli-
giose dell'India attuale, respingendo la parte formale di ogni sistema
e studiandone soltanto l'essenza. Egii si occupa successivamente dci
Veda, dei Brahmana, delle Upanisad del Vedanta, del Samkhya, del
Vaicestka, del Nvava, del Yoga, del Buddhismo e dell’Induismo;
Dedica un capitolo della sua opera alla condizione delle donne in India,
ced uno al pensiero Indiano moderno, secondo il movimento dcl-
l’Adi Samaj e suoi derivati. Esamina, poi accuratamente i problemi
connessi colle U fanisad e con Gankara, al quale attribuisce grandi
affinità col più moderno pensiero.
N. Jainismo. — Il Charpentier (I 327) in una nuova edizione
dell’Tltaradhyayanastitra, che segue alla traduzione e all'edizione
del Jacobi, arricchisce il testo, ch'egli cerca di restaurare, di
note e di un'introduzione in cui studia e analizza criticamente
i vari elementi, di età e di origini diverse, che compongono
l’opera.
Il Ballini continua (RSO, IV, 1013) l'edizione critica del
Vivagasuya (I 328), della cui prima lettura egli pubblica la prima
versione e l'illustrazione. In questa, fra l’altro, sono riportati dal
I. 326 — FRAZER R. W., Zudian
Thought, Past and Present, Lon-
don, 19015. — Rec.: JRAS, 1916,
167-171 (.\. BERRIEDALE KEITH).
(LM).
I. 327 — CHARPENTIER JARL,
The Uttaradhyavanasutra, being the
first Mulasitra of the Gretambara
Jans. Edited with an introduction,
critical notes, and a commentarv,
pp. 409 (= Archives d’Études
Orientales, vol. XVIII) Uppsala,
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 277-
278 (L.D. BaARNETT); OLZ, 1924
483-485 (SCHUBRING). (LA).
I. 328 — BRALLINI AMBROGIO,
Ekkarasamam Anigam Vivagasuvam
RSO, VII, 1910-18, 215-234.
1IN —
IX. FILOSOFIA - N. JAINISMO.
I. 329-337
B. - tradotti - tutti i passi appartenenti ad altri testi canonici
Jaina, sottintesi nell'XI Arga (I 329).
Sono uscite edizioni di opere canoniche e non canoniche jaini-
che. La « Jaina Atmananda Sabha» pubblica il Kafpasutta di
Bhadrabahu (I 330); lo Schubring, il Mahanisihasutta (I 331)
e il Vavaharasutta e Nisihasutta (I 332), il Jacobi il Sanakkumara-
cariyam (I 333), e la Bhavisatta Kaha (I 334) (ambedue in
Apabhramga); il Desaw la Nayakarnika (I 335), il Belloni-Filippi
un saggio del Munivaicarivam (I 330).
Lo Hertel (I 337) ha iniziato la pubblicazione di una serie
di testi di novelle sanscrite e dialettali jainiche — a cui fa precedere
un'introduzione, con interessanti osservazioni sulla letteratura degli
Cvetambara del Gujerat. In tale introduzione, lo H. segnala in
maniera sintetica, ma esauriente, l'interesse della letteratura jai-
nica. Dopo aver accennato alla multiforme at ività degli scrittori
jainici, che non lasciarono intentato nessun genere letterario, il L.
insiste sulla singolare importanza delle opere jainiche per gli studi
folkloristici, affermando che « during the middle-ages down to our
I. 329 — BALLINI AMBROGIO, 1921, XXXV + 1604 (Munchen,
L'undecimo Ahga dei Jaina chia-
mato la sacra dottrina del frutto delle
opere meritorie e peccaminose. Se-
zione prima, lettura prima, AIV,
LXXXIV?® 1924-25, 645-084.
I. 330 — The Kalpa-Sutra of
BHADRABAHU, with the Commentary
Subodhikà of VINAYAVIJYA GANI.
Fol. 304. Publ. by the Jaina Atma-
nanda Sabha. Bhavnagar, Bombay
printed 1915. — Rec.: JRAS,
1920, 254-255 (L. D. B.).
I. 331 — ScHUBRING W., Das
Mahanisiha-Sutta, AAB phil. hist.
KI. V, 1918, pp. 102 — Rec.:
LZB, 1919, 227-228 (L.).
I. 332 — ScHUBRING W., Vara-
hara, und Nisiha-Sutta. AKM,
XV, 1919, 1, 12 pp. — Rec.: LZB,
1919, 227-228 (L.).
I. 333 — Jacosi H., Sanatku-
maracaritani, ein Abschnitt aus
Haribhadras Neminathacaritam.
Eine Jainalegende in Apabhramga.
ABA, philos. philol. KI. XXXI, >,
LU
Franz).
I. 334 — DHANAVALA, Bhavisatta
Kaha. Eine faina-Legende in A pa-
bhramga-herausgegeben von H. JA-
coBI, AAM philos. philol. u. histor.
INasse XXIX, 1918, 4, pp. VII
+ 94+210.— Rec.: NO, IV, 1918,
43 segg. (von GLasknapp); LZB,
1919, 227-228 (IL).
I. 335 — DEsav MottonLaL D.,
The Naya-Karnika, a Work on
Jatna Logik, pp. 58, Arrah, Central
Jaina Publ. House 1910.
I. 336 — Bettoni-Fiuivpi F.,
Saggio del Munivaicarivam. RSO,
VII, 1916-18, 305-308.
I. 337 — HrrteL ]J., On the
Literature of the Shvetambaras of
Gujarat, (= Forschungsinstitut fir
Indogermanistik, Indische Abtei-
lung N. 1) Leipzig, Markert und
letters 1922. — Rec.: FR, II,
1923, fasc. I, 57-59. (G. Tucci);
RSO, IX, 1921-23, 614-616 (G.
TUCCI).
BALLINI - INDIA. I. 338-343
days the Jains, and specially the Cvetambars of Gujerat, were
the principal story-tellers of India ».
Il Ballini (I 338) continua (v. GSAI, XXVI, 1912, 117-130)
la prima edizione del commento al Pragamaratiprakarana (esposi-
zione sintetica in versi fatta da Umasvati della dottrina jainica)
e la versione del testo, che ripubblica.
Il comp. Tessitori (I 339) ba pubblicato testo e versione dell’/n-
diyapardjayasayayam antologia jainica poetica, il cui contenuto è
diretto a « frenare l’impulso degli organi dei sensi che naturalmente
tendono a raggiungere il godimento dei loro obbietti...., dimo-
strando come l’umanità dalla parvenza di piacere che l'individuo
ne ritrae, sia in assoluta sproporzione coi dolori che gli derivano
dal prolungamento della catena delle esistenze, che è la conse-
guenza immediata dell’indulgenza dei sensi ».
Un'ampia esposizione del Jainismo ha pubblicato Mrs. S. Ste-
venson (I 340).
J. Jaini (I 341) in un libro di piccole proporzioni, ma la cui
materia è tutta di prima fonte, ta una breve ma lucida e com-
piuta esposizione del Jainismo.
Brevemente del Jainismo tratta pure F. Belloni-Filippi (I 342).
Nel primo dei suoi varî libri sul Jainismo, Champat Rai Jain (I
343) vorrebbe conciliare tutte le religioni sotto l’egida del Jainismo per
offrire al mondo una religione da tutti accettabile e per tutti bene-
fattrice. Il libro è scritto con lealtà e sincerità; dimostra vasta e pro-
fonda conoscenza degli scritti occidentali e dei libri sacri di altre re-
I. 338 — BALLINI AmBRrogiIio Ontlines of Jainism edited with
Pracamaratiprakaranam satifham. Preliminary Note by F. W. THo-
Trattato del piacere della tranquil- mas. XNL+ 156. (=Jain Literature
lità dello spirito. Col commento, Society Vol. 1) Cambridge, Uni-
GSAIT, XXIX, 1918-20 (1921) versitv Press 1916. — Rec. :
61-70. MM, 1918, 18-20 (FADDEGON); JA,
a 7, 494-496 (GUÉRINOT); GSAS,
I. 339 - TeEssITORI Luigi Pio, vili n; ali
Indiyaparàjavasayayam (Indriya- BeLLONI-FILIPPI).
parajitagataham), RSO, VII, 19160
-18, 533-504. I. 342 — Bettoni-Fiuipri F.,
I. 340 — STEVENSON MRs. Sin- Iteligioni dell'India: Jainismo e
CLAIR, The heartof Jainism.(= The Buddhismo. Pisa, Spoerri, TO:
religious quest in India, vol. Il),
Oxford, 1915. — Rec.: JRAS.
1916, 842-847 e Ath II, 89-91 (A.
BERRIEDALE KEITH); H], 1916,
002-006 (Cook).
I. 343 — Jain CHaAMpPaT RAI,
The Kev of Kmnoivledge. Second
edition revised. Arrah (India) Cen-
tral Jaina Publishing House 1919.
—- Rec.: JA, 1922, 112 (GUÉRINOT)
I. 341 — JAINI JAGMANDERLAL, (/C).
sui [O
X. JAINISMO. I. 344-346
ligioni ed è redatto con molta cura, tanto da contenere persino le-
gati col testo toglietti bianchi per le note del lettore più attento,
e accuratissimi elenchi delle parole non inglesi che ricorrono nel
testo.
Nella seconda sua opera, Champat Rai Jain (I 344) dà una
esposizione del Jainismo. Egli comincia con lo studio dei metodi
di logica (naya e syadvada) per giungere alla teoria del karman e
delle categorie (fattva) e ad osservazioni generali sulla pratica del
dharma. Porta eccellenti classificazioni, a volte in tavole, che get-
tano viva luce sulla complicata nomenclatura Jainica. La conclu-
sione — non formalmente accettata — vuol dimostrare l'antichità
del Jainismo non solo rispetto al Buddhismo ma anche rispetto
all'Induismo, inteso come religione ufficiale dell'India dopo 1 Veda.
Un terzo scritto di Champat Rai Jain (1 345) che, sebbene
di mole alquanto diversa da quella degli altri, pure ad essi strettamente
si lega per un nesso logico e per l’unità di pensiero, contiene una
serie di passi estratti da diversi autori Jaina, una specie di apologia
per citazioni, confermante il ‘“ Prafical path ,,. L'A. ha creduto di
far bene traducendo prima di tutto un libro molto moderno l’ ‘“Atma-
dharma ,, redatto da Brahmachari Sital Prasadji; ma siccome
ad esso sono uniti, senza sufficienti indicazioni critiche, brani di
osservazioni dell’A., così l’opera, come ben osserva il Guérinot, ne
risulta non solo meno chiara ma anche meno attendibile; mentre
una specie di antologia sul Jainismo sarebbe potuta essere utilissima
e apprezzatissima e nessuno meglio del Champat avrebbe saputo
compierla,
È apparsa l’edizione e traduzione dell’ AdAvatmatattualoka del Mu-
ni Nyayavijava (1 346) composta a edificazione dei correligionari.
L'A. non si perde in aride controversie dottrinali, e — pur non
ammettendo come prima la dottrina jainica, parla dei principî che
questa ha comuni con le altre religioni. Etica, religione, filosofia, sono
materie del trattato. Un'introduzione di Motichand Javachand Mehta
illustra le dottrine jainiche più difficili, e spiega come il Jainismo sia
ateo e quale sia il culto reso ai Tirthamkara. L'Adhvarmatattualoka
I. 344 — Jarno Chamrat Rar, Allahabad, Indian Press, 1920,
The pratical path. Arrah (India) pp. 68 — Rec.: JA, 1922, 112
Central Jaina Publishing House (GufrinoTt). (IC).
1916, pp. 233 — Rec.: JA, 1922,
the Spiritual life by MuNI NvAyA-
I. 345 — JAIN CHAMPAT RAI, VIJAYA frasl. into English by MoTI-
Selections from « Atma-Dharma » CHAND JHAVERCHAND MEHTA. Bha
of Brahmachari Sital Prasadji. vnagar,1920.— Rec : FR, I, 1921-
ss De
BALLINI - INDIA. I. 346-351
è in versi sanscriti elaborati, tradotti dall'A. stesso in Gujarati. Ottima
è la versione inglese con note. L'opera è utile per ben comprendere
il Jainismo (I 346).
Un'ottima guida allo studio della logica jainica, e pure un
compendio di tutto il sistema Cvetàmbara ci è data dal Nyayakw-
sumafijali di Nvayatirtha. L'A. espone le sue teorie in sutra metrici,
mentre la traduzione, il commento, l'introduzione, le note, ecc.
sono stesi da H. R. Kapadia. sommario dell’introduzione: The Jana
literature, Inscriptions, Ethics, Theory of God, Karma philosophy,
Svadvada (I 347).
Il Ballini ‘I 348) dà una nuova edizione, accresciuta e aggior-
nata, del suo studio sul Jainismo (v. AIV, 1913-14, 1635-1604).
Il Barua pubblica uno studio sugli Ajivika (I 349).
S. V. Venkateswara (I 350), esaminate le varie opinioni con-
cernenti la data del Nirvana di Vardhamana, fondatore del moderno
Jainismo, e discussa quella di V. A. Smith che con altri l'’ammette
morto prima di (rautama Buddha, espone varie tradizioni e si attiene
a quella contenuta nell'antica Vasavadattà di Bhasa, per cui Var-
dhamana dovrebbe porsi nel 437 a. C. Così si seguirebbero anche
le prime tradizioni della cronologia Jainica.
La presidenza del Jana Hostell (I 351), ha pubblicato, in
occasione della riapertura della Università di Allahabad un
numero speciale della sua rivista, riccamente adorno di fotogra-
fie che ritraggono i più cospicui personaggi del corpo accademico
e della comunità Jainica. Il fascicolo accoglie brevi monografic,
parte in Hindî e parte in Inglese, sulle antichità di Ujjaini, sul-
l'istruzione primaria in India, sull'educazione del popolo, e illustra
ciascuno dei ritratti pubblicati, con una breve notizia biblio- .
grafica opportuna ed interessante.
fasc. I, p. 70 (BkLLoni-FiLIPPI); nismo. FR, I
RSO, IX, 1922-23, 217-218, (BEL- 10-45.
LONI-FILIPPI). (MA).
, 1922, fasc. 3-4,
I. 349 — Journal of the Depart-
I. 347 — Nvava-Kusumarjalt ment of Letters of the University of
by NvAYATIRTHa, Nyaya-vica- Calcutta, Vol. I-III, 1920. —
rada Muni Nyavavijaya — Iith Rec.: JRAS, 1923, 624-25 (J. At-
introd. in English, transli. and LAN). (LM).
notes in English and Guja-
rati bv HirALAL RasikDAS KA- I. 350 — VENKATESWARA S. V.,
PADIA. Bombay, 1922. — No- Miscellaneous communications.
tizia: FR, II, 1923, fasc. 1,58. JRAS, 1917, 122-130.
al RSO, N, 1023-25 138 (G. I. 351 — The Jaina Hostel!
UCCI). Magazin, University Convocation
I. 348 — Battini A., JSait- Number - November 1923. — Noti-
“da
X. TJAINISMO - XI. BUDDHISMO.
I. 351-370
Di argomenti varî jainici trattano il Charpentier (I 352), il
Bloomfield (I 353), W. Bohn (I 354), R. Ayyangar (I 355), H. Haas
(I 356), R. Shama Shastri (I 357), il Leumann (I 358), il v. Gla-
senapp (I 359), la Stevenson (I 360-363), ancora il Charpentier
(I 364-365), Ch. Rai.Jain (I 300), O. Pertold (I 367).
XI. Buddhismo. — 1. EDIZIONI, TRADUZIONI, CRITICA
DI TESTI. — l vol. VIII-XII del lascito Simon Hewavitarane artic-
chiscono il patrimonio culturale degli studiosi del Buddhismo del V1-
suddhi-Magga, dei commentari di Bhadantacariya al Nettippakarana,
al Buddhavamsa e al Mahaniddesa,e della Paramatthajotikà (1368-370),
zia: RSO, X, 1923-25, 710-t1 (F°.
BELLONI-FILIPPI).
I. 352 — CHARPENTIER ]J., Die
Legende des heiligen Parcva, des
23 tirthakara der Jainas, ZDMG,
1915, 321-359.
I. 353 — BLroomrieLpb M., The
Life and Stories of the Jaina Sa-
viour Pargvuanatha. XII, 254, Bal-
timore, Johns HopkFins Press 1919.
— Rec.: A]JPh, 41, 1920, 188-190;
JRAS, 1920, 252 (V. S.).
I. 354 — BoHN W., Die Religion
of Jina und ihr Verhaltnis zum
Buddhismus (Untersuchungen 7.
Gesch. d. Buddhismus 3). pp. 30.
Minchen-Neubiberg, Schloss 1921.
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swAMmIr and SESHAGIRI Rao, Stu-
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Publ. 1. Madras 10922.
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Texte der Jainas, ZMR, 10921,
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rary Rings. QJMS, Jan. 1923.
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und Mahacira, ZB, 4, 1923, 1-22;
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Die Lehre von Karman in der
Philosophie der Jainas, 1915, 115,
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tambaras. ERE, 1921,
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Purification. ERE, 1918, 493-405.
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Praver. ERE, 1918, 187-184.
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Inimortality and Jov, pp. 12,
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I. 367 —< Piriono O., The
Place and Importance of the Jarnism
in the comparative Sciences of fe-
ligions. Bombay, Nirnava-Sagara
Press, s. d.
I. 368-370 — Simon Hewavita-
rane Bequest, Vol. VIII: BHADAN-
TACARIYA BuppHagGHOsa THERA'S
Visuddhi Magga. Edited By P.
BUDDHADATTA THERA.
Vol. IN: BHADANTACARIYA
DHAMMAPALA MAHATTHÉRA'SCom-
mentarv tothe Nettibpaharana. Edi -
ted bv \V. Pivatissa THÉRA.
=
BALLINI - INDIA.
I. 370-375
Il secondo volume del Niddesa (edito dal De La Vallée Poussin
e dal Thomas) (I 371) consiste nel commento dell’Atthakavagga;
il volume secondo della Paramatthajotika (edita da H. Smith) com-
prende il Mahavagga, l’Atthakavagga ed il Parayanavagga; i commenti
cioè più antichi e più recenti del Suttanipata.
. Lo Stede pubblica l’ultimo volume del Niddesa (I 372)
(Cullaniddesa). Essendo il Niddesa un aggregato di brani sconnessi,
lo Stede lo ha edito a brani, esponendo le parole coi loro sinonimi
in ordine di lessico. Dopo ogni gathà è posto un elenco delle parole.
L’Explanatory Matter, in cui le parole sono disposte in ordine alfa-
betico, dà il relativo commento. |
È uscito l’intero testo del poema Padvacidamani, attribuito,
senza troppo fondamento, a Buddhaghosa, il quale in dieci sarga
narra la storia leggendaria del Buddha, in modo simile al Buddha-
carita di Agvaghosa (I 373).
Sono aprarse edizioni di varî testi buddhistici (I 374-382).
Vol. X: BHADANTACARIvA Upa- 1917. Sutta Nipata Commentary,
sENA THÉRA'S Saddhammapajjoti -
ka, ov the commentary to the Mahd-
Niddesa. Edited by B. ACARIVA
Siri RÉvaTtaA THÉRA, Colombo,
1920-I. — Rec.: 1923, 278-279
(ED. BARNETT).
Vol. NI: AxUBUDDHA BUDDHA-
GHosa THERA'S Paramatthajotikda,
or the commentarv to the Khudda-
kapatha.... Edited bv..... WELI-
PITIYE DÉwANANDA THÉRA... re-
vised bv.... MAHAGODA SIRI NA-
NISSARA THERA, I + VI + 170,
I tav., Colombo 1922.
Vol XII: BHADANTACHARIYVA
BUDDHADATTA MaHa THERA'S,.\/a-
dhuratthavilasini, ov the commen-
tarv to the Buddhawansa of the
Khuddaha Nikkva, Edited bv...,
YAGIRALA PANNANANDA THÉRA
revised bv MAHacoDA Siri NA-
NissaRA THERA, VIII + 268,
I tav., Colombo, 1922. — Rec.:
JRAS, 10923. pag. 1434-35 (L.D.
BARNETTI). (10).
I. 371 — Niddesa. Mahà Nid-
desa, Vol. II, Ed. bv L. DE LA
VaLLér Poussin and E. Y. TuÙo-
Mas (Pali Text Soc.). London
II being Paramatthaiotikà II, Ed.
by HELMER SMITH. (Pali Text Soc.)
London, 1917. — Rec.: JRAS,
1918, 572-578 (M. H. B.. (MA).
I. 372 — Niddesa II: Cullanid-
desa. Ed. by W. StepbE Pau. D,,
(Pali Text Soc.) London, Humph-
rey Milford . 1918. Rec.:
JRAS, 1918, 598-599 (E. 1.
THOMAS). (MA).
I- 373 — The Padyacitdamani
of BUDDHAGHOSACARYA. Edited bv
(the late) M. RANGA ACHARYA,
M. A., Rao Bahadur, and S. Kup-
PUSWAMI SASTRI, Commnientary bv
K. VENKATESVARA SASTRI and 1).
S. SATAKOPA ACHARYA, 5 + 2 + 6
+ 11 — 276 + XIII. Madras,
Government Press, 1921. — Rec.:
JRAS, 1923, 431-432 (L.D. BaR-
NETT). (LUMI).
I. 374 — Sutta Nipata Commen-
tary, Ed. by HELMER n. 371,
SMITH, 2 voll., London, 1910-17.
I. 375 — Davips RHys, 7ika-
patthana of the Abhidhanima Pi-
taka. London, (Pali Text Society),
1921-1923.
XI. BUDDHISMO. I. 376-384
-2 _-.—- — _————r_—_—_—_—___ vm
Il testo canonico Kathavatthu rappresenta l'ortodossia bud-
dhista in uno stadio più avanzato che il Suttafitaka. Solo questo
dei testi canonici pali ha data ed autore tradizionali. È attribuito
a Moggaliputta Tissa, fa parte dei lavori del Concilio di Patna, porta
la data 246 a. C., sotto il regno di Acoka. In tal tempo la potenza
della scuola buddhista conosciuta col nome di Theravadin era già
formata. Scopo del Kathavatthu era di conservare la purezza miziale
delle tesi di certe scuole. È un manuale di controversia per gl’inse-
gnanti buddhisti. I traduttori, S. Z. Aung e la Signora Rhys
Davids hanno condensato questo catechismo facendo il possibile
per renderlo chiaro con commenti e richiami, con opportuni
sommari, indici e note supplementari (I 383).
La stessa pubblica la prima parte della versione del Samyutta-
nikaya. Il testo, che richiede grandi conoscenze di grammatica
e di commenti, è, com’è noto, una raccolta di storie immaginose e
popolari di dèi e di titani, frammista a proverbi e contenente inolto
del Diamma in una delle sue forme più antiche (I 384).
I. 376-377 — Buddhadatta's Ma- I. 381 — Tucci G., Saptaca-
nuals, or Summaries of Abhidham- tikaprajniàparamità. MALO cl. di
ma, Abhidhammavatara and Riu- Sc. mor. Serie 58, vol. 17, 1923.
parispavibhaga. Edited bv A. P. 115-139.
BuDDHADATTA. (Pali Text Societv),
London, 1915. I. 382 — Poussin L. DE LA
i VALLÉE, V'asubandhuet Yasomitra.
I. 378 — Paramattha Dipani Tyoisième chapitre de lAbhidhar-
or the Commentary of the Petha- makoca, Karika, Bhashva et Vva-
vattu. Edit. by S. DHAMMARAMA _ Alva. XIX + 369, London, Kegan
Tissa NAYAKA. The Tripitaka Pu- Paul, Trench, Trilbner and Co.
blication Press, Saraswati Hall, 1914-18.
Pettah Colombo (Cevlon), 1917. Iii — Zune Saw Zae
= Rec, Jo, 920, «2503258 and Mrs. RHys Davips, Potnts
(M. H. B).
of controversy or subjects of
I. 379 — Davipbs RHvys, Zhe Discourse, being a translation of
Visuddhi-Magga of Buddhaghosa. the Katha-Vatthu from the Abhi-
2 Voll. London (Pali Text So- dhamma Pitaha. (Pali Text So-
Cietv), 1920, 1921. cietv). London, 1915. — Rec.:
I. 380 — Ze Expositor Attha- a 1917, 403-406 (M. H. B.).
salini, Buddhaghosa's Commentary
on the Dhanimasangani. The First I. 384 — The Book of the Kin-
Book of the Abhidhammapitaha. dred Savings (Samyutta-Nikava) or
Vol. I-II. Translated by Mauxu grouped Suttas. Part I. translated
Tin, edited and vevised by Mrs. by Mrs. RHvys Davins assisted bv
RHvs Davips (Pali Text So-. SurivaGona SUMANGALA THERA.
cCiety). Oxford, University Press, (Pali Text Soc. Trans. Series No.
1920-1921. — Rec.: JRAS, 1922, 7), London, Publ. Pali Text Soc.
127-132 (M. H. B.). by Oxford Un. Press 1918. —
— 1259 —
BALLINI - INDIA.
I. 384-391
Mrs. Rhys Davids (I 385) ci da una traduzione del A-
danavagga, opera composta di dieci gruppi di sutfa, che trattano
successivamente varî argomenti, fra cui la causa (nidana), la com-
prensione (ablisamava), l'elemento (dhatu) e l'impossibilità di deter-
minare l’inizio del ciclo delle nascite. Il libro contiene anche, in al-
cuni dei suoi capitoli, aneddoti che illuminano la personalità tradi-
zionale di alcuni grandi discepoli.
C. Cagnola (I 386) traduce, a fine di volgarizzazione, dalla ver-
sione del Rhys Davids, con riferimento alla versione parziale dello
Schrader e alla completa tedesca di Nvanatiloka, il Milindaparha.
È uscito un nuovo volume della versione del Jataka del Dutoit
(I 387-388).
Il Burlingame pubblica alcune ‘ Parabole ,, (I 389) (titolo non
esattissimo perchè oltre alle parabole vere e proprie troviamo in
questa opera leggende, racconti e favole), dal Vinaya, dal Jataka, e
dalle 7herigatha, dal Dhammapada, dal Stutralamkara, ecc.
Il Francis ed il Thomas (I 390) pubblicano una scelta di favole
prese tra i molti gataka, ridotti alla forma più semplice. Il volume
é ricco di molte note e di accurati paralleli.
Una raccolta di quasi « tutte le tradizionali » storie del passato,
contenute nel commento all’Antologia canonica buddhistica Peta-
vatthu, attribuita a Dhammapala, ha pubblicato B. C. Law (I. 391).
l'opera si connette in qualche modo all'articolo di N. Chakravarty
‘‘ Spirit belief in the Jataka Stories,, (JPASB, X, 7).
Rec.: JRAS, 1918, 590-597 (F. J.
THomas). (1/4).
I. 385 — The Book of the Kin-
dred Savines (Samvutta-Nikava)
or grouped Suttas. Part II: The Ni-
dana Book (Nidanavagga) trans-
lated by Mis. RHvs Davips assi-
sted by F. H. Woopwarp. pp.
NVI + 205 (Pali Text Society:
Translation Series, N. 10), 1922.
— Rec.: JRAS, 1923, 279-280
(LD. BaRNETT). (LM).
I. 386 — Dialoghi del re Mai-
linda. Versione dall'Inglese di G.
CacxoLa, Milano, Casa Editrice
Isis, 1913. — Rec.: JRAS, 10925,
130-132 (C. A. F. Ruyvs Davips).
I. 387-388 — Jatakam, Aus deni
Pali ubers. von J. DutorT. Bd 7,
IV + 298, Leipzig, Theosophisches
Verlagshaus 1921.
I. 389 — BurtLinxcame Ev-
GENE WATSON, Buddhist Parables.
Translated from the oviginal Pali,
XXIN + 348, 1 tavola. New
Haven 1922. — Rec.: JRAS, 1923,
434:35. (LD. RARNETT). (LM).
Ediz. italiana: Bari, Laterza 1925.
I. 390 — Jataka Tales selected
and edited with Introduction and
Notes bv H. T. Francis and E.
]. THomas, Cambridge 1916. —
Rec. JRAS 1917, 616-017. (M. G.).
I. 391 — Bimata C. Law, The
Buddhist Conceptron of Spirits. Cal-
‘ cutta Oriental Series No. II B 4.
With a forew'ord of KRISHNASWAMI
AIYANGAR. pp. 99, Calcutta and
5MPG&
NI. BUDDHISMO.
I. 391-400
E. Bartoli traduce il Jataka 189, facendo precedere ad esso una
nota nella quale adduce le ragioni per cui crede che la paternità
del tema favolistico dell'asino coperto dalla pelle del leone sia assi-
curata all'India. A questa nota seguono alcune osservazioni del
Ribezzo (I 392) i
Il Burlingame (I 393) raccoglie e traduce le leggende buddhiste
che ci mostrano la parte morale del Buddismo, l'essenza e la forza
della religione. Nella prefazione riassume la leggenda del Buddha,
la sua dottrina.
Altre versioni sono apparse del Dhammapada (I 394-399).
Il Tucci (I 400) si propone di dare traduzioni intere o parziali
dei testi più interessanti del Buddhismo settentrionale, scritti ori-
ginalmente in sanscrito, ma rintracciabili solo nelle traduzioni cinesi
o tibetane. Comincia con la traduzione dello Catagastra, nel quale
si svolgono polemicamente le teorie della scuola Madhivamika. Segui-
ranno le analisi del Jrianaprasthana, della Mahavibhasa, ecc. Lo Ca-
tacastra è attribuito a Bodhisattvadeva, compositore dei sufra, e al
commentatore Vasubandhu (IV sec. d. C.). La scuola Madivamika
Simla.— Rec.: JRAS, 1925, 130.
(C. A. RHvs DAVIDS),
mapada; 2 Sulttanipata; 3. Iti-
vuttaka. Traduzione e introduzione
_ 112, Lanciano, Carabba 1919.
I. 392 — Bartoli E., 7/ stî-
hacamma Jataka (184) (Contri-
buto al folklore indoeuropeo). RIGI,
II, fasc. SIT e IV, 129-134. (LR).
I. 396 — NEUMANN K. E, Der
Wahrheitspfad. Dhammapadam, 2
Auft., NI + 156, Miinchen, Piper
i
I. 393 — BURLINGHAME E. W,, avi
Buddhist Legends. Translated from I. 397 — MucH H., Dhamma-
the Original Pali Text of the fpada, r01, Hamburg, Saal. —
Dhammapada Commentary. Part. Rec.: ThLZ, 1920, 97 (FRANKE).
I. Introduction; Syvnopses: Tran- ;
slatton of Books ‘- Part II. L:: #98 a TRASRE E 0,
Transl. of Books 3-12 Part II: Dhamma-W'orte. Dhianmapada des
sudbudhistischen Kanons, pp. 121,
T lati Book -20: pp. 328 S >
ranstation of Books 13-26: pp. 32 (Trad. ted.), Jena, Diederichs 1923.
+ 306 + 391, Cambridge (Mass.)
Harvard University Press 1922. I. 399 — Tlie Dhammapada, A
— Rec.: JRAS 1023, 434-35 (LD.
BARNETT). (ZLM).
I. 394 — Dhammapada, Aus
dem Pali tihersetet und mit An-
merkungen und Evylauterungen ver-
sechen (Suttapitaka 1). pp. 134,
Berlin Zehlendorf, Neubuddhisti-
scher Verlag 1919.
I. 395 — PavoLini P. E., Testi
di morale buddistica;: 1 Dham-
collection of verses being one of the
canonical books of the Buddhists.
Translated from pali bv Y. Max
MUELLER 2% ed. Oxford, University
Press 1024, pp. NV+99 (= The
Sacred Books of the Fast X, t).
I. 400 — Tucci G., Studi di
filosofa Buddhistica. Lo Catacastra.
FR, 1 1922, fasc. 3-4, 40-00;
Il, 1023, fasc. I, 32-43.
]
BALLINI - INDIA. I. 401-404
(fondata da Nagarjuna, secondo la tradizione) sostituisce la fraj#d,
come mezzo di liberazione, alla pratica, e con essa ci prepara all’intui
. zione della fondamentale canyatà (vuoto), che è il supposto d’ogni
fenomeno. Si ritorna alla g@nvatà, sopprimendo il pensiero creatore
‘del suo contenuto e quindi del mondo, che non è altro che un mi-
‘raggio vano. Lo (atagastra è molto diffuso nell’Estremo Oriente:
in unione al Madhyamakagastra e al Dvadagaparyavyagastra, forma
«tre gastra » che originarono anche la setta dello stesso nome.
Il Tucci traduce, poi, il cap. I che porta il titolo «Sulla ri-
nuncia della colpa e del merito »; e il 2° che tratta della teoria del-
l’Atman.
Il Bar. A. v. Stael-Holstein (I 401) pubblica nella Bibliotheca
budahica una restituzione del testo sanscrito, fondata su una tras-
crizione in caratteri cinesi, della Gandistotragatha di Acgvaghosa,
inno in lode della gandî, istrumento costituito «di una lunga ta-
voletta di legno su cui si batteva con un mazzuolo pure di legno»,
il quale «disimpegnava lo stesso ufficio della campana».
B. Barua e S. Mitra (I 402) si propongono «di studiare le
progressive redazioni del Dhammapada nelle varie letterature del-
l'India, cercando di precisare di ciascuna l'occasione e l’età e di
completare il commento e migliorare l’editio princeps del ms.
Dutreil du Rhin, curata dal Senart nel 1877».
Elsa Liiders (I 403) traduce alcune novelle che hanno sempre
per protagonista il Buddha. Le novelle, illustrate da note e da
figure e precedute da una introduzione di H. Liiders, appartengono
alla poesia popolare; non furono in origine jataka, ma fanno parte
«di quel patrimonio comune del popolo indiano, dal quale attin-
sero Jaina e Buddhisti e Brahmani e precorre la poesia epica,
risalendo circa al VI sec. a. C.»
S. Yamabe e L. Adams Beck (I 404) hanno tradotto nella
I. 401 — SraEL-HotstEIN Baron
A. v., Kien-Ch'ui-Fan-Tsan (Gan-
distotragatha) sochranivsijsja v Ki-
taiskoj Transkripcii sanskritskij
gimn Asvaghos'i. — Rec. GSAS,
NXVIII, 1916-17, 202-206 (G.
TUCCI).
I. 402 — BARUA BENIMADHAT
and MitRA SAILENDRANATH, Pra-
krit Dhammapada based upon AM.
Senart's Kharostr manuscript with
text, translation ad notes. Calcutta,
(publ. bv the Univ. of Calcutta)
1921, pp. LV — 238 {- 10. — Rec.
RSO, X, 1923-1925, 72-725 (G.
TUCCI).
I. 403 — Luebers ELSE, Bud-
dhistische Marchen. Mit einer Ein-
leitung von HrEinrICH LUEDERS.
Jena, 1921 — Rec. RSO, X, 1923
-25, 370-371 (F. BeLLoxI-FILIPPI).
I. 404 — Buddhist Psalms trans-
tated from the japanese of Shini-
ran Shonin, bv S. YAMABE and L.
ADpaMs _ Beck. London, Murray
cs
xt. RUDPHISMO. I. 405-413
collana « Wisdom of the East» i canti religiosi di Shiniran Shonin
(XII-XIII sec.), fondatore della setta Jodo-Shin che professa la
dottrina della grazia. Il Tucci, recensendo, loda la traduzione, ma
desidererebbe una più accurata ortografia dei nomi sanscriti.
Il Bendall (I 405), dopo aver compiuta la pubblicazione del
testo sanscrito del C(1ksasamuccava, ne aveva iniziato la traduzione,
ma la morte interruppe l'opera; questa è continuata e condotta a
termine dal Rouse, coll’aiuto del De la Vallée Poussin.
Il De Lorenzo (I 406) pubblica la traduzione italiana dal III
vol. della versione del Dighanikayo del Neumann, il XXXI Sutta
che contiene, a suo dire, «i principi fondamentali della morale
laica cristiana». Nell'Introduzione egli parla dell’opera del Neu-
mann; nella Conclusione si diffonde a esporre i concetti che egli
considera paralleli in Occidente alla dottrina del Buddha (Lucrezio,
Giordano Bruno), della quale esalta l’insuperata grandezza.
Traduzioni di molti altri testi buddhistici canonici e non ca-
nonici sono state pubblicate (I 407-434).
1921. — Rec. FR, I, 10922, fasc.
3-4, pag. 77 (G. Tucct). (MA).
I. 405 — BENDALL Cecil and
RousE W. H., Ciksha-Samuccava,
acompendium of Buddhist doctrine.
Compiled by GCANTIDEVA, trans-
lated jrom the Sanskrit (= Indian
Texts Series), pp. 1 + 1 + 328,
London, 1922. — Rec.: JRAS,
1923, 279-277 (LD. BARNETT).
(LAM).
I. 496 — DE LoRENZO GIUSEPPE
Morale buddhista, Bologna, Zani-
chelli 1920, pp. 60.
I. 407 — TRIPITAKA, Der bud-
dhistisch Pali-Kanon, Aus dem
l'rtext isberset:ztunderldutert.Vol.1:
Majjhima Nikaya. Die Sammlung
der mitteleren Stiiche ibersetzi von
K. SEIDENSTUECKER. Leipzig 1915.
I. 408 — GIRIMANANDA (pseundo-
nimo di K. SEIDENSTUECKER),
Buddhistische Predigten, I 4- 24,
Augsburg, Sphinx-Verlag 1923.
IT. 499 — Neumann K. E,
Die Lieder der Mònche und Non-
nen Gotamo Buddhas, 2. Aut,
XXVII + 634. Munchen, Piper
und C. 1923.
I. 410 — NYANATILOKA, La pa-
rola del Buddha (Buddhavacanam)
Saggio del sistema filosofico-morale
del Buddho dedicato ai ricercatori
della suprema verità. Riduzione dal
Pali per opera del bicci Nyanati-
loca. Versione del Prof. G. D.
Penne con una prefazione e note
esplicative. Presso la casa editrice
« Atanor » 1919.
I. 411 — NvaANAaTILOKA, Die
Fragen des Milindo. Aus dem
Pali zum ersten Male vollstandig
tns Deutsche tibersetzt, I, XVI,
340, Leipzig, Altmann, 1920. —
Rec.: LZRI., 1921, 336 (FRANKE).
I. 412 — Finot L., Les questions
de Muilinda. Milindapasiha. Traduit
du pali, pp. 160, Paris, Bossard,
1923. — Rec.: TP, 22, 1923,
208-209 (PELLIOT).
I. 413 — Davins T. W. RHys,
and C. A. F. Ruys Davins,
Dialogues of the Buddha. Tyans-
lated from the Pali of the Digha
Ria
Aevum - Anno I - 9
BALLINI - INDIA.
me - — ———— _ __rr—r_ 1 e—_<_---_ -—--_ rt
Acvaghosa e del Bodhicarvavetara di Cantideva (I 436).
N:kàya, Vol. III, London, Milford
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Books of the Buddhists. Vol. IV,
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lange Summlung der Lehrreden.
Aus dem Pali tibersetzt, 295. Berlin,
Zehlendort, Neubuddh. Verlag
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Reden des Palikanon in Auswahl
ins Deutsche iibertragen. Berlin,
Brandus 1919.
I. 418 — SFIDENSTUECKER K.,
Udana. Das Buch dey feierlichen
Worte des Erhabenen. In erstma-
liger deutscher Uebersetzung aus
dem Urtext, NXIV + 132. Augs-
burg, Lampart 1921.
I. 419 Aus den Reden Go-
tramo Buddhos. Uebertr. von K. E.
NEUMANN (UB, 06245). Leipzig,
Reclam, 1021.
I. 420 — DAHLKE P,,
aus den Pali-Kanon,
Berlin, Brandus 1922.
-dusuwahl
203 € pp.,
I. 421-422 — NvYvANATILOKA, ie
Iteden des Buddha aus dem Aù-
guttara Nikava. 3 voll. VIII + 254;
XNXIV — 292; NI + 3530. Min-
chen-Neubiberg, Schloss 1923.
I. 423 — GEIGERW., Samvutta-
Nikayva. Zum 1 Male ins Deutsche
Ubertragen. 1.B, 10922, 56-72; 167-
189; 304-320.
I. 424 — MucH H, Das hohe
Lied der Wahrheit des Buddha
Gautama. 101, Lauenburg, 1921.
I. 425 — SauxpERrS_K. ]J.,
The heart of Buddhisni: being an
Anthology of buddhist verses, Lon-
don 1916,
I. 426 — NEUMAXN K. E,
Zwei Reden Buddho's. Uebertrag-
ung von K. E. NEUMANN (= Insel-
Biicherei, N. 310) pp. 54, Leipzig
Insel-Verlag, s. a. (1920).
I. 427 — Nkumann K. E.,,
Die Reden Gotamo Buddhos aus der
langeren Sanimlung Dighanikayo
Minchen, Piper 1918.
I. 428 — De Lorenzo GiU-
SEPPE, I Discorsi di Gotamo Bud-
dho del Majjhimanikayo Vol. I
38 ed. Bari, Laterza, 1921, pp.
XVI# 512; Vol. H ib. 1925, pp.
XXVII + 547.
I. 429 — NEUMANN K. ÈE,,
Die Reden Gotamo Buddhos. Aus
der mittleren Samnunlune Majihi-
mantkavo des Pali-Kanons zuni
ersten Male tibersetit. 20 Auf.
3 Bde, XXXIII+0671; XIII+ 744;
X1I+ 630, Miinchen, Piper 1921.
I. 430 — BHiksHU SUBHADRA,
Catechismo Buddhistico per avria-
mento nelle dottrine di Gotamo Bud-
dho. Tradotto da Giuseppe DE Lo-
RENZO, 25ed. Napoli, Ricciardi 1922.
I. 431 — Carus P.,, Das Fvan-
geliuma des Buddha, 2 deutsche
Auf. von K. SEIDENSTUECKER,
XXVI + 335, Chicago, The Open
Court Publ. Co., 1921.
I. 432 — OLDENBERG HERMANN,
Iteden des Buddha, Munchen, 1922.
I. 433 — SEIDENSTUECKER K,,
Buddhistische Evangelien, 4 und
5 vermehrte Auflage, NII - 153,
London, Altmann 1923.
I. 434 — Das Buch Pubbeni-
vasa. Tier buddhistische W'iedes-
ceburtsgeschichten, 295. Zehlendorf
West, Neu-Buddhist. Verlag 1921.
I. 435 — ASVAGHOSA, Buddha*s
Leben. Zum ersten Mal ins Deutsche
«2 190
____I. 435-443
XI. BUDDHISMO.
Il Finot pure traduce il Bodhicaryavatara di Cantideva (I 437).
Il Tucci, recensendo il lavoro del F., (il cui titolo è bon tradotto
con La marche à la lumière), riassume i concetti generali del Bud-
dhismo mahavana che sono i medesimi esposti dall'A. indiano del
Bodhicaryavatara. Le idee su cui più insiste Cantideva sono luoghi
comuni del Mahayana e il Tucci ne dà varî esempi (la Karuna del
Bodhisattva, il voto di assumere e scontare i peccati altrui, la de-
scrizione del multiforme dolore dell’esistenza, ecc. Non si tratta
di un’opera originale — come vorrebbe il Barth (Oewvres t. II,
pag. 172) — per quanto sia essa importante come espressione ar-
tistica del Buddhismo mahavyanico. Di questo essa rappresenta la poc-
sia severa, efficace, entusiasta del più fervido misticismo. Il Tucci dà
poi in forma succinta, il contenuto dell’opera eloda la versione del F.,
che ha superato vere difficoltà, date specialmente da improvvisi
ed oscuri salti da un'idea ad un’altra.
Altre versioni sono apparse di testi buddhistici non indiani
(I 433-444).
fibertragen von RicHARD SCHMIDT, I. 440 — WeLLER FR. Der
126 pp., Hagen, Folkwang-Verlag clinesische Dharmasamgraha. Mat
1923. einem Anhang éber das Lan-
i Rhanasuttanta des Dighanikaya,
I. 436 — GCANTIDEVA, Der pp. 198. T.cipzig, Haessel 1923.
Fintyitt in den Wanadel der Evleucht-
ung. Ein buddhistiches Lehrge- I. 440a — Bacor ]J., Trois my-
dicht des VII Jahrunderts b. Chv., stères tibétains Tchrimekundan.
libersetzt von RicHARD ScHMIDT, Djroazanmo-Nansal. Paris, Bos-
XVI + 144, Paderborn, Schòning sard 1921. — V. I 1784.
1923.
I. 441 — VipbvABHUSANA S. C.,
I. 437 — La Marche d la Lu- So-sor-thar-pa; or Code of Bud-.
miére — Bodhicarvavatàra — Poème
sanscrit de Cantideva traduit avec
introd. par Lovis FinoT (= Les
Classiques de l’Orient). Paris,
Bossard, 1920, pp. 167. — Rec:.
FR, I, 1922 (Tucci G.); JA, 1922,
Its, fasc. 45-54 (E. FERRAUD).
(MA). (IC).
I. 438 — CHAVANNES, Contes et
léicendes du Bouddhisme chinois,
Paris 1921
I. 439 — SCHAEFFEN PH., Yuktr-
sastifa. Die 60 Scdtze des Negati-
vismus. Nach der chinesischen Ver-
sion iibersetzt, pp. 22, Leipzig,
Harrassowitz 1923.
dhist monastic Laws. ]}PASB, vol.
IN, N. 3-4, 5-0.
I. 442 — BupDpHacHosa, lT-
suddhimagga, The path of purity.
Pt. I. = Vistue (ov Morals),
VII + 95. Translated by MaunG
Tin. (Pali Text Soc., Translation
Ser. No. XI), London 1923.
I. 443 — WaLLESER M., Pra-
piaparamità. Die Vollkommenheit
dev Erkenntnis. Nach ind. tibet.
und chines. Quellen. QRG, 06,
1914, VII, 164, Gottingen, Van-
denhoecE und Ruprecht. — Rec:
OZ, 1915, 207-210 (0. FRANKE);
LZBI, 1916, 354 (HERR).
— BI —
BALLINI - INDIA. I. 444-455
n
Dell’episodio che narra come il Buddha ascoltando un giorno
un monaco che gli leggeva alcuni testi destinati a diventar canoni della
chiesa, si hanno in pali due redazioni (Vinaya, Mahavagga, V, 13 —
Udana, V, 6); una in sanscrito (Divyavadana 1), altre in cinese come
quella del Vinaya dei Sarvastivadin. Il Lévi (I 445) ne compara le re-
dazioni per vedere se risalgano ad un solo originale e se questo consacra
l’antichità d'una sezione del Tripitaka. Conclude che queste presen-
tano un rimarchevole accordo per stabilire l’antichità e l’autenticità
dell Arthavarga. L'A. dopo aver discusso sull’autenticità — meno pro-
vata — degli altri testi recitati dal monaco ,passa ad esaminare lar-
gamente le varie forme di recitazione della vecchia chiesa buddhista.
Pare che in questa, per l’influenza della recitazione vedica, si usasse
una specie di melopea con accenti prolungati. Secondo questi dati, lA.
conclude che i primi saggi di letteratura canonica coincidono con l’e-
poca degli ultimi testi accentati del canone vedico, come i Brahmana,
gli Aranyaka dei Taittiriva ed il Catapathabraàhmana.
Mrs. Rhys Davids (I 446) dimostra la maggiore antichità del
Nettipakarana (opera buddhistica extra- canonica) in confronto del
Patthana o Mahapakarana (7° e 8° libro dell’Abhadhamma Pitaka).
Varî studi critici e storici su testi buddhistici canonici e non
canonici sono stati pubblicati (I 447-464).
I. 444 — \VALLESER M., Apari-
mitayur-jriana - nama - mahavana -
genden aus dem Leben des Buddha,
Z. Buddh, 1914, 38-40.
stitram. Nach einer mnepalesischen
Sanskrit-Handschrift mit der tibe-
tischen und chinesischen version
herausgegeben und tbersetzi. SAH,
philos.-histor. Kl., 12, 1910, 42,
Heidelberg, Winter 1916.
I. 445 — LÉvi SvLvaIn, Sur la
récitation primitive des textes boud-
dhiques. JÀ, 1915, 401-447. (MA).
I. 446 — Davips C.A. RHKHysS,
The Nettipahkarana an earlier Book
than the Patthana (Maha-Paka-
rana). JRAS, 1925, III-112.
I. 447 — FRANKE R.O.,, Die
Zusammenhange der Nachbarsuttas .
von Suttampata, I, IW, 1914.
I. 448 — HoERNLE R. A. F,,
The Sanskrit Version of the Sutta
Nipata. JRAS, 1917, 134.
I. 449 — IlyLanpDeER E., Le-
I. 450 — Davins T. W. RHys,
Sources of the Pali Commentaries.
JRAS, 1919, 231-232.
I.451 — Tucci G., La redazione
poetica del Karandavyuha. AAST,
58, 1923, 605-630.
I. 452 — PAVOLINI P. E,
Le leggende buddhistiche nel com-
mento al Dhammapada. Bil., 1923,
I, 1-7.
I. 453 — OLpbENBERG. H,
Jatakastudien. GGN, philos-hist.,
KI. 429-408.
I. 454 — Durtorrt ]., Jataka-
Zitate in den Jataka-Teaten. FK,
I9IO, 345-352.
I. 455 — IRIES C., Jataka-
Studien, 3 Heft. M. Bibl. VIII,
3, 1910. 43, Leipzig, Hinrichs, 1910.
ac
XI. BUDDHISMO.
— -—-——r—_— ———————__—_—_———6@
I. 456-470
Sul Buddhacarita e sul Saundaranandakavya di Agvaghosa
scrive lo Hultzsch (I 465-406).
Il Tucci (I 467), dopo una breve biografia di Agvaghosa, rias-
sume il Saundaranandakavya, riportando anche varî tratti del
testo. Questo poema fu conosciuto dapprima nel I9t0, nell'edizione
di Haraprasada Shastri. È un'esposizione dottrinale e fredda, con
lunghi squarci imitati dai testi canonici. È un catechismo in poesia:
il nucleo non è la conversione di Nanda, ma l’insegnamento che
Ananda e il Buddha gli offrono.
Lo stato poco soddisfacente del testo del Saundaranandakavya
dà motivo al Gavronski (I 468) di immaginare emendamenti e di fare
su di esso congetture varie. :
Sono uscite dissertazioni sul Lalitavistara (I 469), sul Maha-
vastu (I 470), sul Saddharmapundarika (I 471), su Aryadeva (1472).
I. 456 — ATTENHOFER A. I. 464 — CAPPELLER C., Agva-
Parallelen zum Ksantivadijataka.
FK. 1910, 353-350.
I. 457 — Ueber den Pali-Kanon.
Zur Einfiihrung in die buddhisti-
schen Uyschriften pp. 42, Berlin-
Wilmersdorf, Neubuddhist. Verlag
1919.
I. 458 — BLoomreireLD M., Notes
on the Divyavadana. JAOS, 1920.
I. 459 — Tucci G.,
appunti sul Divyavadana.
1U21-2, 2, 449-473.
I. 460 — Ebpmuxps A. ]J.,
Recents Translations of Buddhist
Writings. HThR, 1914, 245-260.
Note ed
AIV,
I. 461 — HoeErsntkE A. F. R,
The Sutta Nipata in a Sanskrit
version from Eastern l'urkestan,
JRAS, 1916, 709-732.
I. 462 — WeELLER T., Zur
Frage nach der Echtheit des Pali-
Kanons. OLZ, 1923, 141-140.
I. 463 — FixoTt L,, La legende
de Buddhaghosa in Cinquantenaive
de l'Ecole de Hautes Etudes. Paris,
Champion 1921, 101-119. — Rec.:
TP, 21, 1922, 243-4 (PELLIOT).
ghosha. Buddhas W'andel, pp. 85
Jena, Diederichs 1922.
I. 465 — HULTzscH E., Zu
Agvaghosa's Buddhacarita. ZDMG,
1918, 145-153.
I. 466 — HutrtrzschH E,
Zu Aqcvaghoshas Saundarananda.
ZDMG, 1918, 11-14
1.467 — Tucci G., Un altro poema
di Agvaghosha. Il Saundarananda.
FR.I, 1921, fasc. I, 38-69. V. pure:
Tucci G., Note al Saundarananda
Kavva di Agvaghosa, RSO, X,
1923, 145-155.
I. 468 — GAVRONSKI ANDRE),
Notes on the Saundarananda, cri-
tical and explanatory. Second se-
ries. 38, KraFow, 1922. — Rec.:
JRAS, 1923, 424-425 (L.D. BaR-
NETT). (LUMI).
I. 469 — WeELLER Fi. Zi
Lalita Vistara, I, Ueber die Prosa
des Lalita Vistara. lnaugural Diss.
1915, pp. 55 IL.ecipzig, Harrasso-
witz.
I. 470 — Poussin L. DE LA
VALLÉEE, Mahàvastu. ERE, 1915,
328-330.
sata
I. 471-477
BALLINI - INDIA.
S. Karpelès pubblica e traduce il Lokegvaragatara di Vajradatta,
poemetto in cento strofe in onore del Buddha. Il metro è sragdhara.
(I 473). |
Mrs. Rhys Davids, prendendo lo spunto dalla nuova edizione,
curata dalla Pal Text Society, della terza sezione del canone Bud-
dhista chiamata Ablidhammapitara e dei Commentariî, fa una breve
storia cronologica delle edizioni dei varî testi Adblidhamma, e delle
loro traduzioni, ed espone alcune considerazioni sull'attività di
pensiero svolta, in completa reclusione dal mondo, dai compila-
tori dell’Abd©hidhamma e dai commentarî (I 474).
Il Thomas (I 475) confrontato un testo cinese attribuito a
.Dignaga (Castra on the explanation of the fist) e un altro tibe-
tano attribuito al buddhista Aryadeva (Hastabala (sic) o Hastà-
bhavaprakarana) tradotto in sanscrito, afferma che hanno la stessa
origine. Quale sia il vero autore è impossibile determinare. Con una
serie di considerazioni linguistiche viene alla conclusione che tale
trattato dovrebbe portare per titolo « Hand-clenching ». Riproduce
poi i testi: sanscrito, tibetano, cinese, corredandoli di note e com-
menti.
Lo -Hoernle (I 476) descrive alcuni frammenti che sembrano
d’un testo del Saddliarmapundarika anteriore a quello pubblicato
dal Kern nella Bibliotheca Buddhica X, frammenti scoperti da Sir
A. Stein nel settembre 1906 nelle rovine di Khadalik, e ne dà la
trascrizione, mettendola a raffronto col testo dell'edizione del Kern
e facendo rilevare la brevità maggiore dei frammenti. Essi corri-
spondono alle pagine 224-6 e 380-7 dell’edizione del Kern.
Lo stesso (I 477) descrive succintamente un altro dci frammenti
portati dallo Stein, in cui egli, Hoernle, aveva riconosciuto parte
I. 474 Davips «CC. A. F.
RHys, The Abhidhamma-Pitaha and
I. 471 — GAVvRONSKI A., Glea-
nings from Acvaghosa’s Buddha-
carita.
I Krakau, 1914-15.
I. 472 — Varmva P. L., Etudes
sur Aryadeva et son Catuhcataka,
Chapitres 8-16. Paris, Geuthner
1923.
I. 473 — VAJRADATTA, Loke-
cuara-cataham ou cent Strofes en
l’honneur du Seigneur du Monde
Edité et traduit par SUzANNE
KARPELÈS. JA, 1919, Rec.:
JRAS, 1921, 281-283.
Rocznik Orientalistyezny
Commentaries. JRAS, 1923, 243-
250. (LM). .
I. 4755 — TÒÙomas F. W. and
H. U. J. « The Hand Treatise ».
A work of Aryadeva. JRAS, 1913,
267-310. (MA).
I. 476 — HoERnLE A. F. R,,
An early text of the Saddharnia-
Pundarika. JRAS, 1916, 269-277.
(LM).
I. 477 — HoersxLE A. F., The
Sulta Nipata in a Sanskrit Ter-
XI. BUDDHISMO. I. 477-485
—T — uso o Let amen E ii aan
della traduzione sanscrita del Sultanifaàta e mette a rafironto
questi frammenti coll'originale pali.
In altro scritto lo Hoernle (I 478) richiama l’attenzione su
un articolo di S. Lévi in JA 1915 (v. I 445) nel quale l’autore era
giunto alla sua stessa conclusione a proposito di quanto concerne
l’Arthavarga e cioè che esso « must be classed among the most ancient
inonuments of Buddhist literature ». Aggiunge che il Lévi dissente
però con lui nel considerare il 5° frammento come un seguito
degli altri quattro.
Lo stesso scrive su resti di letteratura buddhistica scoperti nel
Turkestan orientale (I 479).
J. Przyluski (I 480) studia e illustra l'Agokavadana, traman-
datoci in due recensioni cinesi e due sanscrite, « rappresentate da
lunghi estratti contenuti nel Divyavadana ». Il P. le compara, capi-
tolo per capitolo, «col fine di scoprire le loro relazioni con altre opere
e scuole buddhistiche ». L'Agokavadana sarebbe il prodotto « della
scuola buddhistica di Mathurà — un secolo a. C. -— mentre tocche-
rebbe a Kaugsambi l'onore di essere stata il centro della letteratura
pali ».
Il Puini (I 481), il Coedès (I 482), il Gauthiot e il Pelhot
(E 483) e il Tucci (I 484) hanno pubblicato note su testi bud-
dhistici indo-cinesi.
Sulla letteratura buddhistica scrive brevemente il Macdonell
(I 485).
sion of Iastern Turkestan. JRAS I, 482 — Cokpîs G., Notes
1910, p. 709-732. (ZLM.). sur les ouvrages fpalis composes
I. 478 — HoERNLE A. F. Ru- en pays Thay. BEFEO, XV, 1918,
DOLF, .iscell. Comm. JRAS, 1917, 3:
134. — V. pure: JRAS, 1917, I. 483 — GautHIOT R. et P.
010-011. (MA). PeLLIOr, Ze Sthitra de causes et
des effets du bien et du mal. Edité
Manuscript Remains of Buddhist et traduit d'après les textes sog-
dien chinois et tibetains, Tome I.
Literature found in Fastern Turk- MED
estan. Vol. I, XXXVI, 412, Oxford (= Facsimile des textes sogdien
I. 479 — Hoerxte A. F. R,
Clarendon Press, 10910.
I. 480 — J. PRzvyLUSKI, La
légende de l’Empereur Acoka (A go-
ha-Avadana) dans les textes in-
diens et chinois. AMG, 1923, XV-
+ 455, Paris, Geuthner 1923.
I. 481 — PuINI C., /nterpreta-
zione buddista di vecchi testi taoisti,
RSO, vol. VII, fasc. LL
et chinois. Mission Pelliot en Asie
Centrale. Série in 4 11). Paris,
Geuthner 1920.
I. 484 — Tucci G., Studio com-
parativo fra le tre versioni cinesi
e il testo sanscrito del Lankavatara.
MAL, CL di Sc. Mor., Serie 5.3
Vol. 17, 1923, 109-199.
I. 485 — MACDONELL A. A,
= Do=
BALLINI - INDIA. I. 485-489
Il Gawronski (I 486) in alcune note sul Buddhacarita, intende
dimostrare che ‘al tempo di Acvaghosa esisteva almeno il II° Libro
del Ramayana nella stessa forma, circa, che è nota oggi,,. Fa alcune
note critiche sul testo pubblicato della Jatakamala, osservazioni sui
rapporti fra il Divyavadana e i poemi di Acvaghosa e note critiche
pure sul Saundarananda.
G. K. Nariman, che già aveva scritto importanti libri, uti-
lissimi specialmente agli occidentali (come l’Iranian influence on
moslem literature, Bombay 1918), offre in altra pubblicazione (I 487)
ai soli suoi compatrioti, in forma piuttosto sconnessa e confusa seb-
bene ricca di particolari esatti e ben ricercati, il risultato dei più
recenti lavori europei sul Buddhismo sanscrito, valendosi special-
mente del vol. II della «Geschichte der indischen Litteratur » del
Winternitz, del « Divvavadana » dello Huber, e di scritti di Sylvain
Lévi.
P. Slepcevic (I 488) scrive sul Buddhismo nella letteratura
tedesca.
Sotto la direzione di Suzuki si pubblica a Kyoto una Rivista
(I 488a) esclusivamente dedicata allo studio del Buddhismo. Stori-
camente è oltremodo interessante. Ecco il sommario dei fascicoli
5-6 (Marzo-Aprile 1922): On the Development of Buddhism in India
(Hakujn Uvi); Hénen sh6nin and the Jodo ideal (Bcatini Lane Su-
zuki); Lhe way to the Land of Bliss (Shugaku Yumahe); Some Aspects
of Zen Buddhism (Daisetz Teitaro Suzuki); The Blessed one (L. A-
dams Bech).
Sono uscite varie altre nuove Riviste dedicate al Buddhismo
(I 489-492).
Buddhist Literature. ERE, 1915, vratur. Inaugural- Dissertation, ein-
85-89. gerecht an der hohen philosophi-
| schen Facultat dey Universitàt Frei-
I. 486 — GAWRONSKI ANDRE], burg in der Schweiz. Wien, Carl
Studies about the Sanskrit Bud- Gerold’s Sohn 1920, pp. V+127,
dhist Literature. I + 80, Kra- Rec.: ZDMG. LXXV. 280-
Kow, 1919. — Rec.: JRAS, 282. 1921 (R. H. Haas).
1923, 424-425 (L.D BARNETT). |
(LM). I. 488a — The Eastern Buddhist,;
: . publ. by the Eastern Buddhist So-
I. 487 — NARIMAN S. K., Li- ciety. Otani University Kyoto,
terary History of Sanshrit Bud- 1922.— Rec.: FR I, 1922, fasc. 3-4.
dhism. Bombay, Taraporevala 76-77 (G. Tucci). (MA).
1920. — Rec.: JA, 1922, 292 |
(Masson-OURSEL). (IC).
I. 488 — SLbercevic PERO,
Buddhismus in der deutschen Lite-
I. 489 — Neu-buddhistische Zeit-
schrift 1 Jahrg. Berlin, Wilmers-
dorf, Neu-buddhistischer Verlag
1918.
— 136 —-
XI. BUDDHISMO. I. 490-501
H. L. Held (I 493) pubblica una bibliografia degli scritti te-
deschi sul Buddhismo.
2. BIOGRAFIE DEL BUDDHA - ESPOSIZIONE DELLA
DOTTRINA BUDDHISTICA - STUDI SU DI ESSA. — Sono ap-
parse varie biografie del Buddha (I 494-498).
Il Belloni-Filippi ha tradotto il noto volume del Pischel sulla
vita e dottrina del Buddha (I 499), del quale è uscita una terza edi-
zione tedesca (I 500).
Il De La Vallée Poussin (I 501), ritiratosi da Gand a Londra
durante la guerra, tenne, dal Febbraio all’Aprile dell’anno 1916,
nell'Hibbert College sei conferenze sull'antico Buddhismo e sulle
sue teorie circa la salvazione. Queste sei /ectures furono più tardi,
nel 1917, pubblicate con opportuni adattamenti ed aggiunte, in un
elegante volume a Cambridge, a cura dell'University Press. Esse
I. 490 — Weltspiegel. Bud-
dhistische Monatschrift fiir Bud-
dhismus und religiose Kultuy auf
buddhistischer Grundlage, heraus-
gegeb. von K. SEIDENSTUECKER nd
G. GRIMM. Leipzig, Altmann 1919.
I. 491 — Annual Buddhist oj
Cevlon. Edited bv S. W. WiJava-
TILAKE. Colombo and. London,
Luzac 1920.
I. 492 — Der Prfad. LKine
kleine buddh. Vierteljahrsschrift.
Minchen-Neubiberg, Schloss 1921.
I. 493 — Heup H. L., Deutsche
Bibliographie des Buddhismus. VIII
190, Miinchen und Leipzig, Hans
Sachs Verlag 1916.
I. 494 — RockHitL W. \W.,,
The life of Buddha and the Early
History of his Order. 273, London,
Routledge 1916.
I. 495 — HotLanp EDITH, The
Story of the Buddha, London,
Harrap, 1916.
I. 496 — DutoIT ]|J., Das Leben
des Buddha, 161, Berlin, Ullstein,
IQ2I,
I. 497 — Herotp A. F., La
vie du Bouddha d’après les textes
de l’Inde Ancienne. Paris, Piazza
1922.
I. 498 — 0Sauxpers_K. ]J..
Gotamo Buddha. A biography (ba-
sed on the Canonical Books of
the Theravadins), pp. 1rr, Cal-
cutta 1922. — Rec.: IRM, 12,
1923, 591-595 (GIBSON)
I. 499 — PiscHeL RIiccARDO,
Vita e dottrina del Buddha. Tra-
duzione italiana di FERDINANDO
BeLLoNI-FILIPPI, dalla seconda e-
dizione tedesca. Palermo, San-
dron, s. d. (= Biblioteca «San-
dron » di Scienze e lettere, N. 67,
I9IO).
I. 500 — PiscÙer R., Leben
u. Lehre des Buddha. 3. Aut.
durchges. von H. LUEDERS.
VI + 122. Leipzig, Teubner
1917. — Rec.: ThLB, 1917, 180
(FALKE).
I. 501 — Poussin L. DE LA VAr.-
LÉE, Zhe way to Nirvana: Six lec-
ftures on ancient Buddhism as a
Discipline of Salvatton. Cambridge
1917. — Rec.: RIGI, V, 1921,
fasc. I e II, 119-122 (La TERZA).
(LR).
SUE 7g
(1
I. 502-512
BALLINI - INDIA
formano un tutto armonico e ben definito. Le due ultime letture
sono le più sostanziali, poichè in esse si tratta del Nirvana e della
via che conduce ad cesso e costituiscono, con le prime, un'esposi-
zione sicura e fedele delle dottrine che formano il sostrato, o, a dir
meglio, la essenza del vero Buddhismo.
Uno studio di R. Kimura, dal titolo «che cos'è 1 Buddhismo? ».
è apparso in una collezione di undici saggi pubblicata dall'Università
di Calcutta (I 502). |
Il Tucci (I 593) si propone di dare un'idea sintetica dello svi-
luppo del pensiero buddhistico e della dogmatica del Buddhismo.
Fondandosi sullo studio delle fonti sanscrite, pali, tibetane e cinesi,
traccia i caratteri principali delle varie scuole buddhistiche, cercando
di stabilirne, oltre che l’individualità, i rapporti e le connessioni.
Numerosi altri scritti comprensivi sul Buddhismo sono usciti
(I 504-529).
I. 502 — Journal of the Depart- mus. I. Finleitung. Der Buddha
ment of Letters. Vol. IV. Univer-
sity of Calcutta. Eleven Essays.
By various writers. pp. 353, Cal-
cutta, University Press 1921 —
Rec.: JRAS, 1923, 482-83 (G.
Linpsay). (LM).
I. 503 — Tucci G., Zl Buddhi-
smo. Foligno, F. Campitelli 1926.
(= Biblioteca di Critica religiosa
diretta da E. Buonaiuti).
I. 504 TILGHER ADRIANO,
Buddhismo antico, in Filosofi an-
rr
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1921, 1-33.
I. 505 — GrIimMa o G.,, Die
Lehre des Buddha: die Religion
der Vernunit, Miùnchen, Piper 1915.
pp. 512 — Rec.: DILZ, 1916, 1740-
1748 (MALLESER); ThLz, 1918, 97
(OLDENBERG). — 9-11 Aufl NNVI
-+ 565 Minnchen Piper 1922.
I. 506 — COOSMARASWAMY A,,
Buddha and the Gospel oi Bud-
dhkisni, 370, London, Harrasso-
Witz_ 19I0. Rec.: IMWKT,
1016-1917, II, 1406-1408 (OLDEN-
BERG).
I. 507 — BeckH HH, £Buddis-
II. Die Lehre. (= Sammlung Go-
schen 174-770); pp. 147 + 143. 2
Aufi. Leipzig, Gòoschen 1910. —
Rec.: ThLBI, 10917, 185 (BETH);
ThLZ, 1918, 169 (FRANKE); ThLBI,
1921, 05 (SCHOMERUS).
I. 508 — LEHMANN E.,, Buddha,
hans Leere og Goerning. 2 ed., pp.
250, Kòbenhavn, Pio 1917.
I. 509 ScHMIDr_K., Der
Buddha u. seine Lehre. 32, Leipzig,
Harrassowitz 1917. — Rec.: ZMR,
1918, 32 (WILTE).
I.510 — Strauss C. T., Buddha
. seine Lehre. 46, Leipzig, Der
Neue Geist 1921.
I. 511 — Buddhismus. Was ist
und was will er? pp. 79, Berlin-
Wilmersdorf, Neubuddh. Verlag
1918.
I. 512 — Harpy ÈE., Der Bud-
dhismus nach dalteren Paliwerken
Nene Ausgabe besorgt von R.
ScHMIDIr, XII + 236, Munster,
Aschendorf 1919. — Rec.: ThRev,
1919, 201-205 (FINKLENBURG);
ThLBI, 1919. 290-292 (SCHOME-
RUS).
Sit
XI. BUDDHISMO
I. 513-531
Un contributo allo studio della psicologia buddhistica con in-
dicazioni delle più profonde questioni che si presentano alla mente,
ci da il Rhys Davids (I 530).
Una traduzione e illustrazione dell’appendice all'VIII cap.
dell’Abi:dharmakoga di Vasubandhu, in cui si indaga intorno all’ « in-
dividualità » (dibattito fra Vatsiputriya e Vasubandhu), ha dato
il Cerbatzky (I 531).
I. 513 — Davips C. A. F. Ruys,
Der Buddhismus, Ubersetit von
A. PruxnGsT. Neue Aut. (+ Re-
clams Univ. Bibl., 3041-42), pp.
240. Leipzig, Reclam 1919.
I. 514-515 — ALBRECHT L., Der
Buddhismus, pp. 39, Gotha, 1919.
2 Auf. Gotha, 1923.
I. 516 — LorENzo G. DE, Zn-
dia e Buddismo antico. 4 cd. 422.
Bari, Laterza 10920.
I. 517 — DAHLKKE P., Buddhis-
mus als Weltanschanung. 2 verb.
Aut. 269, Leipzig, Theosoph. Ver-
lagshaus 1920.
I. 518 — IKAMENSKY_ MARG,,
Eine historische Skizze des Bucd-
dhismus aut esoterischer Grundlaye.
pp. 78, Leipzig, Verlagshaus 1021.
I. 519 — OLtDENBERG_ H.,
Buddha. Leben, Lehre, (semeinde.
9 Auf. VO + 445. Stuttgart,
Cotta 1921.
I. 520 — Costa A., /l Buddha e
la sua dottrina. 2 ed., pp. 282,
Torino, Bocca I1921.
I. 521 — ScHmipr KG, Buddha,
I u. 2 Bandchen, VIII + 098;
VII + 76. Munchen, Beck, 1021.
— Rec.: IDLBI, 1921, 49-50
(Haas); DLZ, 1921, 039-041 (Zim-
MER).
I. 522 — SuBHADRA BHIKKHU,
The Message of Buddhism: The
Buddha, the Doctrine, the Order.
- 139
.
Ed. by S. E. ELLAN, pp. 120,
London, IKegan Paul 1922.
I. 523-524 — SAUNDERS K. |J.,
Sketches of Buddhism as a Living
Iteligion. JR, 2, 1922, 418-431.
I. 525-526 — Gurvy P. und Ux-
KRIEG W. A., Der Buddhismus
des Mahavana. Anthr., 1922, 343-
359; 801-818.
I. 527 — SchavEeRr ST., Maha-
vana Doctrines of Salvation. Trans-
lated from the German bv K. T.
IKxicHr. London, Probsthain 1923.
I. 528 — NYANATILOKA, Das
IWort des Buddha. Eine Uebersicht
ither das ethisch-philosophische Sv-
stem des Buddha, în den Worten
des Sutta-Pitaha,2 Aut. XIT+ 112.
Munchen-Neubiberg, Schloss 1923.
I. 529 — DaAuHLKE P., Buddhis-
mus als Religion und Moral, 2
Autt. VIE — 344. Mùnchen-Neu-
biberg, Schloss 1923.
I. 5330 — Davins C. A. F. Ruys,
Buddhist Psvchologv: An Inqui-
ry into the Analysis and lheory
of Mind in Pali Literature. pp.
224, London, Bell a. Sons 10913.
— Rec.: JRAS, 1918, 597-598
(THomas). (Mi).
I. 531 — T:cnERBATSKY THEO-
DOR, The Soul Theorv of the Bud-
dhists. Bulletin de l'Académie des
Sciences de Russie, 1919, pp. 823-
958. — Rec.: JRAS, 1925, 123-
130 (C. A. F. RHvs DAavibs).
BALLINI - INDIA.
I. 532-543
Numerosi altri scritti di filosofia buddhistica sono stati pub-
blicati (I 532-542).
Il Woodhouse (I 543) tratta delle leggi concernenti i preti
buddhisti, come la costituzione dei monaci, le leggi di eredità e suc-
cessione, ecc. ©
I. 532 — OLTRAMARE P., Un
problèmg de l’ontologie bouddhique,
M, I, 1, I9IS.
I. 532a — CLARK W. E,, Bud-
dhistic Psychology. AJTh, 1916,
139-141.
I. 533 — FRANKE R.O.,, Der
« Negativismus », in der alten Bud-
dha-Lehre, FK, 1916, 336-344.
I. 533a — OLTRAMARE P,, Les
variations de l'ontologie Bouddhi-
que. RHR, 1916, 145-184.
I. 534 — WEBER M., Die Wirts-
chaftsethik der Weltreligionen; Hin-
duismus und Buddhismus. Archiv.
fir Sozialwissenschaft und So-
zialpolitik Bd. 42, 1918.
I. 534a — Davinps C A. F.
RHvs, Buddhist Reality. ERE,
1918, 592-593.
I. 535 — BoHN W,, Die Psy-
chologie u. Ethih des Buddhismus,
IX + 76. Minchen, Bergmann
192I.
I. 536 — Jasixk B., Die My-
stih des Buddhismus, pp. 325.
Leipzig, Allmann 1922. — Rec.:
OLZ, 1923, 290-7 (C. CLEMEN),
Traduzione italiana: Torino, Boc-
ca 1924.
I. 536a — TRAKAS ]J. S., Reli-
gionsgeschichtliche U ntersuchung
iiber die Philosophie des Urbud-
dhismus, pp. 158, Jena, Frommann
1922.
I. 537 — SCHISCHERBAZKOI
Tu., Frkenntnistheorie und Logik
nach der Lehre der spateren Bud-
dhisten. Aus dem Russischen tiber-
setzt von O. STRAUSS. ZB, 4, 1922,
23-38; 153-170; 275-303; Anche
separato, Miinchen - Neubiberg,
Schloss 1922.
I. 537a — KEITH A. BERRIEDA-
LE, Buddhist Philosophy in India
and Ceylon, Oxtord 1923. — Rec.:
IRM, 1923, 12, 591-595 (GiBsoNn).
I. 538 — OLTRAMARE P., L’his-
toire des idées théosophiques dans
l’Inde. II. La théosophie bouddhi-
que. (= AMG, Bibliothèque d'’é-
tudes N. 31). Paris, Geuthner 1923.
Rec.: RA, 18, 1923, 340-343
(NAVILLE).
I. 538 a — STCHERBATSKyY TH.,
The central conception of Bud-
dhism and the meaning of the
word « Dharma ». London, Royal
Asiatic Societv, Prize Publication
Fund, vol. VII, IV + 112, 1923.
— Rec.: DLZ, 1924, 32-37 (]JACOBI).
I. 539 — McGovirx W., A
Manual of Buddhistic Philoso-
phy, Vol. I, Cosmologyv, pp. 205,
London, Kegan Paul 1923.
-I. 540 — KEITH A. BERRIEDALE,
Buddhist Philosophy in India and
Ceylon. Oxtord, Clarendon Press
1923.
I. 541 — PuInI C., Zdealismo
e nichilismo buddhista. Rel. 97-105.
I. 542 — McGoverx W., Bud-
dhist Metaphysics in China and
Japan. London, Williams and
Norgate 1920.
I. 543 — WoopHousEe GEORGE
WILLIAM, Sissiganu Sissa Param-
XI. BUDDHISMO. I. 543-547
Il Formichi (I 544) dimostra lo spirito scientifico (nel senso
moderno della parola) con cui il Buddhismo «si manifesta e si
afferma vittorioso nell'analisi dell’#0 »; accenna all’interpretazione
del pratityasamutpada data dal Dahlke, per la quale il famoso e
difficile nesso causale riesce intelligibile e chiaro.
Il Przyluski parla della ruota della vita del tempio di Ajantà,
per molto tempo creduta uno zodiaco. L'A. dimostra che essa è
l'esatta nproduzione del ciclo delle esistenze: ‘bhavacafra), secondo
la descrizione che si trova nel Vinaya dci Mula-Sarvastivadin, e
del medesimo tipo di quelle ruote simboliche che si trovano, numero-
sissime, negli affreschi e negli oggetti di culto dei monasteri tibetani.
La ruota della vita rappresenta l'uomo in tutte le sue possibili forme
di incarnazioni terrene e ultraterrene, in tutte le sue passioni, le sue
gioie e i suoi dolori, in tutte le sue qualità e i suoi difetti. L'A. descrive
la differenza fra le ruote dei templi del Tibet e la ruota d’Ajantà
l’unica che si conservi, sia pure mutilata, nei templi dell'India meri-
dionale e ne mette in luce le somiglianze, facendo del suo studio una
lettura importante e interessantissima (I 545).
Lo stesso studia gli elementi rituali nei funerali del Buddha:
le lamentazioni, la collocazione nella bara, l'abbigliamento del ca-
davere, il corteggio funebre, la cremazione, l'estinzione del fuoco del
rogo, il dhuvanam (saluto alla salma cremata ed ultimo lamento dei
congiunti), l'erezione dello Stupa, il fantikarman (festa di purifica-
zione). L’A., per mezzo di paragoni con i testi brahmanici vedici,
descrizioni epiche e antichi precetti conservati in traduzioni cinesi,
dimostra come nel Parinirvanasitra la descrizione dei funerali
del Buddha abbia già subìto l’influsso delle più recenti correnti di
pensiero che tendevano all’apoteosi e alla divinizzazione del grande
asceta (I 546).
M. E. Lulius Van Goor (I 547), nella sua tesi di laurea sulle
comunità femminili buddhiste, usa largamente dei lavori di Mrs. Rhvs
Davids e di Mrs. Bode. L'autrice esamina la riluttanza del Buddha
parama, and other Laws relating
to Buddhist Priests in Ceylon, being
a Dissertation for the Iegree of
Master of Laws of the University
of Cambridge. American Cevlon
Mistron Press, 1916. — Rec.:
JRAS, 1917, 618-620 (M. H. B.).
I. 544 — FormicHi CarLo, Lo
spirito scientifico del Buddhismo
Bil., II, n. 119, 1923, pp. 11.
I. 545 — PRZYLUSKI JEAN. La
roue de la vie à Ajanta. JA, 1920,
313.
I. 546 — PRZYLUSKI JEAN, Le
Parinirvana et les funerailles du
Bouddha, JA, 1917, 485-526; 1918,
401-450; IVI9, 305-430; 1920, 5-5--
(IC).
I. 547 — De Buddhistische non
— 141 —
BALLINI - INDIA. x o I. 547-554
ad ammettere donne, illustrandola con alcune storie e finalmente
la sua condiscendenza per le preghiere di Ananda. Cerca di ricostruire
la vita delle monache, esamina le regole del Vinaya, le Therigatha,
la storia di Mahaprajapati e termina con la traduzione dell’Afa-
dana.
Il Formichi (I 548) dà la traduzione di un documento inglese,
che tratta dei principî della dottrina buddhista ancor vigenti nel
Ceylon, i quali sono sostanzialmente identici a quelli proclamati dal
Buddha (V sec. a C.). L'autore dello scritto è il monaco Sumedha
del convento di Kondafifia a Galle — che si sforza di conciliare il
Buddhismo con la coltura inglese, con le idee di Shakespeare, Burns,
Goldsmith ecc. i
Il Lévi ed il Chavannes (I 549), a proposito del titolo ecclesia-
stico che Kotikarna dà al Buddha, secondo il Vinava dei Sarvasti-
vadin, dopo aver dato un ampio ragguaglio del titolo nel confronto
dei testi cinesi, pali, canonici, extra-canonici, dei glossarî, ecc. con-
cludono che il titolo cinese mo-mo-ti è corrispondente al pali Avasika-
tantibaddha. Avasika indica « établi à demeure »; tantibaddha signi-
fica «un monaco legato da speciali occupazioni ». Quindi Koti-
karna dà al maestro i due titoli indicanti « colui che governa il con-
vento dove risiede e colui che regola le occupazioni giornaliere ». La
| istituzione dei monaci Avdsika stabilisce un momento importante
nella storia della chiesa buddhista.
In altro scritto su lo stesso argomento, il L. e il Ch. (I 550) aggiun-
gono un nuovo testo nel quale ricorre la parola mo-mo-tt (Inscr.
del 19 Marzo 839 del poeta Po-Kiu-Yi per una biblioteca a Su-
tchen-fu) e fanno alcune rettificazioni da introdurre nel loro scritto
precedente.
Su altri argomenti parziali concernenti il Buddhismo indiano ‘
sono usciti varî studî (I 551-047).
geschetst naar gegevens der Pali- indien. JA, 1915, 192-223; 307-
Literatur. Door Maria EtIsa- 310. (MA). \
BETH Lutius Van Goor. Leiden,
1915. — Rec.: JRAS, 10917, 858-
862 (F. W. THoMmas). (MA). I. 551 — Poussrin L. DE LA VAL-
î i LEE, Vadhvamaka, Madhvamikas,
I. 548 — F'ORMICHI C., I prin- ERE, 10915, 235-237.
cipii generali del Buddhismo. FR.,
I, 1922, fasc. 3-4, 9-15.(V/ 4).
I. 550 — JA. 1915, 307-310.
I. 552 — Poussin L. DE LA VAL-
LEE, Mara. ERE, 1915, 4006 p.
I. 549 — LEvI SvYLVAIN ct
EDOUARD CHAVANNES, Quelques
titres énipmatiques dans la Hiérar-
chie ecclestastique du Bonddhisme I. 554 — Poussin L. DE LA
I. 553 — Poussin L. DE LA VAL-
LÉE, Marjugri. ERE, 1915, 405.
-- 1
NI. BUDDHISMO.
I. 554-579
Il Dott. P. L. Vaidya (I 648) ha pubblicato « il testo tibetano de-
gli ultimi otto capitoli del CatuhgataRa di Aryadeva, restituendo in
VALLEE, Buddhist Magic. ERE,
1925, 255-257.
I. 555 — Poussin L. DE LA
VALLEE, Mahayana. ERE, 1015,
330-336.
I. 556 — Davips T. W. RHys,
Milinda, ERE, 1915, 631-033.
I. 557 — Davipbs T. W. Ruys,
Moggallana. ERE, 1015, 768-770.
I. 558 — Tuomas F. W., Vatr-
cheta. ERE, 1915, 495-407.
I. 559 — GEDEN A. S., Buddhist
Monasticism. ERE, 1915, 797-802.
I. 560 — NoBLE M. E. N, Re-
ligion an Dharma; London, Lon-
emans 1915.
I. 561 — AxEsaKki M., Buddhist
Missions. ERE, 1915, 700-705.
I. 562 — Haas H,, Line bislang
nicht geRkannte nonischen Darstellung
der gesamten Pflichten dev buddhi-
stischen Larenanhanger. — Rec.:
ZMR, 1915, 72-84.
I. 563 — SchoLanbpER H. E.,
I hvad abseend kan NVala-vana
anses dga fòretrdide tramiòr Hina-
vana? BibelforsFaren, 10915, 188-
201.
I. 564 — FRANKE OR. O., Der.
einheitliche Grundgedanke des Ma-
ihimanikava:die Erziehung cemdss
der Lehre. WZIKM, 1915, 134-171.
I. 565-566 — FRANKE R.O., Die
Buddhalehve in ihrer erreichbar-
altesten Gestalt in Dimanikav,
ZDMG, 1915, 455-490; 1000, 1917,
50-98.
MU E. N,
I. 567 — NoBLIr
and A. K. COOMARASWAMY, .\/yvilis
of the Hindus and Buddhists.
437, London, Harrap 19106.
I. 568-569 — NoBLE M. E. N.
and A. K. COOMARASWAMY, Ge-
wijde verhalen en legenden van
Hindoes en Boeddhisten. Door H.
J. W. SaLomons, vrij, bewerkt
naar « Myths of the Hindus and
Buddhists ». Met een introductie
van \V. CALAND, Jena, Thierne,
1920, XVH+-415.
I. 570 — SUXGANANDA, Maha-
yana Studies. BR, 1916, 72-85.
I. 571 — KERN H,, Brahma-
nisme en Buddhisme. ]J. Haag,
Nijhoft, 1910
I. 572 — Kerx H.,, Jets over
de hellen der Buddhisten. BILVNI,
IVQIO, 414-420.
I. 573-574 — Davips C. A. F.
RuHvs, Paticca-Samuppada. ERE,
1017, 072-074.
I. 575 — Lucka E., Buddhis-
mus. NRu, 1917, 945-950.
I. 576 — Poussin L. pE LA VAL-
LÉE and THomas E. J.,, Bud-
dhist Muysticism. ERE, 1917, 85-87.
I. 577 — Supka G., Buddhisti-
sche Spuren in der VOòlkerwander-
ungshunst. Monatshefte f. Kunst-
WiISs. 1917, 217-237.
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kath. Religionsunterricht, 1917,
8-10, 335-553.
I. 579 — Poussino L. DE LA
VALLEE, Nirvana. ERE, 1917,
370-379.
2 1139
BALLINI - INDIA.
I. 580-605
base a questo l'originale sanscrito. Di tutta questa parte dell’o-
pera dà, poi, una traduzione e commento. Precede un succinto
I. 580 — Poussixn L. DE LA
VALLÉE, Buddhist Nature. ERE,
1917, 209-2I0.
I. 581 — Davips T. W. RHys,
Patimokkha. ERE, 1917, 675-677.
I. 582 — GRIMM G,, Die Lebens-
Rraft und ihre Beherrschung. Nach
der Lehre des Buddha. 2 Auf,
pp. 65, Augsburg, Lampart 1918.
I. 583 — BERNARD A,, Buddhi-
stische Bilden aus der Glanzzeit der
Tanguten. OZ, VI, 1918, 141-160.
I. 584 — GEDEN A. S., Buddhist
Pilgrimage. ERE, 1918, 13-18.
I. 585-586 — GEDFEN A. S., Bud-
dhist Priest, Priesthood. ERE,
1918, 288-290.
I. 587 — Davips C. A. F. RHvys,
Buddhist Purification, ERE, 1918,
408-470.
I. 588 — Davips T. W. RHys,
Buddhist Precepts. ERE, 10918,
224.
I. 589 — Poussiyx L. DE LA
VALLÉE, Pratyekabuddha. ERE,
1918, 152-154.
I. 590 — MucH H, Auf dem
IWeg des Vollendeten. pp. 75, Mùn-
chen, Hans Sachs Verlag 1918;
3. 4 Aufl., I9ZI.
I. 591 — McucH H,, Buddha und
«ir, pp. 20, Hamburg, Bahai-
Verlag 10919.
I. 592 — NoEL PERI, Les fem-
mes de Gakya-muni, BEFEO,
NVIII, 1918, n. 2, 37.
I. 593 — ANxNksaki M, Bud-
dhist Praver. ERE, 1918, 160-170.
I. 594 — TuÙomas E. J., Bud-
dhist Righteousness. ERE, 1918,
778-781.
I. 595 — Davips C. A. F. RHys,
Buddhist Relations. ERE, 1918,
648-649,
I. 596 — LEUMANN E, Mai-
treya-samiti, das Zukunftsideal der
Buddhisten, Strassburg 1919.
I. 597-598 — GrIMM G. und H.
MucH, Buddhistische Weisheit.Miir-
chen, Hans Sachs Verlag 1919. —
Rec.: ThLZ 1921, 284 (FRANKE).
I. 599 — Dunin-BorKkowsKI
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dhismus. StZ, XLIX, 1919, 2006-
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Bouddha. La Vie intérieur. Paris,
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Eine Studie fitr angewandten Bud-
dhismus, pp. 8 Berlin-Wilmersdorf,
Neubuddh. Verlag 1919.
I. 602 — Wapprctt L. A,
Buddhas Diadem or «Usnisa »;
its Origin, Nature and Functions,
A Study of Buddhist Origins. Lon-
don, Luzac 1920 (ristampa).
I. 603 — Poussin L. DE LA
VALLÉE, (Buddhist) Scepticisn.
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I. 604 — Tuomas E. ]J., (Bud-
dhist) State of the Dead, ERE, 1920,
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I. 605 — GRIMM G., Das Pro-
blem des Ich in der Lehre des
Buddha, pp. 13. Leipzig, Altmann
1920.
cs
XI. BUDDHISMO.
studio della Scuola Madhyamika,
recenti ricerche, ricostruisce nelle
I. 606 — ADams BEcKk L,,
The Moon of Buddhahood. Quest
1920.
I. 607 — TuÙomas E. J., (Bud-
dhist) Saints and Martyrs ERE,
1920, 49-51.
I. 608 — JjoLtvy ],,
ERE, 1920, 901-904.
Stitpas.
I. 609 — WIEDENMANN B,,
Die grosse Weisheit des erhabenen
Buddha. 55, Schmiedeberg, Bau-
mann, 1920.
I. 610 — BECcKH, Die Lehre des
Buddha. ChrW, 1920, 89-92, I101-
103.
I. 611 — WuxnbERLE G., Alter
und neuer Buddhismus. LH, 1920,
027-032.
I. 612 — Horrmans È., Die
Grundgedanken des Buddhismus und
ihr Verhaltniss zur Gottesidee. pp.
129, Leipzig, Altmann 1920.
I. 613 — LEUMANN ÈE,, Buddhis-
tische Literatur, nordarisch und
deutsch, AKM, XVI, 2. TI. 1:
Nebenstiiche, X, 180. Leipzig,
Brockhaus, 1920. — Rec.: LZBI,
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I. 617 — Davips C. A. F. RHvys,
Bouddhist Soul. ERE, 1920, 731-
733.
I. 618 — Davips T. W. Ruvys,
I. 606-629
—T ——
in cul l’A., fondandosi sulle più
sue linee generali la storia del
Buddhist Sects. ERE, 1920, 307-
309.
I. 619 — Davips C. A. F. RHys,
Buddhist Sacrifice. ERE, 1920, 7.
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troduction to the Evolution of the
Schools of Buddhism. Univ. of
Calc. Journal 1920.
I. 621 — Davips C. A. F. RHys,
Bouddhist Salvation. ERE, 1920,
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RHvs, Sarvastivadins. ERE, 1920,
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and Buddhism. 3 vol., 450; 322;
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smus, 5). Minchen-Neubiberg,
Schloss 1921.
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of Buddhism. JR, 1921, 335-301.
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in dey hRanonischen Literatur. ABA,
philos. philol. u. histor. KI. XXXI,
1921 (Miinchen, lranz).
I. 628 — Gricer W., Dhamnma
u. Brahman. Minnchen-Neubiberg,
Schloss 1921.
I. 629 — AnEsaKki M., Buddhist
Transmigratton. ERE, 1921, 429-
430.
so
a ri kl) cnr
Aevum - Anno I - 10
I. 630-650
BALLINI - INDIA.
sistema soffermandosi in ispecial modo sull’attività filosofica e let-
teraria dei maestri della scuola ».
Il Tucci (I 649), ricordato il lavoro del Vaidya e l’edizione
mutila avutasi sin dal 1914 per opera di Harapasada Shastri del
testo sanscrito del Catuhgataka (il testo intero è pur oggi inacces-
sibile), ne traduce per intero la versione cinese, dovuta a Hiuen-tsang.
In una seconda parte di questi suoi Studî Mahayanici, il Tucci
parla della nuova edizione del Lankavatàra preparata da lungo
tempo da Bunyiu Nanjò e pubblicata dai suoi amici e scolari in
occasione del suo settantesimo anno (I 650). « Precedono al testo
I. 630 — THomas E. ]., Bud-
dhist Sun, Moon and Stars. ERE,
1921, 71-73.
I. 631 MucH H., Die Heim-
hehr der Vollendeten. Lauenburg,
IO2I.
I. 632 — ANESAKI M., Tatha-
gata. ERE, 1921, 202-204.
I. 633 — Poussin L. DE LA
VALLÉE, Buddhist Worship. ERE
1921, 758-9.
I. 634 — Poussin L. DE LA
VALLÉE, Buddhist Tantrisni. ERE,
192I, 193-197.
I. 635 — WEBER A,, Gesammelte
Aufsatze zur Religionssoziologie. II.
Hinduismus und Buddhismus. VII
+ 378. Tiibingen, Mobhr, 1921.
I. 636 — MWINTERNITZ MAXIMIL-
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l'ows. ERE, 1921, 0644-46.
I. 638 — WALLESER M., Die
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I. 639 — HACKMANN H,, Re-
ligiòse Erfahrung im Buddhismus.
NTR, I, II, 1922, 28-40.
I. 640 — Tucci G,, L'origine
del mondo e della società secondo
una tradizione buddistica. Fl, 1922,
128 segg.
I. 641 — Hausizra U,, Was
muss man wissen vom Buddhisimus?
PP. 48, Berlin, 1922.
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LÉE, Notes Bouddhiques. Bulletin
de la Classe des Lettres, Novem-
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und die Frauen. EMM, 1923, 2-0.
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senschaft des Buddhismus. XVI,
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I. 647 Davips_ C. A. F.
RHys, Die Buddhistische Lehre von
dev Wiedergeburt. Autor. Uebersetz.
von Dr. STANISLAUS. SCHAYER.
(= Untersuch. z. Gesch. des Bud-
dhismus, 9), pp.22, Neubiberg 1924.
I. 648 — Varpva P. L., Etudes
sur Arvadeva et son Catuhcataka.
Chap. VIII-XVI Paris, Geuthner
1923.
I. 649 — Tucci G., Studî ma-
hayvanici RSO, X, 1923-25, 521-500.
I. 650 — The Lavkavatara Sn-
XI. BUDDHISMO. I. 650-652
sanscrito una prefazione in Giapponese, cui segue una traduzione
in inglese, una utilissima comparative list of chapter-divisions in the
sanskrit text and the three chinese translations of the Lanhavatara €
quindi la lista dei mss usati oltre Je versioni cinesi e tibetane e
la parziale edizione della Buddhistic Text Society ».
Della traduzione chinese di Hiuen-tsang intitolata « Relazione
della durata della legge enunciata dal grande Arhat Nandimttra », si
occupano il Lévied il Chavannes (I 651), considerando special-
mente il gruppo dei sedici Arhat, sconosciuto all'India, che ha preso
nella religione popolare cinese grande importanza. Ne danno la tra-
duzione ; studiano l'origine del nome Nandimitra (molto incerta);
indagano il luogo in cui avviene questa profezia (Ceylon). Questa
relazione, d'ispirazione Mahayanica, comincia coll'’enumerazione dei
sedici Arhat, di cui ciascuno ha il suo nome, distribuiti secondo un
concetto geografico. I sedici Arhat sono distribuiti per tutto l'Universo:
quattro per ogni punto cardinale, per mantenere la legge nel mondo. I]
tipo iniziale, originario, di questi Arhat è Pindola che sussiste attraverso
i secoli (essendo escluso dal Nirvana per volere del Maestro) come
l’« ancien » delle comunità religiose ed è venerato nei conventi, dove
ha sempre un posto preparato nel refettorio. È rappresentato come
un monaco ghiottone che compie miracoli sensazionali e, come tale,
è molto popolare. Il culto di Pindola (secondo la Agfokavadana) è
prettamente indiano. Rappresenta una parte principale nel Samvutta
N., dove appare accanto al Re di Vatsa, Udavana, in Kaugambi. Dal-
l'India il suo culto passa in Cina ove i 16 Arhat (portati più tardi a
1$) sono venerati e rappresentati in pittura (V sec.). Gli AA., dopo aver
esaminato largamente ì testi ed i commenti, ove si parla di Pindola,
aggiungono due appendici, l'una con le liste degli Arhat, in cinese
ed in tibetano, l’altra con la biografia di Kuan-Hieu (832-912)
dipintore degli Arhat a Tch'eng-tou.
Il Tucci (I 652) identifica nel Saundarananda kavva di Acvaghosa
XI, 25 e 30 il corrispondente scr. con alcuni passi del commento
di Vasubandhu allo Cafasastra di Bodhisattvadeva, tradotto in
cinese da Kumarajiva nel 404. Nella seconda parte del suo studio,
accennato alla corrispondenza fra il contenuto delle novelle narrate
tra ed. by BunvYiù NaNJO (== Bi- Arhat protecteurs de la lot. JA,
bliothec. Ottaniensis vol. 1) Kyoto, 1910, 5-50; 189-304.
Otani University Press 1023, pp.
X+4- 376. I. 652 — Tucci G., Note Sul
Saundarananda Kavva di Acva-
I. 651 — Tfvi SyLVvaIin et ghosa, RSO, X, 1923-1925, 145-
La
EDOUARD CHAVANNES, Les Seicze 149.
i
(GN
xi
BALLINI - INDIA.
I. 653-673
in Parigistaparvan I, 287 segg. e il ben noto racconto buddhi-
stico del Buddha e di Nanda, il T. dimostra fonte del passo jai-
nico di Hemacandra, il Saundaran. IV, 9 segg.
Altri scritti su argomenti buddhistici non strettamente indiani
sono stati pubblicati (I 653-689).
I. 653 — FRANKE A. H., The
Meaning of the « Om-mani-padme-
hum» formula. JRAS, 1915, 397-
404.
I. 654 — Puini C., Di una sin-
golare incarnazione di Samanta-
bhadra Bodhisattva. RSO, 7, 1916,
485-487.
I. 655 — SEIDENSTUECKER K.,
Std-buddhistische Studien. I. Die
Buddha-Legende in den Skhulp-
. turen des Ananda-Tempels zu Pa-
gan, Hamburg 1916.
I. 656 — KERN H., Verspreide
Geschriften. Deel 4: Achter, Indie
slot Brahmanisme en Buddhisme,
Maleisch-polynesische Taalvergel-
ijhing. ’s Gravenhage, 1916.
I. 657 — Puini C., Znterpreta-
zione buddista di vecchi testi tacisti.
RSO, 7, 1916, 235 bis 251.
I. 658 — ANESAKI MASAHARU,
Nichiren, the Buddhist Prophet.
London, 1916.
I. 659 — Maunc PE TIxn,
The influence of Buddhism in
Burma. BR, 1916, 142-147.
I. 660 — Corso R,, PRosari ti-
detani. Bil, 1916, 115-121.
I. 661 — Sitacara B.,, Bud-
dhism in Sikkim. BR, 1916, 72-85.
I. 662 — Krom N. ]., De
Bodhisattwa's van den Mendut.
BILVNI, 1918, 419-437.
I. 663 — Wappeli LL. A,
Tibetan Prayer. ERE, 1918, 202-
205.
I. 664 — WITH K., Java. Brah-
manische, buddhistische und eigen-
lebige Kultur. Hagen, Folkwang-
Verlag 1919.
I. 665 — Puini C., Da Dio al
Buddha e dal Buddha a Dio. Il
Nuovo Patto, 1919, 261-279.
I. 666 — MAHNG,, Der Tempel
von Boro-Budur, pp. 91 Leipzig,
Altmann 1919.
I. 667 — Tavtor C. M,, Win-
ning Buddha's Smile. A Korean
Legend 153, Boston, Badger 1919.
I. 668 — MoExs ]J. L., De
Tjandi Mendut, TITLV, 1920, 59,
529-600. System des mantrabuddah,
Pantheons von Java, 1920.
I. 669 — Doré H., Le grand
pélerinage bouddhique de Lang Chan
et le cinq montagnes de Tong
Tcheon (suite), New China Review,
1920. i
I. 670 — WapnpeLlt L. A,
(Tibetan) State of the Dead. ERE,
1920, 853-4.
I. 671 — Wisser M. W. DE,
De Arhat in China en Japan.
VMAW, 1920, 408-443.
I. 672 — Groot ]J. J. M. DE,
Der Thipa das heiligste Heilig-
tum des. Buddhismus in China.
Ein Beitrag zur Kenntnis der esot-
erischen Lehre des Mahayana.
VIII, 96. Rerlin, Verein. wiss.
Verleger. — Rec.: LZBI, 1920,
718-720 (HAAS).
I. 673 — ScHERMANN L,, Geistes-
feste im buddhiistischen Birma.
Ararat, Heft 12, 1921.
XI. BUDDHISMO.
I. 674-691
3. STORIA DELLA DOTTRINA. — B. Bhattacharya (I
690) narra la storia del famoso santuario buddhista di Sarnath
dai tempi più antichi fino ai nostri giorni.
Il Walleser (I 691), dopo aver ammesso come « non assolutamente
improbabile » che Nagarjuna tosse oriundo della regione del Vai-
darbha (Berar), nativo dell’attuale Nagpur, che dimorasse lungo
I. 674 — SHouP., Kwa-non-seh.
Die Weltreligion des Neubuddhis-
mus u. die abendlandischen Getstes-
stròmungen. 156, Berlin-Pankow,
Linser-Verlag 1921.
I. 678 — LE Coo A. von,
Altbuddhistische Rauchergefàasse aus
Ostasien. Berliner Museen, 1921.
I. 676 — GRUENWEDEL A., Die
Tempel von Lhasa. Gedicht der
ersten Dalailama, aus dem Tibet.
Texte ins Deutsche Ubersetzti. SAH,
philol.-hist. KI. (1914), 92. Hei-
delberg, Winter 1919. — Rec.:
ThI.Z, 1921, 52 (Haas).
I. 677 — Tucci G,, L’influsso
del Buddhismo sulle civiltà del-
l'’Estremo Oriente. Bil. 1921, 144
155.
I. 678 — Tsu YNE YXNE, Pre-
sent Tendencies in Chinese Bud-
dhism. JR, 1921, 497-512.
I. 679 — McGovern VW. M,,
Introduction to .Mahayana Bud-
dhism: with special yeference to
Chinese and Japanese Phases. V
+ 233, London, K. Paul 1921.
I. 680 — Huxt W., Remfry,
A Devotee of Buddha. Chinese
Recorder, 193-4, 1921.
I. 681 — RyoHon KIBA, Die
japanischen Buddhisten und der
Gedanke einer religids-sittlichen Or-
ganisation der Menscheit. ChrW,
36, 1922, 413-410.
I. 682 — Mob: I. I, The mo-
nastic institution of Burma and
its Phongvyvs; The buddhist Priests.
JASB, XII, 1922.
I. 683 — Saunpers K. ].,
Buddhism in China. JR, 2, 1922,
157-109; 250-275.
I. 684 — HACKMANN H,, Laren-
Buddhismus in China. NThT, 11,
1922, 252-284.
I. 685 — HEDIN SVEN, 7sangpo
Lamas Wallfahyt. Die Pilger. pp.
346, Leipzig, Brockhaus 1922.
I. 686 — REIcHELT K. L.,
Fra Oestens religiose liv. It indlik
i den Kinesishe Mahayana-Bud-
disme. Kb6benhavn Gad. KirFe
og Kultur 1922, 415-424.
I. 687 — Gites H. À., The
Travels of Fahsien (399-414 dA. D.):
or Record of the Buddhist King-
doms. Retranslated, XVI + 90,
London, Cambridge University
Press 1923.
I. 688 — Tucci G., Di una leg-
gendaria biografia cinese di Nàa-
garjuna. Bil. 1923, Settembre,
133-137.
I. 689 — WissER M. W., Ze
Arhats in China and Japan, pp. 215
Leipzig, Oesterheld u. Co. 1923.
(v, I. 671).
I. 690 — BHATTACHARYA BRIN-
DÀVAN, Sarnath-Ka Itihas. X1I +
177 + XI, 6 tavole, Benares,
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 44I
(LD. BARNETT). (LM).
I. 691 — \WaLrLesERr N,, La
data di Nagarjuna, FR. II, 1923,
n. 2, 1-15. (MA).
—- 159 —
BALLINI - INDIA. ; _I. 692-694
tempo in Nalanda e che fosse in relazione con un potente re del-
l'India Meridionale — come attesta la Suhyllekha che gli vien at-
tribuita —, passa ad esaminare il nome del re, difficile a deter-
minarsi. Dopo lunga e dotta discussione su questo argomento e in-
torno al punto di partenza dell’èra Caka (che, con l'era Vikrama,
si affermò dopo Arvabhata — secondo l’A.) conclude: « Anzitutto
deve stabilirsi che l’èra Gaka, o, come più tardi venne chiamata,
‘ l’èra Galivahana, non sta in nessun rapporto nè con la sottomis-
sione di parte del regno degli Andhra alla dinastia Galivaha-
na o al dominio dei satrapi occidentali, nè, al contrario, con
la sconfitta e la cacciata dei Caka per opera d’un principe indigeno.
Entrambi gli avvenimenti devono verosimilmente riferirsi a molto
tempo dopo e quindi non esiste nessuna possibilità perchè Nagarjuna
sia collocato nel I s. d. C. D'altro canto se la tradizione sulla nascita
di Nagarjuna si diffuse subito dopo o nel tempo dei concilî di Ka-
niska, non vi sarebbe difficoltà nell’ammettere che l’operosità di
Nagarjuna cadde nel principio del II sec. ».
Uno studio su Agoka, sul suo impero, sulla sua opera nell’ambito
del Buddhismo, sul posto che egli occupa nella storia, su le sue
iscrizioni, ecc., ha pubblicato D. R. Bhandarkar (I 692).
Il Saunders (I 693) studia le vicende di 13 sccoli di Buddhismo
(500 a. C. — 800 d. C.) in varî luoghi da Rajagaha a Lhasa.
Pe Maung Tin (I 694) esamina un articolo del Finot, col titolo
« La légende de Buddhaghosa », ma non crede che se ne possano ac-
cettare, perchè troppo assoluti, i giudizî e le conclusioni tutte; così
non gli sembra giusto rigettare senz'altro le fonti di informazioni
birmane, come fa il Finot allo scopo di combattere la tradizione che
Buddhaghosa sia nato in India e si sia recato nel Cevlon nel V secolo,
e rimprovera al Finot di non aver tratte le proprie conclusioni dallo
studio diretto degli scritti di Buddhaghosa. L’A., benchè ritenga che
l'ultima parola non si possa dire in merito finchè tutte le opere di
B. non siano state pubblicate e studiate, stima non accettabile l’ipo-
tesi del Finot che esse debbano attribuirsi ad un gruppo di scrittori
del Ceylon, che slealmente si sarebbero ammantati di quel nome.
I. 692 — BHANDARKAR D. R., 132-3 (C. A. F. RHys Davips).
Asoka, pp. 346, 1925. V. pure:
SAUNDERS IK. J., The Story of
I. 693 — SAUNnDERS KENNET J.. Buddhism. Oxford, Clarendon Press
Fpochs in Buddhist History, (= 1916.
The Haskell Lectures, Univer-
sity of Chicago, 1921 —) Chi- I. 694 — Mauxc PE TIx, La
cago, University of Chicago Press Légende de Buddhaghosa, JRAS,
1924. — Rec.: JRAS, 1925, 1923, 265-269. (LM).
— 1500) -
XJ. BUDDHISMO. I. 695-705
È uscita la terza edizione accresciuta, corretta secondo le re-
centi interpretazioni delle iscrizioni e secondo le recenti scoperte
archeologiche, del ben noto studio dello Smith su. Agoka
(I 695).
Altri scritti storici sono apparsi concernenti variamente la sto-
ria del Buddhismo (I 696-703).
4 ARTE. ARCHEOLOGIA. — L'affresco della «ruota della
vita » che sì trova in Ajantaà e che è stato esaminato dal Przvluski
(I 704. v. I 546) è mutilato. Il P.. per mezzo di confronti con altre
«ruote della vita » di altri luoghi, e sopratutto riferendosi ai passi
delle scritture, che hanno dato origine a tale rappresentazione ar-
tistica, riesce a stabilire quali dovessero essere gli affreschi scom-
parsi della grande ruota, e quale ne fosse il vero significato.
È apparsa una pubblicazione (I 705) che può considerarsi un
complemento a « Ruins of Desert Cathaj» e « Serindia ». Contiene
trentatrè grandi tavole, di cui otto colorate, e quindici più piccole,
pure in parte a colori, annesse al testo.
I. 695 — SMITH VINCENT A., _XIN + 104. Boston, Jones and Co.
Asoka, the Buddhist Emperor of 1918. — Rec.: IRM, IX, 10920,
India, 3, ed., Oxford, Claren- 296-298 (SAUNDERS).
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I. 696 — \Vitte J., Das Buch teratur. Inaugural-Dissertation, \V
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Buddhismus. 71, Inaugural Dis — Rec.i ZDMG, 75, 280 (Haas).
Sert. 5
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1910, n. 67. {GIRSON).
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dhas, Ancient Buddhist Paitntings
from the Cave-temples of Tim-
| huang on the Western Frontier oÎ
I.700— HuxziKkER, Buddhisnus China. Recovered and described
aui der Insel Oshima. ZMR, 155- DV AUREL STEIN, KR.C.L.E. Zntro-
158, 1921. ductory Essav bv LAURENCE BIN-
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I. 701 — StaRR F,, Korean 605 — Rec.: JRAS, 1923, 274
Buddhism, History, Condition, Art. (\. PercEvaL YETTS). (LV).
I. 6099 — PRINTZ WILHELM,
Btaddha's Geburt. ZDMG, LXXIX,
19 25, II9-132.
— 151 —
BALLINI - INDIA.
I. 706-720
—— —————— __—————+ —————————————
Il Foucher (I 706) riferisce sugli antichi monumenti buddhi-
stici di Haibak (uno stùpa e quattro grotte).
Su opere d’arte buddhistica in India e fuori sono apparsi varî
altri studî (I 707-735).
I. 706 — A. FoucHER, Notes
sur les antiquités bouddiques de
Haiback (Turkestan Afghan). JA,
1924, 139-153. — V. anche JA,
1923, 354-368. (GBP).
I. 707 — SEIDENSTUECKER K.,
Sudbuddhistische Studien. I. Die
Buddha-legende in den Shulpturen
des Ananda-Tempels zu Pagan.
114, Hamburg, Museum F. Vòlker-
Kunde. — Rec.: OZ, 1915, 326
(CoHN); Anthr, 1124-112060 (B.
GEIGER); KDGA, 1917, 1oI1 (MAR-
TIN).
I. 708 — LELIÈvRE A. E., et
CLAQUEUR CH. A., La pagode de
Dakka. 25, Saigon, Cambridge,
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I. 7011 — FoucHER À., L’Arl
Greco-bouddhique du Gandhara, T.
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a preface of the latter. NVI + 3I0,
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bouddhique. 164, Paris, Laurent
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Verleger 1921.
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d'Ajanta. JA, 17, 1921, 201-245.
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drawings thirty Mogul paintings
of the School of Jahangir (seven-
teenth century), and four panels of
calligraphy in the Wuantage. Be-
guest, Victoria and Albert, Mu-
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Catalogue du Musée Guimet. Les
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historique et iconographique). 1nde
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24 tavole, Paris-Bruxelles, Van
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Sarnath. Wil a plan 0) excavations
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PP. 47. 0 tavole. Simla, Govt.
Central Press, 1923. — Rec.:
JRAS, 1925, 183 (L.D. BaR-
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buddhistische Spatantike in Mittel-
Asten I. Die Plastik. pp. 30,
Berlin, Reimer 1922. — Rec.:
OLZ, 1922, 305-308 (GEIGER);
1923, 57-55 (PELLIOT).
lo
XT. RUDDHISMO.
_I. 721-735
5. BuppHISMO E CRISTIANESIMO. — Il Kennedy (I 736)
in un lungo articolo tratta delle reciproche relazioni fra le leggende
religiose dell'India e quelle dell'Occidente. Egli dice: l’Induismo ed
il Cristianesimo sembrano essersi scambievolmente influenzatipiù
di ogni altra religione. Il Grierson (JRAS, 1907, p. 311) pensa
che il Cristianesimo abbia influenzato Ramanuja e successori.
Alberto Magno invece avrebbe insegnato dottrina caratteristi-
camente indiana, giuntagli per mezzo degli Arabi o di qualche
ultimo neo-platonico. Così il culto indi del fanciullo Krsna sem-
brerebbe una derivazione dal culto cristiano. Ora il K. si propone di
studiare quelle leggende che hanno avuto in un tempo od in un
I. 721 — GRUENWEDEL A., 42t-
Kutscha. Archdaologische und reli-
gionsgeschichtliche Forschungen an
Tempera-Gemdlden aus ‘ buddhis-
tischen Hbohlen der ersten acht
Jahrhunderte nach Christi Geb.
V, 89, 124, Berlin, Esner. — Rec.:
ZEthn, 1922, 488-490 (V. Gra-
SENAPP); ThLZ, 1921, 52 (HAAs).
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dhistische Tempelanlagen in Siam.
3 Vol,, Berlin, Verlag Bien 1916.
I. 723 — DonÙrixc K., Bud-
dhistische Tempel-anlagen in Siam.
Pp. 248, 2 tavole, Berlin, Vereini-
gung wiss. Verleger, 1920.
I. 724 — VoreTtzscH E. A,
Ueber altbuddhistische Kunst in
Siam. OZ, 1917, 1-22.
I. 725 — Haas L. H,, Die
Buddha-Legende auj den Fachre-
lefs dev echten Galerie des Stupa
von Boro-Budur. Leipzig, O. Har-
rassowitz 10923.
I. 726 — VociL J. PH. 7uwo
Notes on Javanese Archaeology 1.
The Ship of Boro-Budur. 2. The
Heads of Chandi Bhima. ]}RAS,
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sche Shulpturem in Vorderindien
und auf Java. BJ, 1917, 73-87.
I. 728 — \VitH K., Java-
brahmanische, buddhistische und
eitgenlebige Architekturu. Plastik auf
Java. VIII, 167, Hagen u. Wien,
Folkwang-Verlag 1920.
I. 729 — Witk K,, /rihbud-
dhistische Plastik in Japan bis
zum Beyginn der Tempvò-Periode.
Wien, Scholl, 10918.
I. 730 — CoHx W., Die alt-
buddh. Malerei Japans. XII -- 20,
Leipzig, Seemann Ig9z21.
Der Zen-
ZThK,
I. 731 — Heuw K,,
Buddhismus in Japan.
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I. 732 — Conn W, Buddhisti-
sche Skulpturen aus Japan. Berl.,
Musecn, 43, 1922, 75-80; 103-108.
I. 733 — Witt K.,, Stiko.
Ueberden Beginn der buddhistischen
Kunst in Ost Asten. ZB, 4, 1922,
190-190.
I. 734 — DouHRinc Prof. Dr.
KARL, Stupa und (rrabbau im Tem-
pel Vat Bun Siri Ammat zu Ban-
ghok. ZB, VI, NS, 1924, 118-126.
I. 735 — DUROISELLE C.,
Pageant of King Minden in a vi-
sit to the Buddha Image at Man-
dalay. Archaeological Survev of
India. N. 27, 1925.
> dt
BALLINI - INDIA, I. 736-737
—___— — — ———— —T — -
altro significato religioso, come l'infanzia di Gesù (3 Vangcli), gio-
vinezza del Buddha (Lalitavistara) e fanciullezza di Krsna (Visnu-
purana). A tale scopo sì propone: 1° di studiare principalmente le
conoscenze reciproche dello Induismo e del Cristianesimo ; 2° di ricer-
care nelle tre religioni (Induismo, Cristianesimo, Buddhismo) ciò che
è peculiare ad una sola, per determinarne l'origine. Comincia col voler
dimostrare che le duc religioni vennero a « fruitful contact » solo nel
100 d. C.. Coll’invasione persiana sotto Ciro i Greci misero piede
in India ma non riportarono nell’Occidente che ben poco della reli-
gione, delle storie, delle leggende indiane; mentre efficaci intermedia-
ric furono, durante l'Impero d'Augusto, le relazioni commerciali fra
Roma e l'India del Sud, e poi, durante l'impero dei Sassanidi, vi fu-
rono intime relazioni ancora fra i Romani e l'India del nord. Inoltre
bisogna tener conto anche dell'emigrazione verso l'Oriente dei Giudei
e dell'unione tra Indi e Sciti che portò nel nord-ovest dell'India
il reame Kushan. Abbiamo, per questo, una mescolanza di tutti i
popoli tra Egitto, Siria ed India. Con quali mezzi, e dove le idce re-
ligiose e le pie leggende si trasmisero? I navigatori poco o nulla
contribuirono a ciò, molto di più i mercanti e le ambascerie; mol-
tissimo poi le comunita, ove Indiani Ebrei e Cristiani vivevano vicini.
Le più importanti sedi di riunione furono Babilonia e i paesi
al Nord cd all’Ovest dell'Indo: Bactria, Kabul, ed Aracasia. L’Au-
tore conclude questa prima parte ammettendo che lc idee religiose
furono dai vari sacerdoti (Induiti, Buddhisti, Cristiani, Ebrei) ridotte
a forma letteraria senza riguardo, forse, alle speciali loro religioni.
In altro articolo il Kennedy (I 737) continua il suo studio
csaminando le leggende dei vari paesi. Le prime leggende importate
in Oriente furono le ebree: come quella di Mosè e quella del giudizio
di Salomone. Quasi nello stesso tempo la propaganda dei Kushi
arrivò fino in Babilonia che era piena di Ebrei c di Gnostici. Il sin-
cretismo in Babilonia in questo tempo viene dimostrato dall’A.:
1° con il libro di E/kesar, le cui teorie furono prese dal Bud-
dhismo con la trasmissione dei Kushana e dagli Gnostici sincretici di
Babilonia;
2° con gli Acta Archelar, che narrano la storia d’un certo
Scytiano, ch’'Epifanio arricchì più tardi delle leggende di Simon
Mago. L'autore pensa che Scytiano non fosse che un Kushana, vi-
vente in città araba, occupato nel commercio indiano. Pensa an-
I. 736-737 — KENNEDY |]. The the transmission of religious legsends
Gospels of the Infancy, the Lalita between India and the West. ]RAS,
Vistara, arl the Vishnu Purana;or 1917, 209-243; 499-540. (MA).
cei
XI. BUDDHISMO. Ì I. 736-737
e _—_. I Ò6I/./ L10989 O | —-e-e©2},rrrrrrrr e _-- DA nn i
cora che si tratti di una storia illustrante la propagazione del Bud-
dhismo mahavanico nella Valle dell'Eufrate;
3° con le tradizioni cristiane che hanno sempre connesso Buddha
e Mani, per cui l’A. definisce quest'ultimo come uno gnostico Zoro-
astriano. E se speculativamente ed eticamente l'India non dette
nulla al Manicheismo, pure il Buddhismo si riallaccia a questo, poichè
entrambe erano religioni di asceti e con le stesse basi.
Ora lA. esamina ciò che avviene entro l'impero Romano, esclu-
dendo, come non valevoli, le testimonianze di Plutarco, Pausania,
Dione Crisostomo, Alliano. Dice che la religione indiana penetrò at-
traverso il Cristianesimo (300 d. C.) con Basilide, Bardesane, Ori-
gene, Clemente, Ippolito e col neoplatonico Porfirio. In Siria si ha
qualche conoscenza dell'India. Apollonio di Tiana vive ad imita-
zione dei Yogi e Peregrinus Proteus s'uccide nel fuoco come i filosofi
Indiani. Inoltre tanto i tilosofi orientalisti (Esseni, Gnostici, Neopi-
tagorici, Neoplatonici) quanto gl'Indiani trattavano sotto differenti
punti di vista eguali questioni: p. es. del Dio inconoscibibile, della
divinità dell'anima, dell'origine del male, ecc., ecc.
Dal 300 al 600 d. C. le relazioni tra l'impero Romano e l'India
furono più estese per mezzo dell’accresciuta prosperità della Siria,
della Persia, e degli Stati soggetti ai Gupta, che favorirono la rinascita
dell’Induismo. Così che, mentre i Persiani traducevano le leggende
Buddhiste in quelle Cristiane, i Brahmani di Uj}jayini studiavano la
scienza dei Greci (Astronomia, Geografia, Fisica, ecc.) in Alessandria.
Traccie di Romani nell'India sì hanno dall'esistenza di molte mo-
nete. Il Paricatantra fu tradotto in Persia, e, attraverso gli Arabi,
fu conosciuto in Europa col nome di favole di Pifa:. Così purc leg-
gende buddhiste furono trasmesse all'occidente attraverso tradu-
zioni persiane e siriache. L'autore conclude: le storie Indiane ar-
rivarono all'Occidente attraverso Greci e Persiani e che nulla si
aggiunse alla storia, tra il 39 sec. a. C. ed il 3° d. C.; il Buddhismo
non fu conosciuto che nel 19 sec. d. C.; nel 29 sec. d. C. si cercarono
notizie indiane c qualche pratica indiana fu conosciuta in Sina:
fra il 300 ed il 600 d. C. 1 sapienti indiani studiarono scienza greca
in Alessandria mentre il clero cristiano adattava le leggende bud-
dhistiche, le sole storie d'orizine occidentale che circolarono in Oriente
nei tre primi secoli sono d'origine ebrea.
Per quanto si riferisce al gruppo di leggende comuni ai Cristiani,
Buddhisti ed Induiti, il Kennedy osserva che i tre Vangeli da lui
esaminati sono quelli conosciuti col nome di Evangelium Infantiae,
Protevangelium Jacobi e il Vangelo del Pscudo-Tomaso. Le leggende
in questi contenute risalgono al II sec. d. C. Posteriore forse d'un
155
BALLINI - INDIA. I. 738-739
secolo è il Lalitavistara. Quindi è probabile che i Vangeli, a traverso
| i Bodhisattva di Babilonia, offrissero i materiali alla leggenda
del Lalitavistara. Infatti l'A. trova dieci elementi comuni ai due cicli
di leggende. Il Garbe opina che i Buddhisti influenzassero alla lor
volta gli evangelisti sinottici (p.es. la visita di Asita, latentazione, ecc);
ma il Kennedy non è di tale opinione. In quanto al Harivamsa e
al Visnupurana che trattano dell’infanzia del dio pastore Krsna, l’A.
dimostra: 1° che si tratta di una storia del tutto nuova; 2° ch’essa
sorse rivale delle leggende buddhiste; 3° che gli autori ricorsero alla
Cristianità per la cornice della storia. Queste due opere risalgono
infatti al periodo Gupta con la rinascita dell’Induismo e quindi si
preferì ricorrere. a materiali cristiani piuttosto che a buddhisti.
L’A. nota otto punti comuni alle due storie (cristiana e induita). Forse
che il Cristianesimo influenzò pure l’Induismo antico? Difficile que-
stione. L’A. la lascia sospesa, opinando che queste due religioni si
tocchino solo alla periferia.
Il Giinter (I 738) occupandosi dei presunti nessi di dipen-
denza dalle leggende buddhistiche di tradizioni e credenze occi-
dentali, esamina accuratamente i Vangeli apocrifi, le leggende
medioevali e le vite dei santi in quanto possono aver subìto una
influenza orientale e dimostra con larghissima documentazione che
i motivi delle varie leggende avvicinati riconducono tutti ad un
fondo comune e generale di credenze, fondo che è dato trovare
in tutti 1 tempi e in tutti i luoghi, perchè essenzialmente ‘umano.
Non sì può, dunque, affatto parlar d’influenze. Questo lavoro
del Giinter, che mostra una reazione all’indirizzo esagerato com-
parativo fra Buddhismo e Cristianesimo, accoppia a un’ampia
conoscenza del materiale indologico una grande padronanza della
letteratura agiografica cristiana c della novellistica classica e me-
dioevale.
Nel n. 7, Maggio 1922, di « Yhe Buddhist Chronicle » (I 739)
rivista che si pubblica a Colombo con lo scopo di dare ragguagli
intorno al movimento Buddhista nel mondo e in ispecie a Ceylon,
si accenna ad una polemica contro i missionari cristiani e sì ripro-
duce un articolo dell'americana D. M. Bennet che enumera le man-
chevolezze del Cristianesimo rispetto al Buddhismo. I Buddhisti di
I. 738 — GUENTER HEINRICH,
Buddha in der Abendlandischen
Legende, pp. XII+-306 Leipzig.,H.
Haessel 1922. — Rec.: JRAS,
1023, 452-53 (JARL CHARPENTIER);
RSO, IX, 1921-23, 010-614 (G.
Tucci); FR, II, 1923, fasc. 2, 54-55
(G. Tucci). (LM).
I. 739 — The Buddhist Chro-
nicle.— Rec.: FR,I, 1922, fasc. 3-4,
1922 74-70 (C. FoRMICHI). (MA).
cai Gra
XI. BUDDHISMO. I. 740-752
Colombo stimano la loro religione superiore a tutte le altre e si esor-
tano vicendevolmente alla fedeltà della propria religione.
Sir E. A. Wallis Budge (I 740) pubblica la versione etiopica
del romanzo di Barlaam e Josaphat. Ne dà pure la traduzione,
preceduta da un'ampia introduzione, nella quale tratta delle ori-
indiane dell’opera, compendiando il Lalitavistara e il Jataka,
della versione pehlvi, delle altre orientali e del testo greco «donde
direttamente e attraverso il latino, rampollarono le molte cdi-
zioni occidentali ».
Varî altri studi sono apparsi concernenti Buddhismo e Cristia-
nesimo (I 741-752).
I. 740 — Bupce SIR E. A. WaL-
LIS, Barolam and Yewasef, being
the Ethiopic version of a christia-
nized recension of the Buddhist le-
gend of the Buddha and the Bodhi-
sattvra. Vol. I pp. XVI+# 246; Vol.
II, pp. CXXII4 350. Cambridge.
University Press 1923. — Rec.:
RSO, X, 1923-25, 305-369 (C.
ConTiI-RossIni).
I. 741 — LUuETTGE W., Christ-
entum und Buddhisnus. Eine Studie
zur Getstes Kultur des Ostens und
des Westens, IV + 50, Gottingen,
Vandenhoet und Ruprecht 1916.
— Rec.: ThALB, 1918, 145 segg.
(OLDENBERG).
I. 742 — SpEeEkR R. E.,, Points
of Contact with Christianity in
the Heresies of Stamese Buddhism.
PzThR, 1916, 62-71.
I. 743 — SMITH A. D. HH,
Buddhism and Chvristianity. BE,
1916, 86-90.
I. 743a — HOPFNER G., Fyli-
sung tin Buddhismus und Christen-
tum. PrM, 1916, 225-238, 205-278.
I. 744 — Kern H, Fene in-
dische wedergade van de legende
der heilige Lucia. G, 1917, 534-540.
I. 745 — Ammannx T, Bud-
dhismus und Christentum in Japan.
EMM, Igzo0, 265-209.
I. 746 — Haas H., Mark. NII,
41 ff. und Kalpanamandinikà (LV)
22. Leipziger Universitàtspro-
gramm, 80, Leipzig, Edelmann.
1921.
I. 747 — SmitHu F. H, 7le
Sutta and the (ospel. An Inqiiry
into the Relationship betiveen the
Accounts of the supernatural Biyths
of Buddha and Christ. ChQuRev,
192I, 92.
I. 748 — Gorpon E. A,
Asian Chyristology and the Maha-
vana. A Reprint of the Century-old
Indian Church History by THOMAS
Yeates, and the Further Investi-
gatton of the Religion of the Orient
as influenced by the Apostle of the
Hindus and Chinese. XIII -}- 334,
Torvo, Maruzen 1921.
I. 749 — CLEMEN C., Christliche
Finflitsse auf den chinesischen und
Japanischen Buddhismus. OZ, 9,
1922, 185-200.
I. 750 — AUFHAUSER ]. B,
Christentum und Buddhismus in
Ringen um Fernasten. NII + 401,
Bonn, Schroeder 1922.
I. 751 CARPENTER |]. EstLIN,
Buddhism and Christianity: a Con-
trast and a Parallel. pp. 310,
London, Hodder and Stoughton
1423.
I. 752 — GirixbRoNNFAU P.,
— 157 —
BALLINI - INDIA. IL 752-758
Una ricchissima bibliografia su le pretese relazioni fra il Bud-
dhismo e il Cristianesimo ha pubblicato lo Haas (I 753).
7.VARIA. — K. J. Saunders (I 754) mostra, con dati pure della
propria esperienza, quali profonde radici abbia il Dhamma buddhisti-
co là ove è ancora seguito, come «tradizione del passato, come costu-
me del presente, come ideale di vita buona ». L’opera, scritta da un
caldo propagandista cristiano, mostra tutto il dovuto rispetto alla
dottrina dell’Illuminato e si fonda su elementi reali.
Il Griinwedel (I 755) offre «una minuta, precisa, esauriente
descrizione dei luoghi di culto — templi e grotte che il Buddhi-
smo ha fatto sorgere» nel Turfan, luoghi da lui visitati durante
la Kgl. Preuss. Turfan-Expedition, di cui appunto egli ha fatto
parte (1904-1905).
Il Formichi (I 756) esamina la preghicra nel Buddhismo pri-
mitivo, la quale all'antica implorazione vedica di grazie e di fa-
vori dalla Divinità, sostituisce l'intensa meditazione tutta rivolta
a ricordare i doveri morali che il Buddhista deve mettere in pra-
tica in ogni istante della sua vita. Il F. porta come esempio di
essa il contenuto del Siga/ovadasuttanta, nel quale si ha la confuta-
zione da parte del Buddha delle preghiere che costituiscono gli
inni 26 e 27 dello Atharvaveda; l’Anguttaranikaya III, 03, 6,
«esercizio spirituale del Buddhista, inteso a colmare l’anima
propria di amore per tutti gli esseri e a projettare tale sentimento
d'amicizia in tutte le direzioni, verso l’est e l’ovest il nord e
il sud»; le varie farittà (cfr. Milindapaîtiha) ccc. Continua poi ac-
cennando che se nello Hinayvana la preghiera vive una vita tisica
e stentata, larga manifestazione ha nel Mahavana. Cita alcune
strofe della Bhadracarà di Samantabhadra (I sec. d. C.) e del
Bodhicaryavatara di Cantideva (VII sec. d. C.; v. I 430, 437).
Altri argomenti varî di Buddhismo sono stati trattati (I 757-770).
De l’influence du Bouddhisme sur New York, Macmillan a. Co. 1923.
la figuration des enfers médioévaux. «;/— Rec.: JRAS, 1925, 132 (CL A. F.
pp. 39. Nîmes. RHyvs DaviDbs).
I. 753 — Haas H., Bibliogra- I. 755 GRUENWEDEL À., A/t-
phie Zur Frage nach den IWech- buddhistische Kultuystdtten in chi-
selbeziehungen zwischen Buddhis- nesich - Turkestan, Berlìn, Rei-
mus und Christentum. ZMR, 11-12, Mer I9I2. — Rec.: GSAI, NXIX,
Hett, 1921, e separato, Leipzig, 1919-20 (1921), 184-185 (L. SUALI).
Hinrichs, 1921. I. 756 — Formicui C., La pre-
I. 754 — SaunpeERrS KENNETH ghiera nel Buddhismo, Bil. II, 1924,
J., Buddhism and Buddhists in 14°
Southern Asia. pp. N + 75, I. 757-758 — CARPENTER J. E.,
— 198 --
NI. BUDDHISMO - XII,
INDU!ISMO.
t. 758-773
XII. Induismo. —. ]. C. Chatterji (I 771), direttore del
« Research Department in the State of Kashmir », esposte le origini
del Civaismo del Kagmir, ne illustra i castra (1rika) e le dottrine,
studiando anche gli stretti rapporti che esistono tra il Trika e il
(Catvasiddhanta dell'India meridionale.
In due grandi volumi, Gopinatha Rao (1 772) tratta, dopo
un'introduzione sulle varie scuole Givaite ed un capitolo sul culto
di Rudra-Giva, delle varie immagini del dio, con esposizioni teolo-
giche. Termina con un capitolo sulle leggende. Il lavoro è impor-
tante per ogni studioso d'arte e del mito.
Il Sen (I 773) narra la vita dei poeti del suo paese, vissuti nel
An Ancient Buddhist Universitv.
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I. 759 — Ruvs Davins C. A.
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dhistische Versenkung. 2. Aut,
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Schloss 1923.
I. 77101 — CnattERII J. C.,
Kashmir Shaivism: being a brief
introduction to the history, litera-
ture, and doctrines of the Advaitu
Shaiva philosophy of Kashmir,
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BALLINI - INDIA. I. 774-780
i I — —_—cr-
sec. XVI e nel sec. XVII. Parla delle quattro sette Vaisnava, quelle
di Maddhi, Sanaka, Rudra e Cri, devote tutte all’incarnazione di
Dio, personificata in Krsna, e discute, alla fine del volume, sulle
possibilità di personificare il Krsna dei Vaisnava con Cristo.
Lo stesso (I 774-775) dedica studi speciali al grande Caitanva
e ai suoi compagni, intorno ai quali, specialmente, verte tutta la
letteratura Vaisnava.
Su Caitanya scrivono pure il Charpentier (I 776) e il v.
Glasenapp (I 777).
Il Macdonell (I 778), a proposito della rappresentazione degli dèi
con quattro braccia, sostiene: 1° che essa cominciò nel periodo
50-100 d. C.; 2° che tale innovazione è dovuta al desiderio di dare agli
dèi possibilità di portare i varî simboli senza i quali gli stessi non
sarebbero bene identificati, se «represented by themselves apart
from the adjunct of a Vahana ». Il Venkateswara (I 779) espone
alcune considerazioni contro le conclusioni del Macdone!l, affermando
che, rifiutando egli l’interpretazione che le molte braccia degli dèi
simbolizzino forza sovrumana di potere divino, lascia campo colla
sua nuova teoria a maggiori difficoltà senza portare nuova luce allo
astruso simbolismo dell’iconografia Indiana.
Il Macdonell (I 780) risponde alle critiche del Venkateswara,
venendo alle seguenti conclusioni: 19° nel primissimo periodo Vedico
gli dèi non erano ancora iconograficamente rappresentati; 2° im-
magini di dèi incominciarono a farsi nell’ultimissimo periodo Vedico
(circa il IV sec. a. C.); 3° dalla metà circa del 1° sec. d. C. gli dèi,
nelle monete indiane, son rappresentati con quattro braccia; 4° dal
600 d. C. il numero delle braccia in certe divinità crebbe a sei e ad
otto e nell’8° sec. a sedici; 59 nel primissimo periodo dell’iconografia
Indù fu aggiunto un paio di braccia per portare simboli per indivi-
dualizzare i vari dèi.
I. 774 — SEN DINESH CANDRA,
Chaitanya and his compantons.
University of Calcutta, 1917,
NAXII-309, 2 tav. colorate. —
Rec.: JRAS, 1923. 134-136. H.
Wi. B..
I. 775 — SEN DixESsH CANDRA,
Chaittanva and his age, Calcutta
1922, NNVIILI +— 417. (LM),
I. 776 — CHARPENTIER ]., Chat-
tanya, an Indian St. Francis. H]
NIX, 1021, 0060-0678.
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Cattanya der bengalische Heiland.
Voss. Zeit. 1921, IV 384 Morge-
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JRAS, 1916, 125-130. (MA).
I. 779 — VENKATESWARA S. V.,
Miscell. Comm., JRAS, 1917, 587-
592. (MA).
I. 780 — MACDONELL A. A,,
Miscell. Comm., ]RAS, 1917, 592-
002. (MA).
XII. INDUISMO. I. 781-786
——————— ——— ———+———+—+—+—+—+»»+- €— ——__—m——_—_
Il Grierson (I 781) dice brevemente della (Civanaravani, una
piccola setta monoteista diffusa principalmente nei distretti di
Balia e Ghazipur. Fu fondata da Swami Giva Narayan Singh in
Samvat 1791. Il Wilson nel suo « The religious sects of the Hindus »
ne aveva trattato abbastanza esaurientemente.
H. C. Ravchandhuri (I 782) ha raccolto dalla letteratura più
antica informazioni e notizie, per illuminare la vita di Krsna e lo
sviluppo del Bhagavatismo. Vagliate le varie teorie finora proposte,
egli esclude che Krsna Vasudeva sia stata una divinità solare o un
dio di tribù, o della vegetazione; lo considera invece come una per-
sona, il capo Vrsni, ch'egli crede poi poter identificare con Krsna
Devakiputra, di cui sì parla nella Chandogya Upanisad.
Il Grierson (I 783) pubblica il testo, la traduzione inglese e il
vocabolario dei Lalla-vakvani,.i discorsi di Lal Dèd, la mistica civaita
che visse nel Kacmir alla fine del XIV secolo; studia in appendice
la lingua e la metrica della raccolta; il Barnett commenta dal punto
di vista filosofico.
Il v. Glasenapp (I 784) si propone di presentare le condizioni
sociali e religiose, che insieme compongono quel fenomeno eterogeneo
che, per mancanza di un termine migliore, si chiama «Induismo ».
Dopo aver discusso dell'India e degli Indiani, della natura e dello
sviluppo dell'Induismo, egli tratta del pensiero religioso (esseri ani-
mati ed inanimati, spiriti e dèi, ecc.), della letteratura religiosa,
dei concetti morali e dei sistemi filosofici, della vita sociale, delle
sètte, e dell'influenza occidentale.
. S. d'Oldemburg (I 785) si trova d'accordo con E. Colton Spooner
(I 786) circa la misteriosa figura di Vajrapani considerato come
I. 781 — GRIERSON G. A., 1920, 657 (Barevy); BSL, XXII,
Miscell. Comm., J]RAS, 1918, 114- 1921, 203-204 (J. BLocH). (GBP),
Me I. 784 — GLASENAPP Het-
I. 782 — RAYCHANDHURY Hem MUTH VON, Der Hinduism,; Religion
CHANDRA, Materials for the Study und Gesellschaft im heutigen In-
of the Early History of the Vaish- dien. NVI + 505. 43 tavole,
nava Sect. 8.vo, pp. 146. Univer- Minchen: Kust Wolff Verlag. 1921,
sitv of Calcutta, 1920. — Rec.: — Rec.: ZMR, 38, 1922, 125-128
JRAS, 1923, 140-141 (F.. E. Par-- (Haas); INLZ, 48, 1922, 100
GITER.). (LM). (Orto); JRAS, 1923, 437 (LD.
BARNETT). (£LM).
I. 783 — Lalla-vakyani, or the
wise sayings of LaL DED, edited by
SIR GEORGE GRIERSON and LIONEL
I. 785 — OLDEMBURG SERGE D',
Miscellaneous Comm., JRAS, 1917,
D. BARNETT. London, Asiatic So- 1397131.
ciety Monographs, XVII, 1920, I. 786 — SPooNER E. COLTON,
in-8, VIII+225. — Rec.: JRAS, ravashi of Gatauma. JRAS, 1910.
— 161 —
Aevum - Anno I - 11
BALLINI - INDIA.
I. 787-805
angelo custode, il nome del quale deriva dalla spada (vajra) che
tiene in mano. Il d'Oldemburg non è alieno dall’ammettere nella
concezione del Vajrapaàni influenze iraniche.
Numerosi altri scritti trattano di Induismo e di
(I 787-850).
I. 787 — Elmore W. ]J.,
Dravidian Gods in Modern Hin-
duism, Hamilton, New York,
I9I5.
I. 788 — FARQUHAR J]J. N,
Modern Religious Movements in
India. XV, 471, New York, Mac-
millan 1915.
I. 789 — BissanT À., Hinduism,
Universal Text-Book of Religion
and Moyals III, 1. Advar, Ma-
dras, Theosoph. Soc., 1915.
I. 790 — Howetts G., The
Soul of India: an Introduction to
the Studv of Hinduism in its Hi-
storical Setting and Development,
and in its Internal and Historical
Relations to Christianitv. pp. 642,
London, Kingsgate Press 1915.
I. 791 — ScHMIDT M., Das Chri-
stentum, die Erftllung des Hindu-
ismus. ZMR, 1915, 193-195.
I. 792 — ZiMMERMANN |,
The God Juggernaut and Hin-
duism in India. New York, Revell
Co. 1915.
I. 793 — Rep ELIZABETH AÀ,,
Hinduism tn Europe and America.
London, Putnam'’s Sons 1915. —
Rec.: Ath, 1015, IL 374.
I. 794 — KErRx H., Over de
cermoedelijfen oorsprong der N a-
gaiereerine. BTLVNI, 1916, 395-
348.
I. 795 — Crookxe W., Zudian
Serpent-W'orship. ERE, 1920, 411-
419.
Tantrismo
I. 796 — -VoceL ]J. P. L,,
Serpent-worship in Ancient and
Modern India. Act. O, 1923,
279-312.
I. 797 — NMAITRA HAREkn-
DRANATH, Zinduism: the W'orld-
Ideal, London, Cecil Palmer 1916.
I. 798 — Foy W,, Ueber das
indische Yoni-Symbol. FK. 423-
428.
I. 799 — CALAND W. e A. A.
FoKkKER, Drie onde Portugeesche
verhandelingen over het Hindo-
eisme. VAW., 1915, afld. Lett., IV,
R. 16. 1. — Rec.: Mm, 1910,
89-91 (KERN).
I. 800 — ]JoHansson K. F.,
Ueber die altindische Gòttin Dhisa-
na u. Verwandtes. Beitrage zum
Fruchtbarkeitsthkultus in Indien.
Skrif. IK. Human. VetensFaps-
Samfuncdet, 20, 1, Upsala, 1917.
I. 801 — FEuimore W. T., Dra-
vidian Gods in Modern Hinduism.
RHR, 1917.
I. 802 — SHASTRI ANANDA-
VARDHAN, ‘as veligiòse Moment
in der indischen Nationalbew'egung,
NO, I, 1917, 156-159.
I. 803 — GLASENAPP H. vox,
Eine hinduistische Theologie(Madl-
va's System des Hinduismus),
NO, IIT, 1917, 235-237.
I. 804 — GLASENAPP H. vos,
Fine indischer Gòtterhvmnus (Ma-
divas auf Vishnu), NO, IT, 1916,
311-312.
I. 8305 — GlrasExaApPP H. voxn,
— 162 —
XII. INDUISMO.
I. 805- 830
L’Avalon pubblica e traduce, pur con la collaborazione di altri
studiosi, testi di contenuto Tantrico (I 851).
Die Sikhs, ihr StaatundihrGlauben. -
NO, IV, 1918, 403-407.
I. 806 — COOMARASWAMY A.
The Dance of Siva (= Fourteen
Indian Essavs). With Introductory
Pretace bv R. RoLLanD. London,
Luzac 1918 e 1924.
I. 807 — MacxicoL N., Trans-
migration and Karma and theiy
Influences on a Living Hinduism.
The Expositor, 1918, 291-301.
I. 808 — GLASENAPP H. vox,
Die Religionen im taglichen Leben
der Hindus. NO, TV, 1918, 486-480.
I. 809 — MacpboxNELL A. AÀ.,
Ramaism. ERE, 1918, 500 segg.
I. 810 — GLASENAPP H. von,
Die Neubelebung der indischen Re-
ligionen und ihre Propaganda. NO,
IV, 1918, 232-235: 330-332.
I. 811 — GtLasENnAPP H. von,
Indischer Okkultismus. NO, VV,
IQIO, 342-340.
I. 812 — GLASENAPP H. vox, Der
Hinduismus als soziales und veli-
gilises Phanomen. DR, CLIXVIII,
1919, 382-346.
I. 813 — GLaAsENAPP H. von,
Der Festkalender der Hindus. NO,
V, 1919, 250-258.
I. 814 — GLASENAPP H. vox,
Leib und Seele des Mdnchen nach
der Vorstellung der Hindus. NO,
V, 1919, 200-202.
I. 815 — SALMONY
tanzende Shiva.
I, 1919.
I. 816 — ScHomEertus H. \W,,
Das heilige Wecken. Ein Mor-
genlied indischer Sonnenanigane
den Gott Siva begriissen. NO, V,
1919, 198-200.
A., Der
Das RKunstblatt,
I. 817 — GLasENAPP H. von,
Brahmanen und Fakire. NO, 6,
1919, 150-160.
I. 818 — CARPENTER G. ESTLIN,
Theism in Medieval India (=The
Hibbert Lectures, 1919), London
1921.
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the Saints of Pandharpur. 120, Lon-
don, Luzac 1919. — Rec.: JRAS,
1921, I31 (BEVERIDGE).
I. 820 —_ Kriec E., Vivekha-
nanda Swami. Un prophète mo-
derne de ’ Hindouisme., Biblio-
thèque Universelle, 89-96, 1920.
I. 821 — MoniER-WiILLIAMS M.,
Hinduism (= Non-Christian Relig.
Systems). 230, London, Soc. for
Prom. Knowledge 1920.
I. 822 — GLASENAPP H. vos,
Der Dichter Harivans und die
Sekte der Radhavallabhis. NO, 7,
1920, 84.
I. 823 — GrLASENAPP H. von, .
Dadi und die Dadupanthiîs. NO,
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I. 824 -- FrazER R. MV. Sat-
vism. ERE, 1920, 91-90.
I. 825-826 — AIrvaNnGaRr I,
Early History of Vaitshnavism in
South India. 1920, 112.
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the Maratha Saint. JAOS, t1020.
I. 828 — \WooDRoFFE ]|,,
Shakti:the World as Power (Quest.),
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I. 829 — (\WiINTERNITZ_ M.,
Kysna-Dramen. ZDMG, 1920, 118-
144.
I. 830 — ZoxDERVAN P., De
imythische geboorte van Krishna en
se '{08=
BALLINI - INDIA.
I. 830-851
Di Tantrismo si occupano pure il Winternitz (I 852), G. W.
Gilmore (I 853), A. S. Geden (I 854).
onze Kerstverhalen. NThT,
210-237.
1920,
I.831 — KEITH BERRIEDALE AÀ,,
Trimitrti. ERE, 1921, 457-8.
I. 832 — WESTERN F. ]J,,
Hindu and Christian Sadhuism.
IRM,.192I, 525-541.
I. 833 — CRookE W., Vaisna-
vism. ERE, 1921, 570-572.
I. 834 — ELIOT SIR CH., Hindu-
ism and Budahism: ‘An Historical
Sketch. 3 voll., pp. V + 345, II +
322, IV + 513, London, Arnold,
1921. — Rec.: JRAS, 1922, 442-
446 (R. C. TEMPLE); IRM, 1923,
12, 287-289 (SAUNDERS).
I. 835 — BaRNnETT L. D., Hindu
Gods and Heroes (=Wisdom ot
the East Series). London 1922.
I. 836 — MITRA SARAT CHAN-
DRA. 1° The second account of the
worship of goddess Antheswcari.
2° On the cult of the Rain-God in
Northern Bengal, ]ASB, XIII, 1022.
I. 837 — GLASENAPP H. von,
Madhvas Philosophie des Visnu-
Glaubens. pp. X + 66+ 119, Bonn,
Schròder 1923.
I. 838 — MCICENZIE ]J., The
Religious Quest of India: Hindu
Ethics pp. 271, London, Milford
1923. — Rec.: NThT, 12, 1923,
3c6 (STRAUSS).
I. 839 — SAUTER J. A., Unter
Brahminenund Parias. Neue Folge.
pp. 273, Leipzig, Kohler 1923.
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ravana. Jena 1917.
V. pure:
OTTO R., Siddhanta des Rama-
nuja. Jena 1017.
I. 841 — CALAND W., Ttvee
oude frausche verhandelingen over
het Hindoeisme. VAW, Afd Lett.
NR, 23, 1923, 3, 1-195.
I. 842 — CHETTY D. G., New
list upon Indian Philosophy or
Swedenborg and Saiva Siddhanta.
XXXVI + 218. New York, Dut-
ton 1923.
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Indra and Durgà. Modern Hindo-
stan. Z Ind. 2, 1923, 133-139.
I. 844 — Rao GoriNaTHA T.A.,
Sir SUBRAHMANYA AYVAR, Lec-
tures on the History of Sri Vai-
snavas. Madras, Governm. Press
1923.
I. 845 — BANERJI R. D., The
Temple of Siva at Bhumara. Ar-
chaeological Survey of India,
1924.
I. 846 — VALENTINO H., L'hi-
stotre merveilleuse de Krishna.
XXVIII + 243. Paris, Perin, 1923.
— Rec.: RC, 58, 1924 (LACOTE).
I. 847 — SCHMIDT ]., Die in-
dische Witwenverbrennung. Fug-
getlen Szemle, I, 1922, 432-441.
I.848 —IYvER VENKATALLAM V.,,
The Adventures of the God of Ma-
dura. IA, XLIX, 160, 161.
I. 849 — GLASENAPP H. von,
Die (Geheimlehre des Pancaratra.
NO, IX, 61-03.
I. 850 — GLASENAPP H. von,
Namdev, ein marathischer Sanger
der (sottesliebe. NO, 7, 35.
I. 851 — AVALON A,, Tantrik
Texts, London, Luzac, 1915-1919.
— Rec. ThLZ, 1915, 457 (OLDEN-
cia
XII. INDUISMO - XIII. PERIODO ZOROASTRIANO. PARSISMO. I. 851-856
[XIII. «Periodo zoroastriano della storia dell’India ».
Parsismo. — Gli scavi iniziati dal Col. Waddell e proseguiti da D.
B. Spooner a Kumrahar, un villaggio nei dintorni di Patna (Patali-
putra) hanno messo in luce una reggia costruita sul piano di quella
di Persepoli; lo Spooner (I 855) spiega ciò, raccogliendo le prove
dell'origine persiana della dinastia dei Maurya, e di un periodo
zoroastriano nella storia dell’India.
Il Keith (I 855a) combatte con varî argomenti tale tcoria dello
Spooner.
Il Thomas (I 855b) pure non si mostra soddisfatto della dimo-
strazione dello Spooner a sostegno della teoria che sia esistito un
periodo Zoroastriano nella storia Indiana; tuttavia ammette il
coraggioso sforzo di risolvere un importante problema, e la proba-
bilità di un'influenza Zoroastriana, specialmente nell’iconografia e
nell'arte del periodo del Gandhàra. Si occupa particolarmente della
ipotesi riguardanti Asura Maya, Monte Meru, e Karsa.
S. K. Hodivala (I 856) raccoglie tutte le notizie storiche,
letterarie, epigrafiche e numismatiche che hanno attinenza coi
rapporti fra la Persia e l'India dai più antichi tempi sino al XVI sec.
d. C. L’Autore discute la teoria dello Spooner sul « Periodo Zoroa-
striano nella Storia Indiana » ch'egli ritiene assai attraente, ma non
rispondente ai dati storici.
M. P. Kharegat, continuando la collezione degli scritti sanscriti
dei Parsi, iniziata da E. Sh. D. Barucha, morto nel 1915, pubblica
l'Ardha-Guira, quinta delle sette parti, di cui le principali quattro
prima pubblicate sono le versioni sanscrite del Kkorda-Avesta-
Arthah, Ijisnî, parte del Yasna Mainyo-i-khord e Skanda-Gumani-
Gujara. Le rimanenti sono opere minori, fra le quali sono compresi
un trattato di astronomia e i glossari del Pazend e dell'Avesta. Tutto
— Osservazioni di V. A. SMITH,
ibid., 800-802. (GBP).
BERG); Mm 1920, 148-151 (Bors-
SERVAIN).
I. 852 — WINTERNITZ M., Die
l'antras und die Religion der Saktas.
OZ, 1915, 153, 163.
I. 853 — GiLMorE G. \,,
Tantrism, the Newest Hinduism.
AJTh, 23, 1919, 440-457.
I. 854 — GEDENA. S., Tantras.
ERE, 1921, 192-193.
I. 855a — KEITH A. BERRIE-
DALE, Zhe Zoroastrian Period of
Indian History. ]RAS, 1010, 138-
143. (DM). |
I. 855b — Dr. Spooner, Asura
Maya, Mount Meru, and Karsa.
JRAS, 1916, 302-366. (LM).
I. 856 — HODIVALA SHAPURJI
[I. 855 — SPOONER D. B., The
Zoroastrian Period of Indian Hi-
story. JRAS 1915, 63-89 e 405-455.
KavasJi, The Parsis of Ancient
India. VI + 152, 1 tavola, Dorab
SaFlatwalla Memorial Series N. 11,
DIRE (1 ge
I. 856-864
BALLINI - INDIA.
ciò costituisce un tipo di letteratura ben noto anche in altre re-
ligioni: la narrazione cioè delle visioni del gran Sacerdote Viraf,
nelle quali si rivelano i destini dei buoni e dei peccatori nell'altro
mondo. Il Karcghat, nel darci anche nna vecchia versione gujarati,
offre uno schema dell'antica grammatica del dial. Gujarati. Sono
uniti altresì quattro fac-simili fotografici del testo. ed una tavola
degli alfabeti Pazend antico e Nagari (I 8502).
Jivanji Jamshedji Modi (I 857) pubblica le comunicazioni
fatte alla ‘‘ Bombav Branch della R. A. S.,, particolarmente su argo-
menti relativi ai Parsi e al Zoroastrismo.
Il Mills (I 858) dà e commenta l'equivalente letterale indiano
di Yasna XXXII, 1-8 e di XLIII, 1-16 (I 859-862)].
XIV. Epica e Purana. 1. MAHABHARATA E RAMAYANA.
— L'episodio di Nala e Damayanti è tradotto e commentato da
Svlvain Lévi (I 863) nel T. I. della collezione « Les classiques d'Ortent ».
Le incisioni in legno sono opera di Andrée Karpelòès.
P. Dumont (I 864) pure traduce sull’edizione dell’Eggeling (I-
dinburgo 1913) il Nala mahabharatiano. In una breve introduzione
egli parla del massimo poema epico dell'India, accennando alla
varietà del suo contenuto, ai grandi suoi pregi di poesia e di pensiero,
all'aspetto derivatogli dal rimaneggiamento dovuto alle caste sa-
cerdotali, all'influenza delle varie sette: elementi tutti che — parti-
colarmente data l'eguaglianza quasi costante dello stile epico in
I. 859-862 — Mitis LAWRENCE,
Yasna XLIII, 1-6, în its Sanskrit
Forms, JRAS, 1017, 542-543:
LATIT, 7-10. JRAS, 1917, 754
-751. (GBP)].
I. 863 — La lésende de Nala et
Damavanti, traduite du Sanskrit
avec introduction, notes, et vocabu-
laire, par SyLvain LEvi. T. I. de
la coll. « Le Classique d’Orient ».
Bombay, 1920. — Rec.: JRAS,
1923, 14I (J. ALLAN). (L.V).
I. 856a — Arda-Guira, (Part,
of Collected Sanscrit Writings
of the Parsis edited bv ERvaRD
SHERIARJI DADABHAI BHARUCHA).
pp. 100, Bombay, publ. by The
Trustees of the Parsee Punchayet
Funds and Properties, 1920. —
Rec.: JRAS, 1923, 120-121 (E. J.
THOMAS).
1.857 — MODI JIVANJI JAMSHEDI
B. A. C. I. E., Astatic Papers Part
II. The Times Press, Bombay,
1017. — Rec. JRAS, 1918, 630.
(VA) V.I 1448.
I. 858 — MiLis LAWRENCE,
Yasna NXNNXTII, 1-8, în its indian
equivalent. JRAS 1915, 205-211.
Collection publiée sous le patro-
nage de l’Association Frangaise
des Amis de l’Orient et la direction
de Victor Goloubew. Paris, Bos-
sard. — Rec.: JA, 1922, 114
(G. FERRAND). (ZC).
I. 864 — Histoire de Nala.
Conte indien. Episode du Maha-
bharata. Traduction nouvelle par
- 106 -
XIIT. PER. ZOROASTR. PARSISMO - NIV. EPICA E PURANA.
ai al
I. 864-871
ogni sua parte — rendono assai difficile e complessa la questione
della genesi e della composizione del poema stesso. Accenna ai ter-
mini di età più probabili: 400 a. C. (a quo), 400 d. C. (ad quem). Con-
sidera particolarmente la storia di Nala, la sua alta antichità origi-
nale, la soavità e la popolarità della leggenda, di cui da un brevissimo
sunto; descrive il giuoco dei dadi nell'India antica, secondo i resul-
tati delle indagini del Liiders (I 8065); tratta dei personaggi del
poemetto e dei luoghi ove si svolge l'azione. Il Dumont ricorda final-
mente le precedenti traduzioni tedesche, inglesi, le francesi del
l'auche e di S. Lévi; non accenna invece a quella eccellente in ita-
liano in ottava rima di Michele Kerbaker (I 866).
Il Caland (I 867) pubblica testo e versione, con brevi illustra-
zioni, degli episodi del Mbh.: Savitri e Nala e Damavanti; il Vogel,
la versione della Savitri (I 868).
U. Vidyabhushana (I 869) ha raccolto racconti in prosa e in
poesia da poemi epici e da altre narrazioni, con commenti inglesi
e sanscriti.
Del prezioso indice dei nomi del MbA. curato dal Sorensen sono
usciti nuovi fascicoli (I 870).
Un importantissimo studio sul Mb. è costituito da una delle
ultime pubblicazioni dell'Oldenberg (I 871).
P. E. Dumont. Bruxelles, M. La-
mertin Editeur 1923, pp. 109 } 4.
I. 865 — LUEDERS HEINRICH,
Das W'urfelspiel 1m alten Indirn
ACWG, phil.-hist. KI. Bd. IX,
n. 2, 1907. V._ RSO, I 1900-7,
571.
I. 866 — Storia di Nalo: epi-
sodio del Mahabharata, tradotto in
ottava rima da M. K., Torino,
Loescher, 1878, 10°, pp. 221 —
Nalo e Damaianti. Racconto clas-
sico indiano del Mahabharata. Vers.
. del sanscrito in
M. K., 2 ed., Torino, Loescher,
1834, pp. 221.
I. 867 — CaLann W., Sarvitri
und Nala. Zwei Ipisoden aus
dem Mahaàbharata. Text mit Kur-
zen erklarenden Noten und Glossar.
pp. 105, Utrecht, OosthoeF 1918.
I. 868 — Voce1. |] PH. Sawt-
ottava rima di
trì Indische Spiche uit het Sans-
Rrit. Amsterdam, Scheltema und
IlolFema 1918.
I. 869 — VIDYARHUSHANA
UPENDRANATH, Akivana-Sambhita,
or Legends of India. IMustrating
samples of ancient arts and science
of India in her palmiest davs.
VIII 4 109, Calcutta, 1920. -—
Rec.: JRAS, 1923, 435 (L.D. Bark
NETT). (LM).
I. 870 — SORENSEN S., Index
to the names in the Mahabhharata,
with short explanattons and a
concordance to the Bombay and
Calcutta edittons and P. C. Rovy's
translation. Pt. N, 1920, NI, 1922,
London.
I. 871 — OLDENBERG H., Das
Mahabharata. IV + 178, Gottin-
gen, Vandenhoeck und Ruprecht
1922. — Rec.: LZBI, 74, 1923,
935-906 (HILLEBRANDT).
1607 —
BALLINI - INDIA.
I. 872-883
Altri scritti sul MdA. sono usciti per opera di J. M. Macfie (I 872),
E. W. Hopkins (1873), T. K. Krishnacharya (1874), Temple (I 875),
E. Bartoli (I 876), J. Charpentier (I 877), K. P. Jayaswal (I 878)
K. Wulff (I 879).
L’Iyer (I 880) cerca di sceverare, servendosi di un'accurata
analisi e di confronti con un’antica versione telugu del MbA., i varî
elementi originali e spurìî mescolati insieme nél Mbk. stesso.
Per il valore nel MdA. della parola gana, vedi I 85.
Pandit Ram Labhaya (I 881)
inizia l'edizione della recen-
sione nord-occidentale, la kagmirî (secondo il Lévi la più antica)
del Ramayana. I primi tre fascicoli contengono circa 72 sarga del-
l'Ayodhyakanda.
Il Grierson (I 882) dà la traduzione di alcuni passi della sud-
detta versione kagmiri del Ramayana
(opera nel Kasmir molto
diffusa) per cui Sità sarebbe la figlia di Mandadari moglie del Ra-
ksasa Ravana.
- T. Michalski (I 883) pubblica « una fedele ed efficace traduzione
del I sarga del Kiskindhyakanda ». Nell’introduzione il M. dà « estesa
I. 872 — MAcKIE ]J. M., The
Mahabharata, A Summary. Ma-
dras. Christian Literature Society
tor India 1921. — Rec. : IRM,
II, 1922, 303-305 (URQUHART).
I. 873 — Horkins E. W.,
Mahabharata. ERE, 1915, 325-327.
I. 874 — KRISHNACHARYA T. R.,
A preface (sanskrit and english)
of criman Mahabharatam. A de-
scriptive contents of criman Mahda-
bharatam. An alphabetical index of
it. Bombav, 1914 ,pp. 44, 91, 255.
I. 875 — TempLe R. C., The
projected illustrated Mahabharata.
IA, March 1923.
I. 876 — Bartoli E. Saggio
di esegesi del Mahabharata in Eco
della Cultura, N. unico per M.
Kerbaker, pp. 59-105, Napoli 1916.
I. 877 — CHARPENTIER JARL,
Die Namen der Pandu:den am
Hofe des Virata. ZDMG, LXXII,
1918, 224-220.
I. 878 — JavaswaL K. P,,
Republics in the Mahabhavata.
JBORS, vol. I, p. II.
I. 879 — Wutrr K., Den
oldjavanske W'irataparwa og dens
Sanskritoriginal. Bidragtil Maha-
bharata Forskningen. pp. 269 Ko-
penhagen, Wiene. — Rec.: Mm,
1917, 77-79 (JUYNBOLL).
1.880 — IvER V. VENKATACHEL-
LAM. Notes of a Study of the
Preliminary chapters of the Maha-
bharata. 10 + 416 4 XV, Madras
1922. — Rec.: JRAS, 1923. 427
(L.D. BARNETT). (LM).
I. 881 — The Ramayana of
VALMIKI (North-Western Recen-
ston). Edited by Ram LABHAYA.
Fasc. 1-3. pp 250, The Research
Department DAV College, 1923. —
Rec.: JRAS, 1925, 175 (LD. BaR-
NETT).
I. 882 — GRIERSON G. A,
Sita's Parentage. J]RAS, 1921, 422-
424. (MA).
I. 883 — Ramavana. Tensk-
nota Ramy przelad 2 sanskrytu,
XIV. EPICA E PURANA. — I. 883-891
notizia delle recensioni del Ram., degli studî critici intorno al poema,
delle traduzioni e rifacimenti » e una breve esposizione del poema. Il
volume sì chiude con la traduzione riveduta e corretta dell’episodio
di Yajfiadatta dovuta a W. S. Majewski (1704-1835).
Altri scritti sul Ramayana sono usciti per opera del Macdonell
(I 8834), Kern (I 885), Juynboll (I 885a) Ronkel (I 886).
Lo Hopkins ha pubblicato uno studio di mitologia epica (I 887).
Per l’esistenza del II libro del Ramayana nella forma attuale
al tempo di Acvaghosa, v. I 4806.
2. Purana. — Sushil Kumar De (I 888) si occupa della scuola
filosofica, rappresentata in poesia dalla parte alamkara dell’Agnipu-
rana che, dipartendosi dai sistemi ortodossi, è poi seguita c svi-
luppata da Bhoja nel suo Sarasvatikanthabharana. Stabilita la
data dei capitoli alamkara verso il principio del IX sec., é fissato
il periodo in cui visse Bhoja, in seguito a confronti e citazioni, fra
il principio del XI e quello del XII secolo, l’A. mette a raffronto
le due opere, e ne fa notare fondamentali rassomiglianze.
S. Kramrisch (I 889) dà la traduzione di un capitolo del Visnu-
dharmottara (continuazione del Visnupurana « enciclopedia didattica
di arti e scienze »), che tratta della pittura.
Il Pavolini (I 890), continuando la rassegna della opere di
Demetrio Galanòs (GSAS, XXV, 1912, 299-304), esamina la sua ver-
sione del Devimahatmva « il libro di testo degli adoratori della dea
Kali, Candi o Durga nel Bengal», contenuto nel Markandeyapurana.
Dello stesso poemetto Devimahatmva da E. Bartoti (I 897)
Tu. MICHALSKIEGO. Warszawa, I. 887 — Horvkins E. W,
1920, 56. — Rec.: GSAI, XXIX, pic Mythology. 277, Strassburg,
1919-20 (1921) 189, (P. E. Pa- Iribner 1915. — Rec.: LZBI,
VOLINI). 1917, 629 (J. B.); DLIZ, 1917,
I° 884 — MacpoveLL A. A., 479482 (\WINTERNITZ).
Ramayana. ERE, 1918, 574-578. I. 888 — DE SusHIL KUMAR,
I. 885— Kerx H., Zaug I-III The Agni Purana and Bhoia.
van't oudjavaansche Ramayana in SASA RSA:
vertaling. BTLVNI, 1917, 1-29; I. 889 — IKRAMRISCH STELLA,
IV-V, ib., 1917, 155-177. The Vishnudharmottaram (Part II1)
I. 885a — Juvxsott H. H Ad Treatise of Indian Painting.
Vertalingvan SargaVIIvan het oud- L.290PR-CAlSota et
i Lu J A Press 1924. — Rec.: JRAS, 1925,
qavaansche Ramayana. BTLVNI, 188 (L.D. BARNETT)
1922, 373-384. N da
I. 886 — RoxkkL PA. S. van, o 890 Li Di da E.
Aantecheningen op den ouden Ma- ei I CURO n° SD
leischen Ramavana texts. BILVNI, SOS OTO VOS
1019, 379-383. I. 891 — Bartoli E., Mberi-
— 169 —
BALLINI - INDIA. I. 891-902
una traduzione dei canti V-X. Il B. tratta di esso in una breve in-
troduzione; accenna alle correnti puraniche entrate nel Mahadha-
rata e si sofferma sul dialogo, contenuto nel libro XII, fra un
brahmano ingolfato negli studi del Veda, ed il figlio Jada, libro
che ha sua fonte nel Markandeyapurana e che si è trasformato,
dice il Bartoli, nel Md4., in un vero gioiello di poesia. Anche di questo,
compreso in 40 cloka, ci dà la traduzione.
Sono apparse traduzioni di parti di Puraua e di interi Purdna
(I 892-895) e studi di Purana sui contributi da essi offerti alla storia
(I 896), su particolari in alcuno di essi contenuti (I 897-898) e una
breve trattazione descrittiva di essi (I 899).
[S. Ferri, (I 900), col sussidio di alcuni testi puranici (Linga Pu-
rana, Skanda P., Kurma P., Revakanda, Vamana P., Vagicvara
Mahatunga, Civa P., ecc.) si propone di « interpretare, coordinare,
unificare « le poche testimonianze superstiti intorno ai miti etiologici
del culto fallico in Grecia »].
XV. Mabhakavya. — Sul Saundarinandakavya scrivono lo
Hultzsch (I 901) e il Gawronski (I 902). (V. su questo poema
I 466-468).
mahatmyam. RIGI, I, 1917, fasc. I. 896 — KENNEDY ]J., Ze
II., 101-108. (LR). Puranic histories of the earlv Arvas.
I. 892 — RamasuBHa _R. S,, JRAS, 1915, pp. 507-510.
A Study or True Translation in I. 897 — JAHN WILHELM, Die
English of the Eleventh Shandha Legende von Devadaruvana im Ci-
in crimat Bhagavatani pp. IN va Purana. ZDMG, LXIX, 1915,
+I+8- 315 + go + 4. Tri- 520-557; LXX, 1916, 301-320;
vandrum, 1919. — Rec.: JRAS, LNNI, 1917, 168-208.
1022-98 DAS I. 898 — DreussEn P., Teler
I. 893 — ABkcc E,, Der Preta- das Devadaruvanam. ZDMG, 1917,
Ralpa des Garuda Purana. Etne 119-120.
Darstellung des hinduistischen To- È #00 —— ‘Paiitoì Bi E
tenhultes und Jensettsglaubens. Ue- _ -
Si & Puranas. ERE, 1918, 7-455
bers., Einl., Anm., Indices. pp. 272, e 9 44/7450
Berlin, Vereinig. wiss. \Verleger I. 900 — FERRI SILVIO, Lin-
1921. — Rec.: OLZ, 1923, 31-32 ga - PAAANXOY. Coincidenze etio-
(PRINTZ). logiche, RSO, VITI, 1919-20, 463-
I. 894 — Brahma Vaivarta TR
Purana in English. Transl. by I. 901 — HutizscH E., Zum
RAJENDA NAaTH. SEN. IV, pp. -Ascaghlosha's Saundarananda.
335, Allahabad 1922. ZDMG, LNNII, 1918, 111-114,
3 145-153; LANIII, 1919, 222-232;
I. 895 — Bork T., Die Pu IXXIV 1920, 293-295.
ranas als Geschichtsquelle. \WZKNI,
19015, 97-133. I. 902 — GAWRONSKI A,,
Kill. =
XIV. EPICA. E PI PURANA - NV. MAHAKAVYA, I. 902-907
Sull’autenticita dell'VIII sarga del Kumarasambhava scrive
M. C. Rai (I 903).
Ida Vassalini (I 904) esamina le due interpretazioni date da
Sitàràma e da Mallinatha allo gloka 6r dell'8° sarga del Kumara-
sambhava ed appoggia, con un'osservazione d'indole psicologica ed
cadi quella di Mallinatha, avvalorando così la conclusione cui
era giunto il Ballini in RAL XIV, 1903, fasc. 12.
Il Formichi (I 905) traduce e illustra il RRag/luvamgya. Nell'intro-
duzione parla della conoscenza avutasi in Europa del poema, dell’op-
portunità della nuova versione, della essenza di questo malakavva, al-
ta opera del principe dei poeti dell'India. Accenna a ciò che debba
intendersi per Brahmanesimo, del quale il ft. V. può dirsi il vero
poema, e fa manifesti i concetti e la immagini che, prettamente
brahmaniche, ricorrono nel RW. Di esso esamina le peculiarità di
stile e di concetti, le figure retoriche, i bisticci e da ultimo accenna
alla verata quaestio dell'età di Kalidasa, per la quale egli concorda
con coloro che la assegnano al VI sec. d. C.
Il Cappeller pubblica brani scelti del Cigupalavadlia (I 900).
Il Thomas parla ampiamente della prima traduzione in una
lingua europea del più difticile, forse, dei mahakad:va per il verso
compatto e denso di significato del Atratarjurniva, cioè, di Bharavi,
fatta dal Cappeller (1907). Il traduttore, che ha compiuto opera lode-
volissima, segue l'eccellente esegesi del commento di Mallinatha ; ag-
giunge molte note senza appesantire il lavoro, appendici, paralleli, un
glossario, schemi di alamkara, di metri, ecc., ecc. I Thomas richiama
l'attenzione sopra alcuni punti nei quali non è d'accordo col tra-
duttore.
V. per il valore della parola gana nel Raghuvamea, v. I 85.
Notes on the Saundarananda, cri- I. 905 — KALIDASA, La stirfe
tiral and explanatorv. 2 ser. di Raghu, poema epico per la
Mém. de la Commission Orientale prima volta tradotto in Italiano
de l’Acad. Polonaise des Sciences, dall'originale sanscrito con intro-
Warszawa, 1922. — Rec.i JA, duzione e note per cura di CARLO
1925, 337-338 (A. Baston). ForMmicHi, Milano, Istituto Edi.
toriale Italiano, 1917. — Rec. Mar-
I. 903 — Rai MONMOHAN zocco 20 gennaio 1918 (NXXIII,
-CHAKRAVARTI, On the GEN ron n. 3). (P. E. PAVOLINI).
Oa Se A DO I. 906 — BALAMAGHA, Magha's
Kumara Sambhava. JPASB, 1916,
UTI lavadh SZUO bear -
n. 1. Giqupalavadha im Auszige
+ bertet von CARL CAPPELLER. Berlin,
I. 904 — VassaLini T., Nota a \. KNolhammer 1915, XX + 188.
Kalidasa (Kumarasambhava, S. — Rec.: ZDMG, LAXNI, 1917,
VIII, ge. 61). RIGI, IV, igzo0 205-207 (JARL CHARPENTIER).
tasc. Ie IT, 125-120, (LI). I. 907 — Buaravi's foem Kira-
Vl —
BALLINI - INDIA. Di I. 907-913
XVI. Lirica. — K. B. Pathak dà una nuova edizione del Me-
ghaduta (I 908), della str. 14 del quale il Thomas (I 909) ci offre una
nuova interpretazione.
Il Pizzagalli (I 909a) traduce in versi il Riusamhdra.
L’“ Insel Verlag,, di Lipsia pubblica una ristampa — con
note — della versione del Riusamhara fatta nel 1840 dal Bohlen,
il quale si era attenuto a una riduzione più che ad una fedele tradu-
zione del testo. In quanto al dubbio circa l’attore del poemetto
‘nessun chiarimento ci vien dato dal Kreysenborg nelle sue notizie
in calce al volume (I 910).
È apparsa una versione del Gitagovinda (I 911).
Il Belloni - Filippi (I 912) esamina contenuto e forma, in sè e
con rapporto al testo onde è originato, del Caduta di Caritrasudara-
gani, (edito nella Yagoviyajainagranthamala: N. 18) « rifacimento
jainico del Meghaduta, in lode della conversione di Bhadrabahu e della
sua antica amante Koca, che seguì il maestro nella via della re-
denzione e della penitenza ». Il B.-F. accenna pure alla fortuna del
Meghaduta presso i Jaina.
Il De Lorenzo (I 913) pubblica la versione italiana della Cau-
risuratapanicagika « le cinquanta strofe del furto del godimento d’a-
more ». Nell’introduzione il D. L. accenna alla celebrità raggiunta
dall'opera nella poesia lirica indiana, alle sue edizioni e traduzioni,
al contenuto ‘e alla forma del poemetto. Illustra con abbondanti
note le singole strofe.
tarjuniya, or Arjuna's Combat with di A.M. P., Bologna, Cappelli,
the Kirata. Transl. into German 1921.
and explained by CARL CAPPELLER. Ki : Kyei
(Harvard Oriental Series, vol. XV) IRL8 = ALDA S Der ret
; Jahresreiten. Leipzig, Inselverlag
Cambridge (Mass.), 1912. — Rec.: N ‘28 Rec ER: IL--1602
RAS. igio, 80985. (E. Wi TTT Re e 1993,
S . / i ° fasc. 1, 61-03 (A. M. PIZZAGALLI).
THomas). V. pure:
BHARAVI, Kiratarjunivam. San- I. 911 — JAYADEVA, Gitago-
skrit poem. Canto 1. Text with. vinda. Das indische Hohelied. 79,
notes, Commentary of Mallimnatha Leipzig, Inselverlag 1920.
and english translation. Calcutta, I. 912 — BetLoniI-FiLipPi FER-
1900»: PP A A): DINANDO, // Ciladuta di Caritra-
I. 908 — ParHagxo K. B. sundara Gani. GSAI, XXVIII,
Kalidasa's Meghaditta, 2 ed. Poona 1916-17, 153-106.
1910.
. — DE :NZ0 GIUSEP-
I. 909 — Tuomas F. W., Mi- I. 913 E LoRENZO GIUSEP
3 di PE, Caurisuratapasicacika. Il canto
scell. Comm. JRAS, 1918, 118-122. del ladro d’amore. Traduzione dal
(3/4). Sanscrito con introduzione e mote.
1.909 a — PIZZAGALLI AxgGELO Napoli, R. Ricciardi 1925, pp.
MARra, Ka/rdasa, Le stagioni, trad. 120.
esili
Sii, ie
XVI. LIRICA - XVII. DRAMMATICA. A
XVII, Drammatica. — Il Liiders (I 914) ha studiato 114 fram-
menti di uno dei manoscritti trovati nell'Asia Centrale — e precisa-
mente nel Turfan, nella parte nord-orientale del Turkestan cinese
— dalla « Kénigl. Preuss. Turfan-Expedition ». I frammenti che co-
stituiscono avanzi del più antico ms. giuntoci dall’India (età di Ka-
niska), onde sarebbe passato nel Turfan, contengono avanzi sparsi
di due drammi buddhistici che il L. attribuisce al Agvaghosa.
Sten Konow (I 915) pubblica una versione (in norvegese) del
Carudatta di Bhasa.
G. Beccarini-Crescenzi traduce il Ramabhisekanataka (I 916).
La stessa (I 917) studia e in parte traduce e riassume l’Avima-
raka di Bhasa, la cui materia si trova nel Kathasaritsagara. Nell’in-
troduzione alla versione, la B.-C. riassume il racconto contenuto
nella celebre raccolta novellistica (7aranga 112); esamina l’accenno
ad una leggenda di Avimaraka esposta da Yacodhara, commenta-
tore del Kamasdtra di Vatsyayana; fa osservazioni estetiche sull’o-
pera di Bhasa ed accenna ad affinità di essa con altri drammi «classici
indiani. L'introduzione è chiusa con uno sguardo ai metri del dram-
ma e l’elenco delle strofe tradotte.
Il Belloni-Filippì traduce la Vasavadattà di Bhasa (I 918).
Lo stesso pubblica alcune note critiche ed esegetiche sul Ca-
rudatta di Bhasa (I 919), integrando quanto il Morgenstierne (I
920) aveva scritto in uno studio sulle relazioni di questo dramma
con la Mrcchakatika. Pubblica pure la versione del Carudatta (I 921).
Una traduzione dello Svapnavasavadattà pubblicano A. G.
Schirref e Panna Lall (I 922), ì quali ritengono indiscutibile l’at-
I. 914 — Luepers H., Bru- nI-Fitipri. Lanciano, Carabba
chstiiche Buddhistischen Dramen, 1917.
Berlin, Renner i1grIi. — Not.: È .
GSAI, XXIX, 1919-20 (1925) I. 919 — BeLtonI-FiLippr F.,
185-188 (L. SUALI). Note critiche ed esegetiche al Ca-
l pon rudatta di Bhasa. RSO, 9, 1023,
I. 915 — Riv. Edda, Kristiania 581-590.
1916, 385-417.
I. 916 — BuUÙaisa, //dramma della I, 920 n IORCENSIIRNIGE: i
ber das Verhaltnis zwischen Ca-
Sacra di Rama, trad. da E. Brc-
CARINI-CRESCENZI. GSAI, XXVII,
1915, 1-79.
I. 917 — L’'Avimaraka di BHA-
SA (trad. da E. BECCARINI-CRE-
SCENZI), GSAI, XXVIII, 1916-17,
1-40.
I. 918 — BHàsa, La VTasa-
vadattà. Traduzione di F. BeLLO-
rudatta und Myrcchakatika, Leipzig
1921.
I. 921 — BeLLoNI-FIiLIPPI FER-
DINANDO, Il Carudatta di Bhasa.
Lanciano, Carabba (1924), pp. VII
+ 135.
I. 922 — BHàsa. The Dream
Queen: a translation of the Svap-
ci
tribuzione dell opera a Bhasa. Il dramma consiste di dialoghi in
prosa interpolati di versi che il Shirref traduce in versi sciolti di
effetto monotono. i
Anche il Suktankar (I 923) traduce la Vasavadattà di Bhasa.
Nell’introduzione il S. « definisce bene le qualità essenziali di quelli
che egli chiama « Travancore Plays », giudicando non ancor defini-
tivamente accertata la loro paternità ».
E. P. Janvier (I 924)traduce il Madhkyamavvayoga di Bhasa.
Il Weller (I 925) traduce in versi tedeschi il Balacarita di
Bhasa, che tratta in modo del tutto singolare la leggenda di Krsna
e fa precedere alla sua traduzione una introduzione che studia
Bhasa e la letteratura sorta intorno a lui e alla sua opera.
Il Pavolini (I 926) si propone di dar la traduzione intera di al-
cuni dei sei drammi di Bhasa derivati dal Mahabharata, e parziale
di altri, e si riserba « in fine, qualche osservazione d’indole generale
sul rapporti fra i drammi e il poema e sull’arte del drammaturgo ».
Comincia dal Madlyamavvayoga (il dramma del fratello mezzano).
A. Banerji Castri critica con lunghe dimostrazioni le teorie
di Ganapati Castri, del Lesny, del Barnett, circa la paternità dei
tredici drammi attribuiti a Bhasa, e giunge alla conclusione che
l'autore dei 13 drammi è anteriore a Kalidasa e contemporaneo
o appena posteriore ad Acvaghosa (II o III sec. d. C.). Si può anche
identificare il suddetto autore con Bhasa, ricordato da Kalidasa e
dai suoi successori (I 927). Il Barnett sostiene, invece, che il Ba-
nerji pecca nei suoi argomenti di petilione principi. Si sofferma a
dimostrarlo in alcuni punti e conclude: «The rest of his argu-
navasavadattà. By A. G. SHIRREFF PAxTON JANVIER. 44, Mysore,
and Panxa LAatc. pp. V + 55, Weslevan Mission Press 1921. —
Allahahad, Indian Press 1918. — —Rec.: JRAS, 1923, p. 453 (J.
Rec.: JRAS, 1921, 134-35 (L.D. CHARPENTIER).
BARNETT). (1/4). i
I. 925 — WELLER HERMANN.
I. 923 —— Vasavadatta. Being a Die Abenteuer des Knaben Kri-
translation of an anonymous San- shna. Schauspiel von Bhasa. 99,
skrit. Drama, Svapnavasavadattà Leipzig, 1022. — Rec. JRAS, 1923,
attributed to BuaAsa, bBvo V.o S. o pag. 625 (LD. BARNETT). (L.M).
SUKTANKAR. Oxford, University l
Press 1923.— Rec.: RSO, X, 1923- I. 926 — Pavorini P. E., £
25 (309-370) (F. BeLLoxiI-FiLIPP1). drammi mahabharatiani di Bhasa.
GSAI, NNXIV, 1928-1920 (1921)
I. 924 — The Madlvama Vya- 2-27.
vova, A drama composed by the
Poet BHASA; translated from the I. 927 — BARNERJI GCASTRI A.
original Sanskrit with Introduction M. A., The plays of Bhasa. JRAS,
and Notes bv the Rev. ERNESTO 1021, 307-82.
=
NVII. DRAMMATICA,
— — ll — — e IE Prr1r— - —- sola manila
ments are even more nugatory and need not be discussed »
(I 928-929). |
V. S. Saktankar scrive su Bhasa (I 930).
Il Barnett (I 931), a proposito di una citazione del dramma
Svapnavasavadattà, tratta da M. Ganapati Castri dal Bhavaprakasa
e Crngaraprakaga, chiede se l'assenza in queste due opere del
nome di Bhasa, quale autore dello Svapnavasavadattà, non si-
gnifichi che il testo citato (identico a quello pubblicato dallo Castri
nella Trivandrum Sanskrit Series) possa dubitarsi appartenere a
Bhasa. |
Il Lévi (I 032), messe in luce due citazioni dello Svapnardsa-
cadatta di Bhasa nelle opere Natvadarpana di Ramacandra e Guna-
candra (fine del sec. NII) e del NatakRalaksanaratnakoga di Saga-
ranandin (anteriore al XV sec.), nella prima delle quali è aggiunto
al titolo il nome dell'autore (B/asa-krta), crede di poter affermare
che tale determinazione sia stata fatta per distinguere questo da
un secondo dramma dal titolo stesso.
Il Thomas (I 933) si oppone all'ipotesi del Lévi, con vari argo-
menti; afferma l’importanza della nuova scoperta sua per determinar
meglio di quanto non avesse fatto Ganapati Castri la connessione
del nome di Bhasa con i drammi che gli vengono attribuiti.
M. Lindenau (I 934) in uno studio d'insieme sui drammi di
Bhasa, studia il grande drammaturgo del II. sec. d. C. di per sè;
accenna « alle fonti de’ suoi drammi, cercando di dimostrare l'auten-
ticità e l’antichità, considerandone la tecnica e lo stile ». Esamina,
inoltre, «1 rapporti di B©ll col Natvagastra di Bharata » e ne deduce
«criteri per distinguere in quest'ultimo le parti aggiunte, dalle
originali ».
I. 928 — Barnetr L. D., The Who is the Author of Svapna-
plavs ascribed to Bhasa and the Vasavadattaà? JRAS, 1925, 99.
Matta-Vilasa. ]RAS, 1919, 233-
234. V. pure: I. 932 — LÉvi SyLvarn, Deux
TÙuomas F. W., The plavs oi Nouveaux traités de dramatursie
Bliasa. JRAS, 1922, 79-83. (VA). indienne. JA, 1923, 193-218.
I. 929 — Barxett L. D. I. 933 — THomas F. W.
B©hasa. JRAS, 1921, 587-849. (MA). Bhasa- Kyta Svapna - Vasavadatta.
JRAS. 10925, 100-104
I. 930 — SUKTANKAR V. S.,
Studies on Bhasa. JAOS, NL I, 934 — Lixpexau M., Bha-
1020, fascicolo 4, XLI 1921, fa- sastudien. Ein Bewtrag zur Ge-
scicolo 2 schichte der altindischen Dramas.
Leipzig, Harrassowitz 1918, 51. —
I. 939 — Barsxsit DD. D. = Rec.io GSAI, NXNIX, 1915-20»
BALLINI - INDIA. I. 934-942
Un’edizione critica con illustrazione del Parvatiparinaya pub-
blica lo Schmidt (I 935).
È apparsa una traduzione della Priyadarcikà di Harsa (1 936). -
Il Sankalpasaryodaya (I 937) è un dramma allegorico, ed è
un’imitazione del Prabodhacandrodaya di Krsna Micra che glori-
ficava il monismo Vedantico. L’Autore del Sankalpasirvodayva è
Venkatanatha detto il Vedantadecika per eccellenza; egli esalta
la dottrina di Ramanuja. La traduzione in inglese è molto libera
benchè non si scosti dal senso del dramma voluto dall’autore.
Il Grierson (I 938), a proposito della prefazione del prof. Hil-
lebrandt al Mudraraksasa, fa alcune osservazioni letterarie-filologiche.
Lo Hertel scrive sulla data del Mudraraksasa (I 939).
Il Vallauri (I 939a) riassume il dramma Adbdiutadarpana di
Mahadeva, dramma che trae materia dal ciclo leggendario delle im-
prese di Rima. Al riassunto il V. fa seguire notizie intorno all'opera
e al suo autore, alle formalità poetiche ed artistiche di lui, al rasa
predominante, alla forma.
Edizioni e traduzioni di drammi di Bhavabhiti pubblicano
P. W. Kane (I 940), M. R. Kale (I 941), F. Cimmino (I 942).
VINDACHARYA. Vol. I, Acts I-V.
Srirangam, Sri Vani Vilas Press
1917. — Rec.: JRAS, 1921, 591-
92 (L.D. BARNETT). (MA).
(1921) 190-192): 190-192 (P. E.
PAVOLINI).
I. 935 — VAMANABBATTABANA'S,
Parvatiparinavanataham, Rritisch
herausgegeben u. mit Anmerkungen I. 938 — GRIERSON G. A,,
versehen von R. ScHMIDT. AKM Miscell. Comm., JRAS, 1917, 820-
XIII, 4, 1917, XIII + 85. 827. (MA).
I. 939 — HERTEL JOHANNES,
I. 936 — Priyadargihka, a Sans-
krit drama bv HARSHA.... trans-
lated into English by G. K. Na-
Zur Datierung des Mudraraksasa.
ZDMG, LXX, 1916, 139-142.
RIMAN, A. V. WILLIAMS JAKSON
and C. J. OgGpbEN, With an in-
troduction and motes by the two
latter, together with the text in
transliteration. (Columbia Univer-
sitv Indo-Iranian Series V. XX)
pp. CXI + 137, New York, Co-
lumbia Universitv Press 1923.
T. 937 — Sankalpa-Survodava.
or the Dawn of the Divine Will, of
Cri VEDANTA DESsIKka. {With Engl.
transl.hy K. NARAYANACHARYA, BB.
A., and A. RAGHUNATHASWAMY
TIVENGAR, tinder supervision of
SRIMAN O VIDVABHUSHANA A. Go-
I. 939a — VALLAURI MARIO,
Intorno al dramma Adbhutadar-
pana ». AAT, LIX, 1924, 595-614.
I. 940 — BHAVABHUTI, Utta-
raramacarita, with the commentarv
of Ghanasvama. Edit. by P. W.
KANE, Bombay, 1915.
I. 941 — BHAVABHUTI, Ma/ati-
madhava with the commentarv of
Jadaddhara. Ed. with a literal
english translation, motes and 1n-
troduction bv M. R. KaLe. Bom-
bav, 1014, pp. 219, 100, 092.
I. 942 — Madhava e Malati.
— 176 —
XVII. DRAMMATICA. I. 942-946
Il Charpentier (I 943) si propone di risolvere alcuni problemi
attinenti alla storia del dramma Indiano. Dapprima cerca di preci-
sare la data del Mudraraksasa, ch'egli ritiene non possa rivaleggiare
con altri insuperabili eccelsi drammi Indiani, ma che pur si distingue
per la speciale abilita del suo autore, Vicakhadatta, nel dar vita
e carattere ai personaggi. Viene alla conclusione che Vicakhadatta
sia stato contemporaneo di uno degli ultimi Gupta — probabilmente
Skandagupta — e appartenga allo stesso periodo di Kalidasa, o
sia di poco più giovane. In un secondo capitolo l'A. si occupa della
data e dell'autore della Mycchakatikà, fissando come epoca dell’esi-
stenza di Cudraka, presunto autore, il settimo o l'ottavo secolo.
In un terzo attrae l’attenzione del lettore sopra un passo oscuro
del Dafavakya, che, confrontato con uno pure poco chiaro del Na-
tyagastra di Bharata, potrebbe lasciar supporre l’esistenza di un altro
Natvagastra, diverso da quello a noi noto.
Il Keith (I 944) si occupa dell’origine del dramma Indiano,
prendendo le mosse dallo studio dello Hillebrandt (I 945-940), il cui
assunto è dimostrarne la grande antichità ed il primitivo carattere
popolare. Di questo carattere lo Hillebrandt vede prove nei dialoghi
fra dircttore e attrice all'inizio di ogni dramma, nell'uso di vari
dialetti, nella mescolanza di prosa e versi, di musica e danza colla
recitazione, nella semplicità del palcoscenico, nell'uso del Vidusaka
che non è in origine una figura religiosa. Il Keith critica molti degli
argomenti addotti e non crede che il carattere popolare debba es-
sere in contrasto coll’origine religiosa del dramma. Egli fa rilevare
quale lunga elaborazione di elementi drammatici rituali (fra questi
ad es. l'uccisione di Kamsa per opera di Krsna) occorra perchè
sorga il primo vero dramma conosciuto, quello di Agvaghosa, che
va assegnato al II sec. d. C. o a 300 anni dopo Patafijali. La
religione è popolare e in India, come in Grecia difatti, egli osser-
va, la religione — pur certo alterata — forma la base del
dramma.
Dramma indiano di BHAVABHUTI. LE, The beginnings of the Indian
Prima traduzione italiana di FRAN- Drama. ]JRAS, 1916, 146-151.
Cesco Cimmino. Soc. Edit. Dante
Alighieri, Milano-Roma, 1015 pp. LE 945 — HILLEBRANDT A., Ueber
XLVI1-250. die Anfdinge des indischen Dramas.
SBKBAW, 1914.
I. 943 — CHARPENTIER JARL,
Some Remarks on the Hindu Drama, I. 946 — HILLEBRANDT A., Zur
JRAS, 1923, 585-608. (LM). (seschichte dev indischen Dramas.
ZDMG, LXNII, 1918, 223-232.
I. 944 — KEITHA. BERRIEDA- (LM).
— 177 —
Aevum - Anno I - 12
I. 947-954
BALLINI - INDIA.
Lo stesso Keith (I 947) combatte aspramente la teoria del Rid-
geway (I 948) sull'origine del dramma, dapprima applicata alla
tragedia greca ed ora estesa all'India (I 949), secondo la quale
ogni religione sarebbe connessa al culto dei defunti, ed ogni
dramma avrebbe da questo culto origine. Il Keith ribatte ogni
argomento addotto dal Ridgeway, come quello della reale esistenza
umana di Civa, e insiste specialmente sull'interpretazione che gli
sembra errata, data dal Ridgeway alla lotta fra i seguaci di Kamsa
e quelli di Krsna, da lui stesso già spiegate come la vittoria dello
spirito della primavera e dell’estate (uomini rossi) su quello del
buio inverno (uomini neri).
Il Ridgeway (I 950) risponde vivacemente al Keith; lamenta
la non esatta e incompleta interpretazione delle proprie idee, riba-
disce con nuovi argomenti la propria tesi che la figura di Krsna
— la quale ha così larga parte nel dramma sacro Indiano — non
esprima uno spirito della vegetazione, ma un reale personaggio
storico. Ma il Keith (I 951) confuta recisamente le opinioni del
Ridgewav e questi (I 952-053) gli risponde, confutando a sua volta
le asserzioni di lui.
Il Keith (I 954) tratta ampiamente della storia del dramma
Indiano. L'opera, la quale nella sua comprensività non ha prece-
denti che nella ben nota di S. Lévi « Le theatre indien », apparsa or
sono circa trent'anni, si avvantaggia su quella anche per la conside-
razione dci frammenti di Acvaghosa e del teatro attribuito a Bhasa
(il K. non dubita sull’esattezza di tale attribuzione). Nell'importan-
tissimo scritto il K. fa pur notevoli osservazioni sui linguaggi (scr. e
I. 947 — IEttH A. BERRIEDA Ad Zeply. ]RAS, 1016, p. 821-209.
Li, Professor Ridgewav's theory (LUMI).
of the origin of Indian Drama. N
JRAS, 1010, 335-350; 1917, 140- I. 951 — KEITH A. BERRIEDA-
154. LE, .Miscell. Conim., JRAS, 1017,
140-42.
IT. 948 — Ribceway \W., Ze
Origin of Tragedv, icith special T. 952 — RiIDGEWAY WILLIAM,
relerence to the Greck Trasedv. Miscell. Comm. JRAS, 1917, 143-
154.
I.949— Ripbcewavy W., Ze Dra- dà
mas and Dramatic Dances of non- I. 953 — RipcEwavy Wilniam
European Races, in special rete- The origin oî Hindu serious Dra-
rence to the Oriein of Greck Tra- ma. C. R., 10922, 322-339.
gedv. Cambridge, 1015. (LM). _
I. 954 — KFITH A. BERRIEDALE,
T. 950 — Riporewayo WILLIAM, — Ze SanskArit Drama ino its Origin,
Professor Ridgewav's Theorv ef Develobment, Theorv, and Practice.
the Origin of the [ndtan Drama»: pp., 405 Oxtord, Universitv Press
— LS -
XVII. DRAMMATICA - XVII. NOVELLISTICA. I. 954-959
dialetti) che appaiono usati nei drammi e trae dall’esame di essi
ragione a determinazioni di data della composizione dei drammi.
Un'ampia storia e illustrazione del dramma indiano pubblica
il Konow (I 955).
Due studiosi (I 956) ci offrono la traduzione di un piccolo
manuale: « Abhinayadarpana » che tratta dell’arte del gesto usata
nel dramma e nelle danze indiane. Il gesto come interprete dell’idea
è una delle più importanti convenzioni indiane e si estende oltre il
teatro alle arti plastiche. Questo libro è preziosissimo per illumi-
narci in questo campo misterioso quasi sempre incomprensibile
agli Occidentali.
Il Gawroriski (I 937) pubblica quattro saggi, nel primo dei
quali tratta di linguistica in generale e delle influenze stilistiche
nella letteratura Indiana, volendo dimostrare che il Sanscrito è una
lingua morta e che quindi gli autori indiani procedono più per
imitazione che per ispirazione; nel secondo discute l’origine del IV
atto della Vikramorvasi; nel terzo esamina l'influenza del Megha-
dita sul Malatimadhava, e nel quarto dimostra l'idealità della
trama di quest'ultimo con un racconto popolare turco, la cui
origine dev'essere quindi indiana.
Sul fenomeno della non esistenza di un genere tragico vero e
proprio nella letteratura indiana scrive V. Saunders (I 958).
XVIII. Novellistica. — U. Vidyabhùshana (I 959) ci dà una
nuova comoda edizione del Parncatantra, semplificato nel vocabo-
lario e illustrato di note Inglesi.
1924. — Rec.: JRAS, 1925, 174- I. 957 — GAWRONSKI ANDRZE]J»
1760 (L.D. BARNETT). Notes sur les sources de quel-
l ques Drames Indiens. I -- 92,
I. 955 — Roxow ST., Das Krakow 1921. — Rec.: ]RAS,
tndische Drama. (=Grundriss der 1023, 424-425 (L.D. BARNETT).
indo-arischen Philologie u. Alter- (LM).
tumskunde, II Bd., 2 Heft D),
138, Berlin, Vereinig. wiss. Verle- I. 958 — SaunDERS V.. Some
ger 1920. — Rec.: LZBI, 1921, 4iterary Aspects of the Absence of
163-4 (SCHMIDT). Tragedy in the Classical Sanshkrit
_ l Drama. JAOS, vol. NLT, 1921,
I. 956 — The Mirror of gesture: fasc. 2.
being the Abhinaya Darpana of
NANDIKEGARA fransl. into English I. 959 — VipbyABHUsHana U-
by ANANDA COOMARASWAMY and PENDRANATH, Sarala - Pavicatan-
GopaLa KRISTNAYYA DUGGIVALA fram, or Panchatantra for Beginners,
«with Intr. and Ill. Cambridge, IV + 112, 7 ed., Calcutta, 10921.
1917. — Rec.: JRAS, 1017, 627-. — Rec.: JRAS, 1923, 437 (LD.
028 (L.D. BARNETT). (MA). BARNETT). (£LM).
— 170 —
BALLINI - INDIA.
— —_
I. 960-967
Un’edizione che potrebbe dirsi critica e storica del Paricatantra
ha pubblicata Franklin Edgerton (I 960).
S. Rice (I 961) pubblica in rifacimento e abbreviate (meglio
che tradotte) alcune delle migliori favole del Pagicatantra.
Il Lacòte ha compiuta l'edizione e la traduzione del Brha-
trathaglorfasamgraha di Budhasvamin (I 962).
Il Pizzagalli (I 962 a) dà un contributo all'interpretazione del
distico I, 69 dello Hifopadeca.
A. Wesselski ha intrapresa l’edizione completa (che consterà di
sei volumi) del Kathasaritsagara (I 963).
Il Lacéòte traduce e illustra la storia romanzesca del re Udayana
contenuta nel Kathasaritsagara (I 964).
Una nuova edizione della Kadambari col commento pubblica
M. R. Kale (I 965).
P. V. Kane riproduce l'edizione del Peterson del P@arvabhaga
della Kadambari e ne dà ampia illustrazione (I 966).
Sono uscite edizioni degli wcchvasa I-VIII del Harsacarita di
Bana. (I 967-968).
I. 960 — The Paricatantra lte-
‘constructed, An Attempt to esta-
blish the lost original Sanskrit text
of the most famous of Indian
story-collections on the basis of
the principal extant versions. Text,
critical apparatus, introduction and
traslation by FRANKLIN EDGER-
TON. 2 voll. (= American Oriental
Series. Voll. II e I11). New Haven,
1924.— Rec.: GSAI, N.S I (1925),
64-65 (P. E. PAvOLINI).
I. 961 — Rice STANLEv, An-
cient Indian Fables and Studies: A
selection from the Paricatantra, pp.,
1306, London, John Murrav 1924.
I. 962 — BUDHASVAMIN, Brhat-
Katha Clohkasamgraha. Texte sans-
krit publié... et accompagné d' une
trad. franc. par IF. LacòTE. Paris,
Leroux 1908-1920.
I. 962a — PIZZAGALLI A. NM,
Sull’interpretazione del distico I 69
del Hitopadega. Rend. Ist Lomb.
LIII, 1920, 12-15.
I. 963 — SOMADEVaA, Aathàa-
saritsàgara oder Ozean der Mar-
chenstròme. Vollstandige Ausgabe
von A. WESSELSKI. Band. I. Ber-
lin 1914.
I. 964 — SOMADEVA, L'histoire
romanesque d'Udavana roi de
l’atsa extraite- du Katha-sarit-sa-
gara.... et tradutte.... avec une in-
troduction et des notes par F. La-
corte (Les classiques de l’Orient
vol. X), pp. 147, Paris 1924.
I. 965 — BANa, ÉKadambari
with commentary, notes and intro-
duction ed. by M. R. NALE (2 parti),
Bombay, 1915, 352, 4I + 220.
I. 966 — BiAxa, 7he Kadam-
bari of Banabhatta (Purvabhasa,
pp. 1-124, of Peterson's edition).
Edited with an introduction, notes,
and appendices by P. V. KANE,
M. A. LL. M., pp. I - I+1I
+ 83 + 312 -;- 38, Bombay,
1920. — Rec.: ]RAS, 1922, 448-
449 (L.D. BARNETT).
I. 967 — BANXNABHATTA, The
Harshacharita(UchchhvasasI-VIII
— 180 —
XVII. NOVELLISTICA. I. 967-976
Lo Hertel ha tradotto il Katharatnakara di Hemavijaya (I 969).
Lo stesso (I 970) pubblica — corredato di introduzione, apparato
critico, note e lessico —, il testo della BharataRadvatrimeika, raccolta
di novelle jainiche, importante non tanto sotto l’aspetto artistico,
quanto sotto quello folkloristico e sopra tutto linguistico, come quello
che contiene molte espressioni popolari in gran parte. in antica
Gujarati.
U. Vidyabhùsana pubblica (I 971), adattato a testo elementare
sanscrito con annessevi note inglesi e sanscrite, e preceduto da
un'introduzione inglese, il Bhojaprabandha di Ballala.
Traduzioni di varie novelle indiane pubblicano lo Hertel (I 972-
973), A. Holtzmann (I 974), Else Lilders (I 975), A. Essigmann
(I 9706).
Edited with an Introduction and
Notes by P. V. KANE. 1 ed. Bom-
bay 1918.
I. 968 — BANABHATTA, Ze
Harshacharita (Uchchhvasas I-IV,
V-VIII). Ed. with a Sanskrit Com-
mentary (Balabodhini) by S. D.
GAJENDRAGADKAR.... and an In-
troduction, Notes (critical and expla-
natory) and Appendices, by A. B.
GAJENDRAGADKAR. Poona, 1919.
— Rec. JRAS, 1920, 384-389 (I°.
W. THOMAS).
I. 969 — HEMAVIJAYA, Ka-
tharatnakara. Das Marchenmeer.
Deutsch von J. HeRTEL. 2 Bde,,
Minchen, G. Miller 1920.
I. 970 — HERTEL JOHANNES,
The thiyty-two Bharataka Stories
edited together with an introduc-
lion, variants, explanatorv notes,
and a glossary. (= Forschungsin-
stitut fur Indogermanistik. Indi-
sche Abteilung N. 2), Leipzig,
Markert und Petters 1922, 55. —
Rec.: RSO, IX, 1921-23, 010
(G. TUCCI).
I. 971 — GCri-Ballala-Viracito
Bhoja-prabandhah. Adapted to the
requirements of studenis going up
for the Matriculation Examination
of the Indian Universities. Edited
by Pandit UPENDRANATH VIDVYA-
BHUSANA, 4 ed., XXVII + 128,
Calcutta, 1920.. — Rec.: JRAS,
1923, 427 (1.D. BaARNETT). (LM).
I. 972 — HERTEL J., finakirtis
Geschichte von Pala u. Gopala.
BSG, 1917, philol.-hist. KI. 1917,
69,4. 155. Leipzig, Teubner.
I. 973 — HERITEL ]J., Zndische
Mdarchen (= Die Marchen der
Weltlitteratur) Jena, Diederichs
1920. — Rec.: NO, VI, 1920, 84
(H. v. G.); LZB, 1919, 507-8
(H.); GGA, 1919, 157-160 (OL-
DENBERG).
I. 974 — HOLTZMANN A, Zn-
dische Sagen. Neuerausgabe von M.
WintTERNITZ. XXX + 318. Jena,
Diederichs 1921.
I. 975 — LuenERS ELSE, Bud-
dhistische Aldrchen aus dem alter
Indien. NVI + 378, Jena, Die-
derichs. — Rec.: NO, IX, 1921,
30, (H. von GLASENAPP). LZBI,
1921, 223.
I. 976 — ESSIGMANN A,, Sagen
u. Varchen Alt-Indiens. Neue Rei-
he, 241, Charlottenburg, Juncker
I)I7.
— BI —
n - =
BALLINI - INDIA. I. 977-985
Di novellistica e favolistica indiana scrivono N. Peri (I 977)
e F. Edgerton (I 978).
Il Keith (I 979) confuta l'opinione del Lacòte, il quale so-
stiene (in Mélanges d'Indianisme offerts par les élèves a M. Sylvain
Lévi, Paris, 19II), che il romanzo greco deriva dalla katha indiana.
XIX. Erotica (Kamasutra). — Una nuova edizione della
sua versione del Kamasutra di Vatsyàyana col commento di Yago-
dhara, pubblica lo Schmidt (I 980).
XX. Gnomica. — È uscita una nuova edizione delle centurie
della rinuncia di Bhartrhari (I 981).
Il Formichi (I 982) parla della gnomica indiana, delle sue qua-
lità, del largo uso fattone degli Indiani in ogni genere letterario;
delle raccolte note sin qui. Dà poi un saggio d’interpretazione e di
commento di varie sentenze, raggruppate con criteri atti a metterne
in evidenza la multiforme varietà e l’acutezza.
XXI. Storia critica, letteraria. — Il Keith (I 983), ripren-
dendo in esame gli argomenti del Jacobi sulla data del Ramavana
(VI sec. a. C. secondo il Jacobi), sostiene che il pocma fu compo-
sto nel IV c redatto definitivamente (coi libri aggiunti) nel II
secolo a. C.
Su Valmiki scrive B. Barua (I 0984).
Il Keith (I 985) combatte la tesi del Jacobi (SBKPAW, 1912,
I. 977 — Peri N,, Un conte IT 981 — BHARTRHARI, The
hindou au Japon. BEFEO, XV, Vatragyajataka or the hundrea
1917, 3. V'erses on lItenunciatton Transla-
: tton. Prabuddha Bharata Vol.
I. 978 — EpcertoNn F., Tle xx 1915.
Hindu Beast Fable in the Light
of Itecent Studies. AJPh, 1915, I 982 — FoRrMicHi CARLO, La
44-09. sapienza dell'India antica ne’ suoi
proverbi. - NA, 1021, 1° Sett.
T. 979 KEITH BERRIEDALE A.
The indian origin of the greek ro- PASS 59:
mance. JRAS, 1915, pp. 784-790. I. 983 — KEITH A. BERRIE-
(GBP). DALE, Zhe date of the Ramavana.
I 980 — Varsvivana, Kama- JRAS, 1915, pp. 318-328. (GBP).
sutrani, die indische ars amiatoria I. 984 — BARUA BENIMAPHAV,
nehst demvollstindigen Kommentare — V'almiki ae- De sese Doni)
(Javamangala) des Yacodhara. Aus in his Poem. Univ. ot Calcutta.
dem Sanshrit tibersetet. von KR. Journal 1920
SCHMIDT. 5 verb. Aufl., Berlin,
IUI15. I. 985 — KEITH A. BERRIEDA-
182
XVII NOVELL. - XIX. EROTICA © XX. GNOMICA - XXI ST. LETT. TIT. 985-990
832-549) sulla paternità del Kautiliva Arthagastra. Da molti argo-
menti egli deduce tra l'altro doversi esso attribuire ad un periodo
assai più recente di quello assegnatogli dal Jacobi (III sec. a. C.);
forse al I sec. a. C., per quanto il contenuto appartenga ad un tempo
anteriore.
Hari Chand Sastri (1980) pone due domande: 1% qual posto occupi
Kalidasa nel trattati d’arte poetica; 23 quale sia l'importanza delle
citazioni sue riportate in questi trattati. Dal 1° sec. sino al 179
halidasa è considerato, comunemente, mahakavi. La tradizione lo
pone alla corte del Re Vikramaditva di U)javini (57 a. C.). Ciò
che è certo si è che era gia in fama nel VII sec. (v. il verso di Bana al
principio dell'Harsacarita e l'iscrizione di Aihole del 634). Le opinioni
moderne ed 1 trattati di A/amkara non fissano alcuna data; oscil-
lano tra il IV ed il VII sec. dell'E. V. Le opere di Kalidasa ci rischia-
rano su questo punto? L'A. non risponde, ma esamina largamente
tutte le opere, confrontando le varie edizioni e dando un elenco,
il più possibile completo, dei fratita delle stanze di Kalidasa.
Il Tucci (I 987) ricordato che il Formichi nell’introduzione alla
sua traduzione del Ragluvamsa (v. I 905) «ha portato l'attenzione
sulle molte similitudini » ricorrenti nel poema « tratte dalla religione,
dalla filosofia e dalla politica », crede opportuno estendere tale ricerca
anche alle altre opere di Kalidasa. Per quanto si riferisce alle simili-
tudini filosofiche, conchiude essere «il SamAlva teistico, dell'epica
e dei Purana » la fonte principale. Le fonti principali di Kalidasa,
per quanto concerne la scienza politica, sono, invece, il Manavadha-
rmacastra, il Kamandakivanîtisara, e forse anche il Kautilivartha-
castra. Finalmente il Tucci ricorda i passi delle opere di Kalidasa, nei
quali il pocta mostra, per similitudine, di conoscere la ratnapariksa
(la scienza delle pietre preziose) giacchè in essi si contengono
«accenni precisi a quei precetti e a quelle varie opinioni che sulle
singole gemme si trovano esposte nei rafnacdstra ».
H. P. Shastri (I 988) lo Hillebrandt (I 989) e il Pizzagalli
(I 990) scrivono su Kalidasa.
LE, The autenticity of the Kau- I. 988 — Stastri HaRrA PRA-
Hliva. ]RAS, 1916, 130-137 (LV). sap, Nalidasa: 1. His Home.
JBORS, vol. I, 1015, p. II.
I. 986 — SASTRI HARrIi CHAND,
Les citations de Kalidasa dans les I. 989 — HILLEBRANDI À.,
trattés d'Alamkara. JA, 1910, V. KNalidasa, In Versuch su seiner
II, 51-180. (MA). literarischen W'irdigung, 167, Bre-
slau, Markus. 1921. — Rec.:
I. 987 — Tucci Giuseppe, No- LZB, 1921, 213-4. (SCHMIDT).
te sulle fonti di Kaltidasa. RSO,
IX, 1921-1923, 1-20. I. 990 -- PiIzzaGaLLI A. M,
IS
BALLINI - INDIA. I. 990-996
Su l’autore del DagaRumaracarita scrive G. J. Agashe (I 9gI).
Di Bhartrhari s'occupa H. v. Glasenapp (I 992).
Il poeta Mayùra (I 993) (1% metà VII sec. d. C.?) fu, come si-
gnifica il nome, facitore d’incantesimi contro le malattie ed i veleni.
Scrisse questi incantesimi in istrofe, insieme con altri poemi erotici
e religiosi. Seguace del culto del Sole, lo canta come il rimedio contro
tutte le malattie e specialmente contro la lebbra. L'origine di tale
credenza si trova -presso i Magi Persiani.
Di Tulsidas, autore del Riamayana hindi scrive il v. Glasenapp
(I 994).
Il Winternitz (I 995) ha compiuto la sua Storia della letteratura in-
diana iniziata nel 1907. Il II vol. tratta della letteratura buddhistica
e jaina, il III della letteratura classica sanscrita e pràcrita, della poesia
drammatica, della grammatica, lessicografia, filosofia, filologia, giu-
risprudenza, politica, erotica, medicina, astrologia, astronomia.
Pure nell'ultimo volume della sua notevole opera il W. segue il con-
sueto sistema, che è intermedio, come afferma il Barnett, fra quello
del Taine e quello più arido del Brockelmann. |
G. K. Nariman (I 996) scrive una storia della letteratura Bud-
dhistica sanscrita. Nella prima parte di essa, cioè per tredici capitoli
non sì tratta — come lo stesso titolo indica — che di una compila-
zione di quella del Winternitz; nella seconda si contengono appen-
dici e note bibliografiche c uno studio originale sulle relazioni tra
Il poeta di Cakuntala, Rivista I. 994 —GLASENAPP H. von, Der
d’Italia 1923. Dichter Tulsidas. NO, 10, 1922, 27.
I. 991 — AGcasHE G. J., Who ‘I. 995 — WINTERNITZ M., Ge-
wrote the Dacahumaracarita?
1915.
IA,
I. 992 — GtLasENAPP H. von,
Bhartrihari, ein indischev Dichter
von IWelllust und W'eltentsagune.
NO, VIII 1021, 112-114.
T. 993 — The SansRhrit Poems
of Mayura. Ed. with a transi.
and notes and an introd. tog. with
text and transl. of BANA'S Candi-
cataha bv GrorgGE PayNn QUa-
CKENBOS, A. M. Ph. D. (Indo-
Iranian Series, Vol. 9) New York,
Columbia Un. Press. — Rec.:
JRAS, 1018, 129-130 (H. A. R.).
(MA).
schichte der indischen Litteratur.
2 Bd.: Die buddhistische Litteratur
und die heilizen Texte der Jainas.
X, 406, Leipzig, C.F. Amelang.
— Rec.: LZBI, 1921, 744 (SCHMIDT).
3 Bd.: Die Kunstdichtung. Die
wissenschaftliche Litteratur. Neuin-
dische Litteratur. Nachtrage. XII
+ 636. — Rec.: JRAS, 1923,
421 (L. D. BARNETT). (LV).
I. 996 -— NAarIiMan G. K,,
Literary History of Sanskrit Bud-
dhism (from W'internit:z, Sylvain
Lévi, Huber), NIII + 382, Bombay,
D). B. Taraporevala, Sons a. Co.,
1920. — Rec.: JRAS, 1923, 118-
119 (E. J. Tunomas). (LM).
Bh
NXT. STORIA CRITICA, LETTERARIA - XNNII. STORIA.
I. 997-1005
le opere pali e le sanscrite e sull’esistenza del canone pali. Il Na-
riman nega che il Pali sia la lingua madre del Buddhismo.
Il Windisch (I 997) fa la storia della filologia sanscrita. Il Keith
(I 998) pubblica una breve storia della letteratura classica indiana.
Esclude da essa la trattazione del dramma, intorno al quale si è
particolarmente e ampiamente trattenuto in altra opera (v. I 954)
Nell’introduzione tratta del Sanscrito (lingua di tale letteratura) e
delle sue relazioni con altre lingue scritte e parlate del tempo.
Altra storia della letteratura indiana (sanscrita) scrive R. Mookerji
(I 999).
Di argomenti di storia letteraria indiana scrivono il Winternitz
(I 1000), il Bhandarkar (I 1001), il Charpentier (I 1002-1003),
S. K. De (I 1004).
XXII. Storia. — I due primi fascicoli del Ceylon Anti-
quary and Literary Register (I 1005) contengono articoli Su argo-
menti vari, come, ad es., il primo di Sir Robert Chalmers, su Bu-
ddhaghossa e la sua opera, uno di W. F. Gunavardhana su Parakrama
VI e il suo « Alter ego », uno di H. C. Bell su Kirtti Nissanka e la ceri-
monia di Tula Bhara, ecc.
I. 997 — WixpiscH ERnsT, Osterr. Monatshefte f. d. Orient
Geschichte der Sanskrit-Philologie toyrs, 168-180.
und indischen Altertumskunde, I .
I. 1001 — BHANDARKAR Sir R.
Teil. Strassburg, Tribner 1917;
ll Teil, Berlin u. Leipzig, Walter » Lines of Iresh Research in
Sanskrit Literature and Indian
de Gruyter, 1920; pp. VII, + ot 2
460. (=Grundriss der Indo-ari- Afigruties. SR, T, 1915, N. 1.
schen Philologie, I,1B).— Notizia: I. 1002 — CHARVENTIER J., Ur
a Li 1921, 195 (MEIL- /ndiens Rlassiska litteratur. Stock-
LET). (GBP). holm, Norstedt 1020.
I. 998 — KEITH A. BERRIEDA- I. 1003 — CHARPENTIER JARL,
LE, Classical Sanshkrit Literature. ie Suparnasage. Untersuchungen
Heritage ot India Series, 153. Ox-
tord University Press 1923. —
Rec.: JRAS, 1925, 176-177 (LD.
BARNETT).
I. 999. — MoOOoKERJI DR. RA-
DHAKUMUD, Zfistory of Sanskril l1-
lerature from the works of Panini,
Katyayvana and Patatijali. 1A,
Februarv 1923.
I. 1000 — WinxtErnITz_ M,,
Neuere Forschungen zur Geschichte
der daltesten indischen Litteratuy.
zur altindischen Litteratur und Sa-
gengeschichte. Uppsala, A. B. Ata-
demisFa BoFhandeln, 1920. Rec.
RBPh. H, 1923, 713-721 (P. E.
IDUMONTI).
I. 1004 — De SusHiL KUMAR,
Studies in the historv of Sanskrit
Poetics. 1, London, Luzac and Co.
1923.
I. 1005 — 7he Ceylon Antiquary
and Literary Register. Vol. TI,
Parts 1 and 2, cdited by H. C.
— 185 —
BALLINI - INDIA. I. 1005-1011
Il Pargiter (I 1000) risponde a una nota critica del Keith (}RAS,
1914, p. 1021) sulla sua opera « Dvnasties of the Kall Age » e rileva
le irregolarità metriche e grammaticali della esposizione puranici
(che dunque sarebbe di origine popolare e pracritica) di tali dinastie.
La discussione si prolunga in altri articoli (I 1006 a).
La cronologia di due re Pallava (Simhavarman II, 430-458 d. C.,
Skandavarman III, 460) e dci loro governatori per il Mysore (Ayva-
varman, 450, Madhava II, 470, tutt'e due della famiglia Jahnaveva
o Gaga) è fissata dal Flcet (I 1007) a proposito d’un nuovo documento
di Madhava II, del 473 d. C.
Secondo, M. I. Narasimhiengar (I 1008), il re Visnuvardhana
sarebbe salito al trono nel 1097 e morto non prima del 11506. Il Fleet
corregge alcune date intermedie. Il Rice (I 1009) spiega e sostiene
la esattezza delle date ITII e II4I, gia da lui proposte nella sua
Epigraphia Carnatica.
Il Wilbelforce-Bell (I roro) ha tratto da una moltitudine di
svariati particolari di leggende e di dati confusi una storia del Ka-
thiawad, l'antico Saurastra, la penisola cioè della costa Indiana occi-
. dentale. Interessante quesito il perchè del sucCedersi di invasioni nel
Saurastra, cui l'A. risponde facendo rilevare la fertilità del suolo
e l'importanza del traffico marittimo; notevole lo stretto legame fra
Sind e Saurastra nella storia più»*antica. Dalle tavole dell'Appendice
appare come la fondazione dei principali Stati (la cui evoluzione
progressiva costituisce quasi completamente la storia del Kathiawad
dal tempo di Akbar) risalga circa al principio del XVI secolo.
Il Fleet (I 1oII) cerca di determinare in quale tempo il nome
P. BeLL and JoHx M. Sexnave- o Aing Visnuvardhana, by M. T.
RATNE. Colombo 1913. — Rec.i NARASIMHIENGAR. — Rec.i JRAS,
JRAS, 10910, 301-302 (L0). 1015, 152-155 (J. FE. Fuerr,
3 (GBL).
I. 1006 — Panciter F. E., /r-
regularities in the Puranic accotnt I. 1009 — Rice L., 7he Hoitsala
of the dvnasties of the Kali Ace. Ring Bitti-deva Visnuvardhana.
JRAS 1015, 141-147; 510-521. JRAS, 1915, 527-531.
(GBP).
I. 1010 — Brett CAPTAIN WIL-
I. 1006 a — KFEmnH A. B., The BERFORCE, Zhe History of Ka-
dvnasties of the Kali Age, JRAS
1015. 328-335. 700-S00.
I. 1007 — FLEET J. F., A new
Ganga record and the date of Saka
380. JRAS, 10915, 471-485. (GBP).
I. 1008 — ZUe initial and closing
dates of the reign o) the Hoisala
thrawad from the Earliest Times,
with a preiace of bv the Hon. C.
Hitri. London, William Heine-
mann 19106, XIX + 312. — Rec.:
JRAS, 1910, 843-847. (L0).
I. 1011 — FLEET J. F., Saliva-
hana and the Saka Era. |RAS,
1910, 809-820. (LAM).
__ ING —
.
XXII. STORIA. I. 1012-1016
di Calivahana cominciò ad essere connesso coll'èra 78 d. C. e per
quali circostanze storiche. Esaminate le considerazioni del Kielhorn
su quest'argomento ed accettatene alcune, conclude che la connes-
sione del nome del supposto re Calivahana coll'èra Caka ebbe
inizio ad imitazione dell'associazione del nome del supposto re
Vikrama all'èra 58 a. C., c deriva da un ramo del famoso re Gatakarna
del Dekkan, estraneo in realtà alla fondazione dell'èra, che probabil-
mente commemora la dinastia. Il nome sarebbe stato introdotto
nella prima metà del NIV sec. dai panditi di Corte dei re di Vija-
vanagara che raggiunsero il potere con Haribara I circa nel 1335 d. C.
l°. E. Pargiter (I. 1012-1015) fa seguito con questo ad altro arti-
colo (JRAS, 1013, p. 885) trattando della storia e dell'influenza eser-
citata da Vicvamitra e specialmente da Vasistha sui successori di
Triganku nel reame d'Avodhva. Rivendica a Vasistha il nome per-
sonale di Devaraj che fu causa di confusione in India in varie storie.
Esaminando le varie versioni (B/lagavata-, Brahmapurana, MbUh.,
Ramavana, Stfitra), A. dà a Vasistha un'importanza capitale seb-
bene simulata in tutte le vicende di Harigcandra, di Rohita e di Cu-
naliccpa.
Sembra che ora gli studiosi convengano nella data di Nahapana
ed alcuni pensano anche ch'egli sia il fondatore dell’ èra Caka. Il
Rakhaldas Banerji (I 1016) esamina le seguenti fonti storiche: 1° le
iscrizioni di Usavadata, genero di Nahapana; 29° l'iscrizione di
Avama, ministro di Nahapana; 3° l'iscrizione di Andhra e varie
monete. L'autore, dopo aver discusso le affermazioni del Bhà-
ndarkar, conclude che l'èra usata nelle monete e nelle iscrizioni di
Chandana è Vèra Caka (78 d. C.). mentre l’èra usata nei documenti
del genero e del ministro di Nahapana, non sarebbe una speciale
era, ma indicherebbe anni di regno di Nahapana. L'inizio del regno
di Nahapana dovrebbe quindi essere alla fine dell'ultimo secolo
prima di Cristo od al principio del seguente. Che poi Nahapana abbia
fondato l’èra Gaka, non pare sia da considerarsi seriamente poichè
non c'è un solo esempio nella storia dell'antica India di un « provincial
governor » che fondi un’'èra speciale. Le iscrizioni Andhra, non an-
cora pubblicate, confermano le conclusioni dell'autore.
H. J..Rawlinson pare sia il primo biografo del fondatore del
potere Maratha. Perciò il suo libro è importante anche per l'appen-
dice e le molte notizie. H. Beveridge tuttavia osserva che vi sono
I. 1012-1015 — ParcitER F. E., I, 1016 — BANERJI RAKHAL-
l’isvamitra, Vasistha, Haviscandra, = pas, M. A., Nahapana and the
and Sunahsepa. JRAS 1917, 37-07. Saka era. JRAS, 10917, 273-289
(MA). (MA).
I8T —
I 1017-1020
BALLINI - INDIA.
gravi inesattezze, specialmente quella per cui il Prof. Rawlinson
cerca «to extenuate Sivaji's crimes» (I 1017).
Il Pargiter (I 1018) tratta della dinastia Patficala del nord, uscita
da un figlio di Aj}amidha, successore del grande Bharata in Hasti-
napura, e la considera molto importante, perchè parecchi dei suoi prin-
cipi furon cantati pure nel RV. La genealogia si trova negli otto Pu-
rana (Vavu-, Matsya-, Harivamga-, Brahma-, Visnu-, Agni-, Garuda-,
Bhagavata-). Egli la riproduce, studia, commenta e corregge. I nomi dei
principi che ricorrono nel RV sono otto. Da Ajanùdha discesero tre
dinastie. L’A. ne tratta e spiega il nome Paricala. Che i Re di questa
dinastia sieno identici a quelli del RV lo dimostra la stretta con-
nessione tra essi ed i'Brahmani riscontrata tanto nei Purana quanto
nel RV.L'A. conclude dimostrando come gl’Innìi riguardanti questa
dinastia non si riferiscono alle guerre degli Ariani invadenti l’India,
bensì a quelle della dinastia Paficala del Nord con le tribù ariane e
non ariane limitrofe.
K. Ayyangar (I 1019) pubblica vari documenti sanscriti e te-
lugu che gettano luce sull’impero indiano di Vijavanagar (1336-
1646), e integrano così la raccolta di materiali per una storia com-
pleta. Il primo documento è un poema sanscrito di una nuora di
Bukka che col fratello Harihara, fondò l'impero. Il secondo è dedi-
cato a Narasingha, che regnò circa nel 14806. Il 27° documento è un
poema sanscrito che parla del palazzo di Vijayanagar, infestato dagli
spiriti, ed è interessante perchè ci fornisce dati sulla fondazione
della seconda dinastia. Un esame pur generale dei documenti serve
ad attestarci che i signori di Vijayanagar erano grandi patroni di
letteratura, d’arte architettonica, di scultura e di pittura.
È uscita, per cura di S. A. Edwardes, una 22 edizione, riveduta
e condotta sino al 1921, della Storia dell'India dello Smith dai tempi
più antichi alla fine del 19II (I 1020).
I. 1017 — RawLINsoON H. F.,
Shivaji the Maratha; his life and
North Pancala Dynasty,
1918, 229-248. (MA).
JRAS,
times. Oxford, Clarendon Press. i
— Rec.: JRAS, 1917, 183-185 I. 1019 — AYYANGAR KRISH-
(H. BEvERIDGE). — Vedi pure: NASWAMI, Sources of Vijayanagar
: HE History. Univ. ot Madras 1920. —
SARKAR PRoFr. JADUNATH, Ski- Rec.: JRAS, 1921, 616-18 (R. C
vaji and his Times. Calcutta- CULLING-CARR.) (MA) ea
London, Sarker and Sons, Luzac, I RR
1919, 503. — Rec.: JRAS, 1920, I. 1020 — SmitH V. A., The
118 - 121 (VINCENT A. SMITH). Oxford History of India fron the
(M.4). earliest times to the end of 1911.
I. 1018 — ParcitER F. E., The
2 ed. vevised and continued to
1921-1923 by S. M. EDWARDES. —
188 —
XXII. STORIA. I. 1020-1023
Il vecchio lavoro del Tod (I 1021) sul Rajputana è stato edito
nuovamente dal Crooke in forma più perfetta e più moderna.
Egli vi aggiunge di suo un'introduzione, note, illustrazioni e modifica
qualche nome e la traduzione di qualche passo.
È uscito il I volume della grande Storia dell'India edita sotto
la direzione del Rapson (I 1022) con la collaborazione dei noti
indianisti: Sir H. J. Mackinder, J. Rapson, Dr. Peter Giles, A. B.
Keith, J. Charpentier, T. W. Rhys Davids e Mrs. Rhys Davids,
E. W. Hopkins, A. V. Williams, Jackson, E. R. Bevan, G. Macdonald,
F. W. Thomas, L. D. Barnett, Sir J. H. Marshall. Il volume tratta
del periodo compreso fra le origini e il I sec. d. C.
Il Ball (I 1023) offre ad orientamento dei non specialisti nella
vastissima letteratura di storia Indiana, una guida breve ed econo-
mica, in cui sono contenuti i frutti delle ricerche più recenti.
Il Subramaniam (I 1024), riferendosi all’enumerazione fatta da
parte di Acoka dei paesi che accettarono il suo ordinamento, si
sofferma sulla menzione degli Andhra, e si propone il problema se
essi debbano o meno esser identificati coi Catavahana. Egli si accorda
col Sùkthankar, che pure si occupò dell'argomento, nel: ritenere
che i Catavahana sono ben distinti dagli Andhra, ma contrariamente
al S. crede che si debbano far provenire dall'India Occidentale, e,
ritenendo che la loro capitale sia stata Paithin, identifica appunto
i Catavahana coi Petenika, pure ricordati come seguaci dell'ordina-
mento di Acoka, che avrebbero avuto precisamente Paithaàn per
capitale.
Il Thomas (I 1025) ritiene ancora insoluto il problema dell'iden-
tificazione del regno di Satyaputra (dell’Editto di Agoka N. Il), e,
d'accordo col Subramaniam, fantastiche le interpretazioni che se ne
sono date, come quella — a prima vista più plausibile delle altre
— del Krishnaswami Aiyangar, che vi ravviserebbe i Nair di Malabar.
Stima possa forse identificarsi Satvaputra col capo del regno di
Satya (probabilmente Kolathiri), benchè alcuni punti restino anche
con questa interpretazione oscuri. In ogni modo dovette trattarsi
Rec.: 1.a ed., JRAS, 1919. 420- story of India in six volumes.
421 (W. F.). Volume I. Ancient India, edited
i 0 eolie e E. J. Rapson. Cambridge Uni-
JAMES, Annals and Antiquities of VEL sS/1032
iaia Ed. by W. CrooKE, C. I. 1023 — Barr UPENDRA NATII,
. E., D. Sc. Tre vol. Oxford, Ancient India. IN + 230 Cal-
Un. Press 1920. — Rec IRAS:, centi Gamialà Book Depot 1921.
192I, 135-360 (W. Fi). (Md). — Rec.: JRAS, 1923, 128 (J. AL-
I. 1022 — 7Yhe Cambridge Hi- LAN). (LM).
— 189 —
BALLINI - INDIA.
I. 1024-1032
di un piccolo regno, la cui importanza per Agoka derivò da ragioni
morali e religiose.
Il Ren (I 1020) si propone dì darci un sommario della storia
delle principali dinastie dell'antica India — quale può esser desunta
dalle iscrizioni, leggi, monete e dalle fonti letterarie — redatto nella
sua nativa Hindi. rd
Il Bhandarkar (I 1027) da una nuova edizione del suo saggio
sull’antica storia dell'India. Esso tratta del periodo che va dall’inizio
della dinastia Maurva alla fine del periodo Gupta.
Surendranath Sen (I 1028), traduce la cronaca di Sabhasad,
il primo biografo di Sivaji e descrive il sistema amministrativo dei
Maratha all'epoca (sec. XVII) di Sivaji stesso e dei Pecwa
(I 1029).
È uscita la storia del Deccan di J. D. B. Gribble (I 1036). Il vol. II,
rimasto incompiuto per la morte dell'autore, è stato condotto a
termine dalla figlia di lui, Mrs. M. Pendleburv.
Il Hiriyanna (I 1031) ribadisce con nuovi argomenti la propria
tesi, già espressa precedentemente in JRAS, che sia probabilmente
errata l'opinione diffusa che identifica Surecvara con Mandana-
Micra.
Una breve relazione riferentesi alla dinastia dei Pallava (che
ebbe grande importanza sulla cultura e storia dell'India meridionale)
pubblica C. S. Srinivasachari (I 1032).
I. 1024 -— SUBRAMANIAM T.N., 1920. — Rec.: JRAS, 1923, 128
Petenthas of Asoka's Rock Edict (J. ALLAN). (LM).
XIIT. JRAS, 1923, 88-93. (LV).
I. 1025 — THomas P. J., 7e
identification of Satvaputra. ]RAS,
1923, 4II-414. (DM).
I. 1026 — REN VIGVECGVARNATH,
Bharat-ké Prachin Rajavame (A4n-
cient Dynasties of Indra). Vol. I, HI,
Bombay, 1920-1. — Rec.: JRAS,
1023, 439-40 (LD. BARNETT).
(LM).
I. 1027 — BHANDARKAR R. G.,
A Peep into the Farly History of
India. From the fondation of the
Maurva Dvnasty to the downfall
of the imperial Gupta Dynasty,
322 B.C. circa 500 4. D. with a
preface bv. H. G. RAWLINSON.
IV 74, Bombav, Taraporevala
I. 1028 — SEN SURENDRANATH,
Siva Chatrapati, Calcutta, 1920,
AIL — 272. — Rec.: JA, 1023,
177-8 (J. BLocH).
I. 1029 — SEN SURENDRANATH,
Administrative system of the Ma-
rathas (from original sources). Cal-
cutta, 1923, NVI + 633. (GBP).
I. 1030 — GRrIiBBLE ]J. D. BR,
A History of the Deccan. 18096-
1024.
I. 1031 — Hririvanna M., Su-
resvara and Mandana Misra. ]RAS
1924, 90-97 (LM).
I. 1032 — SRINIVASACHARI CC. S.,
The Historv and Institution of the
Pallavas. Mysor, Wesleyan Mission
— 190 --
XNXII. STORIA. I. 1032-1036
F. J. Monaham (I 1033) tratta della storia, delle istituzioni,
delle iscrizioni e dell’arte del periodo Maurya, ch'ebbe, come è
noto, origine subito dupo l'invasione di Alessandro in India nel
327 a. C.
Sono usciti due volumi (I 1034), scritti in Bengali, corredati
di documenti e di molte citazioni relative alla numismatica, epigrafia,
storia indiana. Nei primi sei capitoli del primo volume si tratta
più della storia dell'India che non del Bengala, poichè la vera storia
di questo comincia colla dinastia Pala nell'8° sec. d. C. Negli altri
sei si fa la storia del Bengala con referenze alle altre regioni. Il se-
condo volume è un profondo studio di numismatica, raccomandabile
agli specialisti di tale materia. Ambedue i volumi sono molto chiari
ed obbiettivi.
Fondandosi su dati dei Purdna, ai quali oggi si attribuisce
valore storico di informazione almeno su gli elenchi di dinastie reali
che governarono successivamente nelle varie parti dell’India, R.
Shamasastry (I 1035) nega che esse quando vengono nominate si
debbano intendere successive le une alle altre, ma afferma che
furono contemporanee o anteriori 0 più durature alcuna volta
di quelle cui si supponeva dovessero esser succedute. E così di-
mostra, fondandosi sul Prabhavakacarita, o vita di Santi Jaina, di
Pradyumna Suri (sec. NIII), che, contrariamente all'affermazione
dei Purana, i Gardabha e i Murunda (Munda) furono contemporanei
e non posteriori agli Andhra.
Lo Stein (I 1030) fa un confronto minutissimo fra la descrizione
dell'India di Megasthene e VArfhagastra di Kautilva, giungendo
alla conclusione che non vi è fra le due fonti un così perfetto accordo
come è stato affermato, che è poco probabile che i due autori sieno
stati contemporanei, e che è dubbio se Kautilva, il ministro di
Candragupta, sia stato davvero l’autore dell'Ar/hagastra che porta
Il suo nome.
Valendosi d'un passo di Quinto Curzio (VIII, 13), il Cavai-
Press. 1924. — Rec.: JRAS, -+- Rec.: JRAS, 1017, 853-858
1925, 182 (L.D. BARNETT). (FE. W. Triomas). (VA).
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s “IOL se
BALLINI - INDIA. I. 1036-1043
gnac (I 1037) dimostra, contro il Beloch e lo Schubert, che Alessandro
passò l’Idaspe (Djelam) a monte del suo campo.
C. H. Payne (I 1038) pubblica e commenta scritti celebri di
storia dell'India: Plutarco « Alessandro Magno in India »; Hwui Lì
« Il Signore della legge »; Abdur Razzak « Vijayanagar nel XV Se-
colo »; Roteiro « Vasco de Gama a Calicut »; Babar «La battaglia
di Khanwah »; Firishta «La fondazione dell'impero Mongolo »;
Du gJarric « Akbar »; id. «la ribellione del principe Khusra »;
Oxinden « Una visita a Sivaji »; Tavernier « La corte di Aurangzeb ».
Delle notizie dei Greci su l’India sino alla spedizione di Ales-
sandro scrive W. Reese (I 1039).
Il Rawlinson (I 1040) vuol dare un resoconto succinto delle re-
lazioni fra l'India ed il mondo greco-romano, e si basa largamente,
a detta dell’autore stesso, sui sei volumi di McCrindle di traduzioni
da autori classici. L’A. si occupa specialmente dei rapporti degli
Indiani coi Greci, che fino ad allora li ignoravano, del tempo di Ales-
sandro, e della formazione di colonie in Asia per opera di Alessandro
e dei Seleucidi; poi degli attivi scambi commerciali coi Romani,
specialmente vivi dai tempi d’Augusto a quelli di Caracalla.
Su le relazioni fra l'India e i Romani scrive G. Jouveau Du-
breuil (I 1041-1042).
Nelle tre lettere latine (I 1043) scritte intorno al XIV secolo,
(riferite da una cronaca che si trova nella Biblioteca Nazionale di
Parigi) dalla Cina per mano di Frati Francescani, si trovano alcune
notizie intorno all'India (clima, costumi, flora, ecc.).
JRAS, 1923, 623 (F. J. Mona- I. 1040 — RAWwLiNSON H. G,,
HaN). (LM). Intercourse between India and the
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Minor Friars in China. JRAS,
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— 12 —
I. 1044-1050
XXII. STORTA.
R. Sewell (I 1044) stabilisce, fondandosi sulle iscrizioni, la crono-
logia dei re di Vijayanagara (India Meridionale) dal 1485-86 (usur-
pazione di Nrsimha) al gennaio 1510 (incoron. di Krsnadeva Rava).
A. F. G. Bell (I 1045) pubblica una vita di Gaspar Corréa, che
— nato nel 1496 — fu segretario di Alfonso da Albuquerque, gover-
natore del Cochin e scrisse una importante storia dei governatori
portoghesi dell’India (4 voll. pubblicati negli anni 1856-66).
Law Nath esamina (11046) le dinastie musulmane dell’India,
fermandosi lungamente su quella dei Mongoli (Moghul). Un capi-
tolo è dedicato all'educazione della donna. L'opera è riccamente
illustrata; contiene bibliografia ed indici. |
J. Sarkar pubblica due volumi sul governo mongolo nell’India. Il
primo (I 1047) riproduce saggi già noti, ma accresciuti di varî altri —
e riguarda l'amministrazione delle rendite. Specialmente interessante è
quanto l'A. dice riguardo il sistema di Aurangzeb. Il secondo volume
(I 1047a) è un corso di conferenze tenuto alla Università di Patna.
Una relazione sull’assedio di Satara da parte di Aurangzeb,
pubblica lo stesso Sarkar (I 1048).
È apparsa la prima di una serie di monografie sui più grandi
uomini che hanno fatto del nome di Rajput il sinonimo della caval-
leria e dell'eroismo nel M. E. indiano. Il primo di questi è Kumbha
Karana che regnò 35 anni gloriosamente nel Mewar, arricchendolo
coi più fini lavori d’arte (I 1049).
Krishnaswamy Aivangar (I 1050) pubblica uno studio sull’oscuro
periodo della storia del Reame di Vijavanagar antecedente al 1509.
E un utile supplemento al « forgotten Empire » del Sewell.
I. 1044 — Sewetcr R., Tle
Kings of Vijavanagara, A.D. 1486-
1509. JRAS, 1915, 383-395. (GBP).
bridge, Heffer; Calcutta, Sartar a.
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I. 1047a — SARKAR JADUNATH,
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Gaspar Corréa. VII + 93, Hum-
phrey-Milford, Oxford Univ. Press
1924. — Rec.: JRAS, 1925, 120-
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Promotion of Learning in India
during Muhammadan Rule (by
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1916. — Rec.: JRAS, 1918, 601-
004 (A. Y. A.). (MA).
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Studies in Mughal India. Cam-
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I. 1048 — Proceedings of Mee-
tings of the Indian Historical Re-
cords Commission, vol, IV, pp. 109.
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Maharana Kumbha, Sovereign, Sol-
dier, Scholar. Ajmer, 1917. — Rec.:
JRAS, 1917, 863-804 (0.C.). (MA).
I. 1050 — AivANGAR KRISH-.
- 19
Aevum - Anno I - 13
BALLINI - INDIA. I. 1050-1054
T. W. Haig (I 1051) tenta una cronologia dei re del Kacmir
fondandosi sulla Tabagat-1-Akbari, la traduzione della Ain-1-Akbari
e la storia del Firishtah. La dinastia, che durò sino al 1561, s’ini-
zia coll’avventuriero musulmano Shah Mirza, divenuto re nel 1315.
Scgue la breve dinastia Chak che durò sino al 15$9. L'autore ag-
giunge le tavole cronologiche con le date comparate dell’Egira e
dell'Era Volgare. |
Lo Smith (I 1052) ha pubblicato più che una storia, una bio-
grafia di Akbar, il monarca che cercò di conciliare tutte le religioni
nazionali dell'India per consolidare la sua posizione di conquistatore
della massima parte della penisola; che fu inoltre l'amministratore
per eccellenza perchè governò il suo regno con intuiti moderni.
Il Moreland ed il Yusuf Ali (I 1053) si propongono di raccogliere
1 dati della Aîn-1-Akbari, per dare un resoconto completo della
«land revenue » nell'Amministrazione di Akbar. Gli autori, dopo
aver enumerato le difticoltà incontrate per il testo, per la termi-
nologia speciale del 3° libro dell’Aîn, e per la corrispondenza ai ter-
mini tecnici moderni, ecc., ne analizzano il contenuto. Esaminano
ampiamente i tre principali «revenue systems », nelle loro divi-
sioni, applicazioni e scopi. Aggiungono un sommario, «revenue
arrangements » delle varie provincie al tempo delle statistiche del-
l'Aîn. Gli autori concludono che l'ideale amm. è nel sistema
Zapti o regolativo che fu il più adattato nell’impero d’Akbar.
Lo Smith (I 1054) riporta e commenta le varie versioni traman-
dateci della morte di Hemu nel 1550, in relazione alla tradizione,
generalmente accettata, del rifiuto di Akbar a finire un nemico ferito.
Esaminate versioni del Firishta, dello Elphinstone, di Badaoni, di
Ahmad Yadgar e quella del Van den Broecke nella traduzione del
De Lact, quella del figlio di Akbar, Jahangir, e di altri, si dichiara
NASWAMY, 4 Little-Known Chapter
of Vijavanagar Historv. Madras,
101060. — Rec.: JRAS, 1918, 582.
583 (M. L. D.). (MA).
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of Kashmir. JRAS, 1918, 451-403.
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SmitH V. A., The Date of Akbar.
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Smitia V. A., Akbar, the great
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I. 1053 -— MorELaND W. H,.,
and A. Yusur ALI, Akbar's land-
revenue system as described in the
«.din-i-Ahbari ». JRAS, 1918, 1-42.
0
I. 1054 — SMITH VINCENT A,
The deat of Hemu in 1550, after
— 194 —
XXII. STORIA. I. 1054-1058
tavorevole alle versioni di Ahmad Yadgar e del de Lact, nelle quali
il principe obbedisce all'invito di Baisam Khan e taglia la testa allo
infedele; crede che la storia della magnanimità di Akbar sia una
creazione della sua corte per mettere in accordo questo suo episodio
giovanile col carattere della sua maturità, e che non debba giudicarsi
severamente alla luce della nostra concezione Europca il giovinetto
quattordicenne che obbedì agli ordini del ministro e uccise un ne-
mico infedele.
Il Beveridge (I 1055) narra la storia di Aziz-Koka « the beloved
foster-brother » dell'Imperatore Akbar, che rappresenta una delle
più interessanti figure alla corte di Agra nel NVI secolo.
Beni Prasad (I 1050) tratta esaurientemente la storia di Ja-
hangir, così che nulla resta a dire su questo Imperatore, non grande
se non per la sua posizione e tristemente famoso per l'uccisione di
Abul Farl, cui sì deve la conoscenza dell'India nel NVI sec. Tratti
simpatici di Jahangir sono, tuttavia, il suo amore per la natura,
il suo culto della giustizia per cui è ancora ricordato in India, ed una
certa protezione data alle arti.
W. H. Moreland (I 1057), esaminando le fonti cui attinse le
proprie informazioni il de Lact pel trattato De Dnperio Magni Mo-
golis, mette a ralfronto alcuni passi del de Laet stesso con passi cor-
rispondenti, identici, del Pelsartt, per. concludere che indubbia-
mente il de Laet conobbe il Report preparato nel 1627 dal Pelsartt
e se ne servì con molto discernimento. Non riuscì tuttavia, a conser-
vare la vivezza e il colore dell'originale.
W. H. Morcland e P. Gevl traducono tutti i documenti di Iran-
cisco Pelsartt relativi all'India del tempo di Jahangir (I 1058). La pub-
blicazione è assai importante sotto l’aspetto politico cd economico del
periodo storico che la concerne. Ampii sono di fatti i particolari
del Pelsatt sulla vita sociale e religiosa del tempo. Contenuto:
la città di Agra; il commercio di Agra e l'Oriente; Indigo; descrizione
del commercio del Gujeràt; il commercio olandese nell'India Set-
tentrionale; sulle provincie al Nord e Ovest di Agra; il Kashmir;
the battle of Panipat. JRAS, 1916,
527-535. (DM).
I. 1055 — BeveRIDGE lI., Aziz
Koka. JRAS, 1921, 205-208.
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TJRAS, 1923, 483-84 (H. BEvERID-
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I. 1057 — Morktanpb W. H,.,
John de Laet and Francisco Pel-
I. 1056 — Prasan Bexi M. A,
Allahabad Universitv Studies in
History, Vol. I: Historv oj Jahan-
gir. XX + sor, London, Oxford
sartt. JRAS, 1923, $3-87. (Lo).
I. 1058 — Jahangir's India. The
ltemonstrantie of Francisco Pel-
— 15 —
BALLINI - INDIA. I. 1058-1066
Burhanpur e Gujerat; commerci, ecc.; modo di vita; superstizioni
religiose; religione hindu; matrimoni musulmani.
Il Rawlinson (I 10509) percorre la storia degli Inglesi nel Surat
dall'inizio alla metà del XVII secolo.
È uscita la trattazione fatta dal Forster (I 1060-1062) di un
difficile periodo per la Compagnia delle Indie, le cuì sorti sembravano
irrimediabilmente compromesse, periodo che coincide col sorgere
delle Fattorie in India. Nell’ XI volume si tratta particolar-
mente della storia di Bombay.
S. M. Edwardes (I 1063) dà notizia dell’opera dei « Commissio-
naries of Policé in Bombay town and îsland » dal passaggio di Bombay
dei Portoghesi agli Inglesi.
R. e O. Strachey (I 1064) narrano con fedeltà storica l'impor-
tante episodio della ribellione di molti abitanti di Bombay contro
l’East India Company.
Beni Prasad difende Jahangir dall'accusa di complicità nella
morte di Sher Afghan (I 1065).
Sono usciti vari volumi del Diario di Ananda Pillai concernenti
periodo 19 ottobre 1746-31 marzo 1751 (I 1066).
I. 1063 — EDwarDESs S. M., The
Bomibay City Police 1672-1916.
VI + 223, Oxford, University
Press 1923. — Rec.: JRAS, 1925,
180-181 (R. E. E.).
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by W. H. MorELAND and P. GEYL,
1925.
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the Factory of Surat. pp. 158, (1683-1684). An episode in the
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(J. ALLAN). (LM). storical and Literary Studies No. 6.
Cleveland Press 1916. — Notizia:
I. 1060 — FoRSTER WILLIAM, JRAS, 1916, 390-9I.
The English Factories in India.
Vol. IX, 1655-1660. 446, Oxford,
Clarendon Press 1921. — Rec.:
JRAS, 1923, 310 (J. ALLAN). (L_M).
I. 1065 — Proceedingsof Meetings
oftheIndian Historical Records Com-
misston, Vol. IV, pp. 109, Calcutta
1922. — Rec.: ]RAS, 1923, 647-48
I. 1061 — Forster W., Ze (J. ALLan). (LV). — V.I. 1048.
English Factories in India. A ca-
lendar of Documents in the In- I. 10606 — Ze Private Diary of
dia Office. Vol. X, 1661-1004. 1923. «Ananda Ranga Pillai. Vol. III-
VII. Superintendent Government
Press, 1916-1918. — Rec.: JRAS,
1916, 381-384; 1917, 407-408; 1918,
322-325 (FRANK PENNY); 1919,
285-290 (R. C. CULLING CARR).
I. 1062 — ForstER W., The
English Factories in India. A Ca-
lendar of Documents in the India
Office. Vol NI, 1665-1667, 1925.
XXII. STORIA. I. 1067-1072
Rassul Galwan (I 1067) scrive sui famosi viaggiatori Sahib
(tra gli altri Sir Francis Younghusband e Herold Littledale). Rife- .
risce sulla regione e sui popoli attraverso i quali è passato e sui
Sahib.
Una nuova edizione delle lettere dall'India di Mrs. Eliza Fay
(I 1068) con aggiunte di relazioni di altri viaggi da lei compiuti nel-
l’India stessa (la prima edizione era uscita a Calcutta nel 1817) è
apparsa per opera di E. M. Forster, che vi ha premessa una intro-
duzione e aggiunto note.
W. Crooke (I 1069) pubblica una nuova edizione dei « Viaggi
in India » del Tavernier. L'ultima edizione, pubblicata nel 1895,
erasi esaurita.
Il Forster (I 1070) ristampa le descrizioni dell’India fatte dai
primi sette Inglesi che la visitarono; Ralph Fitch, John Mildenhall,
William Hawkin, William Finch, Nicholas Withington, Thomas
Coryat e Edward Terry, le cui narrazioni ci rendon conto del pe-
riodo 1583-1619. Correda il testo di note.
Thakur Shri Jessrajsinghji Seesodia (I 1071) descrive l'Impero
Indiano, enumerandone gli Stati colla loro area, popolazione, ecc.,
e dedica poi parecchi capitoli al Rajputs, descrivendone il coraggio,
e i servizi resi nel passato e nel presente.
C. Ilbert-Courtenay (I 1072) ristampa l’Introduzione storica che
costituiva il primo capitolo della terza edizione del suo libro « The
Government of India» pubblicato nel 1915, riveduta e aggiornata
fino ai messaggi e ai discorsi del 9g febbraio 1921, quando la nuova
Legislatura Indiana fu inaugurata a Delhi.
I. 1067 — Garwan RASSUL, Ser- I.
vant of Sahibs. With introduction
bv Sir FRANCIS YOUNGHUSBAND,
1923.
I. 1068 — Fay ELIZA, Ori-
ginal Letters from India; contai-
ning a Narrative of a journey
through Egypt, and the Authors
Imprisonment at Calicut by HyDER
ALLY. To which is added, an
Abstract of three subsequent Vo-
yages to India. 1925.
I. 1069 — TAvERNIER ]J. B,
Travels in India. Translated by
W. BaLc. New ed. ly W. CROOKE,
1925.
1070 — ForstER WILLIAM,
Fayly Tyavels in India, 1583-1619
NIV -+- 351, 9 tavole, e 1 car-
ta geogratica, Oxford University
Press H. Milford 1921. — Rec.:
JRAS, 1923, 310-311 (]J. ALLAN).
(LAM).
I. 1071 — SErsoDpia THAKUR
SHRI JESSRAJSINGHJI, Zhe La]-
puts, a Fighting Itace. East and
West, Ltd., 1015. — Rec.: JRAS,
IQIO, 3492-93. (LUMI).
I. 1072 — ILBERT COURTENAY
Sir G. C. B., K. C. S. L, The
Government of India, VIII + 144,
Oxford, Clarendon Press 1922. -
ss Wa
BALLINI - INDIA. P I. 1072-1097
Sir Valentine Chirol (I 1073) pubblica uno studio su l’India.
In esso l’A. si occupa di problemi di attualità e d'importanza, alla
trattazione dci quali pone il contributo della sua conoscenza dei
tempi antichi e moderni.
Sono usciti gli atti del IV e del V Convegno della « Indian
Historical Records Commission » (I 1074).
Parecchie altre pubblicazioni di storia dell'India antica e medio-
evale e moderna sono apparse (I 1075-1187).
Rec.: JRAS,
NovceE). (LM).
1923, 635-36 (F.
I.1073 —CHiROLSIR VALENTINE,
India; with an Introduction by the
RigGuT Hox. H. A. LIL. TIScHER,
10920.
I. 1074 —— Indian Historical
Records Commissioni Proceedings
of Meetings. Vol. V: Fifth Meeting,
held in Calcutta, January, 1923.
III + 105, Calcutta, Government
Press, 1923. — Notizia: JRAS,
1925, 120 (T. GRAHAME BAILEvy}).
I. 1075-1076 — MARSHALL ].
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The Dates of Shandagupta and his
successors (ristampa da The Hin-
cu 198 +
XXIII. STORIA.
I. 1097-1118
Pe Maung Tin e G. H. Luce hanno tradotto in inglese la
Cronaca dei Re di Birmania (I 1IS$) facendola precedere da una
introduzione critica della letteratura storica della Birmania.
dustan
Rec.:
A. S.).
Review, Jan.
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==
XXXII. STORTA - XXIII. COSMOGRAFIA. GRFOGRAFIA;
I. 1183-1194
un eroe Mon «of dragon descent », figlio di uno dei gemelli fondatori
della monarchia Mon del Pegu.
XXIII. Cosmografia. Geografia. — Un importantissimo
contributo alla conoscenza della Cosmografia degli Indiani pub-
blica il Rirfel (I 1191).
Osservazioni di Cosmografia indiana fa il Thomas (I 1192).
Il Pargiter (I 1193) descrive una carta geografica, di cui non si
conosce la provenienza, appartenente alla Biblioteca della Royal A-
siatic Society, che rappresenta il continente centrale /ambdudiipa,
scritta in antica Gujarati, e la cui data il Fleet determina, in base
ad indicazioni tracciate in un angolo, il 23 maggio 1817.
Lo Stein (I 1194) esamina il verso (RV X, 75) della Nadîstuti
I. 1183 — Curzon Marquis of
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beginning of the English Conquest,
With a preface by Sir R. CARNAC
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I. 1190 — LiKk SMmix ASAH, 7 e
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and a Subhsequent Invasion from
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Baptist Mission Press 1923. —
Not.: JRAS, 1925, 149-150
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I. 1191 — Kirrer W., Die Kos-
mographie der Inder nach den
Quellen dargestellt, Bonn x. Leipzig,
Kurt Schroeder, 10920, pp. 401,
18 tavole. — Rec.: ZDMG, LNNV,
1021, 254-275 (\W. SCHUBRING);
NO, VIII 1920, 86 (V.G.); ZEthn
1921, 300 (GRUENWEDEL).
I. 1192 — Tuomas F. W., So-
me Remarks on Indian Cosmo-.
grafhy. ]RAS, 1920, 258.
I. 1193 — ParciTER F. E., Map
of the earth, JRAS, 1910, 537-530.
(LUMI).
I. 1194 — STEIN À_, I.C.LE.
On some river names in the KReveda,
JRAS, 10917, 91-99. (MA).
Pi
BALLINI - INDIA. I. 1195-1198
e stabilisce l'identità dei 10 fiumi ivi menzionati: Ganga, Yamuna,
Sarasvati, Cutudri, Parusni, Asikni, Marudvrdha, Vitnota, Arji-
kiya, Susoma. Però l'Arjikiyà è di determinazione incerta. Quanto
agli altri osserva che si susseguono in «strict order from east to
west ». Nota anche che l’esatta conoscenza geografica in quel tempo
è dovuta all'esperienza dei viaggi.
L’O’ Malley (I 1195) pubblica un altro volume della serie geo-
grafica riguardante le provincie indiane. edita dal prof. Sir T. H.
Halland. La pubblicazione è molto chiara, attraente, e contiene una
quantità d'informazioni bene scelte e coordinate.
La Maha-mayùri vidya-rajiii è una delle cinque grandi
formule che il buddismo del nord raggruppa sotto il nome di « quin-
tupla protezione ». Fu tradotta parecchie volte in cinese e tibetano; la
sua importanza è dovuta solo al suo valore magico; consta di una
serie di formole all'uso Abracadabra intorno ad un nocciolo antico.
Questo consta della storia d’un pavone, nemico acerrimo dei ser-
penti, che sfugge alle insidie dei nemici per mezzo di formole magiche.
Nella Mala-mayuri vi è una ricca ricca nomenclatura geografica;
e il Lévi (I 1196) vi studia la lista dei Yaksa protettori di città.
Tale lista manca nelle vecchie traduzioni cinesi. L'A. si vale nel
suo lavoro delle traduzioni su nominate e di altri manoscritti e dà
il testo dei Yaksa. Aggiunge un commento geografico, gli indici
dei caratteri delle traduzioni cinesi ed i nomi delle città e dei
Yaksa. Il catalogo geografico dei mss. mostra che il testo risale a
tre o quattro secoli prima dell’E. V.
Secondo la correzione dell’Haig (I 1197) bisogna leggere Bagor
(e non Nagaur) il nome della citta ove Akbar nel 1572 apprese la
nascita di suo figlio. E così il luogo della seguente fermata di Akbar,
durante il viaggio, non fu Mertha, ma Amet.
K. Déhring (I 1198) scrive sul Siam, illustrandone paese, popola-
zione, costumi, cerimonie religiose, ecc. (vol. I), «l’arte e isuoi varì
I. 1195 — O’ Matrcey L. S.S. print inthe Bibliotheca Indica edi-
Indian Civil Service, Bengal, Bi- tion of the Akbarnama and the
har and Orissa, Sikkim, Cambridge, Muntakhab- al- Tavarikh, JRAS,
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do 1917, 625-026 (F. E. P.). I. 1198 — D6HRING KARL, Stam.
i î Band I, Land und Volk. Band IIg
I. 1196 — LÉévi SyLvarn, Le Ca- Die bildende Kunst (mit Ausnahme
talogue geographique des Yaksa der Plastik), Minchen, Miller Ver-
dans la Mahamayîri, JA, 1015, lA8 1923. (== Der indische Kul-
1)-138. turkrcis in Finzeldarstellungen).
— Rec.: JRAS, 1925, 144-145
I. 1197 — Haro E. W., 4A Vis- (J. PH. VogEL).
— 201 —
XXIIT. COSMOGRAFIA. GEOGRAFIA.
I. 1199-1217
aspetti (architettura, pittura, scultura in legno, stucchi, ecc.)»
(vol. II). L'arte trae soggetti dalle leggende buddhistiche e dalla
mitologia brahmanica.
Sono usciti varî scritti su geografia e geologia, Gazetteers e Re-
cords (I 1199-1221).
I. 1199 — MiLton G. E., 7he
lost cities of Ceylon, London, 1916.
I. 1200 — RoBkrts P. E., 7Hi-
storical Geography of India, Oxford,
I9IO.
I. 1201 — FoucuHER A., Notes
on the Ancient Geographv of Gan-
dhara. translated bv H. HAR-
GREAVES, Calcutta 1915.
I. 1202 — KAaxE P. V., Ancient
(reographv and the Civilisation of
Mahahrashtra, ]BBAS, 1910, III:
I. 1203 — MAJUMDAR SUREN-
DRANATH, Contributions to the stu-
dv of the ancient Geographv of
India. IA, February-April 1919.
I. 1204 — BHATTACHARYA PAD-
MANATH V\., To the Fast of Sar-
natata (on the six countries men-
toned but mot visited bv Yuan
Chivang), JRAS, 1920, 1-19.
I. 1205 — KayE G. R., A gcuide
to the Old Observatories at Delhi,
Jaipur, Ujjain, Benares, Calcutta,
Superintendent Government Prin-
ting 1920. — Rec. : JRAS, 1920,
018-620 (A. S. D. MAUNDER).
I. 1206 — Emaxuver A. L., The
city of Surat, our old gateway to
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Course of the Ganges. 1A, Jan-
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MoxMmoHan Bahadur, Notes 0%
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Sixteenth Centurv, JPASB, 1916,
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Geosraphical Dictionary of An-
cient and AMediaeval India, IÀ.,
Supplement 1919, Apr. 1920, Sup-
plement 1921, Suppl. (Jan.) 1922,
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I. 1211 — MARSHALL Sir JOHN,
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— kRec.: JRAS, 1920, 108 segg.
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— Rec.: JRAS, I092z0, 108-113
(M. LoxGwoRTH DAMES).
I. 1213 — Hartipay R., The
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I. 1217 — Sacusr J. A., Bengal
District Gazetteers, Mvymensingh,
Calcutta 1919.
— DI -
BALLINI - INDIA. I. 1218-1228
XXIV. Paletnologia. — Cataloghi di materiale paletnologico
indiano hanno pubblicato R. Bruce Foote (I 1222), A. Rea (I 1223),
J. Marshall (I 1224).
XXV. Etnografia. Sociologia. Religioni primitive.
Folklore. — Il Subramaniam (I 1225) cerca di stabilire chi siano pre-
cisamente i Vamba-Moriyas, di cui spesso parla il poeta Mamaulanar;
e, contrariamente alle varie interpretazioni storiche che si danno
traducendosi vamba come nuovo, sostiene doversi spiegare vamba
come instabile; dunque Vamba-Moriva significherebbe non nuov
Moriya, ma instabili Moriya, cioè una tribù nomade. Sarebbero
essi i pirati, di cui è spesso ricordo negli antichi, che infestavano spe-
cialmente il paese di Tulu i
Una minuta descrizione delle foreste e degli abitanti selvaggi
del Ceylon, ha data R. L. Spittel (I 1226).
Sono uscite varie pubblicazioni di genere etnografico (I 1227.
1252).
I. 1218 — SMITH, J. W. Gazet- talogue raisonné of the Foote Col-
teer-P’rovince of Sind, Karachi, lection of Indian Prehistoric and
Hyderabad Dis., Subhkuy, Larhana. Protohistoric Antiquities in the
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ment of the Dhulia Taluka W.
Khandesh, Bombay, 1920-21.
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ment, Selections from Records
N. D New Sertes, Settlement of
the Umark or Taluka of the L'hay
Parkar Distiict Records, Rharakt,
1021.
I. 1222 — LooteE R. Bruce, Ca-
Sir JOHN MARSHALL, Simla 1917.
I. 1225 — SUBRAMANIAM T. N,
Vamba-Morivas, JRAS, 1923, 93-
O75 (ALI.
I. 1226 — SritteL R. L., Wild
Cevlon; describing in particulay the
lives of the present-day Veddas,
1924.
I. 1227 — BANERJI BRAGEN-
DRANATH, Zhe Begams of Bengal,
Translated jrom the Bengali by the
author and S. C. BARMAN, Cal-
cutta, I1VI5.
I. 1228 — Roy SARAT CHANDRA,
ce 6
NXIV. PALETNOLOGTA - XXV. ETNOGRAFIA, ECC.
I. 1228-1254
Su l'opposizione delle nuove generazioni indiane, educate alla
tradizione del loro paese, contro l'asservimento dello spirito indiano
alla civiltà occidentale, scrive E. Ronaldshay (I 125,3).
Il Law (I 1254-1250) descrive i clan Ksatriya, e precisamente i
The Artificial Moulding of Pli-
sical Features in India, ]BORS,
I, 19I0, pt. I.
I. 1229 — RisLEv H., 7 he People
of India, 2 ed. by W.CROOKE, 1915.
I. 1230 — Crooke W., .Viandas,
ERI, 1917, 1-3.
I. 1231 — Trotman FL. È,
Burma. A Short Studv of its
People and Religion, pp. 151,
London 1917.
I. 1232 — Crooke W., Vusahar,
ERE, 1017, 3.
I. 1233 — Crookk W., Nepal,
Nipal, ERE, 1017, 321-323.
I. 1234 — Croorgxe W., Orissa,
ERE, 1917, 505.
I. 1235 — Trmrue R. C., Nico-
bats, ERE, 1917, 301-303.
I. 1236 -— HAuN HF. W_CROOKE:
Ordons, ERE, 10917, 501-507.
I. 1237 — FawcEtt F., Navars,
ERE, 1017, 250-258.
I. 1238 — ExtHoveNnR.E., Pasi
chala, ERE, 1917, 590.
“I. 1239 — Grrierson G. A,
Pigachas, ERE, 1018, 43-45.
I. 1240 — CrookE \.,,
Sindh, ERE, 1020, 571.
TI. 1241 — GEpbEN A. S., Zindu
Nature, ERE, 1917, 227-233.
Sind.
I. 1242 — Rose IL A., Panjab
and North West Frontier Pro-
vince, ERE, 1917, 603-008.
1.1243 — Rice L., MVvsore State,
ERE, 1917, 04-70.
I. 1244 — Crooke W., Rajput,
ERE, 1918, 505-0.
I. 1245 — \WapbprelL LI. A,,
Tibet, ERE, 1921, 331-334.
I. 1246 — SHAKISPEAR ]., Ite-
Hlections on the (Government of
Wild Tribes of the North-Eastern
Frontier of India, AR, April
1020.
I. 1247 — Warp F. Kixonhon,
In farthest Buyma. The Record of
an arduous journev of exploration
and research throush the unknown
froutier territory of Burma and
Tibet, 1921.
I. 1249 — WaLKER F., Dea:ille.
India and her Peoples, London,
Milford 1022. — Rec.: IRM, NI,
11)22, O1I-012 (GOLLOCK).
I. 1250 — Tavtror LT. F., Ztlhno-
logical and linguistic research 1n
Burma and Soutl - east Asia,
JBRS, NII, pt. I.
I. 1251 — RoxarnpsHavy E.,
India: a Bir®s-Eye View, 1924.
I. 1252 — YUSUF ALI A., Zhe
Makme of India; a brief historv
of the different elements, Geogra-
phical, Ethnical, Material, 1925.
I. 1253 — RoxatrnpsHay E., The.
Heart of Arvavarta. A: Studv of
the Psvchologv of Indian Unrest,.
IVI |.
I. 1254 — LAW BIMALA CHARAN
M. A., B. L., Asatriva Clans in
Buddhist India, IL 4 VIII +
218, I carta, 2 tavole. Calcutta e.
Simla, Thaier Spink a. Co. 1922.
— Rec.: ]JRAS, 1923, 44i (LD.
BarxETT). (£M).
RR.) 7 pr
BALLINI - INDIA. I. 1255-1262
Licchavi Videha, Malla, Cakya, Buli, Koliya, Moriya, Bhagga e Ka-
lama, occupandosi in particolar modo dei Licchavi, di cui studia il
nome e le origini, i costumi, la religione e le tendenze filosofiche, la
storia politica i
A. H. Benton (11257), considerando particolarmente il pro-
blema religioso in India più che quello delle caste, consiglia un si-
stema di mutua tolleranza religiosa nelle scuole.
L’Ambedkar (I 1258) fa la storia delle caste indiane notando che
esse sono sorte casualmente dopo compiutasi l’unità indiana. La casta
dei Brahmani s’impose di necessità per far osservare certi usi; le
altre caste, sorte per imitazione, si fondarono sulle differenze sociali.
L’A pare non ammetta il problema fondato sul pregiudizio del
colore e su quello della differenza di razza. Anche lo studio dei co-
stumi è trattato piuttosto fantasticamente.
L’Enthoven ‘I 1259) ha compiuto un’opera che contiene fatti
di importanza scientifica riferentisi a più di cinquecento caste e
tribù di Bombay, opera che era stata iniziata per ordine del Go-
verno Indiano circa venti anni avanti e che era rimasta poi inter-
rotta per mancanza di fondi
Il Temple (I 1260) si pone il quesito se sia giusto affermare,
come fa il Rothfeld in una sua nota, che le donne di Nair sono di ca-
sta Cùdra; e si chiede anche se questo termine debba avere lo stesso
significato nell'India meridionale e nell’India settentrionale.
Numerosi altri scritti sulle tribù e caste sono apparsi (I 1261-
1270).
I. 1255 — LAW BIMALA CHARAN, I. 1259 — ExtHoveN R. E,
Some Ksatriya Tribes of AncientIn- C. T. E., The Tribes and Castes of
dia. With a foreword by A. BERRIE- Bombay, pp. 299, 17 tavole, Bom-
DALE KEITH, pp. XIII + 311, Cal- bay, Government Central Press
cutta, ThacFker Spink a. Co. 1923. 1920-2. — Rec.: JRAS, 10924,
i 139-40 (S. M. EpWARDES).
I. 1256 — Law B. C.,, Ancient
Mid-Indian Ksatriya Tribes, Vol. I.
IWith a foreword by L. D. Bar-. Natrs Sudras?, JRAS, 1923, 265.
NETT, 1924. (LAM).
I. 1257 — BENTON A. H., Indian I. 1261 — NARASIMHASWAMI
Moral Instruction and Caste Pro-. S. P. L., Ancient Indian Tribes,
I. 1260 — TempLe R. C., Are
blems, London, Longmans Green
a. Co. 1917. — Rec.: ]RAS, 1918,
130-132 (H. A. R.). (MA).
I. 1258 — AMBEDKAR BHIMRAO
R., Castes în India, 1A. May 1917.
— Rec.: JRAS, 1918, 622-624 (R.
B.). (VA).
Part I: The Bhutas, Vizagapatam
1915.
I. 1262 — RusseL R. V. Assi-
sted by Rai BAHADUR Hira Lat.
The Tribes and Castes of the
Central Provinces of India, 4 voll.,
London 1916.
=
XXV. ETNOGRAFIA. I. 1263-1279
Il Roy (I 1277) si occupa di antropologia moderna, intendendo
con ciò colmare una lacuna negli studi Indiani. Il volume contiene
pure, in principio, considerazioni del Brooke sull'argomento.
Il Meyer (I 1278) pubblica un ampio studio su le condizioni della
donna indiana quali appaiono nell’epica.
Il Winternitz (I 1279) studia le condizioni della donna indiana
nelle varie religioni cui essa appartiene. Nella prima parte del
suo lavoro, il W. con criterio severamente scientifico, si giova di
tutte le fonti letterarie e giuridiche antiche e moderne per precisare
la posizione della donna nella religione brahmanica. La documen-
tazione è particolarmente ricca per quanto si riferisce ai tempi
antichi. L’opera è divisa in 5 parti: 1° introduzione, la donna e la
I. 1263-1264 — CRookE \.,,
Indian Out-Castes, ERE, 1917,
581.
I. 1265 — PEREIRA BRAGANGA,
O sistema das castas, Nova Goa
1920.
I. 1266 — Hassan Sven S,,
Castes and Tyibes of H. E. H.
the Nizam's Dominitons, Vol. 1,
Bombay 1920.
I. 1267 — OLDENBERG H., On
the History of the Indian Caste-
System, IA, 1920.
I. 1268 — Cotton E. A,, Castes
and Customs in Malabar, AR, april,
1lu23.
I. 1269 — CRooKkE W., Cidra,
ERE, 1920, 1914-9106.
I. 1270 — P. LAKSHMI NARASU,
4 study of caste, Madras 1922.
I. 1271 — Havavapnpana Rao,
Mysore Castes and Tribes, QMS,
Jan., 1923.
I. 1272 — Rose H. A,, Ma-
nus «Mixed Castes», IA, Febr.
1923.
I. 1273 — BECKER C., Indisches
Kastenwesen und chvristliche Ais-
sion, VII + 164, Aachen, Xa-
verius-Verlag 1921.
I. 1274 — WooDbBURNE A. S,,
Can India's caste system survive
in modern Life? JR, II, 1922,
525-537.
I.1278$ — BextTON R. H., Z/ndian
Moral Instruction and Caste Pro-
blem-Solutions, London, Longmans
Green and Co. 1918.
I.1276 — LAKHMAN SARUP, Some
aspects of Slavery. The historical
asfect of some Himalayan customs,
JPHS, VIII, 1923, n. 2.
I. 1277 — Rov Rao Bahadur
SARAT CHANDRA, Man in India,
Vol. I, 1, pp. 88, Ranchi « Man
in India Office» 1921. — Rec.:
JRAS, 1923, 149-150 (H. W. B.).
(LM).
- 1.1278—MEkyER JOHANN JacoB,
Das Weib im Altindischen Epos
Ein Beitrag zur indischen und zur
vergleichenden @Kulturgeschichte,
Leipzig, Heims 1915, pp. XVIII
+ 440. — Rec.: ZDMG, LXX,
1910 (JARL CHARPENTIER).
I. 1279 — WINxTERNITZ M., Die
Frau in den indischen Religionen
I Teil: Die Frau tm Brahmanis-
mus, Leipzig 1920. — Rec.:
— 209 —
Aevum - Anno I - 14
BALLINI - INDIA. I. 1279-1292
religione, la donna nel culto Brahmanico; 2° matrimonio di fan-
ciulli; 3° bruciamento delle vedove; 4° la vita della vedova; 59 eu-
genetica brahmanica.
Il Rothfeld (I 1280) distingue le donne indiane in tre categorie
principali (dell’aristocrazia, della classe media e le lavoratrici ed
aborigene); ne sceglie alcuni tipi per esprimere « l'atmosfera essen-
ziale e il costume » loro. Fa notare come ogni atto delle donne in-
diane di qualsivoglia grado, ogni loro pensiero, siano improntati
dalla religione. Se la cultura superiore, come è intesa in Occidente,
manca generalmente alla donna indiana, per un complesso di circo-
stanze (anche per la giovane età in cui vengon celebrati i matrimoni)
è notevole invece il suo spirito di sacrificio, il suo ideale di altruismo,
l'inesauribile amore per i fighi.
Della donna nell’antica India s’'occupa pure Clarissa Bader (I.
I28I).
Altre pubblicazioni di indole sociologica indiana «sono ap-
parse (I 1282-1298).
FR, 1922, 67-71 (A. M. Pizza- I. 1286 — Roy SARAT CHANDRA,
GALLI). (MA). Birth and Childhood, Ceremonies
l amongst the Oraons, JBORS, I,
I. 1280 — ROTHFELDO., Women 1916, pt. I.
of India, Painted by M. V. DuHu- _
RANDHAR, pp. 222, 48 tavole co- I. 1287 — KEAY FE Ancient
lorate, Londra, Simpkin Marshall Indian Education. An Inquiry into
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 129- ?fs Origin, Develohment and Ideals.
131 (R. C. CuLLINnG CARR). (LM). Oxford, Univ. Press 1918.
I. 1288 — GERKE P. J., The
System of Education in Dutch
East India, AR, october, 1921.
I. 1281 — BADER CLARISSE,
Ilomen in Ancient India; Moral
and Literary Studies, transl. by
M. E. R. MARTIN, 1925. I. 1289-—Law NARENDRA NAT H,
«Ancient Hindu Coronation and
I. 1282 — WISHWANATH, d ncient allied Ceremonials, IA, June 1919.
Royal Hindu Marriage Custonis,
J. Anthr. T, 1917. I. 1290 — G. L. DicKInsoN, An
essay on the Civilization of India,
I. 1283 — MEHTA S. S., Some China and Japan, London, Dent
purificatory rights of the Hindus 1914. — Rec.: IJE, 1915, 424-426
at the time of marriage, JASB, (STELLA BrowNE).
NII, 1922, n. 4.
I. 1291 — LovETT V., 7le pre-
I. 1284 — Das GuPTA H., 4 sent position of India, AR, October
Short note on Polvandry in the 1920.
Juttal State (Simla), IA, May 1921.
I. 1292 — GLasENAPrP H. von,
I. 1285 — CHATTERJEE NIRMAL Der Arva Samaj. Eine religiòs-
CHANDRA, Primogeniture în An- soziale Reformbewegune im mo-
cient India, JPASB, NVIII, 1922, dernen Indien, NO, IIl, 1918,
n. 7. 5/9-573-
— 210 —
XXV. ETNOGRAFIA. I 1293-1301
Il Crooke ha parzialmente rifatto il libro di un Musulmano
dell'India Meridionale, Ja'far Sharif (I 1299) sulle credenze e sulle
usanze di quella contrada, già tradotto dal Dr. Herklots, che vi
aveva anche aggiunto un'appendice contenente notizie sulle paren-
tele, pesi e misure, vesti, gioie, ecc.
Il Keith (I 1300), presa in esame la teoria del Reinach sull'ori-
gine dei sacrifici, che non sarebbero una forma di offerta, bensì
un rito di comunione in cui, parte essenziale, vien mangiato l’animale
che è considerato il fofem per costituire un legame di unità fra il
lolem e la sua tribù, critica di questa e d'altre teorie l'applicazione
universale, ed esamina la spiegazione di alcune credenze, come quella
di Sansone e del leone, di Fetonte, in relazione al sacrificio di ca- -
valli, di Prometeo e dei simboli rappresentati dall’aquila, criticando
la recente teoria del Frazer sul totemismo, che egli crede una peri-
colosa forma di ragionamento «a friori.
Il Parker (11301) presenta una collezione di racconti popolari,
da lui stesso raccolti dalla viva voce degli abitanti dell'isola di Cey-
lon, divisa in due parti: nella prima sono contenuti i racconti nar-
rati da membri della casta colta, nella seconda quelli da componenti le
caste più umili. Queste narrazioni sono in gran numero parallele a
quelle di collezioni note dell'India continentale, come il Parca-
lantra, lo Hitopadega, il Kathasaritsagara il Kathakoga, il Jataka, ecc.
L'A. ritiene che alcuni dei racconti sieno stati trasportati da immi-
grati dall'India meridionale.
I. 1293 — GrasenaPP H. VON, “ome and abroad, AR, october
Der Brahma Samaj. Die Geschichte 1921.
einer indi
NO, ii na | I. 1299 — JA'FAR SHARIF, /s/ane
) CA in India, or the Quaniun-u-Islam.
I. 1294 — FARQUHAR |]. N, Composed under the direction of
Praythana Samaj, ERE, 1918, 4/d translated by G. A. HERKLOTS,
151-152. M. D. New edition, vevised and
rearranged with additions by \VIL-
I 1295 — SiastrI A.M., Social LIAM CROOKE, C. I. E., XL -- 374,
Reform in the Light of Hindu _ 27 tavole, Oxford, Universitv Press
Scriptures Advar-Madras, Theo- 1921. — Rec.: JRAS, 1923, 635-
Sophical Publishing Hom. 037 (F. NovcF). (LM).
I, 1296 — CrooKkE W., /ndian I. 1300 — KEFEITH BERRIEDALE,
Fostitution, ERE, 1019, 406-408. A. M. Reinach's Theorie of Sa-
crifice, JRAS, 1910, 542-535. (LV).
I. 1297 — Hopson T. C., The
rimitive Culture of India, 1022. I 1301 — PARKER H., Village
Folk Tales of Ceylon, 3 vol., Lon-
I. 1298 — SARVATHIKARY DEva dra 1910-14. — Rec.: JRAS,
RASAD, Education of Indians: at 1916, 385-300 (E. MvELLER).(LM).
“= dle
BALLINI - INDIA.
I 1302-1318
Uno studio di folklore d’arte, tradizioni, canti, feste del Bengala
ha pubblicato B. K. Sarkar (I 1302).
C. A. Kincaid (I 1303) traduce quattordici racconti, di diversa
origine.
Il Przyluski (I 1304) disserta sul tema dello svayamvara nel fol-
klore e nelle letterature orientali.
Varî altri argomenti folkloristici sono stati trattati (I 1305-
1323).
I. 1302 — SaARKAR B. K., The
Folk-Element in Hindu Culture. A
contribution to Socio-Religious Stu-
‘ dies in Hindu Folk-Institutions,
1917.
I. 1303 — Kincarp C. A., Tales
of Old Sind, 140, 8 tavole, Oxford:
University Press 1922. — Rec.:
JRAS, 1923, 454 (J. CHARPEN-
TIER). (LM).
I. 1304 — J. PRzyLUSRI, Le pro-
logue-cadre des Mille et une nuits
et le thème du svayamvara. Con-
tribution d l’histoire des contes
indiens, JA, 1924, 101-137.
I. 1305 — Jackson A. M. T.
and R. E. ENnTHovEN, Folklore
Notes, Vol. I, Gujarat, pp. IN-159,
Bombay, 1914. — Not.: JRAS,
1915, 552-554 (M. LonGWoRTH
DAMES).
I. 1306 — CooMARASWAMY A.
and ARUN SEN, Tridyapati: Ban-
guja Padabali. Songs of the Love
of Radha and Krishna. Translated
into English with Introduction and
Notes, XII, 192, London, The
Old Bourne Press 1915. — Rec.:
Ath, 1915, I, 312.
I. 1307 — GEIGERW., Hiniyam.
Ein Bettrag zur Volkskunde von
Ceylon, FK, 1910, 185-192.
I. 1308 — SinGH HARMAN, 7ales
from Sikh History, Lahore, 1917.
I. 1309 — SaARKaR B. K. and
H. K. RAKSHIT, The Folk Element
in Hindu Culture, 366, London,
Longmans 1917.
I. 1310 — CoLpsTREAM _W,,
Labour songs in India, ]RAS, 1919,
43-40.
I. 13}1 — GuptE B. A., Hindu
Holidays and Ceremonials, with
dissertations on origin, folk-lore,
and symbols. 2 edition revised,
Calcutta and Simla, Thacker Spink
a. Co. 1919. — Rec.: FI, 168-169
(CROOKE).
I. 1312— Dass VIKMALI, Songs
of Sidra, London 1920.
I.1313— SCHEFTELOWITZ, Gleich-
klangzauber in Indien und in ]u-
dischen Volksglauben, ZDMG,
LXXVIII, 1924, I106-I10.
I. 1314 — BucH C. H., Faiîths,
Fairs and Festivals of India,
Calcutta, Thacker Spink and Co.
1917.
I. 1315 — CrookE W., ZTle
Dasahra: an Autumnal Festival
of the Hindu, Il, 1915, 28-59.
I. 1316 — Roy CHANDRA, Corn
Spirit and Tree Spirit in Chota-
Nagpur, JBORS, Vol. I, 1916,
pt. I.
I. 1317 — Roy CHANDRA, Pro-
bable Traces of Totem Worship
amongst the Oraons, ]BORS, vol. I,
1916, pt. I.
I.1318—CHANDRA MITRASARAT,
The Village Deities of Northern
— 212 —
XXV. ETNOGRAFIA - XXVI. EPIGRAFIA. I. 1318-1329
XXVI. Epigrafia. — Il Rice (I 1324) pubblica l’edizione ri-
veduta del vol. I dell'’Epigraphia Carnatica.
Il Boyer (I 1325) a proposito dell'iscrizione in caratteri Kha-
rosthi scoperta dal Marshall (JRAS, 1914, parte IV, 1915, p. II) fa
alcune considerazioni, suggerendo una diversa interpretazione delle
parole.
F. W. Thomas (I 1326) pubblica criticamente, traduce ed il-
lustra un'iscrizione in alfabeto Kharosthi, redatta nell’anno 28,
quasi certamente dell’era di Kaniska, e trovata ad un miglio dal
villaggio di Hidda «thubammi » cioè in uno stupa. Da ciò si può
desumere che in quell'anno la dinastia di Kaniska estendesse il suo
regno pure a Hidda (luogo a cinque miglia da Jalalabad)\. L’ortografia
è sanscritizzante.
Il Wickremasinghe (I 1327) pubblica nella 18 e 2 parte del
II volume della sua Epigraphia Zevlanica un buon numero di iscri-
zioni, per lo più inedite, appartenenti al X e XI secolo.
Di due iscrizioni, una brevissima del N sec. circa d. C., e una
del XII, pubblica il testo e la traduzione il Barnett (I 1328). Lo stesso
(I 1329) descrive e riassume un'iscrizione sanscrita in cui, tra l’al-
tro, si nomina Choda-Ganga, re di Kalinga-nagara, incoronato nel
1078 d. C.
Bengal, Hindust. Rev., 1922, 140-
148.
I. 1319 — WHITEHFAD H., 7he
Village Gods of South India, RHR,
1917.
I. 1320 — WHITEHEAD H., The
Village Gods of South India, 2 ed.,
176, London, Milford 1921.
I.1321 Moses S. T., Fish and
fteligion in South India, QJMS,
Jan 1923.
I. 1322 — CHANDRA MITRA SA-
RAT, Further note on the custoni of
offering human sacrifices to uwsater-
spirits, QJMS, Jan. 1923:
I. 1323 — BLoomrieLD M., The
Dohada ov Craving of Pregnant
Women, JAOS, 1920.
I. 1324 — Rice B. LEWIS, Coorg
Inscriptions (revised edition): E pi-
graphia Carnatica, vol. I, pp. 114,
12 tav., una carta. Madras, printed
by the Superintendent Govern-
ment Press 1914. — Rec.: JRAS,
1915. 502-560.(].F.FLEET).(GBP).
I. 1325 — BovEr A. M., L'in-
scription en Kharosthì du 15 Asà-
dha 136, JA, 1915, 281-298.
I. 1326 — Tuomas F. W., d.
Khayosthi inscription, JRAS, 1915
91-96. (GBP).
I. 1327 —WICKKREMASINGHE Dom
MARTINO DE ZILVA, £Epigraphia
Zeylanica, Vol. II, Pts. I, 11. —
Rec.: JRAS, 1015, 107-172 (E.
MUELLER). (GBP).
I. 1328 — Barnett L. D.,, /Zn-
scriptions in the Victoria and Albert
Museum, JRAS, 1915, 337-339.
(GBP).
I. 1329 — BarnETT L.D., San-
«0
BALLINI - INDIA. a I. 1329-1336
L’editto di Agoka, trovato presso Bairat nel Rajputana, prova,
secondo l’interpretazione di B. M. Barua (I 1330), che nel III sec.
a. C. già esisteva il canone buddhistico come l’abbiamo ora.
Il Pandit Rao Sahib H. Krishna Sastri pubblica frammenti
di un altro editto di Agoka, scoperti sulla roccia presso Maski nel
distretto di Raichar dei Dominions del Nizam. Il Senart (I 1331),
dopo varie considerazioni ed interpretazioni, ne dà la traduzione.
Conclude che l’importanza di tale editto consiste nel fatto che que-
sto contiene il nome del suo autore Acoka in tutte lettere.
Il Rice (I 1332) studia il significato del nuovo interessante editto
di Agoka scoperto a Maski, che ha il merito di toglier ogni dubbio
sull'identità di Devanampiya nel cui nome è emanata la maggior
parte degli editti e conferma, per la località in cui fu trovato, l'o-
pinione che l'impero di Agoka si estendesse sul Dekkan, cioè sulla
provincia conosciuta poi come Kuntala.
Il Thomas (I 1333) studia e descrive due iscrizioni Kharosthi di
Taxila, di cui dà anche la riproduzione in una tavola a parte.
Un notevole lavoro epigrafico con importanti documenti come
il Rapnath (editto di Acoka), le iscrizioni Eran di Samudragupta
ecc. ha pubblicato Hira Lal (I 1334). Egli da pure notizia di un sug-
gello babilonese di circa 4000 anni fa, del periodo della 1* dinastia
di Babilonia.
T. A. G. Rao (I 1335) dà il testo e la traduzione di dieci « Grants »
incisi su rame appartenenti al Monastero di Kumbakonam cono-
sciuti col nome di Kama-koti-pitha. Sono scritti in Sanscrito, Tamil,
Telugu, ecc. e sono di varie epoche a partire dal 1260 circa.
Il Venkateswara (I 1336), a proposito delle divergenze dei dotti
skrit inscription of the Royal Asiatic Kharosthi Inscriptions from Ta-
Society, JRAS, 1915, 505-506. xila, JRAS, 1910, 279-285.
(GBP).
I. 1334 — Lat Hira, B. A,
I. 1330 — Barva B. M,, A note Descriptive Lists of Inscriptions
on the Bhabra edict, JRAS, 1015, 1% the Central provinces and Berar,
805-810 (GBP). Nagpur, Gov. Press, 1916. — Rec.:
JRAS, 1918, 325-320 (L.D. BaR-
I. 1331 — SENART E., Notes NETT). (MA).
d'épigraphie indienne. Un nouvel
édit d’Agoha è Maski, JA, 1910, I. 1335 — Rao T. A. GoPINATHA
425-442. (MA). Copper-Plate Inscriptions belon-
gine to the Sri Sankaracharva oi
I. 1332 — Rick L., The New the Kamakoti-Pitha. Madras, 1917.
Asoka Edict at Maski, JRAS, — Rec.: JRAS, 1918, 135-130
1010, 838-309. (LUMI). (LD. BARNETT). (VA).
I. 1333 — Trniomas F. W., Two I. 1336 — VENKATESWARA S. V.,
79
fed
PI
Ù
XXVI. EPIGRAFIA. I. 1336-1340
su un editto di Acoka per l’identificazione di « Safivaputra » afferma
che Pandya, Chola, Keralaputra e Satiyaputra dell’editto stesso
corrispondono a Pandva, Chola, Kerale e Kafichipura di Pataùjali
e che quest’ultima era la capitale dei Satvaputra.
Lo Smith (I 1337), a proposito dell'iscrizione non ancora deci-
frata del re Kharavela trovata nel sotterraneo dj Hathigumphà
(Orissa), dà i seguenti cenni. L'iscrizione è documento delle imprese
compiute in pace e in guerra in tredici anni di regno dal Re Kharavela,
della dinastia Chetà, zelante seguace del Jainismo. Fu re potente e
conquistatore molto noto nell’India. L'iscrizione è in data 105 della
èra Maurya (=170 a. C.). |
A. M. Boyer, il Rapson e il Senart pubblicano alcune iscrizioni
Kharosthi scoperte dallo Stein nel Turkestan Cinese. Queste iscri-
zioni (I 1338) non sono veramente ciò che comunemente s'intende
come tali, ma sono documenti di affari legali o privati, lettere del re
a subordinati locali, liste di nomi, ecc. Il Thomas osserva che « there
is some inconvenience in the separate issue of the texts without
introduction, translations or notes ».
L’ultima parte delle « Iscrizioni dell'India Meridionale » di H.
Krishna Castri (I 1339) contiene 117 iscrizioni Tamul; sono in
gran parte brevi iscrizioni dedicatorie. Fra esse è notevole l’iscri-
zione N. 128, che fu descritta per la prima volta trent'anni fa dallo
Hultzsch nel suo Report, e quella, più lunga, N. 151, del tempio
di Konerirajapuram.
Il Catalogo del Museo di Safichi (1 1340) contiene le illustrazioni
dei più importanti oggetti in esso raccolti, ed una esatta, benchè
frammentaria, trascrizione delle sue iscrizioni.
Il Vol. III della 7ravancore Archacological Series. contiene
Miscell. Comm., J]RAS, 1918, 541-
542. (MA).
I. 1337 — SMITH ViNncENT AÀ.,
Miscell. Comm., JRAS, 1918, 5.43-
547. (MA).
I. 1338 — Klarosfhi inscriptions
discovered by Sir Aurel Stein in Chi-
nese Turkestan; part I, text of inscr.
discov. at the Niva site, 1921;
transcribed and edited bv A. M.
Boyer, E. S. Rapsoxn and E.
SENART, Oxford, Clarendon Press
1920, 153. — Notizia: BSL, NXII,
1921, 199-200 (|. BrocH). — Rec.:
JRAS, 1921, 277-81 (FE. W. Tuo-
MAS). (If .A4).
I. 1339 — Sastri H. KRISHNA,
South Indian Inscriptions, Vol. III,
Pt. III, 439, 19 tavole (= Archaceo-
logical Survey of India, Vol. 209)
Government Press, Madras 10920
Rec.i JRAS, 1923, 141-142
(J. Atran). (LM).
I. 1340 — Archaeological Survev
of India: Catalogue of the Museum
of Archeology at Sanchi, Bhopal
State, pp. 73. 21 tavole, Calcutta,
Superintendent Government Press
SOIT - INDIA. I. 1340-1345
trentatrè brevi iscrizioni, interessanti per gli studiosi di storia
dell'economia e di filologia dell'India Meridionale (I 1341).
J. Bhatt (I 1342) pubblica il testo con traduzione sanscrita e
hindi e note hindi degli editti di Acoka. In una introduzione in 8
capitoli (prolegomena in Hindi) e in un'appendice (pure in Hindi)
tratta dell’origine della scrittura indiana, di grammatica pali, ecc.
Il volume, di spirito nazionalistico, ha una prefazione di Narendra
Deo sull’importanza di Agoka quale divulgatore e autore, per dir così,
di ideali nazionali e del concetto della unità dell'India.
K. Aivangar (I 1343) continuando la discussione sull’identifica-
zione del Satiyaputra degli Editti di Agoka, nega di avervi, in una
sua precedente nota, ravvisato con precisione i Nayars di Ma-
labar, come afferma l’autore di altro articolo (apparso in JRAS,
1922, pag. 84) il Subramanyam, che cita anche contro di lui Cankara.
Contesta la soluzione proposta dallo stesso Subramanyam, che iden-
tifica il Satiyaputra coi Kogar di Kongu Nadu.
Il Narasimhachar (I 1344) ci dà una completa trascrizione,
traduzione e copia in lingua parlata non solo delle iscrizioni com-
prese negli elenchi del Rice, che eran state trovate nel centro Jaina di
Cravana-Belgola, ma di molte altre minori, e le studia analiticamente
nell’introduzione che apre il volume.
Il Gupte (I 1345), esaminando quattro lastre di rame che gli
erano state date da decifrare, ha trovato che pur essendo tutte im-
portanti, una particolarmente è degna di nota, come quella che si
riferisce a Prabhavatigupta, figlia di Candragupta II, la quale chia-
ma se stessa madre del Maharà}a Cri Damodarasena Pravarasena. La
lastra porta per data l'anno diciannovesimo del regno di Pra-
varasena.
1922. — Rec.: JRAS, 647-49 (J.
ALLAN). (LM).
I. 1341 — Travancore Archaeolo-
gical Series, Vol. III, Part I,
158, 26 tavole. Trivandrum. Su-
perintendent Government Press
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 047-
048 (J. ALLAN). (LM).
I. 1342 — BHATT JANARDAN,
AsSOR-Ré Dharm-lekh, VIII + 500,
Benares, 1923. — Rec.: JRAS,
1925, 184 (L.D. BARNETT).
I. 1343 — ArvANGAR S. KRISH-
NASWAMI, The Kosar of Tamil
Literature and the Satiyaputra oi
the Asoka Edicts, JRAS, 1923,
609-013. (LM).
I. 1344 — NARASIMHACHAR R.,
Epigraphia Carnica, Vol. II. In-
scriptions at Cravana-Belgola. Ill
+ 610, 77 tavole. Bangalore, Mvy-
sore Government Central Press
1923. — Rec.: JRAS, 1924, 138-
139 (R. SEWELL). (LM).
I. 1345 — GUPTE ]. R., A grant
of the Vakataka Queen Prabha-
vatigupta: the yeay mineteen of
Pravarasena II, ]RAS, 1924, 94-90.
(LM).
— 216 —
XXVI. EPIGRAFIA. I. 1346-1351
Il testo (in caratteri latini) con glossario delle iscrizioni di Acoka
è uscito per opera di A. C. Woolner (I 1340).
L'edizione da molto tempo attesa delle iscrizioni di Agoka, da
parte di E. Hultzsch è apparsa di recente, ad inestimabile utilità degli
studiosi di epigrafia, lingue, antichità dell'India. L’opera, notevole
pure per le ben riuscite riproduzioni, contiene: descrizione delle
iscrizioni; cenni su Agoka, autore delle iscrizioni; sul suo impero; su
la conversione; sul dharma di lui. Dà una traccia di gramma-
tica degli editti scolpiti in pietra di Girnar, Kalsi, Shahbargarhi,
Dhauli, Jangada, e di altri minori (I 1347).
K. V. S. Aiyar (I 1348) illustra (con osservazioni di indole pure
geografica e linguistica) alcune iscrizioni in pietra e su tavole di
bronzo scoperte nel Travancore.
Il Finot (I 1349) chiude le sue Notes d’'épigraphie (I 1350) descri-
vendo le iscrizioni del Museo di Hanoi (XIV), del re di Champa,
Java Paramesgvaravarman (XV), di Sdok Kak Thom (XVI) dello
stipite di Vat Phu (XVII), di cui molte sono in Sanscrito, altre in
Siamese o in Khmer, alcune, parte in una e parte in un’altra lingua.
Parla pure di una nuova e brevissima inscrizione di Prakaga-
dharma (NIN). All'ultimo capitolo (XX) che contiene la storia
della epigrafia indocinese, segue tra l’altro una bibliografia, nella
quale sotto il titolo d'ogni opera si legge un breve riassunto delle
iscrizioni che vi sono pubblicate.
Il Duroiselle (I 1351) ha classificato le iscrizioni trovate in Bir-
mania, che erano già state pubblicate in un corfws di iscrizioni di sei
grossi volumi; esse ammontano a 1457 e sono nella maggioranza
scritte in Birmano e in Pali, o in queste due lingue combinate.
I. 1346 — WoOOLNERAÀ. C., In- graphie, NIV-XX, BEFEO, XV,
scriptions of Asohka Text and Glos- 1915, n. 2, pp. 213. (GBP).
sary. With Introduction. 1924.
$ I. 1350 — Fixot L., Notes d'épi-
I. 1347 — HutLtzscH E. Corpus graphie in BEFEO, Il, 111, IV,
Inscriptionum Indicarum, Vol. I. 1X, XII, 2.
Iunscriptions of Asoka. New ed.
1925. I. 1351 — DurolsELLE CHaS.,
È ij — Ande RK Wise A List of Inscriptions found în
BRAHMANYA 7Travancore Archaeolo- Sa a d, GAIA Luson
gical Series, Vol. IV, Part. I, ptions, arranged in the order of their
pp. II + 115, 6 tavole, Trivan- Dates. Compiled and edited by. Ci
drum, Government Press, s. d. — Di Superintendent, Archaeological
Rec: JRAS, 1925, 118 (T. Gra- Survev, Burma Circle. Superinten-
HAmk BAILEY). (LM). dent Government Printing, Ran-
goon, 1921. — Rec.: JRAS, 1923,
I. 1349 — Fixot L., Notes d'épi- 403-404 (R. P. DewuHursT). (£.M).
i
70
fed
e)
BALLINI - INDIA. I. 1352-1367
e emnm0eeetnl@ke@nq®n8n— tt. e I e —_ —— __ ]
I voll. III, VI, VII delle « Verspreide Geschriften » del Kern
(I 1352) contengono l’identificazione e la decifrazione di iscrizioni
sanscrite del Camboja, di Giava, Sumatra, Borneo, ecc.
Il Duroiselle e il Blagden (I 1353) pubblicano « fotografie, tras-
crizioni e traduzioni con note delle iscrizioni poliglotte, trovate circa
37 anni or sono presso la Pagoda Myarzediì nelle vicinanze di Pagan
(Birmania sett.) », undici iscrizioni Mon ed altre, appartenenti alla
Pagoda Ananda a Pagan. Il Duroiselle « s'occupa dei testi birmani
e pali, il Bagden di quelli in Mon (o Talaing) e in una lingua ignota ».
Numerose altre edizioni e studî di documenti epigrafici sono
apparsi (I 1354-1415).
I. 1352 — KERN H,, Verspreide I. 1359 — Barnett L. D., An
Geschyiften, ’s Gravenhage, Mar- aramaic inscription from Taxila
tinus Nijhoff (voll. I-IX, 1913-20). JRAS, 1915, 340-342.
— Rec.: 1923, 447-451 (C. O.
BLaGDEN). (LM). I. 1360 — CowLEyY A., The first
aramaic inscription from India,
I.1353 — Epigraphia Birmanica, @JRAS, 1915, 342-347.
Vol. . by TAW SEIN K d
E I. 1361 — AivANGAR S. Krisn-
Chas. DUROISELLE, 1919; Vol. 1,
> NASWAMI, Agnishandha and the
2 C. O. BLagpbeN, Zle Farly Ar
Mon Iuscriptions, 1920; Vol. 11, 1 SORA CCR O A (000, LR,
19015, 521-527. i
and 2, 1921; Vol. III, 1, 1923.
Rangoon, Superint. Government I. 1362 — THiomas F. W., Notes
Printing (Archaeological Survey on the Edicts of Asoka, 12 Vivasa,
of Burma). — Rec.: JRAS, 1025, JRAS, 1910, 113-123.
145-148 (R.G.B.).
I. 1363 — Jackson V. H., 7wo
I. 1354 — Fixor L., Deux nou- new Inscriptions from the Barabar
velles inscriptions indochinoises, Hills and an identification of Go-
BEFEO, NVIII, 1918, n. 10, ratha Giri, JBORS, I, 1916, pt. II.
13-10. |
I. 1364 — Kumar S., The 1x-
I. 1355 — THomas IF. W., Mr. scriptions of Asokachalla, IA, Vol.
Marshall's. Taxtla Inscription, NLIX, 1916.
RAS, 1015, 1535-50.
J 015. 15505 I. 1365 — SENART E., Notes
I. 1356 — FLEET J. F., The d’épigraphie indienne. L’inscrip-
Taxila scroll of the vear 136, JRAS, tion du vase de Wardak, JA, 1010.
SESIA I. 1366 — NANJUNDAYYA H.V\.,,
I. 1357 — Tuomas F. W.,, Sir Some Aspects of Ethnographic 1n-
J. H. Alarshall's Kharosthi in- vestigations, ]PASB, Vol. IX, 1910,
scription from Taxila, ]RAS,1915, fasc. 3-4, 5-0.
“ai I. 1367 — BiLL H. C. P. and
I. 1358 — THuÒpomas I° Wi, Notes A. M. GUNASEKHARA, Keé/lani Va-
on the Edicts of Acoka, ]RAS, Nhara and its Inscriptions, CALR,
IOI5, 097-112. I, 1910, pt. III.
2 DIN --
‘4
XXVI. EPIGRAFIA
I. 1368-1390
—_—
V. I 84 per il valore di vivasdy e alcune altre espressioni ri-
correnti in epigrafi.
I. 1368 — DESIKACHARIT. DIVAN
BAHADUR, Sonth Indian E pigraphy
and Numismatics, Madras, I9IO.
I. 1369 — MAzumDbAR B. C,,
Sonpur Plates of Kumara Somes-
varadeva, EI, VII, 1910, pt. 4.
I. 1370 — Lar Hira, Sanskrit
and Hindi Inscriptions of Dik-
paladeva, Samvat 1760, EI, XII,
1910, pt. 6.
I. 1371 — FLEET ].E., Bhandup
Plates of Chhittarajadeva, A.D.
1026, El, XII, 1910, pt. 6.
I. 1372 — Barnett L. D., In-
scriptions at Yewur, EI, NII,
1910, pt. 6.
I. 1373 — Inscriptions from Po-
lonnasuva, EZ, II, 1916, pt. 3.
I. 1374 — SPooNER D. B., The
Bodh Gava Plaque, ]JBORS, LI
19I0, pt. I.
I. 137585 — Tuomas F. W., Notes
on the Edicts of Asoka, JRAS,
I9QIO, 113-123.
I. 1376 — HuttzscH E., Fin
ktirzlich entdechtes Edikt des Kò-
nigs Acoka, ZDMG, 1916, 539-541.
I. 1377 — Fixor L.., Les dates
de l’inscription de Nagara ]um,
BEFEO, XVI, 1916, n. 3, 23-27.
I. 1378 — Sastri R. S. K,,
South Indian Inscriptions, Vol. Il,
5. Pallava Copper - Plate Grants
from Velurpalavam and Pandan-
tottam, Ed. and transl., Madras,
1917. — Rec.: JRAS, 1919, 104
(L. D. B.).
I. 1379 — Gite REv. A., A
record of the Inscriptions at the
Catholic Church at Patna Bihar,
and Orissa. Introd. and notes bv the
Itev. H. Hostui S. J., Patna 1917.
I. 1380 — MitRA SAILENDRA-
NATH, Identification of Vinavasa-
mukase in Acoka's Bhabra Fdict,
IA, January, 1919.
I. 1381 — RapHa Govinba Ba-
SAK, The words nivi and vinita as
used in Indian Epigraphs, 1A, Fe-
bruary 1919.
I.1382— VENKATESWARA S._W.,
Sativaputta in the Rock - Edict II
of Acoka, IÀ, February, 1919.
I. 1383 — CHANDA RAMAPRASAD,
Inscriptions on two Patna Statues
in the Indian Museuni, 1A, March
I9IO9.
IT. 1384 — MAJumbar N. G.,
Patna Museum Inscription of Ja-
yasena, IA, April, 10919. .
I. 1385 — JavaswaL _K. 1°,
The Jogimarà Cave Inscription,
IA, July 1019.
I. 1386 — MAJUMDAR N. G,.,
Second note on the Hathigumpha
Inscription of Kharavela, 1À, Oc-
tober 1919.
I. 1387 — NMAJUMDAR N, Gi,
Epigraphic Notes, IA, November
1919.
I. 1388 — Arvar K. G. S,, 7 he
Panamalai Rock - Temple Inscrip-
tion of Rajasimha, IA, Decem-
Der 1919.
I. 1389 — Satiyaputra of the
Asoka Edicts. — Rec.: JRAS,
1919, 581-584 (S. KRISHNASWAMI
AIYAR).
I. 1390 — HucrtzscH E., Zur
Inschrift der WN ardak-Vase, ZDMG,
LXNIII, 1919, 224-228.
-- 219 --
BALLINI - INDIA.
I. 1391-1410
XXVII. Numismatica. — W. H. Valentine (I 1416) si oc-
cupa delle monete del Nord-Ovest dell'India dall’XI sec. circa.
Interessante la serie delle sue monete dei Sikh e dei Durrani.
.I. 1391 — Archaeological Survey
of India, Vol. XXIX. South In-
dian Inscriptions. Edited and trans-
lated by Rao SAHIB H. KRISHNA
SastRI, Madras 1920.
I. 1392 — CHANDA R., Taxila
Inscription of the year 136, JRAS, .
1920, 319-324.
I. 1393 — MAJUMDAR N. G,,
Maner copperplate of Govinda-
candra, JPASB, XVIII, 1922, n. 1.
I. 1394 — MAJUMDAR S. C.'
Krishnaraja of the Balsana Tem
ple Inscription, IA, February, 1921.
I. 1395 — Gupra K. M,, Land
system in accordance with epi-
graphic evidence, with notes on
some of the inscriptions and on
some terms used in them, IA,
April 1922.
I. 1396 — Gupta K. M., The
Dhupi copperplate of Ramasimha,
JPASB, XVIII, 1922, n. I.
I. 1397 — MaJjumpar N. G,,
Notes on Kharosthi inscriptions,
JPASB, XVIII, 1922, n. 1.
I. 1398 — PaRcITER F. E., The
Inscriptions on the Bimaran Vase,
EI, XVI, 1922, 3-4.
I. 1399 — MAaJjumpar R. C,,
Dates of the votive inscriptions on
the Stitpas at Safichi, JPASB,
xVIII, 1922, n. 4.
I. 1400 — GorixatHa Rao T. A-
and VARAKHEDI BAPU ACHARYS»
Srisangani plates of Horihara-Rava
Udaivar (III), Saka 1330, EI, XVI,
1022, N. 5.
I. 140! — RayCHANDHURI Hrm-
CHANDRA, Zhe Mahabharata and
the Besnagar inscription of Heli-
odoros, JPASB, XVIII, 1922, n. 5.
I. 1402 — BANERJI R. D. and
VIsHNU S. SUKTHANKAR, Three
Kshatrapa inscriptions, EI, XVI,
1922, N. 5.
I. 1403 — BANERJI R. D., The
Sanchi inscription of Svamin ]i-
vadaman: the 13th year, EI, XVI,
1922, N. 5.
I. 1404 — KRISHNAMACHARLU
C. R., The Penuguluru Grant of
Tirumala I: Saka 1493, EI, NVI,
1922, N. 5.
I. 1405 — HariDpas MITRA, dA
note on the newly discovered Bogta
Stone Inscription, JPASB, XVIII
1922, N. 7.
I. 1406 — SUBRAMANYAM, Satli-
yaputra of Asoka’s Edict, N. 2,
JRAS, 1922, 84-86.
I. 1407 — Hyderabad Archaeo-
logical Series, N. 5, Munirabad
Inscription of the Thirteenth Year
of Tribhuvanamala (Vikramaditya
VI). 12, I tavola. Nizam's Govern-
ment 1922. — Rec.: JRAS, 1923,
647-048 (J. ALLAN).
I. 1408 — THomas FT. W., Note
on the Hathigumpha inscription,
JRAS, 1922, 83-84.
I. 1409 — Konow STEN, Sonne
problems raised up by the Khara-
vela inscription. Act. O, I, 1922,
12-42.
I. 1409a — Konow STEN, The
royal dates in the Nuja inscrip-
tion. Act. O, Il, 1923, 112-141.
I. 1410 — Archaeological Survey
ot Cevlon, £pigraphia Zevlanica
0 --
XXVII. NUMISMATICA. I. 1410-1421
C. J. Brown in 2 volumi (I 1417) descrive una delle più vaste
raccolte di monete degli Imperatori Musulmani. Circa 6000 monete
sono illustrate e annotate. Un glossario di parole e frasi delle monete,
una lista di nomi, ecc., seguono l’accurato catalogo.
Il Henderson (I 1418) descrive un mezzo migliaio di monete,
con paragrafi introduttivi e note storiche; illustra chiaramente il
complicato sistema di date di Tipu, di cui difende anche un po’ la
figura tanto maltrattata. z
Il Whitehead (I 1419) pubblica una breve opera, dedicata
ai lettori non specialisti della materia, sulle monete premusulmane
dell’India nord-occidentale, nella quale descrive le varie circolazioni
monetarie del Punjab, dalla conquista greca al decimo secolo.
Il Brown (I 1420) descrive in ordine storico ed evolutivo tutte
le serie di monete coniate in India, facendo quasi un commento nu-
mismatico della storia Indiana politica ed economica.
Altre pubblicazioni di numismatica sono uscite (I 1421-1428).
being Lithic and othey Inscriptions
of Ceylon, Vol. I, part 1, Vol. II,
part 5, 1904-1925.
I. 1411 — Sankara IK. G., Some
Pallava inscriptions; Some lvrics
from the Purra-Manurru, QMS,
1923, January.
I. 1412 — WartueseRr M., Das
Edict von Bhabra, pp. 20, Leipzig,
Harrassowitz 1923.
I 1413 — NARASIMHACHARYA
Rao Bahadur, Sasana Padya
-Marijari, or poetical Extracts from
Inscriptions, pp. IV, 4, 3, 300,
Bangalore, Guruvilas Printing
Works 1923.
I. 1414 — Koxow StEN and
W. E. van WIJK, Ye Gras of
the Indian Kharosthi Inscription.
Act. O., III, 1924, 52-91.
I. 1415 — SHARMAN T. T., Kan-
nada Poets mentioned in Inscrip-
tions. Arch. Survey of India N. 13,
1924.
I. 1416 — VALENTINE W. H,
The Copper Coins of India. Pt. II:
The Panjab and Contiguous Na-
tive States, London, Spink a. Son,
1920. — Rec.: JRAS, 1921, 477
(J. ALLAN). (MA).
I. 1417 — BrowNC.]., Catalogue
of Coins în the Provincial Museum,
Lucknow Coins of the Mughal
Emperors, Vol. I-II, Oxford, 1920.
— Rec.: JRAS, 10921, 475-77
(J. ALLAN). (MA).
I. 1418 — HENDERSON |. R.,
The Coins of Haiday Ali and Tipu
Sultan, 124, 9 tavole, una carta
geogr., Madras, Government Press
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 6051-
052 (J. ALLAN). (L_M).
I. 1419 — WHITEHEAD R. B,,
The Pre-Mluhammedan Coinage of
North-Western India, 56, 14 tav.,
New York, 1922. — Rec.: JRAS,
1923, 051 (J. ALLAN). (LM).
I. 1420 — Brown C. J., The
Coins of India, (= Heritage of
India Series), pp. 120, 12 tavole,
Londra, 1922. — Rec.: JRAS,
1923, 051-652 (J. ALLAN) (LM).
I. 1421 — DiksHit K. N., Some
Rare Coins in the Bombay Branch
R.'A.S., JRAS, XXIV, 1916, n. 2.
991 —
BALLINI - INDIA. I. 1422-1432
——— ccmPv__—---— o —_ ———— +-+
XXVIII. Archeologia. -— Il Le Coq (I 1429) narra il viaggio
compiuto nell'Asia Centrale (e particolarmente a Chodscho, antico
capoluogo politico della regione del Turfan, attiguo all'odierna bor-
gata Astàna-OQara Chodscha); da un riassunto della storia « di Cho-
dscho e de’ suoi abitanti e l’esposizione tecnica degli scavi da lui ese-
guiti ». Fornisce poi (pubblicando pure 75 tavole, di cui 45 a colori)
« documenti archeologici e artistici che egli giudica i più importanti
fra quelli da lui raccolti nella campagna del 1904-1905 » (Kgl.
Preuss. Turfan-Expedition). Si tratta di « pitture su seta e su carta,
miniature, ceramiche, motivi ornamentali, suppellettili domestiche e
votive, pitture murali delle più diversa origine »,
Lo stato di Hyderabad, importantissimo per la sue antichità,
ha deciso di fondare un dipartimento archeologico sotto la dire-
zione di G. Yazdani. La relazione del primo anno (I 1430) accenna
ad importanti lavori compiuti e riproduce fotografie interessanti.
R. Narasimbachar (I 1431-1432) dà importanti illustrazioni ar-
I. 1422 — Numismatic Supple-. pp. 184, 10 tav., Cambridge, Dacca,
ment, XXV, XXVII, JPASB, XII,
IVIO n. 2-3.
I. 1423 — ConrIncGTON H. W..
«“ Heavy », « Light» and « Indian »
Money, CALR, I, 1916, pt. II
I. 1424 — TrmrLe R., Notes
on Currency and Coinage among
the Bummese, 1A, April-May-]uly-
September 1919.
I. 1425 — DiksHiT K. N., Numi-
smatic Notes, IA, July 1919.
I. 1426 — BrowxC. J., Catalogue
of Coins of the Guptas, Maukhavis,
etc., in the Provincial Aluseum,
Lucknow, pp. 45, Allahabad, 1920.
— Rec.: JRAS, 1923, 6351-52 (|.
ALLAN).
I. 1427 — BHANDARKARMI. De-
VADATTA R., Lectures on ancient
Indian numismatics, Carmichael
Lectures, pp. 229, Calcutta, 1021.
— Rec.: JRAS, 1923, 651-032
(G. ALLAN).
I. 1428 — BHATTASALI N. K,,
Coins and chronologv of the carlv
independent Sultans of Bensgal,
1922. — Rec.: JRAS, 1923, 051I-
665 (J. ALLAN). |
I. 1429 — LE Coo A. vox,
Chodscho. Facsimile - Wiederga-
ben dey wichtigeren Funde der
ersten Kòniglich Preussischen Expe-
dition nach Turifan in Ost-Tur-
kistan. Berlin, Reimer 1913. —
Rec.: GSAI, XXIX, 1919-20 (1921
179-184 (IL. SUALI).
I. 1430 — YVAZDANI G., Annual
Iteport of the Archaeological De-
partement of His H. the Nizam's
dominions, 1914, 65. — Rec.:
JRAS, 1917, 412 (L.D. BARNETT).
I. 1431 — NARASIMHACHAR R.,
Annual Report of the Mvsore Ar-
chaeological Department for the
year 1914-15. pp. 71, 22 tavole
— Rec.: JRAS, 1910, 384-385.
(FRANK PETER).
I. 1432 — NARASIMHACHAR R,,
Annual Report of the AMvysore
Archaeological Department for the
vear 1915-16. — Rec.: JRAS,
1917, 4It (L.D. BARNETT). (VA).
XXVIII. inicnioesan _ I. 1433-1437
cheologiche nel Report del dipartimento archeologico del Mysor per il
19I4-I5 e nel seguente, sulle antichità di Turuvekere e Cringeri, le
quali ultime racchiudono la famosa abbazia fondata da Cankara
Acharya nel 1365.
Il Fleet (I 1433), pur approvando l’idea di fare serie e sistema-
tiche ricerche nel territorio del Nizam, notoriamente ricco di avanzi
architettonici e di iscrizioni, e facendo rilevare l'interesse che suscita
il primo numero del giornale della Società Archeologica del Nizam,
critica in alcuni punti la 12 delle Series, che sono l'organo del Dipar-
timento Archeologico, consistente in uno studio di H. Krishna
Sastri (I 1434) supra la recente importante scoperta archeologica (v.
l 133I-2) della prima epigrafe nota sin qui, nella quale il grande
imperatore Acoka venga ricordato con questo suo nome e non con
i consueti appellativi Devanampriva o Privadarcgin).
Lo Smith (11435) ha dato notizia degli scavi del Dr. Spooner
nell’area del monastero « in the east ». La più interessante scoperta
è quella di 211 «stone panels » meravigliosi e tutti differenti fra
loro.
A. H. Longhurst pubblica una relazione sul forte e sui templi
di Udavagiri ( Nellore district ), una sul tempio di Krishna a Vi-
jayanagar, una sui monumenti buddhisti di Guntupalle ( Kistna
district ) ed una breve nota sulle antichità di Coorg. È bene illustrata
ed ha una lunga prefazione (I 1430).
Il Narasimhachar (I 1437) da notizie di molti templi, della
grande Svamis di Madhva, di molte epigrafi, iscrizioni, ecc.
Un Report dà notizia del lavoro di archeologia indiana com-
piutosi durante tre anni (1916-19), notevole nonostante le diffi-
coltà causate dalle condizioni di guerra e dalla scarsità di fondi,
e inteso ad impedire il deterioramento e a migliorare le condizioni
di monumenti importanti non solo nci centri storici più noti come
I. 1433 — FLEET J.F. Archaeolo-
gical Work in Hvderabad, Deccan,
JRAS, 1916, 572-575.
Annual progress report of the Ar-
chaeological Survey Department,
southern Circle, Madras for 1016-
17, Gov. Press, Madras 1917. —
I. 1434 — SastRI H. KRISHNA, Rec: JRAS, 1918, 335-336 (H.
The new Asokan Edict of Maski, A. R.). (MA).
Hyderabad, 1916, (= Hyderabad
Archaeological Series, N.1). (LM). I. 1437 — NARASIMHACHAR R.,,
I. 1435 — SMITH V. A.,, Mi-
scell Comm., JRAS, 1917, 154-55
(MA)
I. 1436 — LoxGcHURSsT A. II,
233
Annual Report of the Mysore Ar-
chaeological Departm. for the vear
1917. Bangalore Gov, Press 1918.
— Rec.: JRAS, 1918, 584-585
(L.D. BARNETT). (3/4).
BALLINI - INDIA. I. 1438-1448
Agra, Sikandra, Lahore, ecc., ma in molti altri meno celebri
(I 1438).
L'Ayyar (I 1439) descrive centinaia di templi dell’India Meri-
dionale ed i tesori in essi contenuti, e dà notizia dei culti e delle
tradizioni locali.
Il Jouveau-Dubreuil (I 1440) descrive alcune antiche tombe
scavate nella roccia, nel distretto di Malabar, che sembra abbiano
conservato le caratteristiche delle tombe ariane del periodo Vedico,
e le mette in relazione colla casa vedica, trovando negli scavi del
Malabar perfino una sopravvivenza dell’agnidhriya vedico.
Gli Annual Reports dell’Archaeologital Survey of India iniziati
da Sir J. Marshall e D. Brainerd Spooner, sin dal 1902, continuano
ad offrire preziosi
contributi all’archeologia,
epigrafia, cultura
storica, civile, religiosa dell’India (I 1441).
Il Report del 1919-20 (I 1442) ci dà conto di importanti lavori
di conservazione e restauro, come quello delle tombe della dinastia
Adil Shah a Bijapur, e di notevoli scoperte archeologiche.
Molte altre pubblicazioni di archeologia sono apparse (mono-
grafie, cataloghi, Reports) (I 1443-1490).
I. 1438 — Progress Report of
the Superintendent, Archaeological
Survev of India, Muhammadan
and British Monuments, Northern
Circle, for the years 1916-17,
1917-18, 1918-19, I1 tavole, Go-
vernment Press, Allahabad 1921.
—_ Rec.: JRAS, 1923, 3400-61
(R. P. DEWHURST) (LM).
I.1439— Avvyar P.V. JAGADISA,
South Indian Shrines, pp. 263,
116 tavole, Times Publishing Co.
1920. — Rec.: JRAS, 1923, 14I-
142 (J. ALLAN). (LM).
I. 1440 — JouveAU-DUBREUIL
G., Vedic Antiquities, pp. 29, Pon-
dicherry, 1922. — Rec.: JRAS,
1923, 442 (L.D. BARNETT). (LM).
1I.1441 — Archaeological Survey
of India, Annual Reports from the
conimencement in 1902 fo 1922.
Edit. bv Sir J. MARSHALL and
D. BraIxERD SPoONER. With ge-
neral Index to the vears 1902 to
1916, dv R. G. KAYE, 21 voll,
Calcutta, 1904-1914.
I. 1442— Archaeological Survey
of India, Annual Report 1919-20,
pp. 63, 25 tavole, Calcutta, Super-
intendent Government Press 1922.
— Rec.: JRAS, 1923, 647-58 (J.
ALLAN). (LM).
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and its Architectural Remains, with
an historical outline of the Adil
Shahi Dynasty, Bombay, 1916.
I. 1444 — YAZDANI G., The
scope of Archaeology in the Hyde-
rabad State, JHAS, 1916, n. 1.
I. 1445 — YAZDANI G., The An-
tiquities of Warangal, JHAS, 1916,
n. I.
I. 14460 — Strinivas T., The
Antiquittes of Kulpak, JHAS, 1916,
n. I.
I. 1447 — Rao T.A._GoPpiINATHA,
Some memorial Stones found in
India and Ceylon, CALR, 1,
1916, pt. II.
I. 1448 —Mopi Dr. J.J., Ancient
ai
XXVIII. ARCHEOLOGIA - XXIX. ARTE.
I. 1448-1469
XXIX. Arte. — Due sono le cause della degenerazione del-
l'iconografia indiana: l'influenza delle teorie mistiche, per le quali
Pataliputra. Dr. D. B. Spooner's
Recent Escavations and the question
of the Influence of Ancient Persia
upon India, ]BBAS, XXIV, 1916,
n. 3.
I. 1449 — LoncHuRrsT A. H,,
Hanipi Ruins, descr. and ill., Ma-
dras, 1917.
I. 1450 — NARASIMACHAR R,,
The Kesava Temple at Belur. —
Rec.: JRAS, 1920, 252-254 (R.S.).
I. 1451 — JouveaUu-DUBREUIL
G., Pallava Antiquities, Pondi-
cherrv, 1918.
I. 1452 — MARSHALL ]., Conver-
sation Manual. A Handbook for
the use of Archaeological. Ufficers
and others entrusted with the care
of ancient monuments, 1923.
I. 1453 — Archacological New-
Imperia! Series, Vol. XLI. Tile-
Mosaics of the Lahore Fort, bv
]. P. VocEL, ed. bv Sir J. Mars-
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I. 1454 — BHANDARKAR D. R.,,
The Archaeological Remains and
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vev of India n. 4), 1920.
I. 1455 — CHANDA RAMAPRA-
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nava Tradition, (Arch. Survey of
India n. 5) 1920.
I. 1456 — Archaeological Sur-
vev of India, Western Circle,
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I. 1457 — Hasan M. ZASAR,
Mosque of Shaikh Abdu-n Nahi
(Arch. Survey of India), 1921.
I. 1458 — Catalogue of the photo-
graphic negatives in the Office of
the Director-general of the Archae-
“=
ologia in India-Simla, Calcutta,
Superint. Governm. Printing 1921.
I. 1459 — MaAaRsHALL ]J. Fxca-
vations at Taxila. The Stupas and
Monasteries at Jaulian (Arch. Sur-
vey of India n. 7) 1921.
I. 1460 — DixsHim K. N., Six
Sculptures from Mahoba. (Arch.
Survey of India n. 8) 1921.
I. 1461 — SHASTRI H., The Ori-
gin and Cult of Tara (Arch. Sur-
vey of India n. 20) 1925.
I. 1462 — Hasan M. ZASAR, A
guide to (the Tomb of) Nizamu-d
Din (Arch. Survey of India n. 10)
1922.
I. 1463 — Arvar K. V. Su-
BRAHMANYA. .firchacological De-
partment Series, Travancore, Vol.
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I. 1464 — Archaeological De-
partment. (iwaltor State, Fort
album, Gwalior 1922.
I. 1465 — VYAZDANI G., The
Temples at Palampet, (Arch. Sur-
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1919-20, Calcutta 1922.
I. 1467 — KAK RAM CHANDRA,
Antiquities of Bhimbar and Raia-
uri, (Arch. Survey of India n. 14)
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I. 14608 — Cevlon Journal of
Science. Section G. Archaeology,
Ethnology, etc. Edited by A. M.
HocaRT, Archaeological Commis-
stoner Cevlon, Cevlon, The Archae-
ological Commissioner, July 1924.
I. 1469 — MaxsHaALI. Sir J. H.,
Ammual Report of the Archaeolo-
RE
Aevum - Anno I - 15
BALLINI - INDIA.
I. 1469-1490
gli attributi divini si rappresentarono per mezzo di moltiplica-
zioni e deformazioni di membra, e la stilizzazione tecnica; ciò
gical Survey of India Part. I,
1912-13, Calcutta, 1915.
I. 1470 — MARsHALL Sir J. K.
Archaeological Survey of India,
Annual Report 1913-14. Calcutta
1917.
I. 1471 — Archaeological Survey
of India, Annual Report, 1915-16,
Calcutta, 1917-18. — Rec.: JRAS,
1919, 104-106 (L. D. B.).
I. 1472 — Annual Report of the
Archaeological Survey of India, Eas-
tern Cicle, for 1916-17, Calcutta,
1918.
I. 1473 — 4mnnual Progress Report
of the -Superintendent, Hindu and
Buddhist monuments, Northern Cir-
cle, for the Year ending March 31,
1917, Lahore, 1919. — Rec.: ]RAS,
1919. 106-107 (L.D. BARNETT).
I. 1474 — NARASIMHACHAR. R.
BAHADUR R., Amnual Report of
the Mysore Archeological Depart-
ment for the Year 1918. pp.
71, 13 tavole, Bangalore 1919.
— Rec.: JRAS, 19109, 432 (L.
ID. B..
I. 1475 —— Jammu and Kashmir
State Archaeological Dept. Annual
Progress Report, 1017-18, Jammu
1919.
I. 1476 — Archaeological Dept,
Jammu and Kashmir State, An-
nual Ieport, Jammu 1919.
I. 1477 — NARASIMHACHAR R,,
Annual Report of the Mvsore Ay- -
chaeological Department fov the
Year 1919, pp. I -;- II + 55,
Bangalore 1019. — Rec.: JRAS,
1920, 379-380 (L. D. B.).
I. 1478 — Archaeological Survey.
Frontier Circle, 1919-20, Pesha-
War 1920.
I. 1479 — Archaeological Survev
Report, Burma, 1919-20, Rangoon
1920.
I. 1480 — Archaeological De part-
ment, Hyderabad, Annual Report,
1918-19, Calcutta 1920.
I. 1481 Archaeological Survey
of India. Annual Rep. 1917-18,
Pt. I, Calcutta 1920.
I. 1482 — Archaeological Survey
of India. Annual Rep. 1914-15,
Calcutta 1920.
I. 1483 — Archaeological Depart-
ment, Mvsore, Annual Report, 1920,
Bangalore 1921.
I. 1484 — .irchacological Sur-
vey of India. Central Circle, An-
nual Report, 1919-20. Supplement,
Illustrations, 1918-19. Patna 1920.
I. 1485 — Archaeological Re-
port, Hindu and Buddhist Mo-
numents Northern Circle, to March,
3I, 1919, Lahore, 1920.
I. 1486 — .irchaegological De-
partment, Progress Report, W'es-
tern Circle, 1919-20, Calcutta 1921.
I. 1487 — Hvderabad. Arch
Department, Annual Report, 1329
F., A. D. 1919-20, Calcutta, 1022.
I. 1488 — Reports of the Superin-
tendent, Archaeological Survev, Bur-
ma, forthe vears ending 3I1st, March
1922, and the 3Ist, March 1923,
Rangoon, Supt. Government Prin-
ting 1923. — Rcc.: JRAS, 1923,
148-9 (R. G. B.).
I. 1489 — Archaeological De-
partment, Surver, India, Pro-
gress Report, Western Circle, to
gIst March T92I1, Bombav 1022.
I. 1490 — 4irchacologico! De-
LITI
XXIX. ARTE. I. 1490-1499
_— _____+Y 0 Tr — — n > Ai _ùò@—="— nni
secondo Gopinatha Rao (I 1497), il quale raccoglie e illustra i più
importanti termini e testi tecnici, e descrive le immagini relative
ai culti di Ganapati, Visnu-Garuda, degli Ayudhapurusa, degli
Aditya, di Devi.
O. C. Gangoly (I 1498), in un’opera su la scultura e su l’icono-
grafia dell'India meridionale, tratta, anzi tutto, in due capitoli,
della storia della coltura e della religione dell'India meridionale
in generale. Nel terzo parla dei caratteri fondamentali che gover-
nano gli artisti indigeni, nel quarto delle scuole di scultura gcivaite
a cominciare dal VI sec. e dell’arte visnuitica; nel quinto illustra e
difende i principî estetici dell’arte Indiana.
Il Coomaraswamy (I 1499) illustra e descrive i bronzi Indiani
e Singalesi del museo di Colombo, raffiguranti divinità (Civa, Civa
e Parvati o altre mogli di Civa, Karttikeva, Ganesa, ecc.) ed animali.
Non si tratta di oggetti solo di bronzo, ma pure di rame, ottone,
talora d'oro e d’argento, quasi tutti antichissimi e di grande valore
artistico.
partment, Gwalior State .Mysore, oi Burma (13 Annual Reports);
Annual Report, 1922, Bangalore 1907-24.
120 I. 1496 — Archaeological Survey
I. 1491 — drchacological De- of Mysore, 16 annual Reports,
partment, Survey, Burma, Re- 1907-25.
port uf the Superintendent, for the
vear ending March 1922, Rangoon
1922.
I. 1492 — Archaeological De-
partment, India, Ann. Progress
Report Northern Circle. Muham-
madan and British Monuments,
1920-1, Allahabad 1922.
I. 1493 — Annual Report of the
Archaeological Department of H,
E. H. the Nizam's Dominions.
Dp. 32, 12 tavole, Calcutta, Baptist
Mission Press, 1922. — Rec.:
JRAS, 1923, 6047-48 (J. ALLAN).
I. 1494 — NARASIMHACHAR R.
Annual Report of the Mysore Ar-
chaeological Department for 1020-22
3. voll., Bangalore, 1921-2. —
Rec.: JRAS, 1923, 438-39 (L. DD.
BARNETT).
I. 1495 — Archaeological Survev
I. 1497 — Rao Gopinata T. A.
Elements of Hindu iconography,
vol. I, in-4, XXXIII+ 59+ 400
45+71+160+29. 143 tavole. Ma-
dras, Law Printing House 1014.
— Notizia: JRAS, 1915, 304-300
(L.D. BARNETT). (GBP).
I. 1498 — Gancory O. C., Soutk
Indian Bronzes: a historical survey
of South Indian sculpture, with
iconographical notes based on ori-
ginal sources, with an introductory
note by]. C. WoobRoFFE, pp.
XIII + 8o, tavole 260 + 95 In-
dian Society of Oriental Art, Cal.
cutta 1915. — Rec.: JRAS, 1010,
174-706 (L.D. BARNETT). (£M).
I. 1499 — CooMaraswamvy A
NANDA .Vemoirs of the Colomto
Museum, Series A, No. 1: Bron-
zes from Cevlon, chieffv in the Co-
lombo Museum, Universitv Press,
BALLINI - INDIA. . I. 1499-1502
Elizabeth Culton Spooner (I 1500) cerca di spiegare chi rappre-
senti la strana figura, chiamata Vajrapani, dal fulmine che tiene in
mano, che appare in tutte le scene scolpite della Scuola del Gandhara
in costante associazione con l’imagine di Gautama Buddha. Respinge
l'ipotesi che si tratti di Mara (Griinwedel e Burgess), e l’ipotesi
del Cunningham, che ravvisa nel misterioso personaggio il cugino
malvagio del Buddha, Devadatta; quella dello Smith (che pure
in alcuni punti s'accorda del resto con l’Autrice) che vede in lui
uno Yaksa, e la poco diversa del Foucher, e infine quella del Vogel
che identifica Vajrapani col Dharma. La Spooner, fissate le prin-
cipali caratteristiche della strana figura, cioè la sua essenza divina
(segnata dal fulmine), l’invisibilità che l’artista vuol fare apparire
convenzionalmente, l’inseparabilità da Gautama Buddha, ec la iden-
tità delle emozioni che in tutte le scene hanno espressione intera-
mente parallele nelle due figure, afferma la probabilità che Vajra-
pani sia una specie di mistico duplicato di Gautama; e poichè ncn v'è
traccia, nel pensiero Indiano puro, della personificazione dello spirito
protettore, dell’angelo custode, crede ad una sopravvivenza di
fede Zoroastriana, grazie alta quale Vajrapanisarebbe uno « specchio
dell'anima », il Fravashi degli antichi Persiani.
Il Macdoneli (I 1501) pubblica una comunicazione già apparsa
nella Festschrift Ernst Windisch nel 1914, e poi rielaborata e letta
nel 1915 in una seduta della Royal Astatic Society. In essa studia l’ori-
gine e lo sviluppo dell’iconografia Indiana nei varî periodi, fissando
la 22 metà del 1° sec. d. C. quale periodo in cui fu introdotta l’inno-
vazione della molteplicità delle braccia e delle teste e ne afferma
l'origine prettamente Indiana, che può farsi risalire sino alle espres-
sioni figurate dal più antico Veda, spicgandola col proposito iniziale
di far sorreggere i simboli proprî alle varie divinità da mani aggiunte
quando quelle naturali erano occupate nell'azione o nel gesto. Dalla
frequenza di tali rappresentazioni si sarebbe giunti a considerare la
molteplicità delle braccia, e, meno spesso, delle teste, una caratte-
ristica delle divinità.
Il Coomaraswamy (I 1502) pubblica un eccellente studio d’arte
Indiana. Il primo volume contiene il testo; il secondo le illustrazioni.
Nella prima parte del testo parla delle scuole Rajput; nella seconda
Oxford, 1914, pp. 31, tavole 28. I. 1501 — MAacDoNELL A. A,,
—_ Rec.: JRAS, 1915, 176-177 The Development of Early Hindu
(L.D. BARNETT). (LV): Iconography, JRAS, 1916, 125-130.
I. 1500 — SroonER ELISABETH (DM).
CoLtoNn, The Fravashi of Gautama, I. 1502 — CooMARASWAMY A-
JRAS, 1916, 497-504. (LM). NANDA, Rapput Painting, Oxford
— DR
i
XXIX. ARTE. I. 1502-1505
discute i soggetti delle pitture; nella terza parla delle arti affini
odierne.
Il Vogel (I 1503), esaminando 1 due bassorilievi riprodotti sul
frontespizio del libro del Rawlinson « Intercourse between India
and the western world » (Cambridge 1916), sostiene che è falso il
titolo « A Hindu Ship arriving at Java » dato dall’autore, che segue
le conclusioni dello Havell. Il Vogel afferma invece che le mera-
vigliose sculture adornanti lo stupa di Boro-Budur sono di carattere
religioso ed illustrano nella parte superiore la vita di Cakyamuni,
nell’inferiore, varie storie, nidana e jataka. Il Foucher, crede che
le riproduzioni dello Havell e del Rawlinson si riferiscano ad una
parte del Rudrayanavadana. Nel lavoro dello Havell «Indian
sculpture and painting » (London 1908) troviamo riprodotte due
teste del tetto del tempio giavanese Chandi-Bhima. Lo Havell
suppone che siano due teste di Bhima e che il tempio fosse dedicato a
questo eroe. Il Vogel non crede che il tempio sia dedicato a Bhima,
perchè i nomi eroicì sono spesso « popular names» senza valore
d’indicazione d'origine o di storia. Che poi le teste siano di Bhima
niente lo prova, poichè tali decorazioni sono comuni a molti
templi.
Una delle principali opere di Akbar fu l’’Ibadat-khana (House
of Worship) da lui eretto nel 1575 sopra la cella di un celebre monaco
con lo scopo di raccogliere numerosi-sapienti e teologi per discussioni
religiose. Lo Smithi(I 1504) si riferisce molto a Badaoni, scrittore del
tempo di Akbar che fu spesso presente alle discussioni, per cercare
di ricostruire idealmente il magnifico « hall ». L’A. coi dati ottenuti
crede di poter affermare che l’’/badat-Rhana era un vasto rettangolo, di
cui ogni lato costituiva una separata sezione per ogni scuola di sapienti
musulmani. La costruzione poteva contenere parecchie centinaia
di persone e sorgeva nei giardini del palazzo di Akbar, il quale,
poi. aveva la suprema decisione nelle dispute. Quando Akbar cominciò
a propendere verso le pratiche Indù allora le discussioni finirono e
l'’I[badat-Rhana fu abbandonato.
Il Coomaraswamy (I 1505) discute l'autenticità di alcune ri-
produzioni di ritratti di Akbar e di altri illustri personaggi.
Un. Press 1916. — Rec.: JRAS, A&kkars « House of Worship >» or
1918, 338-340 (H. A. R.). (V4). /badat-Khana, JRAS, 1917, 715-
I. 1503 — VoceL ]J.PuÙ., Ph.D. 72° (M-4).
Tio notes on Javanese Archaeolo- È id: — Caos A
gv. JRAS, 1917, 307-370. (MA). Miscell. Comm., JRAS, 1918, 5306-
I. 1504 — SMITH VINCENT A. 540. (MA).
ra
BALLINI - INDIA. _L 1506-1511
Il Venkateswara (I 1500), rispondendo ad altro scritto del
Macdonell (JRAS, 1917, pag. 592-002; v. il già citato I 1501)
a proposito dell’Iconografia Indiana discute i varî argomenti e con-
clude: 1° che non si sa se gli dèi fossero iconograficamente
rappresentati nella prima età vedica; 2° che gli dèi con quattro
mani son ricordati nel Ramayana e nella Bhagavadgità e sulle monete
del 1° sec. d. C. e con otto o dodici braccia si trovano nel 200
d. C.; 3° che lo scopo di queste rappresentazioni era d'impressionare
il credente con un apparato di forze sovrumane corrispondenti alla
tradizione; 4° che i particolari iconografici si spicgano coi principi
del simbolismo indiano, l’adattazione e l'effetto artistico religioso.
Il Macdonell (1 1507), a sua volta, discute gli argomenti del
Venkateswara e conclude: 1° che se anche gli dèi non sono rappre-
sentati nella prima età Vedica, pure è evidente l’uso d'immagini
dall'ultima età Vedica in poi; 2° che dèi di otto o dodici braccia da-
tano da prima del sesto sec. d. C.; 3° che l'aggiunta di braccia fu fatta
perchè gli dèi portassero tutti i simboli loro proprî; 4° che l'origine
e l'evoluzione dell'iconografia indiana dev’essere piuttosto uno
studio storico che non una deduzione da un argomento a priori.
Ramaprasad Chanda (I 1508) pubblica una sua conferenza
sulla scultura medioevale nell'India Orientale.
È uscita una descrizione delle costruzioni Qutb Shdhî nella città
di Hyderabad e nei suoi sobborghi. Una corrispondenza pubblicata
nella prima appendice fa sperare che i famosi affreschi di Ajantà
siano presto puliti e restaurati da specialisti italiani, e quindi resi
noti con riproduzioni fotografiche in tricromia (I 1509).
B. C. Bhattacharya (I 1510) si occupa in forma piuttosto tecnica,
dell'iconografia nell'India settentrionale, e pubblica trenta magni-
fiche tavole.
Il Narasimhachar (1 1511) pubblica otto tavole che illustrano
I. 1506 — VENKATESWARA S. V., Archaeological Department of the
Miscell. Comm., JRAS, 1918, 519- Nizam's Dominions, 1918-19. Bap-
520. (MA). tist Mission Press, Calcutta 1020.
— Rec.: JRAS, 1923, 460-601 (R.
I. 1507 — MAacpboNeELL A. A., P. DEwHURST). (L.M).
Miscell. Comm., JRAS, 1918, 526-
535. (MA). I. 1510 — BHATTACHARYA BRIN-
DAVAN C., M. A, Indian Images.
I. 1508 — /ournal of the Depart- Part I: The Brahmanic Icono-
ment of Letters of the Universitv graphy, pp. XXXVII + 79, Cal-
of Calcutta 1920. — Rec.: JRAS, cutta, Thacker Spink and Co.
1023, 6024-25 (]J. ALLAN). (LM). 1921. (La).
I. 1509 — izzal Report of the I. I5SII — NARASIMHACHAR R.
— 230 —
NXIX. ARTE. __T 1511-1515
l'architettura singolare del tempio di Kecava di Belur ed il Hoy-
salecvara di Halchid, ed un facsimile, con trascrizione, dell'iscri-
zione, recentemente scoperta, di Kudlur, del re della dinastia Ganga
Marasimha, figlio di Butuga II, datata GCaka 884, documento
di 198 righe in versi e prosa sanscriti, di grande importanza
storica. Infine pubblica altri documenti di minor valore ed al-
cuni manoscritti.
Il Creswell (I 1512) in una bibliografia dell’architettura musul-
mana in India, costituisce pochi vasti gruppi, come quello dei nomi
di autori e dei nomi dei luoghi, dedicando speciale cura alle notizie
individuali. La bibliografia pubblicata ora dal C. dovrebbe formare
parte di una più vasta bibliografia dell’ architettura, arti e mestieri
dell'Islam, da pubblicarsi quanto prima.
Nella pubblicazione che contiene le riproduzioni delle opere
artistiche legate da Lady Wantage al Museo Vittoria e Alberto
(I 1513), appaiono, fra le altre, opere di Balchand, Bishanda, Ma-
nohar e Mansur, "Abd al Rashid. L'introduzione e le note sono di
Stanley Clarke.
Il Vogel (I 1314) presenta una serie di bellissime tavole colo-
rate, riproducenti le piastrelle smaltate dei muri del palazzo imperiale
di Lahore. Nella introduzione tratta dei mosaici indiani in genere,
della storia del forte di Lahore e della data di questi mosaici in
ispecie. Giunge alla conclusione che essi appartengono al decennio
1620-30, cioè alla fine del regno di Jahangir e al principio di quello
di Shahj)ahan.
B. C. Bhattacharya (I 1515) ci da undici tavole rappresen-
tanti antiche statue di dèi e di dèe trovate nella parte meridionale
Rao Bahadur. Ania! Iteport of and Albert Museum. With intro-
the Mysore Archaeological Depart- duction and text bv C. STANLEY
ment for the Year, 1921, pp. 37, CLARKE, pp. 4, 24 tavole, London,
I1 tavole, Bangalore, 1922. — 1922. — Rec.: JRAS, 10923, 048-
Rec.: JRAS, 10923, 280-81 (LD. 6050 (J. ALLan). (LU).
BARNETT). (LV).
di I. 1514 — Vocet ]J. Pu., PH.D.
T. 1512 — CreswreLi K. A. C., Tile Mosatcs of the Lahore Fort,
Hon. A. R. TI. B. A. A Provisional — 80. tavole. Superintendent Go-
Bibliography of the Muhammadan vernment Printing, Calcutta. —
Architecture of India, IA, 1922, Rec.: JRAS, 1923, 460-602 (R. P.
81-108, 1065-79. — Riprodotto: DEwnURST). (LM).
Bombay, British India Press 1922.
— Rec.: JRAS, 1923, 123-24 (A. i I. 1515 — BHATTACHARYA B.
R. Guest). (1). ° C., Benares Iconographical No-
tes, pp. 7, II tavole. — Rec.:
I. 1513 — Indian Drawings in JRAS, 1923, 480-81.(]J. Linbsay).
the Wantage Bequest in the Victoria. (LM).
mp
BALLINI - INDIA. I. 1516-1524
di Benares, e le descrive succintamente. La scultura più notevole è
un'immagine di Visnu a quattro braccia.
L. Binyon (I 1516) riproduce e W. Rothenstein illustra alcuni
esemplari di scultura indiana appartenenti al British Museum.
Un volume di architettura dravidica di G. Jouveau-Dubreuil,
rappresentata specialmente nei templi dei distretti di Chingleput,
North Arcot e South Arcot, pubblica K. Aiyangar (I 1517).
Il Griinwedel (I 1518-1519) illustra gli affreschi portati a Ber-
lino dal Turkestan cinese (Museum fiir Volkerkunde di Berlino),
quella parte, cioè, di essi che non era stata compresa nella sontuosa
edizione di Chodscho del von Le Coq (1913). Il Griinwedel si occupa
degli affreschi raccolti nella regione di Kutcha (Alt-Kutcha)
E. B. Havell (1 1520) dimostra che in India non si svolsero forme
architettoniche proprie di questa o quella religione, ma che vi fu solo
un'arte indo-aria che servì alle religioni successivamente o contem-
porancamente dominanti.
Altre pubblicazioni d’arte indiana sono apparse (I 1521-1546).
I. 1516 — BiNnvon LAURENCE,
Examples of Indian Sculpture at the
British Museum selected by B. In-
troduction by WILLIAM ROTHEN-
, STEIN, pp. 12, 12 tavole, London
India Society, 1923. — Rec.:
JRAS, 1925, 117-119 (T. GRAHAME
BAILEyY).
I. 1517 — JouvraUu-DUBREUIL
G., Dravidian Architecture. Ed. with
pref. and motes bv S. KRISHNAS-
WAMI AIYANGAR, pp. II + 47,
Madras, S. P. C. kh. Press 1917.
— Rec.: JRAS, 1918, 134 (L. D.
BARNETT). (Md).
I. 1518-1519 — GRUNWEDEL AL-
BERT, Alt Kutscha, Arkdologische
und religions-geschichtliche Forsch-
ungen an Tempera-gemalden aus
buddhistichen Hohlen der ersten
acht Jarhunderte nach Christi Ge-
burt, Berlin, Otto Llsner Verlag-
sgesellschaft 1920. — Rec.: JA,
1922, III (PELLIOT). (ZC).
I. 1520 — Haveccr FE. B., Ze
Ancient and Medieval Architec-
ture in India: a study of Indo-
aryan Civilisatton, London, John
Murray 1915. — Rec. : BEFEO,
XIX, 1919, n. 5, 41-49 (H. Par-
MENTIER). (GBP).
I. 1521 — Ajanta Fyescoes: being
reproductions in colour and mono-
chrome of Frescoes in some of the
caves at Ajanta, after copies taken
in the years 1909-1911 by Lapy
HERRINGHAM and her assistants.
INith introductory Essavs bv va-
rious members of the Indian Society,
Oxford, University Press 1915.
I. 1522— ANESAKI M., Buddhist
Art in tits Relation to Buddhist
Ideals, with special yeference to
Buddhism in Japan, 1916.
I. 1523 — Cousens HENRYyY,
Bijapuyr and its Architectural re-
mains, etc., Gov. Central Press,
Bombay, 1910. — Rec.: JRAS,
1918, 330-338 (II. A. R.).
I. 1524 — FOUcHER A., L'Art
Gréco-Buddhique du Gandhara, To-
me II, 1 fasc.: Les Images, Paris,
Imprimerie Nationale 1918. —
Rec.: JRAS, 77-91 (M. Loxc-
WORTH DAMES).
— 232 —
NXIXN. ARTE.
I. 1525-1543
Di antichi monumenti architettonici, stùpa, templi di varie
età e luoghi (Chalukya, Kanara Sett., Gujarat, Kathiavar, Dekkan)
scrive H. Cousens (I 1547).
I. 1525 — Brown P.,, /ndian
Painting, pp. 117, Calcutta, As-
sociation Press 1918.
I. 1526 —
Alleced Saigunaga
March 1919.
MAJUMDAR_ R. C.,
Statues, 1A,
I. 1527 — Rao GoOPINATHA
T. A., Talamana or Iconometrv
{Archaeological Survey of India,
Memoirs N. 3) Calcutta 1920.
I. 1528 — Haveir E. B., d
Handook of Indian Art, pp.NVI
+ 222, 79 tavole, London, John
Murrav 1920. — Rec.i JRAS,
1922, 454-457 (STELLA KRAMRISCH)
I. 1529 — DiksHIT K. N, Stax
Sculptures from Mahoba (Archae-
ological Survey of India, Me-
moirs N. 8) Calcutta 10921.
I. 1530 — Bisxvonxn L. and AR-
NoLD T. W., The Court Painters
oi the Grand Moguls, London 1921.
I. 1531 — Mirton E. G., Tie
lost cities of Ceylon, London, John
Murray 1910, pp. 236. — Rec.:
BEFEO xix, 1919, n. 5, 64 (H.
PARMENTIER).
I. 1532 — CLARCKE C. STANLE y,
Indian Drawings. Mogul Pain-
lines illustratine the Itomance of
Anur Hamzah. Victoria and Albert
Museum Portfolios, London 1921.
I. 1533 — CoHN W., /idische
Plastik, VII + 87, Berlin, Cas-
Sirer. — Rec.: NO, VIII, 1921,
è7 (Vv. GLASENAPP).
I. 1534 — SARKAR B. IC, Zindu
4rt, New York, Huebsch 1921.
I, 1535 — SHASTRI HIRANANDA,
Some recently added Sculptures in
the Provincial Museum, Lucknow
(Archaeological Survey of India
n. 11) Calcutta, 1922.
I. 1536 — Siraram «€@ K. N,
Some Aspects of Indian Archi-
tecture, chiefly Hinduistic, AR,
July 1922.
I.1537 — AyRTox E. K., Note on
one of the Amaravati Sculptures in
the Colombo Museum,I1A,May 1922.
I. 1538 — SHUTILEWORTH HI.
L. H., dun imscribed metal mask
discovered on the occasion of the
Bundha Ceremony at Nirmand.
Act. O, I, 1922, 224. i
I. 1538a — VocEL ]., Notes
on the Nirmand mask inscription.
Act. O, I, 1922, 230.
I. 1539 — HaveLt E. B., Eleven
plates representing works of Indian
Sculpture. London, Probsthain s. d.
— Rec. BEFEO, NIX 1919, n. 5,
53 (H. PARMENTIER).
I. 1540 — JouveaAUu-DUBREUIL
G., Pallava painting, IA, March
1023.
I. 1541 — Loncuurst A. H,,
Pallara Architecture, Part. I Lar-
ly Period (Archaeological Sur-
vey of India n. 17) Calcutta, 1924.
I. 1542 — Brown P., /ndian
Painting under the Musghals, A. D.
1550, A. D. 1750, 1924.
I. 1543 — CODRINGTON R. DE B,,
Aucient India. With a mote in
the Sculpture bv W.ROTHENSTEIN.
Berng Volume 1° of a work on
Indian Art in three volumes, edi-
ted by R. nE B. CODRINGTON and
WILLIAM RoTHENSTEIN, Professor
of Civic Arch. at Scheffiela Uni-
versitv, 192.
a I
BALLINI - INDIA. I. 1544-1553
[W. Foster (I 1347 a) descrive minutamente le opere d’arte e gli
oggetti di particolare interesse che la Royal Asiatic Society ha rac-
colti in cento anni di esistenza, e che ornano le sale della sua sede:
fra essi, numerosissimi, i ritratti di studiosi di cose orientali che hanno
fatto parte della Socictà].
XXX. Musica. — E. Clements (I 1548) si propone di conci-
liare la moderna musica Indiana colle antiche teorie musicali. In
un importante capitolo interpreta anche antichi libri di testo, tra-
ducendo notevoli passi del Natyagastra di Bharata e del Sangitara-
tnakara di Carnigadeva coi commenti musicali dell'autore. Tratta
pure di questioni musicali pratiche (la modificazione degli spazì
su cui si scrivon le note, ad uso indiano: una descrizione dell’ar-
monio indiano e l'adattamento di istrumenti a chiave alla musica
indiana). |
Altre pubblicazioni di musica indiana sono uscite (I
1553).
I. 1544 — HaxncHÙix E. H. 7he
Draicing of Geometric Patterns in
1549
RASWAMY, London, Longmans,
Green and Co. 1913, pp.IX+104.
Saracenic Art (= Archaeol. Survey — Rec.: JRAS, 1910, 107-174
of India, N. 15) Calcutta, 1925. (E. J. THomas). (LM).
I. 1545 — Bixyox LAURENCE, I. 1549 — FeELBER ERWIN, Die
Astatic Art in the British Museum indische Musik der vedischen und
(Sculpture and Pictorial Art). OÎ der hklassischen Zeit, nach den
letterpress and 64 {full page collo- Platten des Phonogramm-Archives
type plates în double tint, containing
107 illustrations, Paris and Brus-
sels G. Van Oest 1925.
I. 1546 — PrzvyLtuski J., Za
legcende de Rama dans les bas-
reliefs d’Anghor Vat. Arts et Ar-
chéologie khmers (Paris, Chal-
lamel ed.), 1, tasc. 4°, 1923,
319-330.
I. 1547 — Cousens H., Archt-
tectural Antiquities Western India,
1920.
[I. 1547a — Foster W., The
Pictures etc. of the Roval Astatic
Societv. JRAS, 1924, 81-91].
I. 1548 — CLEMENTS E.. 7ntro
dutction to the Studv oî Indian
Music; Foreword bv A. K. Cooma-
der kais. Akfademie, SBAW, CLNN
Abh. VII, Wien, 1912. — Notizia:
JRAS, 1915, 578-580 (E. J. THo-
MAS).
I. 1550 — StraxgGways A. H.
Fox, The music of Hindostar.
Oxford, Clarendon Press 1914,
N-364. — Notizia: JRAS, 1013.
578-580 (E. J. THomas).
I. 1551 — CLEMEN1S E., /udian
Music, ERE, 1917, 43-48.
I. 1552 — PorpLey H. A., Tle
Musical Heritage of India, IRM,
1921, 223-235-
I. 1553 — PorpLey H. A, Ze
Music of India, X + 173, London,
Oxford Univ. Press 1921.
- 291
XXIX. ARTE - XXX. MUSICA - XXXI. GIURIS. POL. ECON.
XXXI. Giurisprudenza. Politica. Economia. — \.
Pisani (l 1554) riconosce nel Manavadharmagastra l’opera d’un
poeta «specializzatosi nel diritto, il quale raccolse leggi e norme
di ogni scuola e setta per farne un codice per tutti gli Ani dell'India ».
Ciò posto, esamina — fondandosi sul Biiller e su altri — il primo
libro del trattato e cerca di dimostrare l’ipotesi di una doppia re-
dazione di tale libro, quale dovesse esser presso a poco il suo contenuto
in una prima redazione e quale fosse la parte aggiunta dal compila-
tore della seconda redazione. La ragione del rifacimento va cercata
nella natura stessa degli Indiani (che si rivela maggiormente nella
epoca epico-puranica), che tende ad ampliare e a rimpinzare opere
gia esistenti. Il compilatore poi di questo libro era vedantista e sic-
come il suo predecessore era seguace della scuola SamAlya ed aveva
escluso le dottrine del Vedanta dal suo lavoro, così egli sente il bi-
sogno di aggiungerle. E poi che Manu aveva gia esposto le dottrine
Samkhya, egli, dal canto suo crea il personaggio di Bhrgu (parente
di Manu) per esporre le sue teorie. Così con un nuovo personaggio,
con la riduzione di qualche verso e con una leggenda vecchia
(l’arrivo dei Savi presso Manu), il compilatore ci dà un testo che
da più di 1500 anni è assai venerato dagli Indiani. Il Pisani dà,
in fine, una sommaria bibliografia sull'argomento e traduce è com-
menta il I libro.
Nuove edizioni e traduzioni del AManavadharmacastra sono
uscite (I 1555-1550).
Altri studi sono apparsi, particolari e generali, sul diritto in-
diano (I 1557-1565).
I. 1554-1561
I. 1554— Pisani V., // primo libro
di Manu, FR. II, 1923, 1, 17-31;
2, 30-53. (MA).
I. 1555 — Jua GANGA-NATHA,
Manu-Smrti. The Law of Manu,
with the Bhasva of Madhatithi,
Vol. I, part 2, N + 256. Uni-
versity of Calcutta 1921.
I. 1556 — MAcFIE J. M., Ze
Laws of Manu, Madras, Christian
Literat. Soc. for India 1921. —
Rec.: IRM, XI, 1922, 303-305
(URQUHART).
I. 1557— MAZZARELLA GIUSEPPE,
L’incapacità naturale di contrattare
nell'antico diritto indiano, Roma,
Rivista Ital. di Sociologia 1015.
I. 1558 — MAzzarELLA GIUSEP-
PE, Gli elementi irriducibili dei
sistemi giuridici. N. 8, I. La de-
compozizione dell’antico diritto in-
diano in elementi irriducibili, Ca-
tania, Giannotta 1918.
I. 1559 — RAMANATHAN A. V.,
Administration of criminal ju--
stice in ancient India, 1915.
I. 1560 — HorFmanxn Rev. Fa-
ther ]., Principles of Succession
and Inheritance among the Mun-
das, JBORS, I, 1916, pt. I.
I. 1561 — CampRELL Hon. and
Rev. A., Rules of Succession and
Partition of Property as observed hy
the Sautals, ]BORS, I, 1010, pt. I.
985 -.
BALLINI - INDIA. I. 1562-1572
Il Thomas dà la prima edizione e traduzione del primo trattato
politico noto sin quì nello stile dei stra (I 1566); Bhagni Datta ne
cura la ristampa in caratteri devanagarici (I 1567).
| Otto Stein (I 1568) studia con analisi acuta l’Arthagastra
attribuito a Kautilya, confrontandolo col racconto di viaggio del-
l'ambasciatore di Seleuco Nicatore alla corte di Candragupta,
Megastene. L’accurato e importante studio conduce ad una con-
clusione negativa: le concordanze tra i due testi sono poche e vaghe
in confronto alle discordanze in argomenti vitali e significativi.
L’A. conclude che Kautilya, (il retore) non può essere il ministro
di Candragupta, Visnugupta o Canakya.
Lo Jolly continua i suoi studî sul Kautiliyarthasastra (I 1569) e
ne traduce il libro I (I 1570).
A. Vallauri ha tradotto il I libro dello stesso Arthagastra (I 1571).
Il Meyer (I 1572) ha iniziata la pubblicazione della versione
illustrata un ampio commento, del Kautiliyarthacastra.
I. 1562 — FERNANDO C. M., The
Laws and Constitution of the Sin-
halese Kingdoni, CALR, I, 1910,
pt. III.
I. 1563 — CrooKE W., Indian
Possession, ERE, 1918, 130-131.
I. 1564 GHOSsE NAGENDRANATH,
Comparative Administrative Law,
Tagore Lectures, 1915. Butter-
warth a. Co., Calcutta 1919. —
Rec.: ]JRAS, 1920, 242-248 (A.
BERRIEDALE KEITH).
I. 1565 — SEN PRIYANATH, Ze
General Pyinciple of Hindu ]Juris-
prudence, Univ. of Calcutta, 1918.
— Rec.: JRAS, 1920, 118 (F.
Ei Pi
I. 1566 — Tunomas F. W., A
Brhaspati siittra M., III sér., T.
I, n. 2, 1910. — Rec.: RSO,
VIII, 1910-18, 525 527 (C. For-
MICHI).
I. 1567 — BriHaspati Stra
on the science of politics according
to the school of Brihaspati, ed. with
an introd. and an english trans.
by Dr. F. W. THiiomas. The De-
vanagari text preparated from his
edition (in roman script.) with
introductory remarks and indexes
by BHAGAVAD DATTA. Lahore, Moti
Lal Banarsi Dass 1921, 20 +
+ 31 + 30 (Punjab Sanskrit
Series N. 1). — Not.: RSO, X,.
1923-1925, 717-778 (G. TUCCI)
I. 1568 — STEIN OTTO, Megaste-
nes und Kaufilya, SBAW, CXCL,
‘1922 4 + 336 — Rec.: JA, 1923,
136 (BLOCH).
I. 1569 — JoLLv JuLius, 7ext-
kritische Bemerkungen zum Kau-
tuliva @Avthacgastra, ZDMG, LXX,
1916, 547-554; LXXI, 1917, 227-
235; LNII, 1918, 209-223.
I. 1570 — Joxty ]., Das erste
Buch des Kautiliva Arthacastra,
aus den Sanskrit tiberset:t, ZDMG,
1920, 321-355.
I. 1571 — VALLAURI M., Il I
Addhikarana dell’Arthagastra di
Kautilva. Traduz. ital. con note
RSO, VII, 1916, fasc. IV.
I. 1572 — MkvER JOHANN Ja-
cor, Das altindische Buch von
— 236 —
XXXI. GIURISPRUDENZA. POLITICA. ECONOMIA. I. 1572-1576
In due conferenze (1 1573) il prof. K. V. Rangaswami Aiyangar
discute l'autenticità, la cronologia dei trattati politici indiani,
parla della grande importanza dell’Arthagastra di Kautilya. Esa-
mina le vecchie forme di governo, specialmente indiane, la teoria
dell'origine dello Stato e l'osservanza del Dharma che ne è la base.
Le dette conferenze sono scritte con chiarezza e la critica ne è acuta
ed incisiva.
Il Law (11574-1575) ci presenta un lavoro di antica politica india-
na: uno studio sull'ultima metà dell’Arthagastra di Kautilya, per illu- ‘
strare le relazioni fra gli Stati: relazioni non intese nel senso nostro
attuale, ma consistenti nella conquista o nella difesa di uno Stato
— ammesso che ogni Stato è nemico di ogni altro Stato limitrofo.
Kalidas Nag (I 1570) nella prima parte di un suo studio sulle
« teorie diplomatiche nell'India antica» traccia un quadro dell’evol-
versi progressivo delle idee politiche e costituzionali nell’India dal-
l'età vedica al periodo buddhistico ed epico. Nella seconda parte,
in cui si parla dei «veri e propri principî politici » ispirati a ciò
che noi potremmo chiamare un machiavellismo senza scrupoli »
(caratteristiche della ni indiana), si può dire che il N. dia la ver-
sione e il commento accurato del libro VI e VII del Kautiliyartha-
castra. Nell'appendice, poi, egli sostiene doversi il Kawutilivartha-
gastra nella sua interezza, più che al primo ministro di Candragupta,
«ad una scuola di nîti, che riconosceva come suo fondatore Canakva ».
Dopo aver esaminato i veri fattori della potenza di uno Stato, il
Law enumera 6 « courses » di politica: 1° trattati di pace e d’alleanza,
stratagemmi, ostaggi, ecc.; 2° guerra; 3° « halt »; 4° attacchi; 5° pro-
tezioni di altri; 6° alleanza con uno, guerra con un altro.
Welt- und Staatsleben. Das Ay- and authenticity of the Arthacastra
tacastra des Kautilya. Aus dem of Rautilva, by R. MookERII,
Sanskrit iibersetzt und mit Ein-. Vol. 1, New York 1914.
leitung und Anmerkungen versehen
Hannover, Heinz Lafaire 1023- I.1575— Law NARENDRA NATH,
1920. i Inter-State Relations in Ancient
India, Part I (Calcutta Onien-
I. 1573 — Arvangar Raxga- tal Series N. 4, E. 1). London,
SWAMI K. V., Considerations on. Luzac 1920. — Rec.: JRAS,
Some Aspects of Ancient Indian 1921, 6014-16 (A. YUSUF-ALI).
Polity. Madras, 1916. — Rec.: (MA).
R OA n
di OA I. 1576 — NAG KALIDÀAS, Les
I. 1574 — Law NN, Studies
in ancient Hindu polity (based on
the Aytacastra of Kaufilva with
an introductorv essav on the age
théories diplomatigues de l’Inde an-
cienne et DArthacastra, Paris, Jean
Maisonneuve et fils 1923, pp. 143.
— Rec.: RSO, X, 1023-1925, 718-
719 (G. TUCCI).
Re
BALLINI - INDIA. I. 1577-1589
E. Bartoli pubblica un secondo codice fiorentino inedito
di Canakya (= N. 94 Florentine Sanskrit Manuscripts).(I 1577-
1578).
Pramanath Banerjee (I 1579) scrive un saggio sul Diritto Inter-
nazionale nell’India antica.
Il Sarkar (I 1580) fa uno studio comparato delle istituzioni e dei
concetti politici Indiani, per il quale atferma aver tratti gli elementi
esclusivamente da iscrizioni, monete e rapporti contemporanei,
escludendo i trattati sanscriti e pracriti.
Un'opera ampia e comprensiva intorno alla scienza e all'arte
politica dell'India antica ha pubblicato lo Hillebrandt, ben noto
anche per i suoi studî su l’Arthagastra di Kautilya (I 1581).
Anche V. Ghoshal (I 1582), fondandosi su una larga documenta-
zione delle fonti indigene, espone i principî delle concezioni politiche
e costituzionali dell'India e la loro storia. Lo studio del Gh. abbraccia
un periodo di quasi ben 3000 anni.
Altri scritti di politica indiana sono usciti (1583-1590).
I. 1577-1578 — BartoLI E., Un RSO, X,
1923-1925,
secondo codice fiorentino inedito di
Canakva, RIGI, III, 1919, fasc.
3° e 4°, 151-166; IV, 1920, fasc.
3° e 4°, 129-133; V, 1921, fasc.
3° e 4°, II5-119. (LR).
I.1579— /ournal of the Depart-
ment of Letters of the University
of Calcutta, 1920. Vedi I. 1508.
I. 1580 — SARKAR KUMAR BE-
xovy, The Political Institutions and
Theories of the Hindus, pp. 242,
Leipzig, Markert & Petters 1922.
— _ Rec.: JRAS, 10923, 484-85
(FP. E. P). (LUMI).
TI. 1581 — IHLLEBRANDT A,
Altindische Politik, NII + 209.
Jena, Gustav Fische 1923. —
Rec.: ]RAS, 1025, 178-9 (LD.
BARNETT).
I. 1582 — GHosHar U., A Kki-
storv of Hindu Political Theories
from the earliest Fimes to the end
of the first quarter of seventeenth
Centurv 4. D., Oxford, Universiry
Press 1923, pp. NI -i- 19060. — Rec.
720-722 (G.
TUCCI).
I.1583— HILLEBRANDT ALFRED,
Zum altindischen Kònigsrecht.
ZDMG, LXX, 1910, 41-48.
I. 1484 — Law B. C., Aspects
of Ancient Indian Polity. With a
foreword by A. BERRIEDALE KEITH,.
Rec.: JRAS, 1923, 635-636
(F. NovycE).
I. 1585 — Gwyrxx J. T., /ndian
Politics. A_ Survey. With an intro-
duction by LoRp MESTON, 1924.
I. 1586 — Morony E. A., Farly
Hindu Polity in Kashmir, AR.,
Julv 1921. .
I. 1587-1588 — SARKAR BENOIT
KUMAR, Zhe positive Background
of Hindu Sociologv I. II. (= The
Sacred Books of the Hindus) Al-
lahabab 1914, 1921.
I.1589 — Varpyva CH., An histo-
rical View of the political Unity of
Iudia, AR, Julv 1921.
LS
NNXNXI. GIURISPRUDENZA, POLITICA. ECONOMIA. I. 1590-1595
A. Arnone (I 1591), giovane valoroso immaturamente strappato
da morte agli studi indologici, attinta materia dal Mbh., Ram, dai
Dharmasitra e dai Dharmagastra, ha esposto la teoria del diritto di
guerra nell'India antica. Nell'ultima appendice del lavoro ha pubbli-
cato e tradotto un brano inedito della Yogaydatra, che fa parte di un'e-
sortazione che il re rivolge ai soldati prima di iniziare la battaglia.
Il Moreland (I 1592) all'opinione dello Smith che i lavoratori
vivessero meglio ai tempi di Akbar che non ora, perchè l'aumento
dei prezzi attuali non va d'accordo con quello dei salari, oppone
non esservi diversità sensibile. Dimostra questo con l'esame dei
prezzi delle merci più usate e dei corrispondenti salari dati nella
A'int nirkh-t ajnas. -- Discute, poi, in altro studio il valore del
denaro alla corte di Akbar (I 1593). Dopo varie considerazioni e
paralleli dei prezzi circa i generi alimentari, le stoffe, i metalli,
ecc. conclude: 1° la moneta valeva sei volte più del presente
(ante-guerra); 2° la differenza ridondava a beneficio delle alte
classi; 3° gli operai mangiavano allo stesso prezzo, ma com-
peravano poche vesti e non avevano utensili di metallo; 4° i
contadini stavano peggio d'ora per tutti gli articoli che dovevano
comperare.
È. apparso un volume di studî sulla situazione economica di
varî villaggi. G. Slater aggiunge al lavoro dci suoi allievi la intro-
duzione e molte osservazioni (I 1594).
P. Ranerjea, (11595) esamina tutta la pubblica ammini-
strazione in India dalle origini all'invasione Maomettana, ferman-
I.1590 — LanpEF.et N., Manuel
de droit indou applicable dans les
Study, London, Macmillan 1920.
— Rec.: RAS, 1920, 380-381 (W.
etablissements francais de lInde, V.). (MA).
2 édition, corrigée et augmentée, . l
Ù a I. 1594 — Some South Indian
Pondicherry, A. Saligny 1919. = _ . i :
i 5 SEA Villages, Vol. I of Economic Stu-
I. 1591 — ARNONE ALFONSO,
Il diritto di guerra nell'India an-
tica. RSO, 1916-1918, 029-601.
I. 1592 — MorkLanD W. H.,
Miscell. Comm., JRAS, 1917, 815-
825. (MA).
I. 1593 — MorELAND W. H,,
The value of money at the court
of Akbar, JRAS, 10918, 375-383.
V. pure:
MoRrELAND W. H., India at the
Death of Akbar. An Economic
dies of the Univ. oi Madras. Ed.
bv Prof. GILBERT SLATER, Oxford
Univ. Press 1918. — Rec.:
JRAS, 1921, 437-38 (W. H. M..
(MA).
I. 1595 — BAxERJka PRAME-
SHANATH M. A., Public Admini-
stration im Ancient India, London,
Macmillan a. Co. 1910. — Rec.:
JRAS, 1017, 150-102 (F. E. P.).
— V. pure:
BaNERJFA P., Ad study of in-
dian economics, London 1915.
_ 999 —
BALLINI + INDIA. — I. 1596-1606
dosi principalmente sul periodo dal 500 a. C. sino al 500 d. C. Questo
libro, che deve considerarsi fondamentale sarà molto utile agli stu-
diosi della vita pubblica dell’antica India.
Una traduzione hindi abbreviata della « Economic History of
British India » di Romesh Chunder Dutt, che forma il N. 16 della
serie /riana-mandala, ha scritta Kesavadeo Sahariya (I 1590).
Un accurato saggio di economia politica indiana hanno pub-
blicato P. A. Wadia e G. N. Joshi (I 1597).
Altri studi d'economia indiana scrivono J. C. Jack (I 1598),
Ch. Majumdhar (I 1599), il Pillai (I 1600), G. Keatinge (I 1601),
S. A. Khan (I 1602).
XXXII. Matematica. Astronomia. Sistema metrico.
-- Sulla matematica indiana scrive il Kaye (I 1603).
Il Fleet (I 1604) ha costruito le tavole per trovare la longitudine
media di Saturno secondo il primo Aryasiddhanta e i due S&ryasi-
ddhanta.
Il Fleet (I 1605) osserva che il termine ratri-divasa « notte e
giorno » è piuttosto strano per l’India, giacchè l’inizio del giorno ivi
si considera dal sorger del sole, non dal suo tramontare. Ciò dato,
egli pensa che gli indeclinabili naktamdivam e ratrimdivam, ricor-
dati da Panini (V. 4, 77), debbano essere originati da considerazioni
eufoniche, ricorrendo nei libri brahmanici espressioni del tipo
aho-ratra, dina-ratri, dyu-nica, etc.
Il Keith (I 1606) non crede di associarsi all'opinione del Fleet,
I. 1596 — SAHARIYA K., Bri- I. 1601 — KEATINGE G., Zn-
tish Bharat-Ka Arthik Itihas, pp. dian Economics. AR, January,
XXII + 216, Benares, 1922. — — 1922.
Rec.: JRAS, 1923, 442-43 (L.D.
BARNETT). (LM).
I. 1597 —- Wanpra P_A. and G. N.
I. 1602 — KHAN S.A, Tlie East
India Trade in the XVIIth Cen-
turv in its Political and Economic
JosHi, The Wealth of India, 1925.
I. 1598 — Jack J. C., The Eco-
nomical Life of Bengal District,
Oxford 1916.
I. 1599 —f MAJUMDHARCHANDRA,
Corporate Lije in Ancient India,
Calcutta, 1918. — Rcc.: JRAS,
1920, I14 segg. (PF. E. P.
I. 1600 — Fictar P. P.,, B. A,,
B. L., Ph. D., Economic conditions
in India. With Introductorv Note
by GiLBERT SLATER 1925.
Aspects, 1923.
I. 1603 — KavE G. R., Indian
Mathematics, Calcutta and Simla,
ThacFer Spink a. Co. 1915.
I. 1604 — FLEET J. F., Tables
for finding the mean place of the
planet Saturn, JRRAS, 1915, 741-
756. (GBP).
I. 1605 — FLErT J. F., JRAS,
1015, 218, n. 4. (LM).
I. 1606— KEITH A. BERRIEDALE,
XXNXI.GIURISP. POLIT. ECON. - XXXII. MAT. ASTR. SIST.METR. I.1606-1610
osservando anzi tutto che frasi in cui la notte è citata prima del giorno
ricorrono nella letteratura brahmanica. Sostiene, poi, che spesso giorno
e notte dovettero esser tenuti separati come due elementi distinti,
costituenti ciascuno di per sè un’unità di tempo, e che il concetto
della precedenza della notte, comune ad antichi popoli Indo-Europci,
può esser sopravissuto anche quando prevalse concezione diversa.
Il Fleet (I 1607) risponde alle critiche mossegli dal Keith, e a
ribadire la sua tesi che in India il giorno considerato come periodo
di 24 ore, abbia inizio all’aurora, fa osservare come nei pochi casi
in cui la parola molte precede la parola giorno (ratry-ahan), ciò possa
spiegarsi o col significato speciale di quel dato passo o con esigenze
metriche. Cita invece numerosi passi dai quali il concetto della pre-
cedenza del gicrno alla notte gli appare definitivamente dimostrato.
Il Keith (I 1608) ribatte gli argomenti addotti dal Fleet per di-
mostrare la precedenza del giorno alla notte nel concetto indiano,
contraddicendone le interpretazioni che sembrano a lui, Keith, strana-
mente errate, come quella della parola jviyasva: in un passo del
Reveda, e in un ditro dell'espressione dti ksapal. e sostenendo che
il termine ahoratra, di cui si vale il Fleet come d’argomento favore-
volissimo, sl spiega con ragioni d’eufonia e con la maggior importanza
indipendentemente dalla precedenza, data al giorno in confronto alla
sorella notte.
Il Fleet (I 1609) risponde nuovamente al Keith, insistendo
vivamente sulla propria interpretazione dei passi contestati, citando
a sua difesa altre autorevoli voci, e rifiutando, alla fine, di la-
sciarsi condurre dal Keith sul terreno della ancor più remota
concezione Indo-Europea, poichè soltanto l'India e i testi Indiani
sono oggetto della polemica.
Il Fleet (I 1010) sì sofferma a studiare l’esatta interpretazione
dell'espressione fraficravana-pirvam naksatrani, nel Mahabharata
(I, 71, 2914 segg.) la dove si descrive il grande e terribile Vi-
evamitra e la riconnette colla storia di Vigvamitra e Satyavrata
(i. e. Triganku), contenuta nel Ramayana (I, 57-00, Bombay, 1888),
e alla creazione di una nuova costellazione (le sette stelle della grande
Orsa) e di un nuovo gruppo di naksatra per opera di Vicvamitra.
Day and night in India, JRAS, The Indian Day, JRAS, 1916, 555-
1916, 143-146. (LM). sor. (LM).
I. 1607 — FLEET J. F., The I. 1609 — YLELET J. F., The
Indian Day, JRAS, 1916, 356- Indian Day, JRAS, 1916, 561-
3602. (LM). 567. (LM).
I. 1608— KEITH A. BERRIEDALE, I. 1610 — FLEET J. F., Prati-
Aevum - Anno I - 16
BALLINI - INDIA. I. 1610-1613
Coll’ausilio anche di un altro passo del Makabharata (XIV, 44, 1213),
il Fleet nell’espressione in esame, riconosce in gravana il nome di
quel naRsatra. Al prati dà poi, il significato di « duplicato » come
ad esempio in pratisiryah. Ciò dato, egli traduce: «il quale creò
naksatra capitanati da un secondo cravana ».
Al Flect che (JRAS, 1916, pp. 5067-70) aveva voluto dimo-
strare per mezzo dell’Epica che quando certe parti della medesima
furon composte, il solstizio d’inverno «had travelled westwards
from the firts point of Cravistha, its place, in the Jyotisa, to the
preceding Naksatra Cravana », il Keith (I10r1I1) -- dopo aver
ricordato che pur lo Hopkins avea raggiunto lo stesso risultato
pensando alla possibilità di un mese di 27 o 28 giorni — sostiene
come sia impossibile sciogliere tale questione per mezzo della lettera-
tura Indiana.
I primi duc dei nove volumi delle opere del Kern usciti fra il
1913 e il 1920. che concernono molteplicì argomenti, quali soltanto
la sua vasta erudizione poteva abbracciare, contengono le traduzioni
della Yogayatra e della Brhatsamhità di Varàahamihira, oltre a molti
saggi su soggetti Indiani (I 1612).
G. R. Kaye (I 1013), descrive gli osservatori astronomici di
Dehli, Jaipur, U)}}ain, Benares, fondati da Jai Singh II (nato nel
1086, morto nel 1743), sovrano malaraja dello Stato, « la cui capitale
prese da lui il nome di Jaipur o Jainagar, nel Rajputana ». Jai Singh
era stato governatore delle provincie di Agra e Malva; aveva dato
prova di abile politica e s'era occupato fruttuosamente di astronomia,
fondando oltre i detti osservatori, pure quelli di Mathura. Nella sua
illustrazione, il IKaye descrive pure gli strumenti che nei quattro
osservatori — da lui visitati nel 1915-16 — erano adoperati e aggiunge
«un quadro degli studî astronomici di Jai Singh, con notizie sulle
tavole composte sotto la sua direzione e chiamate Zig-1-Muhammad
Sahî, in onore dell’imperatore mongolo Muhammad Shah Nasir ad-
din, in nome del quale aveva governato le provincie di Agra e Malva.
sravana - purivani Nakshatrani, VIII + 320, VIII + 324, VIII +
JRAS, 1916, 507-570. (LM). 316. ’s Gravenhage, Martinus NiJ-
hoff 1913-20. — Rec.: JRAS,
I. 161I-KEITH À. BERRIEDALE, 1923, 447-451 (C. O. BLAGDEN).
Miscell. Comm., JRAS, 1017, 135- (LA).
139. (MA). i
I. 1613 — KAYE G. R., The
I.1612— KERN H., Verspreide Astronomical observatories of Jar
Geschriften, 9 vol X + gro, Singh. Calcutta, Superintendent
VITI + 320, VIII + 323, VIII. Government Printing 1018, VIII
+ 344, VIII + 323, VIIL + 319 + 151 + (3), 26 tavole (Ar-
XXXII. MATEMATICA. ASTRONOMIA. SISTEMA METRICO. I. 1013-1623
i LL _—_m
Lo stesso (I 1614) dà minute notizie su tre astrolabî ed una sfera
celeste di ottone. acquistati recentemente per il Musco di Delhi.
La sfera porta la firma dell'artefice e la data A. H. 1087 (1670-7
d. C.): gli astrolobî non hanno la data segnata, ma il Kayc as-
segna i due più antichi approssimativamente agli anni 1280 e 1495
d. C., il terzo, scritto con caratteri devanàgarici, alla fine del XVII
secolo.
Il Fleet (I 1015) studia l’orologio ad acqua (jala-, ambu-, toya-
vantra, kapalaka, ghati o ghattka, ghati-vantra) indiano, nella sua forma
più antica, che serviva a misurare un sessantesimo del giorno di
24 ore, cioè una ndadika (nadî, naliha, ghati, ghatika: 24 minuti).
R. Sewell corregge 11 suo Indian Calendar in corrispondenza con
gli anni 507-8, 751-2, 1490-7 d. C. (I 1010).
Del modo col quale nell’antica India si misurava ordinariamente
il tempo, e se ne nominavano le divisioni, tratta il Pargiter, fondan-
dosi su alcuni passi del Kautilivarthasastra, della Jyotisaratnamala
(Bodl. Mss. 1531 del catalogo Winternitz e Keith), del Muhdria-
gaunapati (Bodl. Mss. 1357-$), della Midirtamarijari (Bodl. Mss. 1560),
del Divyavadana, del Sarapannattisutta, e della iscrizione di Ma-
nikiala (I 1017).
Di astronomia (calendario, misurazione del giorno ecc.) scri-
vono ancora il Kaye (I 1018-1021), il Jacobi (I 1622), il von Bressens-
dorf (I 1023), R. Sewell (I 1024), A. S. Geden (I 1624a), B. Fad-
degon (I 1025).
.
chaeological Survey of India, New telling of time in ancient India,
Imperial Series, vol. NL). — JRAS, 10915, 609 715. (GBP).
Rec.: RSO, VIII, 1019-20, 443-
4410 (C. A. NALLINO). I. 1619-1618 — Kaye GR,
Hindu Astronomical Deities,
I. 1614 — KavyE G. R., Astro- JPASB, 1020.
nomical Instruments in the Delhi
Musei (Memoirs of the Archaceo- I. 1620 — Kaye G. R. The
logical Survey of India, n. 12),
5 tavole. Superintendent gover-
nment Printing, Calcutta 1021.
Ber Joe 40000 e > agio ida
Sb IDEMECKSI a WI): Astronomy (Archacol. Survey of
I. 1615 — FreEr J. T., The an- India n. 18), Calcutta 1024.
cient Indian ivater-clochk, JRAS,
1915, 213-230. (GBP). I. 1622 — Jacozi H,, Lintei-
lung des Tages und Zceitmessung
I, 1616 Ta SERWELE R., 210015 im alten Indien, ZDMG, LNXIV,
rection in the Indian Calendar, SMETTE
da /UNe DE
JRAS, 10915, 335-330. (GBP). si
I. 1617 — Parorrer F. E., Ze I. 1623 — BRESSENSPORF O. von,
Nakshatras and procession, IA,
February 1021.
BALLINI - INDIA. —. I 1623-1631
Gabriel Ferrand (I 1626) dà un esteso e minutamente preciso
conto di quelle che furono le antiche misure e pesi e monete in uso
nei principali porti orientali che il Medioevo occidentale conobbe.
L’importante studio è impostato sul « Lyvro dos pesos da Ymdia, e
assy medidas e monedas escripto em 1544 da Antonio Nunez »; libro
che il Ferrand riporta quasi per intero e commenta.
W. Evan Wijk (I 1627) pubblica alcune «tavole decimali per
calcolare i momenti esatti astronomici e varî fili, Rarana, naksatra
e yoga, secondo il Sarva-Siddhanta ». Tratta inoltre di argomento
vario di cronologia indiana.
Su le nozioni astronomiche e matematiche dell’India antica
scrive il Vallauri (I 1028-1629).
XXXIII. Mineralogia — Metallurgia. — Una versione del
Kautiliyarthagastra II, 12, 1-17, ove si parla dei minerali e del loro
trattamento dà il Vallauri (I 1630).
XXXIV. Medicina - Eugenetica - Zooiatria. — La
Samhità di Bhela (I 1631), uno dei sei discepoli di Atreya cui,
secondo la tradizione, sarebbe stato affidato il compito di tras-
mettere alla posterità la scienza medica del saggio Maestro, viene
per la prima volta pubblicata, grazie a Sir Asutosh Mookerjee, che
ebbe una copia nagari del manoscritto. Dci sei discepoli, oltre a
Die Grundzige der Hindu-Astro- I. 1627 — Wijk W. Evan, On
logie, 67, Munchen, Barth 1921. Hindu Chronology, Act. O, I, 1922
200-223. II, 1923, 55-62; 235-240.
III, 10924, 235-249. IV, 1925-20,
55-80.
I. 1624 — SEWELL R., The Sid-
dhiantas and the Indian Calendar;
being a contribution of the Author's
« Indian Chronografhy » with an 1.1628-1629 — VALLAURI MARIO,
article by the late Dr. J. F. FLEET L'India e la storia delle Scienze.
on the Mean Place of the Planet ASSc IV, n. 3., 1923, 210-233
Saturn 1924. (213-215).
I. 1624a— GEDEN A. S., Hindu I. 1630
v RI: — VALLAURI MARIO,
Sun, Moon and Stars, ERE, 1921,
La Scienza nell'India antica, in
83-85. Apo MieLi, Manuale di storia
I. 1625 — FappegGon B., The della Scienza, Roma, Casa ed.
thirtheenth Month in ancient Hin-. Leonardo da Vinci, 1925, 535-
du Chronology. Act. O., IV, 1923, 545 (253-528).
124-133. I. 1631 — 7le Bhela Samhita,
I. 1626 — FERRAND GABRIEL, Le Sanskrit text, II + VIII + 272
poids, mesures et monnates des (University of Calcutta, Journal
imers du Sud au AVI et AVTII of the Departnient of Letters,
stécle, JA, 1920?, 5. (IC). vol. VI), Calcutta, 19021. — Rec.:
to
(I
I
|
XXXIV. MEDICINA. EUGFNETICA. ZOOIATRIA.
_T. 1631-1638
Bhela, soltanto Karaka ci aveva tramandato una Samhità, che ap-
pare più antica di quella ora pubblicata, benchè entrambe, seguendo
le stesse divisioni, contengano gli insegnamenti di Atreya.
Il Vallauri, affermato che la medicina indiana ha «una sua
propria antichissima tradizione e che essa, nel corso dei secoli, svol-
ge, per una gran parte, germi autonomi dei quali è già traccia sicura
nel più antico periodo letterario indiano, nel periodo vedico », sì
propone di dare «una succinta ricostruzione metodica del sistema
medico indiano ». Nel primo de’ suoi saggi (I 1632) tratta dei fonda-
menti gencrali della medicina indiana. Parla, cioè, dei « trattati medici
indiani, nei quali si raccolgono le dottrine riguardanti la medicina
in generale »; accenna alla teoria umorale (fondamentale ed antichis-
sima, risalente già al Rgreda), alla « teoria relativa alla classificazione
delle malattie », all'importanza « assegnata dagli Indiani all’igiene,
nella conservazione del benessere fisico dell'organismo, ai « principî
generali di terapeutica » e alla chirurgia Nel secondo saggio il Val-
lauri tratta della somatologia e dell’anatontia indiana (I 1033-1634),
cui fa seguire (I. 1635) la riedizione, versione e illustrazione dci cin-
quantaquattro gloka della Sarigadharasamhiità (opera che tratta
di terapeutica), che concernono l'anatomia. Nel terzo saggio il V.
(I. 1636) espone le caratteristiche, le classificazioni, etc. concernenti
la patologia indiana; nel quarto (I 1037), parla della terapeutica.
Il Pizzagalli (I 16;*), opponendosi all'affermazione del Win-
ternitz (Die Frau in den Indischen Religionen, Arch. fiur Frauenkunde
und Eugenetik - Bd. II, Leipzig 1920), per cui « non si può parlare
di Eugenetica nel vero senso della parola nell'India », mostra
tutti gli elementi che il Vedismo, il Brahmanesimo propriamente
detto, il Buddhismo e il Jainismo possono offrire ad una efflcace
propagazione della stirpe.
JRAS, 1923, 277 (L.D. BARNETT);
RSO, X, 1023-1925, 712-713 (G.
Tucci). (LuM).
I. 1632 — VaLLrauri Marro,
I fondamenti generali della medi-
cina indiana (Saggi sulla medici-
na Indiana I), ASSc. IT, 1921,
70-88.
I. 1633-1634 — VALLAURI MA-
RIO, La somiatologia e l'anatomia
indiana, ASSc, II, 1922, 309-331.
I. 1535 — VALLAURI Marito,
Il brano della Sarngadharasamhità
sull’anatomia, AAT, LVIII, 1923,
555-604.
I. 1636 — Vartauri Marro,
La Patologia Indiana. (Saggi sulla
medicina indiana III), ASSc., IV,
N. 4, 1923, 347-308. ..
I. 1637 — VALLAURI Mario, La
terapeutica indiana. (Saggi sulla
medicina indiana IV), ASSc., V,
n. 4, 1924, 350-377.
I. 1638 — PIZZAGALLI ANGLLO
MARIA, L'Eugenetica e le Religio-
ni Indiane, Atti del I Congr.
— 249 —
BALLINI - INDIA. I. 1638-1646
Di medicina indiana scrivono pure G. Mukhopadhyaya (I 1639),
M. Liacre-de St. Firmin (I 1640), S. C. Mitra (I 1641), K. R. Kir-
tikar (I 1042).
Il Vallauri (I 1643) pubblica un saggio intorno all’ifpiatria
indiana, « toccando brevemente l'origine mistica di essa, il prototipo
dei testi ippiatrici e le sue derivazioni, i rapporti fra medicina umana
ed ippiatria. Passa quindi ad esporre i principî fondamentali
dell'ippologia e dell’ippiatria », sulla guida dell'Agvavardyaka (1p-
piatria) di Jayadatta e dell’Agvacikitsita (cura dei cavalli) di Nakula.
XXXV. Pali. — Il Geiger (I 1644) ha pubblicato una storia
della letteratura pili e una grammatica del Pali.
Per opera del compianto Rhys Davids e di W. Stede (11645) si è
intrapresa la pubblicazione di un nuovo dizionario pali, aggiornato,
di cui si sentiva grandemente il bisogno, poichè l’opera magistrale
del Childers, non avendo potuto tener conto della vasta letteratura
resa accessibile agli studiosi solo in questi ultimi tempi, non bastava
ormai alle nuove ricerche. |
Altre opere concernenti lingua e letteratura pali sono uscite
(I 1646-1651).
Per il valore della parola d/liamma nel canone pali, v. I 538 a.
ital. di Eugenetica sociale. Milano I. 1643 VALLAURI MARIO,
20-23 sett. 1924, pp. 15. L’Ifpiatria Indiana, Riv. Crit. di
Sc. mediche e Naturali, XII, 1-4,,
1921, IS.
I. 1644 — GEIGER W., Pali Li-
teratur und Sprache (Grundriss
der indo-arischen PRilologie, I, 7).
dern European Surgeons, 1913- Strassburg, W. de Gruyter, 1916,
14. pp. IV + 183. — Rec.: BSL.
1920, 55-50 (A. MEILLET).
I. 1640 — Sr. FIRMIN M. LIACRE
DE, Médicine et Lésendes Bouddhi- I. 1645 — Davinps Ruvyvs T.W.
ques de l’Inde, Paris 1910. and \VILLIAM STEDE, The Pali
Text Society’ s Pali-English Dictio-
NaAry, pp. 174, Chipstead, Surrey,
1921. — Rcc.: (per la 18 e la 28
I. 1639 — MUKHOPADIHYAYA G.,
The Surgical Instruments of the
Hindus, with a Comparative Study
of the Surgical Instruments of
the Greek, Roman, Arab, and mo-
I. 1641 — Mitra S. C., North
Indian Folh Medicine for Hvdro-
phobia and scorpion Sting, ]PASB,
vol. XI, N. VII-VIII.
I. 1642 — IKirtikar K. R.,,
Indian Medicinal Plants: Botanical
Descriptions, Habitats, Vernaculay
Names, Properties and Chemical
Compositions, Testo 2. voll., il-
lustrazioni 4 voll., IVI.
puntata) JRAS, 10923, 4535-50 (J.
CHARPENTIER); JRAS, 1925, 185,
187 (L. D. BARNETT). (LM).
I. 1646 — SEFIDENSTUCKER K,,
Handhuch der Pali-Sprache (Ele-
mentarerammatii, Texte, Glossar)
Teil I: Jlementargrammatik (Laut-
und Formenlehre) der Pali-Sprache
XXXVI. PRACRITI. I 1646-1654
XXXVI. Pracriti. — Il Woolner (I 1652) prende come base
alla sua Introduzione ai dialetti prakritici, la Cauraseni-M aharastri
e tratta separatamente poi del Pal:, della Magadhi, dell'A pablramea
ecc. Le prime 80 pagine del libro contengono un'introduzione, una
relazione delle tre fasi del Pracrito, Pali, Medio Pracrito, e ultimo
Apabhramga — e una descrizione delle forme letterarie e delle loro
caratteristiche. Seguono alcuni capitoli sulla fonetica, sui dialetti,
sulla letteratura. La seconda parte è un libro di lettura di brani
pracriti: comincia con la Cauraseni e procede con tutti i dialetti,
non escluso il Pali. Abbondanti note, un indice e una bibliografia
rendono perfetta l’opera.
Il Grierson (I 1053), ci offre ampie notizie circa i Vibhasa
dei grammatici pracriti a cui accenna brevemente il Pischel nella
sua grammatica. Esamina i varî significati dati alla parola dai gram-
matici pracriti e sanscriti. Cominciando da Panini (secondo il quale
vibhasa significherebbe « option », arbitrio), esamina successivamente
i testi di Bharata, Prthvidhara, Markandeva, Harigcandra, ecc. V1-
basa è una forma arbitraria di un dialetto classico, usata per uno
scopo speciale; è un discorso «of manifold sorts», come dice Prthvi-
dhara. Vibhdsa non è un dialetto letterario; appare solo nelle com-
medie come un discorso usato da ubbriachi, contadini o stranicri,
quindi differisce dall'Afpablramga. Esso partecipa alla classe delle
Cakari, Candali, Cabariî, Andhri, e Abhiri (degradazioni della Mda-
gadhi, e della Caurasenî) e a quella della Takki (compresa la Dra-
vidi). Insomma i Vibhasa sono sul palcoscenico una « corruption
personal to the speaker ».
Il Lesny (I 1654) dimostra che i pracriti dei nuovi drammi di
1916. — Rec.: ZDMG, LXX, 1916
(FE. HuLrzscH). — Teil. II: Pali-
Texte, 1923; Teil. III: Pali-Glos-
sar, 1925; Harrassowitz, Leipzig.
I. 1647 — Sastri S. M., Ze
dative plural in Pali, s. 1. s. d.
I. 1648 — Vocetr ]J. PH., The
Sign of the Spread Hand or Five
. Fingertohen (Pancàùguliha) in Pa-
liliterature, VMA\V, 1920, 218-235.
I. 1649 — LAWBURIALACHARAN,
Taxila as a seat of Learning in
the Pali Literature, ]PASB, 1910,
n. I
I. 1650 — SEN D. N, 7Trans-
Himalavan Reminiscences in Pali
Literature, IA, May-June 1921.
I. 1651 — G. CoEDÌS, Note sur
les outrages palis composés en
pays thai, BEFEO, XV, 1915.
n. 3, 39-40.
I1.1652— WooLNER C. ALFRED,
Introduction to Prakrit, Publ. by
the Univ. of the Panjab, Lahore,
1917. — Rec.: JRAS, 1921, 0633-35
(G. A. GrIERSON). (VA).
I. 1653 — GRIERSON G.A., The
Prakrit Vibhasas, JRAS, 1918,
489-517. (MA).
I. 1654 — Lesxy V., T3vofory
— 247 —
BALLINI - INDIA. I. 1654-1660
Bhasa sono intermedîì tra quelli dei frammenti drammatici di Acva-
ghosa e quelli di Kalidasa.
Il Grierson (I 1655), fondandosi sull'articolo del Konow (JRAS,
I92I, 2.44 segg.), comincia con l’affermare che egli aveva posto il nidis
della Pa:igaci nel Nord-Ovest dell'India, intorno a Kekaya, donde
era probabile si fosse estesa anche fino ai monti Vindhya. Ma la
differenza di opinione tra il G. e il Konow non era nel luogo dove
fosse parlata la Paigaciî, ma dove fosse il suo vero « home ». Così, dopo
aver lungamente distinto tra i dialetti dell'est e dell'ovest, conclude
che non si può sicuramente ammettere che la B/itabhasa del-
l'occidentale Rajagekhara sia la stessa della Bhafabhasa di Bana
e quindi, secondo la testimonianza di Rajagekhara, la Brhatkatha
fu scritta in una lingua parlata, «or favoured, in the West Central
India ».
Ad una nota del Barnett (I 1656) in cui si afferma una « variety
of view » nel riconoscere da un lato confusione dei temi maschili
e neutri in -d nel Brhaspati-Stittra (NIV sec.) e dall'altro gli accusat.
plur. masch. in -4n: nel pracrito di Bhasa (data indeterminata),
il Thomas (I 1657) si oppone, affermando che tale connessione indica
mancanza di distinzione di due fenomeni differenti e di due distinte
lingue. — Il Barnett (I 1058) replica sostenendo il proprio pensiero,
ma non rimediando — a parere del Thomas — alla primitiva confu-
sione. --- Il Thomas (I 1659) perciò replica a sua volta, dimostrando
che l'-@ri dell'accus. plur. m., come in Bhasa così in altri scrittori
di drammi si trova (Agvaghosa) e nei dialetti orientali e pur nella
Ardhamagadli dei Jaina; che non si tratta cioè di confusione dei
temi m. n. in -d.
Di un grande vocabolario Ardlamagadhi con equivalenti
sanscriti, gujarati, hindi e inglesi ha iniziata la pubblicazione Sh.
Shri Ratnachandraji (I 1660). L'opera è ampia per quantità di
stupen’ ndreci prakrtskych v dra- I. 1656 — ]JRAS, 10924, 293.
matech bhasovych a urceni blasovy
doby, Praha, 1917, in-8, 48. — I. 1657 — JRAS, 1924, 449-50.
Rec.: BSL, NXNII, 1020. 50. (A. I. 1658 — JRAS, 1924, 655-6.
MEILLET) V. pure: °
LeEsnv V., Die Entwickelungs- I. 1659 — Tuniomas F. W., Blasa
stufe des Prakrits in Bhasa's Dra- and the accusatives plural mascu-
men und das Zettalter Bhasa's, line in -ani, ]RAS, 1925, 104-107.
ZDOMG, LXXII, 1918, 203-208.
(GB?) I. 1660 — RATNACHANDRAJÎ
SHATADHVANI Tue Jarxa MUNI
I. 1655 — < GRrIiErsoNn GG. A., Suri, da illustrated Ardha-Ma-
Rajasekhara and the Home of gadhi Dictionary, Literary, Phi-
Paisaci, ]RAS, 1921, 424-28.(M/A). losophic and Scientific with Sans-
Di
vocaboli compresi e per la dichiarazione letteraria e storica di essi.
Alcune tavole illustrano particolari argomenti.
Pandit H. D. Shet (I 1601) pubblica un vocabolario Prdacrito-
Hind, con gli equivalenti sanscriti. L'opera contiene abbondanti
citazioni dall'ampio ambito della letteratura più antica e una gran-
dissima quantità di vocaboli, dichiarati in Zindi.
Altre pubblicazioni concernenti dialetti pracriti sono apparse
(I 1602-1669).
XXXVII. Lingue e dialetti neo-indiani. — 1. Bengali.
Dinesh Chandra Sen (I 1070) pubblica in due volumi una anto-
logia della poesia bengali dall’ottavo alla metà del dicianno-
vesimo secolo.
J. Das (I 1671) ha compilato il miglior dizionario bengali
sinora esistente. Egli ha adottato una scrittura speciale per trascri-
Rrit, Gujrati, Hindi and English
equivalents, references to the texts
and copious citattons. With an
Iutrod. bv A. C. WooLNER, Aj-
mer, faina Conference 1923.
I. 1661 — SHET PANDIT Ha-
RAGOVIND Das, Paitasaddamaha-
nnavo. A comprensive Praknit Hin-
di Dictionary with Sanskrit equi-
valents, quotations and con:plete
references. Calcutta, 1923-1925, 4
voll.
I. 1662 — RANGANATHASWAMI
À., Paigachi Prakrit, IA, Novem-
ber 1919.
I. 1663 — MAJUMDARC., Avanti
Prakrit of the Karpitra-maniari,
IA, March 1921.
I. 1664 — GRIERSON G. A, Tie
Apabhramga Stabahas of Iama-
Sarman (Tarkacazisa), IA, Ja-
nuary 1922.
I. 1665 — BANERJI-SASTRI A-
NANTAPRASAD, Evolution of Ma-
gadht, Introduction, Oxford Uni-
versity Press 1922.
I. 1666 — DHANArALA, Bhari-
sattahaha. Partly ed. by C. D.
DALAL and completed with intro
duction etc. bv P. D.GuNE, Gae-
Ewad's Or. Ser., No. 20. Ba-
roda 10923.
I. 1667 — Banarst Das Jain,
Ardha Magadhi Ieader, p. NV +
1So, Lahore 1923.
I. 1668 — Grikrson GEORGE
ABRAHAM, The Prakrit Dhatv-adesas
according to the Western and the
Lastern Schools of Prakrit gram-
marians (Memoirs of the Asia-
tic Society of Bengal, vol. VIII),
Pp. 77-170, Calcutta, Asiatic So-
cietv ot Bengal 1024.
I. 1669 — GRIERSON G. A., Pra-
Rritica, JRAS, 1925, 215 230.
I. 1670 — SEN DixEsH CHhan-
DRA, Fangea Sahitva Parichaya or
Ivpical selections from old Ben-
gal Literature, 2 voll., Calcutta,
1914. — Notizia: ]JRAS, 1915,
554-538 (LP. E. PaRGITER). (GBP).
I. 1671 — Dis JNANENDRA Mo-
HAN, Vangiva Bhasar Abhidhan,
Calcutta, Indian Publ. House
19017. — Rec.: JRAS, 1918, 326-
332 (J. D. A.). (VA).
BALLINI - INDIA. I. 1672-1678
vere la pronuncia di Calcutta che è il centro del dialetto Bengali.
Il libro è utilissimo agli studiosi per l’interpretazione della più antica
poesia bengali. Per riparar, poi, all’insufficiente dizionario Ben-
gali-Inglese dell’Haughton (1833) se ne sta pubblicandone uno a
Dacca, di cui sono già usciti due volumi.
Secondo il Banerji (I 1672), la scrittura bengali s'è sviluppata
indipendentemente dalla nagari.
Il Sen (I 1673), in un’opera sulla letteratura popolare ben-
gali, mette a raffronto alcuni racconti popolari Europei con corri-
spondenti racconti bengali, facendone notare le singolari somi-
glianze.
S. K. De si occupa di storia della letteratura bengali (I 1674).
Egli divide il suo lavoro in 4 parti: 1° la letteratura retrospettiva
1760-1800; 2* i principî della letteratura moderna: 1800-1825; 3° epoca
di transizione: 1825-58; 43 lo sviluppo della nuova letteratura:
1858-94. L’opera tratta specialmente il secondo periodo. Il sec. XIX
si apre con la fondazione del College a Fort William. Il De narra come
si sia svolta la vita dei panditi di quel College, dei loro lavori, delle
traduzioni, ecc., il che tutto servì a preparare il secondo periodo della
letteratura bengali.
L’Anderson (I 1675) pubblica una grammatica elementare della
Bengali, seguita da una scelta di testi d'ogni epoca.
Il Journal of the Department of Letters (I 1676) dell’Università
di Calcutta, vol. V, contiene nove saggi, di cui otto in Inglese ed uno
in Bengali, su soggetti Indo-Ariani.
Suniti Kumar Chatterji scrive sulla pronunzia bengali di
Calcutta (I 1677-1678) e sul passivo bengali (I 1679).
I. 1672 — BaxERJi R. D., The I. 1675 — AxnDERSON ]J. D., A
Origin of Bengali script. Calcutta,
19019, VIII + 112. (GBP).
I. 1673 — SEN Rar SAHEB Di-
NESH CHANDRA, The Folk Literatu-
re of Bensal, pp. 362, University of
Calcutta, 1920, pp. IN + 302. —
Rec.: JRAS, 1923, 134-136 (H.
W. B.). (LM).
I. 1674 — Dre SusHit KUMAR,
History of Bengali Literature in >
tie NIX Century 1800-1825, Uni-
versity of Calcutta, 1919, pp. XXI
+ 509. — Rec.: JRAS, 192I,
Oro-11 (Jo E. Po (4),
manual of the bengali language,
Cambridge, University Press 1920,
XVIII-178. — Rec.: JRAS,
1920, 615-018 (G. A. GRIERSON);
BSL, XXII, 1921, 202-203.
(GBP).
I. 16076 — Journal of the
Department of Letters, Vol. V,
Nine Essay by various W'riters,
404, Calcutta: University Press
I92I. — Rec.: JRAS, 1923,
4738-79 (James Linpsav). (LU).
I.1677-1678 — CHA1TERJI SUNI-
TI KUMAK, Bengali Phonetics. Bul-
lfglucai 250 SE
XXXVII LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1678-1691
Di Bengali scrivono ancora l’ Anderson (I 16S0), il Sen (I 1681
1082), B. Mazumdar (I 1683), G.S. Kumar (I 1684) e il Pargiter
(I 1655).
Sono uscite edizioni di opere di Rabindra Nath Tagore
(I 1686-1689).
E. Beccarini - Crescenzi (I 10690), mossa dal contenuto della rac-
colta di canti 7he crescent Moon di R. N. Tagore, tutta dedicata al-
l'infanzia (canti di cui da alcuni saggi in versi italiani), percorre la
letteratura classica dell'India, ove si hanno tratti soavissimi di
poesia esaltatrice del bambino (Rgveda, Bralmana, epica, drammatica,
gnomica, Gitagovinda ctc.).
Il Belloni - Filippi (I 1691) scrive sulla vita e sulle opere di
letin of the School of oriental dramas in Nepal, JPASB, NVIII,
studies, London Institution, Lon- 1922, n. 4.
don, Luzac 1921, 176. — Rec.: È ù
BSL, XXII, 1921, 182 (Mernrer). - _T- 1685 — ParcitEr F. E.
(GBP). l'ocabulaury of peculiar vernacular
Bengali words, 1923, 321-430,
I. 1679 — CHATTERII SuniITIO Asiatic Soc. of Bengal. (Memoirs
KUMAR, The Passive in Bengali, n. 5),
s.l. s.d. (Calcutta 1924). _
I. 1686 — Tagore RABINDRA-
I. 1680 — Axnperson ]J. D., Les NATH, Chitra. Drama in eine Auf-
colx du verbe bengali, M, I, 1910, cuge. Deutsche Uebersetzung, Leip-
N. II. zig I0I5.
I. 1681 — SEN R. SAHEB DINES I. 1687 — TaAGORE RARINDRA-
CHANDRA, Zhe Bengali Ramayanas. xAaTH, Der zunehmende Mond.
(being Lectures delivered to the Cal- Uehers.v. H. EFFENBERGER, Leip-
cutta University in 1910, as Ram- zig 1915.
tanu Lahiri Research Fellow in
the History of Bengali Language, I. 1688 — Tagore RarinpRAa-
and Literature), pp. XXX + 304. NATH, Das Postamt, ein Bilnen-
Published by the University of spiel. Uebertragenvon H.LACHMANN
Calcutta, 1920. — Rec.: JRAS, und G. LANDAUER, Leipzig 1918.
1022, 135-I GEORGE A. Gri-
o i I. 1689 — TacoRE RABINDRA-
NA1H, Gesammelte Werhe, herausg.
I. 1682 — SEN DINESH CANDRA, von H. MevER-BENFEY nd HE-
Bengali prose style, 1800-1857, LENE MEvER-FRANCK, 8 Bde, 250,
Calcutta, 1921, NV + 153. 350, 329, 210, 630, 409, 387, 343,
Miinchen, Wolff, 1021.
I. 1683 — MazumDpar Bijay-
CHANDRA, Zle history of the Ben- I. 1690 — BECCARINI-CRESCEN-
galî language, Calcutta, 1920, zi E., Il bambino mella. lette-
XVIII + 298. ralura indiana. Riv. d'It. 1910-
372-388.
I. 1684 — KUMAR GANGANANDA
SINHA, Discovery of Bengali (?) I. 1691 — BrttoxI - FILIPPI
BALLINI - INDIA. I. 1691-1700
R. N. Tagore. — Lostesso (1691 a) parlando de La Casa e il mondo di
R. N. Tagore, accenna al Bande mataram («lodo la madre ») l'inno na-
zionale indiano che può chiamarsi la Marsigliese del Bengal. Parla
pure della versione inglese prosastica del Gitanjali, dovuta al poeta
stesso, il quale dà in essa più che una traduzione, un rifacimento
dell’opera poetica originale. |
Amulya Chandra Aikat (I 1692), come chiusura del suo ciclo
di conferenze tenute all'Università di Calcutta su R. Browning,
parla della poesia di R. N. Tagore, cercando di tracciar un
paragone tra il poeta bengali e il poeta inglese — e mettendo
in luce i tratti comuni di ambedue, il loro idealismo, le loro preoccu-
pazioni metafisiche, la novità e la freschezza del loro stile, e le dif-
ferenze tra i duc grandi spiriti. |
Il Thompson (I 1693) in un’opera su R. N. Tagore, dedica duc
capitoli alla vita del poeta; e due alla sua opera. Studia il problema
se questo poeta debba esser considerato un filosofo. Nell'ultimo capi-
tolo l’A. prende in esame le condizioni politiche dell’India.
Su R. N. Tagore e la sua opera di pocta, pensatore e apostolo
scrivono A. Schuring (I 1694), H. Meyer Benfey (I 1695), E. Engel-
hardt (I 1696), M. Kaubisch (I 1697), H. v. Glasenapp (I 1698), S. Ra-
dhakrishnan (I 1699), W. W. Pearson (I 1700).
FERDINANDO, Tagore. Roma, For- Rabindranath Tagore, Berlin, Bran-
miggini 1920. dus 1921.
I. 1691a — BELLONI-FILIPPI I. 1696 — ExcELuARDT F., Ra-
F., Notizia letteraria Tagoriana, bindranati. Tagore als. Mersch,
NA 16, Maggio 1922. Dichter u. Philosoph., VII + 445.
Berlin, Furche-Verlag, 1921. 2
Aufl., IN + 424, Berlin Furche-
Verlag, 1922.
I. 1692 — AIKAT AMULYA CHAN-
DRA, On the poetry of Mattew
‘irnold, Robert Browning and Ra-
bindranath Tagore, Calcutta, 1921, I. 1697 — KAUBISCH M., Radbin-
in-8, 340. (IC). dranath Tagore, PrJ, 182, 1$1-
I. 1693 — THÒoxrson E. J., Ra- si
bindranath Tagore, his Life and I. 1698 — GLASENAPP H. von,
Work, NI + 112, Calcutta, As- Tagore und Gandhi, Voss. Zeitung,
sociation Press 1921. — Rec.: 10921, Nr. 505.
JRAS, 142-143 (JAMES LINDSAY).
(LAM). I. 1699 — RADHAKRISHNAN S.,
The Philosophy of Rabindranath
I. 1694 — ScHURING A,, Tagore, Tagore, London, Macmillan 1918.
Seine PersOnlichkeit, seine W'erke,
seine Weltanschauung, 222. Dres-
den, Reissner, 1921.
I. 1700 — Prarson W. W,,
Shantiniketan. The Bholpur School
of Rabindranath Tagore, London,
I. 1695 — MevER-BExFEY H., Macmillan 1917.
XXXVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1701-1703
2. Marathi. R. Paradkar (I 1701) pubblica, con un’introdu-
zione in Sanscrito di L. P. L. Vaidya, il nono volume delle opere
del celebre poeta maratha Moropant (1729-1794), tradotte in san-
scrito nella collezione che consterà di 12 volumi. Queste opere non
hanno carattere di popolarità e mentre altri che, come lui, hanno
adottato come argomento le grandi cpopce sanscrite, usano un lin-
guaggio simile alla lingua parlata, Moropant ha ricercato più della
semplicità la nobiltà, la purezza, l’elevatezza ricercata dello stile.
:2 Il Turner (I 1702) si propone di spiegare alcune corrispondenze
fra parole del Sanscrito, della Gujardti e della Marathi, con speciale
attenzione all'influenza dell’accento nello sviluppo delle moderne
lingue Indo-Arie. Esamina e critica, a tal fine, le tre diverse opinioni
del Pischel. del Jacobi e del Bloch, trovando in ciascuna di esse,
tuttavia, una parte di verità. Il Turner ritiene che, per quanto
concerne le lingue su cui ha esercitato la propria influenza l’accento
indo-germanico, si debbano fare due categorie; da un lato le lingue:
Gujarati, Sindhi, Panjabi, Hindi, Singalese e forse Bengali, dall'altro
la Marathi, che mostra gli effetti di un accento derivato da quello
sanscrito.
Il Bloch (I 1703) scrive sulla formazione della lingua Marathi.
Nell’introduzione l'A. passa ad una ad una in rassegna tutte le
forme conosciute, antiche e moderne, del linguaggio ariano del-
l'India. cercando di stabilire le relazioni storiche che intercedono fra
loro, e di determinare il valore che hanno i loro documenti per lo
studio della formazione della lingua » Marathi « La parte centrale
dell'opera studia analiticamente l'organismo di questa lingua, dap-
prima ne’ suoi elementi fonetici (.43-173), quindi nelle suc forme
grammaticali (175-262) e nelle peculiarità essenziali della sua sintassi
(263-274) concludendo con alcune osservazioni generali sulle caratte-
ristiche che distinguono la Marathi e sul posto che essa occupa ri-
spetto alle lingue affini » (275-282). L'opera del BI. è, secondo il
Grierson la più importante che si sia avuta dopo la pubblicazione
della Grammar of the Gadian Languages dello Hoernle. Il Grierson,
dopo aver molto lodata l’opera stessa per la profondità, la dottrina,
l'accuratezza, accenna ad alcune divergenze di opinioni con l'A.
,
I. 1701 — (ri Mavitra-Samskr- Indo-Germanic Accent in Marathi,
takavyani, edit. by RAMKRSNA Pa- JRAS, 1916, 203-551. (LM).
RADKAR, Poona, caka 1838 (1910),
in 12, XIV +4 418. — Rec.: JA, I. 1703 — BrocH JuLes, La
1023, 132-133 (J. BLocK). formation de la lavgue mavathe,
Paris, Champion 1920, pp. NV +
I. 1702 — TurxnER R. L., The 432 (Bibl. de l’Fcole des hautes
— 253 —
I. 1703-1709
BALLINI - INDIA.
in materia di dialetti — specialmente riguardo l’Apabhramga —
allo « stress-accent » ecc.
Una traduzione di storie dei santi maratha, vissuti in una citttà
santa nel distretto di Sholapur, pubblica C. A. Kincaid (I 1704).
Le storie originali furono scritte in lingua Marathi da un poeta di
nome Mahapati. Piuttosto uniformi sono questi racconti, benchè
qua e là contengano notizie interessanti.
S. N. Sen pubblica la sua traduzione (I 1705) con note e appendice
di una famosa cronaca di Anant Sabhasad, un servo del figlio di
Sivaji, che probabilmente scriveva per il suo padrone ignorante.
La cronaca riguarda la vita eroica di Sivajt, e il Sen afferma
essere stato Anant Sabhasad l’unico cronista contemporaneo di
Sivaji.
La storia dei Maratha del Grant Duff (I 1706) riveduta ed'an-
notata da S. M. Edwardes in recente edizione, è un’esatta cronaca
degli avvenimenti dal 1323 al 1819. Le note riassumono i risultati
delle ricerche storiche, archeologiche ed etnologiche degli ultimi
sessant'anni sulla storia dcl Deccan e dell’Indostan, e l’Introduzione
contiene saggi sull'origine dei Maratha e della loro letteratura.
Di storia e letteratura marathi scrivono pure il Kincaid e Pa-
rasnis (I 1707), il Macnicol (I 1708), J. E. Abbot (I 1709).
3. Paîijabi. Nella seconda parte del.volume IX del Linguistic
EpwaRrDES, C. S. IT., C. V. O,,
late of the Indian Civil Service,
2 vol., NCTI -> 5835, XXI + 3572,
Oxford University Press 1921. —
Rec.: JRAS, 1923, 113-114 (F.
NovCcE). (LM).
Etudes, 225). — Rec. GSAI
NXIX, 1919-20 (1921). (G. CIARDI-
Duprt); RIGI, 1022, fasc. III-IV,
171-172 (LA Terza); JRAS, 10921,
251-203 (G. A. GrIERSON). (VA).
I. 1704 — Kixcarmp C. A., Tales
of the Saints of Pandharpur, Hum-
phrey Milford Publisher, Oxford
University Press 1919. — Rcec.:
JRAS, 1921, 131-133 (H. BEVE-
RIDGE). (MA).
I. 1707 — Kixcarp C. A. and
Parasnis D. B., A History of
the Mayratha People, Oxford Uni-
versity Press, 1918. — Rec.: JRAS,
1920, 235-238 (H. BEVERIDGE).
I. 1705 — SENSARENDRA NATH,
Extracts and Documents relating
to Maratha Historv, Vol. I: Siva
Chhatrapati, Calcutta 1920. —
Rec.: JRAS, 1021, 445-418 (H. BE-
VERIDGE). (MU).
I. 1706 — GRANT DUFF JAMES
CUNNINGHAME, dd History of the
Mahrattas. Revised annotated edi-
tion, with an introduction by S. M.
I. 1708 — MacxicoL N., Psalimns
of Maratha Saints, (Heritage of
India Series), 906, London, Oxford
Univ. Press 1019. — Rec.: JRAS,
1920, 622-027 (MacHICHAN); IRM,
9, 1920, 298-300 (UNDERHILI.).
I. 1709 — ABBOTT ]. E., 7Zle
Maratha Poet - Saint Dasopant Di-
gambar, JAOS, vol. 42, part 3-4.
1922.
— 254 —-
XXXVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI. I. 1710-1713
Survey of Indra i} Gricrson (I 1710) parla del dialetto Purijabi per ec-
cellenza, parlato da circa 30 milioni di uomini. Il G. lo suddivide in
due dialetti: la Panjabi propriamente detta e la Dogri, ed annovera i
vari dialetti derivati da questi. Anche questo volume è notevole
per la maestria con cui sono studiate le differenze grammaticali dei
dialetti e dei subdialetti ed è di capitale utilità per gli studiosi
dei Pracriti e della filologia in generale.
H. A. Rose pubblica contributi al lessico pafijabi (I 1711).
Il Bloch (I 1712) studia l'origine e gli etietti (iniziali sonore >
sordc) della intonazione, di cui, in epoca moderna, sono diventate
suscettibili le vocali dei dialetti settentrionali della Parjadi, del
Lalhnda, della Pahari (v. I 1739).
4. Gujarati. R.L. Turner (I 1713), premesso che la Gujarati di-
scende da un dialetto della Cauraseni, forse attraverso l'A fpublhramya
di Hemacandra, dichiara la natura dei suoni nasali in Ved:co e in
Gujarati (la quale possiede #, n, », m,), e studia minutamente il
trattamento delle nasali indo-arie in Gwujardti, risalendo alle forme
scrr. I risultati sono riassunti in uno schema.
Per molteplici ragioni i dialetti dell'India sono commisti fin
dai più antichi tempi, così che riesce impossibile stabilire la lingua
parlata da un dato popolo in un dato paese. Il dialetto Gujarati
è il linguaggio che appare più genuino e che fu parlato in una zona ab-
bastanza isolata c di stabile governo. La sua letteratura poetica
pare risalga al tempo di Narsingh Metà (d. C., 1413) o forse al 1300.
Il Grierson pensa che furono gl'invasori Gurjaras del 400-600 a por-
tare molte delle caratteristiche del detto dialetto. Ciò osservato,
il Turner procede dividendo in grandi periodi — dall’Indo Euro-
peo alla 0/4 Western Rijasthani — il linguaggio, studia poi i termini
presi a prestito o da altri dialetti indiani contemporanei o dalla
lingua letteraria (Sanscrito, Pali, Pracrito jainico) o da altre lingue
(Persiano, Arabo, Francese, Portoghese). Dopo di che studia dettaglia-
tamente il sistema delle vocali, degli accenti, della nasalizzazione,
l'epentesi, l'anaptissi, la dieresi, ecc.
I 1718 — Grirerson G. A., Lin- I. 1712 — BrocH ]J., L'intonation
guistic Survev of India. Vol. IX, en Penjabi: une variante astatique
Part I Western Hindi and Pa- de la loi de Verner in Melanges
nrabi. Calcutta, 1016, pp. NIV+ ULineuistiques offerts à M. J. Ven-
823.— Rec.: JRAS, 1018 (T.GRa- drves, Paris, Champion, 1925, 57:
HAME BAILEy). 07. (GBP).
I. 171t — RosE H. A., Contri- I. 1713 — TURNER R. L., The
butions to Panjahi lexicosraphv, indo-arvan nasals in Gujarati,
Series IV, IA, March 1023. JRAS, 1015, 17-34. (GBP).
I) 051 SI
BALLINI - INDIA. I. 1714-1718
In altro articolo, lo stesso Turner (11714), passa a trattare delle
consonanti. Ne fa la storia, fermandosi particolarmente al loro svi-
luppo nel dialetto Gujarati (aspirate, gutturali, palatali, cerebrali
e dentali, labiali, nasali, liquide, sibilanti; consonanti iniziali,
finali, intervocaliche; gruppi con n, +, r, , v, con una sibilante).
Termina con un sommario dei suoni della Gujarati in rapporto ai
suoni primitivi indiani.
Lc Hertel (I 1715) pubblica il Paricakliyanavarttika, importante
testo novellistico in antica Gujarati.
5. Hindi. Il primo a dar notizie di Kabir fu il Wilson nel
suo « Sketch of the Religious Sects of the Hindus ». Tuttavia gli scritti di
K. e dei discepoli non erano stati ancora tradotti. L’opera principale
della sua scuola è il Bijak o «carta del tesoro», decreto che risale al 1404
ed è composta in vernacolo. Il Bija& ora pubblicato nel testo e tradotto
da Ahmad Shah, è una collezione di versi in vari metri. La religione
di Kabir (misto di Induismo, Sufismo e Cristianesimo) diede origine
ad un gran numero di sette. Ostile ai sei sistemi di filosofia indiana,
il Kabirismo è però fondato su basi essenzialmente indiane.
È uscita una nuova edizione del dizionario hindi del Rev. ]J.
D. Bate (I 1717).
Nel nono volume del grande Linguistic Survey of India, Parte I,
il Grierson (I 1718) tratta dci dialetti Hindi, Urdi e Indostano. I
dialetti ariani dell'India non riconoscono come capostipite il San-
scrito ma un’altra lingua affine al Sanscrito, madre dei Pracriti
La Hindi occidentale è il più puro ed il più sanscritico rappresentante
del gruppo Indo-ariano perchè disceso dall’.1padlramya, dialetto
corrispondente alla Caurasent il più vicino al Sanscrito dei Pracriti.
Il Grierson la divide in cinque dialetti.
I. 1714 — TURNER R. L., Gu-
jarati Phonology, JRAS, 1921,
3209-65; 505-44. (MA).
I. 1715 — HERTEL JOHANNES,
The Pancakhvana varttika. Part
I containing the teat. (For-
schungsinstitut fùr Indogermani-
stik, Indische Abtellung N. 3).
Leipzig, MarFert und Petters 1922,
65. — Rec.: RSO, IX, 1921-23,
617 (G. Tucci).
I. 1716 — The Bijak of Kabir.
Ed. bv the Rev. AHMAD SHAH,
Cawnpore, Igirr. — Id. Transl.
into Eng. by the Rev. AHMAD
SHAH, Hamirpur, 1917. — Rcc.:
JRAS, 1018, 151-160 (GEORGE A,
GRIERSON). (MA).
I. 1717 — Bate Rev. J. D,
Dictionarv of the Hindee Language,
Second Edition, 810 pp., Alla-
habad, Indian Press 1016. —
Rec.: JRAS, 1925, 116 (T. GRA-
HAME BAILEy}).
I. 1718 — GRIERSON G. A., Lîn-
guistic Survey of India, Vol. IX,
Part I. Western Hindi and Pa-
nah. Calcutta, 1916, pp. XIV -823.
— Rec.: JRAS, 1918, 605-616 (T.
GRAHAME BalLEv). — V. I. 1710.
— 256 —
NXXVII. LINGUE E DIALETTI NFO-INDIANI.
I. 1719-1724
Il Dewhurst (I 1719) presenta una lista completa delle parole
di origine persiana o arabica che si trovano nel pocma hindi (termi-
nato nel 1662) di Bihari Lal.
Il Carpenter (11720) dà esatta notizia delle idee religiose di
Tulsi Das, quali sono espresse nel suo Ramavana hindi. La 13 parte
è introduttiva, la 28 tratta del Dio Supremo, della Triade, Brahma,
Visnu e Civa, di Rama e della sua incarnazione, della biak/ e della
maya, del peccato e della redenzione. L'autore crede che la dot-
trina della bhakt, benchè originale dell’Induismo, abbia fortemente
risentito dell'influenza del Cristianesimo.
In uno studio, cui il Greaves (I 1721) vuol mantenere il carattere
di schizzo, si parla dì circa 150 scrittori. di cui alcuni, come Tulsi
Das, vengono esaltati, altri, come Bihari Lal (che l'A. definisce
«un manipolatore di versi, un bravo versificatore con più cervello
che anima >) e Dev Datt, criticati senza riguardo.
Lo stesso Greaves (I 1722) in una sua grammatica sulla mo-
derna Hindi da larga parte alla sintassi, che non viene trattata
separatamente, ma studiata di mano in mano che l'occasione se ne
presenti. Vi sono capitoli sulla Bra] e sulla prosodia, sulle misure
di quantità, spazio e tempo, ed indici completi tanto in Inglese
che in Zindi.
Hira Lal Kavyopadhyava (I 1723-1724) dà una grammatica del
linguaggio prettamente indiano delle popolazioni dravidiche delle
alte valli del Cona e della Narmada (la Chatfisgarhî). Osservazioni
e studî dimostrano la purezza di questo dialetto essenzialmente
pratico e popolare, conservatosi miracolosamente immune dall’in-
fluenza dei linguaggi letterarii, sempre in progresso, che lo attorniano.
Il Grierson ha fatto compilare questa grammatica, e l’ha tradotta.
A lui si deve anche questa nuova edizione del lavoro. Notevo-
I. 1719 — Dewnurst_ R. P., terature Society for India. — Rec.:
I. C. S, Persian and Avrabic JRAS, 1923, 140-147 (T. GRAHAME
words in the Satsaì of Bihari Lal, BarLev). (LM).
TRS 4000, 00877 AGRA): I. 1722 — Grraves Epwin,
I. 1720 — CarpENTER J. N., Mindi Grammar, London Missio-
The Theology of Tulasi Das, VII nary Society, pp. XIII + 512,
+ 202, Madras, Christian Lit. Soc. Allahabad, Indian Press (s. d.).
for India 1918. — Rec.: JRAS, — Rec.: JRAS, 1923, 145-140
10923, IIo-112 (T. GRAHAME Bar- 0 (T. GRAHAME BaAILEv); RSO, N,
LEv). (LM). 1023-1925, 150-157 (G. TUCCI).
I (LM).
»- 1721 — GREAvES EDWIN, A
Sketch of Hindi Literature, pp. I. 1723-1724 — Hira Lar KA-
VII + 112, Madras, Christian Li-. vropapbHvAva, 4 Grammar of the
ro
SI
=1
Aevum - Anno I - 17
BALLINI - INDIA. I. 1724-1734
le l'osservazione che su questo fresco e autentico linguaggio
sono palesi e vive le influenze brahmaniche attraverso il veicolo
sanscrito, e le influenze delle lingue moderne, dovute però a sczole
e quindi influenze di indole puramente intellettuali e non dovute
a contiguità geografiche. Così anche in questo dialetto si può osser-
vare il lento processo, ma artificioso, di miscuglio cui vanno soggette
tutte le lingue indo-ariane.
Altre pubblicazioni di lingua e letteratura hindi sono uscite
per opera del comp. Tessitori (I 1725), del Grierson (I 1726-1727),
dello Hertel (I 1728), Keavy (I 1729), L. S. Ram (I 1730).
Per un vocabolario pracrito-hindi v. I 1001.
6. Hindustani. R. Pershad (I 1731) pubblica una gran-
matica elementare della Hindustani.
Un manuale di Hindustani pubblica il Phillott (I 1732).
7. Nepali. Il Turner dà contributi alla conoscenza della
Nepalt (I 1733-1733 a).
8. Kacmiri. Il Grierson (I 1734) ha pubblicato e tradotto varie
novelle e canzoni in Kagmirt, fedelmente riprodotti da Sir Aurcl
I. 1730 — Ram LALA SITA, Se-
Chhattiscarhi dialect of Eastern
lections from Hindi literature, 1.
Hindi.... translated by Sir GEORGE
GRIERSON, revised and enlarged Bardic poetrv, II Krishna cult
dbv PanditLocHax Prasanp NavvyA- of Vraia, Calcutta, 1921, 345,
ViNnoD twder the supervision of 381.
RAI BAHADUR Hira LAL, Calcutta,
British Mission Press 1021, IN + I. 1731 — Ram PERSHAD, 7 he
Elements oi Hindustani Grammar,
2 + 75 pp., Ajmer, The Author,
19016. — Rec.: JRAS, 1925, 116
(F. GRAHAME BAILEY).
225. — Recc.: JA, 1923, 133-134
(J. Brocn); JRAS, 1923, 444
IBARNETT). (LV).
I. 1725 — Tessitori L. P.,,
Tulast Dasa come apostolo e come I. 1732 — PauirLtoTt Lieut. Col.
poeta, AAAN, 1915, 93-I21.
I. 1726-1727 — GRIErson G.À.,
Tulasi-Dasa, ERE, 1921, 469-473,
I. 1728 — HERTEL JOHANNES,
Die Akhlag-e hindi und ihre Quel-
len, ZDMG, LXXII, 1918, 65-80;
LXXNIV, 1920, 95-117, 129-200.
I. 1729 — Kray F. E, Hindi
Literature (Heritage of. India
Series), X + 1I1I10, Oxford Univer-
sity Press 1920. — Rec.: JRAS,
1922, 203-207 (DEWHURST).
D. C., Hindustani Manual, Third
Edition, pp. NNVI 350, Cal-
cutta, published by the Author
1918. — Rec.: JRAS, 1010, 435-
437 (GRIERSON GEORGE A.).
I. 1733 — TURNER R. L., Spe-
ctmens of Nepali, IA, March 1921.
I.1733a — TURNER R.L., Fur-
ther Specimens of Nepali, IA
April 1922.
I 1734 — HATtIM ‘’s Tales. Ka-
smiri Stories and Songs recorded
ca diga
I. 1734-1736
—_— —— ru
NXXVIT. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI.
Stein, con l’aiuto del pandita kagcmiriano Govind Kaul, dalla viva
voce di Hatim, novellicre di professione del Kacgmir.
9 Dialetti varî ariani. Nella quarta parte del vol.
IN del Lingiistie Survev of India, il Grierson (I 1734 a) tratta
delle lingue Ariane parlate nell'Himalaya da Darjiling ai confini
del Kacmir. La Palari è divisa in tre gruppi: orientale, centrale,
occidentale. Quest'ultimo è diviso in serie di sei dialetti almeno. Il
Grierson fa distinzione di suoni e di pronuncie, con relazioni ad
altre lingue, con disquisizioni filologiche, fonologiche, riferendosi
spessissimo ai linguaggi Picdca.
IF. W. Skemp (I 1734 b) raccoglie e traduce storie del dialetto
Multin (sud-ovest, Panjab). I versi sono così puri come lo sono
generalmente i versi fan7abdi, e la prosa illustra l'attitudine dell'India
verso l'autorità.
I bardì di Rajputana usarono due linguaggi: il Diiga/a ed il
Pingala. Un importante studio del Tessitori (11735) getta luce sulle
due scuole dei Rijput (Chaàranas e Bhatas) e sulla storia di Rajpu-
tana e paesi limitrofi.
Il Grierson (I 1730) scrive sui « Dardice or Piyaca Languages ».
T. Grahame Bailey, dopo aver molto lodato il lavoro, fa alcune
osservazioni sui dialetti Sud circa le cerebrali, le aspirazioni e gli
accenti. ll libro del Grierson dà 104 pp. a 6 dialetti Aafir, ai Alioiwcar
16, 84 pp. per la discussione sul dial. Stra, 44 per 3 dialetti Ao/istani,
17 pp. al dial. Burushaski. La Aaymiri e ì suoi dialetti prendono
mezzo volume.
PANDIT I. 1735 — Bibliotheca Indica, N.
AUREL S., n. Bardic and Hist.
cith the assistance of
Govinp KAUL dby Str
Srein and edited with a transla-
tion, linguistic analysis, vocabula-
rv, tndeves etc. by Sir GEORG.
(RIERSON dollh a note on the folk-
lore of the ‘Tales by W. CROOKE,
London, J. Murray 1923.
I. 1734a — Grierson G. A.,
Lineuistic Survey of India, VoL.IN,
Part IV: Pahari and Gujuri. —
Rec.: JRAS, 10918, 015-022 (T.
GRAHAME BarLev). (MH).
I. 1734b — Miltani Stories, coll.
and trans, by F.W.SKEMP, M. ÀA.,
I. C. S., Lahore, Sup. Gov. Print.
Punjab 1917. — Rec. JRAS,
1918, 620-028 (H. A. R.). (MA).
I 400:
Survevof Rajputana, Sect. 1: Prose
Chronicles: Pt. 1: Sodhpur state.
n. Iyit: Tacanika Rathora Ra-
tana Stoghaji ri Mahesadasota ri
Nhiriva Yaga ri Kahi, Pr IT: Dis-
gala text bv Dr. L. P. TESSITORI, —
Rec.i JRAS, 1918, 628-030 (H.
AR. (V.1).
I. 1736 — GRIERSON G. A., Lin-
guistic Sutriwvev of India: The Dar-
dic or Picacha Langnages, Cal-
cutta Government Press 1019. —
Rec.: JRAS, 1021, 4067-71 (T.
GRAHAME BArLEv),. (MV.1).
V. pure: GRIERSON G. A., Once
on Sina Cerebrals, JRAS,
205-314.
1025,
—— 259 —
BALLINI - INDIA. I 1737-1741
Il Lorimer (I 1737), riferendosi alle opinioni del Grierson sul
linguaggio Sin4, e alla critica fattane dal Bailev, dà notizia degli
studî da lui compiuti sul sito sul dialetto Gilgit (Sind) e special
mente sulla sua fonetica.
Il Turner (I 1737 a) fa alcune osservazioni per dimostrare che il
linguaggio Sind, per quanto si riferisce alla cercbralizzazione, man-
tiene le primitive condizioni Indo-Arie immutate, eccetto nei gruppi tr,
dr, e possibilmente ré, rf. Rimangono dentali -n-, -/-* n rimane cere-
brale. Si trovi solo o in gruppi consonantici, pure s si conserva.
Il Grahame Bailey (I 1738) pubblica una grammatica della
lingua Stra.
Il Grierson scrive sui dialetti Sindhî e Lalnda (I 1739) che for-
mano il gruppo Nord-Ovest del ciclo «outer» delle lingue Indo-
Ariane: essi sono in diretta parentela con i dialetti Dardici 0 Pigaci.
Il Lalhnda è — secondo il Grierson —- «a tone language ».
È apparsa una breve relazione che tratta del Sanscrito e di
quattro dei principali vernacoli moderni indo-ariani, coll’inten-
dimento che si eviti l’uso, invalso presso i grammatici, di adoperare
termini contradditori per esprimere idee simili. Viene così qui appli-
cata a vernacoli moderni la complessa terminologia del Latino,
Greco e Sanscrito (I 1740).
B. Mazumdar (I 1741), dopo aver negato recisamente la teoria
del Grierson sull'origine dei vernacoli ariani (v. I 1718), sostiene
la loro derivazione dal linguaggio vedico e spiega le loro variazioni
come dovute all’influenza del linguaggio non ariano, specialmente
dravidico.
I. 1737 — LorIimEr D. L. A,,
C. I. F., M. R_ A. S., Notes on the
Phonetics of the Gilgit Dialect of
Shina, JRAS, 1924, 1-42, 177-212.
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I. 1737a — TURNER R. L., Note
referring to «cerebraliczation in
Sindhi », JRAS, October 10924.
JRAS, 1925, 80-87.
I. 1738 — BarLevy T. GRAHAME,
Grammar of the Shina Language.
Roval Asiat. Soc. Prize Public.
Fund, VIII, Londra 1924. —
V. osservazioni del MoRGENSTIER-
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I. 1739 — GrIERSON G.A., Lin-
guistic Survey of India. Sindhi
and Lahnda, Calcutta, Governm.
Press, 1019. — Rec.: JRAS, 1021,
471-75 (TI. GRAHAME BAILEy),
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I. 1740 — lIteport on the Termi-
nology and Classifications of Gram-
mar, pp. 38, Oxford, Clarendon
Press 1920. — Rec.: JRAS, 1923,
147-148 (T. GRAHAME BAILEY).
(LM).
I. 1741 — MAZUMDAR BRijay-
CHANDRA, The History oi the
Bengali Language, Universitv
of Calcutta, XVIII -- 2098, Cal-
cutta, 1920. — Rec.: JRAS,
1923, 443 (L. D. BARNETT).
(LM).
— 260 —
NNXNVII. LINGUE E DIALETTI NEO-INDIANI, I. 1742-1746
T. G. Bailey completa con un secondo volume (I 1742) lo studio
dei dialetti (per lo più arii) dell'Himalaya dall’'estremità settentrio-
nale del Penjab alla frontiera del Garhwal e del Tibet, oltre Simla,
cominciato nel 1908 con The languages of the northern Himalayas
(As. Soc. Monogri.).
Una collezione di canti, composti nel sec. NIV dalla poetessa
kacmiriana Lal Ded, hanno pubblicato il Grierson e il Barnett (I 1743).
Si tratta di canti d'importanza notevole per gli studiosi, non solo
sotto l'aspetto filologico, ma pure religioso. Lalla o Lal Ded fu,
di fatti, un'asceta, devota seguace del culto Caiva Yoga.
Il Konow {I 17.44), fondandosi su due stanze della Aavyami-
misi di Rajagcekhara — crede di poter affermare che nel IN s.,
nella località della catena dei Vindlva, si doveva parlare il vecchio
dialetto della Brhatkatha (Bhatabhasa) e che la parola Pargaci «has
been transferred, by later grammarians, to forms of speeck wkick
are different from the old tongue in which the original Brhatkatha
was composed ». Secondo Bana la Brlatkatha fu scritta in Bhita-
bhasa. E la Patgacî era una lingua familiare alla gente dell'India
Centrale occidentale. |
Il Grierson (11745) in un volume, preparato da Sten Know, de-
scrive i linguaggi dei « bohemiens » dell'India, e cioè le parlate di
tutte le tribù nomadi e non degli Zingari propriamente detti. Si com-
prende però che ciò che si viene a sapere sui nomadi dell’India può
gettar luce anche sulla conoscenza del linguaggio e dei costumi dei
nomadi usciti dall'India ed è notevole l'osservazione su vocaboli
che si credevano esclusiva caratteristica degli Zingari i quali invece,
secondo il Grierson, si trovano anche presso 1 nomadi dell’India.
Il Bodding (I 1740) ci dà un'analisi completa della fonologia
Santali, con un’esatta determinazione del carattere deci varî suoni.
I. 1742 — BarLey T. GRANAME,
Linguistic studies from the Hima-
lavas, betng studies inthe grammar of
fifteen Himalavan dialects, Asiatic
Society monographs, NVIII, Lon-
don 1920, XVII + 277. — Rec.:
JA, 1024, 102-3 (J.BLocH). Noti-
zia: BSL, NXII, 1921, 150 (MEIL-
LET). (GBP).
I. 1743 — Lalla-Vakyani, on The
Wise Sayings of Lar Deb a
mystic poetess of Ancient Kashmir.
Edit. with Translat., Notes and a
Vocabol. by Sir GEORGE GRIERSON
and LioxELT. D. BARNETT (= Asia-
tic Society Monographs, VoLNVII)
London 14921.
I. 1744 — Koxow STEN, /a7a-
sechkhara on the Home of Patsaci,
JRAS, 1021, 244-40. (MA).
I.1745— GrirERrsoNn G. A., Lîn-
guistic Survey of India, Vol. NI:
Gipsy languages, Calcutta 10922,
N-213 pp. — Rec.i: TA, 1023,
134-136 (Bloch).
I. 1746 — Boppixc P.0,, Ma-
terials for a Santali Grammar,
— 261 —
BALLINI - INDIA.
I. 1746-1762
Il Wijesinhe (I 1747) fa la confutazione di una conferenza pub-
blicata tre anni prima sull’Origine del linguaggio Singalese, in cui si
affermava esser il Singalese una lingua Dravidica.
Altri scritti sono usciti su linguaggi vari dell'India Ariana (1748-
1700).
XXXVIII. Lingue e dialetti dravidici (Tamu!, Canarese).
Civiltà dravidica. — M. Srinivasa Aivangar (I 1761) dà «a
complete bird’s-cve view of Tamil culture and civilization ».
Il Fleet (11762) sostiene contro il parere del Narasimbachar
a proposito dell’iscrizione Nagai, che la parola upfayana non può
I. Mostly phonetic, Dumka, 1922.
— Rec.: JRAS, 1023, 313-315
(STEN Konow). (LM).
I. 1747 — WijesiNHE C.A., The
Sinhalese Aryans, pp. t10, Co-
lombo, W. E. Bastian and Co,,
1921. — Rec.: JRAS, 1923, 485
(Pi de. Poz (E40;
I. 1748 — CHATTERIEE AKHIL
KUMAR, 7raipur Bhasha Pari-
chaya, ov Primer of the Tippera
Language, 1910.
I. 1749 — Tisssiiori L. P., Pro-
posed Bardic and Historical Sur-
vey of lItajputana. Progress Re-
port for 1915, JPASR, vol. NII,
1916, N. III
I. 1750 — GriERrsON G. A., The
North-W'estern Group of the Tndo-
Adryvan Vernaculars, IA, NLIX,
1910, pt. DLX - DLNI.
I. 1751 — Trssirori L. P.,,
Grammar of Western Rajasthani,
IA, NLIX, 1910, pt. DLVIII.
I. 1752 — CHnexnEevix C. G,
Granimar of Gondi as spoken in
the Betul District, Central Provinces,
India, mith Vocabulary, L'olktales,
Stories, and Songs of the Gonds.
Vol. I: Grammar. Printed by the
Superintendent, Government Press
Madras 1919. — Rec.: JRAS,
1920, 607-610 (STEN Koxow).
I. 1753 — GriERrsoN G. A., /n-
dex of Language Names, Lingui-
stic Survey of India, Calcutta,
Superint. Gov. Print. 1920, pp.218.
I. 1754 — MAZUMDAR Bijav-
CHANDRA, Zypical selections from
Oriva literature, I (1450-1508)
Calcutta, 10921, XXVII -:- 495.
I. 1755 — Grierson G. A., Zsh-
kashmi, Zebaki and Ya:rehulami,
1921.
I. 1756 — JORGENSEN HAxnSsEN,
Ein Beittrag cur Kenntnis des
Nevari, ZDMG, LXNNV, 1921, 213-
230.
I. 1757-1758 — GRIERSON G.
A., Spontaneons Nasalization in
the Indo-Arvan Languages, JRAS,
1922, 381-388.
I. 1759--1760 — KRaAUSsE C,,
Nasaketari Katha; an Old Rajasth-
ani Tale. Edited with notes, a
grammar and a glossary, 1925.
I. 1761 — ArvangaR M. SRINI-
Vasa, Tamil Studies or Essays on
the Historv ot the Tamil People,
Language, Religion and Literature,
Madras, 10914. — Rec.: JRAS,
19015, 172-174 (R. W. FRAZzER).
(GBP).
I. 1762 — FLEET J.F., Miscel-
lanceous. Communications, ]JRAS,
1917, 115-116. (MIA).
— 262 —
XXXVIT. LIN. E DIAL. NEO-IND. + XXXVIII. LIN. E DIAT.. DRAV. T. 1763-1771
essere che una corruzione di appfavana (sospensione di viaggio
= halt).
Pure il Ieet (I 1763) riportandosi all'iscrizione Nagal (1002 AD.)
si sofferma sopra una data che è fra i più vecchi esempi indicanti
il martedi col nome di Marngalavara «the auspicious day » per evitare
il nome significante tal giorno di un pianeta malefico.
Sempre nella iscrizione Nagai il Fleet (I 1704) osserva che la
parola yuvard]a, usata come sinonimo di principe ereditario, figlio
o nipote del Re, ivi ha il significato quasi di titolo onorifico e non
riguarderebbe persona di sangue reale.
Il Kingsbury ed il Phillips (I 1765) hanno tradotto in Inglese
gli inni dei santi Givaiti tamul, mettendo a fianco della traduzione
la versione tamul, e intramezzando gli inni con paragrafi esplicativi.
L'opera si divide in quattro capitoli, comprendenti rispettivamente
gli inni di Sambandar, Apparswaàmi, Sundaramarti, Manikka Va-
sahar. Seguono duc appendici ed un indice,
Sono usciti altri scritti di lingua, letteratura, filosofia tamul (I
1700-1709).
Il Flcet (I 1770) dice che il significato di mnele-vidu nelle
iscrizioni kanaresi è di accampamento. Il significato invece di afpa-
vana e ufpavana vidu sarebbe di posto di accampamento di minore
importanza.
L. D. Barnett (I 1771) è d'accordo nel significato della parola
grahe usata in un'iscrizione canarese di Orissa. — dato dal Ileet
(Ind. Ant. vol. 18, pag. 38) dapprima e poi notato dal Kielhorn
(ibid., vol. 23, pag. 224). Grahe significherebbe quindi «un anno ».
I. 1763 — FLEET J. F., Miscel- I. 1767 — BLocH ]., Tie inter-
laneous Communications, JRAS, vocalic Consonants in Tamil, IA,
1917, 119-120. (MA). october, 10919.
I. 1764 — FLEET J. F., Miscel- I. 17608 — THAYUMANAVAR,
laneous Communications, JRAS, A, Tamil Mystic. A Transla-
1917, 121-122. (3/1). tion of 103 Stanzas from the
Poems of T., pp. 60, London,
I. 1765 — Kixos8ury F., B. A. Fovle, 1920.
and G. EF. PÙiLLips, M. A., /1vinnS
of the Gaivite Saints, VI + 132, I. 1769 — CARPENTER J. E.,
5 tav., Calcutta, Association Press Saints and Philosophers among the
10921. — Rec.: IRM, AI, 1922, Tamil Qaivas, HJ, 1920.
305-306 (Hooper); JRAS, 1923,
481-82 (J. Linpsav). (LM). I. 1770 — FLEET J. F., Miscel-
lancous Communications, JRAS,
I. 1766 — Vinson ]., Notes sur 1917, 117-119. (MA).
la prosodie tamoule, JA, Serie NI,
Tome V, N. III. I. 17701 — BarxrtTt L. D,,
n
= Mii
BALLINI - INDIA. _I. 1771-1780
R. Narasimhachar pubblica testi canaresi (I 1772-1774).
S. K. Chatterji (I 1775) parla della civiltà dei Dravidi e del suo
influsso sulle civiltà indo-aria. |
Di elementi dravidici (sud-indiani) nella cultura indiana, scri-
vono G. Slater (I 1776), S. K. Aiyangar (I 1777).
J. E. Abbott scrive su opere di Th. Stevens concernenti arte
e lingua canaresi (I 1778).
XXXIX. Giavanese. Malese. Andamanese. Birmano.
— Un volume (I 1779) delle opere del Kern contiene vari studî
sulla letteratura giavanese antica e moderna, e sulla lingua e gli
scritti delle Filippine.
Il Blagden (I 1780), a proposito della confusione dei due titoli
malesi Shahbandar e Bendahara, determina il vero significato di ognu-
no. Bendahara — di origine sanscrita, indicante « magazzino, bottega »
— divenne il titolo malese indicante il più alto ufficiale di Stato. Shak-
bandar indica, invece, un subordinato di un subordinato appartenente
ad un Bendahara, il cui principale dovere era « the bazaar regula-
tions » e che aveva a che fare con mercanti, col porto della città, ecc.
Miscell. Communications, JRAS, I. 1775 — CuaATtTERJI SUNITI
1917, 132-133. (AZ A). KUMAR, Dravidian Origins and
the Beginnings of Indian Civili-
I. 1772 — NARASIMHACHAR sation. MR, 1924, 665-679.
- R., Kaynataka-Kavi-Charite, or
Lives of Kannada Poets. Vol. I to I. 1776 — SLATER G., The Dra-
the end of the fourteenth centurv, vidian Element in Indian Culture,
Revised edition, pp. XXIII + 23. With a iercword by H. J. FLEURE,
+ 453, Bangalore City Press 1024. 1924.
I. 1773 — NARASIMHACHAR I. 1777 — AIvANGAR S. KRISsH-
R., Bhattakalanka-Deva's Karna- NASWAMI, Some contributions of
taka-cabdanucasanam with its Vrit-. South India to Indian culture,
ti or gloss named Blasha-mafijari, Calcutta 1923.
and Vyvahkhvaorcommentarvthereon,
called Marjari-makaranda, pp. II
+ IV + 204- 550 Bangalore 1923.
I. 1778 — A5pRottT Justin E,,
The « Arte de Lineua Canari » the
« Doctrina Christiana» and the
«Adi» and «Deva Puran» of Tho-
I. 1774 — NARASIMHACHAR R.
"mas Stevens, BSOS, III, 1923.
Karnataka-Kavi-Charite, or Lives
of Kannada Poets. Vol. II: from I. 1779 — KrerN H., Verspreide
the fifteenth century to the cnd the Geschriften. Tiende Deel. Vedi I.
seventeenth, Mysore University 1612.
Publication, in-8, pp. 19 + 22
+ 34 + 583, Bangalore City I. 1780 — BragGpren C.0., Shak-
Press. 1919. — Rec.: JRAS, dandar and Bendahara, JRAS,
1920, 376-378 (T.. D. BARNETT). 1021, 246-48 (MA).
Oh
XXXIX. GIAVAN. MAT. ANDAM. BIRMANO - XL. TIBETANO. T.1781-1786
E. H. Man ha intrapresa la pubblicazione di un dizionario
Andamanese (I 1781).
Sul Birmano scrivono S. Z. Aung (I 1782) e J. Stewart (1 1783).
Per studistoricie letterari di argomento birmano, v. I1188-1159.
XL. Tibetano. — Un'opera (I 1783 a) contenente oltre ad altri
testi grammaticali, il Si-tuhi-siwn-rtags, che consiste nel Sun-cu-pa
e nel /ttags-kAvi-hing-pa di Thon-mi Sambhota (il quale introdusse
nel Tibet l'alfabeto e la grammatica) e insieme in uno studio sulla
grammatica tibetana di Situ Panchen, pubblica Chandra Das. In
essa v'ha pure un passo assai importante in rapporto alle recenti
conclusioni dello Hoernle sul paese in cui Sambhota acquistò il suo
alfabeto. Secondo Situ Panchen i maestri di Sambhota furono i Panditi
Lha-rig-pahisen-ge e Bram-ze-li-bi-ka-ra, « il Brahlmano Lipilkara ».
Il Bacot traduce tre rappresentazioni teatrali dei monasteri
del Tibet. Tchrimekundam (la storia della penultima esistenza di colui
che dovea rinascere Cakya-Muni), Djroazanmo (piuttosto un raccunto
di fate che un mistero religioso) e Nansal (un quadro dei costumi
tibetani e dramma filosofico) (I 1784).
Il Toussaint traduce i cap. II-NI della « histoire en teneur in-
tegrale des existences du Guru d'Oddiyàna Padmasambhava »,
testo buddhistico tibetano (I 1785).
La collezione del barone Schilling, morto nel 1836, della quale
J. Bacot pubblica il catalogo (I 1780), contiene, (perla parte tibetana),
I. 1781 — Man E. H., Dictionary I.
of South Andaman Language, IA.
Supplement 1919, May 10920, Sup-
plement 1921, January 1922.
I. 1782 —f AUNG SHIVE ZAN, A
Philological Study of the Burmese
Language, ]JBBRAS, VI, 1917.
I. 1783 — STEWART ]. A., Bur-
mese prose style, ]BRS, NII, pt. II,
1922.
I.1783a — DAS SARAT CHANDRA,
C. I. E., An Introduction to the
grammar of the Tibetan Language,
with the texts of Situhi-sum-rtags,
Dag-je sal-wai mé-long, and Si-
tuhi shal- Viù, in-4, pp.12, NXNVII.
+62 + 57+88+28 + 35, Darje-
eling, 1915. — Rec.: JRAS, 1916,
856-57 (E. J. THomas). {LM).
1784 — Bacor ]J., Représen-
tations théatrales dans les monastè-
res du Tibet. Trois mystères tibé-
tatns: Tchrimehkundan, Djroazan-
mo, Nansal, traduits avec intro-
duction, notes et inder. Bois gravés
d'après les dessins de VicrtoR Go0-
LOUBEW, 10921 (T. HI de la Coll.
« Les classiques d’Orient »), Paris,
Bossard. — Rec.: JA, 1922,
115 (G. FERRAND). (ZC).
I. 1785 — TOUSSAINT GUSTAVE-
CHARLES, Le Padma Thaù Yig,
chapitres II dà XI, JA, CCIII, 1923,
257-328. (GBP).
I. 1786 — Bacor Jacours, Za
colliction tibétaine Schillinge von
Canstadt a la Bibliothèque de V’1n-
stitut, JA CCV, 1924, 321-348.
(GBP).
200
BALLINI - INDIA. _T. 1787-1794
quarantotto opere in settantanove volumi, quasi tutte tradotte dal
Sanscrito in Tibetano e d’'argomento buddhistico.
Il Franke scrive sulla Vetalapanicavimeatifa tibetana (I 1787).
Sulla versione tibetana del Nagananda di GCriharsa, contenuta
nel Tan}ur nero, Mdo. XCII, foll 259 r-293-r (copia del British Muscum)
e nel Tanjur rosso foll. 269r-304r (Bibliothèque Nationale) scrive
il Morgenstierne (I 1788).
Il Laufer (I 1789) pubblica il testo e la traduzione tibetana del
Citralaksana, «una della quattro opere che concernono le arti plastiche
e figurate, conservate nel Tanjur ».
Contributo alla bibliografia del Tibet dà J. v. Manen (I 1790).
XLI. Notizie personali (Biografie. Necrologie). — Il Pa-
volini (I 1791) e il Crescini hanno commemorato E. Teza del
quale C. Frati ha dato la copiosa bibliografia (I 1792).
Il Lignana è commemorato dal Pullé (I 1793), il quale dà ampia
notizia di quanto — dovuto alla penna dell’illustre orientalista, che
tenne la cattedra di Sanscrito e di lingue iraniche e l’incarico della
glottologia classica nella R. Università di Roma — giace ancora
inedito. Si tratta di una serie notevole di articoli (circa quaranta)
di argomento iranico, indiano e glottologico. Essi dimostrano vera-
mente « una dottrina varia » e contengono « osservazioni geniali ed
acute », le quali meriterebbero d’essere riesaminate e certo in buona
parte date in luce.
L'’Oltremare (I 1794) commemora affettuosamente Auguste
Barth, rievocandone brevemente la vita e gli studî, e facendo rile-
I. 1787 — FRANKE A. H., Zur
tibetischen Vetalapalcavimcatikà
(Siddhiktr), ZDMG, LINNVIII,
1923, 239-254.
I. 1788 — MORGESTIERNE GEOR-
GE, The Tibetan version of the Na-
gananda. Act. O., II, 1923, 39-54.
I. 1789 — LAUFER }}., Documente
der indischen Kunst: I. Heft: Ma-
lerei. Das Citralarshana, nach dem
Tibetischen Tanjur herausgegeben
und tberset:t. Leipzig, O. Harras-
sowitz 1913, MI + 193. — Rec.:
RSO, VIII, 1915-20, 851-850 (G.
Tucci). — V. pure KikstE, Zuni
Citralaksana. ZDMG, LNNIV,
1920, 270-273.
I. 1790 — MANEN JoHAN VAN,
A contributions to the Bibliography
of Tibet, JPASB, XVIII, 1922,
n. 8.
I. 1791 — PavoLIxI P. E., Emi-
lio Teza, SIFII, IX, 1913, VII-
IN.
I. 1792 — CRESCINI VINCEN-
zo, Emilio Teza, AIV, 1914.
I.1793 — PutLrÉ F.L., Giacomo
Lignana, SIFII, IX, 1913, XI-
NVII.
I. 1794 — OLTREMARE PAUL,
Auguste Barth, )RAS, 1916, 633-
039. (LI).
— 266 —
XL. TIRETANO - XLI. NOTIZIE PERSONALI.
I. 1795-1806
vare il generoso e disinteressato aiuto dato dal Maestro ai giovani
che si avviavano per la stessa sua strada, i consigli, gli incoraggia-
menti, il dono della propria esperienza e del proprio lavoro. Si com-
piace della ristampa dell’opera /eligions de l'Inde e della raccolta
di tutti gli scritti, sparsi in periodici varî, decisa per volonta di amici
del Maestro.
Il Formichi (I 1795) commemora Alfonso Arnone, spentosi gio-
vanissimo in Roma il 29 sett. 1917 (era nato in Cosenza il 21 Dic.
1893), poi che aveva dato del proprio avvenire, nell'ambito degli
studi indologici, le migliori speranze.
L. Casartelli ha commemorato (I 1790) L. H. Mills, morto il
29 gennaio 1918: il Grierson (I 1797) commemora August Friederich
Hoernle, morto il 12 novembre 1918; il Macdonell (I. 1798), Julius
Eggeling, morto nel marzo 1918. Tutti tre fanno seguire all’ elogio
funebre la bibliografia degli scritti dei commemorati, apparsi nel
JRAS.
Dal Thomas (I 1799) è commemorato il Frazer; dal Macdonell
(I. 1800) e da R. Flower (I 1801) il Windiîsch,
Sono pure commemorati M. S. Vidyabhausana (I 1802) e E.
Kuhn (I 1803).
Su Vijava Dharma Suri, apostolo del Jainismo, operosis-
simo, sommo erudito e grande pensatore scrivono il Tessitori
(I 1804), il Tucci (I 1805), A. F. Sunavala (I 1806) e il Konow
(I 1807).
I. 1795 — FoRMIicHI CarLO, 4/-
fonso Arnone, RSO, VIII, 1910-
1918, 909.
Esnst Windisch, JRAS, 1919, 303-
300.
I. 1802 — AMahamahopadhv-
ava Satischandra Vidhyabhusana,
JRAS, 1920, 673.
I. 1803 — Frust Kuhn, JRAS,
1920, 074.
I. 1804 — Trssirori P. L., V1-
java Dharma Siri A Jain Acha-
rva of the present day, B©lavnagar
1917.
I. 1796 — CASARITELLI L., L.
H. Mills, JRAS, 1919, 104-113.
I. 1797 — GrIERSON G. A., dt
gustus Frederic Hoernle, |JRAS,
1919, II$-124.
I. 1798 — MacpnoxeLr A. A.,
Julius Eggeling, JRAS, 124-128.
I. 1799 — THomas F.W., Zobert
Watson Frazer LL.B., JRAS, 1422,
140-147.
I. 18060 — MacnpoxELL A. A,,
Prof. Ernst Windisch, JRAS, 1919,
299-300.
I. 1801 — FLowER RoBIX, Prof.
I. 1805 — Tucci G., Cri-lT'ijava-
Dharma-Suri, Necrologio, FR, I,
1922, iasc. 3-4, 78-79.
I. 1806 — SUNAvaLa A. F.,
Vijava Dharma Siri, his life and
work. With a prefatorv note by
F. W. Tliomas, Cambridge, 1922,
— 267 —
BALLINI - INDIA.
I. 1806-1815
Il Tessitori è commemorato dal Ballini (I 1808-1809); segue
all’elogio del T. una bibliografia completa degli scritti del giovane e
valorosissimo indianista, così immaturamente rapito alla vita. Il
Tessitori è commemorato anche da A. Bonetto (I 1810).
Il Formichi (I 1811) commemora Mabel Kate Haynes Bode,
donna colta, studiosa del Buddhismo, profonda conoscitrice del
Pali. Curò l’edizione del Sasana Vamsa e collaborò col Geiger alla
traduzione del Maltavamnsa e all’ opera monumentale Pal Dictionary
edito dal Rhvs Davids e da Williams Stede (v. I 1645). C. M.
Ridding pure commemora la Bode (I 1812).
È apparsa (11813) un’ampia e degna commemorazione del
Rhys Davids, morto il 27 Dicembre 1922, nellà quale vengono ri-
cordate le opere di lui, si dà speciale rilievo alla formazione della
Pali Text Society, si segnalano alcune delle sue migliori traduzioni
(come quella del Diga Nikaya), le sue « Introduzioni » ai Swutta, le
opere storiche, e si parla del tentativo, che occupò gli ultimi anni
della sua vita, di formare una Lega delle Nazioni pali.
Si ricorda in un breve cenno necrologico (I 181.4) la vita del Re-
verendo John Drew Bate, con ammirazione per la sua attività di
missionario e di studioso, specialmente noto agli orientalisti come
autore del Dizionario Hindi, pubblicato nel 18753.
Vald. Schmidt (I 1815) espone sommariamente la vita e le opere
del grande linguista Rasenas Kristian Rask (1787-1832), che fu,
tra l’altro, il primo studioso della grammatica singalese.
85. — Rec.: FR, II, 1923, fasc. I,
59 (G. Tuccr); RSO, X, 1923-
1925, 156 (G. Tucci).
I. 1807 — Koxow STEx, Vijaya
Dharma Stitri, Obituary Act O,
I, 1922, 238-243.
I. 1808 — BALLINI AMBROGIO,
Luigi Pio Tessitori, RSO, VIII,
1919-21, 807 Sgg.
I. 1809 — BarLIiNI AMBROGIO,
Per la storia dell'Indianismo in
Italia. Un esimito cultore italiano
gi dialetti moderni dell'India (Lui-
gi Pio Tessitori), AIV, LXXX,
1920-21, 95-103.
I. 1810 — BoxETTO ATTILIO,
Luigi Pio Tessitori, Accademia
di Utline, 1925.
I. 1811 — ForvwicHi C., Mabel
Kate Havnes Bode, Necrologia,
FR, I, 1922, fasc. 3-4, 79-80.
I. 1812 — Rippixc C. Mary,
Mrs. Haynes Bode, JRAS, 1922,
307-308. (MV).
I. 1813 — C., Thomas William
Ithvs Davids, JRAS, 1923, 323-328.
(LM). |
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— 265 —
XLI. NOTIZIE PERSONALI - XI.IT. VARIA. I. 1816-1823
Sono apparse commemorazioni di V. A. Smith (I 1810), di ].
Kennedy (I 1817), del Longworth Dames (I 1818).
XLII. Varia. — Il Jacobi (I 1819) studia lo sviluppo dell’idea
di Dio in India. Egli dimostra come la concezione di un onnipotente
Icvara già assai per tempo si sia sviluppata fuor della cerchia dei
sacerdoti sacrificanti e dei filosofi e in connessione con l’ascetismo
del Yoga. Alla fine dello studio il ]J. riproduce e traduce i passi
principali contenenti discussioni intorno all'esistenza di Dio.
Il de la Vallée Poussin e il Thomas (I 1820) ci danno la trascri-
zione e l’interpretazione di tre testi incisi sopra uno strumento
nepalese di protezione contro divinità malvagie o irate, nitidamente
riprodotto a fianco del testo. Le tre iscrizioni contengono invocazioni
e formule mistiche; sono importanti per la forma antiquata dei ca-
ratteri, alcuni dei quali mancano nelle tavole del Bihler e del Bendall.
W. S. Urquhart (I 1821-1822) scrive su l’opera del Frazer,
Indian Thought, Past und Present (London Fischer Unwin 1915),
e sull'opera del Nivedita « Religion and Dharma ».
Il Keith (I 1823) riticne ancora insoluto il' problema dell'origine
del nefasto numero 13; nè gli':sembra fondata l’opinione recentemente
espressa dal Reinach, il quale precedentemente aveva affermato
lo stretto legame fra il carattere nefasto del 13 e la tradizione della
ultima cena, ed ora vorrebbe tale carattere far risalire ad un'epoca
più antica, dicendo d’averne trovato traccia nella letteratura indiana
della bassa epoca. Il Keith cita e critica anche gli studi del Bòklen,
che vede la tradizione del 12 e del 13 connessa nella sua origine
alle fasi lunari, e le spiegazioni del MORALI a proposito del 30, nu-
mero degli dèi Indiani.
A Tagaung, in Birmania, trovasi una trave la cui parte superiore
I. 1816 — F. E. P.,, Vincent Leipzig, Kurt Schroeder Verlag
Arthur Smith, JRAS, 1920, 391- 1923. — Rcc.: Act. O., II, 1923-
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bei den Indern und deren Be- I.1823— Krertu.A.BERRIEDALE,
weise fiiv das Dasein Gottes. Origi- The unlucky number 13, JRAS,
nal und Uebersetzung. Bonn und 1916, 350-355. (L4M).
— 269...
BALLINI - INDIA. I. 1824-1829
è scolpita e coperta d'oro, protetta da una costruzione in legno e
rappresentante un’orribile testa, oggetto di venerazione. Il Brown (I
1824) riferisce la leggenda raccontatagli da uno del paese intorno a
questa immagine e trova che tale favola assomiglia in molti trattia
quella di Asmodeo nel libro di Tobiolo. La leggenda ed il nome di
Asmodco che appaiono di origine Babilonese « are fully dealt with
in the Jewish Encyclopedia, pagg. 217-220».
Degli influssi religiosi dati e ricevuti dall'India scrive O. Wecker
(I 1825).
Il Pargiter (I 1826) descrive una carta montata su stoffa, dipinta,
e miniata in oro artisticamente, che fu presentata alla Royal Astatic
Society nel 1831 e rappresenta un gioco Indiano chiamato Cielo 0
inferno. Egli studia lo svolgimento del gioco, quale si può ricostruire
in base alle iscrizioni sanscrite della carta, della quale dà il diagramma,
Fa, inoltre, risaltare il significato morale ed educativo del gioco
stesso, che vuol insegnare come la fede in Visnu conduca alla eman-
cipazione finale. |
Il P. Dahmen (I 1827) pubblica uno studio su Roberto de No-
bili SJ. Descrive la sua opera di missionario e di studioso della lingua
e letteratura sanscrita. Il Caland (I 1828), riferendosi allo scritto del
Dahmen, dà precise notizie (su materiale messogli a disposizione dal
P. Dahmen stesso) della grande conoscenza della lingua e letteratura
sanscrita da parte del celebre missionario, che passò buona parte
della sua vita in India. Espone pure il sistema di trascrizione usato
dal de Nobili per il Sanscrito e identifica molti dei passi indiani ci-
tati da lui.
J. Mesrovb Seth (I 1829) parla delle comunità mercantili armene
I. 1824 — Brown R. GRANT, Tie des internat. Inst. fir Missions-
Dragon of Taganng, JRAS, 1917, wissenschaftl. Forschungen. Mis-
741-751. (MA). i sionswinensch. Abhandlungen und
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methode und der Indologie. Miin-
ster in Westphalen, Aschendorft- I. 1829 — SktH MxisrovB ].,
sche Verlagsbuchhandlung 1024, History of the Armenians in India,
NII + 82 (Verotfentlichungen Calcutta, publ. by the Author at
XLII. VARIA. I. 1829-1833
nel centro dell'India. Egli trovò le fonti del suo materiale storico
sulle pietre tombali dei cimiteri armeni di Calcutta, Agra, Gwallior,
Bombay, Patna, ecc. Fa risalire alla metà del 1500 circa le relazioni
commerciali dell'Armenia con l'India e narra come Akbar fabbri-
casse una chiesa per il culto cristiano in Agra nel 1562.
Lo (ri Bhlarat Dharma Mahimandal (la Società delle religioni
dell'India) pubblica (I 1830) un’opera chiamata « un contributo spi-
rituale al tempio di tutte le religioni ». Ideata dal Manda, l’opera
mira all’affratellamento dei popoli. Essa espone i principi del Sa-
natan Dharma, che nasce da un sincretismo religioso per cui tutte le
dottrine non opposte all'ortodossia sono accolte. Tratta dell’uni-
versalità della religione, della legge del Aarnia (unico principio cosmi-
co) del culto all'Essere supremo (1fdsana) — di cui il Yoga è parte —,
della conoscenza, ed espone 6 o 7 sistemi filosofici indiani. La tratta-
zione si chiude con la difesa dell'assetto dell'India ariana, delle isti-
tuzioni avite (caste, doveri della donna, educazione, ecc.), e d'altro.
Questo libro dà un'idea chiara del pensiero ortodosso moderno in-
diano. È arricchito da una glossario e da quadri simbolici colorati.
Lo Schmidt (I 18}1), in un libro di piccola mole, ma denso di
notizie e ricco di bibliogratia, parla della storia, (1-50) delle religioni,
(51-90), della letteratura (097-224), dell’arte, del commercio (225-
279) dell'India antica e moderna.
Il Colonnello Hodson (I 1832), occupandosi delle colture primi-
tive dell'India, ricercando quali tribù dell'India mantengano una for-
ma di coltura che possa considerarsi « primitiva », sembra attribuirla
a quei gruppi ancora esistenti che non praticano l'agricoltura, igno-
rano le armi che non sieno pietre e archi, e per i quali il dominio della
natura è ancora assoluto.
F. A. DCruz si adopra a confortare la tradizione, secondo la
quale S. Tommaso ebbe il martirio a Mailapur nell'India Meridionale.
(I 1833).
Un cenno su Dnyaneshwar e su altri scrittori moderni della
11 Welleslev Square, London 1913. cHarp, Das alte und nioderne
— Rec.io JRAS,. 1021, 457-070 Zrdien, Bonn ou. Leipzig, Kurt
(G. HacoPian). (MAH). Schroeder 1010, 275.
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GALLINI - INDIA. I. 1833-1839
India occidentale si legge in una comunicazione di J. E. Abbott
(1 1834) I
Il Pavolini (I 1835) traduce in sanscrito versi dci seguenti
scrittori inglesi: Shakespeare, Cooper, Shelley, Keat, Tennyson,
Browning, Swinburne, A. Lang, Lodge, F. W. Bourchellon, E. Row-
land S:ll, H. Trench, A. E. Housman, A. Noves, e della poetessa
e oratrice indiana Sarojini Naidaù.
Il Ballini (I 1830) ha pubblicato un messaggio redatto in san-
scrito, rivolto alle Università dell'India per invitarle alla celebra-
zione del VII centenario dell’Università di Padova.
S. K. Chatterjce (I 1837) ha redatto a nome dell'Università di
Calcutta un messaggio augurale, diretto all’Università di Padova,
in occasione del VII centenario (1922) della sua fondazione. Nel
detto messaggio egli accenna pure alle antiche Università dell'India
e all'opera culturale degli antichi saggi.
Il II vol. dell’Oxford Survey of the British Empire (I 1838) ci
dà, per opera di varî insigni studiosi, notizie comprensive delle condi-
zioni geografico-fisico- geologiche, climatiche e meteorologiche,
della flora e della fauna, dell’agricoltura, industria, economia, geo-
grafia politica, e finalmente delle lingue e delle religioni dell'India
moderna. i
M. M. K. Mundaliyàr (I 1839), con la collaborazione di P. V.
Jagadica Aiyar, pubblica una piccola guida al celebre san-
tuario Tirukkalu-Kunram, a 9 miglia a S-E. della citta di Chin-
gleput.
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Un volume di viaggi sui paesi himalavani ha pubblicato Sir
Fr. Younghusband (I 1840).
R. Hoernle (I 1841) ha rilevato come nella scrittura khotanese,
derivata da un antico alfabeto indiano, il segno dell’a sia adoperato,
al modo dell’alef semitico, in unione coi segni abbreviati vocalici.
R. E. Hume (I 1842) cspone sil contenuto di undici delle più
importanti religioni del mondo, alle quali egli pensa si possa dare
il nome di «viventi ».
R. Rolland (I.
18.43) descrive la vita e l’opera di Mahatma
Gandhi, del quale H. Hart traduce alcuni dei principali scritti
(I 1844).
Il Bonucci pure (I 1844 a) parla di M. Gandhi.
Molti altri scritti di argomenti indologici varî sono apparsi
(I 1845-2026).
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Francis, The Wonders of the
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I. 2026 — Forgses-LEITH F.A.
C., By Car to India, 1925.
Aix
PUBBLICAZIONI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Serie Prima: SCIENZE FILOSOFICHE. — Volumi 11.
Serie Seconda: SCIENZE GIURIDICHE. — Volumi 10.
Serie Terza: SCIENZE SOCIALI. — Volumi 3.
Serie Quarta: SCIENZE FILOLOGICHE.
Vol. I. — GiusEPPE GHEDINI, Lettere cristiane nei papiri greci del III e IV
secolo. Vol. in-16 di pag. 376, L. 18.
Vol. II. — CEssi Camicro, Le origini della letteratura greca: Appunti.
Vol. in-8 di pag. 52, L. 3.
Vol. III. — LuiGi SoRRENTO, Italiani e Spagnuoli contro l'egemonia intel-
lettuale francese nel settecento. Dissertazione proemiale. Vol. in-8 di
| pag. 58, L. 5.
Vol. IV. — Giovanni BatTtISTA PicHI, Il proemio degli Annali di Quinto
Ennio. Vol. in-8 di pag. 52, L. 4.
Vol. V. — GiusepPE GHFDINI, La lingua greca di Marco Aurelio Antonino,
Vol. in-8 di pag. 90, L. 10.
Serie Quinta: SCIENZE STORICHE.
Vol. I. — Giovanni Soranzo, La Lega Italica (1454-1455) (Esaurito).
Vol. II. — Silvio Vismara, Il concetto della storia nel pensiero scolastico
(Esaurito).
Vol. III. — Pietro BELLEMO, Concetti e compiti della Geografia Economica.
Vol. in-8 di pag. 68, L. 4.
Vol. IV. — Pietro BELLEMO, Attraverso la Padania Orientale nei tempi
antichi (Appunti di Geografia Economica). Vol. in-8 di pag. 28, L. 2.
Vol. V. — GIanNELLI GiuLIo, La spedizione di Serse da Terme a Salamina
(Saggi di cronologia e di storia). Vol. in-8 di pag. viri-84, L. 6.
Vol. VI. — ARISTIDE CALDERINI, Saggi e studî di Antichità. Vol. in-8 di pa-
gine vIri-304 con 24 tavole fuori testo, L. 25.
Vol. VII. — Pietro BELLEMO, I fattori geografici nella localizzazione delle
industrie. Vol. in-8 di pag. 48, L. 3.
Serie Sesta: SCIENZE BIOLOGICHE. — Volumi 3.
Serie Settima: SCIENZE RELIGIOSE.
Vol. I. — UmBeRTO A. Papovani, Vito Fornari. Saggio sul pensiero religioso
in Italia nel sec. XIX (Esaurito).
Vol. II. — Mariano Corpovani, Il Rivelatore (Esaurito).
Vol. III. — ANNA CRISTOFOLI, Il pensiero religioso di Padre Gioacchino Ven-
tura. Vol. in-8 di pag. 1v-260, L. 10.
Serie Ottava: STATISTICA. — Volumi 2.
Vol. I. — MarceLLo BoLprisI, Sviluppo corporeo e predisposizioni merbose.
Contributi statistici alla conoscenza della medicina costituzionale. Vo-
lume in-8 di pag. x11-236 con tavola fuori testo, L. 20.
Vol. II. — MarcELLO BoLpRINI - ALBino UGGcÈ, La mortalità dei Missio-
nari. Volume in-8 di pag. 67, L. 5.
Essendo limitato il numero di queste pubblicazioni
si presa di affrettarne le ordinazioni ele prenotazioni.
Dirigere commissioni e vaglia alla-Società Editrice ‘“ Vita e Pensiero ,, Via S. Agne-
se, 4, Milano (108), aggiungendo il IO °|, per spese postali e L. 0,50 se si desidera
la raccomandazione.
CAMILLO CESSI
Prot. di letteratura greca nella Università cattolica del S. Cuore
LETTERATURA GRECA*
(1923-1925)
PARTE 13
A - GENERALITÀ:
I. Scopo della Filologia - Caratteri della lettera-
tura greca e sue forme . . 2027-2059
II. Vita storica della Grecia e suo influsso sulle
forme letterarie:
I. STORIA . . LL... + + +. 2060-2081
2. RELIGIONE . . . + + +. + 2082-2097
3. LINGUA COME DOCUMENTAZ. STORICA 2098-2104
III. Storia della cultura ed in particolare della
letteratura greca .......... 2105-2140
IV. Sussidi filologici:
I. BIBLIOGRAFIA . . .0..... +. + 2141-2144
2. LESSICI — . . 0.0... + ‘2145-2149
3. MANOSCRITTI... .. 0.0... . 2150-2153
V. Valore della cultura classica . . ...... 2154-2172
B.- POESIA EPICA:
I. Storia della poesia epica . ......... 2173
II. Omero:
I. TESTO E VERSIONI . . . . .... 2174-2228
2. TRASMISSIONE DEL TESTO . . . . 2229-2235
3. CRITICA DEL TESTO . . . . .. . 2230-2243
4. L'ARTE OMERICA . . .. .. +. +. 2244-2280
5. LINGUA OMERICA . . . . . .. +. 2281-2302
6. QUESTIONE OMERICA:
) Questioni generali . . .... 2303-2323
b) Argomenti storici e culturali . . 2324-2344
x c) Studi su episodi omerici . . . 2345-2302
d) Geografia omerica. . .... 2303-2309
(*) In questa rassegna che comincia dal 1923, sono ricordate solo eccezional-
mente le opere pubblicate anteriormente al 1923, quando abbiano avuto un in-
flusso notevole sul moderno indirizzo degli studi nostri, e si possano o si debbano
considerare come fondamentali per le ulteriori ricerche. Le opere concernenti que-
stioni grammaticali saranno recensite in rassegna speciale. Si farà cenno nell’ap-
pendice dei lavori di cui abbiamo avuto diretta conoscenza quando la presente
rassegna era composta, Saremo grati a chi ci vorrà aiutare a colmare le lacune
inevitabili in lavori di tale natura.
— 283 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. TIT.
e) Citazioni omeriche . ..... 2370
f) Omero e le letterature orientali . 2371-2374
g) Omero ed il ciclo . ..... 2375-2382
TE ANNE Giri die o i È A MR A 2383
TI. Esiodo . . .. 0.0.0... +++ + 2384-2395
IV. Poesia storica. . . . 0.0.0... 2396
Ne Euclide. << g.8 Pe è i 2397
VE: Matrone:' 2 <a Go ba a e Ra 2398
NEI: AF -. Lo li ea e e È Se 23092400
VIESRIADO: Li ant 2401
NIX. Apollonio Rodio . ............. 2402-2407
DO: TINICENELO: i. i ud LE e 2408
XI. Anonimi ellenistici . . . ....... 0... 2409-2411
XII. Euforione . . 0.0.0... 2412
XE: Nicandro: . <. ls lle Le a 2413
XIV. Doroteo di Sidone . . ........... 2414
XV. Dionisio Periegete . . ......0..... 2415
XVI. Poemi orfici . |... 2416
SVI: “Nonno: > pui EL e SI 5222
NVIII. Quinto Smirneo .. 0... 2423
NIX. Trifiodoro —. . .....0.0.0.0. 2424
A - GENERALITÀ.
I. Scopo della Filologia — Carattere della letteratura
greca e sue forme. — Contro la filologia classica s'era da tempo
mossa grave guerra quasi fosse elemento inutile nella vita moderna e
non avesse più alcuno scopo nello sviluppo della civiltà nostra. L’indi-
rizzo pratico della società contemporanea da un canto, dall'altro lo ste-
rile fanatismo di taluni filologi che limitavano il valore dei nostri studi
proprio e solo a quei campi di ricerche che meno hanno contatto con la
realtà della vita presente fecero diffondere e raffermarel’opinione pub-
blica della inutilità degli studi classici. Ma voci autorevoli sono sorte da
tempo a dimostrare quale aiuto spirituale, quale fermento di vita ap-
portino gli studi classici quando si determini il vero scopo che essi sì
prefiggono, specialmente per noi Italiani come eredi diretti di quella
vecchia civiltà, che ha dato i germi della civiltà nuova e continua
in mille modi a darne alimento vitale. Per questo è doveroso ascol-
tare la voce di chi ci richiama al nostro dovere — sentito oggi altresì
come dovere nazionale oltre che morale e civile — ritornando allo
studio sereno e proficuo dei classici, non per una semplice e conven-
zionale ammirazione di un passato che non può ritornare nella sua
intera complessità, non come un passatempo di eruditi, assorti nella
contemplazione di un lavoro lontano affatto dai bisogni e dalle esi-
genze pratiche della vita nostra, ma per trovarvi fonte precipua di
— 284 —-
GENER. I: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2027-2030
nuova inspirazione per procedere più sicuri per la via del progresso.
Achille Beltrami (I 2027) ha chiaramente dichiarato questo dovere
della nuova generazione affermando essere « necessità pratica conser-
vare e diffondere il beneficio dell'eredità classica, per essere pari alle
nazioni che ebbero i più bei rigogli dalla nostra coltura e dall’an-
. tica ». Riafferma così quanto altri filologi, e nostrani e stranieri, ave-
vano gia intuito ed espresso sia presso di noi — come il Romagnoli
in più articoli — sia presso le altre nazioni — come il Wilamowitz
stesso nel quadro che dà della filologia classica e del suo valore
nell’introduzione all'Einleitung in die Altertumicissenschaft pubbli-
cata da Norden e Gercke (vol. I. 1, Geschichte der Philologie, pp. $0,
Leipzig, 1921) ed in particolare nel discorso tenuto al congresso dei
filologi tedeschi (I 2028) fino dal 1921 quando sosteneva che «la miseria
dei tempi non deve impedire le imprese di opere di lunga lena ». A
questo indirizzo appunto di rinnovamento anche negli studi classici
ha rivolto a buon diritto le sue cure il nostro Governo proponendosi
la restaurazione dello spirito nazionale attraverso il classicismo tanto
nell’insegnamento quanto con la pubblicazione di un'edizione naziona-
le delle opere classiche greche e latine. Ed auguriamo con tutto il cuore
felice esito a tale impresa grandiosa, il cui compimento affrettiamo
coi voti più fervidi. Ma conviene che in tale lavoro di revisione della
vita antica si proceda con cautela e prudenza per discernere quanto
è realmente proficuo e scientificamente esatto ed utile. Tanto più
che bisogna guardarsi dalle esagerazioni in cui per troppo amore
dell'antichità si può incorrere, come qualche esempio si trova nella
opera del Mahaffy (I 2029) che contiene d’altra parte tante utili osser-
vazioni ed acuti raffronti riguardo allo studio dell'antichità rispetto
alla vita presente nelle sue varie forme d’arte e nelle sue esplicazioni
scientifiche, particolarmente con frequenti confronti con la più recente
letteratura inglese— Il Pareti (I 2030) dà larga dimostrazione delle pre-
cauzioni che filologi e storici debbono avere nell’uso degli antichi docu-
menti che spesso possono condurre ad una falsa ricostruzione del pas-
I. 2027 — BELTRAMI ACHILLE, ELENA CASELLA), 237, Palermo,
Classici e Scuola: La Parola, Sandron, 1923.
SAB a RA: I. 2030 — PARETI L., Per lo
I. 2028 — WiLaMowiTtz, v. studio delle leggende e della pseu-
MoELLENDORF Up., Die Zukunft- dostoria greca e romana. Li 1 radi.
aufgabe der Philologie: Verh. d. orale, Carmi epici e ricostruzioni
Vers. D. Philol., LuHI, I92I. erudite. II: Falsa interpretazione
di documenti: A e R, 1924, 09-50-
I. 2029 — MaHarry J.P., Che II: Reduplicazione fittizia. \V:
cosa hanno fatto gli antichi (irecì per Concentramento storico e leggenda:
la civiltà moderna (trad. ital. di M. 4 e R, 1924, 165-184.
—- 289 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. 1. I. 2031-2033
sato e far rappresentare come fatto storico quanto è pura leggenda.
Esamina il valore che hanno le tradizioni orali e come da queste
si vengano formando quei nuclei storici che danno base ai carmi
epici ed alle narrazioni storiche, offrendo occasione frequente di errate
interpretazioni. Studia quindi come nel corso del tempo le leggende
subiscano modificazioni e trasformazioni per il carattere stesso natu-.
rale dello spirito umano, per cui o si reduplicano i fatti sdop-
piando figure storiche ed avvenimenti reali, o si concentrano
in caratteri e personalità tipiche e leggendarie personaggi storici
diversi le cui azioni si assommano in una sola tradizione, incar-
nandosi in un tipo astratto. Con larghe testimonianze il Pareti mette
quindi in guardia gli studiosi perchè la voce.del passato abbia a ri-
suonare a noi nella sua sincera e limpida verità. Allora soltanto la
filologia classica, ci ripete il Valgimigli (I 2031) darà i suoi frutti
veri ed i maestri di filologia classica assurgeranno al loro officio
alto e nobile che è quello di essere Maestri di Storia e di quella par-
ticolare storia dove l’uomo ritrova e riafferma le più alte testimonianze
della sua umanità. Quindi a proposito ci giungono i consigli e le os-
servazioni del Rostagni (I 2032), che, combattendo il gretto filo-
logismo, per cui la storia letteraria è confusa con la storia della cul-
tura soffermandosi soltanto all'ambiente storico, eccita a considerare
con nuovo spirito la vita antica con largo sguardo sintetico, « dal tutto
ricavando i mezzi per giudicare le singole parti », ricostruendo « l’u-
nità della vita antica, non più adunandone i materiali dal di fuori
ma ricavandola dall’intimo». Ottimi precetti, purchè non si vada anche
per questa via all'esagerazione, poichè solo dal felice contempera-
mento della valutazione dei materiali estrinseci e del loro influsso
sullo spirito dell'uomo, può derivare l'elemento vero e più sicuro di
giudizio. Conviene quindi esaminare nello spirito di una nazione i ca-
ratteri suoi naturali e considerare quali effetti abbiano prodotte le
condizioni esteriori e materiali nello sviluppo della vita materiale e
morale ad un tempo del popolo, e quindi quale valore spirituale per
l'umanità abbiano questi frutti dell'intelligenza, dell’arte. — Il Cessi
(I 2033) ha tentato con larga sintesi di cogliere questi caratterì
universali della Ellade antica quali si manifestano nelle opere d’arte,
T. 2031 — VALGIMIGLI MANARA, Va storia della letteratura greca:
La filologia classica in Italia negli RFCI., ul, 1925, 1-20.
ultimi cinquanta anni (Prolusione
all'insegnam. della lingua e lett. I. 2033 — CEssi C., Ellade e-
greca nell'Univ. di Pisa, letta il ‘e"9 (Prolus. al corso di lett.
18 genn. 1924): GcFI, 1924, pp. 16, Breca nella Univ. Catt. del 9.
Cuore pronunc. il 12 gennaio
I. 2032 — RosrTacnI auc., Per 1924): Ann. della Univ. Cattol.
— d80=
GENER. 1: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2034-2037
mettendo in luce le attitudini particolari degli Elleni alla ricerca
delle ragioni dei fenomeni accanto alla sensibilità artistica che li
commuoveva alla prima espressione che era pur motivo alla ri-
cerca razionale. In questa fusione di sentimento e di razionalismo,
di idealità e realtà, di valore estetico e morale e civile di ogni mani-
festazione della vita trova il Cessi una delle più profonde ragioni della
eterna vitalità dell’arte greca, perchè esse sì sprofondono nell’essenza
stessa dell'umanità. Vita ideale e vita pratica, adunque! E per i
(rreci in particolare non si possono staccare queste due forme della
vita umana, quando se ne consideri la realta storica e non la si rap-
presenti in una astrazione irreale.
E per ciò della vita e dello spirito greco ad un tempo, come
quadro della civiltà greca, ci ha dato il La Rue van Hook (I 2034) un di-
segno generale studiando tutti gli aspetti della vita e della evoluzione
intellettuale greca. Peril caso nostro particolarehannoimportanza spe-
ciale i capitoli X-XV che trattano della letteratura, in genere della
drammatica (tragedia e commedia). Se vere e proprie novità non si tro-
vano in queste ricerche del La Rue van Hook, abbiamo però nel libro
un quadro organico della vita greca nelle sue espressioni spirituali che
sono appunto quelle che hanno il maggiore influsso sulla storia della
civiltà e sovra tutto dello svolgimento del pensiero umano. — Il Toyn-
bee Arnold (I 2035) avea già disegnato in tutto il suo corso storico dalle
origini ad Eraclio questo sviluppo della vita ellenica nelle sue principali
caratteristiche, apportando tradotti i brani di antichi autori che
l'attestano e l’opera del Toynbee ora si presenta con nuove aggiunte
per opera del Murray, insieme con l’altra opera del Toynbee (I 2036)
che più particolarmente intendeva dimostrare il carattere peculiare
della civiltà greca e lo svilupparsi della società greca come si pro-
poneva in generale l’opera ormai famosa del Mahaffy sulla vita
antica — Come lavori generali introduttivi indichiamo ancora
quelli del Mills (I 2037) e del Otto (I 2038). L'uno considera lo
del S. Cuore, I. 1924, Milano, Vita
e Pensiero 1925, 49-05.
ly transl. by G. Murray, London-
Toronto, 1924.
I. 2034 — La RUE van Hook,
Greek Life and Thought. A Por-
trayal of Greek Civilization, XIV-
I. 2036 — TovyNBEE ARNOLD,
Greek Civilisatton and character:
the self-revelation of ancient Greek
329, New York, Columb. Un. Societv, Introd. and transl., Lon-
Press 1923. don - Toronto, 1924.
I. 2035 — ToyNxBLEE ARNOLD, I. 2037 — Mixus D., The Book
Greek historical Thought fron Ho-
mer to the age of Heraclius. Introd.
and transl., with two pieces new-
of the ancient Greeks. An intro-
duction to the history and citvi-
lisation of Greece from the coming
cre OR
CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2038-2041
| sviluppo della vita greca dalle origini al 146 a. C.; l’altro consi-
dera i più recenti lavori sulla cultura greca secondo le moderne
intuizioni. — Nè possiamo non ricordare ancora l’opera di H.
Oakeley (I 2039) che ricerca il carattere etico del pensiero gre-
co fino agli Stoici, coi quali esso si rafferma in sistema rigido, deter-
minato. — Ma più generale lavoro che abbraccia tutto il pensiero
greco nella sua essenziale natura e nel suo valore storico è quello del
Robin (I 2040). È una sintesi artistica di tutta la storia della filo-
sofia greca che il Robin ci presenta con linguaggio chiaro, semplice
e suggestivo. Il Robin mette in luce la tendenza del popolo greco
ad assurgere dal particolare al generale, a ricercare nel fenomeno
singolo la causa suprema per cui le sue conclusioni assumono un
valore universale, perenne. La speculazione filosofica si fonde con
la ricerca scientifica e determina una via dalla quale non può più
scostarsi l'umanità nel suo sviluppo avvenire. Questo svolgimento
e processo di svolgimento coinvolgono tutto lo spirito greco, essen-
done la sua stessa natura, e però tutte le forme della vita si sviluppa-
no con un’ armonia mirabile, tendendo inconsciamente ad una sola
mèta. — Questo carattere particolare dell’indirizzo speculativo e pra-
tico dei Greci è messa in speciale rilievo dal Pohlenz (I 2041). Non tutto
i Greci hanno scoperto od inventato. Dalle relazioni con gli Orientali e
con gli Egizi i Greci hanno appreso molto non solo nella pratica ma an-
che nell'interesse teorico; però i Greci danno un’impronta particolare,
tutta propria all'indirizzo di ricerca, al metodo di discussione, conci-
liando sempre la realtà naturale con l'osservazione subbiettiva, non
perdendo mai di vista nella speculazione teoretica il fatto naturale e
specialmente uniformando tutta la loro attività ad una ricercasistema-
tica cd obbiettiva per cui si nota in ogni corrente di idee un graduale
svolgimento dal subbiettivismo di impressione all’obbiettivismo razio-
nale senza che venga meno, nel periodo creativo ed originale della
vita ellenica, il calore dell’inspirazione artistica. — A questo ha contri-
buito sovratutto quel profondo senso religioso che investe tutta la
vita greca, sì che ogni manifestazione sì informa ad un medesimo
indirizzo rispondente ad una unità psichica che ferma e mantiene
of the Grechks to 146 b.C., London,
1925.
I. 2038 — Otto \\., Aultur-
geschichte d. Altertums. Ein Ue-
berblick it. neue Erscheinungen, x-
175, Munchen, Bech 1925.
I. 2039 — OaxELEv H., Greek
ethical Thought from Homer to the
Stoics, London, — Toronto, 1925.
I. 2040 — RoBin L,, La pensée
grecque et les origines de l’esprit
scientifique, xX1-480, Paris, La
Renaiss. du Livre 1923.
I. 2041 — PoxÒÙenz M.,, Der Geist
ga
GENER. IT: SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2042-2045
il carattere del popolo. È un sentimento religioso che si trasforma
o si fonde col senso del dovere della vita, di una missione morale
e civilizzatrice, di una inconscia necessità per la conservazione
della nazione stessa. È quel sentimento per cui tutti gli Elleni si
sentono collegati da un vincolo profondo che non possono distrug-
gere neppure gli odii, le gelosie politiche, i contrasti naturali nella
lotta per la vita materiale. È quel sentimento che pervade tutta la
storia della nazione, per cuì la storia si trasforma in mito ed il mito
diventa documento storico, per cui lo spirito dell'individuo cerca
conforto in un’'astrazione ideale superiore alle contingenze della pra-
tica quotidiana e le forme d'arte assumono una unità profonda
nazionale non ostante le differenze di mezzi materiali o di caratteri
etnografici. La storia generale di questa religione ellenica ci dà il
Nilsson (I 2042). Un nuovo quadro di questo movimento essenziale
della vita greca ci offre il Cornford (I 2043) studiandolo nel pensiero
stesso — che ne è la più alta manifestazione — dall’età d'Omero
a quella d’Alessandro, per tutto il periodo veramente ellenico, men-
tre il Moore (I 2044) ne persegue lo sviluppo e la trasformazione
fino al trionfo del Cristianesimo. Ed il Méautis (I 2045), soffermandosi
a più particolari punti, nota alcuni aspetti non pienamente considerati.
dagli studiosi recenti della religione ellenica in rapporto all'arte greca
e in particolare alla musica ed al pensiero filosofico che diventa pen-
siero religioso ed artistico. Il sentimento naturale della musica porta
alla creazione del dio apollineo, ed il dio apollineo comprende tutta
la vita intellettuale e morale dei Greci; incarna essenzialmente lo
spirito ellenico, ne è il fondamento nella espansione civilizzatrice
e politica. Ma col sentimento religioso ed in parte filosofico si unisce
quel senso indefinibile di terrore e di angoscia che apporta l'ignoranza
dell’al di là e delle forze occulte che sembrano dominare nella vita.
Di qui la profonda superstizione che mano mano si fa anche raziona-
listica, distinguendo le varie forze, cercando di indovinarne le virtù
segrete, catalogandone i generi con quelle determinazioni che più,
der griech. W'issenschaft, Berlin, mer to the Age of Alexander,
Weidmann 1923, estr. da SGIVG. New York — Oxford, 1924.
I. 2042 — Niusson M. P., A I. 2044 — Moore CL. HERScH.,
history of greeh Religion transì. The religious Thought of the Greek
from the swed. by F. J. FiEL- from Homer to the Triumph of
DEN, with a preface by Sir J. (C(’ristianitv (2% ed.), Cambridge,
is. FRAZER, Oxford, Univ. Press. Harward Univ. Press 1925.
1925.
359 I. 2045 — MFEAUTIS G., Aspects
I. 2043 — Cornrorp F. N,, ignorés de la véligion grecque,
Greek veligious Thought from Ho- 171, Paris, De Boccard 1925.
— 289 —
Aevum - Anno I - 19
CESSI. LETTERATURA GRECA. TI. I. 2046-2049
o meno si sono perpetuate fino ai nostri giorni, come si apprende
dall’accurato e minuto studio del Réhr (I 2046). — Ma ben altro indi-
rizzo ebbe il pensiero filosofico puro nella sua essenza e nella sua fun-
zione morale, che è poi funzione religiosa, e che si fissa nell’insegna-
mento socratico. Una delle manifestazioni speciali di tale progressivo
sentimento filosofico è quella che riguarda il concetto che della donna
ebbero gli antichi ed i suoi rapporti con la società. Il sentimento
di venerazione e rispetto verso la donna dei tempi preistorici si andò
oscurando nell’età ellenica e solo per opera dei filosofi e specialmente
all’età di Socrate (cfr. ZUCCANTE, Fra il pensiero antico e il moderno
Milano, Hoepli, 1908, pp. 51-141; Za donna nella dottrina di So-
crate; La donna nella dottrina di Platone) si andò sviluppando nuova-
mente con riflessi speciali nella letteratura come nella vita politica.
Tale sviluppo è largamente studiato da F. H. Wright (I 2047), che lu-
meggia l’importanza di questo lato della vita greca per ben com-
prendere tutto lo svolgimento dell’ideale ellenico.
Di questo ideale, che apparisce come conciliazione fra le due ten-
denze fondamentali cioè della unità nella varietà e dell’universalità
in lotta continua fra il principio individualistico personale e quello
generale che si confonde nell’interesse della comunità, tenta di fermare
i caratteri precipui il Jordan (I 2048). Questi delinea la colorita va-
rietà delle forme con cui si inizia la vita greca, segue l’ideale cavalle-
resco, che, predominante nell’Iltade, si differenzia secondo le stirpi
e le età, finchè si perde col decadere dell'elemento aristocratico nella
prevalenza della vita democratica. Nota quell’ideale di cultura con-
ciliante l'emancipazione intellettuale con la morale religiosa che ap-
pare già in Senofane e si conferma con Isocrate, mentre si arricchisce
della nozione di coscienza con Platone, prendendo poi colorito scientifi-
co con Aristotile. Onde ci sì presenta più chiaro per le ricerche del Jor-
dan quello sviluppo graduale dell’attitudine personale alla vita, e dello
ideale di civiltà ellenica in rapporto anche alle condizioni geografiche e-
storiche in mezzo alla quale si svolse e che il Greene (I 2049) avea dise-
gnato con maggior larghezza di documentazione e più larga ed appro-
fondita trattazione. A più ristretto campo di ricerche si limita il
I. 2046 — RoHKR ]., Die Ok-
kulte Kyraftbegriffe im Altertum,
IV-133, Leipzig, Dieterich 1923.
I 2047 — WRIGHT F. H., Femi-
nism in greeh Literatur from Homer
ideale im Altertum: HG.,
1924, 57 SER.
XXXV,
I. 2049 — CHASE GREENE V\.,
The Achievement of Greece. A
chapter in human Experience, vi-
to Aristotle, 222, Routledge 1923.
I. 22 —.JoRDAN BR, Bwdungs-
334, Cambridge U. S. A., Har-
ward Univ. Press 1923.
-- 290 —
GENER. I} SCOPO DELLA FILOLOGIA, ECC. I. 2050-2053
Kranz (I 2050) nello studiare il rapporto fra l’autore e la sua creazione
artistica nell’antica letteratura ellenica. Lavoro questo d’indole psico-
logica con fondamento storico e che aiuta a far intendere lo sviluppo
della vita spirituale greca. L’attività produttrice dei primi tempi è ton-
data sull’impressionabilità dell’Elleno e sul suo bisogno di tradurre que-
ste impressioni, onde in seguito deriva il desiderio di agire sul verisimi-
le, di esprimere poi e di diffondere la verità scoperta illustrandola con
proprie osservazioni di modo che l'artista inconscio diventa a poco a
poco mezzo di diffusione della creazione ed infine creatore cosciente.
L'artista da prima non si riconosce creatore ma un essere che riceve,
sì che egli domanda all'inspirazione materia e forma (Omero nel-
l'arte, Parmenide nel campo filosofico); di poi l’artista sente di
essere il mezzo, il rappresentante della divinità, della Musa, e canta
egli stesso e suggerisce e insegna ciò che ha appreso (Esiodo da un
canto, Empedocle dall'altro), infine l'artista ha coscienza di sè,
sente di essere 1l creatore, e lo esprime nella forma: «io canto, 10
voglio cantare » (il poeta della Piccola Iliade e l'i0 isolato eracliteo).
Così l’autocoscienza ed il razionalismo penetrano nella vita ellenica
ed attraggono in sè la conoscenza. Ma l'intuizione vi ha sempre
parte predominante come dimostra il Walzel (I 2051) essendo la ra-
gione prima della vita artistica. — Quello greco è un razionalismo spe-
ciale, ben lontano dal razionalismo moderno. Questo è il problema che
tratta il Hoffmann (I 2052) nella 28 edizione del suo lavoro divulgativo;
ma ancor più largamente il Geffcken (I 2053) che ne studia le varie
fasi da Solone e Senofane ai più tardi sofisti, mettendo in luce il feno-
meno importante della coscienza razionale che si svolge accanto
all’inspirazione artistica nei più eletti spiriti. Di problema in pro-
blema si sviluppa il pensiero greco: l’individualismo apporta la de-
terminazione dell’arte, l'artista si fa critico: Ictino scrive un trattato
sul Partenone, Policleto detta un canone, Sofocle tratta del coro!
Si comprende come si sia venuta formando anche una teoria dell’arte
e come questa abbia avuto influsso capitale anche nelle età posteriori,
anzi in queste, più che nell’età contemporanea, poichè in queste,
mancando il fuoco inspiratore, si sostituiva l’intuizione con l’osser-
vazione, il sentimento con la ragione, ed i mezzi tecnici assurgevano
I. 2050 — KRranz W.,, Das Ver- raturwiss. I.), 409, \ildpark-Pot-
haltniss des Schopfers zu seinem sdam, Athenaion 10923.
Werk in der althellenischen Lite- i
ratur: NJP., 1924, 65-80. I. 2052 — HorFMann O., Die
Aufklarung i. 5 Jahrh. v. Chr.,
I. 2051 — WarzeL OsK., Ge- Gott. 1925.
halt und (Gestalt im Kunstwerk
des Dichters (= Handb. d. Litte- I. 2053 — GEFFCKEN ]., Die
— 2491 —
CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2054-2057
quasi a fondamenti costitutivi dell’opera d’arte. Tale sviluppo della
teoria degli antichi sulla Poetica e sulla Storia dell’arte dalla ca-
duta della vita politica antica fino all’età del Goethe e di v. Hum-
bold con cura meticolosa e acuta visione ha perseguito Carlo Bo-
rinski (12054) in un’opera considerevole la cui seconda parte è stata
di recente pubblicata per cura di un affezionato discepolo, il Newald,
dopo la morte dell'autore. Anche questa seconda parte che tratta
del periodo del Barocco all’aprirsi dell’età nostra dimostra come lo
spirito antico non sia soltanto una parte storica della nostra cultura,
ma ne sia il substrato essenziale, come qualche cosa di immanente
in essa. Il Martini (I 2055) invece tentò di presentare le leggi dello
sviluppo artistico nella storia della letteratura, in rapporto ai criterì
fondamentali seguiti nello studio dell'antica cultura, notando che in
fondo si riducono a due le tendenze principali: la corrente obbiettiva
(rappresentazione reale) e la corrente subbiettiva (sentimento, af-
fettività) dalle quali derivano le due direttive fondamentali nella vita
nostra cioè il classicismo o umanesimo o realismo, ed il romanticismo
o impressionismo.
Più minute ricerche istituisce il Frankel (I 2056) per determinare
la peculiarità dello stile dei primi artisti greci e per disegnarne le ca-
ratteristiche fondamentali, concludendo che gli scrittori del periodo
preclassico, o meglio preattico, si sforzano di aggiungere o connettere
ogni membro della frase o pensiero al precedente senza preoccuparsi
di quella armonica proporzione nella costituzione del periodo che
sarà vanto precipuo dell’età attica. Così egli nota come nei primi
poeti (Saffo in particolare) lo stile sia vario secondo la materia;
come lo stile pittorico di Alceo e di Alcmane in rispondenza alla prosa
di Ecateo e di Erodoto si manifesti nella dichiarazione dei fatti in
serie e per serie; come presso i gnomici si sviluppi lo stile di discus-
stone (Solone, Simonide), che sente l'influsso delle discussioni gram-
maticali e si vada componendo in uno stile compassato e regolare,
preludendo a quello dei grandi maestri dell’età attica — Alla tecnica
particolare degli ellenisti si rivolge il Perrotta (I 2057) che studia i
Griech. Aufklarungi NJ., XXVI, I. 2055 — MaRTINI W,, Entwick-
1923, I, 15-3I. lungsgeselze in der Geschichte des
Schrift.: NJ., XXVI, 1923, 107-128.
I. 2056 — FRAFENKEL H., Fin
Stileigenheit der friihgriechischen
Literaturi NGIWG., 1924, 63-127.
I. 2057 — PERROTTA G., Arte
T. 2054 — BORINSKI K., Die An-
tihe in Poetik und Kunsttheorie
vom Ausgang des klassischen Alter-
tums bis auf Goethe und WWW. +.
Humboldt, II Aus dem Nachlass
hrsg. v. Dr. R. NEWALD, XV-413,
Leipzig, Dieterich 1924.
e tecnica nell’epillio alessandrino
AeR., 1923, 213-229.
— 202 —
GENER. IH: VITA STORICA, ECC. I. 2058-2060
caratteri dell’epillio, quali però erano già stati messi in luce in gran
parte da quanti sì sono occupati della letteratura ellenistica. — In
generale poi sarà necessario consultare pur la storia della critica presso
gli antichi Greci l'opera del Denniston (I 2058). Nel campo del-
l’arte figurativa invece ci trasporta il Waltson (I 2059) con lo studio
del tipo classico quale egli ravvisa nell’efebo classico con derivazione
dall’acrobata minoico attraverso l'evoluzione dovuta all’influsso
della palestra e dell'educazione degli efebi fino ai due tipi principali
nella prima metà del sec. V, cioè l’argivo attico e l’attico puro. E non
è chi non veda quale importanza abbia a tale riguardo anche la ri-
cerca archeologica per bene spiegare lo svolgimento delle forme let-
terarie, quando si consideri l'intimo legame che unisce nella vita gre-
ca tutte le forme dell’arte.
II. Vita storica della Grecia e suo influsso sulla forma
letteraria. — Non si può negare l’infiusso che la vita politica ha eser-
citato ed esercita sempre sullo sviluppo della vita spirituale dei popoli,
specialmente dei popoli antichi quando non si poteva nè si sapeva
concepire un distacco fra vita politica e vita intellettuale. Accen-
neremo pertanto qui alle opere storiche che hanno più diretto rap
porto anche con la storia letteraria, cioè quelle che riguardano la
vita greca nel suo rispetto: I. politico; 2. religioso (mito) e riguardo
ai mezzi materiali d’espressione cioè: 3. la lingua.
I. StoRIA. — L. E. Lord (I 2060) ritorna sulla questione del valore
che devesi dare alla tradizione storica. Abbiamo notato come il Pa-
reti (I 2030) abbia tentato di penetrare il valore interno delle tradizioni
secondo la loro formazione storica, con ricerche che possono in-
durre a soverchia diffidenza dell’antica tradizione. Il Lord invece,
considerando che gli storici contemporanei possono essere più auto-
revoli testimoni dei fatti che non le discussioni razionalistiche dei
critici moderni, è trascinato a dare alle vecchie attestazioni una
fiducia molto maggiore di quanto non conceda alle ricostruzioni
critiche moderne. Tanto più che le ricerche archeologiche possono
dare motivo a giudicare con maggior serenità dell’attendibilità di
tali notizie. Però notiamo che non conviene correre agli eccessi e
se non possiamo sempre accettare come indiscutibili le vecchie
I. 2058 — DENNISTON ]J. D., in Greek Art: JHS., 1924, 223-
Greek Literary Criticism, Oxford, 253.
1924. NS:
ca I. 2060 — Lorp L. E., The hi-
I. 2059 — WaLTtsoN CH., Tlie storical value of tradition: Cl].,
establishement of classical tvpe x1Xx, 204-281.
— 293 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. I.
____I. 2061-2064
testimonianze, non dobbiamo loro negare del tutto fede, poichè con-
tengono sempre un nucleo storico, quale va ricercando, come ve-
dremo più sotto, persino nelle leggende mitiche il Wilamowitz.
Un canone rigido assoluto non ci si può prefiggere. E lo dimostrano
le larghe ricerche di A. Jardé (I 2061) le quali ci convincono che le
investigazioni storiche, archeologiche, etnografiche, morali, lettera-
rie si integrano vicendevolmente mentre ciascuna, limitata ad un
proprio campo, conduce di frequente a conclusioni inaccettabili,
spesso contradditorie. Lo Jardé studia l’Elleno nel suo paese,
nelle sue condizioni storiche attestate non solo dalla tradizione ma
anche, e più, dalle documentazioni paleoetnologiche e archeologiche.
Disegna a grandi linee gli stadi successivi della vita greca dalle prime
invasioni degli Elleni, fino allo stabilimento completo dell'elemento
nuovo sugli aborigeni in tutto il territorio ed alla determinazione
delle varie stirpi o famiglie secondo le attitudini originarie e le con-
dizioni storiche. Seguiamo le vicende della vita ellenica attraversoi vari
grandi movimenti etnograficie ne risultano le ragioni prime dei futuri
dissidi, delle grandi lotte che condurranno alla rovina politica e morale
tutta la nazione. Intravediamo la più antica vita attraverso il mito e
le leggende, quella vita che ora le inscrizioni ittite, egiziane, assire ecc.,
a poco a poco ci svelano. Ed è importante anche per lo studioso della
storia letteraria e specialmente per chi si occupi della formazione dei
poemi omerici, ascoltare la voce dei nuovi popoli che vengono alla luce
recando strane sorprese allo spirito nostro, abbattendo tante curiose
ricostruzioni critiche più fantastiche della fantasia degli antichi, che
nelle loro finzioni meravigliose aveano saputo conservare la freschezza
e la verità della storia. — Il Barbagallo (I 2062) studia invece lo spirito
intimo della vita ellenica e ne rintraccia le cause che hanno condotto
alla rovina la nazione, cioè la schiavitù, l'imperialismo, la guerra
continua, ecc. Ed accanto all'opera del Barbagallo dobbiamo ricor-
dare quella classica del Pòhlmann (I 2063) che si presenta in una
nuova edizione per cura di F. Oertel. — Il Vetter (I 2064), richia-
mandosi alle inscrizioni decifrate dal I'orrer, ci ricorda i re Achei nel
sec. NIV a. C. in Pamfihia, nel sec. XIII in Cipro e nella Caria, primi
I. 2061 — JaRrDÉ A., La for-
mation du peuple grec. Avec sept
cartes dans le texte, xVI-425, Pa-
ris, La Renaiss. du Livre 1923.
I. 2062 — BarBagatto C., //
tramonto di una civiltà e la fine
della Grecia antica, XXHI, 2224221,
Firenze, Lemonnier 1924.
I. 2063 — POHLMANN R.,, Ge-
schichte d. sozialen Frage u. d.
Sozialismus i. d. ant. Welt, 28 Auf.
b. F. OERTEL, Munchen, 1925.
I. 2064 — VETTER E., Achatsche
Grosshonige der 14 Jahrh. v. Chr.
in d. hethitischen Keilschrifturkuwn-
den: WBIFA., 11, 1924, 185-108.
- - 294 —
GENER. IT: VITA STORICA, ECC.
I. 2065-2067
RE pal) e +, e ——_ —.-
pionieri della espansione e colonizzazione greca, e ci dimostra come
la caduta di questa potenza rigogliosa politica dovuta da un canto
agli Achei di Orcomeno, dall'altro a quelli di Micene sia stata opera dei
Dori che procedendo da nord a sud hanno soffocato la vecchia ci-
viltà ellenica primitiva. Orcomeno ed i Minii, Micene e gli Achei
ritornano viventi e potenti nel canto dei poeti celebranti le imprese
degli Argonauti e le glorie degli Achei nella guerra troiana! Seguendo
le scoperte del Forrer anche il Weber (I 2065) studia l’espandersi
degli Achei verso l’impero ittita ed il loro dominio sul Mediterraneo
nel periodo 1250-1239 a. Cr. Cfr. anche I. 2325.
Non tutto, è vero, è ancora dimostrato in tale campo, ma le più
recenti ricerche tolgono sempre più quella nebbia di diffidenza che 1l
Costanzi (I 2006) non credeva inopportuno di spargere attorno all’en-
tusiasmo suscitato dalle prime scoperte e dalle prime avventate ipo-
tesi ricostruttive. Ma è fuor di dubbio ormai che strette relazioni siano
state fra Ittiti ed Achei nel secolo XIV, XIIl: che re Achei abbiano
posto piede nell'Asia Minore e che varie vicende di guerra, ora fortu-
nate ora infelici, ne abbiano ora allargato ora ristretto il dominio
politico e l'influsso spirituale; che questi contatti abbiano lasciato
traccia anche nella cultura degli Achei, i quali appresero e mantennero
con gli elementi di vita culturale parole che ne erano gli esponenti
e l'espressione diretta. Così, seguendo le tracce del Levy che già dal
1893 avea (Die Semitischen Fremdiwbrter in Griechischen) riconosciuto
più di mille parole semitiche nel vocabolario greco, H. Grimme (I 2067)
determina l'origine ittita di taluni fenomeni glottici, particolarmente
nella modificazione in greco di alcuni suoni, ad es. & da un sem.
g, n per de poi t per d, È per RA; ti per ph, ecc.
Ma gli Elleni venuti nel territorio greco durante la loro espansione
sì trovarono da prima a più diretto contatto oltre che con gli Abo-
rigeni (Cari, Lelegi, Pelasgi, ecc. della tradizione) con gli Egei e
con la cultura minoica che irradiava da Creta. E la storia di Creta ha
avuto influsso molto notevole sullo sviluppo storico dell'Ellade,
come lasciavano intuire antiche leggende e non disconoscevano
nel tempo storico i Greci stessi. Le recenti scoperte a Creta ed in
tutte le isole dell'Egeo e nei vari centri di cultura greca, sia sulle coste
I. 2065 — WEBER W., Die Achei in una tavoletta haittita:
Staatenwelt des Mittelmeers in der
Frithzeit des Griechentums, 25,
Stuttgart, Kohlhammer 1925.
I. 2066 — Costanzi V., La pre-
lesa menzione di Atreo re degli
AeR., 1924, 207-270.
I. 2067 — GrIMmMmE H., Zethi-
tisches im griech. W'ortschatze: Gl.,
NIV, 1925, 13-25.
eL'O0nse
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2068-2072
———_—
sia anche nell’interno, hanno messo in piena luce questo elemento
storico fondamentale nella vita greca. Un lavoro complessivo, scritto
con vivacità di stile e con passione forte e senso d’arte sulla civiltà
egea è quello del Glotz (I 2068) che, nonostante certe manchevolezze
o talune arrischiate affermazioni, è quello che ci rappresenta meglio
d'ogni altro tutta la civiltà preellenica nelle sue forme più varie, sì
che riesce più facile dedurre quanto e come gli Elleni ne abbiano
derivato. Forse il Glotz, innamorato del suo argomento, corre talvolta
oltre i confini che esige la prudenza storica, ma se talune ipotesi
si dovranno ridurre a più modesti limiti, indubbiamente il materiale
raccolto in questo volume è di massima utilità ad ogni studioso
dell'antichità. — Più succinto e sintetico quadro della vita generale di
Creta è quello del Muttelsec (I 2069). — Ma tali nuove ricerche acuivano
sempre più l'interesse e facevano sentire il bisogno di studiare quale
fosse la vera condizione della Grecia prima dell’influsso egeo e della
venuta degli Elleni; la Grecia cioè degli Aborigeni. Le ricerche ge-
nerali e fondamentali, già da tempo iniziate dagli archeologi e dagli
etnologi, ad es. il Ridgeway, furono continuate per le singole regioni.
I. P. Harland (I 2070) investigò le condizioni del Peloponneso nell'età
del bronzo concludendo che la popolazione neolitica del Peloponneso
fu vinta circa il 2500 a C. dalla civiltà egea sulla quale si sovrappose
quella dei Minii, i primi indoeuropei, (potremmo dire le prime on-
date degli Achei) i quali alla loro volta cedettero verso il 1400 all’in-
flusso di nuovi Achei (forse la civiltà micenea?) di cui le ultime on-
date verso il IIoo (le invasioni dei Dori?) mettono fine all’età del
bronzo. In queste sovrapposizioni non tutti gli elementi precedenti si
possono distruggere: anzi sì infiltrano nella nuova civiltà, persistono
e si mantengono imprimendo nuovo carattere alla civiltà stessa
vincitrice. Così rimangono nella cultura peloponnesiaca, e special-
mente spartana, traccie della civiltà egea, pur trasformate in varia
guisa. Il Laum (I 2071) ne da esempio studiando la moneta spartana
di ferro che crede di riconoscere nella nota falce dedicata spesso ad
Orthia, foggiata su quella cretese per influsso del culto del toro proprio
della civiltà egea e che si diffuse nell'antichità fino all’Etruria ed alla
I. 2068 — GLOTz G., La civilisa- I. 45 — HARLAND PENROSE ].,
tion égéenne, VIII-471, Paris, La The Peloponnesos in the Bronze
Renaiss. du Livre 1923. Age: HSCIPh., XXIV, 1923,
I-OI.
I. 2069 — MUTTELSEE M., Zur
Verfassungsgeschichte Kretasim Zei- I. 2071 — Laum B.,, Das Li-
talter des Hellenismus, 72, Gliicch- sengeld der Spartaner, 55 con 14
stadt u. Hamburg, J. Augustin illustr., Braunsberg, Verlag d.
1925. Staatl. Akad. 1925.
— 296 —
GENER. II: VITA STORICA, FCC. I. 2072-2076
Spagna. Il lavoro del Laum, per quanto possano sembrare arri-
schiate talune conclusioni, ha quindi una grande importanza non
solo per gli studiosi dell’archeologia ma anche per quelli che si de-
dicano alla storia religiosa: sebbene sia da notare che in tale
ordine di studi spesso la passione trascina inconsapevolmente lo stu-
dioso ad esagerazioni facendo vedere in fenomeni od espressioni di vita
naturali, e quindi analoghi, come analoghe sono le condizioni di vita,
talune relazioni di dipendenza e di causalità che sono insussistenti o
rapporti che dipendono da altre più remote e ben diverse cause.
Ma non è da dubitare che di sommo interesse ad ogni modo siano le
ricerche di queste sopravvivenze di età passate,
Il Reinach (I 2072) nella leggenda deisacrifizi umani ad Artemide
in Patras, di cui ci lascia testimonianza Pausania, trova ancora
il rapporto fra le nuove età ed i tempi preistorici in cui era predo-
minante il culto delle divinità ferine. Nè soltanto negli usi lasciano
traccie le civiltà precedenti, ma spesso ancora nel linguaggio per cui
le parole perdono col tempo il senso primitivo acquistando nuove
significazioni, ma conservando — chi lo sappia ben intravedere —
sempre qualche cosa dell'originario valore. — Così il Kretschmer
(I 2073) si studia di dimostrare come la voce &puo)6g tradisca l’origine
rurale primitiva del popolo ellenico, avendo nel suo senso vero il
valore di «ora del mungere », considerando quindi questa come
il punto culminante della giornata e l'occupazione più importante
della vita dell'Elleno — Alla Tessaglia hanno rivolto le loro cure
lo Stàhlin (I 2074) che dà uno schizzo etticace, complessivo della storia
della Tessaglia ellenica, ed il Van der Velde (I 2075) che ne persegue
le vicende seguendo le traccie dialettali nella loro diffusione topo-
grafica. — Locri invece attrasse l’attenzione di W. A. Oldfather (I 2070)
e Locri infatti ha un'importanza speciale nella storia della civiltà
ellenica. Locri fu centro di poesia nell’età epica; ein Locri trovò svol-
gimento nuovo e originale la lirica lesbia; a Locri apportò riflessi
profondi la poesia esiodea; in Locri la musica si rinnovò nelle sue
forme artistiche e si affermò in canoni scientifici; Locri ci dà il diti-
rambo eroico, introduce nell'arte i temi della poesia pastorale e
della novellistica; in Locri Zaleuco codifica le leggi del costume,
I. 2072 — REINACHS., /S., xI- I. 2075 — VAN DER VELDE R,,
XII, 17 ott. 1924. T'hessalische DialeRtgeographie, Nij-
I. 2073 — KREISCHMER P.,, megen-Utrecht, 1924.
ARAR10S: 01 Sl 924-100; I. 2076 — OLDFATHER W. A,,
I. 2074 — STAEHLIN FR., Das Locris and early greek Civilisa-
hellenische Thessalien,Stuttg.,1924. tion: PAO., 1924, 1-22.
— 297 —
CESSI. LETTERATURA GRECA, 1. I. 2077-2079
mentre in Locri l'espansione commerciale ellenica trova suo punto
d'appoggio e ne forma suo emporio importante.
A poco a poco pertanto di sulle civiltà aborigena ed egea si
afferma quella ellenica e gli Elleni hanno coscienza della loro supe-
riorità morale sugli altri popoli. Di qui quel senso di riservatezza
per cui si vogliono distinguere dagli altri popoli non elleni, che con
l'andare del tempo si tramuta in senso di dispregio verso di loro,
quasi esseri di natura inferiore. E quella caratteristica di « barbaro »
che da prima indicava solo una differenza di pronunzia acquistò
a poco a poco un valore morale e politico. Lo svilupparsi di questa
significazione rispondentemente al sentimento popolare delle varie
età è appunto l'argomento del lavoro del Jiithner (I 2077) che raccoglie
coscienziosamente e discute serenamente le attestazioni antiche per
le quali sotto nuova luce ci appariscono per taluni riguardi la vita
greca e le sue concezioni nazionali e politiche nei vari tempi.
Ricerche più particolari sono quelle dello Schoch (I 2078) sulla
storia culturale e commerciale di Delo pur avendo anche notevole
interesse per la storia e la condizione generale della Grecia, offren-
doci notizie curiose sulle condizioni dei lavoranti, sui prezzi di vita,
e sovra tutto sulla trasformazione della vita interna di Delo dopo il
166 per la prevalenza dell’ elemento ateniese, e poi di quello ro-
mano che domina nel 2° sec. a. C. finchè la guerra mitridatica, e la
guerra dei pirati non determinarono la piena rovina dell’isola. Lo
studio dello Schoch si basa sulla raccolta delle inscrizioni dal 484
a. C. al go d. C. e traccia la storia dei tre periodi principali della
vita di Delo, cioè quello della 1% e 2% lega navale delio-attica (476-
315-4), quello dell’indipendenza del 315-4 al 166 a. C., e quindi del
secondo periodo ateniese dal 166 a. C. in poi, quando Roma restituisce
Delo ad Atene. Esso ci dà ragione di talune tendenze che si fanno
sentire nella vita letteraria e sono determinate dall'indirizzo commer-
ciale del tempo. — La leggenda dell’oro del Pattolo, che trovò così
larga diffusione nella letteratura da Archiloco a Strabone e Filo-
strato, è studiata dallo Shear (I 2679) che notò come le pagliuzze d'oro
nelle terrecotte di Sardi siano soltanto di mica. La leggenda della
ricchezza di Creso deriva pertanto da tali proprietà del Tmolo e
delle sabbie del Pattolo a causa delle foglioline di mica che si
I. 2077 — JUETHXER Jut., Hel- d. hellenistischen Delos: NJ., XXVI,
lenen und Barbaren, 1v-105, Leip-. 1923, 77-88.
zig, Dieterich 1923.
I. 2079 — SuÙecar E. L,, Ze
I. 2078 — ScHock P., Aultur-. Gold Sand of the Pactolus: CIM.,
und W'irtschaftsgeschichtliches aus XVI, 1924, 186.
— 298 --
GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2080-2081
riconoscevano nelle terrecotte di Sardi e furono ditfuse dal commercio
per il mondo greco dopo Creso. I sedimenti aurei furono trovati
posteriormente.
Il popolo ellenico è studiato pertanto con preferenza in tuttii suoi
momenti più gloriosi dagli amatori dell'antichità classica. Ma anche
il problema della caduta del popolo greco ha trovato nel Miinzer
(I 2080) il suo indagatore appassionato e diligente. Il Miinzer domina
con largo sguardo la materia che gli offre agio di fare confronti e paral-
leli anche con la vita presente, dimostrando col fatto l’utilità di tali
ricerche del passato. L'autore segue le vicende dell’ellenismo nelle
sue fasi ultime, considerando tutta la vita greca come quella di un
grande stato vivente a sè, indipendente pur con forme tanto varie,
fino alla caduta sotto il dominio romano. Sono gli ultimi baghiori di
una vita gloriosa, che non viene però del tutto soffocata, chè si
tramuta per vincere i vincitori stessi. E la chiusa di una civiltà
secolare che da Omero andò sempre più svolgendosi fino a Socrate,
quando tocca il culmine della propria grandezza morale e creatrice.
Periodo splendido di vita che con ardore e valore ci fa rivivere nel
suo complesso ancora una volta il Birt (I 2081) il cui lavoro qui
ricordiamo appunto come quadro di sfondo di questi brevi cenni
degli studi sulla storia greca in rapporto allo spirito del popolo
ed alle sue manifestazioni letterarie.
2. RELIGIONE. — Tutta la vita greca era perfusa da un
profondo senso religioso che diviene il substrato di ogni espressione
affettiva, intellettuale. Tale sentimento si concreta in concezioni
sensibili, materiate per quel carattere particolare dei Greci che li
conduce a considerare ogni manifestazione della vita interiore cd
esteriore come forme viventi, reali. Per questo il mito domina tutto
il mondo spirituale greco, dà il fondamento materiale ad ogni rap-
presentazione d’arte. Ma la religione, libera espressione dello spirito
per i Greci, non contenuta da norme rigide, fisse, sì presenta nelle
più svariate forme, nelle più diverse concezioni e però la ricchezza
di tali concezioni mitiche ha bisogno di larghi repertori nei quali
tale materia sia in certo qual modo sistematicamente raccolta.
L'aveva fatto il Preller con la sua Griechische Mythologie ma in pochi
anni il lavoro era invecchiato e si presentava insufficiente. Vi ri-
mise mano C. Robert ampliando, rifacendo, compiendo il lavoro
del Preller, lavoro che ha assunto ampiezza considerevole, ed è una
I. 2080 — MùxzER Fr., Die po- I. 2081 — Birt TH., Von Homer
litische Vernichtung des Griechen- bis Sokrates, Leipzig, 1923.
tums, Leipzig, Dieterich 1925.
— 209 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2082-2083
miniera inesauribile di notizie tratte da ogni campo della cultura
antica. Nel 1923 del secondo volume dedicato alle Leggende erotiche,
è stata pubblicata la II parte (le leggende nazionali) il cui terzo libro
riguarda «la guerra troiana fino alla caduta di Troia » (I 208). Ac2-
canto a questo lavoro che vuol essere complessivo, di carattere sin-
tetico, continua a pubblicarsi — e volge quasi alla fine — l’Ausfwhrl.
Lexicon der griech. u. rim. Mythologie (Leipzig, Teubner) iniziato
dal Roscher, che aggruppa le notizie sotto le varie figure mitiche di-
sposte in ordine alfabetico. Ma, data appunto la libertà dello spirito
greco e la sua fecondità prodigiosa di concezioni artistiche, non
basta raccogliere tutto il materiale, quasi che esso basti a dare il
quadro vero della vita antica. Bisogna in queste rappresentazioni
cogliere quello che è originario e fondamentale distinguendolo da
ciò che è aggiunto posteriormente per varie ragioni, ciò che
è espressione diretta del popolo e che per questa vive nel
popolo e da questo è considerata realtà storica da quello che
è innovazione di individui, siano essi pure Eschilo e Pindaro.
Il Wilamowitz (I 2083) ha voluto tentare di dare un saggio di quello
che dovrebbe fare lo studioso in questo campo. Anche la mitologia
fu oggetto di studio, di osservazioni per gli antichi e perciò le leg-
gende popolari si andarono trasformando secondo le condizioni
dei tempi, dei luoghi e secondo lo spirito degli artisti; bisogna di-
scutere il materiale e non soltanto ordinarlo per ordine cronologico
nel suo svolgimento, chè voci recenti spesso mantengono più pura
l’eco sincera di documenti più antichi, ma già adattati ai nuovi tempi.
La leggenda è la letteratura non scritta ed ha quindi valore impor-
tantissimo per la storia letteraria chè attorno alla leggenda, consì-
derata o la storia reale della nazione o la espressione concreta del
suo spirito, si svolge tutta la vita artistica. Il Wilamowitz adunque
tenta con l’aiuto anche dell’arte arcaica di riconoscere le forme
prime del mito risalendo attraverso le attestazioni posteriori alle
concezioni originarie e ne dà prova fermandosi alle leggende di
Meleagro, Oinone, Borea, Arpalice, Lino, Teseo, Achille, Ettore, ecc.
Tanto più che come nella vita pratica erano continuate a rimanere
nel popolo greco costumanze, abitudini ereditate dai popoli prece-
denti, così nella vita religiosa tale influsso si fece naturalmente sen-
I. 2082 — PRELLER L., Griechi-
sche Mvythologie, 1v Aufl. erneuert
v. C. RoBERT, II Bd. mi Abt.;
Die Heldensage, 3° Buch: Der
troische Kreis bis zu Ilions Zer-
storung, VII-969-1289, Berlin, Weid-
mann 1923.
I.2083 — WiLAMOWITz v. MoEL-
LENDORF UDp., Die griechische
— 300 —
GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2084-2089
tire più forte. Tali sopravvivenze studia M. P. Nilsson (I 2084) perse-
guendo nei vecchi centri di cultura micenea le traccie appunto
di credenze, riti non ellenici, specialmente micenei (Argolide, Bcozia,
Attica, Laconia, Tessaglia, Pilo). Influsso miceneo si fece sentire
particolarmente sulle coste della Grecia; nell'interno ebbe minore
effetto, perchè forse i Greci stessi furono nell'interno gli introduttori
della cultura micenea. Queste sovrapposizioni, fusioni e accostamenti,
e svolgimenti paralleli di culture varie hanno apportato nello spirito
greco resultati strani, concezioni spesso contradditorie, in generale
non bene definite e con caratteri diversi, sì che anche le espressioni
che più dovrebbero parere elleniche si presentano offuscate da
colorito estraneo che rende perplesso lo studioso.
Di qui l'incertezza dei ricercatori di determinare le originarie
caratteristiche e la vera natura di talune divinità. Ad es. anche
per Apollo, vi ha chi dubitò e dell'origine ellenica del dio e, quindi,
della sua vera natura anche nelle più antiche rappresentazioni,
come l’omerica. Contro la non ellenicità di Apollo e la sua provenienza
dall'Asia Minore tratta il Bethe (I 2085) dimostrando che le ragioni
addotte dagli avversari non hanno che ben debole sostegno. Ma
non può del tutto negare che nel tipo apollineo si fondano elementi
derivanti dalla cultura egea e preellenica (Wilamowitz, Aly, Harrison).
Preellenica pure è la concezione della dea della terra che rivisse,
secondo lo Harbillon (I 2086) nella figura di Artemis Triclaria di Patras
(cfr. Reinach I 2072) cui si facevano sacrifizi umani, e che originaria-
mente dea delle acque a poco a poco si trasforma in dea della ve-
getazione, quindi protettrice degli uomini, e poi della vita politica,
della castità, ecc. Anche Poseidon, secondo il Carnoy (I 2087-2088)
è originariamente dio delle acque per l'etimologia del nome,
mentre altri lo riconosce come un antico dio peloponnesiaco mediter-
ranco, signore dei terremoti. — Dal culto della vegetazione proviene
per H. J. Rose (I 2088) la leggenda di Anchise ed Afrodite, leggenda a-
Heldensage: SPAW., 1925, 41-02, I. 2086 — HERBILLON |J., Arte-
214-242. mis Triclaria: MB., XXVIII, 1924,
I:
I. 2084 — Nitusson M. P., Der 3 SER l
Mvhenische Ursprung der griech. I. 2087 — CARNOY A., Le nom
Mvthologie: “Avidwpov. Festschr. de Poseidon: MB., XXVII, 1924,
J. Wackernagel, 137-142, Gotting., 175-180.
1924. I. 2088 — Carnov A., Efymo-
I: 2068. bis E, dll 0 e e a e
der Hellene: ’Avridowgov. Festschr. CIANI Mg 1024,/39073918:
J. Wackernagel, 14-21, Gotting,, I. 2089 — Rose H. J., Anchises
1024. and Aphrodite: CIO., 1924, 11-10
e; ())
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2090-2094
siatica, appartenente al circolo rituale della Gran Madre. Così il Rose
spiega il carattere di Anchise, quale apparisce anche nella leggenda
antica (omerica), per la grande freddezza nelle sue relazioni con Afrodi-
te, non comune esempio di relazioni spontanee di divinità femminili
con uomini nel mondo olimpico greco. — La nota leggenda di Tetie Pe-
leo, nella quale la relazione fra divinità femminile e personaggio umano
non è spontanea, ma imposizione di volonta superiore, è illustrata da
Davis Rushworth Kennard (I 2990); leggenda importante per i suoì
riflessi letterari da Omero a Pindaro ed ai più tardi poeti. —
Divinità veramente non elleniche sono Dioniso ed Ares. Di
Dioniso rappresentato con la doppia ascia, indizio del culto
primitivo, si occupa il Minto (I 2091), che nelle rappresentazioni
artistiche del dio riconosce le traccie della diffusione del culto
del dio nella Grecia, dove la originaria figura è andata assumendo
a volta a volta colorito ed espressione diversa. Di Ares, origina-
riamente dio della vegetazione, di cui è nota l’unione del culto con
quello di Afrodite, con caratteristiche diverse nei vari paesi,
finchè si presenta come dio della guerra assumendo caratteri forestieri,
ci tratteggia la storia singolare lo Schwann (I 2092) dal culto di Tilfusa
e quello tebano a quello peloponnesiaco, ed a quello più recente attico.
--- Importanza particolare ebbe, specialmente per la stirpe dorica,
Eracle, che trova le sue origini nella vita micenea, come dio della
vegetazione (Tespi, Micalesso, Tebe), od anche come demone infer-
nale (Creta, Mileto, Fenicia), finchè con l'invasione dei Dori è l'eroe
nazionale degli invasori. Ma non si trasforma così da non lasciare
ancora traccie del suo vecchio carattere, quale ha riconosciuto il
Picard (I 2092) in un rituale arcaico trovato a Taso, del principio del
V secolo. Il culto eracleo, con l’espansione dorica, si diffuse
in tutto il mondo ellenico e del suo culto nella Sicilia e nella Magna
(srecia ci dà un saggi notevole il Capovilla (I 2094).
Per chi voglia considerare come del materiale mitologico sì
siano serviti gli antichi poeti epici (Omero - Esiodo), lirici (lirica
corale), drammatici (parti corali) come elemento di confronto o di
I.2090— KENNARD Davis RusH- I. 2093 — PicAaRD CH., Un ri-
WORTH., Peleusand Thetis, Oxford, tual archaique du culte de 1° Héra-
1924. klès Thasien trouvé a Thasos:
BC H., XLVII, 1923, 24I.
I. 2091 — Minto A,, Dionysos: I. 2094 — CAPOVILLA G., Era-
Adeft., 1923, 1-17. cle in Sicilia e nella Magna Gre-
cia, con un'appendice: Ercole a
I. 2092 — ScnwExN FR., Ares: Roma, 86, Milano, « Aegvptus »
A/tel., XXI, 224-245. 1025.
1 pre
GENER. II: VITA STORICA, ECC. I. 2095-2099
paragone per la vita reale, sarà utile guida lo studio di R. Ochler
(I 2095) che ne dà esempi numerosi.
Fra i lavori speciali sulle leggende mitiche anche per i rapporti
con la storia letteraria ricordiamo l’opera del Bacon sul viaggio
degli Argonauti (I 2096), in cui si trova ampia trattazione di tutta la
leggenda, con illustrazioni e carte, ed è importante lavoro per lo
studio dell'elemento epico in rapporto ad Omero e ad Apol-
lonio, ma ancor più alle attestazioni storiche rimaste dalle quali
sì tenta di trarre luce per la storia più antica della espansione
ellenica.
Da ultimo, poichè interessano e per la vita generale della Grecia
antica e per le ricerche letterarie, ricordiamo le note di Eugene
Stock Mc. Cartney (I 2097) sulla fortuna del pomo nell'antichità come
simbolo d'amore (rafforzando la tesi del Foster contro il Gaidoz
che negava il valor simbolico del frutto) a cominciare da quello di
Paride fino a quelli della più recente letteratura. È però da notare
la mancanza in tale lavoro del ricordo della favola di Aconzio e
Cidippe illustrata dai recenti papiri callimachei.
3. LA LINGUA COME DOCUMENTAZIONE STORICA. — La lingua fu
il documento cui si domandò il sussidio maggiore per confermare le
scoperte archeologiche o aiutare le investigazioni e ricostruzioni
storiche. Nei lavori del Glotz (I 2008) e del Jardé (I 2061) la lingua
primitiva dei Greci è studiata come documento storico, ma,
fra tutte, di importanza capitale è l’opera del Meillet (I 2098)
che studia lo sviluppo storico della lingua dalla sua probabile
unita nei tempi primitivi ai suoi ulteriori svolgimenti nei vari
dialetti in rapporto alle condizioni storiche del popolo elle-
nico fino alla relativa unità dei tempi cllenistici. L'influsso delle
civilta anteriori lasciò nella lingua ellenica traccie più chiare che
non nelle altre manifestazioni o documentazioni storiche, e con-
tinuò a mantenersi anche nei tempi storici tentando di diventarne
elemento naturale ed originario. Gli studiosi recenti si studiarono
di discernere questi elementi stranieri. Li ravvisò e N perseguì
C. Autran (I 2099) nei nomi propri, facendo notare quali rap-
I. 2095 — OEnGLEr R., Mvtlo-
logische Exempla in der dlteren
griech. Dichtung, 124, Aarau,
Sauerlànder 1925.
I. 2096 — Bacon J. R., The
Vovage of the Argonauts, viri-187
con 6 illustr. e 3 carte, London,
Methuen 1925.
I. 2097 — CARTNEYv Euc. STOCK
Mec., How the Apple Becamethetoken
of Lowe:TPAPhA.,LVvI,1925,70-81.
I. 2098 — MEILLET A., Aper-
cu d'une histoire de la langue
grecque (2% ed), xv-254, Paris,
Hachette I9zo0.
I. 2099 — AUTRAN C., Intro-
ca
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2100-2102
porti frequenti e stretti siano fra le stirpi greche e le popolazioni
aborigene dell’Ellade e dell'Asia Minore. Specialmente i nomi topo-
grafici e di persona resistettero alle imposizioni delle nuove e più
recenti culture e l’Autran dopo aver nelle linee generali dichiarato
le ragioni ed il metodo della sue ricerca ne da le prove studiando
i singoli nomi che riporta in ordine alfabetico. Per ora sono usciti
i primi fascicoli dell’opera, e siamo alle prime lettere dell’alfabeto.
Occorrerà aspettare che l’opera sia compiuta per darne un giu-
dizio complessivo e determinare il valore reale di cotali ricerche
le quali possono facilmente condurre anche a conclusioni esagerate.
Per ora constatiamo che per l’Autran nessun nome proprio, o quasi,
si salva da un battesimo preellenico. Più limitato è l'ambito in cui
si sofferma Ed. Hermann (I 2100), il quale parte dall’affermazione che
le parole greche che non presentano una etimologia possibile deri-
vano da età precedenti ed in particolare ricorda i nomi in-vd0%,
quelli con v od 1, oppure —xc0g, ed in dentale + 7: quindi le parole
riferentisi all'arte musicale (tauBos, dpiauBoc, StvpauBoc, ecc.) di
origine frigia, ed altre quali XXv090<, ecc.
Ma più audacemente era proceduto per questa via il Huber (I 2101)
— che dobbiamo qui ricordare per l’importanza dei resultati —
per spiegare il mistero dei popoli preellenici. come ha faito il Grimme
citato sopra (I 2067). Ed il bagaglio accennato dal Meillet, Glotz,
Hermann, ecc. si accresce, e non poco, pur in mezzo ad incertezze del-
le quali non avea mancato di rendersi conto il Huber stesso. È
indubitato che, se anche non si dovrà accettare ogni conclusione per
vera, il principio fondamentale storico seguito dal Huber è esatto,
sì che la lingua ci può essere la più sicura testimonianza della natura
di un popolo e delle sue attitudini. Essa lo segue in tutto il suo svol-
gimento, nelle sue espansioni e trae il suo materiale dalle condi-
zioni storiche in cui vive. Seguendo questo criterio, ammesso dai
più illustri storici e linguisti (basti ricordare il Pictet, lo Schrader,
Is. Taylor, Hirt, ecc.), ed applicandolo ad un particolare campo
di ricerca, Fr. G. Allinson (I 2102) dagli epiteti, comparazioni,
descrizioni, riconosce nella poesia greca il sempre maggiore
influsso che vi ha esercitato la vita sul mare, e segue l’espan-
duction d l'etude critique du nom
propre grec, fasc. 1-11, Paris, Geu-
thner 1924.
I. 2101 — HuBER ]J., De lin-
gua antiquissimorum Graeciae în-
colaruni, 47, \iennae, Fromme
: 1921 (= Comment. Aenip. ix).
I. 2100 — HLiRManN ED., Kurze
Bemerkungen cur Sprache der Vor-
bewohmner Griechenlands: Gl., XI,
1923, I50-152.
I. 2102 — ALLINSON FR. G., The
colonization of greek poetry: TP
APNA., 1922, p. XVI.
— 3041 —
GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC.
I. 2103-2107
sione, per tutto il Mediterraneo, della poesia e quindi della cul-
tura ellenica.
E di tale espansione è prova anche l’influsso esercitato dalla lingua
greca sul volgare latino nei nuovi paesi conquistati moralmente;
influsso palesatosi non per mezzo della lingua greca diretta-
mente, ma attraverso il linguaggio etrusco e le parlate ellenizzate
d'Oriente come dimostra E. H. Sturtevant (I 2103), riprendendo la
tesi gia sostenuta dal Frank in A./J.Pà., XNLV, 1924, 161-175. I Ro-
mani ebbero piena coscienza di tale influsso del greco sulla loro lingua,
ne notarono le affinità considerando l'eolico come loro lingua madre.
Di tale questione si occupa largamente Teresa Cupaiolo (I 2104).
III. Storia della cultura ed in particolare della lettera-
tura greca. — Anche in questi ultimi anni non sono mancate le opere
generali di illustrazione alla cultura greca. Ricordiamo per la parte no-
tevole che vi è riserbata alla letteratura, la seconda ediz. (1924) della
Antike Kultur di Fr. Poland, E. Reisinger e R. Wagner, la quale
sì presenta anche in veste italiana per opera di L. Arditi presso l’edi-
tore Vallecchi di Firenze (I 2105) e l’112 edizione della non meno nota
Hellas del Wagner, Baumgarten e Martin (I 2160), accanto alla nuova
edizione (terza) dell’Etnleitung in die Altertumuissenschaft di Gercke-
Norden (I 2107), al cui compimento manca solo il fascicolo riguar-
dante la Metodologia del Gercke.
E poichè quest’opera è il manuale più pregevole ec più diffuso
che tratti in generale della filologia classica nelle sue forme più varie
non sembri inopportuno darne qui l’elenco del contenuto nei singoli
volumi, tanto più che il primo volume è pubblicato in fascicoli
separati per comodità degli studiosi.
Vol. I: 1°. Wilamowitz, Geschichte der Philologie (1921); 3°. Grie-
chische Literatur, v. E. Bethe u. M. Pohlenz (1924) di pp. 1099; 4.° Rò-
mische Literatur v. E. Norden (1923); 5.° Christliche Literatur v. H.
Lietzmann (1923, pp. 30); 06.0 Sprache v. P. Kretschmer (1923,
I. 2103 — STURTEVANT F. H,,
2° Aufl. 1924. — La civiltà antica,
Influence of Greek on Vulgar Latin:
trad. di L. ARDITI, 390 con 110
TPAPhA., LVI, 1925, 5-25.
I. 2104 — Curaroto T., La
teoria della derivazione della lingua
latina dall’eolico, 69, Palermo, tip.
Boccone del Povero 1025.
I. 2105 — Poranp FR. Rri-
SINGER, E. WacxNER R, Die an-
Zike Kultur in ihren Hauptziigen,
—
ill., 5 tav. fuori testo, e 2 cart.
geogr. Iirenze, Vallecchi 1924.
I. 2106 — \VAGXER, BAUMGAR-
TEN, MARTIN, Zfellas. Die alten
(oriechen und ihre Kultur, XL Auf.,
VII-406, 215 AbDbild., 3° Beilag,
Berlin 1923.
I. 2107 — GeERcKE- NORDEN,
305 —
Aevum - Anno I - 20
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2108-21 10
pp. 121); 7.° Griech. Metrik v. P. Maas (1923, pp. 32); 8.° Romische
Metrik v. Fr. Vollmer (1923); 9.° Griech. Epigraphik v. Hiller v.
Gaertringen; Papyruskunde v. W. Schubart; Griech. Palacographie
v. P. Maas (1924, pp. 81); 10.° Latein. Epigraphik v. H. Dessau;
Latein. Palacogr. v. P. Lehmann (1925). — Vol. II: (1922), Grieck.
u. rim. Privatleben v. E. Pernice; Mwnzkunde v. K. Regling; Griech.
Kunst v. Fr. Winter; Griech. u. ròm. Religion v. S. Wilde-M. P.
Nilsson; Exacte Wissenschaften u. Medizin v. J. L. Heiberg; Gesck.
d. Philosophie v. A. Gercke. — Vol. III (22 ed., 1914): Griech. u. rom.
Geschichte v. C. F. Lehmann-Haupt, K. ]J. Beloch, E. Kornemann;
Griech. Staatsaltert. v. Br. Keil; Rom. Staatsalt. v. K. J. Neumann.
Per importanza, come opera di diffusione e di consultazione
più generale, accanto all'opera: dei Gercke-Norden dobbiamo se-
gnalare anche quella della Kultur der Gegenwart per quanto niuna
nuova ristampa in questo ultimo periodo sia stata fatta, del vol.
VIII, 1 che fra l’altro contiene la storia della letteratura greca
del Wilamowitz, della letteratura bizantina del Krumbacher, e della
lingua greca del Wackernagel (I 2108). Nè dobbiamo dimenticare la
continuazione della Real/-Encvklopddie, del Pauly curata da Wissowa-
Witte (I 2109).
Quanto alla storia letteraria tiene il campo principale fra le
ultime pubblicazioni il compimento della nuova ristampa per cura
dello Stahlin della Storia della letteratura greca del Christ (I 2110).
Il volume manuale d’un tempo si è venuto allargando nella sesta
edizione (di cui nel 1924 è uscita la 2% parte del II volume) in
più volumi di considerevole mole e di prezioso contenuto.
L’opera del Christ è ormai opera di consultazione più che un manuale
pratico, quali erano invece, pur con indirizzo affatto personale e
Finleitung in die Altertumwissen- Mittelalter v. E. NoRDIN; Die
schaft, nr Aufl., Leipzig, Teubner at. Sprache, v. FR. SKUTSCH
1921, Segg.
I. 2109 — PauLvy's, Real-Ency-
I. 2108 — Die Kultur der Ge- clopadie, n. Bearb., v. Wissowa-
genwart, hrsg. v. HINNEBERG, via KroLL- K. WITTE, XXIII (1924),
I, Die griechische u. Latetnische xxiv (1925), Kynesioi- Libanon;
Literatur u. Sprache. — Compren- 1 ser., Iv (1923) Selinuntia-Sila;
de: Die griech. Literatur des Al-. Supplem. iv (1924), Abacus-Le-
tertumis v. \WILAMOWITZ-MOELLEN- don. Stuttgart, Metzler.
DORFF; Die griech. Liter. des Mit-
telalters v. K. KRUMBACHER; Die I. 2110 — CHRIST (v.) W., Ge-
griech. Sprache v. J. WackERr- schichte der griech. Litteratur, Vi
NAGEL; Die rom. Liter. d. Al-- Aufl. v. STAEHLIN-ScHM1D, Miinch.,
tert. v. FR. LEo ; Die latein. Liter. O. Beek, 11, 11, Die Nachkl. Periode
in Uebergang vom Altert. zum der Griech. Litteratur, 1924.
:--- 306 —
GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2111-2117
frutto di particolari ricerche quelli del Wilamowitz e di Bethe-Pohlenz
giù ricordate. (I 2107, 2108). Manuale nel vero senso della parola è
quello del Fowler (I 2111) nella sua nuova revisione, per le persone
colte forse ancor più che per le scuole. Più limitato nelle sue pretese
scientifiche, ma non privo di vedute originali, pur cercando di attenersi
ai resultati sicuri delle più recenti ricerche, è il manualetto del Nestle
(I 2112) che trattala storia letteraria dalle origini ad Alessandro Magno.
Omero si presenta in un quadretto vivo, la figura profetica di Esiodo
acquista una luce nuova, Demostene apparisce forse troppo idea-
lizzato. Ma non conviene dimenticare che si tratta di operetta di divul-
gazione, come è anche quella del Mader (I 2113) e la più recente dello
Aly (I 2114) che ci tratteggia lo sviluppo delle correnti di pensiero e
delle forme letterarie. Altra breve storia della letteratura greca scrive
il Norwood (I 2115) delineando le figure principali con le caratteristi-
che desunte dai tratti migliori delle loro opere. Fra le pubblicazioni
nostrane ricordiamo la nuova (XX) edizione dell'ottimo compendio di
V. Inama (I 2116) che il Bassi ed il Martini hanno aggiornato nella
parte bibliografica, con aggiunte sulla letteratura cristiana e sulla lette-
ratura greca degli ultimi tempi; il rifacimento per opera di Fr. Marinelli
del bel Disegno Storico della letteratura greca di G. Setti (12117). Il Setti
aveva fatto un lavoro perle scuole inspirato a quel concetto artistico che
si rivela in tutte le altre sue opere e con grazia ed acume aveva cercato
di presentare le figure dei grandi artisti dell'antichità greca nel loro
valore d'arte; spesso la passione dell'artista aveva preso la mano
al critico ed allo storico, specie nei riguardi della scuola. Il Marinelli
cercò di ridurre il libro allo scopo reale che si era prefisso l’autore,
adattandolo ai regolamenti scolastici, aggiungendo (questa è la parte
nuova) notizie sulla letteratura cristiana, curando la bibliografia.
I. 211! — FowLER H. N, A.
history of ancient Greeh Literature,
New and revised edition, x-503,
New York, the Macmillan Compa-
ny 1923.
I. 2112 — NESILE VW, Gesch.
der griech. Literatur (= Samml.
Goschen), 137, Berlin-Leipzig, De
Gruyter u. C. 1923.
I. 2113 — Mapekr L., Gesch. d.
griech. Liter., vii-126, Bielefeld u.
Leipzig, Klaring 1924.
I. 2114 — Ary W.,, Geschichte
d. griech. L:teratur, xvI-418 (=
Handbibl. d. Philol.), Leipzig
1925.
I. 2115 — NorwooDb G., The
IHriters of Greece, 142, Oxford,
Clarendon Press 1924.
I. 2116 — INAMa V,, Lettera-
tura greca, 20% ediz. rived. ecc. da
D. Bassi ed E. MARTINI, XIX-
355, Milano, Hoepli 1924.
I. 2117 — SETTI G., Disegno sto-
rico della letter. greca, 3* ediz. rin-
nov. e accresciuta da FR. Mart-
NELLI, VI-329 con 35 illustr., F1-
renze, Sansoni 1424.
— 307 —
CESSI. LETTERATURA GRECA, JI. I. 2118-2123
Ma il libretto ha perduto la sua originale, se pur sì voglia considerare
‘ difettosa, caratteristica dell’opera del Setti: più utile come guida
a studenti di liceo, meno interessante nel riguardo della cultura par-
ticolare della nostra nazione. Il Cessi (I 2118) tenta di dare un quadro
storico della vita letteraria greca secondo una più larga visione;
inquadrando cioè la vita letteraria ed artistica in quella storica e
politica, cercando di mettere in luce piuttosto lo sviluppo generale
delle grandi correnti di vita spirituale che non occupandosi delle
minute notizie dei singoli autori, richiamandosi alle conclusioni
più sicure delle più recenti ricerche filologiche e storiche, ma se-
guendo un indirizzo ed una concezione sua speciale nella visione
di tale sviluppo. Il libretto deve servire per le scuole liceali classiche,
ma vuol essere anche una guida per chi voglia procedere un po’
più oltre nel campo degli studi letterari e però è data notevole parte
alla bibliografia italiana in particolare, specialmente nel periodo
classico. Il criterio informatore del libro è quello che il Cessi (I 2119)
aveva esposto nel suo programma di studi e di ricerche pubblicato nel
1924, come resultato delle sue lezioni accademiche. — Registriamo al-
tresì una nuova tiratura del ben noto Manuale dei proff. Vitelli e
Mazzoni, così diffuso, a giusta ragione, nelle nostre scuole (I 2120).
A campi più particolari della storia letteraria appartengono i
lavori del Bethe (I 2121) che ha iniziato una serie di fascicoli per illu-
strare la poesia greca nel suo svolgimento artistico, sopra tutto
con lo scopo di divulgare fra le persone di media cultura la cono-
scenza della poesia greca; del Heinemann (I 2122) che dà un quadro
breve ma compiuto dello sviluppo di tutta la poesia classica greca, con
buon gusto e piena conoscenza; del Laurand (I2123) che offre il ma-
teriale bibliografico riguardante l'antica eloquenza. — Favore speciale
ha goduto in questi ultimi tempi la letteratura ellenistica il cui
interesse è dovuto anche alla natura dci documenti letterari artistici
I. 2118 —CFSssI C., Quadro storico
della letter. greca, ad uso dei Licei
classici, 383, Catania, Muglia 1925.
I. 2119 — Cessi C., Le origini
della letter. greca (= Pubbl. della
Univers. Cattol. del S. Cuore; serie
Iv, vol. II, p. 1, 50, Milano, Società
Editr. « Vita e Pensiero » 1924.
I. 2120 — VITELLI G. - Maz-
zoNI G., Manuale della letteratura
greca, XV tirat. e appendice, VIII-
673, l'irenze, Barbera 1925.
I. 2121 — BeTtHE E., Die grie-
chische Dichtung,1 Heft, (= Handb.
d. Literaturwiss. hrsg. v. Ost.
Walzel, n. 20), 32, Wildpark-
Postdam a ]., Athenaion 1924.
I. 2122 — HEInEMannN k,,
Die Rlassische Dichtung d. Grie-
chen (= Kròners Taschenausgabe
n. 15), Leipzig 1924.
I.2123—LAURAND L.., Ponrcom-
prendre l’eloquence antique. Biblio-
graphie: MB., XXIX, 1925, 39-57.
— 3508 —
GENER. III. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2124-2126
che l'Egitto ci restituisce quasi quotidianamente coi suoi papiri.
Ne è del tutto estranea a tale propensione anche quell’intima ana-
logia psicologica che lega l’età moderna con quella ellenistica. Il Le-
grand, ben noto come fine studioso della letteratura ellenistica, scrive
un breve quadro generale (I 2124) della vita letteraria ellenistica, illu-
strandone le particolari caratteristiche: è un lavoro d’insicme scritto
con brio e senso d’arte. Invece più particolari ricerche, per quanto
non abbiano carattere peculiarmente erudito, instituiscono il Bury, il
Barber, il Bevan e il Tarn nel presentarci gli aspetti vari della civilta el-
lenistica (I 2125). Il Bury studiando la decadenza politica della vita gre-
ca mette forse con soverchia acutezza e passionalità in evidenza la
modernità dell'età ellenistica; il Barber si occupa della letteratura con
cenni troppo fugaci; il Bevan tratta della filosofia che è forse il campo
più fecondo e originale della cultura ellenistica; mentre il Tarn tratteg-
gia la vita sociale nelle sue profonde e quasi improvvise trasformazioni
dallo spirito classico ad uno spirito più largo, quasi universale. —
Punti particolari della storia della poesia ellenistica illustrano i lavori
che da lunghi anni il Wilamowitz ad essa dedica e che ora ha rac-
colto in due notevoli volumi (I 2126). Le ricerche erudite parziali si
assommano, per chi voglia ricercarla, anche in una visione generale
di tutta l’arte ellenistica, chè l’autore risale di frequente dalle disqui-
sizioni minute a più largo campo, trattando altresì questioni di na-
tura politica, religiosa, sociale, morale. Il primo volume comprende
uno sguardo alla vita politica dell'età ellenistica e studia il costi-
tuirsi del regno macedonico, il suo estendersi, la sua natura, il suo
influsso, e di poi le condizioni delle singole città della Grecia conti-
nentale ed asiatica; quindi le forme peculiari dell’arte ellenistica cioè
l'epos, l’idillio e l'epigramma, e da ultimo si sofferma su Alessandria,
e, principale rappresentante della letteratura ellenistica, su Callimaco,
di cui mostra l’influsso su pocti posteriori greci e romani. Il secondo
volume (Interpretationen) discute alcune questioni speciali delle opere
di Callimaco (Inni, Epinicio a Sosibio, Aitia, Ibis), di alcuni epi-
esrammi, del Tolomeo e Talisie di Teocrito, quindi di Licofrone,
Apollonio, Cleante, Arato, Catullo (c. 4, 34, 61, 62, 63, 64, 65) e
della Copa. Ma tutti questi lavori richiedevano la necessità di una
raccolta dei frammenti dei poeti ellenistici, e che ora il Powell sod-
I. 2124 — LEGRAND PH., Za hellenistic civilisation, 1x-151, Cam-
poésie alexandrine, 108, Paris, bridge, Univ. Press 1923.
Payot 1924. I. 2126— \ViLamowITz v. MoOEL-
I. 2125 — Bury ]. B., BARBERO LENDOKRFF Un., Hellenistische Dich-
E. A., BEvaN Epw., TARN W. W., ung in der Zeit d. Kallimachos,vi-
The hellenistic Age. Aspects. of 2444+ 338, Berlin, Weidmann 1924.
— 309 —
CESSI, LETTERATURA GRECA. I.
__I. 2127-2131
disfa col grosso e nutrito volume dei Collectanea Alexandrina (I 2127)
che contiene le reliquie dei poeti epici, elegiaci, lirici, morali, riserban-
dosi ad un secondo volume, che auguriamo prossimo, quelle degli
epigrammatici. Lavoro questo del Powel capitale e fondamentale
per chiunque si voglia occupare della letteratura ellenistica.
Di carattere divulgativo invece è il libretto sulla poesia elle-
nistica del Kérte (I 2128), pur non mancando di quei pregi particolari
che derivano dalla conoscenza profonda quale della letteratura di
quel periodo ha l'autore, specialmente riguardo alla drammatica.
La cultura letteraria della società ellenistica ci è palesata dal
lavoro dell’Oldfather (I 2129), lavoro interessante non meno per gli
studiosi della storia letteraria che per i papirologi. Si dimostrano
quali fossero le tendenze e le preferenze e dei lettori e degli studiosi
dell'Egitto greco romano. Omero vi ha la parte principale, pur essen-
do estesa l’attenzione degli ellenistici a tutto il campo degli studi.
L’Hombert (I 2130) in particolare mostra come nel 2° secolo
l'influsso dei sofisti porti un rinascimento negli studi e l’asianesimo
sia motivo di rifiorimento della lirica fino al terzo secolo nel quale
la lirica e la retorica, sopraffatte dalla passione erudita, decadono
lasciando il campo agli studi grammaticali e dì carattere scientifico più
speciale. È il periodo in cui più che il senso artistico domina il desiderio
dell’erudizione, la tendenza alla sistemazione delle cognizioni: in cui
anche l’arte è sottoposta a regole, ed a norme specialmente dopo l’o-
pera aristotelica. Particolarmente tali questioni interessavano il mon-
do degli studiosi e dei grammatici e la teoria dell'arte e la poetica in
genere furono variamente discusse e trattate, divenendo quasi il fon-
damento delle questioni filosofiche delle varie scuole. I frammenti
di Neottolemo hanno riacceso di nuovo la questione fra i moderni
riguardo alla concezione dell’arte presso gli ellenistici ed oltre i
frammenti papiracei ce ne danno attestazione le affermazioni oraziane
nell'epistola ai Pisoni, che fu tormentata in ogni modo per questo
rispetto. Il Latte, fra i più recenti, ricerca (I 2131) nell’epistola le
I. 2127 — Powett J. U., Col- The Greek Literary Texts from
lectanca alevandrina - Reliquiae Graeco-Itoman Egvpt. A Study in
min. poet. graec. aet. Ptol,. 323-146 the history of civilization, VIII-104,
a. C., xX-203, Oxford, Clarendon Madison, 1923.
P 5.
ress 1925 I. 2130 — HomBerT M., A
I. 2128 — KGRTE A., Helleni- propos de lectures préfertes des
stische Dichtung, 333 con 4 ill. Vettrés de l'Egypte préco-romaine:
(= Kròners Taschenausgabe n. 47) RBPA., 1924, 680-701.
PDA 920: I. 2131 — LATTE K., Reste frith-
I. 2129 — OLDpFATHER CH, H., Ahellenistischer Poctikà im Pisonen-
— 210 —
GENER. IIT. STORIA DELLA CULTURA, ECC. I. 2132-2135
traccie della poetica ellenistica e non di fonte aristotelica, ma di
quel primo ellenismo che si riconosce in Demetrio bizantino e di cui
si hanno deboli traccie in Filodemo, per il quale non possiamo non
ricordare qui, benchè di data alquanto più antica, i lavori del Ro-
stagni (Sulle traccie di un'estetica dell'intuiz. presso gli antichi in
AeR., 1920; Aristotele ed Aristotelismo nella storia dell’estet. antica in
SIFCI. n. s. II, 1921, ecc.) cui hanno dato motivo le ricerche ca-
pitali del Jensen (Neoptolemos u. Horaz in Abh. Berl. Ak., 1918).
L'ellenismo ha importanza capitale nella storia dell'umanità;
in questo periodo la cultura ellenica si trasforma in cultura univer-
sale fondendo in un indirizzo principale tutte le tendenze e le aspi-
razioni delle stirpi greche e dei popoli più vari coi quali i Greci vennero
a contatto. La cultura greca si allargò dal territorio greco in quello
delle regioni vicine d'Oriente, d'Occidente, a Nord ed a Sud, esten-
dendo le sue radici profonde in tutto il mondo allora conosciuto
e gettando le basi della civiltà moderna. Come l’ellenismo si sia andato
diffondendo nel territorio straniero illustra B. A. v. Groningen (I 2132);
quali siano stati gli effetti di questa diffusione per i caratteri che
andò assumendo la nuova cultura e l’influsso che essa esercitò sui
nuovi territori considerano da punti di vista diversi il Laqueur (I 21 33)
ed il Meyer (I 2134). Il Laqueur esamina lo spirito nuovo informatore
degli ordinamenti politici e sociali degli Stati particolari che si an-
darono formando da Alessandro in poi; il Meyer persegue il rin-
novamento apportato specialmente nell'Asia dalla vita ellenica, lo
sviluppo artistico, oltre le concezioni politiche fino al loro affie-
volirsi per la prevalenza dei nuovi elementi sorti dalla fusione e
sincretismo dei tempi recenti. Un quadro poi vivo di tutto questo
grande movimento, che apparisce quasi fantastico nella sua larghezza
e nella grandezza e ricchezza di effetti, ci presenta il Birt (I 2135), in-
tessendo sulla storia, accuratamente vagliata, dei grandi avvenimenti
quasi un romanzesco racconto del periodo di vita da Alessandro
Magno a Gesù Cristo, con vivacità suggestiva.
brief des Hovaz.: H., LX, 1925, I. 2134 — MrevER Ep,, Bliite und
1-13. Niedergang des Hellenismus in
Di Asien Kunst und Altertum (= Alte
I. 2132— v. GRONINGEN B. A., Kulturen im Lichte neuer For-
Hellenisme op vicemdon bodem, schung. v), 82, Berlin, 1925.
Groning, Noordoff 10925.
I. 2135 — BIRT TH., Alexander
T. 2133 — LaQuEUR R., Zelle- d. Grosse u. das Weltgriechentum
nismus (= Schr. d. Hess. Hochsch. bis zum Erscheinen Jesu, II verb.
Univ. Giessen, I), 36, Giessen Aufl., 505 con 12 tavole, Leipzig,
1925. Quelle und Meyer 1924.
— 311 —
CESSI. LETTERATURA GRECA, I,
aa
I. 2136-2140
La diffusione dell’Ellenismo nel territorio settentrionale fra
popolazioni meno civili e non educate da una tradizione di cul-
tura fu più lenta, incontrando più gravi ostacoli, ma non fu
meno profonda e benefica. Il Paàrvan seguì la penetrazione el-
lenica ed ellenistica nella vallata del Danubio (I 2136-137) dove
la vecchia cultura caratteristica ionica rimase più a lungo perchè
meno soggetta a quelle variazioni politiche che turbarono le
regioni meridionali, come ne da esempio sovra tutto la colonia
ionica di Istria (fondata nel VII sec. a. C.) all’estuario danubiano.
Quivi gli scavi recenti hanno messo in luce molte epigrafi attestanti la
condizione di vita economica, politica, religiosa della regione, non che
il risveglio letterario per il ricordo di un Movoetov del 3° secolo e le
relazioni con Cizico, la metropoli letteraria ed artistica del Ponto
Eussino. — Delle più tarde manifestazioni della vita ellenistica trasfor-
matasi nella cultura bizantino-cristiana si occupa lo Schemmel
(I 2138-2139), tracciando a larghe linee la storia della scuola di Cesa-
rea di Palestina, con notizie tratte da Gregorio Nazianzeno, Libanio e
specialmente da Coricio, e di quella di Costantinopoli nei secoli XII-
NV da Giovanni Itilo, successo a Psello, fino a Giacomo d'Angelo
da Scarpario ed al Crisolora.
Nè l'influsso diretto della vecchia cultura ellenica si è del tut-
to perduto anche nella più recente vita greca. Nel rinnovamento
della vita moderna non mancano legami col passato; il carattere
del popolo è rimasto profondamente greco nonostante le infiltrazioni
e modificazioni e ne conserva traccie specialmente la poesia popo-
lare, traccie che il Morici (I 2140) va notando, con diligenza, ad es.
la contesa dei monti, nei canti neoellenici, che risale a Corinna, il
ciclo di Caronte, ecc.
IV. Sussidi filologici. — I) BIBLIOGRAFIA. Padre della filo-
logia nei tempi moderni è considerato F. A. Wolf, il quale per primo
I. 2136 — PARVAN V., La péné-
tration hellénique et hellénisiique
dans la Vallée du Danube: Aca-
déemie Roumaine. Bull. de la sect.
historique t. x., 25, Bucarest, Cul-
tura Nationala 10923.
I. 2137 — PARvan V., Zlistria
VIII: Academia Romana, Memo-
rij Sect. Istor., Sez. IM. Tom. 11,
num. I, 133, x tav., Bucaresti,
Cultur. National 1923.
I. 2138 — ScHEMMEL FR,, Die
Schule v. Caesarca in Palastina:
PHKIV., 1925, 1279 SS.
I. 2139 — SCHEMMFL FR,, D.
Schulen v. Konstantinobel vom
12-15 fahrhund:: PhIV., 1925, 236-
240.
I. 2140 — MORIicI G., Poesia
d'arte e poesia di popolo in Grecia:
Aelt., 1924, 19-38.
— 312 —
GENER. V. SUSSIDI FILOLOGICI. I. 2141-2144
cercò di dare un ordinamento organico ed una sistemazione scientifica
agli studi filologici. L'ardito tentativo del Wolf fu seguito, modifi-
cato dagli scolari suoi; trovò opposizioni e consensi vari, ma rimase
sempre la base fondamentale della filologia classica dell’età nostra.
A. Bernardini illustra largamente i criteri, la concezione storica e
filosofica seguiti dal Wolf (I 2141) con ricerche che mettono in luce
migliore il valore delle affermazioni del Wolf, la natura del suo spirito,
e meglio cì fanno intendere il carattere e l'indirizzo del filologo e fi-
losofo della filologia. Un manuale utile per i giovani filologi è quello di
B. Raube (I 2142), non meno che quello di G. A. Piovano (I 2143) nel
quale all'elenco alfabetico degli autori, con la dichiarazione biblio-
grafica delle loro opere, è premessa una breve introduzione che dovreb-
be servire ad orientare lo studioso italiano e forestiero (e forse più
questo che quello!) nelle correnti degli studi di filologia greca in Ita-
lia. Poichè lo scopo principale della raccolta cui appartiene il lavoro
del Piovano è quello di dimostrare agli studiosi forestieri quanto
lavoro abbia compiuto l’Italia nel campo degli studi greci sarebbe
stato opportuno che nell’introduzione fossero studiati più chiaramente
tutti gl'indirizzi, evitando lacune notevoli, e che nell'elenco degli
autori e delle opere loro le indicazioni fossero più esatte. Il merito di
un lavoro bibliografico consiste particolarmente nell’esattezza e nella
precisione, sovra tutto poi quando deve servire alla diffusione e di-
vulgazione all’estero del lavoro nostro nazionale! Comunque è pre-
gevole il lavoro come il primo tentativo di una raccolta di materiale
bibliografico italiano dai più ignorato e in generale disprezzato e
quanto a torto! Degli indirizzi, disegnati a larghe lince dal Piovano,
parla con criterio sintetico il Pasquali (I 2144) delincando le figure
più caratteristiche dei nostri studiosi quali il Vitelli, il Fraccaroli, il
Romagnoli, segnalando le traduzioni più importanti, indicando i com-
menti al classici e le edizioni critiche dovute ad Italiani, accennando
a tutto il lavoro fatto da Italiani nel campo della papirologia, gram-
matica, metrica, della critica letteraria, della filosofia, e degli studi
ellenistici. Neanche il lavoro del Pasquali si può considerare com-
pleto, ma illumina meglio, nella parte generale, quello del Piovano.
I. 2141 — BERNARDINI À., Sto- teratur Fithrer, n. 4), 123, Leipzig
ria e scienza dell'antichità in F. A. Koehler u. VolcEkmar 1923.
Wolf: RECI., 1925, 305-339. I. 2143 — Provaxo G. A.. Gli
studi di greco (= Guide bibliogra-
fiche ICS, n. 17-18), 185, Roma,
Fondazione Leonardo 1924.
I. 2142 — RaugGÒÙei B., Von der
Antike. Ein Fiihrer durch die
gemeinverstandliche Literatur vom
klassischen Altertum (= Kleine Li- I. 2144 — PASQUALI G., Gli stu-
— 313 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. 1.
i lie Li
2. Lessici. — Il ben noto lessico dei Liddel-Scott (I 2145) si ri-
presenta in una nuova edizione per cura di H. Stuart Jones e di Mc.
Kenzie con aggiunte dovute ai recenti ritrovamenti papiracei ed
epigrafici. Il primo fascicolo contiene le voci &-&roBatvo. — No-
tevole pubblicazione nel campo degli studi lessicografici in questi ul-
timi anni è la 2° ediz. del Dizionario etimologico della lingua greca
del Boisacq (I 2140).
Scolastico è il lessico del Gemoll (I 2147) che il Martini e il
Bassi hanno tradotto ed adattato per le scuole italiane.
Agli studiosi di filologia ed ai giuristi ad un tempo riuscirà utile
il vocabolario delle parole greche del Codice giustinianeo compilato
da Mariano S. Nicolò (I 2148).
Non dobbiamo infine dimenticare il capitale M'òrterbuchk dei
documenti papiracei del Preisigke (I 2149) giunto ormai alla parola
cùvorda, con l’ultimo fascicolo pubblicato in questi giorni.
3. MANOSCRITTI. — Per le ricerche dei manoscritti nelle biblio-
teche d'Europa è necessaria ormai la guida procurataci dallo Schis-
sel che dà notizia (I 2150) dei repertori bibliografici riguardanti le
raccolte dei manoscritti. — Importanza notevole, come tutte le notizie
che ci svelano a poco a poco i misteri del monte Athos, ha il Catalogo
dei manoscritti greci del Monastero di Vatopedi che Eustratiades
Sophronius ha potuto compilare (I 2151); non sono grandi novità
per gli studi nostri essendo pochi i codici antichi riguardanti gli
autori classici (Omero, Platone, Callimaco, Demostene, Eschine,
Sofocle, ecc.) e di un valore filologico relativo, ma interessa il lavoro
di di Greco: Leonardo, I (1925),
201-205; IH, 1, 4-7.
RoB. MayR, Pars altera (graeca)
edita curis M. S. Nicotò, Pragae
1925.
I. 2149 — PrREISIGKE FR., Wér-
I. 2145— LinpeL-Scotr's, Greek
Engl. Lexicon. A new edit. reiis.
a. augm. troughout by H. STUART ferbuch der griechischen Papvrus-
Jones, with the assistence of R. Runden, mit Einschluss der grie-
Mc. KENZIE, etc. P. I, xLVI-192, ch. Inschriften, Aufschriften, O-
Oxford, Clarendon Press 1925. straha, Mumienschilder usw. atts
I. 2146 — Bolsaco E., Diction Aegvyvpten, con ritr. del PreisigFe,
ctvmol. de la lang. grecque, 28 ed.,
Heidelberg 1923.
I. 2147 — GEMOLL G., Vocabo-
lario greco-ital. ad uso delle scitole.
Trad. con aggiunte di D. Bassi
ed E. MaArtINI, IV-880, Palermo,
Sandron 1023.
I. 2148 — S. NicoLò Marano,
Vocabolarium codicis Justrniani ed.
un cenno necrologico scritto da E.
KIEssLING, e la tavola delle ab-
breviazioni, I, 1-3, II 1, Heidvlberg
1924 SEeg.
I. 2150 — ScHissEL OTWM., Ka-
talove Gvriechischen Handschriften,
XII-84, Graz, Moser 1924.
I. 2151 — EUSTRATIADES SO-
‘PHRONIUS ARCADIOS, Catalogue of
- - 314 —
GENER. V. VALORE DELLA CULTURA, FCC.
I. 2152-2155
per la storia della cultura di quella curiosa regione. — La grande col-
lezione dei codici degli astrologi greci si è arricchita del tom. X che
contiene la descrizione dei codici ateniesi per cura del Delatte (I 2152);
mentre quella degli alchimisti (I 2153) presenta due volumi, il primo
con la descrizione di 19 manoscritti parigini e 15 ceranidi, il terzo
con la descrizione dei quattro di Oxford, uno ceranide e due Leidensi.
V. Valore della cultura classica. — Di interesse generale
politico e morale ad un tempo è la questione sul valore che la cul-
tura classica e greca in particolare ha nell’educazione e nella forma-
zione della vita spirituale moderna. Di contro all'indifferenza ed all'a-
patia o peggio all’avversione di pochi anni or sono, si nota, in par-
ticolare dopo lo sconvolgimento della grande guerra, un rinnovamento
dello spirito moderno ed una viva aspirazione alla cultura classica.
E non solo per un feticismo del passato che pareva dovesse essere
sepolto sotto le macerie della società soverchiata o distrutta dalla
guerra fatale; ma per un intimo bisogno che sorge prepotente in
mezzo alle più gravi angustie d'ogni genere, che urgono d'ogni parte
la vita moderna. La cultura del passato risorge nel desiderio e nel
sentimento comune come elemento di vita nuova, non solo per la
società letterata ma anche per il popolo. Su questo insiste Ernst
Horneffer (I 2154) sostenendo che appunto nel classicismo è la vera
fonte della educazione del popolo. E già lo Stemplinger (1 2155) aveva
dimostrato il valore pratico della cultura umanistica traendo do-
cumento dai dati statistici dei congressi e delle votazioni indette a
tale proposito specialmente nel ceto industriale e scientifico nel I9II
in Francia, nel 1913 in Austria e nel 1910 in Germania, nel 1921 fra 1
the Greek Manuscripts inthe library
of the Monasterv of Vatopedt on
Mt. Athos, Cambridge, 1924.
I. 2152 — DELATTE A. M,, Ca-
talogus codicum astrologorum grae-
corum. Codices Athenienses, Tom.
X, V1I11-291, Bruxelles, M. Lamertin
1024.
I. 2153 — Catalogue des mss. al-
chimistes grecs publ. sous la di-
rection de Bibez ]., CUMONT FR.,
HerBERG ]J. I.., et LAGERCRANTZ
O., I: Les «parisini » décrits par
H. LEBÈGUE en appendice les miss.
des Coeranides et tables générales
P. M. DerLcourT. III. Les mss.
des Iles Britann. decrits par DOor.
W. SINGER avec la collab. de ANNIE
AxpERSON et W. |J. ANDERSON,
en appendice les recettes alchimi-
ques du Codex Holckhaminus édi-
ties par O. LAGERCRANTZ, X-
320-084, Bruxelles, M. Lamertin
1024.
I. 2154 — HorNEFFER ERXNST.,
Die Klassische Bildung als allge-
meine Volkshildung, 20, Giessen,
Topelmann 1925.
I. 2155 — STEMPLINGER ÈE., Der
praktische Wert. der humanisti-
schen Studieni: N ]., XXVI, 1924
IV, 23 SEU.
-- 315 --
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2156-2162
medici svizzeri, e dalla Camera di Commercio di Lyon. Non si tratta
di far risorgere le pure e semplici forme dell’antichità ma di sentirne
lo spirito vitale, come appunto sostiene il Bruns (I 2156); bisogna
trarre dall'antichità non un bagaglio storico ingombrante, ma ele-
menti di vita nuova, come dimostra l’Immisch (I 2157) poichè il
neoumanesimo deve mirare al rinnovamento del presente nella fu-
sione dello studio delle lingue e della vita antica e moderna, far notare
o meglio far sentire quello che di eterno e di perenne è nella cultura
antica e l'influsso che l'antico ha sul moderno, Lo Stemplinger (I 215$)
in più lavori si propose di mostrare praticamente questo fatto, metten-
do in luce le relazioni tra il moderno e l’antico di cui ricerca l’attua-
zione nello spirito di Arndt, Gutzkow, Schopenhauer, Méorike, Flaubert,
Hebbel, Wagner, riconoscendo i motivi antichi nelle favole tedesche,
l’effetto estetico ellenico nello stesso Cristianesimo. Sovra tutto i
Tedeschi sì sono sforzati in questi ultimi anni di dimostrare l'utilità
del ritorno al passato per lo spirito della stirpe, come pensa lo Spranger,
(I 2159) e per l'educazione popolare, ritenendo nello studio del passato
un fondamento della loro nazionalità e quindi più stretti e diretti 1
rapporti fra cultura classica e germanica, come si propone di illustrare
G. Neckel (I 2160). L’umanesimo, dichiara G. Némethy (I 2161), e più
che tutto quello ellenico, dopo aver scossa l’Italia dalla cultura medie-
vale e prodotto il Rinascimento, ha stimolato alla fine del sec. XVIII
la scienza della antichità, che ha dato motivo alla filologia moderna
ed è divenuta oggetto di scienza storica, avendo avuto il merito
immenso di liberare il nostro spirito da gretti inceppamenti re-
gionali e farlo librare in più vasti campi. E però e ovunque è au-
spicato fra le nazioni civili il ritorno all’antichità e il grande mo-
vimento nelle nazioni moderne da buoni frutti. Lo segue e lo di-
mostra Edw. Greenlaw (I 2162), compiacendosi della nuova rac-
colta iniziata dall'editore Harrap di Boston per le cure di S. D.
Hadzsitz e D. M. Robinson col titolo Qur Debt of to Greece and
“
Antihe und der deutsche Geist:
BBIGSch., LXI, 1925, 193-204.
I. 2160 NECKEL G., Germa-
I. 2156 — Bruns, Die lebendige
Krajt der Antike fiir die Gegen-
warl: H(., 1923, 82 Sg.
I. 2157 — Immisch O., Die hu-
manistische Bildung und die Ge-
cenwart: HG., 1923, 9-20.
I. 2158 — STEMPLINGER E., Die
Liwigheit der Antihe, 1506, Leipzig,
Dieterich 1924.
I. 2159 — SpraxceERr Ep., Die
nische und IKlassische Philologie:
N ]., 1925, 40-53.
I. 2161 — NÉMETHY G., Hele-
na und Faust: HG., 1924, 4-10.
I. 2162 — GreEenxLaw Enpw,,
The Return to the Classics: SIh.,
XXI, 1924, 049 SE2.
— Jlb —
GENER. V. VALORE DELLA CULTURA, ECC. I. 2163-2171
Rome, il nostro debito cioè all’antichità classica; lo dimostra la
nuova raccolta dei classici in Francia per opera della Société des
belles Lettres, secondata dall'Association Guillaume Budé per man-
tenere lo studio dell’umanesimo in Francia, di cui a lungo trat-
ta L. Muriés (I 2163); e per cui lotta Bérard Léon (I 2104) mentre la
Francia attende alla riforma dell’insegnamento secondario; lo atte-
stano i resultati dell'inchiesta sugli studi classici agli Stati Uniti
apportatici da C. A. (I 2165) nel Bollettino del « Musée Belge », e di-
vulgati fra noi per opera di P. Bellezza e C. Pascal (I 2166). È una
lotta iniziata e sostenuta non dagli studiosi di professione dell’anti-
chità, chè si potrebbe in tal caso coonsiderare un movimento di inte-
ressi personali, ma in particolare da chi vive in ambiente lontano dal
classicismo e che appunto per questo nella vita pratica ne sente la
mancanza. Ora è un medico che sente il bisogno della vecchia cultura
per bocca del Knapp (I 2167), ora un industriale (I 2168), da ultimo
uno psichiatra (I 2169), e fuori del paese che dovrebbe essere la sede
naturale per tradizione ereditaria di tali studi. Però non è del tutto
inopportuno il ménito del Jacoby (I 2170) per il soverchio interes-
samento per la letteratura ellenistica, mentre non vale per gli Italia-
ni la raccomandazione del Frinkel (I 2171) che teme l'abbandono
in Germania dello studio del latino per l’esagerato amore dei filologi
alla cultura ellenica. Certo in tale fervore di studio anche l’Italia
non può mancare all’appello. Il Governo nazionale ha appunto que-
st'anno a complemento di tutte le riforme in favore del ritorno al
classicismo stabilito la pubblicazione dell'edizione nazionale dci clas-
sici latini e greci, come abbiamo annunziato più sopra, in modo da
gareggiare con le raccolte tedesche, inglesi, americane, francesi ed
I. 2163 — MURifs L., L’effori
francais pour le maintien de l'hu-
manisme: Ét., CLXXV, 156-177.
I. 2164 — Bérarp L., Pour la
réforme classique de l'enseignement
secondaiye, Paris, 1923.
I. 2165 —C. A, Une enquite
sur les études classiques aux États
Units: BMB., XXIX 1925, 93-98.
I. 2166 — Gli studi classici in
America. Opinioni e dati statistici.
Trad. dall’inglese da P. BetL-
LEZZA con intr. di C. PAScar,
Edito dalla Sezione milanese della
Società «Atene e Roma », 1924.
I. 2167 — KxapP CH., 4 phvsi-
cian’s tribute to the classics: CIV.
XVI, 1923, 73.
I. 2168 — INNAPP CH., Classi-
caleducation best basis for industria!
work: CLIV., XVII, 1924, 184.
I. 2169 — HocHE A.,, Dte hu-
manistische Bildung: N J.P., 1924,
1.48-159.
I. 2170 — Jacosy FT. Grie-
chische Moderne, Berlin, Weid-
mann 1924.
Die
der hi-
I. 2171 — FRAENKEL E,,
Stelle des Romertums 1n
tg
CESSI. LETTERATURA GRECA, 1. I. 2172-2175
ora anche spagnuole. — Da ultimo citiamo il libro dello Carpentier
(I 2172) che ricerca le traccie dell’Ellenismo nella Spagna.
B - POESIA EPICA.
I. — Storia della poesia epica. — La storia delle origini
della poesia epica da un punto di vista personale è trattata
in particolare dal Murray (I 2173). La sua ipotesi del libro manuale
e tradizionale si ripresenta quasi immutata in questa nuova terza
edizione, nella quale il Murray tien conto degli ultimi studi, special-
mente delle scoperte archeologiche per la ricostruzione dell'ambiente
storico. Più brevemente, ma pure con vedute personali avea toccato
della questione dell'origine della poesia epica, in questi ultimi tempi,
il Cessi (I 2118 e più sotto 2213) recisamente affermandone la deriva-
zione dai canti popolari religiosi da prima, profani di poi, in onore de-
gli eroi, e determinanti dalle lotte fra le varie stirpi; canti nati nella
terra greca e diffusi quindi sovra tutto nell’Oriente, con l'emigrazione
degli Achei dalla madre patria sia per ragioni di espansione coloniale e
politica sia anche per la pressione di altre popolazioni (doriche) che
dilagavano nella Grecia cacciandone gli abitatori più culti e più civili.
II. Omero. — 1. TESTO E vERSIONI. Edizioni generali delle opere
omeriche in questi ultimi anni non furono pubblicate; l’ul-
tima e più notevole rimane sempre quella di D. B. Monro e T. W.
Allen, della collezione oxfordiense (I 2174) che ricordiamo, anche se
oltrepassa i limiti di tempo impostici, per la sua importanza. Si è
accresciuto invece il materiale papiraceo per quanto non ci siano
pervenute notevoli novità. Da un papiro del 2° secolo d. C., con-
servato all’Università di Oslo, il Rudberg (I 2175) trae un fram-
manistischen Bildung, 54, Weid- I. 2174 — HomERI, Opera rec.
mann 1926 (ma del 6 aprile 1925). D. B. Moxro and W. ALLEN,
Ilas ed. alt. cur. T. W. ALLEN,
1920; Odyssea ed alt. cur. T. W.
ALLEN, 1917; Hvmni. Cyclus, etc.
cur. T. W. ALLEN, IQII.
I. 2172 — CARPENTIER RH., The
Greeks în Spain, vini-180, Pennsyl-
vania, Bryn Mawer Coll. 1925.
I. 2173 — MurRRAY GILB., The
Rise of the Greek Epic. VII. Edit. I. 2175 — RupRERG G., Il 2,
revised and enlarged, xxIv-356, 190-224, 235-270: SO., II, 1925,
Oxtord, Clarendon Press 1924. 20-25.
— 318 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2176-2180
mento del VI dell'Iliade (vv. 196-224, 236-276) ed il Boak ‘(I 21706)
dalla collezione dei papiri dell'Università di Michigan ci presenta,
traendoli da parte di uno stesso rotolo del III sec. d. C. i vv. 04.
IV, 450-481; ZL I, 32-57; III 408-422; VI, 211-221; X, 192-212;
NVII, 541-550; XVIII, 209-216, 220-241, 251-200, 275-281, 294-299,
300-342, 437-617 più o meno mutili, senza considerevoli varietà
di lezione.
Più numerosa, come è naturale, la serie delle pubblicazioni
scolastiche, in generale però senza un vero valore scientifico, quale
neppure pretendono di avere, e che registriamo per comodità degli
studiosi. Per l'Iliade ricordiamo i Passi scelti dall’Ottino (I 2177),
l'edizione annotata ed illustrata (c. I) dal VanOuteghem (I 2178). Il
Torta (I 2179) nella sua edizione del 1° libro premette una introduzione
breve che tratta la questione omerica nel senso unitario; però non cre-
de alla genuinità del canto XNXIV dell'Iliade, che reputa un'aggiunta
posteriore, seguendo un'opinione antica. Anche P. Giardelli com-
menta (I 2180) il I° libro. Il Cataudella fa buone osservazioni al
L. III (I 2181); illustrato pure dal Rossi (I 2182), il quale annota
anche il L x (I 2183), mentre il Cognasso (I 2184) illustra il libro
XII. Si è ristampato il vol. VI del commento dell'Hiade dello Zuretti
(I 2185) contenente i libri XXI-NXIV; ed infine il NXNII canto
ha trovato un buon illustratore in A. Annaratone (I 2180). Testo
e versione dell’Illiade ha curato per la ben nota collezione della
I. 2176 — Boak A. EF. R., The dell'Iliade, con n. di O. CATAUDEL-
University of Michigan Collection LA, 47, Torino, Paravia 1925.
des do die SED: T. 2182 — Oxmkro, 72 20 III.
I. 2177 — Omero, Iliade. Passi dell'Iliade, c. n. di S. Rossi (38
scelti a cura di E. OnTINO, vII- ed.), vI-37, Livorno, Giusti 10925.
178, Torino, Paravia, 1023. :
I. 2183 —+< Omzkro, 72 lg A.
I. 2178 — HomÈrRE, Zliade ch. I. dell'Iliade, c. n. di S. Rossi (2%
Préparation annotée et enrichée ed.), vI-44, Livorno, Giusti 1925.
p. OUTEGHEM, 44, Lièége, Dessain i .
1923. ì I. 2184 —f OMERO, Zliade c. NII,
: a cura di L. Cocnasso, 34, Livorno
I. 2179 — OxmEkro, // primo li- Giusti 1923.
bro dell’ Iliade, con intr. e n.
di M. TORTA, 97, Napoli, Perrella I. 2185 — OmERO, Iliade, comm.
1925. da C. O. ZURETTI, vol. VI, 7.
XXI-XxIv (Ristampa), x1-212, To-
I. 2180 — OwxERro, Z2 2. I. rino, Chiantore 1425.
dell'Iliade, c. n. di P. GIARDELLI, i
53, Torino, Soc. ed. int. 1025. I. 2186 — Owrro, Iliade 1.
° NANII, c. n. di \. ANNARATONE,
I. 2181 — Omero, 72 libro III 38, Torino, Paravia 1923.
— 319 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2187-2195
Loeb Classical Libr. A. T. Murray (I 2187), mentre il Griitzmacher
di Berlino ci dà la versione tedesca del Trendelenburg (I 2188) ed il
Beck di Monaco, quella dei primi due canti fatta dallo Hòlderlin
(I 2189). Anche da noi si intensificò lo sforzo di volgarizzare Omero.
L’ Iliade con traduzione originale in prosa e con note ha pubblicato,
ornandola con disegni di F. Nanni e D. Cambellotti, il Festa (I 2190),
mentre in versi ci danno l’Iliade quasi contemporaneamente il Fag-
gella (I 2191) ed il Romagnoli (I 2192). Il Faggella vuole riprodurre
l'armonia dell'originale con l’esametro italiano, cercando di mante-
nere lo spirito del testo nelle determinazioni aggettivali, secondo il
miodo di sentire e dci Greci antichi e di tutti i popoli primitivi, introdu-
cendo anche rime ed assonanze nella versione quali amava Omero.
In esametri parimente tentò l’arduo cimento il Romagnoli, e con uno
spirito nuovo e con senso d’arte ci rende nell’Iliade quell’impressione
che meglio ci avvicina all'originale. Nella prefazione il Romagnoli
penctra non solamente il mistero dell’arte omerica (di cui da una
finissima analisi) ma altresì della personalità storica del poeta che
fa risalire oltre il tempo ellenico, nell’età micenea attenendosi in
parte alle conclusioni dell’Inama (Omero nell'età micenca, Milano,
Hoepli, 1913), risentendo nella parte più viva ed originale dell’arte
greca l’influsso della civiltà aborigena, persino dei Pelasgi. Una
scelta di brani di questa traduzione con note per le scuole ha curato
L. Bianchi (I 2193).
L'Odissea ha avuto due edizioni scientifiche per cura dello
Schwartz (12194) e dello Scheindler (12195). Lo Schwartz ha compiuto
I. 2187 — Homer, 7le Iliad I. 2191 — OMERO, Iliade. Trad.
with a english Transl. by A. T.
Murray, I-I1° (= Te Loeb Class.
Libr.), XVII-579-044, London, Hei-
nemann 1924.
I. 2188 — HomkrR's, Zlias ver-
deutscht v. A. TRENDELENBURG,
Mit dem Bildnisse des Verf. nach
einer BronzeplaFette, 152, Berlin,
Griùtzmacher 10923.
I. 2189 — IIomER's, Z/ias, Te-
bers. d. ersten 2 Biich. v. FR. HòL-
DERLIN, 36, Miinchen, Beck 1923,
I. 2190 — OxmEro, Iliade, trad.
ed ann. da N. Festa. Con disegni
di F. Nanni e 1. Cambellotti,
580, Palermo, Sandron 1924.
di M. FAGGELLA, 1923, 1, l. I-XII
Xx-209; 10924, II Ì. XIII-XXIV, 223,
La Terza, Bari.
I. 2192 — OxmzkRo, Iliade. Trad.
di E. ROMAGNOLI, LV, 291+-31I0,
Bologna, Zanichelli 1924.
I. 2193 — OMERO, Passi scelti
dall’Iliade trad. da E. ROMAGNOLI
col riassunto di tutto il poema
e n. di L. BIANCHI, 175, Bologna,
Zanichelli 1924.
I. 2194 — HoMmERri, ’Oduoozia,
recens. Ep. SCHWARTz, 377, Mùn-
chen, Bremer Press 1924.
I. 2195 — HOMERI, Ilowuaxza,
Text aus der Ueberlicferung her-
AR
POESIA EPICA: OMERO. I. 2196-2206
= ——__———__—y—yT—m——_——___mmmmmymm_m__r__r_r—__—_————— rr _---=-—————» >——Tt —————
con l'Odissea l’opera grandiosa — tipograficamente di valore eccezio-
nale — iniziata dalla Bremer Press di Monaco, Il testo, rivisto accu-
ratamente con ritorno alle vecchie originali edizioni e con note critiche,
non si può dire però definitivo; come definitivo neppure può essere
considerato quello dello Scheindler che non mancò di apportare il
contributo personale dei suoi studi. Edizioni scolastiche sono quelle del
L. I per cura di R. Onorato (I 2197) di A. Taccone (I 2198) (in que-
st'ultima pero si trovano spesso osservazioni originali che illustrano
accuratamente la questione omerica e l’arte del poeta) e di S. Rossi
(I 2198). ID L II annotato dal Decia è riveduto dal Morino (I 2199);
ill. VI è commentato da S. Rossi (I 2200) e da A. Annaratone (I
2201). Il 1. VIII è illustrato da S. Rossi (I 2202), il XV dal Corradi
(I 2203) il XXI dal Corradi (I 2204), il XXII da G. Boralevi
{I 2205).
Importanza eccezionale ha invece l'edizione con versione a
fronte, in prosa, procurata da V. Bérard (I 2200) il quale fa precedere
i tre volumi della versione col testo a fronte da tre volumi di introdu-
zione in cui si trattano con larghezza e minuzia tutte le questioni rela-
tive all’Odissea ed all’arte omerica in generale, e delle quali daremo
maggiore resoconto in altra parte di questa nostra Rivista.
gest.o v. Auc. SCHEINDLER, dell'Od., c. n. di A. ANNARATONE,
"Oduvodeta XXIII 333, Wien, Oe- 34, Torino, Paravia 1926.
sterr. Sauerdesverl, 1925.
I. 2202 — OmERO, Odissea l.
I. 2196 — OMERO, Odissea, LI VIII, con n. di S. Rossi (23 ed.),
testo e note di R. OxoRraTO, 62, Fi- 40, Livorno, Giusti 1923.
renze, Vallecchi 1924.
I. 2203 — Omero, Il Z AV
I. 2197 — OxmERO, Odissea LT. dell'Od., c. n. ed ill. di G. CORRADI,
commentata da A. TACCONE, Iv- 1Vv-73, Torino Soc. ed. intern. 1920,
€66, Torino, Soc. editr. intern.
1925. I. 2204 — Oxmkro, I/ 2 ANI
dell'Odiss., c. n. it. di G. CORRADI
I. 2198 — OMERO, Il /. I. Ned lr Liv VR: E
dell'Od., c. n. di. S. Rossi (3* IRIS IUS O
ed.), vI-32, Livorno, Giusti 1925. I. 2205 — OmerO, Odissea 1.
TI alod — Our, Odisssa i ANII con n. di G, BoRALEVI (2%
II, c. intr. sul dial. omer. di G. Si; 30, OHIO» Giusti 1923.
DecIa, a cura di T. Morixo, 51,
1 I. 2206 — HomikrE, Odyssée,
Firenze, Lemonnier 10925.
Text etabli et trad. par Vict.
I. 2200 — Omero, I I. VI BERARD, I, XL, 199 (doppic), 11,
dell'Od., c. n. di S. Rossi, (4% XII-222 (doppie); III, XII-192 (dop-
ed.), vi-32, Livorno, Giusti 1925. PI©), 211. Introduciton à l’Odyssce,
4594 4474 4063, Paris, Sociét. edit.
I. 2201 — Omero, I/ 2 VI «Les belles lettres» 1924-25.
E)
Aevum - Anno I - 21
CESSI. LETTERATURA GRECA. 1.
I. 2207-2213
Con gli stessi criteri che abbiamo notato per la versione del-
l’Iliade, ci hanno dato la versione anche dell’Odissea il Festa (I 2207),
il Faggella (I 2208) ed il Romagnoli (I 2209) della cui versione il Bian-
chi ha procurato un'antologia per le scuole (I 2210). Ma il Romagnoli
non è solo traduttore; egli nell’introduzione, richiamandosi in gran
parte alle ricerche del Bérard nella illustrazione dei viaggi di Ulisse
per la storicità, a così dire, loro, e seguendo forse troppo fiduciosa-
mente le conclusioni del filologo francese, ricerca la storia della com-
posizione del poema. Il tema è attraente, non si può negare, e facil-
mente induce a fantasticare, allontanandoci con le apparenze di una
realtà storica, dalla vera natura e dalla vera origine del poema anti-
co. La identificazione delle località descritte dal poeta non si può
sicuramente affermare neppure dopo le ricerche del Bérard, come
non si potevano accettare le conclusioni del Wilamowitz (Homer.
Unters. Berl., 1894), come è dubbio se si possono del tutto accogliere
le dimostrazioni che con gran lusso di illustrazioni ci dà il lavoro
riunito di un filologo ed archeologo e di un artista quali sono il
Dérpfeld ed il Riiter (I 2211).
D'altra natura sono le antologie omeriche per le scuole, con
brani scelti dai poemi collegati dal racconto dell’intero poema.
e che hanno tutte uno scopo didattico. Dobbiamo ricordarne
tre in particolare, notevoli per caratteri particolari. cioè l’an-
tologia del Taccone che ci da versioni originali dell'Autore (I
2212) con note anche critiche ed artistiche, quella del Cessi (I 2213)
nelle versioni del Monti per l’Iliade, del Pindemonte, Cesareo, Ma-
spero per l’Odissca, con note storiche, filologiche ed un'introduzione
in cul l'autore espone il suo particolare modo di considerare la
formazione dei poemi omerici (cfr. anche 2118, 2172) ed infine del
I. 2207 — Omero, Odissea. Trad.
ed ann. col testo a fronte, da
N. FESTA, Palermo, Sandron 1923
e segg.
poema e n. di L. BIANCHI, 144,
Bologna, Zanichelli 1924.
I. 2211 — Die Heimkehr des O-
dvsseus, herg. v. DOERPFELD WILH.
I. 2208 — OwxERo, Odissea. Tra-
duz. di M. FaccELta, I libri
I-XII, VIN-173, Lo XII - XXIV, 109
Bari, Laterza 1925.
I. 2209 — OxmzkRo, Odissea: Tra-
duz. di E. RoMAGNOLI, LXIH-2.7
4- 243, Bologna, Zanicholli 1923,
I. 2210 — OxmEro, Passi scelti
dell'Odissea. Trad. da FE. Roma-
GNOLI col riassunto di tutto il
ilbers. v. RuTER H., xv, 335 con
II tav. e XIV - 345 con I7 incis.,
Minchen, Berchenau u, Reichert
1924.
I. 2212 — TaccoxE AÀA., Epica
Greca e latina. L’Iliade, l'Odissea,
ecc, trad. e ann., vII-550, Torino,
Soc. ed. int. 10924.
I. 2213 — Cxssi C., Nel mondo
degli Eroi. Antologia omerico-
— 32 —
POESIA EPICA: OMERO.
e
I. 2214-2226
Longo (I 2214) in cui l’autore dà nuova testimonianza del suo fine
gusto d’arte. Fra le altre ricordiamo: per l'Iiade nella versione del
Monti l’ed. del Mestica (I 2215) e del Morino (I 2210); per tutti e
due i poemi: la Cetra degli Eror del Pagano (I 2217), Grecia e Roma
di D. Bassi ed E. Martini (I 2218), il Fiore ecc. di S. Sciuto (I 2219),
l'antologia del Galletti e Szombathely (I 2220), quella dei proff.
Petraglione e Tocci (I 2221), la Poesia eroica di A. Pellizzari (I 2222),
le Pagine immortali del Giacobbe (I 2223), le Bellezze, ecc. pre-
sentate da C. S. Giordano (I 2224) e dal Mestica (I 2225) e infine
l’Antol. omer.virgil. del Tincani (I 2220).
virgiliana, ad uso delle scuole
secondarie con intr. comm. ed
una appendice. (4 ed.), xVI-503,
Catania, Muglia 10924.
I. 2214 — Loxco G., Musa epi-
ca. Canti e brani scelti da l’'Iliade,
da l'Odissea, e da l’'Eneide col
riassunto dei tre poemi, 308,
Palermo, Priulla-Salemi 1923.
I. 2215 — Oxmero, Iliade. Tra-
duz. di V. MonTI con riscontri su
le varie stampe e c. n. per cura di
EF. MEsTICA (143 tirat.), x1-283,
Firenze, Barbera 1924-25.
I. 2216 — OMERO, /liade. Tra-
duz. di V. Monti con note cel
prof. T. Morino (38 ed.), con due
appendici: I. Trad. della 7/eogo-
nia di Esionpo; IH. La civiltà ome-
rica, XIII-267 con tav., Roma,
Albrighi-Segati 1925.
I. 2217 — La Cetra degli eroi:
libri interi ed episodi scelti dal.
Il. Od. En., nelle rispettive tr.
del MonTI, PINDEMONTE e CARO
c. n. di A. Pagano, 475 con tav.,
Napoli, Federico e Ardia 1925.
Grecia e Roma: età
ecc. a cura di
MARTINI, XI-429,
1924.
I. 2218 —
eroica. Omero,
D. Bassi ed E.
Napoli, Casella
I. 2219 — Il Fiore dell'Il., Od.,
ecc. nella versific. ital. del MoxtI,
PINDEMONTE, ecc. c. note a cura
di S. ScIuTO, (2* ed.), 342, Torino,
Soc. ed. int. 1924 (3° ed. 1925).
I. 2220 — Omero e Virgilio
Antol. a cura di A. GALLETTI e
M. SZOMBATHELY, XIV-432, Bolo-
gna, Cappelli 1924.
I. 2221 — Dai poemi di Omero,
Estodo, Virgilio: episodi scelti,
ecc. da G. PETRAGLIONE e V.
Tocci, 478, Messina, Principato
1924.
I. 2222 — La Poesia eroica
der Greci e dei Latini, ecc. a cura
di A. PELLIZZARI (2% ced. riv.),
595, Napoli, Perrella 10924.
I. 2223 — Pagine immortali, a
cura di O. GIACOBBE, 615, Milano,
Mondadori 1025.
I. 2224 — Omero e l'uirgilio.
Ill. l'Od. e TEn. nelle loro
bellezze, ecc. comm. da C. Giror-
DANO (2% ed.), xri-3068, con 8
tav. Roma, Albrighi-Segati 1925.
I. 2225 — Bellezze delPIl. Od.
En., ecc. c. n. di E. MESTICA,
(NNI tirat.), v1-278, l'irenze, Bar-
bera 1924.
I. 2226 — Autologia omerico-
virgiliana. Parti scelte dell’Il. Od.
En. nelle migliori trad. ital. c. n.
di C. Tixcanio (muova. tirat.),
XI-320, Firenze, Sansoni 192.
SIDE
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. ° I. 2227-2229
Gli Inni ed i poemetti minori attribuiti ad Omero hanno trovato
un appassionato e fine illustratore nel Romagnoli che ne ha dato
un'artistica versione metrica, preceduta, per ciascun carme, da
osservazioni personali (I 2227), artistiche del traduttore artista e
filologo ad un tempo. — Una traduzione tedesca dei quattro mag-
giori inni ha dato il Borchart (I 2228) che si è industriato nel tra-
durre di interpretare nel loro valore etimologico e reale anche gli
appellativi ed i nomi propri. Cf. anche I 2243, 2309, 2383.
2). TRASMISSIONE DEL TESTO. — Di importanza considerevole so-
no le ricerche dell’Allen (I 22209) il quale esamina ancora una volta le
notizie tramandateci sulla vita di Omero, quindi sugli Omeridi come
quelli che trasmisero i poemi omerici ed il rapporto fra Omero ed
il ciclo epico e quindi il distacco dell'ambiente omerico dall’esiodeo.
L'’Allen studia la lingua dei poemi e conclude per l’unità dei
poemi e l’identità dell’autore, contro il quale non valgono le apparenti
ragioni di contraddizioni storiche, quali esamina nel capitolo su
« Argivi, Achei ed i Danai », e si sofferma sovra tutto a indagare
le fonti donde è provenuta la materia dei poemi iliaci ad Omero
e ne sente, per l'eco diretta nell'opera di Ditti Cretese, la derivazione
da una vecchia cronaca della guerra troiana secondo la quale l’Allen
sì studia di ricostruire lo schema della Iliade e della Odissea primi-
tive. Le divergenze sono determinate dalle aggiunte che si sono fatte
ai poemi, e l’Allen trattando più minutamente di tali questioni, ri-
torna sulla discussione riguardante la redazione pisistratica e la costi-
tuzione del vecchio testo omerico, quale attestano le antiche citazioni
ed i ricordi ed i frammenti pervenuti dalle edizioni correnti fino al 300
a. C. e sopra tutto i papiri, per stabilire quindi l’origine della volgata,
per la cui redazione trova esempi di analogia nella costituzione
anche dei libri del Vecchio Testamento. Sono in appendice interes-
santi aggiunte e correzioni all'altra sua opera, così importante
per la storia della origine del pocma epico The Homeric Catalogue
of Ships with a commentary (Oxford, Clarendon Press, 1921, pp.
XII, 192).
Per la vita di Omero ha interesse particolare il papiro 2754
dell’Univ. di Michigan (cfr. anche I 2176) pubblicato ora dal Winter
I. 2227 -— OMERO MINORE, Znmi,
Batracomiomachia, Epigrammi,
Mayrgite, ecc. Trad. di E. Roma-
GNOLI, con incisioni di A. De
Carolis, 210, Bologna, Zanichelli
10925.
I. 2228 — BorcHarpT R., A/f10-
nische Gotrerlieder unter den Namen
Homers, 86, Minchen, Bremer
Presse 10924.
I. 2229 - ALLEN TT. MW, Homer.
The Origins and the Transmis-
sto, 358, Oxford, Clarendon Press
1024.
sia
POESIA EPICA: OMERO. I. 2230-2232
(I 2230), proveniente dagli scavi fatti a Caranis sotto la direzione del
Boack per l’Università stessa. È la colonna finale dell’opera nota sotto
il nome di Certame e che definitivamente, a quanto pare, scioglie la
questione della paternità dell’opera e dell’esistenza dell’opera su
Umero di Alcidamante. La sottoscrizione lo dimostra. Il Winter
oltre il testo, apporta la traduzione e largo commentario con una
tavola fotografica.
Alla vulgata omerica secondo le attestazioni papiracee volge
la sua attenzione il Wecklcin (I 2231), ma egli si occupa quasi esclusi-
vamente della correzione e delle rettifiche che si possono portare
al testo secondo le lezioni dei papiri. Un lavoro di pura critica te-
stuale.
Invece la questione della trasmissione del testo è trattata lar-
gamente dal Bolling (I 2232) il quale, studiando la natura delle inter-
polazioni presunte in Omero, tenta di risalire al testo originario con-
chiudendo che tutti i manoscritti discendono da un archetipo, donde
derivala vulgata che era testo popolare basato sull’edizione aristar-
chca, dipendente da una redazione ateniese. Le interpolazioni furono
determinate dalla recitazione, per la tendenza all’accrescimento.
All'evidenza interna di tali interpolazioni dà conferma anche quella
esterna per mezzo degli accenni degli scoli e di altre attestazioni
storiche.
In tale campo arduo e spinoso è facile trascorrere anche a fan-
tastiche ricostruzioni quale si può considerare in parte quella del
Margoliouth (I 2233) che ricerca i criptogrammi coi quali, secondo
che narra Diogene Laerzio a proposito di Eraclito, sì designava l’auten-
ticità delle opere, specialmente dei tragici. Come nei primi trimetri
delle tragedie egli crede di ritrovare acrostici e criptogrammi che
serbano il mistero della creazione dell'opera, così nell’Iliade e nell’Odis-
sea ricerca acrostici non solo orizzontali, ma anche verticali in modo
che per due lettere della serie verticale si viene a costituire la notizia
desiderata. Ed in Aristotile crede di trovare conferma di questo
suo metodo, trattando della trasmissione dei poemi con gli stessi
criteri che si usano per i poemi o opere letterarie deli nostri giorni.
La critica non fece buon viso a tali ricerche: ma il M. non sì perde
I. 2230 — \VintER J. G., dA New I. 2232 —MERVILLE BoLLING G.,
lragment on the Life of Homer: The external Evidence for Interpo-
TPAPNA., LVI, 1925, 120-129. lation in Homer, xII-259, Oxford,
FT: Clarendon Press 1025.
I. 2231 — WECKLEIN N., Die
Homervulgata und die aegvptischen I. 2233 — MaRGOLIOUTH 1). S.,
Papyrusfunde: RhKM., LxXiv, 1925, The Homer of Aristotle, VI-2,45,
13-24. Oxford, Blackwell 1923.
CESSI. LETTERATURA GRECA, I. I. 2234-2242
d’animo e ritorna più fiducioso che mai (I 2234) alla sua tcoria contro
il criticismo del Wilamowitz. — Utile è la nuova edizione della esegesi
di G. Tzetze riguardo alle origini del poema omerico, curata da
H. Felber (I 2235) e che si leggeva ormai solo in vecchia e non ben
curata lezione.
3) CRITICA DEL TESTO. — Commento necessario alla edizione delle
opere omeriche curata dallo Scheindler sono le note critiche
pubblicate dallo Scheindler stesso e in Wiener Studien ed in un volu-
me a parte (I 2230-2237). Di tali lavori di critica del testo non è pos-
sibile dare tutto il contenuto: basti qui ricordare che per lo Scheindler
Omero è il poeta dell’Iliade e dell’Odissea, atfermando egli che
quanto si è finora dichiarato contro l’unità artistica dei pocmi è
disconoscenza dell'atto di creazione poetica, alla quale hanno por-
tato nocumento le interpolazioni e mutamenti parziali introdotti
dai rapsodi. — Ricordiamo altresì le ricerche particolari di Otmar
Vanormy (I 2238) su alcuni versi omerici (x 114-118, e 203-21;)
sia del lato filologico, linguistico sia da quello psicologico c che fan-
no seguito agli studi omerici da lui iniziati con l'edizione iliaca come
poema achilleo (I 2239). — N. E. Crosby (I 2240) legge in è, 530-7
Sua è Alyio0o» e contrasta col Linforth per l’interpretazione di
E, 885-887, mentre lo Schwartz (I 2241) ad illustrazione della sua
edizione studia alcune correzioni all’Iliade (A, 19, 80, 349, B 291,
797. E 118, 215, 219, 350; Z 285; I, 334, 504; II 415,; P 265, 395;
Z 39; D 122, 504; 332, 333, 539, 048, 049, 792; Q 354, 500, 720, 721)
e l’into inammissibile nelle forme presenti di #&y, e lo Shorev (I 2242)
I. 2234 — MarcoLioutE. D. I. 2238 — Vaxormy Omm.
S., The Colophons of the Iliad und = Pokus o vyklad nékterych mist 1.
the Odyssev deciphered with a = Homéra: LF., 1924, 1-3, 05-70.
reply to some criticism of Ud. v.
Wilamowit:, 21, Oxford, Black-
well 10925.
I. 2239 — VaxoRMy OTM., Ho-
meros Achilleova pfpomsta, Laich-
trovy Zné z. Literatur, 1023,
I. 2235 — VELBER Hans, Quel- LVII, 190.
len der Ilias. Exegesis des fohan-
nes Tsetzes, 63, Zurich, Lemann u. I. 2240 — Crospy N. E., Odvss,
C. 1923. IV, 530: CIPA., XVIII, Li 72. —
Ib., IZ, v. 885, ibid., 74.
I. 2236 — SCHEINDLER ALG,
Zur Texthritih der homerischen Ge- I. 2241 — ScHWAaRTz E., Home-
dichte: W'S., XLII, 1924., 204-211. rica: ‘Avridompov. Festschrift Jac.
. Wackernagel, GoOtting., 1924, 02-
I. 2237 — SCHEINDLER AUG.,
da REOsa 1A:
Fextkritisch. Erlauterung. cur Ause.
der homerisch. Gedichte, 1906, Wien, I. 2242 — Storevy P., On Zliad
Ocsterr. Bundesverh. 1023. XXIII, 70: CIPA, XVII, 1923, 74.
— 326 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2243-2248
propone in Y 70 &x7Set5. — Da ultimo ricordiamo T. L. Agar (I 22.43)
che presenta una lunga serie di correzioni all’inno ad Ermete (vv.
112, II©, 119, 123, 125, I27, 129, 129, I32, 130, 143, 149, I55, 157,
103, 173, 170, 187). Cfr. anche I 2227, 2228, 2309, 2383.
4). L'ARTE. — Per orientare gli studiosi, non specialisti della
questione omerica, che vogliano aver maggiori cognizioni intorno alla
natura dei poemi omerici, alla loro storia, al loro valore è utile il
compendio del De Brouwer e Slijper (I 2244). Le questioni princi-
pali sono accennate sotto ogni riguardo; invece il lavoro di Thassilo
v. Scheffer vuole presentarci (I 2245) Omero nella sua età in
un quadro generale della vita storica dei primi tempi della Grecia,
non dimenticando mai che il poema omerico deve essere considerato,
come avea sostenuto altra volta nel suo libro Die Schònheit Homers
(1921), quale opera d’arte. Le ultime ricerche della critica sono messe
a profitto, ma non si ha originalità profonda chè la natura stessa della
collezione cui il libro appartiene, ha costretto l'autore a tenersi nel
campo divulgativo. Di carattere parimente divulgativo è il volu-
metto del Samter (I 2246), non meno di quello dello Scott (I 2247).
Ma il lavoro dello Scott, resultato delle personali ricerche dell'autore
e pervaso anche da un softio vivo di passione e d’arte, acquista un
carattere ed un valore scientifico speciale. Quale influsso abbia avuto
la poesia omerica si presenta chiaramente nel suo effetto artistico in
quest'opera meglio che non nei poderosi lavori eruditi ad es. del
Finsler. È uno di quei lavori che meglio giovano alla diffusione
della cultura classica ed a vincere presso il pubblico più largo la
lotta contro la diffidenza e indifferenza verso il classicismo.
Non direttamente a conoscere Omero, ma a conoscerlo attra-
verso gli studi di uno dei più originali studiosi ed ammiratori serve
il libro della Tibaldi-Chiesa (I 2248) che mette il critico suo — il Glad-
stone — di fronte all'opera criticata e tenta di penetrare nello spirito
I. 2243 — AgaRr T. L., The Ho- I. 2246 — SAMTER E., Volks-
meric Hymmes: CIQ., xVIII, 1924, Aunde in altsprachlichen Unter-
137-142. richt. Ein Handbuch, I. Theil; Ho-
mer, VII, 185, Berlin, Wcidmann
I. 2244 — DE BrROUWER O. C. - 1923.
SLuijprer E., Vademecum home- :
ricum, Groningen, Wolters 1923. I. 2247 — Scott ]J. A., Homer
and his Influence, vi-169, London-
I. 2245 — v. SCHEFFER Tuas- Calcutta, S. Harrap, 1925.
SILO, Homer und seine Zeit (=
Menschen, Volker. Zeiten. Eine I. 2248 — Tipaupi-Chiesa M.,
Kulturgeschichte in Einzeldarstel- Omero e Gladstone con pref. di
lungen, herausg. v. M. KEMMERICH, | E. ROMAGNOLI, XXXv-232, Bolo-
n. 1), 178, Wien-Leipzig, K. Konig. gna, Zanichelli 1923.
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2249-2254
del critico il processo intimo della intuizione storica sotto l'influsso
delle visione artistica. Arguta la prefazione del Romagnoli, così
fino intenditore dell’arte omerica, quale egli appare nelle sue ver-
sioni (cfr. 12192, 2209) dalle quali prende motivo il Cessi (I 2249--2250)
per mettere in luce uno dei caratteri particolari dell’arte omerica,
cioè quella ingenua ed infantile calma e tranquillità dell’antico naria-
tore epico che può fare meraviglia in un lettore moderno, il quale nella
lotta vorrebbe sentire, od almeno si aspetta di sentire, sempre il tu-
multo della passione, lo spasimo di uno sforzo supremo! Omero è narra-
tore sereno, ed anche nel parossismo della passione mantiene una certa
misura così che meglio d'ogni altro seppe esprimere il suo spirito
ellenico, per cui fu chiamato il poeta per antonomasia, come sostiene
A. M. Harmon (I 2251) contro lo Scott che aveva affermato (C.
J. XVII, 1921, 330) non sempre essere ricordato solo Omero con l’ap-
pellativo di è rmounzng. Certo il rom: per eccellenza è nello spirito
dei Greci sempre Omero (e così è nell’uso di Plutarco e Galeno),
ma non si può negare che talora qualche scrittore, pensando per il
suo argomento ad altre forme letterarie, sia stato indotto a ricordare
come « poeta » quello che si presentava più vivo in quella circostanza
speciale alla sua fantasia, poichè neppure l’Harmon può negare che
l'uso apparisce talore incerto, come ad es. negli ellenistici.
Omero ebbe influsso su tutta l’anima greca: ne determinò i
principali indirizzi ed anche, e precipuamente anzi, le rappresenta-
zioni artistiche. In una serie di conferenze tenute a Meersburg di cui
si ha resoconto nel periodico Human. Gymn. (I 2252), L. Curtius indi-
ca quali relazioni siano fra i poemi omerici ed i monumenti che sono
a noi pervenuti. — Esempio particolare di tali intimi rapporti artistici
da ora E. A. Hahn (I 2253) riconoscendo che il gruppo di Atena e del
giovane gigante del grande altare di Pergamo pare già inspirato
dalla scena omerica in cui Atena trattiene Achille (A, 197 a segg.) dal
lanciarsi contro Agamennone. — Da Omero in parte, oltre che da altre
fonti, il Putortì crede derivate due pitture vascolari arcaiche del Mu-
seo Civico di Reggio Calabria (I 2254). L'una rappresenta Febo rapito
n iutOoVO
I. 2249 — Cessi C., Il
Omero: VP., luglio 1925.
1.32250 — CEssi C., La sinfonia
del Mediterraneo: Giornale dell’ I-
sola, 1 ottobre 1923.
I. 2251 — Harmon A. M., The
poet z37 &20yfv: CIPh., XVII, 1923,
353-717.
I. 2252 — Currius L., Homer
u. die Denkmdaler: HG., 1924, 183.
I. 2253 — Haun E. A., Homer
Il. I, 197 und the great Altar of
Pergamoni CIW., XVII, 1924,
207.
I. 2254 — Purtortì R., Due
frammenti vascolari arcaici del Mu-
— 328 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2255-2259
da Polluce, l’altra Troilo ed Elena alla fonte; il Putortì le illustra ser-
vendosi di Licofrone, di Apollonio oltre che di Omero e dei suoi
scoliasti.
Ma il poeta va studiato sovra tutto come foeta ed è questo
l'indirizzo che oggi predomina negli studi omerici. Ne dà esempio
Thassilo v. Schetter nella comunicazione al Verein d. Freunde d. hum.
Gymn. di Monaco (I 2255 cfr. I 2245) e riassunta nello Human. Gym-
nas., tratteggiando in generale il valore artistico d'Omero. — P. Gan-
szyniec ricerca più minutamente le origini dello stile personale nell’e-
popea (I 2256), per conchiudere che l'Odissea lascia palesare uno stile
speciale nelle parti riguardanti Menelao ed Alcinoo ma che nel-
l'&r6X0%0s sl risente l'influsso anche dell’escatologia orfica che mo-
difica in parte il carattere del poema. — S. Witkowski (I 2257) d'altro
canto riconosce nei caratteri che il poeta presenta quello peculiare
della nazione greca e sente nell'arte omerica tutto lo spirito e vi
ritrova tutte le caratteristiche proprie della letteratura greca in ge-
nerale.
Importanza grandissima ha per lo studio della storia e dell'arte
omerica quello della rappresentazione delle divinità. E così com-
plesso il carattere della divinità omerica che diede occasione alle
più varie interpretazioni e conclusioni. Per il Nilsson (I 2258), dalla
divinità derivano i sentimenti umani in Omero. L'apparato divino
è schema poetico. Gli dei hanno loro origine nella leggenda, ma si
elevano ben presto sopra le loro determinazioni locali originarie.
(ali uomini da prima li considerano come demoni, come « Mana », ma
in un secondo momento gli dei assumono una caratteristica etica ed
artistica superiore, ed essi allora vincono e dominano l’ attività
umana. Il Maròt (I 2259) che riassume in un suo ultimo lavoro le
conclusioni stabilite in una serie di monografie pubblicate in magiaro
col titolo « Homerus comparatus » e da prima inserite in varie
riviste (Egvetemes Philologiai Kòzlony 1913-60, Etlmographia, 1917,
ecc.) afferma che l’epos devesi considerare nel suo valore arti-
seo ciuico di Reggio C.: RIGI., rum speculo: Eos, XXVI, 10923,
VII, 1923, QI-III. 3ZI Sgg.
I. 2255 — v. ScHEFFER Tuass,, I. 2258 — Nixsson P., Gétter
Homer als Dichtung: HG.,1924,170. und Psvchologie bet Homer: A Rel.,
I. 2256 — Ganszyxiec P., Les NNIL 303 SER.
origines du style personnel dans I. 2259 Marét KaroLv. Zur
l'épopée: REG., 1923, 183-192. Religionsgeschichtlichen Wertung
I. 2257 — WirKkowski S., De Homers (= Vetenshaps-Societaten
Homero indolis et naturae CGraeco- Lund), Aorsbok, 1924, 159-109.
2904
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2260-2262
stico e contemplativo (religioso) ed erotico. Ma egli, partendo dal-
la premessa che domini nell’arte solo fositiven Naiurlieben, segue
solo il punto di vista artistico, e la «legge delle forme d’arte »,
che, per l’arte antica, dobbiamo in realtà considerare solo come
un’astrazione. Il Maròt distingue la religiosità d’Omero da quella
dell’età d’Omero e ricostruisce quest’ultima da cenni che va rin-
tracciando in Omero in rapporto ad espressioni della vita popolare.
Così dà interpretazione affatto personale di alcuni miti omerici,
ad es. di Atlante per il quale risale ad un mito originario del mondo,
in cui i progenitori (cielo e terra) erano fra loro staccati dal figlio.
Lavoro interessante, sebbene l’astrazione trascini l’autore a conclu-
sioni talora insostenibili.
Di carattere generale sono le ricerche dell’Allmen (I 2260), il quale
tocca solo in parte l’arte omerica, mentre va studiando l'influsso e-
sercitato sul poeta narrativo, e da questo espresso nell’epos, dal mon-
do infantile; argomento delicato, che richiede una fine sensibilità
affettiva oltre che artistica ed estetica. — Più direttamente ad Omero
ci riconduce l’Eberhard (I 2261) che ritorna alla vexata quaestio del
fato omerico. Egli considera l'apparato divino come un « universale
motivo poetico » e però a questo è subordinata anche la concezione
di Fato, il quale domina tutti gli dei. Ma nei luoghi dove il Fato
apparisce si trovano motivi speciali di composizione artistica più
che esplicazione di un sistema religioso, poichè anche le Moirai di-
pendono dal concetto di tempo nè si riconosce alcun legame loro
col mondo degli dei.
Altra legge artistica ricerca in Omero il Wendling (I 2262) per ciò
che riguarda le «inserzioni ». Nella disposizione simmetrica delle
parti del poema il Wendling nota come fra episodi principali siano
inseriti episodi e fatti di natura secondaria, ora con inserzione sem-
plice ora con doppia inserzione chiastica, che è la più importante,
presentando i seguenti schemi principali: A[....a]B, A[b....] B,
A[b....a]B, Af[a....b]B, schemi che il Wendling riconosce anche in
altre opere d’arte (come in Euripide, in Virgilio, nel Pentateuco,
nel « Faust »). In particolare si sofferma sulla Doloneia, riconoscen-
do che essendo in © e A ricordate le due aurorc, si ha lo schema ©/
— I, 709 A, e B si palesa più, antico di O/ e A come il seguito im-
I. 2260 — ALLMEN v. O., Das Homer, 80, Paderborn, Schòning
Kind in der epischen Dichtung der 1923.
Griechen, 07, Bern, Haupt 1924.
I. 2262 — WeknpLlinc F., Das
I. 2261 — EBERHARD E., Das. Gesetz der Einschaltung und die
Schicksal als poetische Idee bei IHiasschichten. Mit einer Beilage:
330 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2262-2266
mediato di A. Altre inserzioni sono nella Atdg ari. Così egli rico-
nosce nell’Iliade ben II strati di cui l’Achilleide sarebbe il primo
ed il Catalogo l'ultimo.
Che anche in Omero, come in tutta la poesia popolare, si deb-
bano riconoscere degli artifici, specialmente formali, nessuno
può negare, ma non dobbiamo allontanarci dal criterio fondamentale
che tali artifici debbono essere connessi con la spontaneità, vorrei
dire, spesso incoscienza artistica del poeta; artifici piuttosto gros-
solani che non di arguta finezza e di recondita virtuosità come i
critici troppo acuti vogliono far apparire. Talora talune disposizioni
e composizioni sono fortuite più che non volute: certe leggi arti-
stiche imposte dalle condizioni di sviluppo e della psiche del popolo
e dai mezzi materiali di espressione. Ad es. l'usodicerte formule stereo-
tipe, che il Bolling (I 2263) registra. Così pure avviene perquelconcetto
della realtà tragica della vita che incombe oscuramente e paurosamente
sulla coscienza dell'umanità e si palesa, suo malgrado, in tutte le con-
dizioni della vita. Per questo forse troppo acute e sottili sono le ricerche
del Griimunger (I 2204). il quale ci fa apparire un Omero più filosoto
di quanto non sia nella realtà e quale piuttosto apparisce alla nostra
sensibilità moderna. È vero il fatto riconosciuto, ma è da dubitare
della coscienza diretta del valore del fatto stesso e della volontà
del poeta nel rappresentarlo. Omero riflette direttamente il mondo
esterno quale si palesa al suo spirito e però è il grande specchio
della vita eroica, il tesoro ove sono depositati i materiali di quella
vita, e però nello studio della società obbiettiva, reale è più facile
che il critico trovi sicuri documenti. Così il Boucher (I 2265) può con
maggior sicurezza riconoscere in Omero i principi essenziali della
arte della guerra ed intuire il valore spirituale loro nell'uso di armi
particolari (combattimento a corpo a corpo), nella fede della vit-
toria anche nelle più disperate condizioni, nelle relazioni fra 1 com-
battenti e nelle regole loro imposte quasi come leggi superiori e di-
vine e però rispettate da tutti, con l’infamia pubblica e la esccra-
zione divina per coloro che le violino. Altro artificio tecnico è quello
studiato dal Wieniewski (I 2200) riguardo al modo di presentare o fare
Die Schichten der Ilias, 28, Ti- momento trazico e la sua attenmna-
bingen, Osianderschen Buchhandl. zione nell’Iliade:AeR., 1925, 095-
1923. 138.
I. 2263 — MELVILLE BoLLixuG I. 2265 — BoucHER A., L’ Ilia-
G., Interpolation of certain For-
mulas: CIPh., XVII, 1923, 170-177.
I. 2264 — GRUNUNGER C., 7/
de et les lois éternelles de la guerre:
CRAEG., 1923, LVII SE.
I. 2266 — \IENIEWSKI IcGx., La
—- 331 -—
CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2267-2269
intendere gli avvenimenti futuri. L'attenzione del lettore è tenuta so-
spesa sempre nel racconto dei fatti presenti dal pensiero di ciò che do-
vra avvenire e che il poeta tratto tratto lascia un po’ intravedere, ma
non sì che non rimanga scossa la fantasia dell’ascoltatore. Dal proemio
dell’Iliade e dell’Odissea, per tutto il corso dei due poemi, si indo-
vina un evento futuro che spesso poi sfugge o si dilegua, ma che so-
stiene il racconto e rende meno grave e pesante l'aspettativa. Altro
motivo è quello della sparizione dell'eroe nel momento in cui la sua
presenza turba Fazione generale. Il Gieselbusch (I 2267) nota come
i mezzi tecnici (nuvole avvolgenti, artifici magici, rappresentazione
di doppia figura, ecc.) ricorrono in Omero per quella parte che meno
sente del meraviglioso, e sia meno lontana dalle apparenze reali della
vita pratica. La magia, le arti soprannaturali, le metamorfosi sono
piuttosto di età più evolute. Questi elementi, ad ogni modo nel poema
omerico derivano da leggende particolari orientali che in modo spe-
ciale influiscono col loro carattere fantastico per cui facilmente sì
distinguono da quelle di origine ellenica.
Aftine a tale ordine di ricerche è quello instituito dal Roeger
(I 2208) riguardo al motivo della invisibilità, nel quale si risente un fon-
do delle leggende popolari. Ma io credo che anche una più profonda
ragione psichica si debba riconoscere, quale è comune a molte fiabe
e credenze popolari di più genti per rappresentare un elemento che
sorpassa la natura umana. Queste leggende che si protendono nello
intimo della vita umana e trasportano col pensiero all’al di là con
una ricca messe di immagini favolose, mostrano il bisogno dell'umanità
di dare un conforto alla vita presente e dal criterio di questa si mo-
dificano. Così (cfr. Lawson, Modern Greek Folklore and ancient Greck
Iteligion, Cambridge, 1910) per il contrasto fra il concetto pelasgico
ed omerico riguardo l’oltre tomba; per il concetto della nullità e della
felicità quale nell’Odissea va ricercando la Coulter (I 2269) riconnet-
tendolo a leggende più recenti c comuni al folklore europeo, e allar-
gando le sue ricerche oltre che alla condizione dei I‘eaci felici alla
‘
echnique d’annoncer les événements barkeit in der homerischen (e-
futurs chez Homére: Eos, XXVI, dichten. Eine Sprachgeschichtliche
1924, 113-133. mythologische Untersuchung, 53,
I. 2267 — GiesELBUscH H., Die Graz, Leuschner-LubensFy 1925.
literarische Form der griechischen
Euntritchunesgeschichte 8, Ham-
burg, Littenbauer 1923.
I. 2269 — COULTER CORNRLIA
C., The Happy Otherivorld and
Fairy Mistress Themes in the
I. 2268— RoEGER J., "Adoz xuven Odyssey: TPAPHR.A., LVI, 1925,
. Das Marchen von der Unsicht- 37-54.
— 332 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2270-2275
figura dì Calipso, i cui rapporti col folklore moderno vanno studiando
con criterî diversi, ma con eccessive conclusioni anche il Riess (I 2270)
ed il Cox (I 2271).
Sulle imprecazioni in Omero e Virgilio ci dà osservazioni rag-
guardevoli il Keith (I 2272) riconoscendo che, pur seguendo da presso
Omero, Virgilio le adatta più artisticamente alla psicologia dei suoi
personaggi. La formula stereotipa in Omero acquista in Virgilio nuova
vita. Flementi di vita storica e documentazioni di un’ età vissuta
trovano negli epiteti omerici il Macurdy (I 2273) ed il Bulhart (I 2274),
l'uno studiando le relazioni fra Troia, i Balcani e la Grecia del Nord
quali appariscono negli epiteti particolari dei cavalli, l’altro sentendo
nell’epiteto tutta la forza creatrice dell’artista in rapporto alla vi-
sione stessa della realtà.
Dovuto alla pietà del Belzner è il volume postumo del Roemer su
Aristarco. (I 2275). È un lavoro sintetico in cui il Roemer raccoglie il
frutto, e sistematicamente lo espone, delle sue lunghe ricerche parziali
sulla natura dell’esegesi aristarchea. Il Roemer, fissati i caratteri ed i
criteri della critica d’Aristarco, ne segue le traccie nel materiale
lasciatoci dagli scoliasti e discerne acutamente quanto in quello
ammasso, spesso di scorie, si debba all'opera del grande critico. Fu
gia notato nel lavoro nel Roemer come difetto principale l’esclusi-
vismo dell'autore rispetto al critico studiato, e quanto di troppo per-
sonale al Roemer sia nella ricostruzione della figura d’Aristarco.
Comunque l’opera del Roemer è sempre capitale e porta resultati im-
portanti sia per lo studio del sistema aristarcheo nell’esegesi lin-
guistica, sia in quella dei fatti storici e mitologici, ed in quella
culturale e sovra tutto in quella estetica. Forse il Roemer, trascinato
dalla passione per il suo autore, ha voluto vedere e provare troppo per
darci un quadro completo della figura di Aristarco, come studioso
ed artista.
L’influsso esercitato da Omero è stato oggetto di ricerche par-
I. 2270 — Rirss E., Studies Horse-Taming Trojans: CIO., XVII,
insuperstitionand Folklore: A JPh.,
XLVI, 1925, 225 Sg.
I. 2271 — Cox E.G,, Classical
traditions in AMediaeval Irish Li-
teratur: PRO., 111, 1924, 281 Sg.
IT. 2272 — KEITH A. L., The
taunt in Homer and Virgil: CIJ].,
XIX, 1923, 534-500.
I. 2273 — Macurpy G. H., The
1923, 50.
I. 2274 — ButHKaRT V\., Home-
rische Epitheta: XAapuoua, Festrahe
zur 25]dhy. Stiftungsfeier d. Vereins
klass. Philol. i, Wien, 1924, 5-12.
I. 2275 — RoEMER A,, Die Ho-
mevrexegese Aristarchs in ihrev
Grundziigen.... bearb.-und herausg.
v. E. BELZNER, XIV-280, Pader-
born, F. Schòning. 1924,
— 333 —
CESSI. LETTERATURA GRECA: I. I. 2276-2282
ticolari da parte del Patzig il quale ha fissato il suo sguardo sulla
figura d'Achille come quella che assomma tutta la vita del poema
omerico. Anzi il poema omerico si presenta per il Patzig quale la
« tragedia di Achille », com’egli si compiace chiamarla (I 2276).
Afferma che la definizione aristotelica della megirdzera elg Evaviiov
deriva esclusivamente dalla visione di Achille; che la Menis è la
peculiare creazione di Omero per cui nel poema si distinguono due
leggende non troiane (Meleagreide e per questo cfr. anche I. 2317, 2351I
-2352 e la leggenda popolare della vendetta gentilizia) che convergono
in un nucleo primo, attorno al quale si svolgono azioni secondarie; e
che l’ira d'Achille sì perpetua e si trasforma nelle leggende posteriori,
le quali il Patzig segue nei racconti di Ditti Cretese, e in quelli
che per influsso di Ditti si sono continuati nelle leggende bizanti-
ne. Ricorda quali fonti Teucro, Sisifo di Cos donde derivano le in-
venzioni di Malala e G. Antiocheno. — Accanto ad Achille, la fi-
gura omerica che più ébbe vita nella coscienza tarda dei Greci fu
Ulisse le cui vicende si trasformano mano mano che la sua figura va
assumendo colorito e valore diverso, fino al racconto dantesco. Il Pa-
rodi (I 2277) illustra appunto la persistenza delle leggende odissiache
nella poesia medievale dopo di aver studiato con questo fine, quale
era proprio del suo spirito critico, i rapporti di Ulisse e Penelope
nelle ultime scene dell’Odissea. — Allo studio della fortuna omerica
contribuisce quello sui traduttori che converrebbe fosse condotto su
più larga base e compiuto sistematicamente. Buon saggio ne dà la
De Luca (I 2278) trattando dell'Obsopeo. — All’età moderna ci
conduce il Kerber studiando le relazioni fra Omero ed Hélderlin
(I 2279). — Diamo solo notizia del lavoro di M. De Sanctis, (I
2280) che non ci è stato dato di esaminare.
5. LA LINGUA. — Ricordiamo anzi tutto il lessico omerico di
R. J. Cunliffe (I 2281) per quanto limitato di mole. — Noi, Italiani,
non dobbiamo dimenticare il Dialetto Omerico del Nazari (I 2282),
I. 2276 — Parzio EDw., Die A- omerici: V. Obsopeo, 88, Palermo
chillestragòdie dev Ilias tini Lichte tip. Boccone del Povero 1925.
der Autiken und der modernen 1.2279— KerBER R., Holderlins.
Tragih: NJ., XVI, 1925, II, 40-06. ana Ì
siede Verhiltniss zu Homer: Ph., 1924.
By. Z. XXV, 1925, 273-291. I. 2280 — DE Sanctis N., Studi
I. 2271 — Paroni F.G, Poeti omerici, 96, Napoli, F. Ruzzi 1925.
antichi e moderni, Studi critici, I. 2281 — CuNLIFFE R. J., A
IV-350, Firenze, Sansoni 1923. Lexicon of the homeric Dialect,
1X-445, London, Blackie 1924
NAZARI OR., // dia-
I. 2278 — Dr Luca ADRIANA,
I traduttori mmaristi dei poemi T. 2282
POESIA EPICA: OMERO. I. 2283-2291
modesto ma utile contributo per le scuole, e del quale è uscito di re-
cente una nuova ristampa. — Punti particolari della questione lingui-
stica trattano il Bolling (I 228 3) con le ricerche ortografiche quanto al-
la lezione ev per e0; 11 Pagliano (I 2284) che ritorna a discutere Per il
F in Omero, concludendo che il digamma non fu pronunziato nel
tempo omerico pur esercitando ancora un relativo influsso e che fu
conservato per forza della tradizione e della tendenza all’'arcaismo
mantenutasi anche dopo Omero, sì che il digamma non è elemento
sufficiente per discernere i vari strati del poema omerico. — Del-
l'accentuazione omerica si occupano il Grégoire (I 2285) il quale pro-
va che raramente (rapporto 1:10) le enclitiche portano l'ictus es-
sendo pronunziate con sottile emissione di fiato; il Vendryes (I
2256) che si sofferma sull'accentuazione di *Ixoves e *’Iwveg dimo-
strando che non v'ha contraddizione fra tali forme, essendo l’ultima
la normale contrazione in attico secondo la legge della contrazione
delle parole con la antipenultima breve; il Hermann (I 2287) che
nell’omerico Xygevre riconosce una forma eolica.
Quanto all’uso dei sostantivi astratti J. A. Scott (I 2288), con-
trapponendosi al Bolling (C/ PA. XVIII, 1922, 272), afferma che non
vi sono differenze notevoli fra l’Iliade e l'Odissea, trovando nella
unità del linguaggio argomento forte per l’unità della composizione
e dell’autore, e alla stessa conclusione arriva lo Shewan (I 2289) stu-
diando le parole astratte in -{r, -0t15, -#75, — W. D. Hooper (I 2290)
nota come un esempio di plurale di sostantivo astratto sia gia nel
proemio dell’Odissea.
Il Mcillet (I 2201) fa osservare che le forme rég0z0, x5200v sono
forme arcaiche, non sostituite da quelle del verbo, rog0é%, sì che
in M,15 rag0en (forma duplicata di =240e70) fu alterata di poi in
letto omerico (2* ed.), rifus. ed aum.
(ris.), 312, Torino, Chiantore 1925.
IT. 2283 — BoLrLinc G. M., dd
peculiarity of Homeric Orthogra-
Phy: CIPh., XVIII, 1923, 170,
I. 2284 — Pagliaro A,, Per il
F in Omero: RFCI., 1925, 231-241.
I. 2285 — A. GRÉGOIRE, L'ac-
cent grec el les enclitiques homeri-
ques: RBPh., 1924, 387-390.
I. 2286 — VENDRYES I., L’ac-
centuation de ’Imv loves: BSLP.,
n°, 70, 49.
- I. 2287 — Hermann E., Homer
dypetze i Gl., XIII, 309.
I. 2288 — Scotrt ]J. AÀ., Homeric
Abstrats and Thirtv-two per cent.:
CIJ., XIX, 1923, 238.
I. 2289 —SHEWANA,, Zhe homeric
Abstracta: CIPh., xIX, 1924, 170.
I. 2290 — Hooper W. D., Plu-
rals of the Abstracts: CIJ, x1ix
1923, 448.
I. 229I — MEILLET A., Str un
aoriste altéré che: Hom?re: BSLP.,
n° 706, IOI-2.
= Ho =
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2292-2298
rég0et0. A proposito di #X$tuevat vetoto Badelnc in K.353 il Wol-
terstorff (I 2292) studia l’uso dell’avverbio attributivo nella sua
trasformazione addiettivale.
L’uso di vocaboli speciali in Omero e specialmente nel loro
valore specifico è perseguito con cura meticolosa e novità di con-
clusioni da P. Th. Justensen in una serie di monografie delle quali per
ora ricordiamo (I 2293-2294), quelle sul valore di @vuég ed in partico-
lare di gpnv che si deve riconnettere con gpéag (fonte), dacchè ne ema-
nano tutte le forze e sostanze corporee, riferendosi al diaframma deter-
minato anatomicamente da Omero con incredibile esattezza. Quanto a
00uéc, esso ha la sede regolare nel torace, ma nelle grandi paure fa
sentire il suo effetto anche più giù. In quest’ultima memoria, quale
appendice, si trovano accenni riguardo all'uso di òèxprdopa. in-
giuriare, r7$4% riguardante non il salto, ma movimento convulso;
65005 per petto, e piXex riferito alle varie parti del corpo. Lo studio
delle parole fa risaltare la esattezza di percezione dell’antico poeta
nella osservazione dei fenomeni fisiologici. Il Bielchlawek (I 2295)
studia l’uso di puéXreodar e di pormi in Omero e tutte le spiegazioni
varie che dai più antichi grammatici fino ai lessicografi medievali, in
Eustazio ecc. ci sono pervenute, dimostrando che dal senso originario
di gioco, danze a poco a poco nella porri si è venuto comprendendo
anche il valore di aùdi, goua ecc. — Il Frinkel (I 2296) si sofferma
su A 4iopat, zIXTO, Ecc.
Le questioni metriche sono toccate da J. A. Scott (I 2297) che
esaminando il numero delle parole nell’esametro dattilico conclude
che il verso omerico in media è composto di sei parole, che numerose
sono le parole lunghe costituenti serie dattiliche (solo 4 versi in Omero
sono di tre parole, ed i versi che ne hanno il maggior numero sono
Z 440, a 2II, y 367); dal Debrunner (I 2298) che si occupa dell’abbre-
I. 2292 — WOLTERSTORFF G., Ueberlieferungsgesch. der antik,
Attributives Adverbium zu Il, K.
353: PDAIW., 1924, 1241 Sg.
I. 2293 — JusTENSEN P. TH,
The homeric thymos, 54 (copie a
macchina), Banjoewangi (Giava),
1925 (presso l’autore).
I. 2294 — JustenseN P. TH.
The homeric Phren, 25 (copie a
macchina), Banjoewangi (Giava).
1925 (presso l’aut.),
I. 2295 — BIELCHLAWEK R.,,
Miro nd uo. - Stud. itber
homerisch. Bedeutuneslehre: WS.,
XLIV, 1925, 1-18, 125-143.
I. 2296 — FRAFENKEL H., Ho-
merische W'orter: * Aviidmpov, Fest-
schr. J. Wackernagel, Goòtting,
19024, 274-282.
I. 2297 — Scott J. A., The
Number of words in a Dactylic
Hexameter: CIJ., XIX, 1923, 239-
240.
I.2298 — DEBRUNNERA,, Metri-
sche Kiirzung bei Homer:'Avridwgov
— 2336 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2399-2306
viamento e dell’allungamento delle vocali, concludendo che più
frequente è il secondo caso, e studia il trapasso probabile eseguito
dalle parole dalla forma originaria alla più recente nel primo caso
che è più raro; dallo Shewan (I 2299) che ricerca in Omero l’asso-
nanza e l’allitterazione (I 2300) riconoscendo essere più frequente
il caso dell’iato dopo v finale nella seconda o terza sillaba di dattilo
in tesi, e, pur essendo possibili e leciti tutti gli iati. Omero non mo-
stra nè propensione nè disdegno per l’iato; e infine dal Magnien
(I 2301) che studia tutti gli artifici per cui nell'apparente sua mo-
notonia l’esametro omerico ha tanto varietà.
Questione interessante di grammatica e d’arte ad un tcnipò
è quella affrontata dal Ammann (I 2302) riguardo alla serie delle
parole, ed alla composizione delle proposizioni. Il verbo in questo
fatto gioca la parte principale, ed è naturale, e con la collocazione sua
speciale da un colorito grammaticale e artistico a tutto il pensiero,
lumeggiando i punti più importanti su cui cade l’osservazione del
pocta, o si sfoga la passione dell'animo o si presenta lo svolgimento
dell’azione.
6. QUESTIONE OMERICA. — a) Questioni Generali. La cosidetta
«questione omerica » è sempre più viva che mai. l'ondamentali
rimangono ad ogni modo i poderosi, se non in tutto accettabili,
lavori comparsi negli ultimi anni quali sono quelli del Cauer (I 2303),
del Drerup (I 2304), del Finsler (I 2305), del Wilamowitz (I 2306), del
Festschr. J. Wackernagel, Goòtting,
1924, 28-40.
I. 2299 — SHEWAN A, Alli-
leration and assonance in Homer:
CIPh., XX, 1925, 193.
I. 2300 —T Surewax A. Hialus in
Homeric Verse: CIQ., XVII, 1923.
IT. 2301 — MacnIENV., La variété
dans le vers homérique: Mélanses
linguistiques offerts a M. JT. Ven-
drves par ses amis et ses élèves,
Pp 229-250, Paris, Champion 1925.
I. 2302 — AMmMANN H,, Unters.
zur homer. Worlfolge und Satzstruk-
tur mil besond. Beriicksichligung
der Stellung d. Verbums. (= In-
dogerm. Forsch.), 47, Freiburg i.
Br., Boltze 1924.
I. 2303 — CAUER P., Grundfragen
der Homerkyritik, III Aufl. I° (1921),
1-406; II (herausg. v. E. BRUHIN,
1923), 407-709, Leipzig, Hirzel.
I. 2304 — Drerup E., Homeri-
sche Poetik. I: Das Homerpro-
blem in der Gegenwart v. E. DRrE-
RUP, Xv-511; III Die fapsodien
der Odyssee v. FR. STURMER, XIII-
632, Wurzburg, 1921.
I. 2305 — FINSLER G., Homer.
I. (3° aufl.), mit ein. Erganzung v.
Ep. Tifcue, I. Vorfragen - Ho-
merkritik, (1924), x1-234; II. Die
homerische Welt - Die homerische
Poesie (1924), xt11-281; — II. (2°
autl.), Inhalt und Aufbau der
Gedichte, (1918), xxII1-464, Leip-
zig, Teubner.
I. 2306 — WILAMOWITZ v. MoEL-
LENDORFF UD., Die Ilias und
=
Aevum - Anno I - 22
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2307
Bethe (I 2307). Anche se escono dai limiti di tempo impostici non
si può non dar luogo loro in questa rassegna e perchè in parte rias-
sumono tutto il lavoro critico compiuto fino ai giorni nostri e perchè
le idee fondamentali e le conclusioni sostenute sono, debbono anzi
essere, di base, pur in vario senso, alle future discussioni. Il lavoro
del Cauer appare tutto, o quasi, rinnovato con nuove parti, fra le
quali un capitolo sull’esametro e sull’arte d’Omero. Ma la morte
interruppe il lavoro del Cauer ed il Bruhn, che ne raccolse l'eredità
letteraria, potè aggiungere di sugli appunti lasciati dall’autore,
solo una parte che comprese in un quarto libro nuovo dal titolo
Die beiden Epen als Gegenstand der Kritik, riguardante i caratteri
dei due poemi, i confini ed i diritti della critica e in parte
‘ la composizione dell'Iliade. Il Drerup nel primo volume della
sua Homerische Poetik tratta tutta la questione omerica, sotto
i più vari punti di vista, quale si presenta fino ad oggi, lasciando
intravedere il suo convincimento della insufficienza della critica
storica quale in generale è tuttora seguita. Nel terzo volume dedi-
cato all’Odissea (il 2° dedicato all’Iiade non è ancora pubblicato)
lo Stiirmer, seguendo le idee del maestro, ricerca le rapsodie fonda-
mentali (15) che si possono riunire in due principali cioè la ven-
detta di Ulisse da un canto, i viaggi di Telemaco, quelli di Ulisse
ed il ritorno dell’eroe dall’altro. — L’opera del Finsler, dopo la morte
dell’autore, si presenta nella sua terza edizione per cura del Tièche
che ha diviso in due parti il primo volume, conducendo fino ai giorni
nostri la storia della critica omerica. Ma nel suo complesso l’opera
rimane quale era nella seconda edizione (1912) c di questo il Tièche
raccomanda che il lettore non abbia mai a dimenticarsi, tanto più
che il Finsler non potè tener conto delle ricerche del Wilamowitz
(Die Ilias u. Homer) che, pur essendo del 1916, debbono essere ricor-
date come quelle che hanno avuto il maggiore influsso sull'indirizzo
della critica omerica negli ultimi tempi. — Secondo il Wilamo-
witz, Omero, un vero poeta, avea cantato il suo poema traendone
la materia da precedenti poesie o poemetti, parte rimaneggiando,
parte rinnovando, parte riunendo. Così il Wil. modifica in parte il
concetto fondamentale delle sue Homer. Untersuchungen (1894).
Di tali canti il Wilamowitz tenta di determinare il tempo conside-
rando tutta la parte A-H 321 come veramente omerica e di cui fino ad
Homer, vI-523, Berlin, Weidmann, 374; IT. Odvssee. Kyklos. Zett-
1910. bestimmung, mit den Resten des
troischen KyFlos und einem Bei-
I. 2207 — Bretne E., Homer, trag v. FR. STUDNICZKA, X-392,
Dichtung und Sage. I. Ilias, 1x- Leipzig, Teubner 1922.
— 338 —
POFSIA EPICA: OMERO i I. 2308-2309
I e K fanno parte le canzoni più antiche di Omero (e le più antiche:
E-A2, e canto di Ettore in .V-0); invece Z sarebbe contemporaneo ad
Omero. Ma vi sono intruse parti più recenti nell'antico epos: ad es. K
è più recente di Omero, ma anteriore ad Esiodo, mentre O è più re-
cente di Esiodo. Fra le poesie conosciute da Omero, Z ed H sonole più
tarde. L'episodio di Crise è stato interpolato prima della compo-
sizione dell'inno ad Apollo pizio (circa 580 a. C.). Il Wilamowitz af-
ferma la personalità d'Omero: ma non è certo quella della tradizione
ch'egli studia nelle « Vite » e nelle attestazioni rimasteci, dopo aver
chiarito come la leggenda abbia dato motivo ai canti e dall’epos,
come il poeta abbia potuto comporre il suo poema. ll Wilamowitz
tratta anche dell'Agone poetico fra Omero ed Esiodo, dell'inno
Delio, e del proemio della Teogonia di Esiodo nelle aggiunte al suo
volume. — ll Bethe continuando le sue ricerche sulla poesia omerica
nel suo recente secondo volume (un terzo sull’Analisi della leggenda
è promesso dall'autore, ma non si prevede quando uscirà) conchiude
che l’Iliade e l'Odissea non sono poemi immaginari, bensì opere d'arte
formate su un piano determinato, fisso. Ma nell'Iliade si hanno
accenni cronologici dal secondo millennio al VI° secolo a. C., e il poema
dovette essere composto dopo il 030, ed è di origine attica, mentre
l'Odissea è più recente dell'Iliade, posteriore ad Esiodo, e le Ciprie,
composte in Atene, risalgono alla seconda metà od alla fine del VII
sec., mentre i Nostoi della prima metà del sec. VI sono anteriori
all'Odissea. Il Bethe si appoggia nella sua ricostruzione a deter-
minazioni archeologiche — che però possono essere, e sono anzi da
altri spiegate in modo diverso — fra le quali la descrizione della
Fibula d'Ulisse intorno alla quale to Studniczka scrive un breve
articolo che chiude il volume.
Contributo particolare alla questione generale con criteri perso-
nali ha tentato di dare il Cessi nei lavori sopra indicati e quasi
contemporaneamente lo Smith (I 2308) il quale però si restringe
ancora alla teoria della successiva espansione dei poemi. Recentis-
simamente il Marx (I 23009) ha ripreso in esame tutte le testimonianze
intorno alla tradizione della personalità d'Omero, il cui nome è
riaffermato come nome di persona. La patria del poeta sarebbe
da riconoscere in Smirne, distinguendo un Omero, rapsodo anteriore
ad Esiodo e cantore di inni a Delo, da un pocta Melesigene, autore
dell'Iliade e dell’Odissea. Omero raccoglie i canti dei poeti anteriori,
I. 2308 — SmitH R., The Solution I. 2309 — Marx F., Die Ue-
of the homeric Question.The original berlieferung itber die Personlich-
Iliad and its successive Expansions, keit Homers: RIAM., xXIV, 1025,
22, London, Graffon, 1923. 305-431.
— 339 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2310-2314
e la composizione dei poemi si può ammettere solo al sec. VIII.
Il Marx si occupa anche degli inni omerici dei quali riporta quello
a Demetra (come quello ad Apollo Delio) al tempo di Solone, quello
ad Ermete al tempo di poco anteriore ad Alceo (VII sec.), quello ad
Afrodite ad età anteriore a quello per Ermete (Cfr. anche I. 2383). Sui
più recenti lavori del Vitelli (R.A.L., 1921), dello Scott, del Drerup e
del Wirkl parla nella « Cultura » N. Festa (I 2310) respingendo le esa-
gerazioni dei divisionisti e di coloro che cercano solo nell’Oriente le
fonti dei poemi omerici; ma la questione principale è appena sfiorata.
Seguendo in parte le conclusioni del Wilamovitz, il Dahms(I2311)
ricerca nel poema iliaco le parti duplici di cui consta: una Iliade
ed una Achilleide, riaffermando così, la dichiarazione fatta prece-
dentemente (I 2312) della mancanza di originalità creatrice nei
compositori della nostra Iliade ed Odissea, la cui datazione non
può risalire oltre il VII sec. essendo pur sempre l’Iliade anteriore
all’Odissea, la quale è posteriore ad Esiodo, e più recente dei Nostoz.
Non pare che il poeta dell'Iliade e dell’Odissea abbia conosciute le
Ciprie e la Piccola Ilrade.
La Odissea fu oggetto di studio particolare da parte dello
Schwartz (I 2313) il quale completa così il disegno-della composizione
del poema omerico tratteggiato già nello scritto Zur Entstehung der
Ilias (Schrift. d. Wiss. Gesell. in Strassb., XXXIV, 1918) Lo Schwartz
continua l’opera del Kirchhoff e del Wilamowitz da cui in gran parte
dipende, concludendo che nell’Odissea è da riconoscere un più
antico epos delle peregrinazioni e ritorno di Ulisse, cui seguì un
secondo epos. Vi si aggiunge una Telemachia, con allargamenti
dell’«Apologo» odissiaco ed altri episodi rifusi in nuove redazioni e
riuniti in una certa armonica dipendenza in una redazione finale.
Contro le conclusioni dello Schwartz, muove in parte il Belzner
(I 2314) che, pur riconoscendo gli strati vari dell’O., mostra quali
gravi difficoltà offra la ricerca. Ad es., i viaggi di Telemaco a-e de-
riverebbero da una primitiva creazione del poeta come p. Ma tutta
la rappresentazione subisce variazioni e mutamenti che sempre più
affievoliscono l’originaria unità e l’interno sviluppo.
I. 2310 — FESTA N., Omero: La 1923, 337. Recens. di E. BETHE,
Cultura, II, 4 febbr. 1923. Homer.
I. 2311 — DAHMS R,, Zlias und 1I.2313 —ScHWARTZE., Die Odvs-
Achilleis. Unters. i. die Kompos. see, VI-343, Miinch., Hueber 1924.
der Ilias, 80, Berl., \Veidmann sua
Sin I. 2314 — BELZNER E, Beitrase
19024.
254 zum Verstandniss der Odvssee:
IT. 2312 — Daunvs R.: PAW, BBIGSch., LXI, 1925, 230-250.
— 340 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2315-2319
Il Peters (I 2315) riconosce nell’Odissea quattro parti fondamen-
tali: Telemachia (a-3, sei giorni), mostos (e — v 184 = 28 giorni),
episodio di Eumeo (v, 184 — &="1 giorno), tists (o — w ="sei giorni).
In ciascuna di queste parti sono altre suddivisioni, le quali si presenta-
no con un mirabile parallelismo, che si fonde ad un tempo con una
struttura chiastica per cui nell’artista si nota una peculiare tendenza
alla disposizione artificiosa affatto caratteristica delle parti maggiori
e degli episodi. — Anche P. Haupt (I 2316) ricerca lo sviluppo del
nucleo storico dell’Odissea ma traendone argomento da motivi arti-
stici come l’assimilazione, la trasposizione delle parti, risalendo coi
confronti al poema di Gilgamas.
Per il Wecklein (I 2317) la tradizione della commissione pisistra-
tica non è favola, ma riguarda un avvenimento storico necessario
alla difesa e conservazione del testo. Fra le teorie varie intorno
alla composizione dei poemi si deve dare considerazione maggiore
a quella detta della « contaminazione » ed il Wecklein, mettendo a
fondamento del poema iliaco una Iliade-Achilleide, ne trova un logico
e psicologico sviluppo, che ne unisce intimamente le varie parti
aggiunte anche di poi, le quali parti determinate dall'opera principale,
furono fuse e rifatte in essa. Nella veechia Achilleide forse mancava
l'episodio di Patroclo introdotto dal poeta come motivo della lotta
con Ettore. L’eroe primo non fu Achille, ma Aiace nell’Iliade, ed è
peculiare creazione omerica la lotta fra Achille ed Agamennone
come anello di unione fra i due nuclei principali. La leggenda di
Meleagro (cfr. anche più avanti n. I 2351-2352 e 2276) dava il fonda-
mento dell’ira. L'unità artistica dei due poemi omerici, riconosciuta più
o meno largamente dai più, anche dai divisionisti, conduce di necessità
alla conclusione che Omero, un poeta insomma, sia autore dell'Iliade
e dell’Odissea, quale sostiene con un breve scritto il Laurand
(I 2318). Non ne è persuaso il Gyombay i cui Epilegomena (1 2319)
sono una protesta contro gli estremi unitari, senza però ap-
portare nuove ragioni, ma fermandosi piuttosto a disegnare
lo stato presente della questione omerica. Il Gyombay studia
anche i soliti iferata, la formazione dei discorsi ed il loro rap-
I. 2315 — PrtERS H., Die Fin- Rritisches zur homerischen Frage:
heit der Odyssee: N ]., 1924, 20I- SBAIW., 1923, 6 Abth.
216.
I. 2318 — Lauranp L., Potr
I. 2316 — Hauprt P., Prhilolo- @Homère: CIPÀ., XVII, 1923, 152-5.
gical and linguistic Studies: A JPh.,
XLVI, 1925. I. 2319 — GvromBay ]., Z:pile-
gomena ad Homerum sive obser-
I. 2317 — WECKLEIN N., Epi- vationes ad elocutionem et compo-
— 341 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2320-2323
porto con la narrazione, i tipi, le figure retoriche, le descrizioni,
le comparazioni, e l'influsso della tradizione linguistica sul merito
artistico particolare del poeta, affermando che la vendetta non è
nell’Iliade motivo inventato dal poeta; che 1 caratteri principali
degli eroi sono incerti, come incerto il luogo d'azione; che l’arte
dei poemi tradisce l'originario poeta nella «veritas» e «simpli-
citas » mentre che « simulatio artificium praestigiae » sono le carat-
teristiche dei redattori, che un redattore finale assomma nel poema
giunto fino a noi. — Invece, dalle rassomiglianze di lingua e di stile
parte il Bassett (I 2320) limitandosi pure ai proemi dei due poemi
per dimostrare contro i corizonti l’unità intima dell’I. e dell'O.
Una delle fonti che dettero motivo e materia ad Omero fu
certo la tradizione argonautica in cui si afferma tutta la tendenza
degli Elleni ai viaggi, all'espansione coloniale; i rapporti di tali tra-
dizioni con Omero sono continui sia nell’I. sia -—— più ancora — nel-
l'Odissea. Il Wilamowitz (1 2321) ritorna sulla questione della localiz-
zazione della leggenda affermando che l’cpos ionico noto all’Odissea
conobbe l’entrata degli Argonauti nel M. Nero, ma che la identif -
cazione dell’Aia (per Omero nell'Oceano). con la Colchide è dovuta
ai Milesi. Solo quando si constatò che il M. Nero era chiuso si fece
passare la nave Argo per il Tanai e il Fasi nell'Oceano. In Cirene
sì formò la tradizione del trasporto della nave per la Libia; ma
l’epos corinzio avea posto il viaggio nell'Adriatico, finchè, conosciu-
tosì anche questo come un mare chiuso, si pensò ad una derivazione
o comunque ad una relazione col Danubio. Ma quanto più si estesero
le cognizioni geografiche tanto più si modificò il viaggio per adattare
la leggenda alla realtà, dalle storic di Timeo ai poemi di Apollonio
ec del ps. Orfeo.
Ma fondamentale e controversa rimane sempre la questione
della datazione dci poemi. Però i più non discendono oltre l'VIII sec.
nè risalgono oltre il X. Ne trattarono recentemente oltre il Wilamo-
witz, Belke, ecc. già citati il Mey (I 2322), ed il Bates (I 2323) il
sittonem Iliadis et ad quaestionem nauten: SPAW., (15 maggio 1924).
homericam, Budap., Kiadja a
Mavar Tudomanyos AFademia, I. 2322 — MEyO., Die Zeit des
1923. trojanischen Kvrieges: Homer und
Ilias: HG., 1924, 177; Homer
I. 2320 — BassetT G. E., The und Odvssce: ibid.
Proems of the Iliad and the Odvs-
sey: AJPR., XLIV, 1923, 339-348. I. 2323 — Bates MM. N, Notes
on the Dating af the Homeric
I. 2321—WiLramowiITzv.MorLL. poems: AJPh., XLVI, 1925 €
Un., Ueb. die Riichfahrt der Argo- TPAPLA. LV, 1924, p. XXV.
— 3412 —
POESIA EPICA: OMERO.
I. 2324-2329
quale pensa al tempo della caduta di Micene (sec. XII) reputando
omerica la lingua delle tavolette di Gnosso con scrittura lineare!
b) Argomenti storici e culturali. — Anche per la determinazione
storica e del materiale epico e della composizione dei poemi omerici
danno maggiori e più sicuri documenti gli scavi archeologici in Asia
Minore e le inscrizioni di Bogazkéi. Dobbiamo a tal proposito ricordare
per le relazioni fra gli Achei e gli Ittiti i lavori, già menzionati, del
Vetter (I 2064) del Grimme (I 2067), con i dubbi del Costanzi (I 2066),
e pei rapporti con Creta l’opera del Glotz (I 2008) del Muttelsec (12069)
ed in generale quella del Jardé (12001). Ma nuove e più notevoli ri-
cerche ci conducono più addentro nei misteri dell'origine del popolo
ellenico, sì che nuova luce acquista la questione della composizione
dei poemi omerici che sempre più reali ci si presentano nella storicità
della materia che trattano. Un nuovo ricordo delle città di Akh-
khivawa (==Acaia) si ha in una tavoletta d’oracoli della città di
Lozpa (=Lesbo) illustrata dal Savce (I 2324), e Lesbo è più volte ri-
cordata nell’Iliade come punto di fermata delle scorrerie achec.
Il Kretschmer (I 2325) riconosce l’’A%é7xv8z0< (= Paride) d’Ilio nello
Alaksandus re di Vilusa che nel 1300 circa a. C. faceva trattati con il
re ittita Mutalis (==MémA05?) [cfr. anche I. 2372]; il Haupt (I 2320)
ritrova in Ta-ru-i-sa delle tavolette ittite(+=Tpwtoax), ricordata insieme
con Acaia e con Eteocle, re di Orcomeno, il nome ittita di Troia; il
Draheim (12327) spiega con l'origine e l’influsso ittita il fatto dei doppi
nomi con cui persone e località si presentano in Omero, riconvscendo‘
che specialmente iCilici ebbero parte nella colonizzazione del territorio
troiano. Tali ricerche sempre più larghe e profonde hanno permesso or-
mail di tracciare nelle lince generali la storia dell'impero degli Egiziani
e degli Ittiti, quale ci offre, per l’NI sec. circa, il Bury (I 2328) e più in
particolare per l'impero acheo circa il sec. NIV a. C. il Cuny (I 2329), sì
che l'elemento storico della tradizione omerica non si può più senz'‘al-
tro negare. Occorre discernere ora quali elementi precllenici persistano
nel poema omerico e perchè; e forse perseguendo questa via sol-
I. 2324 — SAvYycE H., The I. 2327 — DRAHEIM H,, Home-
Achaeans in the Boga:-Keui tables:
CIR., 1924, 104.
I.2325— KRETSCHMER P., A/ak-
sandus Konig von Vilusa: Gl.,
XIII-205-214.
I. 2326 — Haupr P., The hit-
lite name of Trov: AJPh., XLV,
1924, 252-235.
rische Doppelnamen: PhIV., 1025,
205.
I. 2328 — Bury ]J. B., The Egv-
ptian and Hittite Empires to c.
1000 B. C. (= Zhe Cambridge
Anc. History v. 11), Cambridge,
Univ. Press 1924.
I. 2329 — Cuxv A., L’empire
Lo gola
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2330-2334
tanto si potrà trarre dalla sfinge omerica la risposta che da tanti
secoli e con tanto affanno vanno domandando e ricercando gli
studiosi dell’antichità.
Il Cessi (I 2330) ha brevemente notato come persistano elementi
sovra tutto cretesi nell’Odissea, prendendo motivo dalle ricerche
del Drerup, conchiudendo che l’Odissea, mentre nella sua composi-
zione può essere posteriore all’Iliade, conserva invece un materiale
storico anteriore. — Il Weber (I 2331) illustra i misteriosi oquata Wvyed
della lettera di Proitos con i caratteri ideografici del disco di Phaistos,
usati forse nelle relazioni ufficiali fra Achei e Lici (anche Pelope
deriva dalla Licia) e non con la scrittura lineare cretese, richiamandosi
per la forma del ntvaE (doppia tavoletta in cotto il cui scritto interno
rimaneva ignoto al portatore) ad una scena’ceramica illustrata
dallo Schmidt (Bellerophons Tablet and the homeric Question in the
Light of Oriental Rescarch in TPAPhA LI, 1920, 56-70) in
contrasto con J. H. Holwerda (RAM., LV, 1900, 476) che pensava
alle inscrizioni geroglifiche dell'età micenea.
Una delle basi pcr la determinazione storica della leg-
genda omerica è sempre il catalogo delle navi: ma le conclusioni
ricavate da premesse assolute e rigidamente applicate otfrono
sempre delle strane sorprese. Non fa maraviglia quindi che con-
tinui il contrasto fra gli studiosi. Il Leaf (I 2332) si contrappone al-
l’Allen (CIR., 1922, 140); lo Schmid (I 2333) dichiara senz'altro
‘il catalogo estraneo alla primitiva composizione dell'Iliade e che non
se ne può riconoscere l’autore sia nel poeta delle Ciprie che era un io-
nico, sia in un interpolatore pisistratico. Questa periegesi che pare for-
mata con un disegno metodico (cfr. Allen, The homeric Catalogite
of Ships, Oxford, 1921), dovette, secondo lo Schmid, essere composta
fra il 600 ed il 560 a. C. in Attica con intendimento politico in seguito
alle convenzioni navali di Atene con altri popoli.
Studi particolari su alcuni punti del poema, riguardo a questioni
culturali e storiche e artistiche sono quelli del Bolaffi (I 2334) che con-
achéen au XIV siècl. av. notre meric catalogue of Ships: CIR.
ere: REA., XXVII, 1925, 76 Sg. 1923, 27.
I. 2330 — Cessi C., Elementi pre- I. 2333 — ScHMID W., Der ho-
ellenici nella civiltà omerica: AAP., merische Schiffskatalog und seine
XL, 1924, 273-284. Bedeuntung fiir die Datterung der
Ilias: Ph., LXXX, 1925, 07-87.
I. 2331 — WEBER L., Znuata n
\oypd: PW, 1925, 710-743. IT 2334 — BOLAFFI E.,, L imma-
gine della lite nello scudo di Achille
I. 2332 — Leav W., 7he ho- (xviti, 497 segg.) in relazione al
cod
- at sii nm
4 Agnelli ul'o 4
4
4
é
POESIA EPICA: OMERO.
I. 2335-2343
sidera il quadro della lite nello scudo di Achille in riferimento al
diritto greco; del Gillies (I 2333) che dimostra essere la purificazione
avanti il pranzo in Omero determinazione di una regola igienica,
avendo essa solo più tardi un senso religioso; del Maròt (I 2336)
che, seguendo le osservazioni di M. Meyer (4 Rel, 1912)
e del Wendland (.\V/., 1916, 244) riguardo all'atto accompa-
gnante le parole nel giuramento, accenna a tali atti speciali, cioè
il prendere e il dare la mano, accennare con lo scettro, ecc.; dello
Scott (I 2337) che nega potersi dedurre da a 261 l’uso delle saette av-
velenate presso Omero; dello stesso Scott (I 2338) riguardo al fuoco
acceso dal Ciclope nella caverna e che non avendo significato logico nel‘
racconto attuale dev'essere residuo di antica tradizione mantenuta
dal poeta; infine del Rose (I 2339) per il quale l'eroe omerico non man-
giava pesce non perchè questo fosse considerato sacro ma perchè era sti-
mato nutrimento vile e proprio dei forestieri poveri, dacchè Omero co-
nosce l’uso della pesca presso altri popoli ed il loro culto sacro del pesce.
Contro lo Schwyzer (I 2340)il quale affermava che mancano analogie
per la dichiarazione della frase omerica — sulle ginocchia degli dei
— confrontando Tacito,, Sf. 3, 19, il Kunst (I 2341) dimostra che
tale confronto nulla ha da fare con Omero, mentre l’Onians (I 2342)
la considera una formula proverbiale derivata dall'idea del filare
conirontando « 18 con Plat. Rep., N, GI0 c.
Il Berard (I 2343) osserva che il megaron di Ulisse non poteva
contenere più di 38 pretendenti, stando alle indicazioni omeriche,
e quindi debbonsi sopprimere nell’Odissea l'intervento di Atena e
le interpolazioni che portano a 1c8 le vittime d'Ulisse. Tale osser-
diritto greco: RIGI., vi, 1922, 1923 I. 2339 — Rose H. J., Homer's
p. 103 SE. Little Fisches Again: CIJ., XX,
I. 2335 — Ginties MM. Puo 1994 49051
rification in Homer: CIQ., XIX, I. 2340 — ScuwwyzEr G., Der
1925, 71-75. Gotter Knie: ‘Avitdwgov, Festschr.
9 Pa J. Wackernagel, Gott. 1924.
I. 2336 — MaroTt K., Der Eid .
als Tat (= Act. Litter. ac. scien*. I. 2341 — Kiéxst K., Oe@v Èy
Reg. Univ. Francisco- Joseph., Sect. Yovvaor xeizat : IVS., XLII, 1924,
philol. hist. I, 1), 56, Szeged, 1924 215 seg.
Leipzig, Si Db.
(Leipzig, Simmel) I. 2342 — Oxiaxs_R. B., On
I. 2337 — Scott J. A., The use the Knees of the Gods: CIR,
of Poisoned Arrows in the Odyssev o XXXVI, 1924, 2-0.
CIJ., XIX, 1923-4, 240.
i SIA I. 2343 — BékarD V., Le mé-
I. 2338 — Scott J. A., Why garon d’Ulysse et le meurtre des
did the Cyclops buid a fire?: CIJ., prétendants: CRAFEFIG., 1923,
XIX, 1923-24, 230-8. XLVI-XLVII.
— 345 --
CESSI. LETTERATURA GRECA, I.
I. 2344-2351
vazione è rinnovata e ripresa nell'opera generale del Bérard sopra
ricordata (I 2200). — Il Waltz (I 2344) dà uno sguardo alla vita del po-
polo minuto in Omero: nota come i progressi dell’organizzazione eco-
nomica abbiano fatte dell’artigiano un elemento indispensabile alla
società e del lavoro manuale un mezzo normale di vita, evoluzione
però cominciata solo verso il 500.
c) Studi su episodi omerici — Ad episodi particolari, per trarre
dallo studio loro nuovi argomenti riguardo alla composizione dei
poemi omerici, rivolgono la loro attenzione il Mader (I. 2345) il quale
sostiene l’autenticità del libro IX dell’Iliade essendo .4 ed / del
medesimo poeta dacchè A 240-243, 338-348 ammettono le Azzi
(però non si discute il duale in I, 182-189); il Thallon (I 2346), che
osservando i rapporti fra la civiltà di Troia e quella del periodo di
Hallstatt conclude che la leggenda di Antenore riposa su relazioni
fra le due regioni determinate da migrazioni troiane lungo la valle
del Danubio; il Hanemann (I 2347) che trova un nucleo iliaco in rap-
porto al mito di Prometev; il Bassett (I 2348) che dicilara l’inesistenza
di interpolazione nell'episodio di Glauco; il Malten (I 2349) che al con-
trario sustiene la non renvinità dell'episodio di Bellerofonte derni-
vato da leggende non omeriche, probabilmente licie e carie (cfr.
I. 2331); il Fitch (I 2350) che fa dipendere il contrasto in Pindaro
fra Aiace ed Ulisse non da Omero, ma dalla Etiopide, dalla Piccola
Iliade e dalle Ciprie che Pindaro riteneva per omeriche.
In particolare ha. attratto l’attenzione dei critici omerici in
questi ultimi tempi la leggenda di Meleagro. Per E. Howald (I 2351)
l'episodio meleagreo dà quasi la base del poema d'Achille, che si
è formato quando le leggende greche erano passate con le colonie nella
I. 2344 — \acLrz P., Les arti-
sans et leur vie en (iréce des temps
homerique dà lépoque classique,
(vii-vi siécl.): RMH., CXLVI, 1924,
101-204.
I. 2345 — MADER L., Zum neun-
sen Gesang der Ilias: Festschrift
zur fahrhundertfeter d. Gvmn. am
Buyrgplat: in Essen, 30-42, Essen
a d. Ruhr, BaedeFer, 1024.
I. 2346 — THALLON J. C., The
tradition of Antenor auditso hi-
storical possibilitv:i AJA., 1024,
47-05.
I. 2347 — HANEMANN TH, Ziin
Kerngedichte der Ilias aufgebaut
auf den Zusanmenhang der Ilias
mit dem Prometheus-Mythos, 110
Freiburg .. B., 1923.
I. 2348 — BASssETT G. E., On
Z 119-230: CIPh., XVII. 1923, 175-
180.
I. 2349 — MALtEN L., Bellero-
phontes: JAATI., xL, 1925, 121-101.
I. 2350 — FitcH, E., Pindar and
Homer: CIPh., XIX, 1924- 57-00.
I. 2351 — Howatp E.,, Melea-
ger und Achill: RAM., LXXUI,
1920-1024. 402-424.
siga
POESIA EPICA: OMERO. sa I. 2352-2357
Asia Minore, dove poteva pervenire il motivo dell’ira, non la figura
di Meleagro. La storia di Fenice è romantica; è motivo novellistico
e nel poema originario gran parte del racconto deve essere attribuito
a Patroclo. Contro la leggenda meleagrea tentata già nuovamente
dal Howald, muove il Bethe (I 2352) sostenendo che l'ira non è il fon-
damento della leggenda meleagrea come invece è per la leggenda
Achillea, e che la leggenda narrata da Fenice non è antica bensi
adattamento posteriore, essendo stato il motivo della mentis intro-
dotto nel motivo di Mcelcagro dal poeta della « Presbcia », non po-
tendo essere tale racconto (cfr. Robert, n. I 2082 = Heldens. I, 91) il
modello della Iliade. Si cfr. anche n. I 2276. Di accenni della leggenda
melcagrea sino fra i Lettoni da notizia W. Anderson (I 2353).
Contro coloro che negano l’autenticità della seconda Nekyia nel-
l’Odissca, il Bassett (I 2354) fa notare come essa sia necessaria con-
clusione della lunga storia; come nella sua costituzione formale si
trovino tre esempi del Sevzegov reé7epov che già Aristarco considerava
come indizio di omericità e come la conclusione dell'Odissca sia
l'epilogo dei due poemi, il che spiega la ragione dei due grandi discorsi
e la gloria dei due eroi principali omerici dell'Iliade.
Dal nome di Ulisse P. Haupt (I 2353) trac motivo per determinare
il carattere del tipo dell'eroe, poiche Odisseo =' 0879965 come Odessa
== 6dav:= esportare (collegato con 6355) donde Ulisse -= l’avven-
turiero; non dunque, come i più hanno pensato, = l'eroe dell'ira. —
Sulla scena degli amori di Ares ed Afrodite fa alcune osservazioni, no-
tandone il carattere di recenziorità, il Radin (I 2350).
Fra le parti dell'Iliade considerate non omeriche fino dall’an-
tichità occupa un posto particolare la Dolonea e specialmente il
racconto di Reso, allargato poi da Euripide; ma è incerto se omerico
però lo dovesse considerare il tragico, ed il Mavkowska (I 2357) ancor
una volta nota le deviazioni dall’Iliade, e ad un tempo il preva-
lente colorito eroico nel racconto c la fermezza degli eroi di carat-
tere tragico.
I. 2352 — BETHE E., Zlias und
Meleageri RAM., LXXiIv, 1925,
I-12.
I. 2353 — ANDERSON W., Die
Meleagrossage bei den Letten: Ph.,
LXXIX, 1923, 222-24.
I. 2354 — BASssETT G. E., Ze
second Nekyia again: A JPh., xLIV,
1923, 43-53»
I. 2355 — Haupr P., The al-
ventures of Odvsseus: A JPh., xLV,
1924, 01-03.
I. 2356 — RADIN M.,, An Olimi-
pic Scandal: Odvyssee VIII, 2066-
304: TPAPhA., LV, 1924, 14.
I. 2357 — MavyKowSsKA M., De
Phesi compositione: Fos,XXVI,10923,
52-00.
“sua
CESSI. LETTERATURA GRECA. T. I. 2358-2363
Pei Nostor O. Kern (I 2358) pensa che essi si chiudessero col tra-
passo di Menelao nei Campi Elisi (8, 561 sgg.). |
Il Marzell (I 2359) dopo aver dichiarato che della pianta moly
Omero (x. 304) non da determinati contrassegni, per cui Teo-
frasto e Dioscuride non hanno proceduto ad alcuna identificazione,
conclude che verosimilmente si può riconoscere nell’Helleborus niger
la pianta più nota nell'antichità contro gli incantesimi. |
Il Bassett (I 2360) si sofferma sull’affermazione di Omero (P. 205)
che Ettore ha macchiato la sua condotta nel togliere, come non
conveniva le armi di Patroclo, per cui cade nello sdegno di Zeus,
e conclude con Eustazio (1102, 46) che le armi dovevansi considerare
da Ettore come spoglie opime di Febo, che realmente aveva ucciso
Patroclo, e però l'eroe, ritenendole per sè, peccava di appropriazione
di un onore indebito.
Quanto alla genealogia di Areta e di Alcinoo lo Shewan (I 2361)
crede che ogni difficoltà presentata dal testo omerico sia eliminata
considerando in n 54 Sg. toxfieg == antenati, non genitori. — Varie
interessanti questioni tocca il Weber (I 2362). A proposito di A, 265
nota che nella lista dei Lapiti in Esiodo (Scut. 182) non apparisce
conoscenza dell’epos omerico, ma che Clitias, il pittore del vaso
Frangois — quindi non oltre il sec. VI — pare abbia letto il verso
omerico, e che quindi la leggenda di Teseo è più antica di quanto
non si voglia ammettere. Inoltre che intimi rapporti legano il Q con
l'Odissea, sì che pare essere la composizione di £ posteriore all’Odissea
ed avvenuta nell’Asia Minore, mentre la Telemachia sarebbe stata
composta in Occidente; che nella antica Iliade doveva essere com-
presa la narrazione dei funerali di Ettore e che il poeta dell'Iliade
sì deve identificare col leggendario Omero.
d) Geografia omerica. — La geografia omerica ha sempre at-
tratto la curiosità degli studiosi, sia per la determinazione della loca-
lità dell’azione iliaca, sia per le strane vicende di Ulisse. Il Cornelius
(I 2363) ricerca nell’Odissca (specie riguardo ai Lestrigoni) traccie di
conoscenza dei paesi settentrionali. In x, 87-94 si può riconoscere
I. 2358 — KERNO,, Der Schluss I. 2361 — SHEWAN A., The Ge-
der “Atperdov xadodos: N/., xxvI, mnealogy of Arete and Alkinous:
1923, 604. | CIR., XXXIX, 1925, 145 Sg.
I. 2359 — MAarzeLL H., Die I. 2362 — WegEer L., Ho-
Zauberpflanze Moly : Der Na- merica: RhM., LXX1v, 1925, 387-
turforscher, 11, 523 SQg. 343.
I. 2360 — BASssETT G. E., Hec-
tors Fault in Honor: TPAPhRA.,,
LIV. 1923, 117-127.
I. 2363 — CorxELIUS FR., Zur
Geographie der Odyssee: RhM.,
LXXIV, 1925, 344-0.
— 345 —
POESIA EPICA: OMERO. I. 2364-2370
la designazione delle Bocche di Cattaro, ma col ricordo di un fjord:
in 82-86 il corso solare dei paesi norvegiani, sì che tenendo conto delle
recenti ricerche etnografiche (Ziegfeld, Im Reiche des Meergotts,
Stuttg., 1923) reputa che la geografia dell’Odissea si possa collocare
nell'Oceano, Calipso nelle Canarie, e che dalle notizie sul mare del
Nord e dell'Egitto si possa trarre argomento per distinguere le parti più
recenti del poema. — Il Mayer (I 2364) si occupa della diffusione delle
leggende rodiesi in Occidente seguendo quella di Elpenore nell'Apulia,
quella di Elio vinta poi dal preponderante influsso del culto di Po-
sidone, ricercando Scheria in Dulichio, i Cercenei nei Liburni, ed in
ultima analisi in Rodi l'antica sede dei Feaci. Lo Shewan invece
(I 2365) ci riconduce in Occidente identificando Same con Cefallenia,
Zante con Zacinto, ma escludendo che Leucade possa essere Itaca. —
Sulla stessa questione che da alcuni anni si agita viva fra gli studiosi,
ritorna più largamente il Brewster (I 2366) ma non si arriva ancora
a conclusioni definitive. — Anche per Corinto si mossero dubbi per la
sua identificazione con Efira; sostenuta dallo Shewan, combattuta
dal Leaf, e nuovamente affermata dallo Shewan (I 2367) il quale di-
chiara altresì (I 2368) che Arkondi è la Krokyleia d'Omero e non la
Asteris. — Alle peregrinazioni omeriche in Occidente si richiamano
le ricerche del Benetti (I 2369) che segue le traccie di Omero nella
Sardegna, o meglio della Sardegna in Omero.
e) Citazioni omeriche: — Sulla incertezza della lezione del
testo omerico nell'antichità da una nuova prova, secondo le ricerche
del Morel (I 2370) anche una citazione di Plinio (H N., XIII, 91) dove
si parla del 0vov in unione col larice, usato da Circe mentre in x 133
non si parla che di 050y; l'isola di Calipso invece (e, 60) odorava
di 9vov (cfr. Verg. Aen., VII, 19 ma quivi si parla di Circe). Forse
Plinio leggeva in e, 60 xtd£0v revxedzoro non 7’eòdx. non essendo il verso,
di sicura lezione come dimostra anche Macrob. 3, 19, 5 che legge
Ivi drò xaXòv per dvi vigov.
f) Omero e le letterature orientali. — Continuano sempre
cenacan Corinth: CIR.,
1924, 05- 07.
I. 2364 — MavER M.,, Rhodier,
Chalkidier u. d. Odyssee: JdALI.,
XL, 1925, 42-85.
XXXVIII,
I. 2368 — SHEVAN A., Asteris
I. 2365—SHEVANA., Megesand and the vovage of Telemachus:
Dulichium: CIPh.,XITX,1924, 40-05.
I. 2366 — BrREWSTER FR., Ztha-
ca Dulichium and wooded Zacyn-
thus: HSCIPA., XXXVI, 43-90.
I. 2367 — SuHEWAN A,, Mr-
CIPh., XIX 1924, 297-310.
I. 2369 — Bixetti Ep., 0-
mero e la Sardegna, 138, Sassari,
Gallizia 1925.
I. 2370 — Morkti \\., Fin Ho-
Et
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2371-2376
n ——————————_— —— AE) e e—e—_—.— —__—
seducenti i tentativi di collegare Omero con le letterature orientali.
L’Ungnad (I 2371) si richiama alle immigrazioni dall'Asia orientale che
“apportano le cognizioni astronomiche, determinate dal nome delle co-
stellazioni (ad es. il Carro di Boote el'Orsa), lacredenza nel Paradiso |
quale è data nell’epos di Gilgamesch in confronto coni viaggi odissiaci.
Più stretti ma forse più fantastici rapporti fra Omero ed il poema di
Gilgamesch e la Bibbia crede di trovare P. Jensen (I 2372), per il quale
la nazione giudaica serve di anello di congiunzione frala letteratura as-
sirobabilonese e la greca, sì che Migail è confrontata con Elena, Davide
con Menelao ed Achille, ma anche con Ulisse, come Saul con Tele-
maco ma anche col Ciclope! Il rapimento di Ahinvan e Migail deriva
da quello di Alaxandus (cfr. n. I 2325, 2064) che va a Sidone presso
Mursattalis (a. 1310-1290 a. C.) mentre Davide è del 1055-1015.
La leggenda ritorna in Omero in cui si nota non l’influsso diretto del
poema orientale, ma della tradizione ebraica, con le osservazioni sulle
stelle, sul corso dei pianeti che si riflettono nella Telemachia, la
quale sta di mezzo fra l’Iliade e l’Odissea.
Rapporti di Omero con l'Egitto riconosce invece il Moret (I 2373).
— Quando poi non si riesce a trovare tali relazioni reali si ricercano al-
tre formali, come fa il v. Dobschitz (I 2374) che trova relazione od a-
nalogia fra la fortuna di Omero e quello della Bibbia nella tras-
missione letteraria!
g) Omero e il Ciclo. — Per lo Scott (I 2375) non si può dedurre
. affatto da Paus. IX, 9, 5 che Omero fosse nel sec. VII considerato
autore della Tebaide, qualunque sia la correzione che si voglia appor-
tare alla lezione «Calaenus» del testo. Ed insiste (I 2376) dimostrando
che nè Luciano, nè Longino, nè Giuliano Imper. conoscono la tra-
dizione che fa Omero autore del ciclo, per la quale il Bethe può
trovare appoggio solo in Fozio, Suida, Filopono, Atenco.
merzitat beim altern Plinius: PhRIW., I. 2373 MoRET, Homère et lE -
1925, 428 SE. gvpte in Rois et dieux d'Egypte,
Pari |
I. 237I — UxgGxan ALB., Die AT1IS, 1923
ditesten Volkerwanderungen Vorder- I. 2374 — DoBsscHi!Tz v. E., Ho-
asten Ursprung und W'anderung mey und die Bibel: N]J., 1925, 331-
der Sternnamen - Das wtedergefun- 346.
denen Paradies Gilgamesch - Epos
und Odvssee, 32, Breslau, 1923. I. 2375 — Scott J. A., The Cal-
linus of Pausanias IX, 9, 5:
I. 2372 — Jrxsex P, Gilga- CIPA, xvI, 1922, 358-360.
mesch - Epos juddische National-
sagzen, Ilas u. Odvssee (= Ex I. 2376 — Scott J. A., Homer
Oriente lux III, 1), 68, Leipzig, and the epic cycle; CIJ., XIX,
Pfeltter 102. 1023-24, 445-7
— 350 -—
POESIA EPICA: OMERO.
I. 2377-2383
Per Dione Crisostomo poi afferma (I 2377) che d'accordo con
Aristotele, Aristarco, anche Dione non considerò Omero autore
del ciclo. A favore del Bethe contro lo Scott, a proposito di
Dione, scrive alcune osservazioni il Bolling (I 2378): ma la polemica
non si può dire chiusa. Infatti anche per la interpretazione del ceu4yn
riferito ad Eschilo rispetto ad Omero il Fitch (I 2379) sostiene
che la Tebatde (cfr. I 270) era da Eschilo considerata omerica (se-
condo Paus., IX, 9, 5) come aveva gia affermato negli Homerica
(= CI. J. XVII, 1921-22, 94) contro lo Scott (Cl. J. XVI, 1920-21,
302), che in parte è difeso dall'interpretazione del Radin, Homer and
Aeschylus in CI. J. NVII, 1921-22, 332. Tutta la questione tratta
ampiamente Albert Severyns (I 2380) ricercando quale posto dovea
occupare nel ciclo l'Etiopide di Arctino, seguendo una sua teoria
particolare per cui si debbono riconoscere da prima un’epopea di
base, quindi epopce di accrescimento ed epopee dì raccordo onde
deriva alla fine l’intero ciclo.
Il rapporto fra i poemi omerici e la Tabula Iliaca nel suo valore
didattico afferma il Volkmann (I 2381) dimostrando quale utilità si
possa trarre dalla Tabula nella scuola per l'interpretazione del
1° canto dell'Iliade. — Sul poeta Pisandro e la sua dipendenza dal
Ciclo secondo una attestazione di Filopono nel commento ad Aristot.
Sec. anal. 77 b. 31, dà cenni il Wilamowitz (I 2382).
7). INNI. — Dell’inno omerico ad Apollo si occupa F. Altheim
(I 2383) dichiarando che i due inni ad Apollo Pizio e ad Apollo Delio
si sono sviluppati staccandosi dalla prima unità per ragioni di culto,
ma poscia riuniti di nuovo. L'inno delio si è staccato per la panegiria
delia, mentre il pizio rimase stretto al suo luogo d'origine. La ricla-
borazione delia è del VII sec., la pizia risale non oltre il 590, forse
verso il 548, seguendo il modello delio. La più tarda redazione del
I. 2377 — Scott ]. À., Dio
Chrysostom and the homeric Ort-
gin of the Cycle: CIJ., XIX, 1023-4,
du cvcle épique: RPh., xLIX, 1025,
153-153.
I. 2381 — VOLKMANN H.,, Die
315-316.
I. 2378 — Botrrinc G.M., Prof.
Scott and E. Bethe: C!]., xIX,
1923-4, 444.
I. 2379 — FirtcH E., Zlie evi-
dence for the homeric Thebais:
CIPh., XVII, 1922, 37-43.
I. 2380 — Severyvns ALR., L’F-
thiopide d’Arctinos et la question
V'erwendung der Tabula lliaca in
Homerunterricht: N JP., 1024, 160-
103.
I. 2382 — \VILAMOWITZ v. Mort-
LENDORFF U., Lesefriichte CNCTI:
Fi; EN, TOSI
I. 2383 — ALTHEIM FF, Die Ent-
stehunesgeschichte des homer. A -
pollonhvmmntsi: F., LIN, 1024, 430-
440.
-—- 351 --
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2384-2390
delio scende alla metà del sec. VI, presentandosi così circa un secolo
di rielaborazione epica fino all’età di Solone con una cronologia relati-
vamente sicura. La divisione dei due inni si nota al v. 178, ma nella
più recente rielaborazione i vv. 177-178 si riconnettono col v. 140.
È da notarsi che i vv. 136-138 (duplicato di 139) sono nei migliori
manoscritti scritti in margine e dati come doppioni. — Per il tempo
di composizione degli inni omerici è da studiare in generale la me-
moria di H. v. Arnim, Die Entstehungsgeschichte d. homer. Hymn,
Frankf., 1921-22. Cfr. anche n. I. 2309, 2227, 2228, 2243.
III. Esiodo. — Ad uso delle scuole S. Delli (I 2384) pubblica
un commento delle Opere e Giorni di Esiodo e P. Gobbi (I 2383)
pubblica la traduzione del Chiappetti, scegliendo i tratti migliori
collegati con l'argomento del poema intero. — Il Ragazzini (I 2380)
pubblica alcuni passi della versione del Pozzuolo, I programmi
ministeriali recentemente ne avevano consigliato la lettura nelle
scuole classiche, ed a questo scopo ne presentò una nuova versione
in prosa il Cessi (I 2387) con una prefazione e con annotazioni.
Intorno ad Esiodo fiorirono i lavori critici non meno che in-
torno ad Omero, poichè analoghe questioni si tentano muovere
intorno al poeta beota. Il Trever (I 2388) studia la vita economica
in Beozia di contro al poema omerico che ci fa vivere nelle città,
mentre Esiodo ci trasporta in campagna: la vita economica esiodca
rappresenta un progresso rispetto ad Omero. — Il Marchant (I 2389)
si occupa del sentimento religioso nell'età esiodea, e da tale ricerca
acquista luce particolare l’opera del poeta. — Il Munno (I 2390) rintrac-
cia, nelle « Opere e Giorni », contro l’ipercritica recente, una linea di
I. 2384 — Esiono, Le Opere ei Giorni, trad. (in prosa) ed ann. da
Giorni, Intr. e note a cura di G. C. Cessi (= Nel AMondo degli
DELLI, 62, Lanciano, Carabba 1925 Eroi: cfr. I, Appendice I), Catania,
Mugli
I. 2385 — Esiono, Le Opere e i ugha 1924
Giorni nella traduz. di A. CHiar- I. 2388 — TREVER A,, The age
PETTI; estr. e colleg. con l'argom.
del poema ed ann. per le scuole
da P. GoBB8i, 37, Milano, Signo-
relli 1924. I. 2389 — MARCHANT A. L,,
I. 2386 — Esitobo, Le Opere Greek Religion in the Time of
#4 i Cioni: Passi scelti. “TÈ di Hestod, Manchester, Shewatt a.
L. Pozzuoto c. intr. e n. di V, Hughes 1923.
RAGAZZINI, 62, Torino, Soc. ed.
intern. 1925.
of Hesiod. A Study in economic hi-
story: CIPh., XIX, 1924, 157, SE8.
I. 2390 — Muxxo G., La Com-
posizione delle « Opere e î Giorni »
I. 2387 — Esiono, Le Opere e i di Esiodo: NC., v. 1925, 4I.
der 32 agri
POESIA EPICA: ESIODO, EUCLIDE. I. 2391-2397
pensiero intorno alla quale si svolgono le considerazioni del pocta, le
singole parti e gli episodi del poemetto. Il concetto di Zeus onnipo-
tente domina nel senso religioso e nel pensiero della vita greca:
donde il concetto di giustizia e di lavoro come determinazione del-
la economia domestica che suggerisce la trattazione dei lavori
campestri, da cui non è affatto estraneo anche l’avvertimento sui
viaggi di mare. Neppur l’ultima parte — che non è orfica — del poe-
ma è contrastante col resto del poema. — Discrepanze invece ne tro-
va H. G. E. White (I 2391) che riconosce nel poemetto varie re-
censioni dello stesso testo, dovuto all'opera di un più tardo edi-
tore che non si può far risalire oltre il VI sec., cui ci richiamano
interessi politici, religiosi, letterari. La vulgata esce dal circolo
culturale pisistratico. Contro le esagerazioni di tali conclusioni
muove il De Franco (I 2392) il quale, in opposizione ad Ev. White
tende a dimostrare che la descrizione esiodca dell'inverno nei vv. 494-
495, 498-499 deriva dalla primitiva redazione esiodea, opera genuina
di Esiodo che ha valore piuttosto morale che georgico naturalistico.
Riguardo a punti particolari delle opere esiodee ricordiamo il
confronto che E. Harrison (I 2393) fa tra 7eog. 297 e Plut. Crass, 32
a proposito delle Echidne e Scilla; il richiamo a 7leog. 92 e Scut 35
fatto da T. A. Sinclair (I 2394) perl’ A:30g esiodeo, la cui personifica-
zione è in Of. 199-200; infine l'osservazione su vrertos, Bfgca, ecc.
dello stesso Sinclair (I 2395).
IV. Poesia Storica. — Sulla poesia storica parla, studiandone
la natura e le espressioni, H. Schmitt (I 2396).
V. Euclide. — L'Euclide di cui Arist. Poet. 1458 è porta un esa-
metro è da identificarsi con l’Euclide deltempo di Pisistrato, ricordato
da Ateneo I, 3 è, e possessore di una biblioteca. Così afferma il Wi-
lamowitz (I 2397).
I. 2391 — WHite H.G. E. 40 AIAOX, in Hesiod: CIR., xXXIx,
Peisistratean Edition of the He- 1925, 157.
e Cile MIE 024, I. 2395 — SINCLAIR T. A., On
ESTOI certain words in Hesiodi: CIR,
I. 2392 — DE Frasxco E., L'/n- 0 xxXxXIxX, 1925, 98-10I.
ci di FRAC RA, I. 2396 — ScuHmITT HerM., De
is dei Graecorum poesi historica quaest,
I. 2393 — Harrison E., Plut. selectae, 50, Gissae, Kindt 1924.
Cc 1 3 {XXIX 5
0 32: CIR. XXXIX, 1925, I. 2397 — ‘\VVILAMOWITZ v.
>; MoreLcr. UD., Lesefriichte, cxc: H.,
I. 2394 — SixcLarr T. A., Ono LIX, 1924, 272.
— 3093 —
Aevum - Anno I - 23
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2398-2405
VI. Matrone. — Del Deipnon di Matrone di Pitane, dell'età
di Demetrio, e dei suoi frammenti tratta brevemente il Wilamowitz
(I 2398).
VI. Arato. — Il poemetto dei Fenomeni d’Arato con chiara, sem-
plice versione in prosa (inglese) presenta G. R. Mair (I 2399) con una
introduzione succinta che dà però tutte le notizie necessarie intorno
alla vita del poeta, ai manoscritti, agli scoli del poemetto, ed una
sufficiente bibliografia. L'introduzione particolare al poemetto offre
una dichiarazione del contenuto dell’opera per orientare il lettore,
il quale è aiutato anche da due cartine (emisfero boreale, emisfero
australe) aggiunte alla fine del volume. — Quanto e come Virgilio
abbia imitato Arato (spec. Georg. I, 351-463) mostra il Perrotta
(I 2400), il quale afferma che Virgilio segue piuttosto il testo ori-
ginale che il rifacimento di Varrone Atacino, e che egli compie sempre
opera di poeta e non di erudito o di catalogatore.
VIII. Riano. — Dell’età di Riano si occupa W. Klinger (I 2401)
considerando che al v. 14 del frammento in Meineke, Anal. Alex. 199 si
trova allusione a Demetrio Poliorcete il quale dopo la vittoria aveva
portato la sua sede nell’opistodomo del Partenone. Perciò tale fram-
mento è della fine del IV secolo, e la vita di Riano risale, come aveva
affermato anche il Wilamowitz, ai tempi di Zenodoto e di Arato.
IX. Apollonio Rodio.— Il Wilamowitz (12402) studia le varianti
che ad Apoll. Rh., I, 7706-94 porta l Amherst Papyr., II, 16; e dimostra
(I 2403) che Apollonio Rodio ebbe conoscenza diretta di Ferecide. —
In Arg. 1,8 il Taccone (I 2404) mantiene la lezione Mettrerta tei v con
riferimento ad Apollo. — M. M. Gillies (I 2405) illustra la palla (Arg. 3,
I.2398—\VILAMOWITZ v. MOELL. I1.2402—\ViLAMOWITz v. MOELL.
Ub., Lesefriichte, CLXXV: H., Up. Lesefrichte CLXXIV: H,
LVIII, 1923, 73. LVIII, 1924, 73.
I. 2399 — ARATUS, with an en- I.2403—WILAMOWITZ v. MOELI..
glish transl. by G. R. MAIRr (in- Up., Lesefriichte CCI: H., LX,
sieme con Callimaco e Licofrone), 1925, 12.
359-473, London, Heinemann 1921.
I. 2400 — PERROTTA G., Vir-
gilio e Arato: AeR., 1924, 1-19.
I. 2401 — KLINGER W., Quan-
do visse Riano (in polacco): Zos
XXVI, 1024, 103.
I. 2404 — TaccoxE A., Apol-
lon. Ihod. Arg. 1, 8: BFCI., xxxI,
1924-5, II2 Sg.
I. 2405 — Gitries M. M., The
ball of Eros: CIR., XXXVII, 1924,
50.
csv e
POESIA EPICA: APOLLONIO, RODIO, NICENETO, ECC. I. 2406-2411
135 sg.) che Afrodite promette ad Eros interpretando gli &yides
come cerchi, archi, e 1 x3xXx come zone. — Curiosa ricerca è quella
del Wendel (I 2406) sulle parole di chiusa — riprese (Kustoden) negli
scoli per inserzioni di lettori o correttori e per la cui soppressione o
secondo la cui indicazione si può costituire il testo originale. Se ne
hanno esempi negli scoli a I, 69, 1177, 954; HII, 1086. 997; II, 234, 399,
863, 177, 302, IV, 1, 272, 691, 6II, 1638. — Nel sasso rotondo di cui
fa parola Apollonio Arg 2, 594 (cfr. Damsté, Advers. ad Apoll.
Rhod. Arg., Traiect. ad Rh. 1922 che si richiama a Cic. d. fat. 18, 4
con derivazione da Crisippo) il Volgraff (I 2407) vede accenno non ai
sassi cilindrici che servono a spianare le strade, ma ai sassi rotondi che
precipitano dai monti. La comparazione apolloniana è gia in Omero
N. 136, in Esiodo Scut, 374, 437, e la stessa immagine ricorre
in Marc. Aur., X, 33.
X. Niceneto. — Di Niceneto (per cui cfr. anche C. Cessìi, De Nt-
caeneto Abderita in Riv. St. Antic., NII, 1909, 514-520) si occupa
R. Holland (I 2408), il quale ammette la lacuna al v. 6 del frammento
del Lvrkos, (PARTH, NI) correggendo K>rgovin Kr e considerando
la scena quale pacsaggio silvestre, prediletto da Niceneto come di-
mostra l’epigr. III in confronto con le Taliste teocritee. Quanto ai ca-
pri selvatici l'Holland ricorda che Strabone cita Capro e Lico come due
affluenti del Mcandro e che i porci selvatici e lupi si presentano in altri
poeti ellenistici nelle scene di caccia, in cul è rappresentato anche
qui Careno (cfr. Nonn. Dion., XIII, 557). Niceneto è conoscitore delle
antichità milesie: le sue descrizioni trovano riscontro in Ov. .4 A,
III, 687 dove è dipinto il riposo del cacciatore Cefalo.
XI. Anonimi ellenistici. — Sui due frammenti pubblicati
dal Milne (A4P., VII, 1923) ed accennanti al mito del ritorno
di Fracle da Troia (cfr. £ 250 sg.) si sofferma Fr. Hiller v. Gaer-
tringen (I 2409). — Nel papiro di Ossirinco 601 (=vol. IV, 1904) il
Maass (I 2410) riconosce una compilazione di più leggende locali riguar-
danti il mito di Dictinna, mentre R. Holland (I 2411) non è disposto
I. 240606 — WeixpEL C., Kustos- I. 2409 — HiLLER v. GAERTRIN-
wiederholungen in den Apollonius- GEN FR., Herakles Itiickker von
scholien: Ph., LXXXI, 1925-5, 18-25. Ilioni NGIVG., 1923, 24-27.
I. 2407 — VoOLLGRAFF G., De la- I. 2410 — Maas E, Diktymua,
fide cylindro: Mn., 1924, 207-211. H., LVII, 1923, 175-180.
I.2408— HoLtLtanpR., Zu Nikai- I. 2411 — HoLLanD R.,, Brilto-
netos von Samos: PhIW.,1924,302Sg. martis: H., LX, 1925, 59-05.
— 3509 —
CESSI. LETTERATURA GRECA. I. I. 2412-2414
ad ammettere una compilazione confusa di centoni ma una narra-
zione chiaramente disposta ed ordinata, in stretta relazione con
Callimaco, senza che si possa affermare che Nicandro se ne sia ser-
vito (cfr. Knaack in RA. M, LVII, 1908, 128 seg.) e senza che si
possa provare che la leggenda si riferisce proprio a Britomartis
(cfr. Wilamowitz in GGA., 1904, 667 sg.).
XII. Euforione. — Il Reitzenstein (Index lect. di Rostock, 1890-
QI) trovò nelle glosse di Metodio in Etym. Gen. dei versi anonimi che
il Wilamowitz reputò di Euforione (Berl. Klassikertext. V, 1, p. 59, I)
e lo Scheidweiler rifiutò nella sua edizione (Euphor. fragm.,
Bonnae, 1908, 809). Ora il Wilamowitz (I 2412) ritorna alla
sua opinione, congetturando che essi appartengano al Hyakinthos
di Euforione.
XIII. Nicandro. — Il Barwick (I 2413) studia i rapporti fra il
racconto ovidiano del ratto di Proserpina e le Trasformazioni di Nican-
dro. L’esemplare ovidiano dovette essere epico non elegiaco, e il
Malten lo ricercava negli Aitia di Callimaco (cfr. invece C. Cessi,
Sul rapimento di Core in Sicilia nella poesia ellenistica in Arch.
stor. Sicil. orient., IX, 1912, 85-89 che pensa a Filita) mentre il
Bethe (H., XXXIX, 1904) si richiamava a Nicandro. Il Barwick
crede che tanto le Metam. (V, 341-661), quanto i Fasti ovidiani
(IV, 419-618) derivino da Nicandro (V, 341-661), dacchè nelle
Met. si nota qualche tratto epico che è trasparente nei Fasti
per quanto trasformato in metro elegiaco, e risentendosi d'altra
parte nelle Met. dei tratti di carattere elegiaco quali sono nei Fasti,
oltre parti quivi mancanti. Però nelle Metam., col criterio della
composizione e contaminazione, Ovidio fa delle aggiunte alla
leggenda.
XIV Doroteo di Sidone. — A Doroteo di Sidone A. E. Hou-
smann (I 2414) attribuisce il secondo dei due frammenti esametrici
dati dal cod. paris. graec. 2425 (=Cat. cod. astr. gr., VIII, IV, 1922,
233, I3-9), mentre il primo (10:d., p. 222, 12-14) offre analogie con
Manetone, Apot., 222-4.
I.2412—WiLaMmowiTtzv. MoELL. pina und Nikanders ‘“Eteporobpeva
UDp., Lesetriichte CLXNXXIII, H., PA. LXXX, 1925, 454-405.
LIX, 1924, 262.
I. 2414 — HousMann A. E.., Do-
I. 2413 — BarwicKk K., Ovrds rotheus Once More: CIO., XVII,
Erzahlung vom Raub der Proser- 10923, 53.
— 356 —
POESIA EPICA! DIONIGI P., NONNO, ECC.
e __———_——_—_--
I. 2415-2424
XV. Dionigio Periegete — Il Lene (I 2413) cerca di compor-
re l’acrostico nella Periegesi di Dionigi e che ci richiamerebbe
all'età di Adriano.
XVI. Poemi orfici. — L'aggettivo yaXaxatog dato al faggio in
Orph, Arg. 762 (Abel) è spiegato dal Rudberg (I 2416) come =
amante dell’acqua.
XVII. Nonno. — Dei frammenti nonniani nel pap. 273 del Brit.
Museum si occupano contemporaneamente il Milne (I 2417) ed il Wila-
mowitz (I 2418). Note critiche al resto presentano P. Maas (I 2419) che
apporta altresì nuovi argomenti per collocare Nonno nella seconda me-
tà del sec. V (le note critiche sono a X, 303; XVI, 318; XX, 5; XXV
409, 424; XXX, 165, XLVIII, 404); Tiedke (I 2420) che corregge
IX, 270; XII, 329; XIII, 275 sg.; XVIII, 8 seg.; 344 ea; XX, 235, ecc.
e R. Keydell (I 2421).
Il Maas (I 2422) inoltre fa osservare che in Nonno i versi ter-
minanti con parole monosillabiche hanno cesura bucolica come in
Callimaco e che la chiusa delle proposizioni è soltanto in deter-
minati luoghi del verso.
XVIII. Quinto Smirneo. — Il Bassett (I 2423) riconosce
come fonti dell'episodio di Laocoonte in Quinto Smirneo i carmi di
Bacchilide e l’Epitome di Apollodoro. Ma il colorito ed in parte la
forma il poeta l'avrebbe desunto dalla tragedia di Sofocle.
XIX. Trifiodoro. — Il Lumb (I 2424) propone correzioni
al v. 92 e 372 del poemetto di Trifiodoro.
I. 2415 — LENE G., Noch einmal
die Akrosticha in der Periegesis
des Dionystos: H., LX, 1925, 207.
I. 2416 — RuDBERGG., yaXxtatog
Er., xXI, 1923, 13 Sg.
I. 2417 — MILNE H. I. M., Dio-
nystaca: AP., VII, 1923, 3-10.
I.2418—WILAMOWITZ v. MOELL.
U., Zu den Dionysiaca: AP., VII,
1923, II-I6.
I. 2419 — MaasP., Nomniana:
BNJ., 1923, 265 Sgg.
I. 2420 — TiebkE H.,, Zur
Textkritik der Dionysiaca des Non-
n0s, LVVIII, 1923, 305-321.
I. 2421 — KeEyDELL R., Zur
Nonnos Textkrisches: BN J., 1924,
14 Sgg.
I. 2422 — Maas P., Nonniana:
BN]J., 1924, 12 Sgg.
I. 2423 — BASsETTG. E., The
Laocoon episode in Quintus Smyr-
maeus: AJPh., XLVI, 1925.
I. 2424 — LumB T. W., Notes
on Tyryphiodorus and others: CIlt.,
XXXVIII, 1924, 113 SQg.
— 357 —
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l
GIOVANNI SORANZO
Prof. di storia moderna nell'Università Cattolica del Sacro Cuore
STORIA DEL PAPATO"
(1923-1926)
I. Parte Generale... 0.0.0... + a 2425-2431
II. Evo Antico... 0.0.0... ++ 2432-2444
III. Alto Medio Evo . . . .......... 0. + 2445-2480
IV. Basso Medio Evo . . . . ........ 0... 2481-2539
V. Età Moderna. . ....0.0.0.+ +++ + + + 2540-2555
VI. Età Contemporanea . .......... 0... 2550-2508
I. Parte generale. — ll Richard fa una singolare sintesi
della storia del Papato: la missione di questo è sopratutto rivolta
ai beni spirituali; eppure esso ha avuto cura anche degli interessi
temporali propri e del mondo cristiano, in quanto questi servivano
di strumento al conseguimento dei primi; studiare come in questo
duplice governo la Chiesa Romana si sia condotta attraverso i secoli,
ecco ciò a cui mira il R. e a tale intento ricostruisce per sommi capi
la storia del dominio temporale della Chiesa dalle origini al suo
compiuto sviluppo, cioè sino ai tempi del concilio di Trento; ri-
partisce la sua trattazione in questi quattro capitoli: le origini del
potere temporale; il potere temporale e il nepotismo; la coalizione
contro Roma; il papato e il partito nformista (I 2425). — In occasio-
ne del 65° anno di età di Paul Kehr a cura di colleghi e amici, è
stata pubblicata una ricca miscellanea di monografie interessantis-
*. — Perchè il presente bollettino non presentasse troppe lacu-
ne bibliografiche, si convenne di registrare anche semplici titoli di que-
gli articoli o di quei lavori, che non si poterono esaminare. Nei futuri
bollettini sì torranno queste deficenze e questo verrà il più possibile
completato.
I. 2425 — RicHarp P., La mo- xx, fasc. 3-4 (luglio-ottobre 1924),
narchie pontificale jusqu@au con- 413-450.
cile de Trento: Rev. Hist. Eccl.,
SORANZO. STORIA DEI. PAPATO I. 2426-2428
eo ———___—_———_T ——_————+ —————————
sime sulla storia del Papato e dell'Impero, di cui faremo cenno
a mano a mano più innanzi (I 2426). Il P. Jos. M. March. d. C. d. G.
professore al Collegio Massimo di Barcellona, ha avuto la ventura
di scoprire un eccellente codice del Liber Pontificalis tra i manoscrit-
ti della cattedrale di Tortosa e promette di dare presto una nuova
edizione; a simile impresa già aveva posto mente il compianto mons.
L. Duchesne e si dice vi attenda D. Henri Quentin benedettino, erede
letterario del defunto monsignore e possessore del ricco materiale
critico ed illustrativo raccolto dal medesimo allo scopo. Sarà desi-
derabile che tra 11 P. March e D. Quentin corra in precedenza un'’in-
tesa. Intanto il primo pubblica un saggio dell'importante codice, e
precisamente la vita di Papa Onorio II, dovuta al biografo Pandolfo,
della quale non restavano che frammenti, rimaneggiati da Pierre
Guillaume ; il M. ammette col Duchesne che detta vita fosse un libro
di parte a favore di Anacleto II antipapa e ciò spiega la scomparsa
quasi completa di quella. Il P. March, che ha curato una collazione
minuziosa di tutto il Liber sul codice Tortosano, aggiunge ancora il
testo della vita di Pasquale II, di Gelasio II, di Callisto II, illustran-
dole; egli dissente dal Duchesne, che attribuisce ancor queste a Pan-
dolfo suddetto, e sostiene che quella di Pasquale II, se non anche
le altre, sono di diverso autore. La pubblicazione del P. March con-
tiene infine un Memoriale Ecclesiarum Romae, redatto nel 1382 da
un benedettino e conservato in codice prezioso dell'abbazia di Mon-
serrat; al Memoriale sono aggiunte due piante di Roma dei secoli
XIII e XIV (I 2427). — Alla quarta edizione, in parte migliorata e
aggiornata nelle indicazioni bibliografiche, è giunto il manuale delle
fonti della storia del Papato e del Cattolicismo del Mirbt (I 2428). —
« Una corrente di devozione e di affetto », verso il Romano Pontifi-
cato e in particolar modo verso gli ultimi successori di San Pietro
vivifica il volume sui Papi, che M. Trivulzio Della Somaglia ha pub-
blicato; dei papi, passati in rassegna sotto l’ordine alfabetico, l’À.
narra i fatti principali senza sfoggio di erudizione e senza critiche
discussioni; intorno agli ultimi pontefici sono utilizzati qua e là
I. 2426 — Papsttim und Kai- ber Pontificalis prout extat in codice
sertum. Forschungen zur politischen —Dertusensi, in-8°, 261, due tavole,
Geschichte und Geisteskultur des Barcellona 1925.
Mittelalters, Festgabe Paul Kehr
zur 63° Geburtstage dargebracht, I. 2428 — MIRRT CARL, Quellen
hrsg. von A. Brackmann. Mi- zur Geschichte des Papsttum und
chen, Verlag der Minchener Dru- es romischen Katholizismus, IV
cke 1926, in-8° vI11-707. Aufgabe, in 89, xxxII, 650 Tu-
I. 2427 — Marck Jos. M., Li- binga Mohr 1924.
— 360 —
I. PARTE GENER. -° II. Evo ANTICO. I. 2429-2432
documenti o memorie inediti, alcuni di notevole valore (I 242).
— La preziosa opera dei Regesta Pontificum Romanorum del Kehr
(Italia Pontificia) si è arricchita di un nuovo volume, comprendente
la Venezia e l’Istria, diviso in due parti: la prima, che riguarda la
Provintia Aquileiensis con le antiche diocesi di Aquileia, Concor-
dia, Ceneda, Belluno e Feltre, Treviso, Vicenza, Padova, Vero-
na e Mantova; la seconda concerne la Provintia Gradensis coi vesco-
vadi di Grado, Caorle, Cittanuova (Heracliana), Jesolo, Altino-
Torcello, Malamocco-Chioggia, Olivolo-Castello per la Venezia, coi
vescovadi di Trieste, Capodistria (Zustinopolis), Cittanuova (Aemona),
Parenzo, Pola, Pedena per l’Istria. In tutto 1292 registri di docu-
menti pontifici, dei quali solo 673 erano nei Regesta del Iaffè (I 2430).
— Sommaria esposizione delle vicende, a cui andò soggetto attra-
verso 1 secoli il sistema di elezione del Sommo Pontefice è in un arti-
colo di E. Magnin (I. 2431).
II. Evo antico. — ]J. P. Kirsch passa in rassegna le diverse
feste degli Apostoli PIETRO e PaoLo nelle diverse chiese e nel corso
dei tempi: la festa comune ai due apostoli al 29 giugno fu quasi
dappertutto costante; non così la festa della cattedra di San Pie-
tro, che si solennizzava in Roma al 22 febbraio nel IV secolo, nelle
Gallie dapprima al 18 gennaio, dal VI secolo in poi al 22 febbraio;
a Roma dopo il VI secolo non ha più importanza o almeno non
appare registrata nei Sacramentari del VII e VIII secolo; nel secolo
IX si riprende in Roma al 22 febbraio; a questa data compare pu-
re nella 1 redazione del Geronimiano; nella redazione gallica del marti-
rologio del 600 assume il carattere della commemorazione della catte-
dra in Antiochia; la festa della Conversione di San Paolo al 25 gennaio
è di origine gallica orientale, ignota alla liturgia romana anti-
ca; la festa di San Pietro in Vincoli, di origine orientale, fu ce-
lebrata nella basilica dei Santi Apostoli all'Esquilino, dove dal
V secolo si venera una catena di San Pietro (I 2.432). — Mons. Lanz-
I. 2429 — Trivutzio DELLA I. 2431 — Macxin E, L'e-
SomagLria M., / papi. Cenni e lection du Souverain Pontife dans
notizie, in 8° con 128 illustra- /e passé et dans la discipline ac-
zioni in gravure. Milano, Be- suelle: Can. 48, 438-449, Paris
stetti - Tuminelli 1920. 1925.
I. 2430 — KEHR P. F., Regesta i
Pontificum Romanorum, vol. vit I. 2432 — KIRSCH ]J. P., Le
(Venetia et Histria). Pars. 1: feste degli Apostoli San Pietro e
Provincia Aquileiensis (Berlino, San Paolo nel Martirologio Je-
1923). Pars. II: Provincia Gra- ronimiano: Riv. Arch. Cr., 1925,
densis (Berlino 1923). fasc. 3-4.
— 361 —
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2433-2439
n
zoni cerca di spiegare le varie origini dei 25 titoli presbiterali di
Roma del secolo VI, riportando le leggende, che ad essi si riferi-
scono; dice come alcuni fossero dati in memoria di chi aveva ce-
duto la casa propria per le funzioni cultuali, o di chi fornì il ma-
teriale o i mezzi finanziari per la costruzione della chiesa o di chi
ne fece la costruzione, oppure dal nome dei santi o dei martiri, ivi
in particolar modo onorati o dei quali si conservano importanti,
venerate reliquie; alla fine del secolo VI erano tutti ricordo di un
santo. (I 2433). — Il Marucchi ritorna sul famoso sarcofazo n. 74 del
Museo Late:anense; mentre il Wilpert interpreta la scena del lato
sinistro come la rappresentazione del ba tistero lateranense con la
basilica e palazzo Papale, il M. vede nella medesima il gruppo del
Calvario, del martyrium di Gerusalemme, l’atrio del grande sacer-
dote, dove avvenne la negazione di Pietro. La promessa a San Pietro
sarebbe rappresentata sul lato destro, in relazione col miracolo del-
l’emoroissa (12434). — L’Harnach fa un commento della nota formola
cristologica adoperata da papa ZEFFIRINO (aa. 199-217) (1 2435). —
Il Kirsch discorre brevemente del santo papa CorNELIo per la men-
zione, che se ne fa nel catalogo romano del 4° secolo (I 2436). — DI
S. CALLISTO e della sua attività apostolica tratta il Coccolo (I 2437).
— A proposito del più antico catalogo dei romani pontefici il Caspar,
considerata la più antica tradizione delle fonti, che cì riconduce alla
metà del IV secolo, studia la scissione che la lista episcopale dopo
d'allora subì in quella secondo Eusebio (canone Geronimiano) e
nel calendario pubblico romano detto catalogo liberiano (I 2438). —
Di una lettera apocrifa inedita di San Girolamo a papa DAMAaSso si
occupa G. Morin (I 2439). — Del prestigio ecumenico di Roma crì-
stiana dalla fine del secolo IV a mezzo il V secolo tratta il Battifol
I. 2433 — Laxzoxni F., Z titoli
presbiteriali di Roma antica nella
storta e nella leggenda: Iiv. Arch.
Cr., 1925, fasc. 3-4.
I. 2434 — MarucceHi O., Un in-
signe sarcofago cristiano latera-
nense, relativo al primato di San
Pietro e al gruppo dell’antico La-
terano: Itiv. Arch. Cr., 1924, 84-98.
I. 2435 — HarNacK v., À., Die
dlteste uns im Wortlaut bekannt
dogmatische Erklarune eines romi-
schen Bischof (Zephirin bei Ip-
polvt. Refut., 1x, n): Sitzb. AR.
Berl., 1923, 51-57.
I. 2436 — KirscH ]J. P., Der
hl. Papst Kornelius in ròmischer
Festverzeichnis des 4 Jahrhunderts:
Rom. Quart., XXXI, 1923, 70-70.
I. 3437 — Coccoto L.., $. Cal-
listo I: Sc. Catt., V, 1923, II,
705-774. 853-804.
I. 2438 — Caspar E., Die al-
teste romischen Bischofsliste: Fest-
gabe P. Kchr, 1-22.
I. 2439 — Morin G., Une let-
tre apocriphe inedite de Jerome au
pape Damase: Rev. Ben., XXXV,
1023, 121-125.
ei
Il. EVO ANTICO 2 HI. ALTO MEDIO EVO. I. 2440-2444
(I 2440). — Il medesimo studia l'origine, il significato, la diftusione
della espressione apostolatus, sedes apostolica e papa nei documenti,
nelle opere: la voce apostolatus appare la prima volta in una lettera di
Paolino diacono milanese a papa ZosImo (a. 417); in quel tempo risul-
ta usata a Ravenna e nella Gallia Romana; più tardi fu usata da Giu-
stiniano, ma non dai vescovi d’Oriente; il termine sedes apostolica,
come la sede del vescovo di Roma, è più recente della espressione
cathedra Petri o sedes Petri; è dei tempi di papa Damaso (aa. 306-384)
in Italia e in Ispagna; in Oriente è usata col concilio di Efeso; la
voce papa, come riferita solo al vescovo di Roma, fu pronunciata,
pare, la prima volta nel concilio di Toledo (a. 400) e riservata solo
al vescovo di Roma al principio del VI secolo; i greci però, scrivendo
al vescovo di Roma, lo chiamano padre, mai papa (I 2441). — Il P.
Silva Tarouca, facendo la storia della nota lettera di LEoNE MaGNO
papa sulla controversia religiosa suscitata dall’eresia eutichiana
in Oriente tra gli a. 448 e 460, ha modo di risalire allo studio delle
varie collezioni di lettere del grande pontefice, e specie alla collezione
greca relativa agli atti del Concilio di Calcedonia e alla collezione
conservata nel codice vaticano latino 5751, che verosimilmente ci
tramanda la collezione latina tratta dall'originale greco. Chiude la
monografia un elenco cronologico delle lettere del pontefice (I 2442).
— Interessanti osservazioni sulla biografia dello stesso papa nel
Liber Pontificalis fa l’Hiisen. (I 2443). — Bruno Brusch tratta della
suggestio o scriptio primicerir notariorum Bonifacit ad Johannem
papa (I) de rattone paschali; illustra il codice di Oxford che la contiene,
dice delle altre redazioni e infine pubblica la suggestio stessa secondo
il detto codice sotto il titolo Exemplum suggestionis etc (I 2444).
III. Alto Medio Evo. — Lo Schnirer opina che l’incorona-
zione dell'imperatore Giustino fatta nel 5206 in Costantinopoli da pa-
pa GIOVANNI I non fu un’incoronazione avente carattere ufficiale,
quasi necessaria al riconoscimento dell'autorità del sovrano, ma
I. 2440 — BarriroL P. Mons., testen Papstbriefsammlungen: Fest-
Le siège apostolique (aa. 395-451):
Rev. cr. H. Lit., 15 aprile 1925.-
I. 2441 — Ib., Papa, Sedes A po-
stolica, Apostolatus: Riv. Arch
Cr., 1925, fasc. 3-4, 098-110.
I. 2442 — Silva Tarotca K,,
Die Quellen der Briefsammlungen
Papst Leos des Grossen. Ein Beitrag
zur Frage nach den Quellen der dl-
gabe P. Kehr., 23-47.
I. 2443 — HusEN C., Osseriazio-
ni sulla biografia di Leone nel
Liber Pontificalis: Iend. P. Acc.
Arch.,1(1923), 109-119.
I. 2444 — BruscH B., Lin Be-
richt der pdapstlichen Kanzlei an
Papst Johannes I von 520 und die
Oxforder Hs. Digby 03 von 814:
Festgabe P. Kehr, 48-58.
— 3963 - —
SORANZO. STORIA DEL PAPATO I. 2445-2450
soltanto una cerimonia religiosa (I 2445). — Harnach considera di
origine tedesca papa Boniracio II, che sedette dal 530 al 532; per-
ciò lo dice il primo papa tedesco; sottopone a critica il noto passo
Bonifacius natione romanus ex patre Sigivuldo. Illustra poi il noto
praeceptum papae Felicis, cioè la costituzione di papa FELICE IV
relativa alla designazione del successore nel pontificato, e Bonifacio
II fu appunto, come è noto, il designato di papa FELICE, e discorre
quindi della Contestatio Senatus del 530, di un successivo decreto del
medesimo circa detta designazione e degli avvenimenti che seguirono
in causa della novità introdotta (I 2446). — Per ora segnaliamo solo
il volume di Mons. Duchesne su la Chiesa nel sesto secolo (I. 2447).
— Di GrecorIo Macno papa fa un succoso profilo l’Ermini (I 2448).
— Alcune osservazioni espone il Gay sulle relazioni tra la Chiesa
romana e l’impero d’Oriente nel quarantennio, che va dal 675 al 715
in rapporto alle origini della controversia iconoclastica. L'autore pensa
che più che per particolare attività dalla corte bizantina, per mezzo
dei religiosi e dei monaci, che si rifugiavano oltre i confini occidentali
dell'Impero a cagione dei dissidi in materia politico — ecclesiastica,
si compisse nei paesi finitimi una considerevole opera di ellenizzazio-
ne. (I 2449) — Breve nota fa il Leich intorno al termine Communitas
in una lettera di GREGORIO II del 732(12450).— Il viaggio in Francia di
papa STEFANO II non era destinato a risolvere solo il conflitto tra il pa-
pato e la corte dei Longobardi, ma anche a consolidare le fortune poli-
tiche di Pipino il Breve, che, alla sua volta, aveva bisogno dell'aiuto
papale, nel contrasto col fratello Carlomanno, non alieno dal favorire il
longobardo Astolfo. Come più tardi nel 773, così nel 754 fu in gioco a
Ponthion non tanto l'esaltazione del potere papale, quanto un interes-
se dinastico. La donazione di Quierzy fatta a Stefano II era il compen-
so del favore, che la S. Sede avrebbe largito a Pipino e ai figli di lui
I. 2445 — ScHNURER GUSTAV,
Die erste papstliche Kaiserkronung
O. u. F. Gorresges., Sez. scienze
giuridiche e sociali, XL, 1923, 2I11I-
Î17:
I. 2446 — HARNACK v. AÀ., Der
erste deutsche Papst (Bonifatius IL,
530-532) und die beiden letzen
Iekrete des ròmischen Senatus:
Sttzb. AR. Berl., Phil. hist. kl.
19024, 2II-242.
I. 2447 — DucHesxe L.
L'Eglise au VI siècle, in 8°-vI1i-
603, Paris 1925.
I. 2448 — ERMINI FILIPPO, Gre-
gorio Magno, Collezione Profili
n. 68, in 16, 58, Roma, For-
miggini 1924.
I. 2449 — Gay ]J., Quelquesre-
marques sur les papes grecs et
svriens avant la querelle des Ico-
moclastes: Or. Byz., Melanges of-
ferts à M. Gustave Schlumber-
ger, Paris Geuthner 1924.
I. 2450 — LEIcH G. S. 4/l ter-
mine Communilas in una lettera
di Gregorio II (732): Bulletin Du
Cange, I (1924), 171-177.
— 3604 —
Il. ALTO MEDIO EVO.
I. 2451-2453
(I 2451). — Questa tesi, secondo la quale le ragioni dinastiche influiro-
no potentemente sulle relazioni tra Pipino e la Santa Sede si incontra
anche in una dissertazione di Carlo Gruber (I 2452). — Illustrando le
stesse vicende, in particolar modo il trattato di Ponthion del 734,
l'’Heldmann si attiene alla teoria di W. Gundlach e di J. Haller sulla
commendatio di papa Stefano II a Pipino (I 2453). — Il Levison si
occupa della donazione di Costantino e della Leggenda di papa Silve-
stro; egli dimostra anzitutto in quale errore sia caduto il Gaudenzi, so-
stenendo la tesi della priorità del testo greco del Constitutum Costan-
tini e presumendone l'origine al tempo di papa GREGORIO II, mentre i
più l’attribuiscono al penultimo venticinquennio dell'ottavo secolo;
poi passa a dire degli Actus Silvestri, che sono la fonte precipua della
falsa donazione, degli innumerevoli manoscritti (e sono circa 300),
nei quali quelli sono contenuti, ne fa la classificazione riducendoli a due
gruppi, i cui capostipiti chiama A e Be li crede non del tutto indipen-
denti fra loro; B sarebbe posteriore, deriverebbe da A attraverso
un intermediario, usato molto liberamente. Come furono composti
gli Actus Silvestri ? Il L. dimostra che una stretta parentela è tra
gli Actus e gli scritti di Arnobio il Giovane; parecchi raffronti riescono
assai suggestivi, così per la redazione di A come per B. Si sarebbe
quindi avuta una doppia successiva influenza degli scritti di Arnobio
nelle due diverse redazioni degli Actus; si vedono cioè in questi
tracce evidenti del Conflictus, dei Commentarit Psalmorum, del Praede-
stinatus, tracce non solo nelle idee, ma anche in frasi insignificanti
comuni; altre tracce si possono scorgere nella Passito Matthaet,
nella Passio Simonis et Judae, nella Passio Bartholomaei, scritti
che per avere punti di contatto con quelli di Arnobio, furono pure
a questo autore attribuiti. Il L. per conto suo non ritiene improba-
bile che Arnobio possa essere l’agiografo autore delle Passtones e
degli Actus. Continuando ad esaminare in quale misura gli Actus
hanno influito sulla formazione del Constitutum, il L. pensa che
sino al $ 8 di questo si è utilizzata la redazione A, dal $ g in poi la
redazione B con una demarcazione abbastanza netta. Una chiara
recensione di questo suo studio fece lo stesso Levison nel bollettino
I. 2451 — RobENBERG CARL., miss zur frankischen und romischen
Pippin, Karlmann und Papst Ste- Kirche, Marburg 1923.
phan II: Eb. Hist. St., n. 152, ;
117, Berlin 1923. I. 2453 — HELDMANN KARL,
Vertrage von Ponthion von 754:
I. 2452 — GruRER KARL, Pip- Mitt. Inst. Vest. Gesch., NNNVIII,
Pin als Politihen in seinen Verkilt- 1920, 541-570.
e Ba
I. 2454-2460
SORANZO. STORIA DEL PAPATO.
dei Monumenta Germaniae (I 2454). — Il Levison sotto il titolo di
Amnalecta Pontificia dà notizia di alcuni frammenti della nota colle-
zione Quesnelliana, trovati nella civica biblioteca di Diisseldorf
e di altri frammenti o di cenni di storia ecclesiastica, di privilegi
ottenuti dalla Chiesa di Syburch da papa LEONE III (I 2455). — Il
Kampers notando che le espressioni Roma aeterna, Sancta Dei Eccle-
sia Reitpublicae Romanorum, che ricorrono nel Constitutum Constan-
tini, sì leggono già nelle lettere di papa Stefano II, crede di poter sta-
bilire tra queste e quello una relazione e opina anzi che questo papa co-
noscesse il documento (12456). — Il malcontento di Carlomagno per la
cerimonia del Natale dell’800, quale fu fatto conoscere dallo storico
Eginardo, è oggetto di discussione da parte del P. Himmelreich,
che ritiene il novello imperatore crucciato per riguardo a Bisanzio.
Questo ritenne anche l’Halphen nei suoi £tfudes critiques sur l’hi-
stotre dv Charlemagne, pp. 219-238; se non che questi suppose che il
presunto malcontento. fosse una tardiva trovata della corte franca,
mentre quello pensa che in realtà era stato espresso da Carlo e conforta
le sue asserzioni con un esame critico filologico del passo dello storico
(I 2457). — Perel illustra una lettera di papa Nicotò I ad Incmaro
arcivescovo di Reims e un privilegio dello stesso papa relativi ad una
controversia tra le chiese di Le Mans e St. Calais (I 2458). — In conti-
nuazione alla pubblicazione delle lettere di Nicolò I fatta dal Perels
e di GIiovaNNI VIII curata dal Caspar, il Perels stesso ha prepa-
rato l'edizione delle lettere di papa Apriamo II (I 2459). — La
lettera di papa Giovanni VIII a Williberto, arcivescovo di Colonia,
gia pubblicata frammentariamente dall’editore delle Epistolae dello
stesso papa nei M. G. H. (Epistolae VI, 30) con la data approssimativa:
circa I settembre 873, è ora integralmente edita dal Borghezio con la
data accertata 28 novembre 873 (I 2460). — La Chiesa nel secolo IX
I. 2454 — Levison W., MNon- I. 2457 — HIMMELREICH L., Die
stantinische Schenkung und Sil- Kaiserkronung Karls des Gros-
vester Legende: Misc. Ehrle, 11, sen in Jahre 800, Miinchener
159-247, Roma 1924 — Rec.: Dissertation, Kerkrade 1923.
del medesima in N. Arch. Ges.
deutsche Gesch., XLVI, 1925, 227.
I. 2455 — LEvIson W., A nalec-
ta Pontificia: Festgabe P. Kehr,
138-145. |
I. 2456 — Kampers FR., Roma
aeterna ‘und Sancta Dei Ecclesia
rerpublicae Romanorum: Hist.
Jahrb, 1924, 240-2149.
I. 2458 — PERELS E., Papst N1-
kolaus I in Streit zwischen Le
Mans und St. Calais: Festgabe
Kehr, 145-162.
I. 2459 — PerELS E., Hadriani
II papae epistolae: Mon. Germ.
Ilist., Epistolae vI, p. IMI (1923).
I. 2460 — BorcHEzIO Gino, Il
testo integrale della lettera di papa
- - 366 —
I. 2460-2464
ampliò assai ì suol poteri, rendendosi quasi completamente indipen-
dente dall'autorità civile, così nelle elezioni episcopali, come nell’ac-
quisto e possesso dei beni ecclesiastici, nelle immunità giudiziarie del
clero, nella convocazione e celebrazione dei sinodi, nella incoronazione
dei re, ecc. Uno degli episodi delle lotte sostenute tra le superiori
autorità ecclesiastiche e civili, per raggiungere questa indipendenza,
studia l’Ehrenforth e precisamente illungo dibattito tra i due poteri per
l'elezione vescovile di Noyon (879) e quella di Beauvais (881) (I 2401)..
— Un lodevole sforzo di riabilitare la memoria di quello che fu papa
FoRrMoso, specialmente nell'attività di costui anteriore al pontifica-
to è lo studio del compianto P. Domenici della C. di G. (I 2462). — Mons.
Angelo Mercati pubblica e illustra i frammenti di un diploma imperiale
a favore della Chiesa romana, rinvenuti in un papiro del Sancta Sanc-
forum, già non bene identificati dal Grisar e dal Lauer, da questo
ultimo anzi editi in modo inesatto. Il diploma fu riconosciuto come
una rinnovazione delle donazioni imperiali alla Chiesa; messo a con-
fronto col Privilegium Ludovict dell'817 e con quello di Ottone I
del 962, manifesta sue proprie particolarità, pur riportando tormole
del primo e del secondo. Il documento non è originale della cancelleria
imperiale. La scrittura ha le caratteristiche della minuscola carolina
della fine del IX. Pen il M. che si tratti del Pactum degli impera-
tori Guido e Lamberto con papa I‘ormoso (primavera 892); non
esclude però che altre attribuzioni si possano fare, essendosi avuti
altri sei patti conformi tra l’817 e il 962 (I 2403). — La « Cessto do-
nationum», attribuita a papa LEONE VIII a favore di Ottone I impera-
tore, è una falsificazione operata dal celebre polemista Pietro Crasso,
per appoggiare le pretese dell’imperatore Enrico IV e dell’arcivescovo
di Ravenna: questo dimostra lo Schneider (I 2464). — Il medesimo
crede di poter provare con l’aiuto delle fonti (e in special modo con
la testimonianza di Martino di Troppau, che in argomento gli sembra
attendibile, e col privilegio di papa GIovaNnNI XV datato da Sutri
106-120, 518-
Giovanni VIII a Williberto, arci- Catt., 75 (1924), 1,
vescovo di Colonia (28-x1-873), 538; 11, 121-135.
Roma, tip. Vatic., 1923. I. 2463 — MeErRcaTI Mons. AN-
I. 2461 — EHRENFORTH M. G GELO, Frammenti in papiro di un
diploma tmperiale a favore della
Hinkmar von Reims und Lud- e . A
Chiesa Romana : Festg. P. Kehr.,
wig III von Westifranken: Zettschr.
Kath. Th., NLlV, 1625, 065-
08.
I. 2462 — Domenici G. S. ]J.,
Il papa Formoso (891-890): Civ.
103.
I. 2464 — Scuxnriper F., Eine
antipapstliche Falschung des Inve-
sittursireits und Verwandtes: Alisc.
Finke 84. 122.
48672
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2465-2469
del 4 aprile 995, che l’a. a differenza di altri critici ritiene genuino,
pur notando in esso l’influenza dei formulari imperiali) che la venuta
dell’imperatore Ottone III è in relazione con la cacciata del papa
da Roma, avvenuta per opera del partito nazionale romano, di cui
era capo Giovanni Crescenzio, e della fuga di lui nella Tuscia Pon-
tificia, donde invocò l’intervento di Ottone III. Tratta infine della
supposta tomba del detto pontefice nell’antico San Pietro e prova
che l’iscrizione sepolcrale non riguarda quel papa, ma il cardinale
di Santa Anastasia, Giovanni, che viveva nello stesso tempo (I 24065).
— E. Schramm fa un interessante trattazione dei rapporti tra l’im-
pero d'Occidente e l’impero d'Oriente e il Papato al tempo degli
Ottoni. Appoggiandosi alle lettere dell'ambasciatore bizantino Leone
degli aa. 997 e 998 egli mette in nuova luce la personalità di Giovanni
Philagathos (l’antipapa Giovanni) e la parte avuta dall’ambasciatore
greco nella rivoluzione romana del 997. Notevole quanto è scritto
intorno alla politica di Ottone III sotto l'influenza di Gerberto
d’Aurillac per la Renovatio dell'antica Roma e ciò che si dice intorno
al documento, nel quale Ottone afferma che la donazione di Costan-
tino è una falsificazione (I 2466). — Oggetto di studio per il San-
tifaller sono le modificazioni, che il formulario del Liber Diurnus,
usato dalla Cancelleria pontificia, ha subito 2 partire dalla seconda
metà del secolo VIII sino a mezzo il secolo XI (I 2467). — Impor-
tante contributo alla storia dello scisma orientale ci dà il Michel.
Egli mette sopratutto in rilievo il concorso dato, ad impedire lo
scisma, dal cardinale Umberto di Moyenmoutier, al quale Leo-
NE IX aveva commessa la direzione degli affari orientali (I 2468).
— Il Brackmann tratta delle origini del celebre convento tede-
sco di Hirsau, che si riconnettono ai primordi della riforma del-
la Chiesa nel secolo XI, all’attività riformatrice in particolare di
papa Leone IX (I 2469). — Avendo trovato nel fondo della cancelleria
della Nunziatura di Venezia (Archivio Segreto Vaticano) documenti
I. 2465 — ScCHXEIDER F., Papst von der Mitte des 8° bis in die
Johan AV und Ottos TTI Romfahrt: Mitte des 11° Jahrh: Abh. Mitt.
Mitt. Inst. Vest. Gesch., NXNIX, Neuer. Gesch., Misc. Finke.
1923, 218.
I. 2466 — ScHRAMM P. E,
Kaiser, Basileus und Papst in der
Zeit der Ottonen: Hist. Zettschr.,
CXXNIX, 1924, 424-475.
I. 2467 — SANTIFALLER L., Ue- I. 2469 — BRACHMANN ALBERT,
ber die Verwandung des Liber Diur- Die Anfdange von Hirsau: Festg.
nus in der papstlichen Kanzlei Kehr, 215-232.
I. 2468 MicHEL A., Humbert
und Kerullarios. Studien. I: Q. u.
F. Gorresges., fasc. 21, Paderborn,
Schòning 1925.
— 3068 —
III. ALTO MEDIO EVO I. 2470-2473
del soppresso convento di San Giorgio in Braida, relativi all’antipapa
Caparo, il Cenci può illustrare alcuni punti controversi relativi al
casato e al curriculum vitae di costui (I 2470). — L'Holtzmann studia
la politica orientale-normanna dei papi, che si susseguirono da Leone
IX a UrBANnO II; mette in relazione i tentativi di riunione della Chiesa
d'Oriente e di quella d'Occidente con la idea e la preparazione della
prima crociata (I 2471). — Il Caspar, che ha curato l’edizione delle
lettere di GrEGORIO VII per i M. G. H. (Epistolae Selectae, II), in un
suo scritto nota come il carattere del grande pontefice emerga da
quelle; tra l’altro osserva come il ricordo di papa Gregorio Magno .
ricorra spesso nelle lettere di Gregorio VII e come le manifestazioni
canonistiche siano molto frequenti, evidente segno di quei tempi
di vivacissime polemiche sull'estensione e sui limiti dei due sommi
poteri del mondo (I 2472). — A. Fliche, oltre un acuto studio sulla pro-
mozione al romano pontificato del grande Ildebrando, pubblica due
volumi, in cui studia la riforma della Chiesa nel secolo NI, che si suole
attribuire in gran parte a Gregorio VII e perciò è detta riforma Grego-
riana; il F. rettifica questa comune diffusa opinione e sostiene che Gre-
gorio VII non è l’inventore delle cosidette idee gregoriane, bensì l’as-
sertore tenace della tradizione ecclesiastica, che rivive di fulgidissima
luce nel secolo XI durante la grande lotta per le investiture; così il F.
ha modo di dimostrare che la riforma gregoriana non è effetto delle
riforme di Cluny, che sono in particolar modo monastiche e non di
carattere generale, e non si occupano punto della liberazione della
Chiesa dalla servitù laicale, nè dell'esaltazione del potere pontificio
sopra ogni altra potestà spirituale o temporale. Egli pensa che, se
mai, le origini della riforma gregoriana si debbano ricercare piut-
tosto nei monaci e nel clero di Lorena, parecchi dei quali venuti
con Leone IX e sotto i seguenti pontefici a Roma influirono attiva-
mente in questo senso (I 2473). — La prosecuzione e le alterne vicende
I. 2470 — CENCI P., Documenti
Ip., Gregorii VII registrum-
inediti su la famiglia e la giovinezza
Pars II: Mon. Germ. Hist., E pi.
dell’antibapa Cadalo: Arch. Stor.
Prov. Parm., n. Ss. 23 (1023).
I. 2471 — HOLTZMANN WALTER,
Studien zur Orientpolitià des Re-
formpapstums und zur Entstehung
des ersten Kreuzzuges: Hist. Viert.
3. schr., XXII 1924, 107-199.
I. 2472 — Caspar E., Gregor
VII in seine Briefe: Hist. Zettschr,,
CXXXI 1924, 1-30.
stolae Selectae, II.
I. 2473 — FLICHE A,, L’election
de Grégoire VII: Moven Age, ser.
2,20 (1924-5) 71-90. — La ré-
forme grigorienne: I. La formation
des idées grégoriennes. II: Grégoire
VII, 1, in 89, XII-425; II, in 80,
VIII-4060,: Sp. Sacr. Lov., 6, 9,
Paris, Champion 1925.
1 ee
Aevum - Anno I - 24
SORANZO. STORIA DEL PAPATO Den I. 2474-2477
della riforma della Chiesa, quali sì ebbero sotto e per opera dei suc-
cessori del grande Gregorio sino a papa URBANO II studia lo stesso
Fliche in altre due suoi scritti autorevoli (I 2474). — Il Fliche illustra
pure il breve pontificato di Vittore III (1086-1087). Già abate di
Montecassino, non era costui fra coloro che papa Gregorio VII aveva
indicato come degni della successione e non aveva le qualità di un
continuatore dell’opera gigantesca di Gregorio VII; tuttavia, come
gia alla sua abbazia, aveva reso buon servizio alla Chiesa Romana,
riconciliandola coi Normanni. Le fonti sono discordi nel giudicare
“come giunse al papato: la cronaca di Montecassino del diacono
Pietro ne fa un santo, che a lungo cercò di evitare la tiara; il Chro-
nicon di Ugo de Dies lo presenta come un truffatore, un traditore
della causa gregoriana e fautore di Enrico IV: l'A. pensa che in ambe-
due le testimonianze la verità sia alterata, se mai più nella prima
che nella seconda L'A. scusa il papa, per essersi ritirato a Monte-
cassino otto giorni dopo la consacrazione; ciò fece, egli dice, per le
difficili condizioni di Roma. Egli riconosce che la politica di Vittore
III fu debole, incerta, ma ritiene che il papa in complesso non inten-
desse venir meno alle tradizioni politiche dei suoi immediati pre-
decessori, come ebbe a dichiarare al concilio di Benevento. (I 2475). —
Sull’antipapa fatto eleggere a Bressanone da Enrico IV pubblica
una monografia il Francabandera (I 2476) — Come si siano orien-
tati i rapporti religiosi tra la chiesa Romana e i popoli slavi in
seguito allo Scisma d'Oriente e sopratutto di fronte alla ne-
cessità da parte di Bisanzio di rendere questo meno aspro e me-
no completo, quando si profilò per l'Impero Greco la speranza
o la velleità di riprendere le sue antiche terre di Siria e Palestina
in occasione della crociata bandita da papa Urbano II, fa acuta
disamina il Leib (I 2477). — C. Santoro ripubblica il presunto pri-
vilegio di PASQUALE II al monastero di San Salvatore in Cremona,
non datato, custodito presso l'archivio Civico di Milano; il S. ritiene
che non si tratti di un documento originale, ma sia imitazione di
un privilegio pontificio, imitazione molto accurata e assai bene
I. 2474 — FLICHE A., La crise Gutiberto, arcivescovo di Ravenna,
religieuse depuis la mort de Gré-. Milano 1923.
goire VII jusqu'a l’avenement d’Uy- I. 2477 — Leis B.. Rome. Kiew
bain II (1085-1088): Rev. Cours. i
sai et Bvzance da la fin du XI siècle:
Conf., 24 (1922-23). rapports religieux des Latins et
I. 2475— Ip.,, Le pontificat de des Greco-Russes sous le pontift-
lucro 11 .(1080-1087)? Jgee. His 00 Crogu 7, !(0989-t000) an
Lccl., XX 1924, 387-412. so, XXNVII-350, Paris, Picard 1924.
cir. rec. N. Arch. Ges. deutsche
TI. 2476 — Francabandera O., Gesch., NLVI, 1926, 354-555.
— JH,C —
III. ALTO MEDIO EVO. - IV. BASSO MEDIO EVO I. 2478-2483
riuscita, compiuta in Cremona nella prima metà del sec. XII da per-
sona, che aveva buona conoscenza degli usi della Cancelleria pontifi-
cia (I 2478). — Secondo ]J. M. March la patria del papa Pasquale II è
da ricercarsi nella borgata di Bieda presso Galeata e Santa Sofia nella
Romagna Toscana a sud-ovest di Forlimpopoli (I 2479). — Ci limitia-
mo a segnalare lo studio del Gay sui papi del secolo XI, in attesa di
poterlo esaminare con agio (I 2480).
IV. Basso Medio Evo. — Il Caspar fa oggetto di suo studio le
due bolle per la Crociata emanate da papa EUGENIO III, una in data
I dicembre da Vetralla, l’altra con la data 1 marzo da Trastevere;
manca per ambedue l’anno; non si conosce nemmeno in qual tempo,
il papa fu in Vetralla. Dopo un raffronto dei testi delle due bolle
giunge alla conclusione che quella del dicembre è da assegnarsi al
1145, l’altra al 1146. Da ciò l'A. viene a dire la sua parola sulla que-
stione se l'idea della crociata sia stata promossa prima dal papa
o dal re di Francia e conclude che effetto della bolla papale fu
la missione affidata dal detto re a San Bernardo di Chiaravalle di
accordarsi col papa per la predicazione della crociata e conseguenza
di questo accordo fu la bolla del marzo 1146. In appendice è ri-
prodotta integralmente quest'ultima (I 2481). — Dei libri lasciati
in dono a Città di Castello, sua patria, da papa CELESTINO II trat-
ta il Wilmart (I 2482). — Il Kehr pubblica e illustra una lettera
originale dell'antipapa VittoRE IV del 17 novembre 1101 al con-
te Raimondo di Provenza e alla consorte di questo, parente del-
lo stesso papa, intrattenendoli sul papa, per lui illegittimo, ALES-
saxpro III, che lo aveva avversato particolarmente nel concilio
di Lodi, e sullo sfortunato esito di sue pratiche con Pisa e Genova.
Il K. conferma che l’antipapa appartiene alla famiglia dei Conti di
Monticelli (12483). — Il Giiterbock, premesso un cenno sull’importanza
I. 2478 — SantoRO C., Un privi- Kreuzzugsbullen Eugen III: N.
legio di Pasquale II presso lL’Ar- Arch. Ges. deutsche Gesch. 1024,
chivio Storico Civico di Milano: 285-305.
Arch. St. Lomb., 1923 I, 443-452
con riproduzione fotografica. I. 2482 — \WILMARTA., Les li-
vres lesues par Celestin IT a Città
ta + Ma; D h a 5
I. 2479 MarcH J. M., Sobre di Castello: Rev. Bén., 35 (1923),
la patria y la familia de papa Ò .
Pascual IÎ: Est. Eccl., Madrid, II, 998-102. cfr. rec.: N. Arch. Ges.
1923, 107-I10. deutsche Gesch. NEXE 1920, 3550.
I. 2480 — Gay J., Les papes du I. 2483 — Keur P., Zur Ge-
NI siècle et la chrettenté xu-428 0 schichte Victor IV (Octavian von
p. Paris, Gabalda 1020. Monticelli): N. Arch. Ges. deutsche
I. 2481 — Caspar FRIicH, Die Gesch., NLVI, 1025, 53-84.
— dl —
SORANZO. STORIA DEL PAPATO I. 2484-2488
delle Cronaca faentina del Tolosano (RR. II. SS. XIV, 1084), sot-
topone ad esame il passo di detta cronaca all’a. 1167 (16 febbraio),
in cui sì accenna alla discordia tra Federico Barbarossa e papa Ales-
sandro III e in particolare al giuramento di fedeltà richiesto dall’im-
peratore a tutti i laici ed ecclesiastici, pena il bando. Era stato sol-
levato il dubbio da altri sulla data dell’anno; l’a. ritiene di doverla
confermare e così giustifica nelle sue parti il racconto del Tolosano;
nel resto del lavoro esamina la condotta dei vescovi di Romagna e
dell'Emilia verso l'imperatore e verso il papa. (I 2484). — Sotto il
titolo di Anedocta Veronensia l’Holtzmann pubblica cinque docu-
menti che riguardano in pari tempo la storia di Verona e privilegi
largiti alla chiesa veronese dai papi (fine del secolo XII e XIII)
(I 2485). — Di GrEcORIO VIII, che fu papa per 57 giorni nel 1187, il
Kehr studia la vita avanti il pontificato e in particolar modo illustra
la bolla Cum ex iniuncto, con la quale il papa prende sotto la pro-
tezione della S. Sede le chiese di Sant'Andrea di Benevento e Santa
Trinità di Palazzolo e i frati nelle medesime officianti secondo l’isti-
tuzione fattane da Alberto, cardinale del titolo di San Lorenzo
in Lucina e cancelliere papale, approva l’adozione della regola di
Sant'Agostino e gli statuti a loro dati dal medesimo. In appendice
pubblica la bolla secondo l’originale dell’Archivio Capitolare di Be-
nevento (I 2486). — Il Manaresi pubblica e illustra due bolle di CELE-
stINO III in favore del monastero di San Bartolomeo in Strada di
Pavia, datate dal Laterano il 27 maggio 1191 e 16 marzo 1197 e
una in favore del convento di San Salvatore di Pavia (Laterano,
28 maggio 1196) (I 2487). Un chiaro riassunto dello sviluppo delle
idee gregoriane sull’autorità spirituale e temporale del romano pon-
tefice dal tempo del grande Ildebrando a quello di Innocenzo III
fa il Carlyle (I 2488). — Il Wenck studia la condotta dei papi,
Strada di Pavia depositate dalla
famiglia Castelbarco mnell’Archivio
di Stato di Milano: Arch. St. Lomb.,
I. 2484 —GUTERBOCK F., Zum
Schisma unter Alexander III. Die
L’eberlieferung des Tolosanus und
Stellungnahm der Romagna und LI, 1924, 295-339. — Ip., Una
Em:lia:; Festg. Kchr., 376-397. bolla inedita di Celestino Il;:
Boll. Soc. Pav. S. P., XXIV,
I. 2485 — HOLTZMANN WALTER,
Anedocta Veronensia: Festg. Kehr,
309-375.
I. 2486 — KEHR P.,, Papst Gre-
gor VIII als Ovrdengriinder, ibid.,
248-275.
I. 2487 — MANARESI CESARE, Le
pergamene di San Bartolomeo in
1924, 221-225.
I. 2488 — CARLYLE A. ]J., The
development of the theory of the
authoritv of the spiritual over the
temporal power from Gregor VII
to Innocent III: Tijdschrift voor
Recht geschidnis V, 1924, 33-34.
— 372 —
I. 2489-2492
IV. BASSO MEDIO EVO.
successori di Alessandro III e predecessori di Innocenzo III, verso
l'Impero negli ultimi anni del Barbarossa e durante il regno di Enrico
VI, negli anni cioè della battaglia di Legnano, della pace di Costanza,
del matrimonio di Enrico VI con Costanza di Altavilla, della con-
quista del regno di Puglia e di Sicilia da parte di quest’ultimo e della
fine immatura del medesimo, avvenimenti, nei quali i papi tentarono
di conciliare con equanimità gli interessi della S. Sede con quelli
delle necessità politiche correnti. Nell'ultimo capitolo si tratta della
designazione del successore di papa CELESTINO III, tentata nel Natale
del 1197, pochi giorni avanti la morte del medesimo, e della parte
che in quella circostanza ebbe il cardinale di Giovanni Colonna
(I 2489). — Georgina Tangl pubblica i Regesti di papa INNocENzO III,
che riguardano la controversia per la successione al trono di Ger-
mania e all'Impero, testimonianze chiare e perspicue della condotta
seguita dal grande pontefice durante quel conflitto: l'edizione è
preceduta da una sobria e chiara esposizione dci caratteri
dell’ epistolario di papa Innocenzo e delle vicende, che all’A. preme
di mettere di nuovo in luce (I 2490). — L’Haller sottopone a rigoroso
esame critico il giuramento prestato l'8 giugno 1201 al papa Inno-
cenzo III da Ottone IV re dei Romani, (M. G. H. LL. IV, tomo II,
27-28) e il testo del medesimo che si ha nel Registrinn de nesotio
imperit di Innocenzo III; ii duplice esame permette all’H. interessanti
considerazioni intorno alla condotta del papa nella controversia
per la corona di Germania (I 2491). — Il Lenners si pone la questione
se il papa Innocenzo III riconobbe come autentico il sinodo di To-
ledo del 675 (I 2492). — Quando sorgevano ferventi di spirito di apo-
stolato gli ordini religiosi di San Francesco e di San Domenico,
l'ordine benedettino pareva decadente o inefficace a prestare alla
Chiesa quel concorso, di cui essa aveva bisogno; tuttavia ad esso
pure rivolse appelli, affidò missioni di fiducia papa Oxorio III:
I. 2489 — WENcK K., Die rò- tausg., Bd. xcv, in 89, xxxv-
mische Pdpste zwischen Alexander 256 p., Leipzig, Dvk 1923.
III und Innocenz III und der
Designationversuch im Weihnach- I. 2491 — HALLER ]J., Znmnocenz
ten 1107: Festg. Kehr, 415-474. III h. Otto IV: Fesig. P. Kchr.,
I. 2490 — TANGLGEORGINE, Zn- 4157474.
nocenz ITI (Innocentius III papa). slice da ai
Das Register Innocenz III iiber I. 2492 LexNERS H., NH ide
die Reichsfrage 1198-1209 (Regi-
strumi. Nach d. Ausgabe von von Innocenz III als «autentisch»ev-
Baluze, E pistolarum Innocentii III A/art: Zeitschr. Rath. Th., NLVITI,
Gesch. Deutsch. Vorz., 2, Gesam- 1924, 322-324.
die 14 Synode von Toledo (075)
— 373 —
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2493-2499
questi incarichi illustra il Berlière (I 2493). — L’Eichmann disserta
intorno ad uno degli Ordines d’incoronazione imperiale, che sono
riferiti nel Liber Censuum, di quello cioè detto di Cencio II, delle origi-
ni del quale poco si sa, mentre dell'altro detto di Cencio I si conosce la
tradizione, che rimonta al sec. XI; l’E. ne stabilisce il valore e ri-
pubblica il testo dell’Ordo secondo una più autorevole redazione
(I 2494). — Delle origini e dello sviluppo dell'abbazia di Monte Mir-
teto nei Volsci, fondata da papa GREGORIO IX, tratta il P. Cassoni
(I 2495). — Nei suoi studi diplomatici il Baumgarten esamina vari argo-
menti, riguardanti anche la storia pontificia, tra l’altro una lista
di cardinali e di funzionari della corte papale dal 1227 al 1241, che
gli permette di correggere e di completare in quella parte la Hie-
rarchia dell’Eubel. Lo studio diplomatico propriamente detto ri-
guarda le bolle pontificie, la loro datazione, il modo della loro spe-
dizione, registrazione, etc. (I 2496). — Il P. Van den Vingaert pub-
blica due documenti a favore dei terziari francescani, uno di pp. Gre-
gorio IX in data 30 aprile 1239, l’altro da INnocExNzo IV del 1244
(I 2497). — A cura di Pietro Fedele sotto gli auspici del Conmne di
Roma, si vengono pubblicando regesti di bandi, editti, noti-
ficazioni e provvedimenti diversi relativi alla città di Roma e allo
Stato pontificio: è uscito già il 2° volume, che riguarda il periodo
che va dal 1233 al 1265 (I 2498). — Di papa CLEMENTE IV, delle sue
relazioni con la Casa di Francia, della parte avuta con Carlo d'Angiò
ad abbattere definitivamente la già scossa potenza sveva, della po-
litica seguìta nei confronti dell’Impero greco e della Terrasanta
corsa oltre che da Saraceni dai Mongoli, discorre l’Horn (I 2499). —
La sperata riunione dellae Chiesa Greca alla Chiesa romana, che
sembrava approdata a buon termine per merito di Gregorio X e
I. 2493 — BERLIÈRE U., Hono-
rius III et les monastères bénedic-
tins (1216-1227): /Itev. Bén., 1923,
207-205, 461-485.
I. 2494 — FicHMmanx ED., Die
Kaiserkronungsordo « Cencius Il »
Miscell. Ehrle II, 322-337.
I. 2495 — Cassoxni M., La ba-
dia ninfana di Sant'Angelo del
Monte AMirleto nei Volsci: Rass.
St. Ris., XIV, 1023, 170-180,
252-203; XV (1924), 51-77.
I. 2496 — BAUMGARTEN P., Mi-
scellanea Diplomatica, III: Rom.
Ouart., NNNILR 1024, 37-81.
I. 2497 - VAN DEN VINGAERTO.
F. M., Duo documenta pontificia
in favorem terttariorum data 1239
et 1244: Arch. Fr. Hist., XVI
1923 03-70.
I. 2498 — Regesti di bandi, editti,
notificazioni e provvedimenti di-
versi relativi alla città di Roma e
allo stato pontificio, vol. 11, in 8°,
VII-302, Roma, Cuggiani 1925.
I. 2499 — Horx E,, Le séle po-
litique de Clement IV: Rev. 2 M.,
fasc. I maggio 1925.
— Si —
IV. BASSO MEDIO EVO. I 2500-2504
ccl favore delle circostanze, al concilio di. Lione, mise a dura prova
gli inviati pontifici alla corte di Bisanzio; ristabilire la cronologia
di queste missioni è il lavoro precipuo del Grumel. (I 2500). —
La cosidetta « autobiografia» di CELESTINo V è probabilmente un
frammento di una biografia composta da un monaco vissuto nell’en-
tourage di Pietro Morrone, il papa monaco (I 2501). — Ad ampia disa-
mina Armida Monti Gennaro sottopone la nota satira di Jacopone
da Todì « O papa Bonifatio mult’aj iocato el monno »; essa la ritiene
autentica, ma interpolata; una parte sembra scritta da chi sentiva
ancora trionfante il prestigio politico di papa BoxIFracio VIII, l’altra
da chi aveva l'impressione, abbastanza recente, dello schiaffo d'Ana-
gni, della fine miseranda del pontefice e dell'incipiente servitù della
Chiesa (I 2502). — L'azione considerevolissima spiegata per oltre qua-
rant'anni a servigio del Papato in numerose legazioni in Italia e
fuori, l'influenza grande esercitata nella Curia Romana dal cardinale
Matteo Rosso Orsini sono largamente rappresentate dal Morghen: il
cardinale apparve e fu capo di quel gruppo di cardinali e uomini
di Curia, che volevano la netta indipendenza della Chiesa da qualsiasi
esterna influenza politica; fu perciò magna pars nei conclavi, dai quali
uscirono successivamente papi Celestino V, Bonifacio VIII, Benedetto
XI, Clemente V; la sua azione, per forza ineluttabile di eventi, non
ebbe fortuna; per l’asservimento della Chiesa ad opera della Casa
di l’rancia egli visse gli ultimi anni in grande pena e disagio (1 2503).
— Una trattazione di diplomatica pontificia dal secolo XI al XIV
è il lavoro del Kattenbach e del Peitz_ sulle firme dei papi e dei car-
dinali nelle bolle maggiori: il lavoro è accompagnato da sei tavole
(I 2504). — Sull’espressione « Papa-Deus » che appare in certi scritti
medievali disserta il Rivière: ricordato che la bolla Znter corporalia
di papa Innocenzo IV ha fornito occasione a taluni teologi di dire
che in certi atti di alta giurisdizione spirituale il papa interviene
«im quantum quodammodo Deus est » 0 semplicemente «in quantivn
I. 2500 — GRrUMEL V., Les I. 2503 — MorcGHEN R., Z/ car-
aibassades pontificales è Bysance
aprés le II® concile de Lyon (1274-
1280). Notes chromologiques: Echos
d'Orient XXVII, 1924, 438 e seg.
I. 2501 — HoLLuSsTEINER J., «Au-
tobiographie » Coelestin Vi Rom.
Quart., NNNI, 10923, 29-40.
I. 2502 — Monti GENNARO À.,
Una satira di Jacopone da lodi
contro Bonifacio VIII: Miscell.
Ehrle III, 67-87.
dinale Matteo Rosso Orsini: Arch.
Soc. Rom. S.P., XLVI, 1923, 271-
373:
I.2504 — KaTTENBACH Bruxo
O. F. M. - Pertz WiLck. MARIA
S.J., Die Unterschriften der Pdpste
und Kardindle in der Bullae ma-
1ores von II bis 14 SJahrh. (mit 6
tafeln): Miscell. Ehrle iv, 177-
27%
SORANZO. STORIA DEL PAPATO.
_I. 2505-2508
Deus », aggiunge che queste espressioni sono tutt'altro che rare
(e adduce molti esempi), ma dimostra altresì che si tratta di una
leggendaria tradizione; molte di quelle espressioni sono dovute alla
pietà di mistici o alla dialettica di canonisti, altre sono adattamenti
di espressioni tolte dal Vecchio Testamento. Più eccedettero in
proposito canonisti come Agostino Trionfo, lo stesso Baldo (del quale
sì ricorda il passo: Reservata papae non facit papa, tanquam homo,
sed tanquam Deus), e più d'ogni altro lo spagnuolo Alvarez Pelayo,
per cui il papa è Deus Pharaonis, Deus Imperatoris. Nell'ultima
parte sostiene l’inverosimiglianza di espressione conforme attribuita
al canonista del secolo XIV Zenzelino, che avrebbe scritto: ....Do-
minum Deum nostrum papam, come quella che cozza contro la pura
tradizione cattolica (12505). — Per far luce di tra i numerosi documenti
liturgici rappresentanti o che si ritiene rappresentino la tradizione
romana, l’Andrieu fa conoscere i libri, di cui ci si serviva nella cap-
pella papale del Laterano verso la fine del secolo XIII e cioè il Mîs-
sale tramandato nel codice 100 della Biblioteca d’Avignone e il
Vaticano Ottoboniano 356; aggiunge che al principio del secolo XIII
là si usava un Sacramentario poco differente da quello che fu pubbli-
cato sotto il nome di Missale Lateranense Vetus; dopo la riforma
liturgica di Innocenzo III si compilò un Ordinarium, che fu larga-
mente diffuso e dal quale derivò più tardi l’Ordo XIV (I 2500). —
Il Baumgarten fornisce interessanti spunti storici sul conferimento del
pallio; cita il passo del Liber Censuum relativo a questa cerimonia;
ricorda la Forma dandi palleum desunta dai Registri di papa OnorioIV
e altre testimonianze posteriori, tratte dai regesti dei papi, di cui
l'ultima è del marzo del 1566 (I 2507). — Delle vicende subìte durante
il secolo XIII dalla cancelleria papale, della sua riorganizzazione,
delle riforme apportate in essa dalla costituzione di Innocenzo III,
del riordinamento instauratovi in seguito al IV Concilio Lateranense,
tratta largamente l’Heckel (I 2508). — Sulle origini e vicende delle de-
cime pontificali nelle antiche diocesi belghe nei secoli XIII e XIV
I. 2505 — RIVIÈRE J., Sur l'ex-
pression « Papa Deus» en Moyen
Age: Miscell. Ehrle 11, 276-289.
I. 2506 — ANDRIEU MicHEL, Le
Missel de la Chapelle papale è la
fin du NII siècle: Miscell. Ehrle II,
343 e segg.
I. 2507 — BAUMGARTEN PAUL
MARIA, Beitrige zur Geschichte
des « Palleum »: Miscell. Ehrle 1,
338-347. o
I. 2508 — HEcKEL v. RUDOLF,
Die Aufkommen der stàndigen Pro-
kuraloren an der Papstlichen Kurie
im 13 Jahrh.: Miscell. Ehrle,
290-321.
— 376 —
IV. BASSO MEDIO Evo.
VO — I. 2509-2516
disserta il Berlière. (I 2509). — Un privilegio di papa CLEMENTE
V concernente il terzo ordine francescano circa l’interpretazione della
regola fa conoscere e pubblica l’Oliger (I 2510). — Il Lizerand, ben
noto per il suo lavoro su Clemente V e Filippo il Bello fa un'oculata
scelta dei documenti più significativi del famoso processo dei Tem-
plari, dai quali risulta la narrazione dell’avvenimento in forma chia-
ra e continua (I 2511). — A cura del Mollat continua la pubbli-
cazione dei regesti o del testo delle lettere comuni di papa GIOVANNI
XXII conservate nei registri detti d’Avignone e del Vaticano (I 2512).
— Il Salomon aggiunge nuovi argomenti a quelli già addotti dal
Mollat, per dimostrare che la seconda vita di Benedetto XII e la
terza di Clemente VI si devono attribuire a Giovanni Porta da An-.
noniaco (I 2513). — P. Lugano disserta dell'ordine di Montoliveto
e della conferma ad esso concessa da papa CLEMENTE VI (12514). —
Nella serie Analecta Vaticano-Belgica V'Isacker e il Berlière hanno
iniziata la pubblicazione delle lettere di papa Clemente VI per gli
aa. 1342-1346 (I 2515). — Il Borghezio fa conoscere una supplica del
cardinale Niccolò de Besse (novembre 1347?) a CLEMENTE VI a favore
del prete anconitano Marco Giacomo per la concessione di un cano-
nicato a Moncalieri (I 2516). — L’incoronazione di Stefano Aubert,
gia cardinale vescovo di Ostia, eletto papa INnocENZO VI, celebrata
nel palazzo papale d’Avignone il 30 dicembre 1352, è illustrata da
P. Guidi ; sulla scorta della serie Zntroitus et Exitus e delle Collecloriae
dell'Archivio Vaticano l'A. può informarci minutamente sui prepa-
I. 2509 — BERLIERE U., Les I. 2513 — Saromon R.,, Die
decimes pontificales dans les anciens
diocèses belges aux XIII et XIV
stécles: Ac. R. Belg. Bull. cl. Lettres
1925, 99-125. cfr. N. Arch. Ges,
deutsche Gesch. XLVI, 1920, 557.
I.2510—OLIcER L., Privilegium
Clementis V pro lectione regulae ITI
Ordinis latine et italice: Arch.
Fr. Hist., XVI, 1923, 252-254.
I. 2511 — LIZERAND G.,, Le
dossier de l’Affaire des Templiers,
In 169, XXIVv-229, Paris, Champion
1923.
I. 2512 — MoLLaT G., Jean
XXII (1316-1334). Lettres commu-
nes, analysées d’après les registres
dits d’'Avignon et du Vatican:
Bibl. éc. fr. A. R., vu, in 4°,
193-402, Paris, Boccard 1924.
Papstbiographien des Johannes Por-
ta de Annoniaco: N. Arch. Ges.
deutsche Gesch, NLV, 1023, 112-
119.
I. 2514 — Lucaxo P., L'ordine
di Montoliveto e la conferma aposto-
lica di Clemente VI: Rio. St.
Bén., NVI, 1925, 233-250.
I. 2515 — ISACKER PHIL. VAN -
BerLièreE U., Lettres de Clemens
VI (1342-1352). Zextes el analyse,
An. Vat. belg., I, in 89, vI-803,
Bruxelles-Paris 1924.
I. 2516 — BorcHezio G., Una
supplica a Clemente VI per un
canonicato a Moncalieri da parte
di un Anconitano (1347): Boll.
St. Bibl. Sub., XXXVI, 1924, 381-
384.
“=
SORANZO. STORIA DEL PAPATO
e — — T —- Sta
I. 2517-2522
rativi all'uopo fatti, sulle spese ‘incontrate e sulle cerimonie, compiute
con uno sfarzo veramente grandioso, ad onta della fama che il papa
fosse « assai economo ». In appendice si pubblicano i documenti
relativi (I 2517). — Di passaggio per Apt nell’ottobre del 1365 papa
UrBANO V avrebbe donato la vetrata, che mutila sì vede dietro l’'altar
maggiore della basilica di Sant'Anna: in ogni modo, la vetrata ha.
delle raffigurazioni allusive al prossimo ritorno del papa in Roma
(I 2518). — Trattando della « grande Tesoreria » papale d’Avignone
il Colombo risolve sopratutto un problema di topografia e propone
al lettore questa conclusione: la tesoreria grande, chiamata altresì
maggiore, in stretta connessione col tesoro inferiore e con la camera
del Consiglio occupava nel palazzo apostolico d'Avignone la parte
a nord della torre degli Angeli e parte dell’ala orientale degli apparta-
menti privati (I 2519). — Nella stessa collezione, in cui, come sopra
si è detto, l’Isacker e il Berlière pubblicano le lettere di Clemente VI,
l’Hanquet pubblica i testi e regesti relativi allo scisma d'Occidente;
nel 1° tomo sono compresi gli atti curiali di CLEMENTE VII antipapa (I.
2520).— Come prima parte d'uno studio sulle risorse finanziarie dei papi
al tempo del grande scisma, il Goeller esamina le fonti e i sistemi di
pagamento (obbligationes, solutiones) in uso presso la curia papale
specialmente al tempo di Bonitacio IX (1389-1404) (I 2521). — Le
ripercussioni dello Scisma d'Occidente sulla provincia anglica del-
l'ordine di Cluny studia il Graham (I 2522). — Puyg de la Bellacasa
tratta della bolla « Sacrae religionis », con la quale papa Bonifacio VIII
concede all’abbate di Santa Osyth in Essex, diocesi di Londra,
dell'ordine di Sant'Agostino il diritto, estensibile anche ai successori
e ai canonici dello stesso monastero, di conferire gli ordini sacri
minori e maggiori, bolla, che potendo offrire materia di acri polemiche
I. 2517 — Guini P., La coro- ments relatifs au Grand Schisme.
nazione di Innocenzo VI. (Docu- Textes et analvses, tomo 1. Suppl: -
menti velalivi alle spese fatte in ques de Clement VII (1378-1379):
questa occasione): Festg. Kehr. An. Vat. belg., in 8° gr., XXXVIII-
571-500. 692. Rome, /ust. Hist. Belg.,
1924.
I. 2518 — TurocLEes HEXNRI, 29
Le vitrail d'Apt et le retour de la I. 2521 — GOELLER ERN., Aus
papauté d’Avignon à Rome, in der Camera Apostolica der Schismia-
80-52, Avignon, Seguin 1924. pdpste: Itom.Quart., XXXII, 1924,
2-147.
I. 2519 — CoLomBe DR., La 3 Vo
«Grande Tresorerie » au Palais 4- I. 2522 — GRAHAM R., The AS
postolique d' Avignon: Miscell. Ehrle pal schism of 1378 and the english
504-523. * ° province of the order of Clunv:
Engl. Hist. Rev., NNNVIIT, 1923,
I. 2520 — Haxouer K., Doctt- 481-493.
cio Uri
IV. BASSO MEDIO EVO.
rela lati iO OLI
l'A. aveva da tempo tenuto nell'ombra; ma dopo che altri, per es.
il P. Foti ne aveva fatto menzione nella « Scuola Cattolica» (1924,
p. 179), ritiene di dover uscire dal riserbo, ed espostolo stato attuale
della questione, passa a discorrere della autenticità della bolla e
la illustra, facendone la storia, mettendo in evidenza lo stile della
Curia Romana e istituendo raffronti con altri documenti conformi (I
2523). — Il Puig y Puig ricostruisce l’itinerario dell’antipapa BENXE-
DETTO XIII (Pietro de Luna) da Perpignano a Tarragona dal 10 lu-
glio 1409 al 25 luglio 1410, pubblicando dieci privilegi o indulgenze
dal medesimo accordati a chiese o a comunità religiose visitate du-
rante quel suo viaggio (I 2524). — Recensendo il lavoro dello stesso
Puig y Puig, Pedro de Luna, ultimo papa de Avinion, la Civiltà Cat-
tolica lo integra largamente pubblicando numerosi documenti, però
senza utilizzarli per la trattazione dell'argomento stesso: tuttavia
la figura dell’antipapa non esce da quelli riabilitata; lumeggiata
sopratutto è la resistenza di Benedetto XIII ai Concili di Pisa e
di Costanza, come il tentativo di trasformare la questione delle sue
pretese al papato in una questione di amor proprio e di onore nazio-
nale per i Catalani; dai documenti risultano pure la simulazione
dell'avvelenamento e appare precisata la data della morte di lu,
come avvenuta il 3 giugno 1423, morte tenuta per alcun tempo
celata dai cardinali a lui favorevoli, per impadronirsi del tesoro
lasciato dal defunto (I 2525). — La posizione assunta dall’antipapa
GIOVANNI XXIII a riguardo del Concilio di Costanza è lumeggiata
dal Finke (I 2526). — Di Filippo il Buono di Valois e GrEGORIO NII,
papa legittimo, tratta il Neélis (I 2527). — Il Goeller si occupa dei
cubiculari pontifici dal sec. NII al XV e in appendice pubblica le
norme, secondo le quali nel 1409 erano regolate le mansiuni dei cu-
biculari, le formule della loro receftio al tempo di Giovanni NXIII
antipapa e di Martino V e il giuramento, che dovevano prestare
I. 2523 — Puig DE La Betta- cumenti: Civ. Catt., LANIV, 1023,
cASA ]J., La bula « Sacrae reli- 233-240, 332-344.
gionis » de Bonifacio IN: Est. RE,
Ecc., (Madrid), Iv, 1925, 13. I. 2526 — FIxKE H., Zur Cha-
rakteristik des Hauptankldagers Jo-
I. 2524 — Puig v Puig SEeB., Alamnis NAZII aut dem Kostan-
Itinerario del papa Luna de Per-. zer Kownzil: Miscell. Ehrle, III,
pignano a larragona, 10 de Julio 157-103.
siae ei FIOGRIGERIETUNO. — iper Reale H., Philippe
le Bon et le pape romain Grésornre
I. 2525 — Pedro de Luna (Be- XII (11 oct. 1412): Rev. Bén,,
nedetto XIII) secondo nuovi do- Ph. H., IL, 1923, 95-08.
— 3,549 —
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2528-2533
(I 252N). — Una bolla di Martixno V in favore di un antico convento
francescano dell'osservanza presso Lanciano fa conoscere e pubblica
il P. D'Agostino (I 2529). — Il Quera ferma la sua attenzione sul
decreto papale Exw/tate Deo, che consacrava il 22 novembre 1439
l'unione degli Armeni con la Chiesa Romana, decreto sollecitato
da una commissione di armeni, venuta al papa in Firenze, dove si
era radunato il noto concilio e si era operata un’effimera unione
tra la Chiesa Greca e la Chiesa Latina (I 2530). — Il Martorell fa cono-
scere l’inventario della biblioteca lasciata da Cartisto III, tipico
rappresentante in pieno Umanesimo della tradizione canonistica
medioevale; « una sola impresa lo incita — dice l'A. — la crociata
contro 1 Turchi, una sola disciplina lo interessa, il diritto », nel quale
era competentissimo. Poche biblioteche del tempo possono gareg-
giare con quella di Alfonso Borgia rispetto ai libri di diritto. In ap-
pendice sono pubblicati il catalogo dei libri posseduti dal papa e
un breve indice dei manoscritti dello stesso (12531). — In questo
più che succinto bollettino non si può adeguatamente parlare delle
nuove edizioni, che in questi ultimi tre anni si sono fatte di varie
parti della storia dei Papi del Pastor: i nuovi volumi migliorano no-
tevolmente il pregio dell’opera per documentazione, per ricchezza
di bibliografia, per esposizione (I 2532). — Dell'architetto Baccio
Pontelli fiorentino, che fu ai servigî di papa Sisto IV e che collaborò
a parecchie illustri opere edilizie promosse dal papa, discorre il La-
vagnino (I 2533). — Il Pacifici pubblica il carme biografico di Sisto
IV in versi esametri e in due libri, dal titolo Lucubratiunculae T1-
burtinae. Il panegirico fu composto da un anonimo protonotario
in Roma intorno al 1477 per controbattere le denigrazioni della
I. 2531 — MARTORELL FRANC,
Un'inventario della Biblioteca di
Callisto III: Miscell. Ehrle, 160-
I. 2528 — GOELLER E., Die Ku-
bikuldire im Dienste der pipstli-
chen Hofverwaltung von 12 bis
15 Jahrh.: Festg. Kehr., 622-647.
I. 2529 — D'Agostino Hyvac,,
Bulla papae Martini V pro quo-
damn antiquo conventu fratrum mi-
morum Obserivantiae prope Anxa-
nun (Lanciano) in pago Frisiae
(Frisa): Arch. Fr. Hist., NVI, 1923,
257-200.
I. 2530 — QUERA M., E/ decreto
de Iugenio IV para los Armenios
v el Sacrament del Ordeni: Est.
Ecc., Madrid, Iv, 15 aprile, 15
luglio, 1925 nn. 14-15.
19I.
I. 2532 — Pastor v. L., Ge-
schichte der Pipste seit dem Aus-
gang des Maltelalters, vol. 11, 2,
in 89, LXX, 658; xVII-659, Fri-
bourg in Br., 1924. — uf. s., vol.
1, in 89, LX, 388, Fribourg H.
10925. — ut. s., vol. 11, 8° e 9° ed
riv. Fribourg, 1925-20. i
I. 2533 — Lavacsxixo E., L’'ar-
chitetto di Sisto IV (Baccio Pun-
telli fiorentino): L’Archig., XXVII,
10924, 4-13.
le BS
I. 2534-2541
memoria del pontefice scritte dall’Infessura; forse l’A. del carme è
Angelo Mancini Lupi, divenuto poi vescovo di Tivoli e morto nel
1485 (I 2534). — Delle concessioni di indulgenze alla Chiesa tedesca
durante il pontificato di Sisto IV tratta il Goeller (I 2535). — Nuovo e
copioso materiale documentario per la storia di papa ALESSANDRO
VI e del suo tempo raccoglie e pubblica il De Roo (I 2536). — Il
Mohler con più larga ricerca di fonti ricostruisce la figura e la atti-
vità di quell'eminente prelato che fu il Bessarione; fa conoscere
e pubblica gli originali greci di parecchi scritti di lui, sinora cono-
sciuti solo attraverso le traduzioni; degno di nota che il M. nega al
Bessarione la paternità degli Acta Graeca del Concilio di Firenze;
col Fròhmann li attribuisce a Doroteo di Mitilene (I 2537). — Interes-
santi risultati delle sue ricerche trai documenti finanziari dell'Archivio
papale dei tempi della rinascenza presenta il Goeller (I 2538). — Il
Lauschert ripubblica il trattato sul primato della S. Sede, composto
nel 1521 dal cardinale Tommaso De Vio in risposta alla 13 tesì contro
il primato stesso sostenuta da Lutero contro Eck; segue l’ edizione
dell'operetta sulla scorta dell'edizione romana del 1521 (I 2539).
V. Età moderna. — Delle statue dei papi LEONE X, Paolo
III, Paolo IV, Gregorio XIII, Sisto V, Urbano VIII, Innocenzo
X e Clemente XII, conservate nel palazzo Capitolino fa un’artistica
rassegna lo Steinmann (I 2540). — Di buftoni, parassiti e cortigiani
alla corte di Leone X tratta il Cesareo (12541). — Il Goeller esamina
a qual grado fosse giunta la venalità degli uftici nella Curia Romana
I. 2534 — Pacirici Vixnc., Un I. 2538 — GOELLER E., L'uter-
carme biografico di Sisto IV del suchungen iiber das Inventar des
1477, in 8°, xiv-71, Tivoli 1924. Financzarchivs der Renaissance-
pdpste (1447-1521): Miscell. Ehrle.,
I. 2535 — GOELLER E., Deut- V. 227-272.
sche Kirchenablisse unter Papts 1. 2539 — Triomas DE Vio Cale-
Sixtus IV: Rom. Quart., XXXI, taNus O. Pr., De divina insti-
1923, 55-70. tutione Pontificatus Romani, edidit
I. 2536 — DE Roo P., Material F. Lauschert: Corpus VAFRONco:
for a historv of pope Alexander at, fasc 10, ia he: xl, Io
. . si Niba Miinster Ashendorft 1025.
VI, his velative and his life, vol. n
5, in 8°, Bruges Desclée 1924. I. 2540 — STEINMANN E., Die
Statuen der Pipste auf dem Capitol:
I. 2537 — MoxÙier L., Kard. NMiscell. Ehrle, II, 480-503.
Bessarion als Theologe, Humanist I. 2541 — Cesareo G. A., Buf-
und Stattsmann: Q. u. F. Gòrres- joni, parassiti e cortigiani alla
ges., 20, in 8°, viti-432, Pader- corte di Leone N: N. Riv. St., VII,
born Schòning 1023. 1023, 73-30.
ig
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2542-2546
. e illustra le misure prese da papa ADRIANO VI, per torre in materia
i più gravi abusi, (I 2542). — Il De Recalde si occupa di un breve
segreto di Clemente VII (I 2543). — Il Capasso sulla scorta di un ma-
teriale ricchissimo rintracciato negli Archivi Farnesiani di Parma e
di Napoli, negli Archivi del Vaticano, di Simancas, di Madrid, di
Parigi, di Bruxelles, di Vienna ricostruisce largamente la storia del
puntificato di papa Paoto III, e con questo illustra le lotte tra Carlo
V e Francesco I, le vicende della lega cristiana del 1538, del Concilio
di Trento, avvenimenti nei quali si consumarono le sollecitudini
e l’attività del grande pontefice (I 2544). — Più che di papa PaoLO
IV Carafa, come parebbe dal titolo del lavoro, Gennaro Monti si
occupa del Carafa quale vescovo di Chieti e cardinale; quanto qui
viene messo in rilievo, annuncia nel futuro papa il rappresentante
della tendenza rigida nell’incipiente generale riforma della Chiesa;
come tale il Carafa fu uno dei consiglieri più ascoltati di Paolo III;
tenace e vivace fu la sua attività contro la diffusione dell’eresia,
in ciò aiutato dall'amico Matteo Giberti, vescovo di Verona; interes-
santi le relazioni del Carafa con la sorella Maria, fondatrice del mo-
nastero della Sapienza in Napoli. Una parte del lavoro è dedica-
ta al Carafa papa, per esempio alla guerra di lui contro gli Spa-
gnuoli. Il M. ripubblica il Memoriale del 1530 contro gli eretici,
caratteristico documento della controriforma e dell’animo del Ca-
rafa; a costui l’A. vorrebbe attribuire il Consilium de emendanda
Ecclesia (1537), ma la dimostrazione non appare in tutto ben fondata
(I 2645). — Del palazzo di Pio IV sulla via Flaminia si occupa U. Jan-
dolo (I 2546). — Combes de Patris studia la figura e l’attività di Gu-
gliclmo de Patris, abbate de la Grasse, (antica abbazia dell'ordine
benedettino del Narbonese), grande vicario del conte d’Armagnac
nel contado Venessino. L’abbate agli occhi della curia romana avreb-
- be avuto il torto di aver, contrariamente alle istruzioni ricevute,
cercato di far estendere ai sudditi dissidenti avignonesi le libertà,
I. 2542 — GoELLER M., Hadrian
VI und der AHAemterkauf an der
papstlichen Kurie: Miscell. FinFe.
I. 2543 — RECALDE (DE) J., Au-
tour d'un bref secret de Clement
VII, in 129, 123, Paris, Libr.
Mod. 10924.
I. 2544 — Capasso C., Paolo III
(1534-1540), vol. due: I in 8°
hoy; Il in 89, 732, Messina, Princi-
pato 1925.
I. 2545 — MontI GENNARO M,.,
Ricerche su Papa Paolo IV Ca-
rafa (con 108 documenti inediti),
in 89, 358. Benevento, tip. Cooper.
1925 (cfr. Arch. Soc. St. Sann.,
I-II, 1923-25.
I. 2546 — Jaxpoto U., // pa-
lazzo di Pio IV sulla via Flaminia,
in 8°, 49, con illustrazioni, Roma,
Bestetti, 1023.
OS2 -—
V. ETÀ MODERNA. I 2547-2551
che erano state concesse altrove agli eretici, di essersi fatto mediato -
re poco equanime nella lotta tra cattolici e ugonotti nello stato pa
pale di Francia con pregiudizio dei primi, di aver ceduto infine
Avignone al re di Navarra; per questa e per altre colpe, divenuto
sospetto e inviso, sarebbe stato fatto sopprimere dal generale Gri-
maldi con l'approvazione di papa GREGORIO XIII (I 2547). — Di
studi e pubblicazioni canonistiche fatti durante il pontificato e
sotto l'influenza di GreEGoRIO NIII specialmente intorno al de-
creto di Graziano, tratta Carlo Schellhass (I 2548). — Una breve
biografia di Sisto V ha pubblicato P. Sparacio (I 2549). — La neces-
sità di costituire un antemurale alle sette dissidenti, di restaurare
quanto non era del tutto perduto e insieme di invigilare sul movi-
mento politico e religioso dei pacsi vicini determinò la Santa Sede
alla fondazione della nunziatura di Fiandra, la quale fu affidata
ad Ottavio Mirto Frangipani. La giurisdizione del nunzio si esten-
deva di nome a tutti i Paesi Bassi e all'antica contea di Borgogna,
ma in realtà comprendeva anche la Gran Brettagna. Questo si ap-
prende dall’'introduzione alla pubblicazione della corrispondenza del
nunzio curata dal Van der Essen; segue la biografia del nunzio,
illustrata tra l’altro anche da uno scritto contemporaneo, pure
pubblicato con altri documenti, dovuto al segretario del nunzio
Enrico Stravio (I 2550). — Delle relazioni tra la Francia e la Santa
Sede durante le guerre di religione tratta ampiamente il Rocquain,
v. rec. Riv. Hist. Eccl. gennaio 920, p. 142 (I 2551). — Il Leman oftre
un riassunto della prima parte del suo lavoro, di prossima pubbli-
cazione dal titolo: Urbain VIII et la rivalité de la France et de la
Maison d'Autriche de 1635 da 1641 e precisamente espone il risul-
tato delle sue ricerche intorno all'opera pacificatrice di Urano VIII
negli aa. 1634-1636 fra le potenze cattoliche, coinvolte nella guerra
I. 2547 — ComBis DE PatriIs
B., Une victime de la diplomattie
pontificale au XVI si%cle: Guillau-
me de Patris, abbé de la Grasse
(1535-1580) d'après des documents
inédits lirés des Archives du Vati-
can: Rev. Hist., CXLIXN, 1025,1-32.
I. 2548 — ScHELLHASS KARL.,
Vissenschaftliche Forschungen un-
ler Gregor XIII. Fur die neue Aus-
gabe des Gratianischen Dekrets:
Festg. Kehr., 674-600.
I. 2549 — Sparacio Dom. M,,
Papa Sisto V, in 169, 194, Perugia,
tip. COOp. 1923.
I. 2550 — Van DER Essen L,.
Correspondence d'Ottavio Mirto
Frangipani, premier nonce de Flan-
dre (1590-1600), 1, Lettres (15906-
98) et annexes: An. Vat. Belv.,
2% serie: Nonciature de Flandye IL,,
in 89, LXXXII-452, Bruxelles, Im-
breght, 1924. i
I. 2551 — RocQuain F., Za
France et Rome pendant les guer-
res de religions, in 89, xXx-554,
Paris, Champion 1924.
-- 383 --
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2552-2557
iii ini
dei trent'anni e in special modo per ottenere la convocazione del
Congresso di Colonia del 22 ottobre 1636, da cui si sperò, ma invano,
1] ritorno della pace (I 2552). — Il Dubruel passa in rassegna le con-
gregazioni straordinarie, istituite in occasione del grande dibattito
con la Chiesa Gallicana al tempo di papa Innocenzo XI: la contro-
versia era complicata dall’estensione, che dalla corona di Francia
era stato fatto del diritto di regalia (regale) su tutti i vescovadi,
diritto che dapprima era limitato ai vescovati di vassallaggio diretto
della monarchia (I 2553). — Il De Recalde pubblica, illustrandolo,
l'originale latino, la traduzione francese delle bolle « /mmensa pa-
storum » e « Ex quo singulari » di BENEDETTO XIV l'una relativa alll’af-
francamento degli indigeni del Paraguay, l’altra per dirimere il
vecchio dibattito sui riti cinesi (I 2554). — ll March ci informa che
la ragione, per la quale Pro VI non si assunse il compito di rista-
bilire la Compagnia di Gesù, fu perchè nel conclave del 1775, dal
quale laboriosamente dopo tanti e tanti scrutini uscì eletto papa,
egli aveva preso l'impegno di non ristabilirli (I 2555).
VI. Età contemporanea. — Il partito austriaco essendosi
accordato nel conclave di Venezia del 1800 col partito romano, ne
uscì eletto con onore papa Pio VII. Con la scorta dei documenti
la Civilta Cattolica ci illustra ancora altri momenti interessanti
l’illustre pontificato, come il ripristino dei Gesuiti, le relazioni coi
potentati esteri, e con Luigi XVIII in modo particolare per la
restituzione delle opere d’arte prese da Napoleone in Italia, e la
buona amministrazione interna dello Stato della Chiesa (I 2556).
— In occasione del primo Centenario della morte del grande Pio
VII fu pubblicato un interessante numero unico con brevi ma scel-
ti scritti del Bechini, del Baldiserri, dell’Apollonio, del P. Rinieri,
del Crispolti, del P. Silva Tarouca, dell’Aurelli, del car. Gasquet,
del Noberasco, del Lanzoni, del Fornari, di D. Dazzi, del P. Bri-
carelli (I 2557). — Il Rava fa conoscere un breve di Pio VII del
I. 2552 — LEMAN Auc., Urbain
VIII cet les origines du congrès
de Cologne de 1636: Rev. Hist.
Eccl., NIN, 1923, 370-383.
I. 2553 — DUBRUEL M., Les con-
gregattons des affaires de France
sous le pape Innocent NI: Rev.
Hist. Eccl., NXII, 19206, 273-311.
I. 2554 — RECALDE ]J. (DE), Be-
noit NIV. Bulles « Immensa pa-
storum» et «Ex quo singulani,
in 8°, 128, Paris, Libr. mod., 1925.
I. 2555 — MarcH M., Pourquoi
Pie VI n’a-t-il pas voulu retablir
les Jesuites: Rev. Q. Hist., gen-
naio 1925.
I. 2556 — — Pio VII (1800-
1823): Civ. Catt., LXNIV, 1923,
280-303, 395-409, 498, 505.
I. 2557 — Centenario (numero
Hilton
V. ETÀ MODERNA. I. 2557-2563
26 ottobre 1815 ad Antomo Canova, per ringraziarlo del felice esi-
to della missione affidatagli di ottenere la restituzione delle opere
d’arte, tolte a Roma dai Francesi (I 2558). — Valendosi di un fascio di
interessanti lettere del cardinale Rivarola legato a latere in Romagna
(1824-26), dirette al fratello March. Stefano Rivarola, l’Oxilia riabilita
alquanto la triste fama creata intorno al legato, lo libera dalla tac-
cia di perversità che gli fu data; conferma che fu un reazionario
e nulla più; fu, se mai, piuttosto incline alla moderazione e all'equità
(I 2559). — Sulla scorta di documenti editi ed inediti contemporanei
Alzago Novello ricostruisce la storia del conclave, dal quale uscì
papa Gregorio XVI e pubblica una fedele Relazione inedita dello
stesso conclave, conservata nella Biblioteca Vaticana, raccolta Bar-
berini lat. 4662 (I 2560). — Non possiamo che semplicemente
segnalare i lavori dello Stok sugli Stati Uniti in relazione con papa
Pio IX, del Tischleder e dello Stutz su papa LEONE XIII come uomo
di Stato (I 2561-2563). — Il De la Brière, illustrato l’interessamento
degli ultimi pontefici in favore degli istituti, diretti a stabilire una
migliore convivenza tra le nazioni, richiamato l’ideale dci catto-
lici, secondo il quale essi reclamano che la S. Sede abbia la sua
parte d'azione sull'organizzazione giuridica internazionale cioè sulla
Società delle Nazioni, passa ad esaminare 1 lavori di questa, i di-
battiti d’ordine ideale là svoltisi, le questioni più salienti affron-
tate; esposti ancora i problemi internazionali, d'interesse specifica-
tamente cattolico, come ad es. il nuovo aspetto della questione
romana, l'a. viene a queste conclusioni: la Societa delle Nazioni ha
in sè elementi, che ispirano delle legittime inquietudini, che biso-
gna sorvegliare e contrastare, ma sarebbe ingiusto non riconoscere
che essa rende alla causa dei rapporti internazionali dei servizi tan-
primo) della morte di Pio VII, I. 2561 — Stock L. F., The
1323, 20 agosto, in 4°, 87, Raven- United States at the courts of
na, tip. Salesiana, 1923. Pius IX: Cath. Hist. Rev., 28
ser., II, 1923, IO3-123.
I. 2558 — Rava Luici, Antonio
Canova ambasciatore: L'Arch., Bo- I. 2562 — TiscHLEDER P., Die
logna, XVIII, 1923, 27-43.
I. 2559 — OxiLia U., Z/ cardi-
nale Rivarola e l'attentato del 1820:
Rass. St. Ris., XIII, 1920, 1, 273-
304.
I. 2560 — ALzaco NoveLLO
L., Il conclave di Gregorio AVI:
Arch. Ven. Trid., vi, 1925, 08-
114.
Staatlehre Leon AIII: Eph. Th.
Lov., in 89, xviI-538, Gladbach,
Volksverein Verlag, 1925.
I. 2563 — STUTSU,, Die papst-
liche Diplomatte unter Leo XIII
nach den Denkwurdigheiten des
Kardinals Domenico Ferrata: Abh,
AR. Berlin., Phil. hist. KI. 1925,
abh. 3-4 in 4°, 154, Berlin, Gruy-
ter, 1920.
— INI ——
Aevum - Anno I - 25
SORANZO. STORIA DEL PAPATO. I. 2564-2568
gibili. La Società delle Nazioni ha bisogno sopratutto di possedere
una grande forza morale, di cui in verità difetta. Questa deficienza
può essere colmata da una collaborazione tra Roma e Ginevra, la
quale varrà bensì ad accrescere il prestigio del Papato, ma ridon-
derà assai più a vantaggio della Società delle Nazioni, o, ciò che
più preme, alla causa della pace, dell'ordine, del diritto delle genti,
che quella si propone di salvaguardare (I 2564). — Il Bierbaum dis-
serta pure sull’assetto internazionale e sulle particolari sollecitudini
in merito degli ultimi pontefici da Pio IX a Pio XI (I 2565). —
Il Battifol si intrattiene sulla vigente questione del riconoscimento
del primato della Chiesa romana agitata in scritti del Kattenbusch,
del Glubokowsky, del Gou, del Pulles (I 2566). — Jean Carrère fa
rivivere in un suo volume le dure vicende e le glorie del Papato at-
traverso la storia nci suoi momenti più caratteristici e finisce col
proporre le difficoltà della questione romana (I 2567). — A cura
della Sacra Congregazione del Ceremoniale fu pubblicato il Proto-
collo per il solenne ricevimento dei Sovrani di |Spagna, nella visita
che le LL. Maestà fecero a Sua Santità Pio XI il 19 novembre 1923
(I 2568). |
I. 2564 — DE LA BRIÈRE YvES
L’organisation internationale du
monde contemporaine el la papauté
souveraine, in 8°, 318, Paris, ed.
Spes 192 4.
I. 2555 — BIERBAUM M., Paps-
tum, christliche Staatsordnung t.
christliche Vòlkerversohnung. Kund-
cebungen der letzen Pdapste Pius
IX bis zu Pius NI, in 89, 32,
Paderborn, Schòning 10925.
I. 2566 — BATTIFOL P., Catho-
licisme et Papauté. Les difficultés
Anglicaines el russes, in 8°, 1206
Paris, Gabalde 19253.
I. 2567 — CARRERE ]|J., Le pape,
in 129, 11-326, Paris, Plon 1924.
I. 2568 — Visita delle loro
Maestà il Re e la Regina di Spagna
a Sua Santità Pio XI, in 4°, 37.
Roma, tip. Vatic. 10923.
— 356 —
RECENSIONI
C. F. KUMANIECKI. Quo temporis ordine Vergilius singulos Aeneidos
libros elaboraverit, in Archivum Filologiczne Polskhiej Akademji
Umiej, Cracovia 1420.
Il giovane studioso Polacco Kumaniecki ha voluto tentare anch'egli
la vessata questione del come Virgilio compose l’Eneide, e specialmente
in che ordine stese i varii libri. Giacché è noto che il nostro poeta nello
svolgere in versi la materia ordita prima in prosa, non seguì l’ordine di
essa ma tentò via via quelle parti che meglio rispondessero alla sua ispi-
razione, riservandosi poi 1] compito di raccordare le varie parti con col-
mare le lacune e ricucire nel miglior modo possibile brano con brano, sì da
ridurre all'unità voluta il poema. Ma è pur noto che questo lavoro non
lo potè finire; e colto da mortale malattia, voleva si desse alle fiamme il
suo manoscritto; cosa non permessa per fortuna da Augusto, che af-
tidava a Tucca e Vario l’incarico di pubblicare così com'era l’opera
virgiliana. E in quest'opera così giunta a noi vi sono evidenti difetti
e imperfezioni: versi lasciati a mezzo, ripetizioni, sconcordanze di pen-
sieri e di tradizioni ecc. Era naturale che nascesse nei lettori e inter-
preti la curiosità di indovinare come fosse il primitivo disegno di com-
posizione del poema, quali modificazioni avrebbe introdotto Virgilio
stesso se ne avesse avuto il tempo. Il problema interessò vivamente i
filologi dell'età nostra, e basta citare i lavori del KrkoLt (vol. Suppl.
1902 dei falrbiicher Adi Ileckeisen), dell’Heinze (Virgils Epische Teh-
nik 23 ed. 1025), del GERCKE (Die Entstehung d. Aenets, 1913) per rile-
vare quanti tentativi sì son fatti per risolvere il problema e con che
diversi risultati e ipotesi. Va da noi ricordato specialmente il SABBA-
DINI, benemerito e autorevole studioso del testo virgiliano in note edi-
zioni critiche ed esegetiche. In uno studio intitolato « Primitivo disegno
dell’Eneide », frutto di un’analisi minuziosa e paziente di tutto il poe-
ma, studio riprodotto ancora da lui in testa alla sua ultima edizione
Leoscheriana, egli ha espresso l'ipotesi che in una prima redazione del
poema il racconto del terzo libro fosse non messo in bocca ad Enea,
come continuazione del racconto contenuto nel secondo, ma esposto
dal poeta stesso; stesura narrativa, com’egli dice, contrapposta alla
Stesura drammatica preferita poi; e che il V libro, il libro dei giochi
funebri in Sicilia, seguisse immediatamente, riferendosi al primo sbarco
in Sicilia e alla morte di Anchise; sicché l'ordine primitivo dei libri
sarebbe stato III, V. I, IT, IV, VI, VIE-NII. In una nuova redazione
Virgilio avrebbe ricomposto l’ordine nella maniera pervenuta a noi;
ed in seguito avrebbe voluto in un terzo modo rimpastare la sua espo-
— 357 —
RECENSIONI
sizione, ma a ciò gli sarebbe mancato il tempo. Quest’ipotesi del Sabba-
dini a me non sembra da accogliersi; sono troppo scarsi e non conclu-
sivi gli indizi e gli argomenti sui quali si fonda. Qui non devo entrare
in particolari; ho voluto ricordare l’ipotesi del Sabbadini per metterla
poi a confronto con quella dello studioso Polacco, la cui dissertazione qui
si recensisce. Il Komaniecki adunque ha creduto di aver scoperto alcune
leggi del comporre virgiliano, e ne argomenta in che ordine i libri sia-
no stati composti. Le leggi sarebbero questre tre: a) lex contractionis;
Virgilio sarebbe solito a contrarre in più breve formola cose dette ante-
cedentemente; bd) lex conglomerationis, aggrupperebbe in nova iunciura
parole ed espressioni usate prima sparsamente; c) lex comparationis
ex descriptione pelitae, argomenti di paragoni sarebbero tolti da pre-
cedenti descrizioni. Quali prove s’adducono di queste tre consuetudini
che sarebbero state care a Virgilio? Si citano varii luoghi delle opere
virgiliane dal cui confronto il Kumaniecki crede appariscano all’evi-
denza le dette leggi. Ad es., poichè nel primo delle Georgiche il poeta
aveva invocato la protezione celeste e usato l’espressione « Dique Deaeque
omnes » (I. 21), e a Cesare da doversi presto annoverare fra gli Dei di-
ceva: Terrarumque velis curam et te maximus orbis Auctorem frugum
tempestatumque potentem accipiat (I. 26), e conchiudeva più giù: da
facilem cursum atque audacibus adnue coeptis, appresso quando nel
terzo dell’Eneide al v. 528 metteva sul labbro di Anchise giunto in vista
d'Italia la calda gioiosa preghiera: Di maris et terrae tempestatumque
potentes Ferte viam vento facilem et spirate secundi, il Kumaniecki sen-
tendo nella seconda frase un'eco della prima: confestim perspicimus,
dice, his verbis versuum libri I Georgicon seriem brevius retractatam esse.
Ma non è vero nulla; sono atteggiamenti diversi di invocazioni agli
Dei, ben diverso è il sentimento che ispira l’una e l’altra preghiera;
non c’è, se mai, che il fempestatumque potentem, frase consueta e finale
d’esametro che facilmente ritornava sulle labbra del poeta, senza bi-
sogno l'una volta di copiare e riprodurre ciò che aveva scritto l’altra.
Qui davvero non apparisce nessuna lex abbreviatonis seu contractionis.
E adduce altri esempi, ma nessuno persuasivo. Così dall’ aver Virgilio
nella parlata di Proteo (quarto delle Georgiche, episodio del pastor
Aristeo, v. 485 e sgg.) ricordato Orfeo che iam pedem referens casus
evaseral omnes, e che reddita Eurydice superas veniebai ad auras e nel
6.° dell'Eneide avendo fatto fare dalla Sibilla l'osservazione che è fa-
cile la discesa all'inferno, ma che poi revocare gradum, superasque eva-
dere ad auras, hoc opus hic labor est, ritiene il K. che qui ci sia una voluta
reminiscenza delle Georgiche, e soggiunge per di più che il veniedat di
G. IV, 486 fu manifestamente mutato in evadere di En. VI, 128 per via
dell’evaserat di G. IV, 485. Ma niente affatto; altro è il superas evadere
ad auras unito con revocare gradum dall’abisso infernale, altro è il superas
veniebat ad auras di Euridice che seguiva Orfeo; non v'è di simile che
il superas ad auras frase identica, ma ricorrente sulle labbra a ogni
bisogno, ed espressione del tutto comune. — Vediamo se è meglio giu-
stificata la seconda legge detta dall’A. nel suo non classico latino /ex
conglomerationis. Ecco un esempio da lui addotto. Nel 3.° delle Georg.
parlando del fosso da praticare per piantar viti o altre piante, dice il
poeta: ausim vel tenui vitem committere sulco, altior at penitus terrace
defigitur arbos, aesculus in primis, quae quantum vertice ad auras aethe-
— 388 —
RECENSIONI
rias, tantum radice in tartara tendit. E nel 4.° dell’Eneide descrivendo
l’inflessibilità di Enea alle preghiere della desolata Didone gli vien fatto
di paragonarlo a una valida quercia che per soffiar diventi non si sradica,
anzi haevret scopulis, et quantum vertice ad auras aetherias tantum radice
in tartara tendit. Là nelle Georgiche dell’ischio seguitava a dire che
neque flabra neque imbres convellunt, e che immota manet; qui di Enea
soggiunge che non si smuove dalle voci che hinc et hinc gli giungono
all'orecchio, ma che la sua mens immota manet, e lacrimae volvuntur
inanes. Il K. è persuaso che Virgilio scrivendo il mens immota manet
di Enea ha ante oculos eadem vocabula ad aesculum velata, e che quest’e-
spressione era voci mens asseruit, ed esclama trionfando: en habemus
manifestissimum exemplum, quomodo Vergilius sua poemata lucratus
sit! Eadem enim vocabula alio sensu atque prius usurpata erant cum aliis
vocibus eas copulans transcripsit. Ma proprio Virg. componendo il 4.9
dell’En. aveva bisogno di trascrivere l’immota manet dalle sue Geor-
giche? Ma non è questa la naturale espressione del pensiero? l’infles-
sibilità qui dello spirito, là il rimanere abbarbicata la pianta nel suo
suolo per la profondità delle radici, hanno un’espressione identica:
immota manet, ma tale che si presenta spontanea allo spirito di chi parla
o scrive. Rimane evidente, tra i due passi, l’identica descrizione d'una
quercia (anche l’ischio è della famiglia delle quercie) che quantum ver-
tice ad auras aetherias tantum radice ad tartara tendit, formola, a dir
così, stereotipa che Virg. ripete, come ha ripetuto tante volte gli stessi
versi a designare cose comuni o analoghe. Dunque il manifestissimum
exeniblum d'una lex conglomerationis sfuma manifestissimamente; e
così gli altri addotti dall'autore polacco. — E la lex comparationis? Ecco
un esempio, I Troiani che s'affrettavano a scendere da Cartagine alla riva
per allestire le navi e preparare la partenza di Enea sono dal poeta nel
4.° (v. 402 e sgg.) paragonati alle formiche quando ingentem farris acer-
vum populant, hiemis memores, tectoque reponunt, e segue quella bella
descrizione del nigrum agmen che va su e giù praedamque per herbas
convectant calle angusto, parte portatrici, parte agmina cogunt casti-
gantque moras. Ora delle formiche aveva più d'una volta fatto cenno
nelle Georgiche; (I. 185) parlando della necessità di assodar bene l’aia
per evitar inconvenienti di topolini, di talpe, ecc., ricorda anche il fat-
«to che populat ingeniem farris acervum curculio, atque inopi metuens
formica senectae. E più giù al v. 379, tra le previsioni della prossima
pioggia ricorda: Saepius et tectis penetralibus extulit ova angustum for-
mica terens iter, et bibit inges arcus, et e pastu decedens agmine magno
corvorum increpuit densis exercitus alis. Il K. s’impressiona di questi
echi di parole, l’angustum iter di G. I. 380 ripetuto in fraedam convectant
calle angusto di En. IV, 405; il populat ingentem farris acervum di G.
L. 18; riecheggiato in ingentem formicae farris acervum populant di
Aen. IV, 402; e l’agmine magno delle G. che però si riferisce ai corvi,
pare al K. aver suggerito l’agmina di pars agmina cogunt En. IV, 400.
Ne conchiude: nell’Eneide duos Georgicorum locos brevius retractatos
esse; e: comparationem ex locutionibus, quae in prioribus Vergilii carmi-
nibus occurruni, contaminatam esse; e ancora: eandem his esse observa-
tam legem...: AGMINIS notionem quae G. I. 381 cum corvorum notione
coniuncta erat hic ad formicas a Vergilio translatam esse. Ora qui si con-
fonde evidentemente come copiato e trascritto quello che è espressione
— 359 —
RECENSIONI
spontanea e ovvia, come l’agmen detto d’una schiera d’esseri vivi in
marcia, l’angustum iter della stretta linea percorsa dalle formiche, ecc.;
ed il paragone nell’Eneide non è niente affatto ricavato dalle allusioni
ripetute delle Georgiche, bensì pensato e cesellato apposta per descri-
vere con più evidenza l’andar e venire dei Troiani affaccendati nei pre-
parativi della partenza. Viene in mente una volta al K. il rischio di
vanas unibras sectari (p. 9), ma si persuade con esempi accumulati di
avere scorto la verità. Purtroppo gli esempi hanno tutti lo stesso valore
(En. v. 137: exsultantia haurit corda pavor pulsans, laudumque arrecta
cupido, paragonato con G. III, 105, spes arrectae iuvenum exsultantiaque
haurit corda pavor pulsans, qui è una vera ripetizione, e con 112: tan-
tus amor laudum; En. IV, 69 Didone paragonata a cerva colpita di
saetta che corre via e si/vas saltusque peragrat, delle api G. IV, 53, aveva
detto lo stesso: il/ae continuo saltus silvasque peragrant; è ripetizion di
frase in final d’esametro, certo spontanea e ovvia, ecc. ecc.).
Son dunque vane ombre le supposte leggi che il K. ha creduto
stabilire co' suoi confronti virgiliani. Ed essendosi poi basato su questi
presupposti per indovinare l’ordine di composizione dei libri dell’ Eneide,
ognun vede come tutto deve essere messo in quarantena. Pur vediamo i
ragionamenti del K. Egli si è persuaso che il libro NI sia stato il primo
di tutti a essere steso dal poeta. Come? proprio il penultimo libro, il
libro della tregua chiesta dai Latini ad Enea per seppellire i cadaveri,
del corteo funebre di Pallante, del nuovo urto delle schiere nemiche,
e delle eroiche gesta e della morte di Camilla, proprio questo libro avrebbe
dovuto essere steso per il primo, cioè avanti il racconto della caduta di
Troia, e delle vicende di Enea, e dell'incontro con Didone, ecc.? Ecco
la ragione per cui il K. si è indotto alla sua affermazione. A. III, 558,
iniziando il racconto dell’aneddoto di Achemenide che si presenta nella
terra dei ciclopi ai Troiani e n'è salvato, scrive Virgilio:
Postera tamque dies primo surgebat Eoo
Humentemque Aurora polo dimoiverat umbram.
Nell’XI a principio sì legge la descrizione famosa:
Oceanum interea surgens Aurora reliquit.
Adeneas, quamquam et socits dare tempus humandis
Prazcipitant curae, turbataque funere mens est,
Vota Deum primo victor solvebat Eoo.
E poco più giù, al v. 210 si legge:
Tertia lux gelidam caelo dimoverat umbram.
Evidentemente, esclama il K., la descrizione del III è un riassunto
secondo la /ex contractionis di quella dell'NI (HIT, 589 tolto da NI,
210, e III, 588 modellato su NI, 4; il III 580 ripetuto poi tal quale a
IV 7: postera Piioebea lustrabat lampade terras humentemque Aurora polo
dimoverat umbram); dunque NI è stato scritto prima del IH e del
IV. Ma proprio un cenno analogo della descritta aurora, luogo comune
che può essere stato lavorato a parte, autorizza una conclusione rela-
tiva a tutto un libro? Non esiste nè il fatto della contractio, nè i gio-
chetti di scambi di parole che il K. sogna, né alcun indizio sulla prio-
rità di un libro sull'altro. Analogamente a. dimostrare la priorità del
quarto libro rispetto al primo, it K. confronta la descrizione di Dido-
ng a
RECENSIONI
ne che nel I. 496 si avanza verso il tempio magna stipante caterva,
paragonabile a Diana cacciatrice circondata dalle Oreadi, incedente
maestosa colla faretra sulle spalle, colla descrizione della stessa Didone
nel IV, 136 che pure frogreditur magna stipante caterva con una faretra
d'oro pronta per la caccia, a cui s'aggiungono subito i Phrvgit comites
e il /aetus Iulus ed Enea ante alios pulcherrimus paragonabile ad A pol-
lo quando visita con numeroso corteo la nativa Delo. Per il K. in pro-
patulo iacet (!!) che la narrazione del 1.9 libro è derivata e contratta
dal IV°, donde son ricavate anche le parole incessit = incedunt, pul-
cherrimus = pulcherrima; e il paragone di Enea con Apollo ha suggerito
quello di Didone con Diana; a I, 498 si menzionano i 2uga Cynthi (mon-
te dell’isola di Deto), ciò da IV 147 dove Apollo iugis Cynthi graditur.
Ma qui se analogia v'è, evidente, tra i due luoghi, ma nessuna ragione
di preporre in ordine di tempo il IV© libro al I°. Così è tutto incerto
quel che il K. atferma. Egli suppone, in genere quest'ordine di composi-
zione: NI, III, IV, I-IT, VIE X, VI, IX, VIII, V, XII. Si osservi come
qui il Vo che per il Kroll (Vol. supp. 1900 dei Jalrb. f. cl. Phil.) e per
il Sabbadini (prefaz. all’ediz. 1923 p. XII) sarebbe stato il primo di
tutti, sarebbe invece più che tardivo, il penultimo. Le ragioni sono
le solite. Nel Vo Enea dopochè l'ombra d'Anchise apparsagli s'era
svanita, cinerem et sopitos suscital ignis Pergameunique larem et canae
penetralia Vestae Farre pio et plena supplex veneratur acerra; ciò ricorde-
rebbe e deriverebbe dalle parole di Ascanio a Niso nel IN (258): per-
magnos, Nise, Penates, Assaracique larem et canae penetralia Vestae
obtestor, e da quel che nell'VIII (542) dicesi di Enea che nella reggia di
Evandro, primum Herculeis sopitas ignibus aras excitat hesternumque
Larem pervosque Penates laetus adit. Per il K. l’espressione sofitos su-
scitat tanis del Vo accorcia l’altra sofitas aras Herculeis ignibus excitat
dell'VIII, e il canae penetralia Vestae dal IXN° è stato travasato pari
pari nel V°; dunque il V°, dice, è stato scritto dopo it IX e l’VIIl. Ancora
Turno è descritto alla fine del nono in gran fatica di battaglia, pieno
lo scudo di colpi e di infitte saette, tutto sudore e scosse le membra
da un aeger anhelitus. La descrizione ha dei riscontri nella pittura che
di Aiace fa Omero (II, 102 e sgg.). Ma poichè nel Vo 198 i compagni di
Muesteo in una regata certamine summo procumbunt, e: vastis tremitt
ictibus aerea puppis, tum creber anhelitus artus aridaque ora quatit, su-
dor flIuit undique rivis, il K. trova argomento di dir le ultime pennellate.
derivazione e contrazione delle prime, e di confermare quindi la poste-
riorità del V© libro rispetto al IX e all'VIII. No, non siamo persuasi per
niente affatto delle derivazioni qui proclamate, e però nessuna posterio-
rità o priorità ci è dato consentire. Con quanta maggior finezza ragio-
nava il Sabbadini per dichiarare, il canto V°, come racconto del primo
e unico sbarco in Sicilia, doversi supporre composto subito dopo il IHT°,
o la narrazione degli errores di Enea dei quali sarebbe il seguito im-
mediato. Pure anche gli indizi e le ragioni del Sabbadini ci lasciano
incerti. Sembra a lui che i giochi funebri istituiti da Enea in onor del
padre al nono giorno (s: nona Aurora almum diem mortalibus extulenit,
V, 64) ricordando i /udi novendiales e il banchetto funebre o sacrifici
iovendiale soliti celebrarsi all'ottavo giorno dopo la morte, siano una spia
dell'essere stata la cosa pensata in origine dal poeta subito dopo la mor-
te d’Anchise, e non al ritorno in Sicilia dopo le vicende di Cartagine.
— 301 —
RECENSIONI
Poì quei Siciliani che accorrono in folla ai giochi e /eto complebant li-
tora cetu, visuri Aeneadas (v. 108) paiono ai Sabbadini indizio che i
Troiani fossero nuovi ancora a quegli spettatori, perciò si tratterebbe del
primo sbarco in Sicilia. Ciò non ha fondamento di probabilità; non sareb-
bero accorsi anche al secondo sbarco per vedere quei forti Eneadi nelle
loro solenni gare di forza e di destrezza? Apcora: dopo l’incendio delle navi
Enea è detto nel V° (v. 700) che tutto angustiato e preoccupato stava per-
sino incerto Siculisne resideret arvis, oblitus fatorum, Italasne capesseret
oras. Al Sabbadini ciò sembra impossibile qualora il IV®© libro fosse
stato composto prima, dove così chiaramente è espressa l’intenzione di
Enea di seguire il volere dei fati viaggiando alla volta dell’Italia. Ma
quanto è invece fine e poetica l’incertezza attribuita ad Enea dal poeta,
il quale sapeva bene che di fronte ai contrasti e alle disgrazie anche
l’uomo più risoluto ha le sue incertezze e oscillazioni d'anima! Infine
dopo i funebri giochi si racconta che l’intervento di Giunone venne a
turbare gli animi col suggerire alle donne l’incendio delle navi; questo
brano è introdotto col v. 604: hic primum Fortuna fidem mutata nova-
vit. Il Sabbadini sente nella solennità di tal verso che con esso viene in-
trodotto per la prima volta nell’azione l’intervento ostile di Giunone;
il che non sarebbe giusto se avesse preceduto il I° libro dove Giunone
interviene sì tumultuosamente ai danni di Enea. Io non sento questo
senso così pregnante nel v. 604; esso mi dice cho dopo tante funebri
celebrazioni riuscite con soddisfazione di tutti, interviene un fatto tri-
ste per suggerimento della solita Giunone, cioè la decisione delle donne
di dar fuoco alle navi. Così com'è il libro V° a me pare stia molto bene
dopo il IV° a celebrare l'anniversario della morte di Anchise e la mossa
definitiva verso l’Italia. Il Sabbadini a restituire il Vo libro secondo il
supposto primitivo disegno, non solo gli toglie il prologo (vv. -1-34) e
l'epilogo (827-871), ma suppone varie altre cose: a) che non ci fosse il
brano 286-361 relativo alle corse nel circo, e ciò perchè il circo già men-
zionato al v. 108 poi sì descrive con maggiori particolari al 287-290;
ragione che a me persuade precisamente il contrario, perchè appunto
le corse sono presupposte dalla menzione fatta già prima del circo ove
esse hanno luogo. 6) Per il Sabbadini non v’era nella prima stesura nep-
pure il /udus Trotae 545-602 perchè non è menzionato nel programma
dei giochi 66-70; ma riconosce lui stesso che si doveva trattare di una
sorpresa (v. 547 fidam fatur ad aurem), ed è del tutto arbitrario il dire
che questo fu appunto l’artificio immaginato dal poeta per operare
l’incastro. c) Altre aggiunte suppone il Sabbadini fatte al libro che era
II° e doveva poi diventar V°, e ciò per legarne il racconto colla fine del
IV® e connettere poi con quello del VI°, Come esempio egli cita l’appa-
rizione dell'ombra del padre (vv. 721-745) per giustificare la partenza
verso Cuma dalla Sicilia e non da Cartagine come doveva essere prima.
E un’altra allusione a Cuma sarebbe stata innestata nel discorso di
Nettuno in risposta a Venere, là dove (v. 813-15) dice: nunc quoque
mens eadem perstat mihi... tutus quos optas portus accedet Averni; dove
è strano il quos optas perchè Venere nella sua preghiera a Nettuno non
aveva parlato dei poeti cumani, ma solo aveva chiesto: liceat Lau-
rentem attingere Thvbrim (797). Già Servio aveva detto si dovesse vir-
golare così: Tutus quos optas portus accedet, unendo poi Averni col se-
guente gurgite. Quest'osservazione di Servio toglie probabilità all'idea
— 392 —
RECENSIONI
di un innesto non conforme al complesso delle idee esposte. Insomma
sì ha qui nel Sabbadini un gruppo di osservazioni fini, se non del tutto
persuasive: e se proprio il V°© libro ha da ritenersi uno dei primi, ecco
cade la ricostruzione del Kumaniecki che lo pone fra gli ultimi.
A raccor tutto e conchiudere, è estremamente difficile il ricostrui-
re in qual ordine sono stati stesi via via da Virgilio i libri dell’Eneide,
e le ipotesi fatte finora lasciano scettici. Riconosciamo tutti che vi sono
delle imperfezioni, dei disaccordi, delle ripetizioni (molte volte sono
interpolazioni da escludere dal testo), delle evidenti distrazioni come ne
troviamo anche nei nostri poeti epici ed eroicomici, ma il volere arguirne
dati precisi di primitivi disegni e di correzioni introdotte poi, e peggio
il voler indovinare come il poeta avrebbe corretto lui se fosse vissuto,
è tentativo inutile, secondo me anche irriverente e dannoso alla sicura
intelligenza del testo com'è a noi giunto.
FELICE RAMORINO.
SoFIia DoLENZ. Le commedie latine di Suor Rosvita. Prima traduzione
italiana con un Proemio. Libreria Editrice Esquilina, Roma, 1926,
(Collezione: coltura Medievale, n. 1).
Salutiamo con una vera soddisfazione questo primo fascicolo d'una
collezione di cose medievali. L’Italia finora ha lavorato assai scarsamente
in questo campo: pure la letteratura medievale è così ricca di pregevoli
opere che non merita l’oblio in cui è stata tenuta finora, anche nell'inse-
gnamento ufficiale. Il merito di questa iniziativa è dovuto a uno dei pochi
che si son dedicati a questi studi, il prof. Ermini di Roma, di cui son noti
molti pregevoli lavori, tra gli altri quel Saggio su poeti epici latini del X
secolo che vide la luce nel 1920 (Istituto Calogerà, Roma). Il primo fra
ì poeti epici qui ricordati e illustrati è appunto quella Hrotsvit o Ro-
svita, monaca di Gandersheim (ducato di Brunswick, diocesi di Hilde-
sheim) vissuta dal 935 circa sin verso la fine del secolo X; autrice di
otto poemetti agiografici, di sei commedie a imitazione di Terenzio, e di
due poemi in esametro, i (resta Othonis e ì Primordia coenobit Gander-
shemensis. Il primo a pubblicare questi lavori era stato l’umanista Cor-
rado Celtes (Protucius. ted. Meissel), che ne scoperse il manoscritto
archetipo nel convento di S. Emmerano a Ratisbona (ora a Monaco),
e ne curò l'edizione nel 1501. Poi molti altrì attesero a questa cura (la
Patrologia del Migne 1853, riproduce l'ediz. settecentesca del Schurz-
fleisch e in parte quella del Pertz nel IV° tomo dei Monmumenta Germaniae
historica); ultimamente il Winterfe/d pubblicò le cose di Rosvita presso il
Weidmann di Berlino (1902), e lo Strecker riprodusse nella Teubneriana 87-
blioteca Scriptorum medii avi (1900). L’Ermini nel suo volume non riportò
che alcuni brani dei poemetti agiografici. Ora la Dolenz pubblica tradotte
le sei commedie, premessa una accurata notizia sui codici e le edizioni,
e uno studio assai ben fatto sul tempo degli Ottoni, sul rifiorire della
coltura letteraria nei conventi d'allora, specie in quello di Gandersheim,
e sulla figura della poetessa. Dei drammi, avanti la traduzione, dà una
minuziosa analisi, rilevandone i pregi. Anche questi drammi traggono
l'argomento da ricordi agiogratìici; ad es. il Gallicano sceneggia l’amore
di questo generale di Costantino per Costanza figlia dell’imperatore,
— 393 —
RECENSIONI
votatasi a verginità, e la conversione finale di Gallicano dopo i suoi
trionfi guerreschi, per cui rinunziando a Costanza si ritira anche lui a
vita devota. Così il Du/cizio ci riporta ai tempi di Diocleziano e alla
persecuzione e martirio delle tre sorelle Agape, Chionia, lrene, colla
buffa scena di Dulcizio persecutore che volendo godere l'amore delle tre
fanciulle, improvvisamente impazzito abbraccia e bacia pentole, pa-
delle e caldaie, insudiciandosi il viso da esserne poi canzonato e deriso.
L'Abramo sceneggia la caduta d'una Maria, nipote di quest’eremita,
che dopo due anni di vita meretricia, poi da Abramo stesso fu indotta
a pentirsi, e fra lagrime e dure penitenze si purificò dalle sue colpe, ecc.
La traduzione della Dolenz è buona c la stampa ne è anche illustrata
dasilografieriproducentila scena principale d’ognidramma. Ci auguriamo
che questo volumetto sia seguito da altri sì che se ne avvantaggi la coltura
di cose medievali, che ormai in Italia devono prendere il loro posto nella
serie dei prodotti intellettuali fatti oggetto di attenzione e di studio.
Milano, novembre 1920 I°. RAMORINO.
LuiGI PARETI. - Le origini etrusche. 1: le leggende e î dati della scienza.
Con illustrazioni e tavole fuori testo. Pubblicazioni della R. Uni-
versità di Firenze; sezione di Filologia e Filosofia, N. S. vol. AI.
In 8°, di pp. XIl-350. Firenze, R. Bemporad e Figlio editori,
1920.
Di rado, io penso, un congresso fu così pieno di significato come quel
Convegno Nazionale Etrusco che, nella passata primavera, si tenne a
l'irenze e si continuò poi in alcune delle sedi più famose della civiltà
etrusca; pieno di significato, perchè non fu quella una delle solite assem-
blec di studiosi, ricorrente a intervalli fissi, e che si svolgono di frequente
in un ambiente di scarso interesse; quel congresso rispondeva invece
a una situazione di fatto veriticatasi, in questi ultimi tempi, in quel campo
di studi: alla vivace ripresa, cioè, delle ricerche e delle discussioni intorno
all'origine e allo svolgimento della più antica civiltà degli Etruschi;
ripresa a cui i recenti scavi del Minto alla Marsiliana d’Albegna e a Po-
pulonia, e le relative pubblicazioni, dettero uno dei più validi impulsi.
In codesto convegno, la questione dominante non poteva essere che una,
quella, cioè, dell'origine e della provenienza degli Etruschi: questione
viva e assillante, specie da che il De Sanctis, riprendendo e riedificando
su solide basi l’antica tesi della provenienza europeo-retica degli Etruschi,
aveva scosso la dittusa apatia con cui si preferiva dai più adagiarsi nella
comoda e rispettabile tradizione dell'origine lidia, nonostante i bruschi
risvegli che di quando in quando arrivavano a scuoterla; da quelli, or-
mai lontani, del Fréret, del Niebuhr, del Mommsen, ai più recenti dello
Helbig, del Pigorini, del Mever. Durante il convegno, tutti gli argomenti
pro e contro luna e l’altra teoria furono rimessi in discussione, ripresen-
tati dai loro fautori nel modo più e'ficace e sotto l'aspetto più seducente,
Così nelle comunicazioni fatte nelle varie sedute come in speciali pubbli-
cazioni allora di recentissima data o di imminente edizione (e cito l'£fr-
ria antica di PiricLE Ducati, e il libro, di cui ora ci occupiamo, di
— 304 —
RECENSIONI
L. PARETI, del quale appunto si iniziava la stampa e il cui contenuto fu,
nelle sue linee generali, fatto conoscere ai congressisti) (*).
Ora, io contesso che le discussioni e le letture di quei giorni, il rie-
same, che m’imposi, di tutta la complessa questione, mi confermarono
— e, ho ragione di credere, non me solo — in questa convinzione: che gli
studiosi dei due campi avevano assai più buon giuoco nel confutare la
tesi avversaria che nel sostenere e dimostrare la propria; più precisa-
mente, che, se l’insostenibilità della teoria « lidica » rimaneva allora, come
era prima, facilmente evidente, la tesi « retica »_ non andava, a sua volta,
immune da obiezioni di notevole gravità. A liberarci da questa specie di
ingrato e forzato nichilismo viene oggi a proposito l’opera del Pareti.
La prima parte è destinata all'esame critico delle leggende relative alle
origini etrusche; le quali sono tre: una indigena, due greche. Gli Etruschi
consideravano se stessi autoctoni nel paese che abitavano in epoca sto-
rica, e alla prima età dell’esistenza del loro popolo — cioè, secondo i loro
calcoli, alla metà, circa, del N sec. — ascrivevano la fondazione anche
delle città transappenniniche; delle due leggende greche, l'una (Ella-
nico) identificava gli Etruschi coi Pelasgi, l’altra (Frodoto) li rappresen-
tava come emigranti venuti dalla Lidia per sfuggire alle conseguenze di
una lunga e fatale carestia. La genesi e i successivi stadi di sviluppo della
prima leggenda (presso gli antichi, ma anche presso 1 moderni) sono
magistralmente analizzate dal Pareti: l’omofonia del nome di Cortona
con quello di altre città « pelasgiche » indusse anzitutto storici antichi,
quali Ecateo ed Erodoto, a condurre i Petasgi nel centro dell'Etruria;
poco dipoi Ellanico, conscio (e, in ciò, a ragione) che non si potevan di-
stinguere, come aveva fatto Erodoto, gli abitanti di Cortona dal restante
popolo dell'Etruria, qualificò per Pelasgi tutti quanti i Tirreni d'Italia;
di conseguenza, la denominazione di « Tirreni » divenne equivalente
a quella di « Pelasgi », e si potè parlare di Tirreni nella varie regioni del
mondo greco ove si erano ormai localizzati i Pelasgi; ma particolari
attinità fra i Pelasgi, cioè Tirreni, d’Italia, e i Pelasgi di Lemno non son
note agli antichi; ed esse sono piuttosto l’ultimo stadio, quello moderno,
della leggenda, il quale cerca di dimostrare — contro ogni verosimighan-
za storica — la derivazione degli Etruschi da Lemno ovvero l'opposta
migrazione dall'Italia in quell'isola, senza addurre alcun argomento pro-
bante; chè tali non sono certamente i due testi epigrafici di Lemno, piut-
tosto affini al tracio e al frigio che non all'etrusco.
La seconda leggenda, quella erodotea, si svolge intorno ad un motivo
mitico (la migrazione per mare dei Lidi dall'Asia Minore) che al Beloch
è sembrato non dissimile dalla leggenda di Enea. Più che avere insistito
sulla inverosimiglianza e sulla insostenibilità storica di questa tradizione,
del resto non antica perchè ignota e Ecateo e ad Ellanico non meno che a
Nanto di Lidia, ignota ai Lidi stessi come agli Etruschi, è merito gran-
de del Pareti aver mostrato, nel modo più convincente, lo spunto donde
l'ipotesi erodotea prese le mosse: poichè nessun argomento v'è così
persuasivo per demolire una leggenda come il riuscire a svelare il segreto
della sua origine. Né poteva in tutto sodisfare la spiegazione, generalmente
{*) Sono lieto di poter rimandare il lettore agli Affi del 1° Convegno Nazionale
Etrusco pubblicati in questi giorni (Firenze 1926), con lodevole sollecitudine, a cura
del COMITATO PERMANENTE PER L'ETRURIA, in due volumi (pp. 144 @ ISO, tav. 25
@ 15 tueri testo e una carta geugral.).
— 399) —
RECENSIONI
seguita dal Momsen in poi, che la tradizione, o l’ipotesi erudita, pog-
giasse su una spiegabile confusione tra il nome di Tirreni degli Etruschi
Italici e quello di Torrebi, e anche Tirreni (come ottimamente fa vedere il
Pareti), portato, nell’uso dei Greci, dai Lidi o da una parte di essi: re-
stava infatti sempre da chiedersi come mai i Greci avessero dato tal
nome agli Etruschi che, com'è noto, chiamavano se stessi non Tirreni
ma Rasena. A tale questione, sostanziale per l’analisi della leggenda ero-
dotea, il P. risponde in modo esauriente. Come avranno i Greci chiamato
gli Etruschi, quando vennero, in un primo tempo, conessia contatto? 7ur-
senoi, evidentemente, com'è la forma più antica e genuina del nome, la cui
etimologiae il cuisignificato ben possiamo spiegare richiamandoci a Tipo
(lat. turris): i Rasna furono cioè, per i Greci, gli abitanti delle città forti,
delle acropoliinespugnabili, diculavevanocostellatotuttal’Italiacentrale.
Mostrati dunquela genesi e gli sviluppi delle tradizioni che correvano
fra i Greci intorno all’origine degli Etruschi, essendo d’altra parte in-
concepibile una migrazione marina per un popolo così poco marinaro
come i Lidi — tanto nel XIII secolo quando nell’VII o nel VII — nè
potendo l’ipotesi di una migrazione di pochi elementi guerrieri (Mo-
DESTOW-DUcaTI) spiegare la conquista di un impero esteso a così va-
sta regione e la totale sostituzione della nuova lingua e della nuova
coltura a quelle indigene, non più che il crescere dell’antichità e dell’im-
portanza dei centri abitati dalla costa verso l’interno, non resta altra
scelta che indicare la via di terra, la via delle alpi, come quella per la
quale il popolo etrusco penetrò nella Penisola. Io non posso qui che ri-
mandare il lettore alle magistrali confutazioni, che il Pareti ci ha dato,
degli argomenti linguistici, religiosi, antropologici, folkloristici, epigra-
fici, addotti dai vari studiosi in appoggio alla tesi della provenienza egea
degli Etruschi; e del tutto probante mi sembra, in particolare, quanto
il P. scrive contro una recente ipotesi del GRENIER, che l’alfabeto etru-
sco non derivi da quello delle colonie calcidesi della Magna Grecia, ma
sia un alfabeto arcaico portato direttamente dall’Egeo. lo penso però
che, su questa parte almeno della questione etrusca, specialmente ora,
dopo il libro del Pareti, non si dovrebbe più tornare a discutere.
Veniamo ora all’altro aspetto del problema, il quale costituisce
appunto la seconda parte della tesi sostenuta e sviluppata dal P.: se gli
Etruschi non possono essere penetrati in Italia che scendendovi dalle Alpi,
è possibile riconoscere la via da essi percorsa, indicare l’epoca della loro
discesa, identificarli con alcuna delle genti che dettero vita ad una delle ci-
viltà preistoriche o protostoriche dell'Italia che le scoperte archeologiche
ci hanno rivelato? L'ipotesi del FRERET, diventata teoria col NIEBUHR
e col MoMMSEN, credè cdi poter rispondere alla prima di queste domande,
prendendo le mosse dall’apparente legame fra il nome di Rasna e quello
di Reti e richiamandosi a un luogo di Livio (V 33) ov’è asserita la comune
origine dei Reti e degli Etruschi; d’altra parte, le ulteriori indagini dei
moderni hanno rivelato nella toponomastica retica e nelle epigrafi pre-
romane di quelte vallate un innegabile carattere etrusco; sicchè il DE
SANCTIS ha potuto, nel primo volume della sua Storia dei Romani, pro-
cedere alla soluzione degli altri due quesiti, identificando i Reti-Etru-
schi, che nettamente si distinguono, per lingua e facies di civiltà, dalle
altre popolazioni italiche indo-europee, coi terramaricoli, rappresen-
tanti in Italia della civiltà del bronzo.
— 390 —
RECENSIONI
A questa tesi si possono opporre varie obiezioni, anche senza essere
sostenitori della teoria lidica.
Si è fatto osservare, cioè, che le epigrafi retiche di carattere etru-
sco sono tutte posteriori alla metà del III secolo; che Livio, mentre
considera la colonizzazione etrusca a nord dell'Appennino come posteriore
a quella a sud della catena stessa, allude ai Reti come a un nucleo di
Etruschi separati dal grosso della loro stirpe, evidentemente in sonseguen-
za dell'invasione dei Celti, e inselvatichiti poi nelle impervie valli alpine,
nelle quali si erano rifugiati; che, infine, ascrivendo agli Etruschi le
ferramare e quindi la successiva civiltà di Villanova, non sì spiega l’iato
che ci si presenta, verso la fine del VI secolo, tra questa civiltà e quella
posteriore («etrusca » nel senso più ristretto, classico della parola),
della Certosa di Bologna. Orbene, a siffatti argomenti, che pure hanno
ben altro peso di quelli addotti in difesa della tradizione erodotea, che
mi hanno fatto a lungo dubitare se nella ricostruzione della verità sul
problema delle origini etrusche si sia ancora giunti allo stesso grado di
sicurezza di cui ci sentiamo in possesso nella demolizione delle leggende
e delle false teorie da esse derivate, a siffatti argomenti, dico, toglie
oggi gran parte del loro, se posso esprimermi così, preoccupante valore, la
seconda parte del libro del P.
L’esame più obbiettivo della tradizione ci presenta i Reti come una
gente di parlata etrusca, estesa originariamente a tutta la vasta zona
delle Alpi Settentrionali, ridotta poi via via in regioni più ristrette dalle
conquiste di altre genti e specie per opera della penettazione celtica;
d'altro lato, una lunga serie di dati linguistici è lì a mostrarci che gli
Etruschi, se non furono nè Ariani nè Italici, ebbero però con questi lun-
ghi e diffusi contatti nella Penisola « sì da impregnare la loro lingua e la
loro onomastica umana e divina di elementi italici e la lingua e le onoma-
stiche italiche di elementi etruschi »; dovunque gli Etruschi impianta-
rono il loro dominio in epoca recente, non riuscirono ad assorbire del tutto
la preesistente popolazione, la quale invece nella Padana media e nella
Toscana centrale non lasciò traccia di sè; gli alfabeti etruschi della Pa-
dana non derivano da quello in uso in Toscana, bensì da un alfabeto
arcaico, anteriore alla conquista del VI secolo, a cui risalgono già i segni
dei testi bustrofedici di Bologna, e la grande diversità del linguaggio
e dell’alfabeto nord-etrusco da quelli di Toscana non potrebbero spie-
garsi con una rapida e vasta corruttela, inverosimile in un popolo non
analfabeta, ma sì spiegano invece se « i dialetti nord-etruschi erano non
discendenti ma paralleli di quello della Toscana, parlati da una pro-
paggine del popolo etrusco rimasta sulle Alpi, lungo la via seguita dai
Tirreni venendo in Italia »; un'analisi minuta ed esauriente di tutti i dati
archeologici c’induce a riconoscere, nelle necropoli dell'Etruria propria-
mente detta, uno sviluppo evolutivo continuato, senza interruzioni, dal
periodo villanoviano all’età classica; le affinità che ci si rivelano fra gli E-
trusco-Villanovianie gli Italici della seconda ondata (gli Italici dì « Pianel-
lo ») si spiegano agevolmente con l’intlusso culturale da questi ultimi subì-
to; la civiltà della Certosa del VI secolo, portata dagli Etruschi nella Pada-
na, è dovuta alla conquista politica che gli Etruschi meridionali operarono,
in quel lasso di tempo, a danno dei loro stessi consanguinei rimasti ad abi-
tare la regione fra le Alpi e l'Appennino, non diversa da quella che i Latini
compierono, nei secoli successivi, a danno dei loro affini di stirpe italica.
— 307 —
RECENSIONI
Questa, per summa fastigia rerum, la vigorosa; metodica, serrata
dimostrazione del P. A questo volume sappiamo che ne seguiranno, in
breve volger di tempo, altrì, destinati ad illustrare la discesa dei Proto-
Etruschi dai laghi alpini alla Toscana, lo sviluppo e la decadenza della
loro civiltà, il retaggio ch’essa lasciò dietro di sè (**): non so come il
Pareti vorrà risolvere l'altra, non poco dibattuta questione dell’influsso
esercitato dagli Etruschi sulla prisca civiltà romana; ma quale che sia
per essere la risposta che dall’ulteriore svolgimento del suo lavoro re-
sulterà come la più probabile, noi possiamo aspettarla, con impazienza,
sì, di studiosi, ma sgombri da ogni ansia « nazionale »: chè tutto quanto
dovrà riconoscersi piuttosto etrusco che latino nell’origine della gente
e della potenza di Roma, non sarà per questo meno indigeno, meno e-
spresso dal suolo della patria, non sarà per questo meno «italiano ».
GIULIO GIANNELLI.
Forma Italiae. Reg. I: Latium et Campania. Vol. I. Ager Pomptinus;
pars I. Anxur-Tarracina descripsit Jos. LUGLI, in 4° pp. XXVII-
218: 3 carte e numerose illustrazioni, Roma, Danesi, 1926.
Non è esagerato affermare che accanto al Corpus Vasorinm Anti-
quorum, apparso da non molti anni nelle sue prime puntate, l’inizio della
Forma Italiae rappresenta uno dei più importanti e dei più significativi
avvenimenti della storia attuale degli studi di archeologia. Dopo il
Corpus inscriptionum infatti nessun'altra collezione di materiali anti-
chi si propone la raccolta e l'esposizione di una più vasta mole di do-
cumenti, nessuna richiede una somma più grande di energie e di fa-
tiche da parte di ricercatori e di studiosi e un più grave dispendio di
mezzi: nessuna d’altra parte pare più urgente da attuare, non solo
per l'incremento dei nostri studî, ma anche per la stessa tutela e con-
servazione di quanto è finora venuto alla luce.
Cominciamo perciò a compiacerci toto corde che la proposta. pre-
sentata già dal Lanciani alla Union Académique Internationale a Brux-
elles nel 1919, che fosse aftidata alla R. Accademia dei Lincei la parte
italiana della Forma Romani Imperii abbia trovato le più degne acco-
glienze e soprattutto ci compiacciamo che attraverso l'interessamento
della Direzione generale per le Belle Arti e per essa dei suoi capi, prima
Corrado Ricci, e poi Arduino Colasanti, la proposta sia entrata nella
sua fase esecutiva e abbia trovato nella fondazione (novembre 1923)
dell'Unione Accademica Nazionale l’Ente morale autonomo più adatto
per il suo sviluppo e per la sua attuazione. Non sarà poi da dimenti-
care che l'impresa si è veramente assicurato il suo primo successo in-
contrando in Giuseppe Lugli l’esccutore più preparato a questo genere
di studi e disposto a quella gran somma di sacrifici che una pubblica-
zione di questo genere richiede da chi vi si dedichi col proposito che rie-
sca degna degli ideali a cuì si aspira. e
Questo primo fascicolo del I volume ha per noì grande importanza,
(**) È annunziata una seconda parte del volume, dal titolo: a Z Proto-Etruschi
dai laghi alpini alla Toscana» ed altre due opere, la prima su L’esemonia e la de-
cadenza etrusca, Valtra su ZL0ercdità degli Etruschi.
— 398 —
RECENSIONI
anche perchè presenta per la prima volta in atto il metodo che si in-
tende adottare per tutta la raccolta, permette di osservarne i pregi e
gli eventuali difetti e di discuterne, come del resto l'autore esplicita-
mente dichiara di desiderare (col. VI), i criterî ed i mezzi.
Sarà perciò quanto mai opportuno che gli studiosi si facciano un
dovere di esprimere liberamente le proprie idee in proposito e presentino,
ove occorra, eventuali proposte di modificazioni in modo tale che l’au-
tore di queste prime parti e chi lo segua nella preparazione di altre, ne
possano tenere quel conto relativo che la loro competenza specifica
e la realtà pratica sarà loro per suggerire.
Una questione fondamentale è stata quella che riguarda la divi-
sione topografica del lavoro: fu fissata quella delle XIV regioni augu-
stee, che è destinata però a subire modificazioni suggerite da ragioni
pratiche e contingenti: così già a proposito di questa prima puntata
si è dovuto confessare (vol. VI, n. 2) che una parte del territorio che
spetterebbe a Terracina, è stato riservato per ragioni amministrative
alla carta di Fondi. Penso allora se non sarebbe stato più opportuno
di rinunciare senz’altro nell'edizione delle carte a divisioni che non
siano quelle, ormai consacrate dall'uso, dei fogli dell'Istituto Geografico
Militare, nel modo più rigoroso e più assoluto. Si sarebbe così evitato
di applicare ai residui preistorici, o dei monumenti repubblicani, o di
quelli medioevali la divisione Augustea che non ha per essi alcuna ra-
gione di esistere; inoltre non avrebbero dato motivo di imbarazzo agli
organizzatori talune oscurità e incertezze che abbiamo intorno ai pre-
cisi confini di molte regioni Augustce. Si sarebbe infine avuto già a
priori lo schema ed il piano esatto di tutto il lavoro, senza pericoli di
mutazioni successive, piano assal semplice che potrebbe essere attuato
senza un ordine di pubblicazione obbligatorio, ma saltuariamente se-
condo la maggiore o minore possibilità di procedere luogo per luogo ai
necessari rilievi.
E passo ad una seconda osservazione: dichiara il Lugli che la de-
scrizione delle antichità della Forma Italiae comprende tutti i residui
delle età preistoriche al medioevo; e la cosa sta, mi pare, assai bene;
se non che egli aggiunge che nel nuovo Corpus sarà data la prevalenza
all'elemento romano. Non c'è dubbio che l'A. ha aftermato tali prin-
cipî, come del resto egli dice (col. II), soprattutto in ossequio al piano
internazionale della forma Itomani Imperit, su cui peraltro a questo
proposito molto ci sarebbe da discutere. Nel caso pratico però confesso
di non intendere che cosa significhi in un inventario, che vorrebbe es-
sere esauriente, il termine « prevalenza », perchè o l'inventario è com-
pleto e allora non si può parlare di prevalenza, o non è completo ed allora
non è quell'inventario di tutte le antichità che il Lugli vuol darci e che
mi pare egli abbia fatto. Meglio riflettendo, si conclude che altra fu la
ragione per cui l’A. si indusse a dichiarare prevalente l'elemento ro-
mano nell'opera sua, e questa fu che Il suo non è un semplice inventario,
ma già una trattazione in parte completa del materiale raccolto. Sotto
il quale rispetto è dato rilevare in tutto il lavoro una grande incertezza,
quasi un continuo omdeggiamento dell'A. fra questi due fini diversi:
quello da una parte di limitare l’opera a una descrizione succinta e
puramente oggettiva di materiali archeologici e topografici, e quello
d'altro lato di ricavare già fin d'ora per la parte romana quelle conclu-
— 309 —
RECENSIONI
sioni che lo studio e la competenza specifica del Lugli ci dà affidamento
che possano senz'altro raggiungersi (I).
A mio modesto avviso si sarebbe potuto invece risolvere questo
dissidio, che non potrà a meno di accentuarsi in volumi successivi e
quando varî siano gli autori delle varie parti dell’opera e quindi varie
le tendenze e le competenze, col fare la carta descrittiva puramente
oggettiva e con criterî di assoluta uniformità, chiamando eventualmente
a collaborare specialisti diversi, e col creare, poi, accanto ai volumi
puramente descrittivi, un'appendice di monografie che accompagnassero
via via la compilazione della Forma e ne fossero il commento più vero
e maggiore; tali monografie avrebbero poi, s'intende, ciascuna un altro
vantaggio, che la Forma non può avere, quello di compendiare in sè
gli elementi di parecchie parti o fascicoli della Forma a tutto vantaggio
dell'economia generale del lavoro; tale potrebbe essere una trattazione
esauriente e ormai non più difficile su Terracina romana, in sostituzione
del volume del De la Blanchère; tale in seguito potrebbe essere la trat-
tazione scientifica di altre singole città antiche, tale per es. uno studio
conclusivo e completo su ciascuna delle principali arterie stradali antiche,
come l’Appia, la Flaminia, l'Emilia, ecc.
Il fascicolo che ho dinnanzi è diviso in questo modo: precede una
«introduzione », alla quale seguono le descrizioni topografiche delle
sei zone in cui l’A. ha creduto bene di suddividere la sua trattazione;
in appendice poi a ciascuna delle sei parti sono o descrizioni di monu-
menti, com? quella degli acquedotti alla punta di Leano, di cui si sa-
rebbe perduta la visione complessiva quando se ne fosse trattato spar-
samente qua e là nelle descrizioni precedenti, o monumenti raccolti
in varî musei, e soprattutto in quello di Terracina, senza che sia noto
da qual punto esatto del territorio studiato provengano.
La introduzione storica, data l’indole del lavoro, avrei voluto che
fosse meno ampia e soprattutto più schematica; a mio avviso avrebbe
potuto essere più opportunamente uno schema storico-cronologico,
preceduto da una opportuna bibliografia; avrei voluto cioè innanzi a
ciascuna parte di volume, come questa, anzitutto una serie bibliografica
che comprendesse le fonti storiche e archeologiche, le trattazioni cri-
tiche moderne, in cui per esempio le varie puntate delle Notizie degli
scavi che contengono materiali utili fossero elencate accanto ai riferi-
menti del Corpus o del Supplementum, ai libri come quelli del De la
Blanchéère e del Rossi, ecc.; avrebbe potuto seguire una breve trattazione
storica, quasi annalistica, della regione studiata, in cui fosse fatta equa
parte alle notizie preistoriche o a quelle medioevali; essa sarebbe sta-
ta utile così come introduzione ad una trattazione topografica gene-
rale più ampia di quella che l’A. non abbia fatto. E’ ben vero che l'A.
ha sentito la necessità di una tale trattazione topografica generale,
tanto che al riassunto storico ha fatto seguire «notizie topografiche »
ma appunto perchè il riassunto storico è stato troppo più ampio di quan-
to non dovesse, certi elementi che meglio avrebbero trovato posto nella
(1) Talvolta l'A. non resiste alla tentazione di dire veramente tutto: p. es. a
col. 192 n. 2 a proposito della illustrazione zona V fig. 10 egli non rinuncia a
presentarci il costume delle donne di Terella e a dirci come qualmente i Terellesi
accorrano numerosi a Terracina e vi trovino lavoro; ma non si capisce come tutto
ciò abbia a che tare con la Forma Ifalrac.
— 400 —
RECENSIONI
seconda parte, sono sparsi nella prima e solo si possono scoprire da chi
legge minutamente tutto il contesto, mentre non appaiono perspicui
alla consultazione, che è, ricordiamolo bene, l’uso a cui devono servire
in gran parte queste serie di volumi, quando siano completi.
Il passo famoso di Orazio, p. es. (Sat. I. 5. 24): fmpositum saxis
fate candentibus Anxur, così caratteristico per illustrare l'aspetto di
Terracina romana, è nascosto a col. XIV. fra altre considerazioni pre-
valentemente storiche; e le questioni squisitamente topografiche sulla
via percorsa secondo Livio (IV. 59) da C. Servilio per dare l’assalto ad
Anxur nel 406 (col. XII), o quelle intorno al luogo dell'aggressione di
Lucio Vitellio nel 69 d. C. (col. XVI), sono comprese nella trattazione
storica piuttosto che chiaramente indicate sotto il titolo di speciali
paragrafi nella trattazione topografica della materia. In questo modo
anche più largamente e compiutamente che l'A. non abbia fatto, si
sarebbe potuto con divisione schematica da conservarsi come modello
anche per altri volumi, rispondere a queste domande: quate risulta
l'aspetto e la condizione dei luoghi nella preistoria? quale in periodi
varî dell’età storica, la volsco-romana, la romana-repubblicana, la
imperiale, la goto-bizantina? e sotto la trattazione di ciascun periodo
avrebbe potuto trovar posto la presentazione e la risoluzione di parziali
problemi, come quelli a cui si è alluso ora.
Aggiungo che a questa parte generale avrebbe dovuto seguire su-
bito la descrizione metodica e completa di tutti quei ruderi che rappre-
sentano costruzioni distese per un largo tratto di paese e che logicamente
male si prestavano ad essere comprese nella descrizione parziale delle
varie zone. La necessità cli una tale trattazione generale è stata sentita
dall'A. allorquando ha creduto dì descrivere, come s'è detto, a parte gli
acquedotti alla punta di Leano (col. 13 e sg.) o quello di S. Lorenzo dell’A-
maseno (col. 45 e sg.) (1), maa mio giudizio altro e più c'era da fare, descri-
vendo p. es. a parte anche le tracce delle vie antiche (2) e facendo quelle
considerazioni d’insieme sulla rete stradale antica, secondo i diversi
tempi, che sarebbero giovate assai a coordinare le descrizioni parziali
e a dare utili elementi per trovamenti o ricerche successive. Secondo
invece il sistema seguito dal Lugli, in questa prima puntata sì trovano
preziose considerazioni su questi importanti problemi quasi nascoste
dove assai difficilmente colui che ha bisogno di interrogare il volume
per cotesta questione specifica può mai sperare di trovarle: vedasi per
esempio quanto egli dice a col. 2-3 circa la rete stradale della I zona a
proposito della descrizione di un rudero tombale.
Il sistema adottato dal Lugli per Ia descrizione zona per zona dei
ruderì superstiti, mi pare assai lodevole; e consiste nel dare un numero
d'ordine a ciascun rudero, numero riprodotto nelle carte, nello stampa-
re in grassetto il nome e la qualità dell’edificio a cui appartenne, e nel
porre in margine anche alcuni segni convenzionali opportunamente
scelti che sono riprodotti pure sulle carte e che facilitano assai la con-
sultazione. Ma appunto perchè, come bene ha inteso sopratutto in
questa parte l’A., si tratta di un volume di consultazione, oso suggerire
(1) Per le paludi lA. (col. XXII) promette una speciale trattazione nella
carta di Sezze.
(2) Ora l'A. ne ha trattato, assai male a proposito, accanto al più vicino ru-
dere superstite d'ogni altra natura.
cuoidlifi ae
Aevum - Anno I - 26
RECENSIONI
alcune modificazioni o meglio sviluppi del metodo lodevolmente seguito.
E anzitutto mi permetta l’A. di osservargli che a mio avviso il
sistema di numerazione che ricomincia per ogni zona è troppo compli-
cato ed ingenera confusione già nel fascicolo ora presentato, giacchè
p. es. i numeri delle fotografie riferite ai singoli ruderi delle sei zone
qui descritte debbono essere considerati in funzione della zona, il che
riesce scomodo assai, anche perchè spesso per ovvie ragioni tipografiche
la fotografia che si riferisce ad una zona è già inclusa nella parte del
volume che appartiene alla descrizione della z4ha suteessiva. o vice-
versa. il e © dati
Ogni riferimento a cotesta numerazione di ruderi dovrà portare
tre cifre: quello della Regione, quello della'zona, quello del rudero.
Quanto più opportuno sarebbe stato ‘adottare un numero progres-
sivo per ciascun volume o meglio per ciascuna carta dell’Istituto Geo-
grafico Militare, con esempio analogo a quello adottato nel Corpus
delle iscrizioni e che a me pare molto semplice e molto pratico (1).
Dirò anche che desidererei fossero elencati e enumerati, sia pure
con un segno convenzionale che segnasse una distinzione, p. es. il nu-
mero tra parentesi, quei ricordi di edifici scomparsi e di ruderi scavati
e interrati o distrutti, che spesso per il ricercatore. non hanno accanto
ai ruderi superstiti minore importanza di questi. If! Lugli invece è in-
certo nel modo di elencare tutte coteste preziose. indicazioni (che
effettivamente egli include e molto lodevolmente nel suo lavoro), sic-
chè talvolta esse compaiono in nota tal’altra sono nominate a proposito
di altri monumenti, non mai in ogni modo sono così sistematicamente
elencate, che il ricercatore possa essere sicuro di averle tutte considerate
senza leggere con la massima cura tutto il volume in ogni suo parti-
colare. A tale enumerazione sistematica di edifici scomparsi dovrebbe
essere poi naturalmente esteso il sistema dei segni convenzionali mar-
ginali che accompagnano la descrizione dei ruderì superstiti e che non
so perchè l'autore abbia di proposito escluso dalla descrizione dei
ruderi e dei monumenti cittadini, limitandoli ai ruderi delle zone cam-
pestri, quasi che p. es. chi cerchi la serie, poniamo, dei ponti, o delle
fontane, o delle case private possa fare a friori una distinzione fra cit-
tà e campagna. ì
Così vorrei incluso nel rango degli altri monumenti la menzione
delle torri fra Terracina e il tempio di Feronia, di cuì parla Plinio (NH.
II. 146) e che sono oggi scomparse (col. 2), dell'arco abbattuto nel 1891
che era presso l’attuale stazione ferroviaria di Terracina (col. 3), e il
sepolcro disegnato dal Labruzzi (col. 4) ed ora scomparso, e la villa
rustica di cui a col. 8, e vorrei portata all’onore del testo la menzione
del ninfeo, già esistente presso la stazione ferroviaria, che ora è citato
in nota (a col. 5); e vorrci pure che comparisse nel testo la menzione
dello scavo fatto nel 1907 presso la punta di Leano (col. 12 n. 3); e
bastino questi esempi fra i molti per illustrare il mio pensiero.
Giacchè poi siamo a parlare dei segni convenzionali, dirò che il
sistema lo vorrei vedere anche moltiplicato ed esteso, con non dubbio
(1) Si noti che J'A. stesso è stato costretto a continuare la numerazione della
descrizione della zona IIl, IV, V (col. 125 nota) perchè si tratta dell'unica pianta
della città; e allora tanto valeva estendere tale numerazione progressiva a tutto
il volume.
— 402 —
RECENSIONI
«mantaggio- per la consultazione (1); perchè p. es. non adottare un se-
gno marginale che indichi al lettore le pitture o le decorazioni pittori-
che degli ambienti che ne conservano tracce, e le statue, e le ceramiche
e le epigrafi? Ove gli‘organizzatori della Forma entrassero in questo
ordine di idee, potremmo avere tutta una serie di segni convenzionali
utilissimi per le ricerche parziali, assai più e meglio di qualunque in-
dice per materie che si potrà anche mettere alla fine del volume, ma che
in parecchi ‘casi dovrebbe richiedere la necessità di risalire faticosamente
da una moltitudine di numeri alle singole pagine con una non indiffe-
rente perdita di tempo.
:‘:: «Desidererei-dunque di vedere in ogni descrizione parziale di zona
elencati sotto un'unica numerazione costruzioni superstiti e ricordi di
costruzioni scomparse, notando in margine i segni convenzionali che
li contraddistinguano; e apponendo poi accanto a ciascuno di essi anche
la bibliografia specifica, senza ricorrere alle note e ai richiami generali,
e seguendo in ciò l’esempio del Corpus delle iscrizioni, dove ciascuna
iscrizione è riportata, sia o non sia scomparsa, con la indicazione della
rispettiva bibliografia. Così non sempre si vede bene quali sono i mo-
numenti che già il De la Blanchère ha descritto e quali no, come non
sempre, accanto alle iscrizioni ricordate è indicato il volume del Corpus
o di altre raccolte ix cui l'iscrizione già compare (2). È ovvio poi soggiun-
gere che là dove VA. presenta monumenti dei Musei si desidere-
rebbe il numero, di catalogo o di inventario, utile per eventuali raf-
fronti. >
E qui vorrei insistere per un momento ancora intorno all'uso delle
iscrizioni che il Lugli fa nel volume, e alla immissione di esse fra i ruderi
ricordati nella Forma. Opera indubbiamente utilissima è stata la sua
anche nei riguardi della epigrafia della regione che egli ha esaminato,
tanto che più di una volta egli corregge le lezioni del Corpus, come fa
p. es. (col. 86) nel tipico esempio di CIL. X. 6306, che è l’epigrafe ca-
ratteristica del Foro di Terracina, e come fa in altri notevoli casi (p. es.
col. 28, 188).
Egli inoltre con manca qua e là di accennare a iscrizioni, nelle
note p. es. o anche nel contesto; e talvolta ne nomina anche nelle ap-
pendici, là dove si descrivono le pietre conservate nel Museo di Terra-
cina, non riferibili a località ben determinate. Di fronte a così abbon-
te uso di materiale epigrafico è lecito desiderare che l’Autore dichiari
nell’introduzione quali limiti si sia imposto all'uso dì tale materiale;
in mancanza di tali dichiarazioni bisogna dedurne la notizia dall’esame
(1) Osservo che l'A. ha già nel presente fascicolo intensificato e perfezionato
l'apposizione dei segni convenzionali; basti fare il confronto fra il sistema seguito
in principio del volume e quello seguito dopo le col. 37-38.
(2) A col. 64 allude, senza citarne il raffronto, a CIL, X, 6380; pare però
prenda la citazione del Matranga, correggendola coll’epigrafe superstite; se non che
il lettore vorrebbe saperne di più perchè la lezione del Lugli lascia qualche pro-
blema insoluto, come si puo vedere accostando le due lezioni:
CIL, X, 6380: Lugli:
Naevia . P. P. Naevia P. L....
Mel pomen'e] Melpo....
«Anche a col. 81 è riportato CIL, X, 6339 senza la citazione di questa raccol-
ta; così non ho avuto tempo di controllare se le iscrizioni citate a col. 189, 190,
I9I sono nuove o riportate anche nel Corpus o in altre raccolte.
— 403 —
RECENSIONI
del volume stesso, che come si è visto, non dà in proposito una risposta
esauriente. .
In linea di massima sarebbe utile che le iscrizioni di interesse to-
pografico fossero tutte regolarmente elencate ognuna a suo luogo nella
Forma, e che tutte le altre delle quali in luogo esistoho gli esemplari
fossero rigorosamente, anch'esse al posto loro, enumerate. In tal modo
si procederebbe caso per caso a una revisione anche del Corpus delle
iscrizioni che, come spero di avere presto occasione di dimostrare per
qualche regione italiana, è urgente e quanto mai indispensabile. Si può
invece discutere, se sia utile accennare a proposito della Forma a tutte
le altre epigrafi, quelle senza interesse artistico, come pare talvolta
voglia fare il Lugli (p. es. a col. 119), o se sia più opportuno affidarle
intieramente al Corfus e ai suoi supplementi o rifacimenti (1).
Mi sia consentita anche qualche osservazione sopra la descrizione
dei resti archeologici dei Musei, non riferibili a un esatto luogo di ri-
trovamento a noi noto, e che il Lugli raccoglie con una nuova numera-
zione in appendice alla descrizione di ciascuna zona. Descrizioni ben
fatte, enumerazione opportuna, corredo talvolta copioso di fotografie,
salvo qualche irregolarità di distribuzioni fra le prime e la ultime parti
del fascicolo. A opera compiuta la Forma sarà così un repertorio pre-
zioso anche p. es. di statuaria locale. Se non che mi sono persuaso che
seguendo questo metodo è dato un posto prevalente al materiale dei
Musei che si trova nella condizione che s’è detto, in confronto di quello
di cui il Lugli parla a proposito del luogo esatto da cui venne scavato;
spesso infatti tale materiale passa in seconda linea di fronte al primo,
con nocumento non piccolo, mi pare, dell'economia del lavoro e... della
giustizia, se di giustizia si può parlare nei confronti di pietre. .
Cito un esempio tipico: a col. 188 n. 1 di un’ara conservata nel
Museo Civico di Terracina e scavata presso la via Appia, sì fa menzione
in nota, perchè si sa il luogo preciso d'onde venne; penso che se cotesta
provenienza non si sapesse, la descrizione di quest’ara anzichè essere
relegata in una parte del libro così poco in vista, figurerebbe con un
numero d’ordine progressivo e un’ampia trattazione e magari con un'i-
magine fotografica nelle ottime appendici.
Ancora qualche dubbio e qualche modesta proposta; dichiara il
Lugli in più luoghi a proposito di Terracina che in case moderne della
città esistono mosaici che egli non ha potuto vedere, ma di cui ha
notizia attraverso informazioni di altri (col. 70, 71, 77): non risulta se
l'impossibilità dell'esame sia stato tale per mala volontà dei proprie-
tarî, nel qual caso si può per il vantaggio della scienza invocare l’inter-
vento coattivo delle autorità statali, o se invece sia stato causato da
lavori di costruzione o di ricostruzione che abbiano ormai reso impos-
bile il recupero di tali antichità. In questo secondo caso si domanda se
non sarebbe opportuno athidare ad ogni singola commissione incaricata
di preparare parti della Forma una somma di denaro sufficiente per fare
eseguire eventualmente scandagli e piccoli scavi, onde la nuova pubbli-
cazione non venisse privata di qualche notizia preziosa.
(1) A col. 81 dove l'A. riproduce CIL., X, 6339 senza ricordarne la citazione,
osservo che il Lugli ha invocato a quel proposito il confronto CIL. X, 915*, ma
non ha ricordato, cosa che fa il Corpus, un V. PoliofAschitectus del cod. barb.
29.148 che sarebbe convenuto assai bene al caso suo.
-— 404 —-
RECENSIONI
La copia dei disegni e delle fotografie che accompagnano il volu-
me è veramente abbondante, se non sempre nitidissima e generalmente
è molto bene trascelta: vi figurano disegni antichi del Peruzzi p. es. o
di Antonio di San Gallo, quadri con riproduzioni di ruderi, del Labruzzi
piante del secolo XVII e XVIII, disegni moderni del Gismondi, già
così benemerito tra l’altro degli scavi di Ostia, e fotografie prese da terra
e anche prese da bordo di aeroplani, nè mancano cartine parziali di
edifici, sagome di cornici e di capitelli ecc.
Due cose desiderei a questo proposito; che la descrizione dei ruderi
fosse accompagnata più frequentemente da un rilievo schematico in-
grandito dei singoli tratti di via che si descrivono, all'incirca come
avviene nelle descrizioni del Della Corte per gli scavi di via dell'Abbon-
danza a Pompei (1); vorrei inoltre che l’atlante, per così dire, cioè le
fotografie e le tavole e le carte topografiche, e le piante, e specialmente
queste ultime, fossero raccolte e pubblicate in volume staccato dal testo
o fossero legate in fondo al volume in modo, come si usa, di poterle
aprire di fianco, così che l’esame della carta o della illustrazione e la
lettura del brano di testo che vi si riferisce possano essere fatti insieme.
E con ciò ho toccato anche della confezione tipografica del volume,
che mi è parsa veramente ottima, ove la si consideri come un semplice
contributo di studio fra qualche anno superato o superabile da libri
più recenti, non mi ha invece pienamente soddistatto quando ho pensato
che la pubblicazione così iniziata è destinata a continuare per decenni
e decenni e a divenire il repertorio topografico e monumentale dell’Italia
antica e medioevale.
Il Corpus Vasorum e 1 Corpora delle iscrizioni, anzi gli stessi .Vo-
numenti Antichi dei Lincei mi pare presentino sia nel formato, sia nella
stampa, e nelle carte, e nelle tavole maggior decoro e maggiore soli-
dità (2). Nè giova invocare l’alto costo attuale della stampa, ché nes-
sun acquirente, soprattutto se è italiano, vorrà dolersi di versare poche
diecine di lire in più per ogni volume, quando questo sia per la maggiore
dignità del nostro paese. Sed de hoc satis.
Concludo col dire che la lettura del volume è di quelle che confor-
tano assai, sia perchè dimostra i grandi progressi fatti dal nostro paese
in questa materia durante gli ultimi decenni, sia perchè è la prova
di una fiducia nel nostro avvenire, tale che non può essere che conso-
lante per tutti. Certo è, e tutti lo sentiamo, che anche solo trent'anni
or sono una pubblicazione di questo genere, sarebbe stata non solo
inattuabile ma neppure concepibile fra noi. con torze ed uomini esclu-
sivamente italiani, mentre sappiamo che se circa cinquant'anni addietro
il Corpus delle nostre iscrizioni si era fatto lo si era fatto per opera o
sotto la direzione degli stranieri.
S'aggiunga che nel volume ci sono vere e proprie rivelazioni (3), e
(1) Non so perchè a col. 87 non ci sia p. es. una carta topografica grande
del Foro di Terracina, riveduta e corretta, s'intende, nei contronti con quelle (V,
a-b). del De la Blanchére.
. (2) Ho notato qua e là talune mende topografiche: p. es. nella carta II, NO
invece che NZ; a col. NX dotazione per datazione; a col. 125 tostuoso per tertuoso
e qualche altro; la forma italiana è talvolta un po’ affrettata e pedestre: si veda
p. es. la chiusa del capitolo a col. XXIII.
(3) Potrei spigolando rilevarne moltissime che consigliano anche la lettura
completa dell’opera: mi accontento di richiamare l’attenzione sopra la trattazione
odia
RECENSIONI
più ce ne saranno certamente nelle parti che seguiranno, tanto più
che esse toccheranno talvolta delle antichità di regioni mal note e poco
esplorate e che conservano certamente ancora reliquie preziose.
Un vivo sentimento di riconoscenza dobbiamo dunque ai valorosi
uomini di studio che si sobbarcarono a non lievi disagi in paesi tal-
volta malarici per compiere sul posto i necessari rilievi;-a Giuseppe
Lugli, all’architetto Gismondi, agli ispettori oriorari di‘‘Tetracina e
delle Paludi Pontine, pei quali il sacrificio non certamente piccolo nè
breve avrà avuto largo compenso nella coscienzà di compiere un alto
dovere nazionale. Con la medesima coscienza, ina certamente con ben
piccolo sacrificio, mi sono io ora dilungato a' presentare queste osserva-
zioni al Lugli e ai suoi collaboratori, perchè nel loro illuminato eri-
terio vedano se qualcuna di esse per la parte II (S. Felice Circeo) già
completa nel rilievo e per la III (Sezze) in lavorazione, come per le
parti successive, possa giovare a rendere anche migliore quell'opera,
che è, prima ancora che loro, MigiCR: e segnacolo del PIOgresso dell'o-
dierna scienza italiana.
Avevo già scritto quanto precede, quando ricevetti gli Atti del I°
Congresso Nazionale Etrusco (Firenze 1926 vol. II pp. 123 e seg.) in cui
sono riportati i verbali delle discussioni colà avvenute a proposito dei
lavori preparatorî per la carta archeologica d’Italia; il dibattito assai
interessante anche perchè i valorosi contendenti erano appassionati e
convinti sostenitori ciascuno di una tesi che aveva molti lati appro-
vabili, si può riassumere così: essendo tutti d’accordo sulla opportu-
nità e l'urgenza di costituire o di completare presso le RR. Soprin-
tendenze Archeologiche gli schedari Archeologici, corredandoli di quei
documenti topografici che sembrino indispensabili, proponevano gli
uni, con a capo il compianto prof. Olinto Marinelli di promuoverne
la pubblicazione provvisoria corredandola di una carta, del tipo di un
saggio edito dal dott. Bianchi Bandinelli per la zona di Chiusi nella
scala di 100.000; obiettavano gli altri con a capo il Lugli che tale
impresa rappresentasse un inutile doppione con la Forma Italiae. La
discussione finì come doveva necessariamente finire, colla nomina cioè
di una commissione per l’edizione archeologica della Carta d’Italia al
100.000, in cui furono inclusi i principali paladini delle due parti in
causa, sotto la presidenza del Generale Nicola Vacchelli e finì secondo
il mio modesto parere, senza quel plauso incondizionato e cordiale al-
l’opera del Lugli e alla grande impresa della Forma Italiae che sa-
rebbe stato doveroso e veramente meritato. Anzi vorrei dire che os-
servazioni e discussioni sopra il volume già edito, e che già il Luglì
(p. 126) dichiarava « molto vecchio » e « sorpassato dagli eventi » sa-
rebbero state necessarie (1) per contribuire meglio al perfezionamento
di coteste opere indubbiamente notevoli dell’archeologia italiana.
Ora ignoro quanto praticamente si deciderà di fare, ma temo
degli acquedotti, su quella delle mura di Terracina, sulla casa di via dei Sanniti
(col. 71); ottimo il capitolo su Jupiter Anxur (col. 166) e sul porto (col. 126).
(1) Noto solo il voto del Mochi (p. 131) che la parte paletnologica fosse 0
tralasciata o meglio sviluppata; e quello del prof. Peleo Bacci, di cui si fa eco
l’Antonelli, perchè anche sulla carta al 100000 e nello schedario si tenesse conto
della parte medivevale.
— 406 —-
RECENSIONI
assai che le due imprese parallele si intralcino a vicenda senza nessun
utile comune; converrà dunque addivenire certamente ad un accordo,
il che forse si potrebbe ottenere decidendo fin d’ora quali regioni siano
prossime ad essere così bene conosciute da fornire nel giro di una
ventina d’anni altrettanti volumi della Forma, riservando il riassunto
o la pubblicazione preliminare Marinelli a quelle altre regioni per le
quali la Forma sia mplto al di là da venire.
Comynque vorrei che lo scetticismo con cui il povero prof. Ma-
rinelli e il collega Baratta giudicarono l’impresa della Forma non tro-
vasse praticamente consenzienti coloro cui spetta di prendere le ini-
ziative e di eseguirle, perchè appunto per volerci proporre mete troppo
vicine -e per non sapere guardare con serenità e con fede all’avvenire
anche lontano noì Italiani abbiamo troppo spesso lasciato nella storia
degli studî recenti che altri più pazienti e più tenaci ci precorresse
nell’organizzazione e nella preparazione di lavori di gran mole, anche
di quelli che più da vicino interessavano il nostro paese; e l'esempio
del Corpus e del Thesaurus insegni.
ARISTIDE CALDERINI.
— 407 —
NOTIZIARIO
1.— A proposito delle prime stampe in Italia. — Recentemente
Corrado Haebler ha prospettato che il primo libro stampato in Italia
debba risalire al 1462, anteriormente quindi a quelli che si sono sempre
creduti i primi incunaboli usciti tra il 1464 ed il 14065 a Subiaco.
Come elemento di fatto che può servire anche a chiarire la questione
delle prime stampe in Italia vale la pena di ricordare quanto segue.
| Il primo che abbia desiderato di trasportare in Italia, e precisamente
a Roma, l’arte che allora allora era nata in Germania fu il Cardinale
di Cusa.
Nella sua biblioteca di Cues egli ebbe modo di riporre accanto ai
preziosi manoscritti che gli furono tanto cari, anche perchè tanto stu-
diati, un incunabolo del 1460 (Incun. 84) uscito dall’officina di Gutemberg,
che è molto probabile, come cì dice il Vansteerberghe (Le Cardinal Ni-
colas de Cues, Paris, 1920, pag. 30) ch'egli abbia conosciuto di persona.
È certo, in ogni caso, che il Cusano ebbe famigliarità con un altro ti-
pografo, pure di Magonza, Giovanni Guldenschaiff, il quale ebbe in quel
tempo ad aprire una stamperia a Colonia. Ciò cì è detto dal Cusano stesso
nella sua Apologia doctae ignorantiae (Ed. Basilea, 1565, pag. 71)
lì Lambinet (MRecherches historiques, littéraires et critiques sur l'o-
rigine de l'imprimerie, Bruxelles, Anno VII, pag. 104) espone l'ipotesi,
con non poco fondamento dì verità, che il Cardinal di Cusa non sia stato
estraneo alla venuta in Italia di Corrado Sweynheim, Arnoldo Pannartz,
entrambi usciti dalla tipografia di Magonza, ecclesiastici tutti e duc che,
in Italia, alla preparazione dei loro primi lavori scelsero, grazia alla li-
beralità del Cardinale Torquemada, abate commendatario di Subiaco,
la tranquilla sede dell’antico cenobio precisamente in Subiaco, ove si
offriva loro anche la compagnia e l’aiuto dei molti connazionali che lì
vestivano l'abito Benedettino.
A proposito però del Cusano, e del suo interesse a che anche in Italia
sorgesse la sancta ars della stampa, vi è una testimonianza non dubbia
in se stessa ed interessantissima per quel che ci dice, ed è quella di Gio-
vanni Andrea de Bussi, suo segretario dì un tempo, poi suo amico devoto
e fedele.
È noto che il Bussi, che fu poi vescovo di Aleria in Corsica, curò,
oltre che di altre opere, anche la stampa delle lettere di S. Gerolamo,
uscite appunto nel 1408-70 dalla stamperia Corrado Sweynheim ed Ar-
noldo Pannartz.
Orbene nella dedica a Paolo II, premessa a tale pubblicazione,
egli scrisse : Digne honoranda seculisque omnibus magni facienda fro-
— 408 —
NOTIZIARIO
fecto Germania est, utilitatum inventrix maximarum. Hoc est quod semper
gloriosa illa et coelo digna anima Nicolai Cusensis, Cardinalis S. Petri
ad vincula, peroptabat, ut haec sancta ars, quae oriri tunc videbatur in Ger-
miania, Romam deduceretur (A. M. Quirini, De optimorum scriptorum
editionibus, Lindaugiae, 1761, pag. 110).
Siamo assolutamente sicuri della verità di quanto con tali parole
atferma il Bussi, che fu anche segretario della Biblioteca Vaticana; per
convincerci di ciò basterebbe leggere la prefazione, indirizzata anch'essa
a Paolo II, da luì premessa all’edizione di Apuleio uscita in Roma nel
1464, nella quale egli parla a lungo del Cardinale di Cusa, facendo di
esso un elogio magnifico su dati di fatto che, riferentisi dapprima all'amore
dei libri vivissimo in lui, come dell’altro suo degno amico, il Cardinale
Bessarione, a cui pure il Bussiì si riferisce, a poco a poco si allargano a
tutta quanta la vita del Cusano, cuius, come dice il Bussì stesso, nos
ipsi in gratissimo nobis et utilissimo fuimus sex continuos annos obsequio
(A. M. Quirini, op. cit. pag. 218).
Prof. PAoLO ROTTA.
2. — La critica del testo nelle iscrizioni antiche. — Va
segualato fra gli scritti più recenti della Linguistico Society of America
una monografia del prof. Roland G. Kent dell'Università di Pensilvania,
il quale presenta con metodo nuovo alcune interessanti osservazioni
intorno ai criterî che devono essere seguiti nella critica del testo delle
iscrizioni, criterì che necessariamente differiranno da quelli assai noti
usati per la critica dei testi d'autore.
Il volume (he fextual criticism of inscriptions 8° pp. 70 = Language
Monographs pubbl. by the Ling. Soc. of Am. n. 2, dic. 19206) prende in
esame sei specie diverse di iscrizioni in cinque differenti lingue: antico
persiano, greco, osco, umbro, latino, e fra le varie iscrizioni sceglie le
più solenni e importanti e quindi quelle che furono presumibilmente
meglio curate: e cioè l'iscrizione reale di Dario I; due trattati fra Nan-
patto e i Locresi, fra gli Cantei e i Calei; la fabula Bantina, le tavole
Eugubine; la /ex fulta Municipalis; Veditto di Diocleziano in tre copie
differenti, egiziana, stratonicea, plateese.
Conclude rilevando le caratteristiche comuni di omissioni, di
aggiunte, di alterazioni, caratteristiche che acquistano particolare valore
appunto perchè vengono studiate attraverso lingue differenti e in tempi
talora assai lontani ; la ricerca perciò mi pare abbia valore linguistico,
epigrafico ed anche psicologico.
A.C.
3. — Pubblicazioni in preparazione dell’Università Cattolica
dell'Ovest (Angers). — Dalla segreteria di questa Università ci vengono
segnalate le seguenti pubblicazioni che sono in corso di stampa:
GRy Mons. LEON, Rettore, Le [IV livre d'Esdras. ; i i
LEGENDRE Mons. ALpH., Decano della Facoltà di Teologia, Le pays
biblique.
PLESssIs abbé Jos., Superiore del Seminario Accademico, Baby/one et
la Bible (Dictionn. de la Bible. Supplém. Paris).
Dis chan. AUG. prof. alla I di lettere, Autour de Platon, Essais
de critique et d’histoire, in 8, pp. 9600 circa, Paris, Beauchesne.
— 409 —-
NOTIZIARIO
Dits, Oeuvres complètes de Platon, tom. IX: I. Le Politique, II. Le Philèbe .
(nella collezione Les Universités de France). — L’autore vi ha già
pubblicato nel tom. VIII: I. Le Parménide (1923); II. Le Théététe
(1924); III. Le Sophiste (1925).
4. Necrologie. — Sia deposto un fiore di mesto ricordo sulla
tomba di Carlo Pascal, latinista esimio, professore di Letteratura latina
all’Università di Pavia per tanti anni, e recentemente trasferito alla R.
Università di Milano; dove però non ha avuta tempo a iniziare il suo
insegnamento, perchè, sottoposto nel settembre scorso;a un’operazione
chirurgica, per l'improvviso aggravarsi delle sue condizioni, moriva il
22 settembre. Pe eg Gi
Molto notevole la sua operosità scientifica e un numero stragrande
di monografie, raccolte poi in volumi, attesta la quantità dei problemi
letterarî e di antichità a cui volse la sua nobile mente. Sia ricordata
specialmente l’opera sulle Credenze d’ Oltretomba nelle opere letterarie
dell'antichità classica, di cui una seconda edizione in due volumi vide
recentemente la luce presso la Ditta Paravia; opera diligente ove son
raccolte tutte le notizie concernenti l’argomento dell’oltretomba.
Era una tendenza tutta propria del Pascal il formulare ipotesi, a volte
ardite, su alcuni punti di dottrina, e accumulare poi argomenti su argo-
menti per sostenerle, anche contro le più serie opposizioni. Ebbe così una
eco in tutta Europa la monografia del Pascal sull’incendio di Roma del
64, che egli credette dover attribuire alla comunità Cristiana, proprio a
quei non molti fedeli che Pietro aveva istruito, e con cui aveva avuto
contatto, pure dal suo biennale carcere, il grande Apostolo delle genti.
A sostenere l’ipotesi dei cristiani incendiari, il Pascal accumulò citazioni e
argomentazioni, interpretando anche a suo modo il famoso passo del
XVo degli Annali Tacitiani, ove si parla della persecuzione Neroniana. Al
Pascal si oppose un buon numero di studiosi, e volumi intieri si dedica-
rono al problema dimostrando all’ evidenza che aveva ragione Tacito
nel ritenere casuale la prima origine dell’incendio. 1l Pascal non si
diede per vinto, e mantenne sempre fede alla sua non dimostrata ipotesi.
Ma lasciando le particolarità, va ricordata l’attività del Pascal come
promotore e direttore di collezioni preziose; ad es. di quella Biblioteca,
Storia e Pensiero, che conta già varî volumi; e sopratutto di quel Corpus
Scriptorum Latinorum Paravianum, che pur colle sue mende, fa bellissimo
riscontro alle collezioni estere di Lipsia e di Oxford, e merita di essere
continuato e migliorato, e accompagnato anche da un Corpus scriptorum
graecorum. Possano i successori del Pascal afferrare con salda mano la
fiaccola accesa di tanto nobile attività scientifica, e trasmetterla sempre
viva alle generazioni future.
Altro doloroso lutto ha colpito testè la classe dei filologi con la
morte di Ermenegildo Pistelli d. S. P. Era insegnante di lingua
Greca e Latina nel R. Istituto di Studi Superiori, ora Università di
Firenze. Allievo dell’Illustre Girolamo Vitelli, lavorò da giovine su
Giamblico della cui opera principale pubblicò un'apprezzata edizione
critica nella Raccolta Lipsiese del Teubner; e appresso si occupò anche
di papirologia, recandosi egli stesso in Egitto per acquistare papiri, e
portandone buon numero a Firenze; papiri che furono poi illustrati
— 410 —
NOTIZIARIO
e pubblicati dal Vitelli e da lui. — Ma il Pistelli era in fondo più
artista che filologo, più abile maestro che scienziato. E come per
molti anni tenne fra gli Scolopii al cui ordine apparteneva, l' insegna-
mento di classi ginnasiali, lasciando traccie indimenticabili della
sua nobile maniera di cattivarsi le anime dei discepoli, così, passato
all’Università, fu per molti anni il vero preparatore dei futuri insegnanti
di cose classiche colle sue lezioni chiare, efficaci, illuminate da squisito
senso d’arte, ricche di’ #ommenti e osservazioni preziose; onde era dai
discepoli molto apprezzato e amato. Fuori della Scuola collaborò in gior-
nali scritti per l'a' gioventù, e son famose le « Pistole » scritte col pseu-
donimo di Omero Redi, figùrando uno scolaro intelligente e di gran buon
senso che commenta a suo modo e insegnamenti e maestri, e sa giudicare
assai bene e anche'a criticare a suo tempo gli uni e gli altri. Raccolte in
volume queste « Pistole » costituiscono un lavoro originale che ha, si può
dire, arr vero valore pedagogico.
Scoppiata la grande guerra il Pistelli. per sincero amor di patria,
fu tra i più ferventi nazionalisti fiorentini, insieme col compianto collega
prof. Parodi, e poi passò al partito fascista, e ne divenne un convinto
assertore, com'è prova la prefazione testè dettata dal Mussolini stesso
all'opera sua postura curata da Enrico Bianchi, uno de’ suoi prediletti
allievi. i
“tri
Gravissimo lutto infine della scienza italiana è stata la morte di
Domenico Comparetti avvenuta a Firenze pochi giorni dopo quella del
Pistelli. Destinato nella sua prima giovinezza dalle condizioni di famiglia
alla modesta occupazione di farmacista, aveva però dato già tali prove di
buoni studi nelle cose classiche, specialmente coll’epistola a Federico Ritschl
De Liciniani annalium scriptoris etate (1858, aveva 23 anni d’età) da esser
designato ben presto a occupare una cattedra universitaria a Pisa. Di qui poi
passò all’Istituto di Studi Superiori di Firenze creato nel 1872, dove rimase
fino al 1883, nel qual anno si fece collocare a riposo, viceversa continuando
a lavorare fino alla tarda età di quasi novantadue anni. — I suoi lavori se-
gnarono un’orma incancellabile sia nel campo della filologia classica,
sia in quello dell'archeologia, e specialmente della epigrafia. Il suo capo-
lavoro, la nota opera su « Virgilio nel Medio Evo (! 1872, 2 1896), espo-
sizione dotta ed elegante della fortuna del gran poeta mantovano e della
sua sopravvivenza a traverso i secoli, fu veramente oggetto di ammira-
zione per studiosi di tutto il mondo e servì di modello a tanti altri studi
fatti poi da altri. — La questione omerica che appassionò tanto la gene-
razione passata ebbe anche nel Comparetti uno studioso profondo e
geniale. Il suo lavoro sul Ka/evala, o poesia tradizionale dei Finni, poesia
messa insieme raccogliendo canti popolari epici, lirici e tragici, e strin-
gendoli come in unica opera, a cura del Finlandese Lònnrot, servì più
che uno studio diretto a risolvere la questione relativa ai poemi omerici
creduti derivati anch'essi da una giustaposizione e contaminazione
di canzoni staccate; mentre l’unità organica dell'Iliade e dell'Odissea
è cosa diversissima dalla abile composizione finlandese, supponendo
l'opera veramente geniale di un vero cantore o poeta. — Basti poi ricor-
dare altri lavori, come l'’ illustrazione della biblioteca trovata nella villa
dei Pisoni ad Ercolano (1870), la dimostrazione dell’autenticità dell'e-
pistola ovidiana di Saffo a Faone (1870), la recente edizione critica con
— 411 —-
NOTIZIARIO
traduzione della Guerra Gotica di Procopio, e il secondo volume dei Pa-
piri Fiorentini, quelli letterari ed epistolari (1911).
Nel campo archeologico, è dovuta a lui la iniziativa degli scavi ita-
liani nell’isola di Creta, scavi che furono fecondi di risultati importan-
tissimi per lo studio della civiltà minoica. E una delle prime scoperte
tu quella del prezioso monumento di Gortina, con iscrizione arcaica con-
tenente una serie completa di leggi sul diritto privato e civile. Il Com-
paretti ebbe occasione qui di mostrare tutta la sua abilità come epigra-
tista; il suo grande volume su tali leggi (1893) fu considerato giustamente
unico nel suo genere. Tale genialità Egli rivolse poi a illustrare altre
epigrafi; ricordiamo. le Laminette Orfiche di Sibari (1910), l’Iscrizione
greca arcaica di Cuma; le iscrizioni latine del vaso Dressel (1885), della
Colonna Traiana (1906); la Iscrizione bustrofedica del Foro romano
sotto il /apis niger (1899), le Defissioni di Selinunte e di Cuma; le iscri-
zioni di Gonfi in Tessaglia; e, recentissime, le iscrizioni dell’antro di
Farsalos e quelle dell’antro dell’Imetto in Attica (Annuario della Scuola
d’Atene, 1924-26). Anche in fatto d'arte ebbe intuizioni geniali, e furono
apprezzate e studiate le sue spiegazioni di dipinti pompeiani, la sua inter-
pretazione della bellissima statua detta «la fanciulla d’Anzio » ecc. ecc.
Non si dimentichi infine il suo contributo a studi folkloristici col
vecchio lavoro su « Edipo e la Mitologia comparata » (1867), colle Novel-
line popolari italiane illustrate (1875) e altri scritti. Insomma il Compa-
retti fu un dotto di straordinaria operosità ed efficacia e il suo nome vivrà
immortale nella storia dell'erudizione classica italiana, e dovrà essere
considerato come uno dei più grandi uomini della seconda metà dell’ot-
tocento e del primo quarto del secolo presente.
FELICE RAMORINO.
5. — I programmi annunciati dei corsi della nostra Università e
altre notizie accademiche rimandiamo per mancanza di spazio al pros-
simo fascicolo; nel quale sarà compreso il manoscritto inedito di un’im-
portante opera geografica del Moleti pubblicata per opera del prof. Paolo
Revelli, il Bollettino di lingua e letteratura etiopica per cura del Prof.
Carlo Conti Rossini, il bollettino Virgiliano per cura del prof. Camillo
Cessi; nei numeri successivi saranno pubblicati un manoscritto inedito
del Baronio, bollettini di altre lingue e letterature orientali, di storia
antica, di antichità classiche, di lingue e letterature neolatine, di storia
dell’arte, ecc.
Rimandiamo pure la rubrica
LIBRI RICEVUTI
avvertendo che di ogni volume che riceveremo, soprattutto se ci
giungerà in copia doppia, daremo subito un breve annuncio nel
fascicolo immediatamente successivo, impegnandoci a farne una
ampia recensione nell’apposita rubrica. — I libri da esaminare
devono essere inviati direttamente alla Direzione di AEVUM,
presso Il’ Università Cattolica del S. Cuore. Via S. Agnese, 4,
Milano (108).
— 412
ABBREVIAZIONI ®
AAP = Atti R. Accademia di Padova.
A A(S) T = Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino.
A BA(W) = Abhandlungen der baverischen Akademie der Wissenschaften.
Abh Ak Berlin = Abhandlungen der preuss. Akad der Wissenschaften.
Abh Mitt Neuer Gesch. = Abhandlungen zur mittleren u. neuer. Geschichte.
Act O = Acta Orientalia.
Ae = Aegyptus.
Ae R = Atene e Roma.
ATA The American Journal of Archaeology.
A J Ph = The American Journal of Philology.
AJ Th = The American Journal of Theology.
AK = Aufsitze zur Kultur und Sprachgeschichte E. Kuhn gewidmet.
A KM = Abhandlungen fiir die Kunde des Morgenlandes.
AMG = Annales du Musée Guimet.
A MZ = Allgemeine Missionszeitschrift.
An Vat Belg = Analecta Vaticano - Belgica.
AO = Der alte Orient.
A P_= Archiv fiir Papyvrusforschung.
A R = Archiv filr Religionswissenschaft.
Archig = Archiginnasio (L')
Arch Fr Hist = Archivum Franciscanum Historicum.
Arch St Lomb = Archivio Storico Lombardo.
Arch Stor Prov Parm = Archivio Storico per le provincie Parmensi.
Arch Soc Rom S P = Archivio della Società Romana di Storia Patria.
Arch Soc St Sann = Archivio della Società Storica del Sannio.
Arch Ven Trid = Archivio Veneto-Tridentino.
A Rel = Archiv fiir Religionswissenschaft.
ARW Pn = Archiv fiir Rechts- und Wirtschaftsphilosophie.
As Rev = Asiatic Review.
A SSc = Archivio della Storia della Scienza diretto da Aldo Micli.
Ath = Athenaeum.
B BI G Sch = Baver. Blitter f. d. Gwmnasial Schulwesen.
BCH = Bulletin de Correspondance hellenique.
BI Cl = Bollettino di filologia classica.
Bibl Ec fr AR = Bibliothèque des Ecoles Frang. d'Athénes et Rome.
BJ = Bonner Jahrbiicher.
Bil = Bilvchnis.
BKO = Beitrige zur Kenntnis des Orients.
BLAB = Blletins de la classe des lettres et des sciences morales et politiques de
l’Academie rovale de Belgique. a
BMB = Bulletin bibliographique du Musée Belge.
B NJ = Byvzantin. Neugr. Jahrb.
Boll Soc Pav SP = Bollettino della Società Pavese di Storia Patria (Pavia).
Boll St Bibl Sub = Bollettino Storico Bibliografico Subalpino. i
BR = Buddhist Review.
BSG = Berichte der sàchsischen Gesellschaft von Wissenschaften.
BSL = Bulletin de la Sociéte de Linguistique de Paris.
BSOS = Bulletin of the School of Oriental Studies.
* Riporteremo alla fine dell'annata la lista completa delle abbreviazioni; per
ora pubblichiamo il presente prospetto in servizio di questa prima puntata.
— 413 —
ABBREVIAZIONI
BTLUNI = Bijdragen tot de tael-, land- en volkenkunde van nederl. Indiè.
Bvz Z = Byzantinische Zeitschrift.
Can = Canoniste (Le) (Paris).
Cath Hist Rev = Catholik (The) Historical Review.
Ch Qu Rev = The Church Quarterly Review.
Chr W = Die Christliche Welt.
Ciencias Tom = Ciencias Tomista. i
Civ Catt = Civiltà Cattolica. jb -*
CI J] = The Classical Journal. i gd 4
CI Ph = The Classical Philology. o Aus Ca
C1Q = The Classical Quarterly. è. Wi ssa
CI R = The Classical Review. sx "/ i
CI W = The Classical Weekly. i t,
CRAEtGr = Comptes rendues de l’Assoc. pour l'encourag. des 6t. grecques.
DE = Deutsch-Evangelisch. i SE
DLZ = Deutsche Literaturzeitung. ° î
D Ru = Deutsche Rundschau.
Eb Hist St. = Ebering Historischen Studien. ; Dr
E MM = Evangelisches Missions-Magazin.
Engl Hist Rev = English Historical Review. ,
Eph Th Lov = Ephemerides Theologicae Lovanienses.
E RE = Encyclopaedie of Religion and Ethics.
Est Ecl = Estudios Eclesiasticos (Madrid). va
Et = Études. sg
Expt = The Expository Times. Pa Ri
Festg Kehr PKehr = Papstum und Kaisertum. Forschungen zar: polit. Geschichte u.
Geisteskultur d. Mittelalters. Festgabe Kehr zur 65. Geburtstage dargebracht
hgg. A. Brackmann, Miìnchen 1926,
FK = Festschrift Adalbert Kuhn gewidmet.
Fl] = Folklore.
FR = Alle fonti delle Religioni.
FW = ’Avtidwpov, Festschrift J. Wackernagel gewidmet, Gòttingen 1924.
G = DeGids.
Gc FI = Giornale critico della Filosofia italiana.
Gesch Deusch Vorz = Geschichtschreiber (die) der deutschen Vorzeit.
GGA = Goétting. Gelehrte Anzeigen.
GGN = Géottingische Gelehrte Nachrichtén.
Gl = Glotta.
H = Hermes.
HG = Das humanist. Gymnasium,
H]J = The Hibbert Journal.
Hist Jahrb = Historisches Jahrbuch (Miinchen).
Hist Viert J Schr = Historische Vierteljahresschrift (Leipzig).
Hist Zeitschr = Historische Zeitschrift.
HSCI Ph = Harvard Studies in Classical Philology.
HThR = The Harvard Theological Review.
IA = The Indian Antiquarry.
JAnthr = Journal of Anthropological Institute.
JAOS Journal of American Oriental Society.
JASB = Journal of the Anthropological Society of Bombay.
JBBAS = Journal of Bombay Branch of the Roval Asiatic Society.
IJIBRS = Journal of the Burma Researèh Society.
TD -— Inaugural Dissertation.
Jd AI -= Jahrbuch d. Deutsch. Archiolog. Instit.
IF = Indogermanische Forschungen.
JHS = Journal hellenic Studies.
IJE — International Journal of Ethics,
— 414 —
ABBREVIAZIONI
IMWKT!= International Monatschrift fiir Wissenschaft. Kunst und Technik.
Inst Hist Belg = Institut historique Belge (Roma).
JPHS = Journal of the Panjab Historical Society.
JR = The Journal of Religions.
JRAS = Journalof the Royal Asiatic Society of Great Britain and Ireland.
IRM = Theinternational Review of Missions.
JS = Journal des Savants.
Kath = der Katholik.
LF = Listv Filologické.
LZB = Literarisches Zentralblatt.
MAL = Memorie della R. Accademia dei Lincei.
MB = Musée Belge.
M Bibl. = Mythologische Bibliothek
Misch Ehrle = Miscellanea in onore di S. E. il Card. Ehrle.
Mitt Inst Oest Gesch = Mitteilungen des Instituts fiir Oesterr. Geschichtsforschung.
Mm = Museum.
Mn = Mnemosyne.
Mon Germ Hist = Monumenta Germaniae historica.
NA = Nuova Antologia.
X Arch Ges deutsche Gesch. = Neues Archiv der Gesellschaft fiir Altere deutsche
Geschichtskunde.
NaG = Aus Natur and Geisteswelt. I
NC = Nuova Cultura.
NGWG = Nachrichten d. Gesellsch. d. Wiss. zur GOttingen.
XJ = Neue Jahrb. klass. Philol.
N J = Das neue Jahrhundert.
NJP = Neue Jahrb. f. Paedagogik.
N Riv St = Nuova Rivista Storica.
N Ru = Die neue Rundschau.
NT = Nordisk Tidskrift.
NThT = Nieuw thedl. Tijdskrift.
OLZ = Orientalistische Litteraturzeitung.
OMO = Osterreichische Monatschrift fiur den Orient.
Or Byz = Orient Bvyzantin.
OZ = Ostasiatische Zeitschrift.
PB = Pastor bonus.
Ph = Philologus.
PhQ = Philological Quarterly.
PhW = Philologische Wochenschrift.
Pr J = Preussische Jahrbiicher.
Pr M = Protestantische Monatshefte.
PrTh R = The Princeton Theological Review.
QMS = The Quarterly of the Mytic Society.
ORG = Quellen der Religionsgeschichte.
Q u F Géorresges = Quellen und Iorschungen aus dem Gebiet der Geschichte in
Verbindung mit dem histor. Instit. in Rom hgg. v. der Gérresgesellschi.ft.
RA = Revue archéologique.
RAL = Rendiconti R. Accad. Lincei.
R Antr = Rivista di Antropologia.
Rass St Ris = Rassegna storica del Risorgimento.
R B Ph(H) = Revue belge de Philosophie et d’Histoire.
RC = Revue critique.
REA = Revues des études anciennes.
REG = Revue des études grecques.
Rend PAcc Arch = Rendiconti Pontificia Accademia di Archeologia.
Rev Belg Phil = Revue Belge de philologie et d'histoire.
Rev Bén = Revue Bénédictine de l’abbaye de Maredsous.
— 415 —
ABBREVIAZIONI
Rev Cours Conf = Revue de cours et conferences.
Rev Cr H Lit = Revue critique d’histoire ed de littérature.
Rev 2 M = Revue des deux mondes.
Rev Exp = The Review of Exposition.
Rev Hist = Revue historique.
Rev Hist Eccl = Revue d'histoire Ecclesiastique (Louvain).
Rev O His = Revue des Questions hiStorigues:
RFCI = Rivista di filologia classica.
RG = Religion und Geisteskultur.
Rh M = Rheinisches Museum.
RIGI = Rivista-Indo-greco-italica.
RIS = Rivista italiana di Sociologia.
Riv Arch Cr = Rivista di Archeologia Cristiana.
Riv St Ben = Rivista Storica Benedettina.
Rim Quart = Rémische Quartalschrift.
R Ph = Revue de Philologie.
RS = Revue Sémitique d’épigraphie et d'histoire ancienne.
RSFR = Rivista di Studi filosofici e religiosi.
RSO = Rivista degli Studi Orientali.
SBAB = Sitzungsberichte der Akademie zu Berlin.
SBAM = Sitzungsberichte der Bayerischen Akad. der Wissensc haften zu Miinchken.
Sc Catt = Scuola (La) Cattolica.
SGWG = Sitzungsberichte d. Gesellsch. d. Wiss. zu Gottingen.
SHAWopp.SAH = Sitzungssberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften.
SIC = Studî italiani di filol. classica.
Sitzb Ak Berl = Sitzungsberichte der preuss. Akademie der Wissensch.
SPAW = Sitzungsberichte d. preuss. Akad. d. Wiss.
SPCh = Society for the promotion of christian knowledge.
S Ph = Studies in Philology.
Sp Sacr Lov = Spicilegium Sacrum Lovaniense.
St Z = Stimmung der Zeit.
Th Bg = Die Theologie der Gegenwart.
Th L BI = Theologisches Literaturblatt.
Th LZ = Theologische Literaturzeitung.
TITLV = Tijdschrift van indische taal-, land- en volkenkunde.
TP = Toung Pao.
TPAPhA = Transactions and Proceed. of the Amer. Philol. Association.
VA W = Verhandelingen der K. Akademie van Wetenschafen te Amsterdam.
Verh d Vers D Philol = Verhandl. d. Vers. deutscher Philologen,
VMAW = Verslagen en mededeelingen der K. Akademie van Wetenschapen, te.
Amsterdam.
VP = Vita e pensiero.
W BI F A = Wiener Blatter des Fr. d. Antik.
WS = Wiener Studien.
Z Ass = Zeitschrift fiir Assvriologie.
Z Buddh = Zeitschrift fur Buddhismus,
ZDMG = Zeitschrift fiir die deutsche morgenlindische Gesellschaft.
Zeitschr Kirch Gesch = Zeitschrift fiir Kirchengeschichte (Gotha).
Zeitschr Kath Th = Zeitschrift fiir Katholische Theologie (Innsbruck)
ZEthn = Zeitschrift fiir Ethnologie.
ZInd = Zeitschrift fiir Indologie.
ZMR = Zeitschrift fiùr Missionskunde und Religionswissenschaft.
ZTh K = Zeitschrift fiir Theologie und Kirche,
ZVUV = Zeitschrift des Vereins firr Volkskunde,
n _ ————————t-6@€ A 1 Lr IIuErr————OÒ)Eh*é....r..,/rr.r[[J/,./.., JJ,
Pio Bondioli, direttore responsabile
Unione Tipografica — Milano «Il 4), Corso Roma, 98.
— 416 —
|
î
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ANNO I. - FASC. 3 OTTOBRE 1927
AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108)
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LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
Esce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.0
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presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4
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NUMERO SEPARATO - ” » » 20,00 » » 30,00
SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO
Inedita ei yara:
PaoLo REVELLI, Un trattato geografico-politico di Giuseppe Mo-
leti: « Discorso che il re cattolico sia il maggior principe del
mondo » [1580-81] con 2 illustrazioni . . . - . . . +. pag. 417
Augusto MANCINI, Inventari di librerie imianistiche e da e » 455
Bollettini bibliografici:
Carro Conti Rossini, Etiopia (1915-1917) . . . ...... » 459
CamiLto CEssi, Virgilio (1919-1925)... » S2I
Recensioni:
CHARLES BaLLy, Le langage et la vie (G. B. Pighi) . .... » 683
J. B. HOFMANN, Lateinische Umgangssprache (G. B. Pighi). ; » 589
A Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD HAILE
O. F. M. of the Cincinnati Province La St. sii the ua
(A. Ballini) La n 592
Notiziario: 1. Ancora per la tradizione delle opere del Columella
(J. Trotzhi) — 2 «Historia» Studi storici per l’antichità
classica, fondati da Ettore Pais, nuova serie (Aristide Cal-
derini). — 3. Le onoranze al Prof. Felice Ramorino — 4.
La scienza del linguaggio. — 5. A proposito del testo del
De docta ignorantia del Cusano (Paolo Rotta). — 6. Pom-
pei e i Cristiani (A. Calderini). — 7. L'esplorazione di
una fortezza dei Crociati in Palestina (A. C.). — 8. Il
Congresso geografico di Milano (Paolo Revelli). — 9. Con-
gresso di linguisti all’Aja nella primavera 1928. — 10. Con-
| gresso geografico internazionale di Cambridge. — 11. Pro-
grammi dei corsi di lettere dell’Università Cattolica del Sa-
cro Cuore per l’anno scolastico 1927-1928. — 12. Isidoro
Del Lungo (Carlo Calcaterra). — 13. Walter (ERRE (Pie-
tro Romanelli). — 14. Luigi Ceci . . deg: AGE 803
To ATENE
INEDITA ET RARA
PAOLO REVELLI
o
Professore di geografia nella Regia Università di Genova
e incaricato nella Univ. Cattolica del S. Cuore
UN TRATTATO GEOGRAFICO-POLITICO
DI GIUSEPPE MOLETI:
« DISCORSO CHE IL RE CATTOLICO SIA IL
MAGGIOR PRINCIPE DEL MONDO» [1580-81]
CON 2 ILLUSTRAZIONI
1. — Fonti per lo studio della concezione geografico-politica
nel Cinquecento: un'opinione erronea sul dominio del Tuico.
Per seguire lo sviluppo, all’inizio dell'età moderna, di deter
minati concetti di geografia fisica (nell'ampio senso della denomina
zione: morfologica; climatologica; biologica) dobbiamo ricorrere
particolarmente ad opere che rientrano in quell’orbita di studi che
fu indicata un tempo col nome di « filosofia naturale » 1). Analoga-
mente, l'elaborazione, attraverso il Cinquecento, di determinat
concetti di geografia umana, più che nci trattati « geografici » de!
tempo, i quali hanno, come la notissima Cosmografia di SEBASTIANO
MUNSTER (1537-1541) 2), a loro principale scopo la descrizione
I) K. KRETSCHMER: Die Physische Erdhunde im christlichen Mittel
‘alter («Geograph. Abhandlungen», IV, 1), Wien, HOlzel, 18809: p. IV
150 in-8, ill.; S. GUNTHER, Gesch. d. Erdkunde, Leipz. und Wien, Deu-
ticke, 1904, cfr. p. 120; R. ALMAGIA’: Le idee geo-fisiche di BERNARDINO
TeLESIO («Scritti in onore di G, Dalla Vedova », Firenze, Ricci, 1908);
Ip.: La geografia fisica in Italia nel Cinquecento (« Bollettino della So-
«cietà Geografica Italiana », 1909, VII, p. 710-739).
2) Si considera, generalmente, come prima edizione quella, tedesca,
«del 1544; ma l’opera compare già, in un primo abbozzo, sette anni prima.
— 417 —
Aevum - Anno I - 27
PAOLO REVELLI
corografica, e serbano carattere enciclopedico 3), va rintracciata
in lavori d'altra natura e, per non piccola parte, negli scritti che
hanno determinati fini politici 4).
Di particolarissimo interesse per la storia della concezione
geografico-politica nel Rinascimento sono, notoriamente, le relazioni
sui vari Stati d'Europa — con eventuali accenni ai dominii spagnuoli
e portoghesi extraeuropei, specialmente in terra d'America — det-
tati da residenti e ambasciatori, fra cui hanno un posto cospicuo i
veneti, come appare dalla collezione dell’ALBÈRI 5). Composte
attraverso una faticosa ricerca personale di dati statistici (produzione
e scambio di ricchezza; forze di terra e di mare: bilanci), di accenni
alle varie correnti dell’opinione pubblica, alla formazione e alla
forza dei partiti, a particolarità e segreti della vita delle varie Corti,
e quindi tessute in grandissima parte di elementi che escludono l’in-
tento della divulgazione, non poche di quelle relazioni, che possono
dirsi abbozzi di trattazioni geografico-politiche sui singoli Stati,
presentano ben presto un interesse così vivo da suggerire l’idea di
una raccolta destinata, mediante la stampa, a un vasto pubblico di
lettori.
La potenza del Turco, non fiaccata a Lépanto (5 ott. 1571), è
oggetto, negli altri Stati d'Europa, di preoccupazione generale, più
o meno viva, a seconda della rispettiva posizione geografica. Si com-
prende quindi come, dandosi particolare importanza, per il pericolo
che esso rappresenta per l'Europa cattolica, al dominio turco nel
bacino del Mediterraneo, vada acquistando credito un’opinione de-
stituita di fondamento: la credenza, cioè, che il dominio del Gran
Signore sia la più vasta unità politica del tempo. Questo presuppo-
sto, ammissibile soltanto per chi prescinde, non solo dall'esistenza
dell'Impero Cinese, ma anche da quella del dominio coloniale spa-
gnuolo in America, viene ben presto validamente combattuta. Da
chi?
3) L'ipotesi, solo apparentemente paradossale, di CAMILLE VALLAUX
(Les sciences géographiques, Paris, Alcan, 1925: pp. VIII-413: cfr. p. 23),
per cui la perfezione raggiunta dalla tecnica cartografica nella rappresen-
tazione di elementi di vario genere distribuiti sul terreno contribuisce
ad ostacolare la concezione dell'unità scientifica della Geografia, trova
conferma nel fatto che le minute descrizioni di carattere corografico
risalgono allo stesso tempo in cui si forma la carta moderna dei vari
Stati.
4) P. REVELLI: La Geografia nel Cinquecento (« Bollettino della R.
Società Geografica Italiana », 1913, II e III, pp. 63).
5) E. ALBERI: Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato,
Firenze, 1830-63, 15 voll. in 8° gr. I sci volumi della Serie I compren-
— 418 —
GIUSEPPE MOLETI
è
* *
2. — llu Discorso... della grandezza de’ Stati, Domini de cinque
frà li più potenti Regi e Signori dell'Universo », stampato nel 1590
e attribuito a Orazio Malaeuzzi.
È noto da tempo agli studiosi uno scritto che deve la sua dif-
fusione al fatto di essere stato compreso nella prima edizione della
continuazione di una notissima raccolta di trattati, relazioni e me-
morie d'’indole politica, di vario valore e di vario interesse: il 7Aesoro
politico che vede la luce, in uno scorrettissimo testo italiano, con la
falsa data di Colonia, nel 1598 6).
Lo scritto, che si propone di graduare, secondo l'ampiezza del-
l’area, 1 cinque maggiori Stati terrestri, appare — non però per la
prima volta — nella continuazione della raccolta, già annunciata
nella prima edizione dell’opera, stampata a Milano nel 16001: « La
seconda parte del Thesoro politico nella quale si contengono trattati,
discorsi... Di nuovo raccolta ad istanza di Girolamo Bordone ec Pietro
Martire Locarni » (dedica in data 14 ottobre 1601 a Lodovico Ricci
« dei Sessanta del Consiglio Generale della Città di Milano »: in-129;
pp. 520 num. + 12 n.n., in principio). Esso comprende 15 pagine,
(p. 86-100) del 2.0 volume dell'edizione del Bordone 7), e porta il
titolo seguente: «Discorso dell’Ill. Sig. Horatio Malaguzzi gentil'huo-
mo Regiano, nel quale sotto buone regole dei moderni Geografi,
vien fatto diligente paragone della grandezza de Stati, Domini de
cinque fra li più potenti Regi e Signori dell'Universo... ».
Questo Discorso, in cui il doniinio del Re di Spagna è procla-
mato, a ragione, il più vasto del mondo [verso la fine del Cinque-
dono relazioni dei varî Stati europei, esclusa l’Italia; i cinque volumi
della Serie II relazioni sui varî Stati italiani; i tre volumi della Serie IlI
relazioni sull'impero Ottomano - Segue un volume, come « Appendice ».
6) La prima edizione che ha per titolo: Thesoro Politico (cioè Relatio-
ni, Trattati, Discorsi varî d'ambasciatori, pertinenti alla cognitione, et
intelligenze delli Stati, interesse et dipendenza de’ più gran Principi de
moncdo), reca le seguenti note tipografiche: « Nell'Accademia Italiana
di Colonia l’anno 1598... In Colonia per Alberto Coloresco, stampatore
dell’Accademia, l’anno 1597 » [corr. in 1598) (in-8°, come si direbbe ora).
Colla data del 15098 abbiamo una terza ristampa (in 10°) di questa prima
parte dell’opera che si ha ragione di ritenere stampata effettivamente
in Italia, e precisamente a Milano, al pari della sua continuazione.
7) IVI volume, che reca, in data 20 maggio 1000, la dedica a Ghe-
rardo Basso, s'intitola: La prima parte del T'hesoro Politico (in Milano,
Appresso Girolamo Bordone, e Compagni. L’anno del Santissimo Giubi-
leo M D C: pp. n. n.12+ 051).
—— 419 —
PAOLO REVELLI
cento], viene riprodotto in edizioni successive della nota raccolta,
da quella di Bologna del 1633 a quella di Francoforte del 1617 8):
esse manca però all'edizione di Vicenza del 1602 9). Il testo è sempre
quello dell'edizione milanese del 1601, la quale non è se non la ri-
produzione di uno scritto a stampa apparso collo stesso titolo, e
collo stesso nome di autore, nel 1590, in Ferrara, a integrazione della
versione italiana di un trattato politico dovuto a un diplomatico
savoiardo, legato di Carlo Emanuele I di Savoia alla corte di Enrico
II di Francia nel 1586, e plenipotenziario, dello stesso Duca di Savoia,
unitamente al conte d’Arcona, per la conclusione del trattato di
Lione (1602). L'edizione originale, francese, col titolo: De la naissance,
durée et cheute des Estats di René de Lucinge o Lusinge [Lusynge] 19)
fu pubblicata a Parigi nel 1588; ma il trattato, che fu tradotto anche
in inglese e in latino, fu generalmente noto sotto un titolo posteriore
(Progrès et déclin de l’Empire des Turcs), lievemente modificato nella
versione italiana che porta precisamente questo titolo: « Dell’origine,
conservatione. et decadenza de gli Stati... Del Signor Renato di Lu-
singe... Tradotto dal Sig. Girolamo Naselli, dalla lingua Francese
nell’Italiana. Con un discorso del S. Conte Horatio Malaguzzi sopra
i Cinque Potentati maggiori del Mondo » 11). Questo ultimo scritto
8) Continuazione del Thesoro politico, Bologna, Giov. Rossi, 1603:
cfr. p. 79-92, Cap. X1; PHILIPPI ONORII, Thesaurus politicus... «opus
coll. ex italicis cum publ. tum manuscr. variis...». Ed. postr., 1017,
Fr. N. Hoffmann - testo ital. e vers. lat. in 2 colonne: cfr. 547-558.
Il Discorso fu riprodotto anche nel Turcici Imperii Status.... (Leida,
Elzevir, 1634, p. 156-163: 18 ed., 1630).
| 9) Tesoro politico: Vicenza, per Giorgio Greco: ff. num. 430 in - 32°.
Io) René de Lucinge, signore di Alimes e di Montrosat, n. nel 1553,
m. in Francia, esule, intorno al 1615, era figlio al capitano Charles e
ad Anna de Liobard. Dal 1572 al 1582 militò contro i Turchi, sotto le
insegne di Carlo di Lorena, Duca di Mayenne. Autore di Le premier
loisir (Paris, 1586), che contiene la sua versione francese del Disprezzo
del mondo di Giovanni Botero, fu, dopo il trattato di Lione (che diede
al Duca di Savoia Saluzzo, in cambio di La Bresse e Bugey) sconfessato
dal Duca Carlo Emanuele I; ed ebbe, per un suo opuscolo sull’argo-
mento (1603), confiscati i beni dal Parlamento di Chambéry.
11) In Ferrara, Appresso Benedetto Mamarello," MDXC. Carte
numcr. IoI + II n.n. (in - 32°). La dedica dello stampatore, al conte
Hercole Bevilacqua, è in data I° giugno 1590.
GIOVANNI BortERoO, nelle sue Relazioni universali, di particolare
importanza nella storia della geografia politica, dopo di aver notato che
il dominio del Prete Gianni «non corrisponde veramente in effetto
{benchè sia amplissimo) alla fama », ricorda lo scritto stampato col nome
del Malaguzzi: « Horatio Malagucci in un suo certo discorso della gran-
dezza degli Stati d’hoggidi, vuole ch'egli abbia dominio maggiore d'ogni
— 420 —
GIUSEPPE MOLETI
(c. 93r. IVI v.) ha questo titolo preciso: « Discorso dell’Illustre Sig.
Horatio Malaguzzi gentiluomo Reggiano. Nel quale, sotto buone
Regole de’ Moderni Geografi, viene fatto diligente Paragone della
grandezza de’ Stati. Dominj de’ cinque fra li più potenti regi, et
Signori dell'Universo; cioè del Potentissimo Re Catholico; del Prete
Janni; del Gran Cane di Tartaria, del Soff, ouero Re di Persia, et
del Gran Turco; misurando gli Stati e parti di ciascuno a ragione di
miglia quadre italiane, e calcolandole con regole di Geografia, Ma-
thematica, e Arithmetica » 12).
Al « Discorso », il quale giunge alla conclusione che il più vasto
Stato terrestre è quello del Re di Spagna, esteso su un area di circa
8.074.000 miglia quadre italiane di cui più di 7 milioni nel conti-
nente americano (dal computo sono escluse, deliberatamente, le
isole), noi potremmo assegnare una data intermedia fra il 4 agosto
1578 {data della morte di Re Sebastiano) e il 31 gennaio 1580
(data della morte del Reggente, Enrico di Braganza, Cardinale),
e, con approssimazione, la data del 1579. In esso, effettivamente,
leggiamo: « al re Giovanni [III: m. l’II giugno 1557], ultimo di
questo nome di Portugallo, auo del Re Sebastiano ultimamente
morto dell’anno 1578 » (carta 99 r.); « non essendo il Regno di Por-
togallo della ragione del Re Catholico » (carta 101 r).
Ora, poichè sappiamo, anche da una nota del Tiraboschi 13),
che il conte Orazio Malaguzzi (Maleguzzi per il Tiraboschi, e per
altri biografi) fu ambasciatore di Alfonso II d’Este alla corte di
Filippo II di Spagna dal luglio 1576 al maggio 1580 14), e
il « Discorso » risulta indirizzato a un Re (« Dovendo io venire al
punto di quello che V. M. desidera sapere da me »), il quale non
può essere che il Re di Spagna del tempo, parrebbe a tutta prima
pienamente accettabile l'affermazione di un tardo biografo del Ma-
laguzzi, il Crispi, che scrive nel penultimo decennio del Settecento.
altro Prencipe, fuor che del Re Catholico » (Parte II, libro III: ediz
1598, p. 102).
| 12) Nella Seconda Parte del Tesoro Politico seguono le parole:
«e si conchiude che il primo è il Re Catolico ».
13) Biblioteca Modenese, Modena, Soc. Tipograf., II91:S, 6 voll.:
cfr. vol. VI, p. 132.
14) Le lettere del M. relative alla sua legazione nella Spagna
portana queste date estreme: 16 luglio 1576 - 29 maggio 1580 («Itegistro
delle lettere d'Orazio Malaguzzi »: Mscr. estense a. S. 8. 12; sec. XVI-
XVII; ff. scritti 204; cm. 30,3 X 21 3. Leg. in cartone e pelle. Sulla
costola, in oro: « Maleguzzi. Lettere ». Copie della Cancelleria estense).
Sono grato alla cortesia del comm. Fava, Direttore dell’Estense, che
mi permise di consultare con ogni agio.il manoscritto.
ch
PAOLO REVELLI
Achille Crispi, a cui noi dobbiamo quanto si legge intorno agl
scrittori reggiani nella Biblioteca Modenese del Tiraboschi (1781-6),
e quindi l’articolo su « Maleguzzi Valeri (Conte) Orazio » apparso nel
vol. III (p. 123-7) di essa, scrive espressamente: « Mentre il Conte
Orazio era alla corte di Filippo Il, ad istanza di questo Principe
scrisse un Discorso sopra 1 cinque Potentati maggiori del Mondo, che
è annesso al Trattato dell'origine, conservazione e decadenza degli
Stati di Renato di Lusinge... e poi fu anche inserito nella Parte II
del Tesoro Politico stampato in Milano nel 1601 e in una Raccolta di
Dissertazioni Politiche Latine stampate in Francoforte nel 1615».
Quali elementi abbiamo per porre in dubbio questa affermazione?
Vediamo di raccogliere, specialmente da quanto scrive lo stesso
biografo, le notizie essenziali sulla vita dell’autore a cui è stato fino
a leri attribuito, senza discussione, il Discorso che ci interessa.
Orazio Malaguzzi Valeri, figlio ad Annibale, nato a Reggio
intorno al 1530, appartiene a una nobile famiglia reggiana, che ha
dato, e dà tuttora, pregiati cultori agli studi (Veronica, 1630, 1630-
1690); Ippolito, 1776-1854; Ippolito (1857-1905); Francesco) ed è
nota anche a chi ha una conoscenza elementare della biografia dei
nostri classici maggiori 15). Nel 1559, quando ancora non era
trentenne, fu tra gli ambasciatori che Reggio inviò a Alfonso II
d'Este, nuovo Duca di Ferrara. Nominato nel 1565 Conte Pala-
tino dall'Imperatore Massimiliano II, fu Cameriere d'onore di
Papa Pio V (Michele Ghislieri: Papa dal 7 gennaio 1566; m. il 1°
maggio 1572), di cui scrisse, come ricorda PaoLo FATIcA (Vita di
Pio V, 1664), la biografia in latino e italiano ad istanza del nipote,
Cardinale. Quattro anni dopo la morte del Pontefice, di cui egli ebbe
tutta la fiducia, fu da Alfonso II d'Este inviato ambasciatore nella
Spagna, alla corte di Filippo II. Morì in Padova nel suo 53° anno,
come ricorda l'iscrizione sepolcrale nella cattedrale reggiana, nel
1583: il suo testamento — rogito di Fabrizio Fabiam — porta la
data del 17 giugno 1583.
Dottore in filosofia e teologia, coltivò particolarmente gli studi
di filosofia aristotelica. Ebbe consuetudine con varî studiosi d’Ari-
15) « Bella nei patrii fasti risplende l’antica e nobile famiglia reg-
giana dei Malaguzzi, dalla quale discese quella Ilaria che poi doveva
onorare il mondo e la patria nostra, dando la vita a quel grand’epico 1-
taliano che fu l’'Ariosto. Di ben dodici uomini illustri di questa rispet-
tabile famiglia fa menzione il Tiraboschi nella sua Biblioteca Modenese,
1 quali si distinsero nelle scienze, nelle lettere e nelle arti» (EnRICO MAN-
ZINI, Memorie storiche dei reggiani più illustri nelle lettere e nelle arti
dal 1768 al 1877, Reggio nell'Emilia, Degani e Gasparini, 1878, pp. AV,
719 în 10: cfr. p. 359 e segg).
— 422 —
GIUSEPPE MOLETI
stotele, fra cui il Sigonio, che a lui dedicò la sua versione latina
della Retorica, apparsa a Bologna nel 1565. Attese special-
mente a studi sulla Poetica di Aristotele, rimasti forse incom-
piuti, e, ad ogni modo, non pervenuti a noi. Oltre alla biogra-
fia di Paolo V, il cui testo era conservato un tempo presso la famiglia
Malaguzzi, e a un trattato dal titolo: Considerazioni per bene acqui-
tare le maggiori dignità, il cui manoscritto, forse autografo, fu pos-
seduto dal suo biografo (il Conte Achille Crispi di Reggio, dimorante
in Ferrara), lasciò, come si è visto, varie lettere, relative alla sua
legazione nella Spagna, di cui l’Estense ci conservò il « Registro »,
‘ossia la copia autentica (cfr. la nota 14). Cosicchè la parte essen-
ziale della sua produzione può dirsi d'interesse filosofico (estetice-
morale) o politico.
Veramente, il trattato di cui ci occupiamo, quautunago sia
d'interesse politico, presenta un carattere notevolmente diverso da
quello offerto dagli altri lavori del Malaguzzi, che presuppongono
essenzialmente, nel loro autore, una determinata preparazione filo-
sofica, storica e letteraria. Esso presuppone, evidentemente, una
particolare consuetudine con gli studi geografici, e, più precisamente
l'abito di consultare carte geografiche e di trarre da queste gli ele-
menti atti al calcolo dello sviluppo della linea di costa e dell’area delle
varie regioni terrestri, quali sì possono ricavare, con relativa facilità
e speditezza — più che da una serie casuale di carte particolari, a
scala diversa, rappresentanti, nel loro insieme, la totalità della su-
perficie terrestre --- da un atlante, o meglio ancora, da un globo a
scala relativamente grande. Ma questa considerazione non basta, evi-
dentemente, da sola ad escludere che il « Discorso » possa essere opera
del Malaguzzi, poichè tra gli scrittori della seconda metà del Cinque-
cento si noverano non pochi poligrafi e poichè, soprattutto, la cul-
tura geografica che doveva costituire una base necessaria all’in-
dagine in questione era assai comune fra i letterati italiani, nell'età
del Bembo e del Fracastoro e in quella immediatamente successiva.
La ragione per cui noi ci induciamo ad affermare che il Discorso
apparso col nome di Horatio Malaguzzi in Ferrara nel 1590, cioè
circa sette anni dopo la morte dell'autore, non è del Malaguzzi, è
diversa, ed ha ben altro carattere probativo.
3. — Un apografo ambrosiano di Giuseppe Molett.
Nella Biblioteca Ambrosiana (Milano), a’ segni P. 145 [Sup.],
si conserva una cartella (cm. 32 x 23,3) che contiene roscritture, della
fine del secolo XVI o del principio del XVII: tra le scritture « di
vario sesto, legate separatamente, in condizioni buone o mediocri
— 423 —
PAOLO REVELLI
di conservaziorie », quella contrassegnata dal numero 3, che consta
di 6 fogli scritti-(cm. 30,9 X 21), porta il seguente titolo, di mano di G.
V. Pinelli [m.'nel 1601]: Di G. Moleto, sullo stato del Turco, acui segue
questo altro sottotitolo, di mano diversa, e posteriore: Discorso che il
Ke Catolico sia sl maggior principe del Mondo. Di questo Discorso può
considerarsi copia un’altra scrittura 16) conservata in un altro codice
ambrosiano (S. 96 [Sup.], f. 327 -- 41 v) che porta il seguente titolo,
anch'esso di mano dell’eruditissimo Pinelli (1535-1601), noto mecena-
te di studiosi, la cui casa in Padova accolse, ai primi di dicembre del
1592, Galileo Galilei che il 7 dicembre pronunciava il suo discorso
inaugurale allo Studio di Padova come lettore di matematica — cat-
tédra, tenuta fino al giorno della morte, avvenùta circa quattr’anni
prima, da Giuseppe Moleti (Moleto, Moletti, Molezio) 17).
La scrittura ambrosiana che, dall’attestazione del Pinelli — dot-
tissimo cultore degli studi geografici, il quale meditò probabilmente
di pubblicare una raccolta di trattati contemporanei d'interesse
geografico-politico 18) — sappiamo essere opera dell’insigne mate-
matico, astronomo e geografo messinese che fu legato al Pinelli (a
16) PaoLo REVELLI: Terre d’America e Archivi d'Italia (Publ.
in occasione del XXII Congresso Internazionale degli Americanisti),
Milano, Treves, 1926, pp. VIII - 187 in 8° gr., con 8o ill. e 1 busta conte-
nente tre grandi tavole: cfr. p. 72 e l’ill. 42.
17) Opere di G. GALILEI, Edizione Nazionale, Vol. X, p. 51-53.
1 Galilei aveva aspirato alla «lettura di Matematiche rimasta vacante
nello studio di Padova per la morte di Giuseppe Moletti » fin dal 1589
(cfr. X, 42; p. II del Regesto biografico galileiano di Antonio Fàvaro,
Firenze, Barbera, 1907), cioè prima ancora che gli venisse conferita la
cattedra di matematica nello Studio di Pisa (luglio 1589: Opere, XIX,
P. 39, 43, 94, 605, 638; Regesto cit., pag. 12); ma solo il 26 sett. 1592 ve-
niva eletto alla cattedra dal Senato Veneto « per quattro anni di fermo
e due di rispetto, con la provvisione di annui fiorini 180 » (Reg. cit.,
pag. 13).
Il favorevole giudizio dato dal Moleti sul giovane Galileo, nel 1587
(« buono, et esercitato geometra »), ci è conservato da un apografo am-
brosiano: A 71 Inf., f. 95 r.— 96 v. IH M. giudica « buoni » un lemma e un
teorema ‘di Galileo («de centro gravitatis solidorum »: Ed. nazion.
delle Opere del G.: I, 183).
18) Il grande numero di relazioni di ambasciatori e residenti, di
trattati d’interesse gcografico-politico che dalla ricchissima libreria
padovana del Pinelli passarono ad arricchire la biblioteca di Federico
Borromeo, al tempo della sua prima fondazione, riportata generalmente
al 1609 (se anche la raccolta cominciò qualche anno prima), sembra
confermare pienamente la supposizione del Gualdo, primo biografo del
dotto mecenate (PaoLo GuaLrpo, Vita Joh. V. Pinelli, Aug. Vindelic.,
1607). — Sul P. cfr. G. TiRaBoscHI, St. d. lett. ital., VII, 1, p. 352
(ed. 1824). |
— 424 —
GIUSEPPE MOLETI
cui lasciò, morendo, la sua « perspetiua di Tolomeo scritta a penna.
e in bergamina » e una versione portoghese della Sfera del Sacru-.
bosco: Ambr. S. 98, f. 184-9) da profondi vincoli di amicizia,
principia con queste parole: « E’ nelle menti degli huomini et.
forse di qualche conto. entrata oggi un'opinione et confirmatasi
in modo che con difficoltà par che si possa tor uia, che il Turco
sia non solo di potenza, ma di stato e di paese dominato da lui il
maggior Prencipe ch’hoggi nella Terra domini. Il ché quanto sia.
lontano dal vero può conoscerlo chiunque uorrà uenir durando fa-
tica in contare e misurare le Prouince dal Turco dominate, et com-.
pararle con quelle degli altri Prencipi ch'hoggi nel monda pusseggono
parte notabile della Terra » (f. 1. r). E finisce colle parole: « Et chi
poi cun la terra dominata da’ loro [cioè dai cinque Principi Si-
gnori di più vasto dominio, che si seguono in quest’ordine decre-
scente: Re Cattolico, Prete Janni, Gran Cane, Re di Persia detto il
Sofì, il Turco] comprendesse li mari et loro stati attinenti senza
dubbio il Dominio loro sarebbe quasi la metà della superficie della
terra et dell’acqua et forse più con tutto ciò intendendo noi la
terra dominata da loro essere discoperta com'è dall’acqua è cre-
dibile non rimanere nella terra due altre tante parti di discoperto,.
come potrebbe sapersi da chi ne uolesse pigliar il carico della sup-.
putatione » (f. 7. 7).
4. — La stampa del 1590 e l’apografo ambrosiano del 1580 81.
Un confronto fra il codice ambrosiano e l’edizione del Discorso
che va sotto il nome del Malaguzzi prova ben presto che il contenuto
è, sostanzialmente, lo stesso; le differenze sì riducono soltanto al
questo: nell'edizione è una premessa che manca al manoscritto
(« Dovendo io venire al punto di quello che V[ostra] M[aestà] de-
sidera sapere da me, dico che diuidendosi la Terra tutta, secondo i
Geografi moderni, in quattro parti principali..»); nell'edizione, che
pure viene pubblicata quando Filippo II di Spagna è da circa 10
anni signore del Portogallo, e quindi dei dominii coloniali portoghesi,
non si accenna minimamente alla variazione così importante del
dominio territoriale avvenuta nel 1580, poichè in essa (carta 101 ?),
come già fu ricordato, si dice: « non essendo il regno di Portogallo
della ragione del Re Catholico ».
Nel resto — e cioè nei dati areometrici che costituiscono l’im-
portanza, la ragione d’essere dell’una e dell’altra scrittura — ma-
noscritto ambrosiano e edizione ferrarese coincidono. Come si spiega
la cosa? - » a sg Sa
‘ *-.Il manoscritto non può essere, evidentemente, una copia dell’edi-
— 425 —
PAOLO REVELLI
zione, quantunque risulti comune, anche nel tardo Cinquecento, l’uso
di eseguire copie manoscritte di stampe contemporanee, eventual-
mente rare, o di difficile accesso, poichè in tal caso si sarebbe pensato
a sopprimere la premessa, che può dirsi una dedica vera e propria al
Re di Spagna, ma non già a sostituirla con una introduzione di genere
così diverso. Nè si comprenderebbe, quando il manoscritto fosse una
copia, sia pure rimaneggiata della stampa, come mai il manoscritto,
oltre al merito di una toponomastica incomparabilmente migliore,
dovesse avere sulla stampa una superiorità incontestata: quella
dell’esattezza storica. Perchè solo nel manoscritto è traccia d'un
fatto tanto importante, qual’è l'annessione del Portogallo alla Spa
gna se questo fatto, al tempo in cui appare la stampa ferrarese,
è da circa un decennio di dominio pubblico? Come può la stampa
ignorare l’annessione se il dato areometrico globale relativo al do-
minio del Re Cattolico si accorda effettivamente assai meglio al
testo del manoscritto che non a quello della stampa? Non è dif
ficile trovare una risposta a queste due domande.
L'identità del contenuto — si può parlare di identità del con
tenuto, astraendo dalle due varianti già ricordate — si spiega facil-
mente, ammettendo che la stampa ferrarese deriva dal manoscritto
ambrosiano, o meglio ammettendo che il Discorso che vasotto il nome
del Malaguzzi sia effettivamente ricalcato sullo scritto di Giuseppe
Moleti conservatoci dall’apografo ambrosiano. Ma, in tal caso, do-
vremmo considerare Orazio Malaguzzi come un plagiario?
Chi si propone di spiegare l’analogia grandissima, o addirittura
l’identità del contenuto fra scritti di vario ordine spettanti alla pro-
duzione letteraria e scientifica del Cinquecento, può essere tratto
facilmente a formulare inconsistenti accuse di plagio quando a lui
non soccorrano la piena conoscenza della letteratura sull’argomento
e un’adeguata comprensione dei tempi, cioè delle ragioni, dei modi
per cui sorgono e sì propagano determinati generi di scritti, segna-
tamente gli scritti aventi scopo didattico o interesse politico.
La prudenza nei giudizi, necessaria alla costruzione scientifica,
diventa anche più doverosa — se così si può dire — quando ci tro-
viamo di fronte a pubblicazioni avvenute adinsaputa dei loro autori,
o dei loro presunti autori, e specialmente di fronte a opere postu-
me. Per ciò che riguarda quest’ultimo caso, è sempre da tener pre-
sente la possibilità che un editore pubblichi, in buona fede, col no-
me di un autore defunto, un manoscritto trovato fra le carte di
questo e ritenuto erroneamente opera sua originale, tanto se il
manoscritto sia autografo, quanto se sia apografo. Quando più
ta.di si scopre l'errore è difficile che alla memoria dell'autore
— 426 —
GIUSEPPE MOLETI
lai
in questione sia risparmiata, dalla frettolosità d’un critico, l’im-
ineritata accusa di plagio.
A Orazio Malaguzzi è avvenuto un caso analogo a quello occor-
so a Federico Delfino, che fu per 27 anni, dal 1521, lettore di matema
tica nello Studio di Padova 109). Nel 1559 i « Mathematici » dell’Ac-
cademia Veneta pubblicavano in Venezia, annesso a un trattato
De motu octavae sphaerae, col nome di Federico Delfino, un breve
trattato, dal titolo: « De fluxw et refluxu atque maris subtilis et eru
dita disputatio » che « godeva ben presto, per il suo pregio intrinseco
e per la fama del suo presunto autore un largo credito », tanto da
avere, quasi sùbito, l'onore di essere accolto nei noti trattati del Tai
snier (De natura magnetis, Colonia, 1562) e del Fullone (De Holo
metri fabrica, Basilca, 1577). Esso non era che una copia, con bre-
vissime modificazioni esteriori, e con qualche trasposizione, del
trattato della marea che Jacopo Dondi (1298-1359) aveva dettato
intorno al 1350 e che ci è stato conservato da un apografo ambro-
siano 20). Ma il fatto non implica che il reputato medico, mate-
matico e astronomo padovano, successore del polacco Baldassare
Sanossarmo e antecessore del Catena, del Moleti e del Galilei, nella
cattedra padovana di matematica, meriti la grave accusa di pla-
giario, poichè Federico Delfino è morto il 7 febbraio 1547, cioè 12
anni prima che avvenisse la pubblicazione del trattato che andò
per tanto tempo sotto il suo nome. Assai probabilmente il testo del
trattato del Dondi, che aveva servito al Delfino per le sue lezioni, fu,
alla morte di questo, trovato fra le sue carte, e ritenuto opera sua
perchè, probabilmente, non portava nome d’autore.
Così quando lo stampatore ferrarese (Benedetto Mamarello)
decise di publicare la versione italiana del trattato di René di Lu-
cinge diviso in tre libri — che lumeggiano il modo come il Turco ha
conquistato il suo dominio, il modo come lo conserva, il modo come
lo stesso dominio può esserc distrutto — parve particolarmente oppor-
tuno chiarire gli accenni all’estensione territoriale dell'Impero otto-
mano contenuti nel trattato dello scrittore savoiardo 21) facendo
19) AnTonIo Fàvakro: 7 lettori dî matematica nell'Università di Pa-
dova dal principio del secolo XIV alla fine del AVI («Memorie e do-
cumenti per la storia dell’Università di Padova », Istituto per la Storia
dell’Università di Padova, Pad., La Garangola, 1922, pp. 471 in 80:
p. 1-70): cfr. p. 63.
20) PaoLo REveELLI: I/ trattato della marea di Jacopo Dondi. Intro-
duzione; testo latino, versione italiana; appendice. Estr. dalla « Rivista
geografica Italiana», anno XIX, 1912, pp. 88 in 8°, con 4 ill.: cfr. p. 31-4,84.
21) Ilcapit. 3° del libro III, intitolato; «Che la monarchia del Turco
è compresa nel genere degli Stati grandi » (f.69r e 7), contiene un passo di
PAOLO REVELLI.
“
seguire una trattazione dedicata espressamente a fissare il pos uv
occupato, fra i più vasti Stati terrestri, dallo Stato ottomano. £
questo proposito potè essere suggerito e facilmente condotto a com-
pimento per il fatto che tra le carte lasciate da Orazio Malaguzzi,
morto a Padova circa sette anni prima, figurava un trattato che
giungeva alla conclusione — attraverso tutta una serie di calcoli
areometrici — che, per vastità di dominio, l’unità politica turca
occupava, non il primo, ma il quinto posto fra gli Stati terrestri.
È poichè sì sapeva che il Malaguzzi era stato ambasciatore estense
alla Corte del Re Cattolico, poteva facilmente acquistar credito la
voce, raccolta anche da un tardo biografo, che il trattato fosse ef-
fettivamente opera del Malaguzzi, e più precisamente opera da lui
composta per aderire a una richiesta di re Filippo II: si potè quindi
pensare, per crescere credito alla trattazione geografico-politica in
questione, di farla precedere dalla breve premessa da noi riportata a
suo luogo, ritoccando il testo in modo da farlo corrispondere alle
condizioni politiche effettivamente esistenti nel tempo in cui il
suo presunto autore era nella Spagna (cfr. la nota 134). In questo
caso la responsabilità dell’attribuzione al Malaguzzi di un trattato
non suv spetterebbe esclusivamente a chi curò la stampa ferrarese
apparsa sette anni dupo la sua morte. Ma merita di essere pro-
spettata anche un’altra possibilità: che l'editore non abbia fatto, dì
sua iniziativa, alcuna aggiunta al trattato, e si sia limitato a
riportare il testo trovato fra le carte dello scrittore reggiano, sia
che esso fosse autografo, sia che esso fusse apografo. È allora?
Anche se, per ipotesi, il testo in questione potesse essere trova-
to domani, ovvero anche nel caso che da qualche lettera, da qualche
sicuro documento risultasse, domani, che effettivamente il Malaguzzi
presentò il Discorso a Filipo II, bisognerebbe andare molto guardinghi
prima di dare valore assoluto alla frase « sì come dimostrerò appres-
so », con cui si chiude la breve premessa, ossia prima di concludere
che il trattato è opera originale de] Malaguzzi. Infatti, questi, data
l’usanza del tempo, e più particolarmente date le consuetudini delle
Corti, poteva — senza essere con questo un vero e proprio plagia-
rio — rispondere all’eventuale curiosità del Sovrano presentandogli i
risultati degli studi di uno fra i più reputati « Geografi moderni »,
ai quali si accenna, a proposito della quadripartizione terrestre,
al principio della premessa. In altre parole, poichè l’essenziale era
particolare importanza per l’argomento ‘che qui interessa: «Lo stato
del Turco è senza dubbio tenuto nel numero dei più potenti, ancora che
non habbia guadagnato tanto innanzi in Europa come già fecero i Ro-
mani, egli all'incontro in Asia et in Africa gli ha passati ».
—_ 428 —
GIUSEPPE MOLETI
rispondere alla domanda del Sovrano, egli poteva considerare assolto
il proprio compito presentandogli i risultati di un calcolo areometrico
vero e proprio istituito da chi aveva particolare perizia in materia,
senza sentire l’obbligo di fare anche il nome di chi quel calcolo aveva
istituito, e senza dimostrare, con questo, il deliberato proposito
di far proprio un merito altrui, come fa chi pubblica col proprio nome
il lavoro di un altro.
Ma tutte queste ipotesi sono superflue. Il Malaguzzi non pre-
sentò mai il « Discorso » a Filippo II, non parlò mai con lui della
questione relativa all’arca del dominio spagnuolo e del dominio
ottomano poichè, se ciò fosse avvenuto, ne sarebbe rimasta traccia
nel « Registro di lettere » conservatoci dall’Estense. Ma mentre
queste lettere, utili alla storia del regno di Filippo II, contengono
non pochi accenni alle aspirazioni territoriali del Turco (cfr. f.
XXV v., XXX r., e le lettere in data Madrid 9g marzo e 5 sett.
1577, 31 genn., 27 febbr., 21 agosto, 7 ottobre 1578, 16 marzo e
7 ottobre 1579), nessuna di esse contiene accenni alla questione
trattata nel « Discorso ».
x
* *
5. — Il « Discorso » sui cinque più vasti Stati terrestri stampato
nel 1590 col nome di Orazio Malaguzzi (m. nel 1583) è opera di Giuseppe
Moleti (m. nel 1588).
In sostanza i termini della questione risultano questi: il Discorso
è opera del Malaguzzi o è opera del Moleti. Per la prima conclusione
sta la tradizione, accettata fino a ieri, fondata su elementi di carattere
esteriore, tradizione che non trova alcuna conferma nelle lettere
che il Malaguzzi inviò alla Corte estense dalla Spagna; per la
seconda conclusione stanno la precisa dichiarazione d'un dotto
di fama e di credito universalmente riconosciuti, e argomenti
intrinseci, quali il contenuto del Discorso e le specifiche atti-
tudini, ossia la particolarissima perizia in materia, universal-
mente riconosciuta al Moleti, che è fra i più reputati editori di Tolo-
meo, fra i più insigni cultori di geografia matematica del tempo.
Nè ha, contro l’attribuzione al Moleti, valore alcuno l’obiezione che
il Discorso pubblicato col nome del Malaguzzi risulta composto pri-
ma del 1580, anno dell’annessione — durata per ben sci decenni —
del’ Portogallo alla Spagna, dato che in esso non si fa menzione
dell'annessione stessa, espressamente ricordata nell'apografo am-
‘brosiano. Poichè, anche se non si vuole ammettere che il testo ori-
ginale del Discorso trovato fra le carte del Malaguzzi sia stato rima-
—_ 129 —
PAOLO REVELLI
neggiato in quel punto, col preciso proposito di metterlo in armonia
colla situazione politica che si aveva realmente fin quasi al termine
dell'ambasciata del Malaguzzi alla corte del Re di Spagna (maggio
1580), può sempre pensarsi all’esistenza di una redazione dello scrit-
to del Moleti anteriure a quella conservataci dall’apografo ambrosiano
o meglio, dagli apografi ambrosiani, e con una cifra diversa, per
| quanto riguarda l’area complessiva dominata dal Re Cattolico.
Può, anzi, dall’accenno esplicito alla situazione politica ante-
riore al 31 gennaio 1580 (carta IoI r. dell'edizione ferrarese
del 1590) desumersi un argomento decisivo contro l’ipotesi che
il testo che servì a questa edizione, e fu attribuito al Ma-
laguzzi, sia da riguardarsi come originale, poichè i dati areo-
metrici riportati nell’edizione a. stampa, mentre coincidono per-
fettamente con quelli dell’apografo ambrosiano, che prende per
base la carta politica determinatasi nel 1580, risultano, appunto
per questo, in pieno aperto contrasto cen la situazione politica del
periodo che il testo a stampa del 1590 dichiara espressamente di
prendere per base. Siamo quindi davanti a un procedimento così
manifestamente erroneo da escludere che l’autore che lo adotta
abbia la perizia necessaria a chi si propone di giungere, direttamente
con calcoli originali, a una vera e propria valutazione comparativa
dei principali cinque spazii politici del tempo.
L’apografo ambrosiano (P. 145 [Sup.], 3) considerato nel suo
complesso e nei suoi particolari singoli, risulta invece opera in tutto
degna di uno dei più reputati studiosi di geografia matematica e di
cartografia deltempo. Tenendo conto delle precise attestazioni — re-
lative all’apografo in questione, e ad altra copia conservataci da
un altro codice ambrosiano (S. 96, f. 32 r - 41 v) — d'un dotto come
Giovanni Vincenzo Pinelli, legato da consuetudine amica all’insigne
scienziato messinese che onorò, dopo il Catena e prima del Galilei,
la cattedra di matematica dello Studio di Padova, possiamo affer-
mare definitivamente che il discorso è opera di Giuseppe Moleti.
Viene quindi ad aggiungersi alla complessa opera scientifica
dell'autore delle Tabdulae Gregorianae (1580), che ebbe tanta parte
nella preparazione della riforma del calendario decretata da Gregorio
XIII (24 febbraio 1582), un nuovo scritto, e precisamente un trat-
tato geografico-politico (1580-1) che è fra i più importanti del Cinque-
cento, perchè esso mira direttamente a risolvere il problema della
graduazione, per ordine d’area, dei maggiori Stati terrestri, e pro-
vando, attraverso a misurazioni areometriche vere e proprie, che il
più vasto Stato terrestre, astraendo dalla continuità territoriale, è
il dominio del Re Cattolico (Spagna e Portogallo), ci appare come il
— 430 —
GIUSEPPE MOLETI
primo tentativo di una trattazione metodica rivolta alla soluzione
d’uno dei problemi fondamentali di geografia politica; l’importanza
dell'elemento areometrico nella vita degli Stati.
Matematico e medico, astronomo e fisico, Giuseppe Moleti
(Moleto, Moletti, Molezio, Moletius), nato in Messina nel 1531 e morto
in Padova nella notte fra il 24 e il 25 marzo del 1588, è una delle
più notevoli fra quelle complesse figure di studiosi che sembrano
impersonare il periodo iniziale di costitnzione delle scienze fisiclie
nell'età moderna. La vastità e la molteplicità della sua cultura, essen-
zialmente scientifica, lo attrae particolarmente verso un campo di
studi dove la sua naturale tendenza al coordinamento di fatti na-
turali d'ordine disparato trova ampia possibilità di estrinsecazio-
ne: la geografia matematica e la geografia fisica.
In quel tempo la geografia matematica conserva tutti i caratteri
di dottrina scientifica vera e propria, perchè, non essendo ancora
costituita in unità indipendente la geodesia, essa contiene ancora
in sè tutti 1 possibili elementi di sviluppo della scienza della misu-
razione terrestre. E la geografia fisica può dirsi appena entrata
nella fase iniziale della sua costituzione a dottrina autonoma, nel
senso che accanto a concetti propriamente geomorfologicì e clima-
tologi appaiono concetti che solo nella seconda metà del secolo
NIX troveranno la loro sistemazione nelle dottrine autonome del-
l'oceanologia e della meteorologia.
Ampia è la congerie dei lavori del M. pervenuti a noi, non rara-
mente nell’originale autografo, attraverso i « Rotult» padovan
relativi al periodo del suo insegnamento [1577-1588] 22) e attra-
Verso numerosi manoscritti ambrosiani 23): fra essi sono lavori
vari d'interesse geogratico-matematico e geografico-fisico. L'opera gco-
22) « Dall’elogio che del Moletti fece Antonio Riccoboni suo con-
temporaneo (ANT. RiccoBoNI, Orat., Vol. II, Patavii, ap. Laur. Pasq.,
1581, c. 41 - 6) sappiamo ch'egli insegnò: la geometria d’Euclide; e infine
la Sfera di Giovanni Sacrobosco, l’ottica, la meccanica, la cosmografia, -
l'anemografia, l’idrografia e la geografia: alcuni « Rotuli » che ci riman-
gono, relativi agli anni durante i quali G. M. insegnò, nello Studio no-
stro, a tutte queste materie permettono di aggiungere la prospettiva
(ANTONIO Favaro, Z Vettori di matematica nell'Università di Padova dal
principio del secolo XIV alla fine del XVI, in « Memorie e documenti per
la storia dell’Università di Padova », Padova, La Garangola, I, 1922
[pp. 471 in-89), 1-70: cfr. p. 68).
23) Di 17 codici pinelliani che ci conservano scritti, in buona parte
autografi, del Moleti, ho dato notizia in: Manoscritti d'interesse geogra-
fico della Biblioteca Ambrosiana, Torino, Baravalle e Falconieri, 1910,
pp. 28 in 8°; cfr. p. 13-14. Più ampie notizie sono nel mio libro, in corso
di stampa: Z manoscritti ambrosiani di contenuto geografico (« Fontes
— 431 —
PAOLO REVELLI
grafica di Giuseppe Moleti già risultava assai rilevante attraver-
so il Discorso Universale (Valgrisi 1561; Ziletti, 1578), e una
nuova versione latina del testo greco della Geografia di Tolomeo
‘condotta su quella del Pirckheymer, rielaborata mediante il con-
fronto di numerosi codici greci, come ricorda il Mercatore 23bis),
apparsa a Venezia nel 1562 (con 64 tav.), oltrecchè per il contri-
buto dato alla delineazione di carte geografiche di tipo tolemaico, e
alla costruzione di sfere solide — in particolare quelle di carta pe-
‘sta — 23 ter) di tipo tolemaico 24). Essa risulta anche più vasta
Ambrosiani », Serie I, Scientifica, n.° 1: 1 vol. di 200 p.in 4.9, con 20
tav. fuori testo, Milano-Roma, Luigi Alfieri e C., Editori). Qui basterà
ricordare: Facil modo di tirar le linee parallele alle vedute, di misurar le
distantie et di metter in disegno. Copia di lettere del Moleti a Giacomo
Contarini, Padova, 15 giugno 1581 (A. 71. Inf., f. 24r - 27 v); Josephi
Moleti... operum fragmenta varia..... [mat. e astr.] (D. 235 Inf.); Trattato
del misurare [1584], con 2 fig., Modo di fabricar la figura celeste ed altri
trattati, Gli scherzi del compasso. Autogr. (S. 100 [Sup.], f. 201r.-2107.;
113Yev;97Y- III tv); Regole di cosmografia, Lettera autografa, in data
Mantova, «il dì di Carnevale del ’74 », indirizzata forse al Pinelli. (S 80
{Sup.], f. 5-8); Tractatus de optica a. 1581 scriptus (S. 100 [Sup.], f. 34-95v.
{Note autografe relative a lezioni tenute nello Studio di Padova dal 1581 al
1585). Di particolare importanza per l'argomento che ci interessa è il fatto
‘che alcuni codici pinelliani ci hanno conservato la prova che il Moleti fu in
‘attiva corrispondenza col Pinelli (lett. autografe del M. al Pinelli, in
data Venezia, 5 febb. 1566 e 10 aprile 1568, [sull’edizione ruscelliana di
-Tolomeo, del 1561, paragonata a quella dello stesso M. del 1562]; altra
lettera «in risposta ad alcuni quesiti intorno all’istrumenti » colla
sola data di Venezia: D. 191 Inf., f. 522-55 v). Un altro codice ci ha
serbato la prova che il Moleti attese alla comparazione dei bilanci del-
l’Impero Ottomano e :-del Regno di Spagna (« Elenco delle entrate del-
-l’Imperatore de' Turchi e di Carlo V ». I due «avanzi» sono calcolati,
rispettivamente, pari a 7.225.000 e a 119.000 ducati: R. 116 Sup.,, f.
72 - 75r. Apografo). Non abbiamo elementi per fissare la data di
questo. scritto, che potrebbe anche essere posteriore alla morte di
‘Carlo V (21 sett. 1558).
23 bis) Tabulae Geographicae, Colonia, 1578: cfr. la « Praefatio ».
23 ter) M. FIORINI, Sfere terrestri e celesti di autore italiano oppure
fatte e conservate in Italia, p. XXI-502 in 8° (Roma, Società Geografica
Italiana, 18909): cfr. p. 170.
24) Ai dati sulla vita e sulla complessa opera scientifica del M.,
‘tuttora assai utili, offerti da una nota dell’ALMAGIA (Padova e l’Ateneo
padovano nella storia della scienza geografica. Prolusione: in « Rivista
geografica italiana », anno XIX, fasc. VII luglio 1912) può aggiungersi
‘quanto scrive ARRIGO LORENZI a proposito del M. che, nel suo insegna-
‘mento universitario, « tratta questioni diverse sull’atmosfera, la terra
«e le acque » (L'insegnamento della Geografia nello Studio di Padova, în
-« Mem. e doc. per la storia dell’Università di Padova », Biase cit.: I, 1922,
.p. 461-9; cfr. p. 4602).
— 432 —
GIUSEPPE MOLETI
e, sotto il riguardo generale, cioè relativamente ai vari campi della
dottrina a cui diamo il nome di Geografia, pressocchè compiuta, con
questo trattato geografico — politico, restituito finalmente, al
‘suo autore.
6. Importanza che nella storia della geografia politica ha il « Di-
scorso che il Re Cattolico sia il maggior principe del mondo » di Giuseppe
Moleti.
Riassumiamo nella tabella seguente i risultati sommari del breve
trattato:
È G6 Area in Km.*
t=] Area in I i E
Q 4 miglia quadri i < 3 ragguag io alla rag [0]
2 | Nomi delle aree politiche italiani » ì e ERRO ate di niceià.
3 secondo il 27 60 miglia rom. pEr init 9
{ — a e
z N 3 5|(1=m. 1480) |(1=m.1851 7
I dd eaeiEI.IEIEàÉEe«è«eeeeeee:, ai cei +—
I | Superficie dominata dal |
Re Cattolico [Dominio | |
di Filippo II, dopo l’an- ,
nessione del Portogallo, | |
avv. nel 1580] ..... | 8.074.160) 5,4 [17.550.000] 27.540.00
2 | Superficie dominata dal |
Prete Janni [Impero e- | |
MODICO]. dial 5.500.000) 3,7 | 12.025.000] 18.870.00
3) Superficie dominata dal
Gran Cane di Tartaria
[Impero Cinese]. . . .. 2.200.000] 1,48 | 4.810.000| 7.548.000
4 | Superficie dominata dal |
| Sofà [Impero Persiano] . | 2.050.000 1,38 | 4.485.000] 7.038.000]
Turco [Imp. ottomano, 1.308.959]
|
|
5 | Superficie dominata dal |
deine dg 0,9 | 2.925.000| 4.590.000
gene, i
|
TOTALE (area complessiva
dei 5 più vasti Stati terr.) |\19.203.119 13 | 41.697.000| 65.433.000
|
Abbiamo rinunciato a tentare il preciso ragguaglio delle aree in
miglia quadrate italiane ricordate nel trattato in misure di superficie
del sistema metrico decimale, non solo perchè, se anche si tratta sicu-
— 433 —
Aevum - Anno I - 28
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eee, ____“*
PAOLO REVELLI
ramente del miglio italiano contenuto sessanta volte nel grado —
non conosciamo con precisione quale sia il modulo del miglio adottato
nel « Discorso », detto anche « Disc. del Turco » 25) ma anche per-
chè il dato che ha per noi importanza fondamentale è quello com-
parativo, rappresentato dal rapporto percentuale all’intera super-
ficie tertacquea, valutata dal Moleti pari a miglia quadri italiani
È
ci 148.450.909 -— ».
Da questa si può dedurre che nel 1580-81 Giuseppe Moleti asse-.
gna al dominio complessivo del Re Cattolico un’area che si può valu-
tare oscillante fra 17.625.000 e 19.150.000 Km? (a seconda del valore
assegnato al miglio quadro italiano » di 60 al grado: Km? 2,1823 —
2,371). |
‘ Ora, se si tien conto del mutamento territoriale avvenuto nel
1580, coll’annessione alla Spagna del Portogallo e dei domini porto-
ghesi, la media che risulta da questi due valori (circa 18.400.000 Km*)
può dirsi relativamente prossima a quella che il calcolo dello Schneider
cì offre relativamente al dominio del Re Cattolico al tempo di Carlo V:
12.800.000 Km? 26).
Si può aggiungere che qualora si faccia corrispondere il miglio
cinquecentesco italiano di 60 al grado (1° = Km. 88,65 — 88,8) al
miglio romano antico (m. 1477,5 — 1480; valore di poco inferiore
a quello del miglio siciliano — m. 1486 —- che doveva essere presente
al pensiero del nostro geografo messinese) si dovrà assegnare al « mi-
glio quadro italiano » un valore oscillante fra Km? 2,183 e Km? 2,19.
E non è superfluo avvertire che per il miglio italiano cinquecentesco
25) Si tratta indubbiamente del miglio italiano contenuto sessanta
volte nel grado, poichè l’A. dichiara espressamente che « il circuito della
terra tutta » corrisponde a « ventun mila et seicento miglia italiani »,
che ad ogni grado di meridiano celeste corrispondono « sessanta miglia
in terra dei nostri », che il diametro terrestre è pari a miglia italiane
6872 II..... » (f. 6 v.)... Ma quale sia con precisione il valore, in misura
nostra, del miglio italiano 2, cui si riferisce l’A. è difficile dire, se anche
egli afferma che 2190 miglia italiani corrispondono approssimativa-
mente a 1893 «di quei di Spagna » (f. 4 v.).
Nel Discorso universale del M., annesso al Tolomeo valgrisiano del
1561 (Venezia), si adotta il miglio tolemaico, di 62 miglia italiane e
mezzo al grado. Ma questo non può costituire un argomento contro
l'attribuzione del « Discorso che il Re Cattolico...» al MoLETI poichè,
come vedremo a proposito del Magini, nella seconda metà del Cinque-
cento uno stesso autore adottava, alla distanza di qualche anno, un
valore diverso per il modulo del miglio.
26) G. SCHNEIDER, Die grossen Reiche der Vergangenheit und der
Gegenwart, Leipzig, 1904.
— 434 —
GIUSEPPE MOLETI
sì ottiene, d’altra parte, un valore oscillante fra metri 1539 e m. 1541,
quando lo si consideri come 608 parte di un grado tolemaico fatto
corrispondere a 62,5 miglia romane ant., ossia a Km. 92,34 — 92,5:
in tal caso al « miglio quadro italiano » dovrebbe assegnarsi un n valore
oscillante fra Km? 2,308 e Km? 2,371.
Dobbiamo accontentarci, evidentemente — data la diversità
del metodo adottato nella misura — di comparazioni approssimative
fra i valori del grado accettati verso il principio dell'età moderna e il
valore di esso accettato presentemente (a seconda che sì prenda come
base lo sferoide di Bessel, o quello di Faye, o quello di Clarke); così
mentre assegniamo al grado toscanelliano un valore pari a circa 112:
Km. (111,927) e al grado adottato da Colombo quello di Km. 84
(83,923 = 50,66 miglia rom. ant.), dobbiamo considerare come o-
scillante fra roI e 109 Km. (101,013 — 109,028) il valore del grado
di Leonardo, poichè non sappiamo se il miglio — base da lui adottato
(diametro terrestre = 7000 miglia: cifra che, d’altra parte, è eviden-
temente arrotondata) sia quello fiorentino (m. 1653,607) o quello
milanese (m. 1784,809: MARIO BARATTA, Leonardo da Vinci ed 1 pro-
blemi della Terra, Torino, Bocca, 1903, pp. XIV - 318 in-89, con fig.
cfr. p. 37). E poichè le misurazioni eseguite su carte cinquecentesche
o, comunque, costruite indipendentemente dal procedimento trigo-
nometrico vero e proprio, non conducono a conclusioni sicure, siamo
costretti a rinunciare, nel massimo numero dei casì — data l’incer-
tezza sul modulo adottato — a ragguagliare in misura moderna i dati
in miglia riferiti da scrittori del Cinquecento e del primo Seicento.
Merita di essere qui ricordato quanto scrive l’ALMAGIA, a pro-
posito dei valori diversi assegnati al miglio italiano — attraverso un
vero e proprio procedimento critico-comparativo — dall'autore del pri-
mo atlante moderno d’Italia, apparso postumo, nel 1620, con una pre-
fazione del figlio Fabio (dedica a Fernando Gonzaga), in cui si ri-
cordano espressamente ì faticosi tentativi diretti a ottenere, dai vari
Principi d’Italia, « quell’intera cognizione che apparteneva al sito dei
luoghi, al circuito de’ confini, al numero dei popoli et all’ampiezza
delle Provincie ». Giovanni Antonio Magini (14 giugno 1555 — 4
febbraio 1617) che non ci offre misure areometriche, ma dati perso-
nali relativi alla lunghezza massima d’Italia (720 miglia, secondo la
misura da lui eseguita « nella tavola del Mercatore »: 1020 miglia, da
« Augusta Praetoria » a « Rhegium » da Aosta da Reggio di Calabria),
alla sua larghezza massima e minima (410 — 25 miglia), al suo pe-
riplo (2350 miglia: 2550 secondo GiAacoMO GASTALDI — principe dei
cartografi del tempo, a cui dobbiamo la nota carta d'Italia del
1561). Ora, da un passo del suo Primum mobile (Bologna, 1609)
— 439 —
PAOLO REVELLI
risulta che il Magini, dalla media delle scale usate nelle carte della
sua raccolta, è indotto a concludere che il miglio ha un valore medio
che corrisponde alla 65* parte del grado, ossia a circa 1420 — 1423
metri. Ma, effettivamente, nella sua « Italia Nuova » del 1608 il valore
del miglio di 65 al grado oscilla intorno a m. 1530-1540 (R. ALMAGIÀ,
L’« Itaha» di G. A. Magini e la cartografia dell’Italia nei secoli
XVI e XVII, Comit. Geografico Naz. Italiano, Publ. N. 1, Napoli
| — Città di Castello — Firenze, 1922, pp. VIII-183 in 4°, con
6 tav.: cfr. pag. 100).
. Ma più che dalla -comparazione di cifre che rappresentano ri-
sultati di calcoli eseguiti con metodo inevitabilmente diverso e che,
data la distanza di circa tre secoli e un quarto intercedente tra le mi-
surazioni, appaiono comparabili solo in rapporto all’intera superficie
terracquea, l’importanza che il trattato geografico — politico del
Moleti, pervenuto a noi in una redazione apografa del 1580-81, ha
nella storia della scienza può venire così fissata: 1°. esso che, mentre
astrae deliberatamente dall'area delle isole americane 27), pro-
cede, nei limiti delle possibilità del tempo, alla valutazione delle aree
desertiche, affermando espressamente che la materia trattata «non
comporta che si troui quella certezza che nelle cose astratte di Geo-
metria o di Aritmetica si vuol vedere » (f. 7r), rappresenta, per quanto
ci risulta, la prima misurazione areometrica delle maggiori unità
politiche terrestri, e il primo calcolo del rapporto intercedente fra
l’area dei principali Stati terrestri e l’intera superficie terracquea;
2. nel tempo in cui è ancora largamente diffusa l’opinione erronea
che l’unità politica turca sia la più vasta terrestre, esso, attraverso
un procedimento metodico vero e proprio, che dovette comprendere
misurazioni su carte geografiche e su un globo, giunge alla conclu-
sione — la quale può dirsi confermata da recenti ricerche 28) —
27) Cfr. la mia comunicazione al XXII Congresso Internazionale
degli Americanisti [Roma-Genova, 23 sett. - 8 ott. 1926]: L’area dell’A-
mzrica spagnuola secondo un geografo italiano del Cinquecento.
28) Secondo lo SCHNEIDER (of. cit.) al Dominio di Carlo V seguono,
in ordine decrescente d’arca: Impero mongolo (1% metà del sec. XIII):
Km?. 11.000.000; Califfato Abasside (sec. X): 10.000.000; Impero
Persiano (al tempo di Dario I): 5.600.000; Impero romano (III sec).
5.400.000; Impero Germanico (verso il 1040): 1.000.000; Impero Assiro
(VIII sec.?); 900.000 Km?. Non ho potuto consultare il lavoro dello
SpPAHN, citato in un'edizione postuma delle Leitlinien der allgemeinen
politischen Geographie di ALESSANDRO SuPAN (Dal manoscr. pubbl. da
FRrIcH ORST, con I ritr. e .7 fig.: Berlin und Leipzig, Walter de Gruyter,
1922; cfr. p. 46, nota 1. La 18 ediz. è del 1918; la 22 del 1920. Il SUPAN
morì il 6 luglio 10920).
— 436 —
GIUSEPPE MOLETI
che lo Stato del Re Cattolico non è solo il più vasto del tempo, ma
anche il più vasto Stato terrestre che mai sia esistito; 3° posteriore di
circa un decennio al primo atlante moderno (il Theatrum orbis terra-
rum dell’ORTELIO: 1570) la cui rapida diffusione estende l’uso di rap-
presentare con colori diversi le varie aree politiche 29), e anteriore di
circa un decennio alla prima parte delle Relazioni universali di Giovanni
Botero (Roma, Ferrari, 1591) 30), esso può dirsi, per il metodo
di precisa valutazione areometrica che lo informa, rappresentante
tipico di quella vasta serie di Bilancie politiche in cui hanno avuto
parte essenziale gli italiani, dal disegno di crociata del veneziano
Marin Sanudo (1306 - 1321), a cui furono sussidio prezioso le carte
del genovese Pietro Vesconte, alla Bilancia politica di Adriano Balbi
(1833).
7. Utilità dell'edizione critica del trattato. Per questo — se anche
il trattato del Moleti è posteriore di quasi mezzo secolo all’accurata
determinazione di un tratto del confine sassone-boemo negli Erz-
29) Le edizioni, che possono dirsi principali, del Teatro orteliano
sono 17 nel solo secolo XVI: di esse 5 sono latine (2 nel 1570), 6 tedesche,
4 francesi, 1 olandese, I spagnuola. È da notarsi che le tre carte relative
all'Impero cinese, all'Impero persiano e all’Impero turco che appaiono
nell’« editio princeps » non possono dirsi propriamente carte politiche,
non contenendo esse (« Tartaria sive Magni Chami Imperium »); « Per-
siae Regnum, sive Sophorum Imperium »; « Turcicum Imperium »)
la rappresentazione del confine politico.
30) Dettata originariamente dal proposito di «conoscere lo stato
della Religione Christiana per il mondo », suggerito da Federico Bor-
romeo, che vede nello studio della geografia e dell’etnografia uno dei
mezzi più idonei alla propagazione della fede cattolica, contiene la de-
scrizione sommaria di tutta l’area terrestre con considerazioni d'ordine
antropogeografico e dati sulle dimensioni degli Stati (Parte I, ed. nel
1591, come rilevò il MagNnAGHI) che troveranno ulteriore elabora-
zione nelle successive edizioni o parti dell’opera (II, Roma, 1592;
III - ded. al Card. Borromeo - 1595; I-IV, Ven. 1596; I-IV Torino,
1601 - la sola edizione che non incorre nella proibizione sancita
dal decreto 2 dic. 1622, provocato da alcune affermazioni di carattere
politico). Tradotta ben presto in tedesco e in francese (1596), spagnuolo
(1603), polacco, fu diffusa particolarmente in versioni e riduzioni latine,
quali l’Amphitheatridion hoc est Paruuni Amphiteatrum in quo... prae-
potentes Orbis Monarchae... ob oculos Philologorum repraesentantur (Lu-
becca, 1600: diviso in 4 parti, di cui la 18, con 23 carte, riguarda gli Stati
di Filippo II e del Turco: corrisponde al libro IV della seconda parte delle
Relationi, ed. 1598, p. 117-145), che ha un’antecedenza nel 7heatrum
principum orbis universi, apparso a Colonia nel 1596 (83 ff., con 22 carte:
anch'esso diviso in 4 parti, di cui la IV comprende l’« Imperium Magni
Turcae et Regna Philippi Austriaci, Indiarum, Hispaniarum regis ».
— 437 —
PAOLO REVELLI
gebirge avvenuta nel 1534 31) — quando già da sei anni era apparsa
la Cosmotheoria di JEAN FERNEL la cui particolare importanza nella
storia della misurazione terrestre fu rilevata dallo stesso Moleti —
il manoscritto ambrosiano che ce lo ha conservato merita di essere
riprodotto integralmente, in edizione critica.
Esso appare fra gli « Inedita et rara » di questa nostra « Rasse-
gna » non solo perchè il testo della stampa ferrarese del 1590 — non
facilmente accessibile, e deformato, d’altra parte, nella varie edizioni
successive — è una contraffazione del testo originale, nella quale il
nome dell’autore effettivo è sostituito da quello di un autore pre-
sunto. Pubblicando in edizione critica il breve trattato, non ren-
diamo soltanto omaggio alla verità, e al nome dello scienziato mes-
sinese che ebbe tanta parte nella riforma gregoriana del Calendario
e contribuì efficacemente a spianare la via al giovane Galileo, suo suc-
cessore nella cattedra di matematica allo Studio di Padova: iniziamo
l'edizione critica della raccolta che va sotto il nome di Thesoro poli-
tico 32) — edizione la quale sarà documento del primato italiano
nella geografia politica 33).
31) E. BERLET, Die sdchsisch-bohmische Grenze im Erzgebirge,
Leipzig [Dissert.], cit. da FEDERICO RATZEL (Politische Geographie,
1897, 1903: cfr. ed. 1903, p. 447).
32) Fin dal 1770 G. B. Castiglioni, primo prefetto della Biblioteca
braidense, in uno scritto che fa séguito alla sua bibliografia milanese
composta per incarico di Carlo Firmian, affermava destituita di fonda-
mento una notizia data nell'ultimo capitolo della Biblioteca storica
cominciata dallo Strunio e continuata dal Budero: che autore del « Te-
soro politico » fosse Gian Francesco Lottini da Volterra. E, riferendosi
al modo con cui era stata composta e pubblicata, rilevava: « Fu vero
danno l’averla in tutte le edizioni ripiena d'’infiniti errori, di storpiature,
e di mancanze di periodi, e d’intere pagine ancora, come sì viene in
chiaro dal confronto fatto con i codici manoscritti » (Cod. braidense
AE. XI. 17: cfr. f. 79-80).
33) Cfr. la mia memoria: Le origini italiane della geografia politica, I,
in « Bollettino della R. Società Geografica Italiana », 1918 e 1919.
— 438 —
GIUSEPPE MOLETI
GIUSEPPE MOLETI
DISCORSO CHE IL RE CATOLICO SIA IL MAGGIOR PRINCIPE
DEL MONDO.
(Ambros. P. 145 (Sup. ]. Inserto 3 - ant. numerazione 4) *).
(f.2r.) È nelle menti de gli huomini et forsi di qualche conto en-
trata hoggi un’openione et confirmatasi in modo, che con difficoltà par
che si possa tor uia, che 'l Turco sia non solo di potenza, ma di stato et
di paesi dominato da lui, il maggior Prencipe ch’hoggi nella terra domi-
ni. Il che quanto sia lontano dal uera, può conoscerlo chiunque uorrà
venir durando fatica in contar e misurare le Prouincie dal Turco
dominate, et compararle con quelli de gl’altri Prencipi ch'hoggi
nel mondo posseggono parte notabile della Terra. Ma perchè forse que-
sta non è fatica da uolersi pigliar da tutti, e molti ancora non sa-
prehono trouar la strada di saperne venire a fine. Però io per compia-
cer i curiosi di tal cosa, uerrò facendo comparatione delli stati del
Turco con quei del Re’ Catolico, che in uero è il maggior Prencipe
di stato, che mai per altri tempi addietro si sappia: da doue poi si
potrà credere non la grandezza dello stato del Turco, non la virtù
de suo essercito et de suoi soldati, non la scienza militare sia quello
che fa temerlo, ma è fatal dispositione de Celi, è uoler Divino per
penitenza de nostri peccati fà parerlo spauentevole, horribile et
invincibile. O’ veramente parlando humanamente la dapocagine et
viltà nostra, et l’haver degenerato con infinito recesso da nostri
antichi progenitori, et essere al tutto in noi spento, et da cuori nostri
svelto dalle radici l'antico valore tanto temuto per l’addietro da tut-
to il mondo. E acciocchè meglio possa la cosa capirse uerrò numerando
gli stati del Turco, ò i pacsi ch'egli possiede, nell'Europa, nell'Africa,
et nell'Asia, con le misure così marittime, è littorali, come delle su-
perficie, et il simile farò degli stati del Re Catòlico, et verrò appresso
comparando tutta la quantità de Paesi del Turco, à quella quantità
*) Le varianti riportate a piè di pagina, senz’'altra indicazione, sono
quelle offerte dalla stampa ferrarese del 1590 (Discorso dell’IMlustre
stg. Horatio Malasuzzi... annesso al trattato politico del LUSINGE).
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PAOLO REVELLI
che possiede della Terra il Re Catolico. Nella fine poi verrò facendo
. comparatione trà gli stati del Turco, del Catolico, del Gran Cane, del
Prete Janni, et del Persiano, ma con meno esquisitezza di quello
ch’haverò fatto de gli stati del Turco, et del Re Catolico, perchè ciò
non è il mio principale fine. Ultimamente uerrò considerando la pro-
portione di tutti gli stati detti di sopra alla grandezza della Terra 1).
Et cominciando dico che secondo i Geografi moderni la terra conosciu-
ta al di d’hoggi, è divisa in quattro parti principali 2) cio è, nell’Eu-
ropa, nell'Africa, et nell’Asia, et nell'America, et che ’1 Turco nelle
tre prime solamente u’ha Dominio, et possiede stati. Mà il Re Cato-
lico dall'altro canto, ha non solo stati et Regni nelle tre sopra dette
parti, Mà è ancora solo signore del Mondo nuovo si come dimostrarò
appresso. Et discendendo à particolari, sappiamo il Turco nell’Eu-
ropa posseder in buona parte di quello che Tolomeo mette nella
nona Tavola di quella, cio è parte del Jaziri Metanasti 3) che sono
compresi in quella parte ch’hoggi —
(f.2v.) uien detta Valachia parte della Dacia che si computa al presente
nella Transilvania:la Misia superiore ch’hoggi abbraccia la Bossina: la
Rascia 4) et la Serbia [;] domina ancora la Misia inferiore parte della
quale è contenuta nella Bulgaria, la qual Bulgaria comprende ancora
una parte della Tracia et il suo rimanente ch’hoggi chiamano Roma-
nia. Possiede ancora quasi tutto quello che Tolomeo abbraccia nella
decima Tavola dell'Europa, cio è la Macedonia ch'è quasi l'Albania
d’hoggi, l’Epiro che diconv Butrinto, l’Acaia detta modernamente
Grecia et il Peloponneso che vien detto la Morea. Domina parimente
l’Arcipelago con tutte l’Isole sue dette da gl’Antichi Ciclade, remo-
uendone 5) però alcune che sono sottoposte à Sig.ri Venetiani. E°
adunque chiuso quel che tiene il Turco nell'Europa verso levante dalla
Propontide, detto Mar di Marmora dal ponto Eussino ch’hoggi si
dice il Mar Maggiore, et dal Mare Aegeo 6) chiamato volgarmente
l’Arcipelago. Da mezzo giorno dal Mar Cretico è di Candia, et ancora
dal mare Mediterraneo. Da ponente poi dal mar Adriatico, et da
settentrione dall’Hungaria, dalla Transilvania, et dalla Moldavia.
1) Tutta questa parte, identica - salvo varianti di punteggiatura —
nell'altro apografo ambrosiano [a segni S. 96. [Sup.], f. 32 7 - 41 v], manca
alla stampa.
2) Dovendo io venire al punto di quello che V. M. [Filippo II di
Spagna] desidera sapere da me, dico, che diuidendosi la Terra tutta,
secondo i Geografi moderni, in quattro parti principali (carta 93 r.).
3) Jazizimetanasti.
4) Ruscia.
5) remanendone.
6) Egeo.
— 440 —
GIUSEPPE MOLETI
Il circuito littorale del dominio suo nell'Europa può essere di miglia
Italiane duo mila et cinquecento in circa 2500 7) et mensurandotie la
superficie reducendo il tutto a miglia quadri può esser da miglia
trecento dodeci mila cento cinquanta nove 312159 Italiani 8). Nell’A-
frica poi domina il Turco la costa del mare cominciando da Foramida
Q) per termine Orientalissimo, et caminando verso ponente in sino al
Zerbi 10) termine, o confine suo ultimo dalla parte di Ponente con il
quale camino si comprende tutta la riviera dell'Egitto, et tutto quel
tratto di mare che Tolomeo abbraccia nella seconda et terza Tavola
dell'A fricada lui detto mar Africo et ancorala Libia Marmarica da mo-
derni detta Barca 11). Può tutta tal costa essere da miglia mille quat-
trocento 1400. Fra terra poi nell'Africa non domina altro che l’Egit-
to da Tolomeo messo nella terza tavola dell’Africa che viene ad essere
quella parte de essa che dominava il Soldano del Cairo, perchè il
resto vien dominato da gli Arabi gente vaga la quale non obedisce
sig.r alcuno. Domina ancora una parte della costa del mar Rosso
verso Ponente parte attinente all'Egitto, et è da Zues insino à Zibir 12)
che può esser di camino da trecento cinquanta miglia in circa 350,
essendo il resto posseduto dal Re d’Etiopia detto Prete Janni. È
chiuso adunque tutto quello che '1 Turco domina nell'Africa dalla
parte Levante da una parte dal Mar Rosso chiamato da gli Antichi
sino Arabico 13), et da una linea che vien tirata da Zues à Foramida.
Da ponente è altresì terminato' dal Regno di Tunesi, Da Settentrio-
ne del Mar Mediterraneo, et dal mare Egittio 14), et da mezzo giorno
da deserti i
(f. 3 r.) della Libia et da parte de’ Regni d’Ethiopia. E’ tutto il lito ma-
rittimo che '1 Turco domina nell’Africa da miglia mille settecento cin-
quanta 1750. Può poi essere la superficie di tutto l'Egitto ridotta a mi-
glia quadri da trecento cinquanta seì mila cento sessanta miglia,
356160. Hora 15) perchè in molte parti è dishabitato, et pienodi luoghi
deserti et parte habitata da genti che non ubediscono il Turco, però
noi possiamo dire 16) egli nell'Africa, quanto alla superficie di quella
dominare la mità della sopradetta quantità, che verrebbe ad essere
7) miglia italiane diecimilla, et cinquecento in circa (carta 93 v).
8) trecentodocimilla cento cinquanta noue Italiane (carta 94 7).
o) Piramida (Foramida nelle carte 94 r, 95 r.).
Io) alli Zerbi Gerba!.
11) Borea.
12) Zibit.
13) Arebico.
14) Egitto.
15) Ma
16) obediscono esso Turco, però noi potiamo dire
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PAOLO REVELLI
cento settanta otto mila et ottanta miglia quadri 178080. Con tutto
cio così nell'Europa, come nell'Africa egli domina parti nobilissime
di quelle 17) poi che sappiamo nell'Europa la più nobile parte essere
l'Italia et appresso gli Antichi fu prima che Romani fiorissero, la
Grecia dominata al presente dal Turc ». Dell’A frica sappiamo sempre
e per tutti i tempi per ogni qualità spettabile nobilissima parte essere
stato l'Egitto et è ancora 18). Nell’Asia parimente 19) dove egli hà la
maggior parte dell’Imperio suo possiede molto paese, parte del quale,
senza controversia, è il più civile di quella parte et dove per altri
tempi fiorirono l’armi, le lettere, et ogni altra nobil professione.
Primeramente egli ne domina quello che Tolomeo colloca nella pri-
ma Tavola d’essa parte, nella quale appresso di lui si contenevano
Ponto et Bithinia che hoggi dicono Turchia, la Frigia che vien detta
hoggi Paria, et Preberia 20), la Licia chiamata volgarmente Briquia;
la Galatia 21), la Paflagonia hoggi detta Halatia 22), la Panfilia, la Cap-
padocia, l’Armenia minore chiamata da Turchi Aradubbe: et la Cilicia
23) detta Caramania, le quali tutte hoggi vengon comprese da quella
parte che vien chiamata con nome generale fatto dal particolare
Natolia, et che dagli Antichi fù chiamata propriamente come hab.
biam detto Asia, della quale le parti, ò le Provincie tutte hanno si
come habbiam visto 24) mutato il nome, et maggiormente le Città.
Il circuito di questa Prouincia dell'Asia minore, così volgarmente
chiamata ò della Natolia secondo altri, partendosi da Alessandreta
chiamata da Tolomeo Alessandria et circondando attorno in sino à
Trabisonda da Tolomeo detto Trapezus è di miglia due milla et
quattrocento in circa 2400. Possiede ancora il Turco buona parte di
quello che Tolomeo mette nella terza Tavola dell’Asia, essendo il
resto dominat. 25) da Tartari, et tal parte è l'Armenia maggiore da
Turchi detta Turcomania 26). Domina ancora il Turco quello che
Tolomeo mette nella quarta Tavola dell’Asia, cio è l'Isola di Cipro
così hoggi detta la Siria 27) detta Soria, la Palestina chiamata Giudea,
) quelle;
) l'Egitto.
) poi
) Brebicia
) Galacia ?
22) Galatia
) Capadocia
) si è veduto (carta 95 r.).
) posseduto
) Turcomanie
) Strria
3: o
GIUSEPPE MOLETI
E il camino littorale 28) della Soria partendosi da Foramida fino ad
Alessandreta 29) da miglia quattrocento e trenta in circa 430. Possiede
di tal Tavola ancora l'Arabia petrea detta hoggi Baraab, la Mesopo-
tamia chiamata hoggi Diarbech 30), l'Arabia deserta, la Babilonia, cui
popoli furono i Caldei già 31). Possiede altresì parte di quello che
(f. 3 v.) Tolomeo mette nella quinta Tavola d'Asia, cio è l’Assiria chia-
mata da propri popoli Azimia 32), et termina l’Imperio suo con l’Ara-
bia felice. Partendosi poi da 33) Trabisonda et ascendendo verso Set-
tentrione fino allo stretto che gl’Antichi chiamarono Bosforo Cimme-
rico 34), che termina la Taurica Chersoneso 35), hoggi detta Garzaria
da quella parte di Tartaria detta Caitachi da Tolomeo chiamata Corci-
te: cio è fino à matriga forse da Tolomeo detta Hermanassa, sono di
camino littorale da quattro cento cinquanta miglia 450 in circa. Et
partendosi poi da Zues forse da Tolomeo detta Chima praesidium 36),
et circondando l’Arabia felice in sino alle bocche del fiume Tigre,
hoggi chiamato Tigil sono di camino littorale tre mila settecento
cinquanta miglia 3750 in circa. La dove accopiando insieme tutto
quello che de liti maritimi il Turco possiede nell'Asia, vengono ad es-
sere sette milla et trenta miglia 7030 37). Et la superficie di tutto quel
| 38) Paese ch'egli nell'Asia impera è di miglia quadri settecento é dieci
milla seicento quaranta 7100640. mà 39) perchè in tutto questo Paese
è buona parte di terra, ò diserta, ò che fra terra 40) come nell’Arabia
felice che non ubidisce adesso il Turco, poi 41) noi di questa quantità
ne sottraremo il quarto che è cento settanta settemilla seicento ses-
santa miglia quadri 177060. restano miglia quadri cinquecento trenta
due mila novecento ottanta 532980. Tutto quello poi che il Turco
domina nellla Asia è chiuso da Levante dal sino Persico, ò mare
Cleatif 42) dal fiume Tigre ch’oggi dicono Tig 43) et da una parte dal
) Giudea, et è il litorale
) Alessandria
30) Diarbeth
) furono già, i Caldei.
) l’Assiria, da propri popoli Azimia chiamata;
33) poi. la
34) Cimmenio
35) col Chersonesso,
36) Clisma Presidium
37) 7030, in circa; (carta 95 1).
38) quello
39) Ma
40) che è fra terra
41) però
42) Elcalif
43) Tigil
— 413 —
PAOLO REVELLI
mare Caspio, hoggi detto mare di Bacchu 44). Da ponente dal sino A-
rabico, ò mar Rosso, dall’Egeo, ò Arcipelago, dalla Propontide hoggi
detta stretto di Costantinopoli et dal Ponto Eussino 45) chiamato co-
me habbiam detto mar maggiore 46). Da Settentrione ancora dal mar
maggiore 47) et da parte della Palude Meotide chiamata mar di Tabac-
che 48), et da parte della Sarmatia asiatica chiamata Tartaria volgar-
mente 49). Da mezzo giorno dall'Oceano meridionale ò Indico dal mar
Mediterraneo et dal mar maggiore. Or 50) raccogliendo tutto quello
che ’] Turco domina nelle 51) tre sopradette parti del mondo de liti
marittimi, viene ad ascendere alla somma di undeci milla ducento ot-
tanta miglia 11280 et la superficie di tutto il dominio suo nelle tre
sopradette parti è di miglia quadri Italiani, un milione vintitre mila
ducento et diecenove. Habbiamo fin qui descritto tutto quello che
°l Turco possiede nelle tre parti del Mondo Europa Asia et Africa par-
mi 52) tempo di passare à quello che 'l Re Cattolico 53) nelle stesse
tre parti domina, et cominciando da quelli Regni ét quei stati ch'egli
ha nell'Europa. Dico primieramente comé sappiamo egli dominare 54)
la Spagna quasi tutta dominando di presente quella parte che pos-
sedea il Re di Portogallo da Greci chiamata Iberia dal fiume Ibero
hoggi detto Ebro, Regione non men populosa che grande.
(f. 4 r.) Fù da Strabone la Spagna assomigliata ad un cuoio di bue di-
steso, Et da Tolomeo s’abbraccia nella seconda Tavola l'Europa. Fll’è
tutta chiusa dal mar, fuor che in quella parte dove si congiunge 55) con
la Franza, il qual congiongimento, è nè monti Pirinei 56), et i suoi con-
fini furono appresso gl’Antichi dalla parte di Ievante i monti Pirinei
già detti, verso mezzo giorno il mare Baleèarico hoggi detto di Maio-
rica et il mare Ibetico con lo stretto di Zibilterra da gli antichi detto
Fretum Herculeum 57), dove Hercole collocò à naviganti il termine,
cio è le colonne, l’una nel monte Calpe nella Spagna, et l’altra nell’A-
) Baccù
) ponte Eussino,
) chiamato Mare Maggiore
) da Settentrione, dal Mare Maggiore
) Mare di Zabuche
) et de parte della Sarmacia, detta Tartaria,
) Hora
1) dei liti del Mare, nelle tre sopradette parti, trouaremo la
2) Europa, Africa et Asia; Parmi
3) Catholico (c. 96 r).
54) che egli domina
55) tauola dell'Europa, ch'è tutta chiusa dal Mare, fuor ch’in
quella parte doue si congiongie
50) Pirenei
57) Freto Herculeo
— tti —
GIUSEPPE MOLETI
frica in Abila 58). Verso Occidente l'Oceano Occidentale 59), et verso
Settentrione l'Oceano Cantabrico chiamato houggi mar di Biscalia,
fù da gl’Antichi 60) partita la Spagna in tre parti principali, ciò è
nella Betica, nella Lusitania, et nella Tarraconese, nelle quali tre
parti hoggi vi sono distribuiti quattordeci regni, nuove de quali sono
compresi nella Lusitania 61), la parte Betica è divisa dalla Lusitania
per il fiume Guadiana, ch'hoggi viene detto Ana, il qual passa per
quella parte che chiamano Estrema dura 62). Dalla Tarraconense
vien poi separata nel capo di Gala 63), che gl’Antichi chiamaron
Caridemo promontorio, talche la Betica è tutto quel Pezzo della
Spagna chiuso tra il fiume Duero et il Capo di Gala 64). In questa
parte sono tre Regni i quali son quel di Granata, di Siviglia et di
Merida 65), e le Metropoli loro sono Granata, Sciviglia 66), et Me-
rida. La Lusitania, parimente è divisa dalla Tarraconense per il fiume
detto di sopra Duero che dagli Antichi fu detto Duro 67), et a punto
in quella parte di Ponente dove è il Porto di Portogallo: da tal Porto
chiamandosi hura tutta la Lusitania ciò è Portugallo per haversene
di quello impadronito per l'addietro i Francesi detti Galli 68). È
adunque chiamato Portugallo 69) tutto quel della Spagna ch'è chiuso
tra la città di Leppe ch’è in Andalusia 70), et la città di Baiona. In
questa parte della Spagna sono i Regni di Portogallo con la Metro-
poli Lisbona, et di Galitia con Compostella Metropoli. Tutto il resto
oltre le parti 71) della Spagna è Tarracona 72) nella quale sono
nuove Regni, cioè il Regno di Leone 73), che per altro nome si dice
Castiglia la vecchia, et la sua Metropoli è leone. Il Regno di To-
ledo chiamato Castiglia la nuova, et la sua Metropoli è Toledo 74).
58) in Abila, nell'Africa;
59) l'Oceano occidentale,
60) Biscaglia. Fu dagli antichi
61) Lusitania; La
62) Estremadura.
63) Gata
64) Gata
65) di Granata, d’Andalugia, et d’'Estremadura
66) Seuiglia
67) fiume detto Ducro, dagli antichi chiamato Duro,
68) porto di Portogallo, così chiamandosi hora tutta la Lusitania,
cioè Portogallo, da tale porto, per essersi di quella impatronito, per
l’adietro, et fatto quivi scala, i Galli, cioè i Francesi.
69) Portogallo
70) Jeppe, et che è nell’Andalugia
71) parti dette
72) Tarcacona
73) Lione
74) nuova, con la Metropoli, Toledo.
— 445 —
PAOLO REVELLI
Il Regno d'Aragona et la Metropoli Saragoza. Il Regno di Valenza,
et la Metropoli Valenza, Il Regno di Catalogna et la Metropoli 75)
Barcellona, Il Regno di Murcia, et la Metropoli Murcia 76). Il Regno
di Navarra, et la Metropoli 77) Pamplona. Il Regno di Biscaglia, et
(f. 4 v.) et la città di Bilbao, et il Regno di Guipuzcoa 78) et la città di
S. Sebastiano. Circonda poi la Spagna cominciando da Colibre, et tra-
versando i monti Pirinei à fonte Rabia, et da fonte Rabia al Capo
tinisterrae 79), et da quivi al Capo S. Vincenzo, et da indi a Zibilter-
ra, et da indi ritornando à Colibre miglia mille ottocento novanta
tre 1893. di quei 80) di Spagna mà Italiani 81) sono miglia due mila
centonovanta in circa 2190. et la superficie sua ridotta à miglia quadri
Italiani viene ad essere cento otto mila ottocento quaranta in circa
108840. Possiede ancora il Re Cattolico buona parte della Alemagna
Bassa, paesi che sono dà Tolomeo parte di loro compresi nella Gal-
lia Beglica 82) et parte nella Germanica 83), et si numerano in tale
parte dominata 84) dal Re Catolico dicesette stati. Et prima i du-
cati di Barbantia, di Limburgo, di Lutzemburgo et di Geldria 85).
I Contati 86) di Fiandra, di Artesia, di Hannonia, di Hollandia,
di Zelandia, di Namurcia, et di Zuefania 87). Il Marchesato del Sa-
cro Imperio. I Dominij, è le signorie di Frisia, di Mechlines 88), di
Ultraietto, di Transihalana 89), et di Groninga, questi 90) paesi tutti
possono havere di costa di mare da seicento miglia Italiani in circa
600 numerandoli dalla bocca del fiume Ems 91), anticamente detto
Amasio et così chiamato 92) da Tolomeo Orientalissimo termine
di tali stati fino a Gravelinghe termine Occidentalissimo di tal Do-
75) principale città
76) et la città Murtia
77) et la città
78) Lipurquà
79) Terrace
- quelle
81) Italiane
82) abbracciati nella Galia Belgica
3) Germania
4) in tal paese dominato
5) Gheldria
) Contandi
) d’artesia, d’Holanda, di Zelanda, di Namurtia, e di Zufani
) 1 Dominj di Frisia, di Mechlinia
89) Transilvania
) Groninga. Questi
) Econs
) posto
SI
e)
7
-
90
9I
92
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GIUSEPPE MOLETI
minio terra posta nella bocca del fiume Aa 93). E’ chiuso questo dalla
parte di Tramontana dall'Oceano Germanico et Gallico, et dal-
l'altre parti confina con diversi stati, come col Contato 94) di Frisia
Orientale col Vescovato Monasterienze, còl Ducato di Cleues, con
l’Arcivescovato di Cologna con quel di Treveri 95), et còl Regno di
Franza. Et può la sua superficie ridotta è miglia Italiani quadri
esser da quaranta settemila et seicento in circa 47600. Domina an-
cora il Contato di Borgogna, ch'è numerato nella Franza 96). Pro-
vincia nella quale appresso à Cesare, et à Tolomeo eran quei popoli,
che eran detti da loro Sequani, et per non allongarmi molto à chiu-
derlo con suoi confini solo dirò che la superficie di tal Contato ridot-
to à miglia Italiani quadri può esser nuove mila et ottocento miglia
in circa. Ja principale città di tal Contato è Bisanzone da gli Antichi
detto Bisontio. Domina poi il Re Catolico 97) quasi meza l’Italia,
. Essendo come è padrone del Regno di Napoli, et del Ducato di Mi-
lano, Re di Sicilia di Sardigna et possiede alcune fortezze in Toscana
98) non starò a dire ch’essendo tutti i Genovesi principali sotto S.
Mta Cattolica 99) et regendosi quasi la Republica Genovese à suo
voto, che per queste si può chiamare
(f. 5 r.) Sig.re della Liguria hoggi detta Riviera di Genova et per conse-
guente di Corsica essendo tal Isola dominata da’ Signori Genovesi. I]
Regno di Napoli comincia nel mare Adriatico detto da gli Antichi ma-
re supero, ò di sopra nel fiume Tronto detto anticamente Truento 100),
et finisce a’ Fondi à questo modo. Tirisi una linea che traversi l’Italia
al mar Tirreno chiamato ancora mare inferiore in sino à Fondi luogo
ò terra così detta à tempi nostri, et da Tolomeo ancora, et girisi
attorno poi partendosi da' Fondi per la marina passando lo stretto
del faro di Messina chiamato anticamente fretum Mamertinumtro1),et
ritornando attorno fin che s’arrivi alle bocche del Tronto detto di
sopra. Contiene sotto di se queste Provincie cio è Campania felix
hoggi detta terra dilavoro 102). Lucania chiamata Basilicata. Bruti)
9.) Grauelingue che è nella bocca del fiume Aa, termine occidenta-
lissimo di tale dominio
94) Contado
95) Treneù
96) Franza,
97) Catholico
98) Toscana;
99) Catholica
100) Tiunto
101) Fretum
102) cioè Campania Felice, hoggi detta, Terra di Lavoro;
— 447 —
GIUSEPPE MOLETI
103) ch'oggi è la Calabria inferiore. Magna Grecia c’hoggi è la Calabria
superiore. Salentini c'hoggi è detta terra d'Otranto. Apulia peucetia
hoggi terra di Barri. Apulia Daunia 104) Samnites hoggi l'Abruzzo
105). E’ questo Regno tutto circondato dal mare Adriatico, et Tir-
reno fuori che la parte sopra dal Tronto à Fondi, et circonda par-
tendosi dal Tronto et girando attorno per Fondi, per Rhegio, per
Taranto, per Otranto et ritornando al Tronto, da mille et cento mi-
glia Italiani 106 in circa 1100 et la sua superficie ridutta a miglia
quadri Italiani, può esser da venticinque mila e ducento in circa
25200. La Sicilia poi Isola nobilissima et abbondantissima, di tutto
quello che all'uso humano può servire, è separata dall'Italia per
quel piccolo stretto ch'hoggi si dice del faro 107) che può nella più
stretta sua parte essere da tre miglia in quattro di larghezza. È
fatto come un triangolo i due lati del quale sono uguali, et maggiore
ciascuno del terzo che i Matematici chiamano Isoscele, può circon-.
dare questa Isola poco meno di settecento miglia Italiani 700 et la
superficie sua ridotta à miglia quadri Italiani può esser dà decesette
milla ducento venti 17220. Siegue 108) la Sardegna il circoito 109)
della quale può esser poco meno di seicento miglia Italiani, et la sua
superficie ridotta à miglia quadri Italiani è di dodecimila et ottocento
miglia in circa 12800, Resta I10) di quello ch'egli possiede in Eu-
ropa il Ducato di Milano il quale confina col Monferrato, col
Piemonte, con lo stato de’ Signori Venetiani 111) con la Liguria ò
col Genovese, con i Grisoni, et con gli Svizzeri. Può essere la super-
ficie sua ridotta à miglia quadri Italiani da quattro mila settecento
vinti miglia in circa. Di maniera che raccogliendo tutto il lito del mare
ch’el Re Catolico 112) domina nell'Europa ascende alla somma di
quattro mila cento nouanta miglia in circa 4190 et la superficie ascen-
de alla somma di ducento sessanta sei mila cento sessanta
(f. 5 v.) miglia quadri Italiani 206100. Signoreggia il Re Catolico
nell'Africa il Regno d’Oran con tutta la costa insino stretto di Zi-
bilterra dove son Mar Tachilir 113) Melilla Tanger et altri luoghi,
103) Buocij
104) Dannia, hoggi
105) l'Abbruzzo
106) Italiane
107) Faro
108) Segue
109) circoito
11o) Resta dire
111) Vinitiani
112) Catholico
113) Marzachibir (carta 98 v)
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di
GIUSEPPE MOLETI
el è credibile, Orani essere e appresso à Tolomeo quel che egli dice
Partus magnus 114) et Tanger che sia Tingis comprese nella Mau-
ritania, ch' hoggi vien detta Barbaria 115), et Il Regno d’Oran è
quello di Tremisenne 116). Può esser il lito da C Oran fino allo stretto
- da trecento cinquanta miglia Italiani i in circa 350. Fra terra poi poco
ò nulla domina. Possiede ancora l' Isole di Canaria dà gli Antichi dette
Fortunate. Nell' Asia poi, di sua ragione sono buona parte delle Molu-
che stante la, divisione che Papa Alessandro fece del mondo à duce
Re di Castiglia et di Portogallo. Castiglianj partendosi quasi d'uno
istesso termine con Portughesi sì messero à navigare intorno all’Afri-
ca andando [i P. .] verso leuante, et i Castigliani per il Golfo Verso
ponente, della qual navigatione come sappiamo che, Christoforo 117)
Colombo Genovese ne fu Inventore, e venendo poi per i confini trà
loro à contesa Papa, Alessandro fatto della contesa 118) Giudice di
consenso delle parti dove il termine comune era un meridiano
che. passaya Per l’Isole di Capo Verde 119), che son l’esperide de
gl’Antichi determinò, che non quello ma un altro più verso Occi-
dente fosse per. ventun grado distante dal primo: per modo che doue.
prima i confini di Castigliani 120) andando verso Ponente 121) et
circondando attorno passando per Magaglianes nan arrivavano alle
Moluche, con questa nuova divisione perdeva una particella del Perù,
cio è una parte di quella Provincia che chiamano Brasil la qual viene
a rimanere à Portughesi vennero essi ad avere fatto acquisto di buona
parte delle Moluche . che son l’Isole F ilippine. 122), Mindano 123),
Gilolo 124), Cailon, Machan, Barabar, Pulaan 125) Celebes 126),
Burmo et altre, in oltre il Japan et parte del continente dell'India
grande de’ gl’ Antichi è orientale de' Moderni; ciò è il Cataio, il
Quinsai 127), la China, et altre Prouincie di quelle parti, a questa
sentenza si giungne 128) ch' avendo, Magaglianes, ‘nauigato attorno
per commessione del Re Cattolico passando perlo stretto detto poi
115) Barbabaria
116) Tremisef
117) Christofaro
118) Contesa
119) Capouerde
120) Castigliani,
121) Ponente,
122) Filippina
123) Miadanao
124) Gilolo
125) Palohan
126) Colibes
127) Quinsm
128) giongie
da -
— 449 —
Aevum - Anno I - 29
PAOLO REVELLI
dà posteri, dal nome suo di Magaglianes, arrivando alle Moluche,
prese il possesso per l’Imperator Carlo Quinto. Ha adunque il Re
Cattolico Dominio nell'Asia, mà si come egli non domina attual-
mente quelle parti, così i Portughesi non dominano attualmente
quella particella che toccò loro del Perù, che è il Brasile ‘129) se-
condo la sentenza di S. Santita [Santità]. Si giungne che l’Impe-'
rator Carlo Quinto 130) havendo bisogno de danari diede in pegno
per trecento mila ducati al Re Giouanni ultimo di questo nome 131)
di Portogallo, auo del Rè Sebastiano ultimamente morto del 78 132
in Africa [,] quella parte delle Moluche che per la divisione
(f. 6 r.) le toccarno, et da tal tempo in qua i Portughesi restarono
Signori assoluti delle Moluche le qualî il Rè Cattolito non s'è curato
di ricuperarle 133). Mà di presente essendo il Rè Cattolico successo
nel Regno di Portugallo è restato signore libero di tutto il Leuante,
di maniera che questa sola parte d'Asia, dove il Rè domina è d’un
numero grandissimo di miglia littorali, talche dalle bocche del Sino
Persico cominciando da Ormus doue il Rè Cattolico ha dominio
per quanto tiene l’Arcipelago delle Moluche che sono appresso otto
mila miglia Italiani di costa, ò tutto è del Rè, ò à quello Tributa-
rio, oltra una costa dell’Arabia felice è dell’Africa tutta 134). E*
poi il Rè Cattolico signor del mondo nuovo 135) nel quale altri non,
hà a fare, et dove sono grandissime Provincie: et non solo di quello
ne signoreggia le riviere ma nel più il fra terra 136). Il mondo 137)
nuovo adunque lo divideremo in due parti 138) l’una delle quali
chiamaremo la Nuova Spagna, et l’altra il Perù. Intenderemo la
nuova Spagna dallo stretto di Terra doue il Peru ch’é Penisola 139)
v quasi Isola si giugne 140) con la terra ferma ch'è la nuova Spagna,
et doue particolarmente è la Città di Panama. Partendosi adunque
da Panama et circondando tutto il Peru andando uerso il Brasil et
di quindi allo stretto di Magaglianes, et di quindi di nuovo à Pana-
ma, sono di camino littorale dà miglia Italiani dodecimila et seicento
129) Brasil
130) Carolo V.
131) nome
132) dell’anno 1578
133) recuperare da
134) Di tutto questo periodo non è traccia nella stampa.
135) Re Catholico, Signore del Mondo nuovo,
136) fra terra ancora.
137) Mondo
138) parti per hora;
139) Perù, che è Peninsola
140) congionga
GIUSEPPE MOLETI
in circa 12600. E’ poi la superficie del Perù ridotta à miglia quadri
Italiani sei milioni settecento venti mila in circa 6720000. Di questa
quantità io voglio batterne le miglia settecento venti mila 720000
per quello che può essere al fra terra non habitato resteranno 141)
per la quantità habitata sei milioni di miglia quadri in circa
6000000. Similmente la costa della nuova Spagna partendosi dalla
Florida, et dallo estremo della ponta ch’entra in mare circondando
il Golfo fino à Jucatans 142), et di quindi fino à Panama, et di quin-
di fino à Quiuira verso Ponente et Settentrione sono di costa da
cinque mila ducento venti miglia in circa 5220. Et la superficie della
nuova Spagna ridotta à miglia quadri Italiani 143), sono dà un milio-
ne ét ottantotto mila miglia in circa 1088000 di questa superficie iò
ne abbattero 144) gli ottantotto mila miglia 88000 per quel che è è
inhabitato, ò mal habitato, resta un milione di miglia quadri per la
superficie della nuova Spagna, et accopiando tutta la quantità del
Mondo nuovo, appare la costa è il camino littorale essere diece-
sette mila miglia quadri ottocento venti in circa 17820. Et la su-
perficie sua essere sette milioni di miglia quadri. Hò lassato 145) di
considerare la quantità dell’Isole che nel Mondo nuovo sono hauen-
done ancora lassate molte nel considerare il Paese del Turco quan-
tunque queste che lasso 146) in parte eccedano molto et molto
quelle ch'ho lassato 147) nel considerare il Paese dominato dal
Turco. Or 148) raccogliendo tutto quello che ’1 Re Cattolico do-
mina nelle due parti sole del mondo, ciò è nell'Europa, et nel
Mondo nuovo, lassando di mettere in consideratione quello che egli
(f. 60.) possiede nell’Africa e nell'Asia trovo esser di camino littorale
ventidue mila, et diece miglia 22010 et la superficie di sette milioni
ducento sessanta sei milla, cento sessanta miglia 72060160 et perchè
di sopra trovamo il lito del mare dominato dal Turco essere miglia
undeci mila 149) ducento ottanta 11280. però comparato questo à
quello del Rè Cattolico troueremo quello superare questo quasi
.della mità, et 150) ascendendo la superficie della terra dominata
dal Turco ad un milione ventitre mila ducento diece nove miglia
141) habitato; Restaranno
142) ]Jucatan
143) miglia quadri
144) abbatterò
145) lasciato .
146) lascio (carta 100 r.) I
147) quello ch’ò lasciato | ta
148) Hor n | no
149) milla :
150) la mettà; Et 2 e >
— 451 —
* è.
PAOLO REVELLI
1023219 et quella dcl Rè Cattolico à sette milioni ducento sessanta
sei mila cento sessanta miglia 7266160 per tanto appare la terra
dominata dal Rè Cattolico essere quasi sei uolte et meza più di
quella ch'è dominata «dal Turco, et però. non son da esser compa-
rate le Signorie del Turco à quelle del Rè Cattolico, eccedendo queste
di gran lunga quelle. Non lasserò 15 1) ora di fare una consideratione
ch’essendo il circuito della terra tutta ventun mila et seicento miglia
Italiani 21600 respondendo 152) secondo l' osseruation de nostri Astro-
nomi 153) ad ogni grado del Meridiana ( Celeste, o) del maggior cerchio
sessanta miglia i in terra de’ nostri, et il suo Diametro trouato con le
regole d’Archimede essendo sei mila ottocento settanta dui miglia
et otto undecimi di miglio 6872,8/11 et nascendo della moltiplicazione
della circonferenza della terra nel suo diametro la superficie della
terra tutta (secondo che Archimede ha dimostrato) che verrebbe a
essere cento quaranta otto milioni quattrocento cinquanta mila
novecento et nove miglia quadri et undecimo di miglio 148.4509091/11
che però di questa tal superficie il Re Cattolico ne domina la uentuna
parte et quasi meza. Voglio 154) che intendendo noi tutta la super-
ficie della terra diuisa in ventuna parte che di tali il Rè Catolico
ne domina più d'una anzi una et quasi meza. Et il Turco ne.ulene
à dominare una delle cento et quarantaotta parti di quella. Voglio
che supponendo noi la medesima superficie della terra divisa in cen-
to et quarantaotto parti di quelle solo una ne domina il Turco et
forse meno. Mà chi volesse senza batter 155) cosa alcuna < della su-
perficie della terra ch'è dominata dal Turco sapere et [a] quanti
miglia ascende saperà esser un milione trecento settanta otto mila
novecento cinquantanove miglia quadri 1378959. Et la superficie
della terra dominata dal Rè Cattolico 156) è di ‘Otto milioni set-
‘tanta quattro mila cento sessanta. miglia quadri 8074160. la “douce
appare la terra dominata dal Rè Cattolico hauersi quasi à quella
del Turco, come tredeci à due, ò per darla alquanto più precisa,
come ottanta è tredeci quasi, et precisissima sarà poi ‘pigliando ì
numerì come sì trovano ciò è 8074100 a 1368959 ò pure riduta à quei
più minimi numeri che si può approssimare è
(f.7r.) come 433 à 74 et si dice approssimare poi ‘che noh sono
151) lascierò
152) detta terra tutta, vintiunmilla, et sei cento ‘miglia ‘Îtaliani,
rispondendo
153) osservatione de’ nostri Astronomi
154) Voglio dire (carta 100 tv)
155) sbattere
156) Catholico
GIUSEPPE MOLETI
queste cose in ultima precisentia 157) per rispetto della ma-
teria nella quale ‘si trovano. la quale non comporta che si
troui quella certezza che nelle cose astratte di’: Geometria è
di Aritmetica si suol vedere 158). Et à chi dicesse che nel com-
putar la Spagna di quella se n’è presa tutta la quantità che
non si douea non essendo il Regno di Portogallo della ragione
del Re Cattolico, si risponderebbe che essendosi lassate le parti
dell’Africa di computare et così l’Isole di Maiorica 159) et'le
Canarie con molte altre parti dominate dal detto Re Cattolico, che
però posson ben queste quantità ricompensare quel pezzo della Spa-
gna appartenente à Portogallo cosa che poco rileua rispetto al re-
sto *' Da tutto ‘questo discorso appare il Rè Cattolico esser il
maggior Principe del Mondo rispetto alla grandezza de Paesi che
domina, non potendo quanto al dominio niun Prencipe compararsi
a lui. Et auenga che ’1 Gran Cane di Tartaria sia patrone 160) di
molto paese tutto lo stato suo non dimeno non arriva à due milioni et
ducento mila miglia quadri Italiani di Paese 2200000. Il Rè di
Persia poi quantunque sia gran Prencipe non dimeno lo stato suo è
minore di quello del Gran Cane di Tartaria potendo arrivare il suo
Pacse tutto a due milioni et cinquanta mila miglia Italiani quadri in
circa 2050000. Solo il Rè d'Etiopia detto il Prete Jan 161) s'approssima
di stato al Rè Cattolico poi che domina di Paese cinque milioni et
cinquecento mila miglia quadri Italiani in circa 5500000 mà è paese
che hà molti luoghi deserti et poco habitati, altri Prencipi poi non
son dà compararsi rispetto à gli stati loro con i sopradetti. Diremo
adunque per grandezza di stato il primo essere il Re Cattolico 162).
Il secondo il Prete Janni. Il Terzo il Gran Cane, il Quarto il Re di
Persia, detto il Sofi. Il Quinto il Turco. Tutti gl’altri Prencipi 163)
157) precisezza
158) Aritmeticha, si suole vedere
159) Maiorica, et Minorica,
*) Questa considerazione non implica contraddizione con quanto è
detto precedentemente (f. 6 r): « di presente essendo il Rè Catholico
successo nel Regno di Portugallo »): essa attende a ribattere la possibile
obiezione che il computo areometrico relativo al Portogallo e al dominio
coloniale portoghese doveva essere fatto separatamente, cioè indipen-
dentemente da quello relativo alla Spagna e al dominio coloniale spa-
gnuolo perchè l’annessione (1580) era una condizione « de facto » e non
una condizione «de iure ».
160) Padrone .
161) Janni
162) Catholico
163) altri Principi poi
— 453 —
PAOLO REVELLI
per grandi che siano non sono dà essere comparati 164) con questi i
quali occupano col Dominio loro, diecenoue milioni ducento tre
mila cento diece noue miglia Italiani quadri 19203119 che compa-
rati a tutta la superficie della gran massa della Terra et dell'acqua
uiene quasi ad esser l'ottavo di quella. Et chi poi con la terra domi-
nata dà loro comprendesse li mari et loro stati attinenti 165) senza
dubbio il Dominio loro sarebbe quasi la mità della superficie della
terra et dell’acqua et forse più 166).con tutto ciò intendendo noi la
terra dominata dà loro essere discoperta, come è dall'acqua è cre-
dibile non rimanere nella terra due altre tanti parti di discoperto,
come potrebbe sapersi da chi ne volesse Pighar il carico cela sup-
putatione 167).
164) da compararsi
165) i Mari a loro Stati attinenti
166) più; Con
167) supputatione. Ma tanto basti per hora.
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INVENTARI DI LIBRERIE
UMANISTICHE"
A FELICE RAMORINO
Lo spoglio sistematico degli atti notarili, che, nonostante gravi
‘e frequenti lacune, rappresentano in molte città un materiale cospicuo
di studio, può offrire dati interessanti per la storia della cultura.
Passano, è vero, giorni e giorni che parrebbero perduti, e non li
‘compensa certo — spigolare, si spigola sempre — qualche notiziola
che determini meglio particolari toponomastici o aggiunga qualche
nuova voce al ricco lessico delle arti medievali, ma viene di tanto in
.tanto la giornata buona, e lo studioso si sente così ripagato del tempo
e della fatica, se pur non si considera addirittura un filius fortunae.
Esaminando le filze dei notari lucchesi del tempo di Dante, Fran-
«cesco Paolo Luiso si è imbattuto, per così dire, in un nuovo figliuolo
del Poeta (Un documento lucchese che interessa la biografia di Dante,
Lucca, Coop. Ed. Lucch., 1921, per « Nozze Sardi-Mazzei »), ha riunito
dati notevoli per la biografia di Bonagiunta ed ha colto fra i nomi e i
-soprannomi del piccolo mondo dei mercanti e dei barattieri lucchesi
del Duegento una buona parte di quelli, che parrebbero creazioni del
‘Poeta, dei diavoli danteschi (Luiso, « Ecco uno degli anzian di Santa
Zita », in « Miscell. Lucch. in memoria di Salvatore Bongi », Lucca,
-Coop. Ed. Lucch., 1927). Frugando nelle carte di un secolo dopo, a me
«non è accaduto, finora almeno, di trovarmi a così gradite sorprese,
ma nemmeno di aver gettato il mio tempo, se già in un primo spoglio
dei primi decenni del Quattrocento ho potuto mettere insieme un
manipolo di inventari di libri che, aggiunti a quelli fatti conoscere
«dal Gottlieb (Ueder mittelalt. Biblioth., Leipzig, Harrassovitz, 1890,
. pp. 205-7), dal Bongi (Di Paolo Guinigi e delle sue ricchezze, Lucca,
1871, pp. 78-8 (cfr. Fumi e Lazzareschi, Carteggio di Peolo Guinigi,
« Mem. e Docum. della Storia di Lucca » XVI (1925), pp. XX-XXI),
(9) Questo lavoro era stato scritto per la « Raccolta » in onore di Felice Ra-
\ morino; giunto in ritardo per essere incluso in quel volume, trova posto in que-
sta « Rivista». e i
AUGUSTO MANCINI
e Invent. del R. Arch. di Stato di Lucca, IV, p. 344, n. 2 ) e dallo
Sforza (Epistola Peregrini de Belmesseris pontremulensis, Lucae,
typis Justi, MDCCCLXXX, pp. 36-9), mi daranno modo, a ricerche
compiute, di riprendere miei vecchi studi (cfr. Studi Ital. di Filol. class.
VIII, 124; Bibliofili e Biblioteche di Lucca, Lucca, Amedei; 1907;
Rivista di Filol., XXXVI (1908), 3, Pp. 518- -23) sulla cultura a Lucca
nel secolo del Rinascimento. Mi limito qui a rapidi cenni delle libre-
rie più notevoli.‘
Tale era senza dubbio quella di Federigo q. Matteo Trenta morto
«in partibus ultramontanis in civitate Parisiis », di cui in data 15
gennaio 1420 (Ser Paolo Federigi, 378, c. 77) si fa l'inventario:
poco meno di un centinaio di libri, con una buona rappresentanza
di testi latini, classici e cristiani (di Cicerone le Tusculane, le due Re-
toriche @ nova et anticha », lé « Pistole »; Virgilio: Ovidio «Le Pistole »;
le Tragedie di Senèca; Lucano; Svetonio « de duodécim Ciezaribus »;
Macrobiò; Servio; Prospero d' Aquitania; Boezio; le Croniche di San
Girolamo; di S. Agostino ‘il « De civîtate”Dei »;'i « Moralia » ‘di San
Gregorio; «la prima parte della Somma di S. Tomaso », qualche
traduzione dal greco (la «Politica » dì Aristotele, non ih traduzione
umanistica, ‘se primo traduttore ne ‘fu il Brani nel 1438 (cfr. Luiso,
Studi su l’Epist.'L. B. (iti corso ‘di Stampa), p. 171), é il'« De repuù-
blica» di Platone, che può invecé esser bene la traduzione’ fatta dal
Crisolora ‘e da Uberto Decembrio a Pavia dal 1400 al 1403, gli anni
del soggiorno del Crisolora (cfr: Sabbadini, Le scoperte, Î, 50) în quella
città) e molti libri volgari (due codici di Dante, un « Tezeo » che sarà
la Teseide, di larga lettura, del Boccaccio, ancorà'un è Tezeo con più
sonetti », «una Storia ‘di Sancto Francescho », «la leggienda de
Santo Antonio abate », «lò libro delle ciento novelle » «un libro ovo
tioni di San Bernardo » «un Troyano in volgarè' bolognese », «un libro
di Troyano' et ‘gramaticha Papias ». Scarsamente rappresentati I
libri di legge e noteveli solo tre codici di letture di Bartolo sulle
Pandette nella consueta triplice divisione del Digestum vetus, dell'In-
forliattim'e del Digestim novum; di grammatica un « Grecismo », la
vulgatissima opera di Everardo di Béthure, e ‘un Uguccionè, è vari
libn liturgici, fra i quali «un breviale bello parigino ». I libri francesi
non meravigliano in nessuna libreria del quattrocento e tanto merio
debbono meravigliare in librerie di lucchesi ‘che, per tradizione di
traffici già più che secolari, facevano la‘spola fra Lucca, la Francia e la
Fiandra: Federigo Trenta aveva îl suò bravo « Tezoto ini francieschò »
‘e «lo manual de pecchati in franciescho'»: in volgare pare ‘che ‘fossero
invece alcuni libri di musica, notevole «un libro di muzicha dove
son’ più ‘cansotii et madriali et mottetti ». Una Strana riotazione'è di
— 456 —
Cu
INVENTARI DI LIBRERIE UMANISTICHE
un «libro matii poetria », e non vi è incertezza di lettura, ma non
parrebbe si dovesse dubitare trattarsi dell’epistola oraziana. Non
mancava infine, per tacere di ciò che ha minore Importanza, il COr-
redo di un « mappamondo ». »
Scarso interesse ha in confronto la libreria di Andrea di -
tonio Frediani (Pergamena 1 giugno 1444, acquisto Ghivizzani), u
mercante che aveva le sue Pandette con la relativa « lectura Cyni», »,
che è Cino da Pistoia, e un buon manipolo ‘di classici‘ le due Re-
toriche, Sallustio, Virgilio, Orazio, Lucano, le Metamorfosi d’Ovidio,
Valerio Massimo, «unum par tragoediarum », evidentemente di Se-
neca, Boezio. Non sono molti, ma ‘molti meno pare ne avesse a
giudicare dal sequestro che dopo la sua morte ne fu fatto ncl 1420
(Bongi, Inventario, IV, 344), il cronista e ‘novelliere lucchese Gio-
vanni Sercambi. dii
Veramente notevole è invece l'inventario in data 17 luglio
1424 (Ser Domenico Arrighi, 429, c. 182) dell'eredità di Ser Francesco
Accettanti: un inventario che ci offre un po’ di tutto, compresi « cer-
tos sacchettos litterarum mercatorum ct multas litteras mercatorum »,
«unam cartam ad navicandum », « unam bilanciam pro pesando flo-
renos », e compresa anche, dati i tempi (cfr. Bongi, Le schiave orientali
in Italia nella « Nuova Antologia » lI (1860), 215 sgg.; Mancini,
Il « Memoriale » di M. Jacopo di Coluccino, in « Atti della R. Acc.
Lucchese », vol. XXXVII), « Luciam sclavam scu servam dicti Iran-
cisci ». I manoscritti sono una sessantina, e i classici, fatta eccezione
per la Tebaide di Stazio, per un Boezio « De consolatione » e per un
Prospero d'Aquitania, sono tutti volgarizzati: volgarizzati il « De
amicitia » e il «De Senectute », una «oratio Tulii in laudem Gai
Caesaris », che sarà l’orazione « Pro Marcello » che si poneva in testa
alle cesariane (cfr. Zambrini, Le opere volgari, p. 265), volgarizzate
le « Epistole di Seneca », il «de causis » di Quintiliano, cioè le « De-
clamationes maiores » con ogni verisimiglianza la traduzione del
Loschi che è della fine del sec. XIV (cfr. Marchesi in « Miscell.Maz-
zoni » I, ‘279 SEg.), ‘ed anche Boezio. Traduzioni latine non umani-
stiche saranno il « De caclo et mundo » di Aristotele e un « opus Exopi »
(cfr. Sabbadini, Le scoperte, II, 263), mentre un libro « de re uxoria» è
evidentemente il noto trattato di Francesco Barbaro pubblicato con
ogni probabilità (cfr. Sabbadini in « Miscell. Hortis, II, 615 sgg.) nel
1416. Neppure nella libreria dell'Accettanti mancava Dante, anzi
l'inventario ci offre, oltre un «liber Dantis », due volumi «in cartis.
continentes expositiones Dantis » — non si dimentichi che l'esempio
del culto per il Poema dell’Alighieri dava in Lucca, oltre il Sercambi,
che si cimentò anche a chiosarlo, lo stesso Paolo Guinigi (Carteggio.
- 457 —
AUGUSTO MANCINI
p. XXI), che comprò in Pisa nel 1405 l’autografo del Commento di
Francesco da Buti ma del Petrarca figurano tre codici, due del Can-
zoniere e uno dei Trionfi. Fra i codici di carattere sacro e agiografico ne
‘compaiono due della « Legenda Sanctae Crucis de Luca », evidente-
mente la leggenda latina leboiniana: uno dei codici (lo noto per
eventuali raffronti con quelli esistenti) era cartaceo, dell'altro manca
l'indicazione. I manoscritti in francese sono otto: notevoli un « Egi-
-dii De regimine principum in lingua francigena » che è la nota opera
«del Colonna; un libro «De terra sancte Yerusalem », e. un « De
gestis Allexandri», probabilmente il noto poema di Lambert le
Torte Alexandre de Bernay.
Una sessantina di codici possedeva anche Giovanni Guinigi, della
‘cui eredità si redige inventario il 22 novembre 1425 (Ser Domenico
Arrighi, 429), ma si dovrebbe argomentarne ch'egli fosse fra gli spre-
giatori del volgare, poichè, se si eccettua un libro « ballatarum nota-
rum », cioè di musica, nulla c’è d'italiano: nulla di Dante, nulla di
classici volgarizzati, del Petrarca e del Boccaccio compaiono il
«De remediis utriusque fortunae » e il « De genealogia Deorum ».
C'è qualche libro francese ma senza indicazione di contenuto, non
pochi e comuni testi di latinità medievale, e dei classici Terenzio,
Sallustio, Virgilio, « Ovidius maior », Lucano, Giovenale, Svetonio,
Apuleio «De deo Socratis », Lattanzio, Eutropio «de ystoriis Ro-
manorum », Macrobio, Cassiodoro « Epistolae » », Boezio.
Che in questi inventari che non vanno oltre il primo iu del
secolo, si trovino molti codici francesi e non si trovi nessun codice
greco non fa meraviglia; e la memoria più antica di codici greci in
Lucca resta ancora, ch'io sappia, l'indice dei libri di Pietro Demetrio
Guazzelli, custode della Vaticana e compilatore col Platina dell’in-
_ventario della Biblioteca sotto Sisto IV, indice che pubblicato in
‘appendice alla sua bella memoria sul Guazzelli da Mons. Pietro Guidi
(nella « Miscellanea Ehrle », V, pp. 192-218), per quanto sia documento
relativamente tardo per la storia della cultura umanistica, mi ha
dato occasione ad alcune osser vazioni c raffronti che espurrò altrove.
AUGUSTO MANCINI
Pisa FE n
— 458.
BOLLECTINI BIBLIOGRAFICI
CARLO CONTI ROSSINI
Prof. di lingue e storia d'Abissinia nella R. Università degli Studi di Roma.
ETIOPIA
(1915-1927)
I. Nota preliminare .
- II. Generalità; studi grammaticali e ‘lessicali sul-
| l’etiopico antico; cataloghi di manoscritti . 2569-2607
III. Letteratura (esclusa quella di carattere storico
nagionale) .. Lc. iu, DE e un COGI
IV. Storia e letteratura storica soon ta 0093
V,. oogratsm atorich i, ji... sd} are R7S6A704
VI. Numismatica . . . . Diga R0R907
VII. Cronologia e calendario o'i t iaao °° RIOORIT?
VII. EMFISIO: i e ia CITIII
TA. Falascia.: . . .. e Ledt'asi o a EI0R290
X. Lingue moderne semitiche:
o "NINO; | pre SEA
2. Tigrai o Tigrigna paio in RODIS0I4
3, AMANO: dda dan a a a ROS=2904
W BISION ei È a © RI082800
Popoli e lingue non semitiche:
XI. Popoli e lingue cuscitiche in generale; studi
BIG: + LO LA tn DOPO
li ADRIA e LES)
io GRID e 1 a En 4 2012931
XIV. Sidama . . . ii © mt ‘3032-2038
— XV. Popolazioni e linguaggi d’altro ceppo iù « 030:2044
- XVI. Etnografia. SSREHEBIERI dana ie pa 2045-2907
XVIL Personalia . . to die 3068: 2068 quater
* Anche per questo bollettino come per quello sugli studi Indiani la tipografia
non ha potuto disporre di tutti i segni che sarebbe stato desiderabile; essa ha sup-
plito adoperando p. es. il corsivo in parole scritte in rotondo o il rotonda in pa-
role in corsivo per indicare Ja varietà di H; ‘oppure ha posposto alle lettere il segno
che sarebbe dovuto essere sovrapposto come in s”, e in e,
— 459 —
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CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2569-2570
I. Nota preliminare. — Questa vuol essere una rassegna
degli scritti interessanti la filologia e la storia, in senso lato, dell’E-
tiopia, apparsi dopo il bollettino pubblicato dalla signora Laura Va-
glieri nel n.2 vol. VII (1916) della RSO, 0, tenuto conto della cessazione
di comunicazioni fra l’Italia e l'Europa Centrale nel tempo in cui la
signora Vaglieri raccoglieva i suoi materiali, dopo il mio bollettino nel
n. I vol. VI (1913) della stessa rivista. Il molto tempo considerato in
questa rassegna ed il trovarsi gli scritti d'interesse etiopico dissemi-
nati in un grande numero di pubblicazioni giustifichino le inevitabili
lacune, cui cercherò di provvedere in un'altra rassegna successiva.
Difetteranno forse indicazioni su pubblicazioni avvenute in Eritrea
od in Abissinia, che diviene disagevole il seguire; esse, però, hanno
spesso interesse puramente bibliografico, anzi che interesse scientifico,
onde la loro omissione non parmi avere importanza.
. La grande guerra ebbe grande ripercussione sugli studi etiopici;
arenato è il « Corpus Scriptorum Orientalium Christianorum » dello
Chabot, che si largamente concorreva alla divulgazione dei testi in
lingua ge‘ez; presso che arenata è la « Patrologia orientalis » del Graf-
fin, anch'essa benemerita di questi studi. Dopo la guerra Sylvain
Grébaut tentò la pubblicazione di una piccola rivista speciale per cose
etiopiche; anch'essa è sospesa. Il Ministero italiano delle Colonie ha
testè iniziata la stampa d’una nuova rivista, destinata a illustrare il
passato dell’Africa Italiana; auguriamoci che il fervore di studi, che
sì encomievolmente si manifesta pet i possedimenti italiani del Me-
diterranco, si riverberi nei possedimenti al di là del canale di Suez.
Missioni e spedizioni scientifiche di Francia, d' ‘Inghilterra e di Ger-
mania hanno visitata in questi ultimi anni, o si propongono di
visitare l'Etiopia, con intenti che interessano i nostri studi.
II. Lingua etiopica: Generalità; studi grammaticali e
lessicali; cataloghi di manoscritti. — Una classificàzîohe ‘géne-
rale delle lingue semitiche e non semitiche d’Abissinia è data da
Marcel Cohen (I 2569); al quale riguardo si leggerarinò con profitto
le osservazioni che al Cerulli vengono suggerite dalle ecceziorralmente
favorevoli sue condizioni d'’ indagine’ e di osservazione (I 2570). In
campo più ristretto, il Conti Rossini tratteggia un quadro delle lin-
gue semitiche del pacse, e, molto concisamente, delle relative. lettera-
4
I. 2509 — Les langues du mon- gues chamito-sémitiques, 82-151
de, par un groupe de linguistes C.
sous la direction de A. Meillet et
Marcel Cohén:MARCELCOHEN, Lan- I. 2570 — OM, 1925» 322-4
— 460 —
#. NOTA PRELIMINARE. «IT. LINGUA FTIOPICA.- ÌÎ. 2571-2583
ture (I 2571). Sui ciò vi è anche un articolo del Guidi ( I 2572). Non
sembtà quì il caso d' insistere su taluni studî d’ordinè generàle 6 che, pu-
re Svolgendosi i in altri campi, banno avuto speciale riguardo all’ Etiopia,
come per esempio quello di Mayer Lambett, che, riprendendo unà non
nuova tesi, trova fra etiopico ed accadico rapporti sì speciali da farne
un gruppo linguistico di contro alle altre lingue semitiche (I 2573), O
quello di Arth. Ungnad che molto accostasi a tale punto di vista
(1 2574), 0 quello del Margoliouth, che invece rav visa fra sud-arabico
(ed etiopico) ed ebraico tali nessi da affermare che, ove si conoscesse
con precisione la terra d’ origine degli Habas ” at, sapremmo quella pri-
mitiva degli avi degli Ebrei (I 2575); nè parleremo del bellissimo
studio del Cohen sul verbo semitico (I 2576), studio molto impor-
tante per le varie lingue semito-etiopiche: sono pubblicazioni che per
il loro carattere troveranno più acconcia segnalazione in altra sede.
Nel campo grammaticale, abbiamo una grammatica della lingua
etiopica, con crestomazia e glossario, dovuta al Mercer, che nello sten-
derla ebbe di mira scopi scolastici (I 2577); numerose recensioni ne
sono apparse, da i di H. Hirschfeld (I 2578), di Herbert H.
Gowen (I 2579), di O. M. Harden (I 2580), di A. Werner (I 2581),
di H. A Nyberg (I 5582), di Sylv ain Grébaut (I 2583), recensioni che,
segnatamente da chi più da vicino ha esaminato il libro, sugliono es-
sere non favorevoli. Alcuni appunti grammaticali, complementari
I. 2571 — Conti Rossini CAR- . I. 2576 — COHEN MARCEL, Le
Lo, Le lingue e letterature semitiche sistème verbal sémitique et l’ex-
d' Abissinia=ONI, I, 1921, nn. 1-3: pression du temps. Paris 1924,
estr. pp. 20. XXVII-3I19.
I. 2572 — Guipi Icn., Le lin- I. 2577 — MERCER SAMUEL A.
ue dell'impero abissino = Oriens,,, B., Ethiopic Grammar, with Chre-
ihe Oriental Review, I, 1926 (Pa- stomathy and Glossary. Oxford
tigi), 2-5. I9Z0.
| I: 2573 — MaAvER LAMBERT, Le I. 2578 — RAS, 1920, 656-7.
dii des langues sémitiques. I. 2579 — Journ. of the Soc.
= Cinquantenaire de l’ Ecole Prat. of or. Research, 1920, 93-94.
des Hautes Etudes, Paris 1921,
51-60. I, 2580 — Bull. of the School
of Or. Stud., London Institution,
I. 1814— UnoNad A., Das. Wé- II (1921-3), 131-133.
sen des semitischen. Leipzig 1925,
I. 2581 — Bull. of the School
0.
3 of Or. Stud., London Institution,
I. 2575 — MARGOLIOUTH, The II (1921-3), 812-3.
velalions between. Arabs and ]s- e LE 3
vaclites. prior to.the rise of Islam. ni A 2 i 50:
London 1924. I. 2583 — Aethiops, TI, 30.
22
CONTI _ROSSINI - ETIOPIA. I. 2584-2588
della classica grammatica del Dillmann, sono stati pubblicati dal Gré-
baut (2584). Il Cohen ha illustrato il comportarsi di gruppi di con-
sonanti in principio di parola (I 2585). Nelle Aethiopica, di cui si dirà
in appresso (I 2739), il Conti Rossini rintraccia avanzi d’un antico
causativo in 4a-; e spiega il causativo amarico as-, al pari del caus.
harari a/-, quale derivazione della X® forma etiopica in asta-.
Speciale attenzione ha avuto lo studio della pronuncia tradizionale
della lingua ge‘ez. Noi non abbiamo nessuna diretta documentazione
del come questa si pronunciasse in antico: dobbiamo cercare di ren-
dercene conto attraverso la tradizione delle scuole annesse alle grandi
chiese ed ai conventi, ove la cultura abissina conservò i suoi focolari.
Il Littmann iniziò la serie di queste indagini, per il periodo di tempo
che qui .-c’interessa, facendoci conoscere i risultati .delle conferenze
avute in proposito col debterà Gabra Mika’e 1 Dabayu, durante il suo
soggiorno in Aksum nel 1906, e poscia esaminando i testi ed.i para-
digmi grammaticali pubblicati, con notazioni precisanti pronuncia
ed accenti, dal bravo Takla-Maryam Samharay (I 2586). Il Cohen, pro
cedendo indipendentemente dal Littmann, sulla base d'informazioni di
abba Gerom fornisce elementi di controllo e di complemento degni
della.maggiore attenzione (I 2587). Il Mittwoch, infine, su notizie.
dell’alaga Taye” e del Belattà Heruy, ha pubblicato un lavoro che pos-
siamo a buon diritto considerare fondamentale su questo argomento
(2588). Sostanzialmente, ci troviamo di fronte a una ben determinata
tradizione nella pronuncia dell’antico idioma etiopico, --tradizione
così diffusa da potersi « considerare universale. Il Guidi, nel rendere-con-
to del bel lavoro del Mittwoch, rileva come questa tradizionale ‘pro-
nuncia non corrisponda spesso a quella delle altre lingue semitiche, e
si pone il quesito della sua origine e della sua attendibilità, -adottando.
il pensiero del Mittwoch che essa abbia subitò l’influsso dell’amarico,
ed esprimendo il dubbio che per parecchi aspetti essa non ‘riproduca.
#
I. 2586 — LITTMANN . EnmO,.
Ge'ez-Studien, I,II:= NGGW, 1917,
I. 2584 — GRÉBAUT: S., Cour-
tes notes de grammaire, (add. à la
— Ge'ez-
Grammatik der dath. Sprache de
Dillmann) = Aethiops, I, 37-39. —
Notules grammaticales, 1d., II, 45-
40. — La conjonction finale -la.
dethiops, I, 12.00
‘COHEN MARCEL,
I. 2585 —
Groupes de consonnes au début
du mot en éthiopien. = Cinquante-
naire de l’Ec. prat. des Hautes
Etudes, Paris 1921. 141-159,
627-702; Studien, III =
NGGW, 1918, 318-339.
I. 2587 — CoHEN MARCEL, La
prononciation traditionnelle duguèze
(éthiopien classique) = JA, 1921,
vol. 2, 218-269. Annuntio del
GRrÉBAUT in Aethiops, I, 15. |
I. 2588 — MITTWOCH EuGEN,,
Die. traditionelle. Aussprache des'
Aethiopischen.' Berlin 1926. 120..
— 462 —
II. LINGUA ETIOPICA. I. 2589-2592-septies
l'antica pronuncia originale (I 2589). Ciò deve renderci cauti nell uso
delle sue applicazioni alle indagini d’ordine morfologico.
Nel campo paleografico, merita speciale segnalazione uno studio.
del Grohmann sull'origine e sullo sviluppo dell’alfabeto etiopico.
(I 2590). Senza dubbio rimangono delle ombre nel quesito della o-
rigine della vocalizzazione delle lettere ge‘ez; ma il Grohmann dice
l’ultima parola che allo stato delle cose possa dirsi. Quanto alla i-
potesi che l'alfabeto etiopico sia non una derivazione, per evoluzione,
dell'alfabeto locale, ma l'innovazione d’un re o la riforma di missio-
nari etc., essa va definitivamente abbandonata. Del resto; oggi cono-
sciamo monete anteriori al re Ezana in caratteri etiopici.
La lessicogratia ha trovato il suo zelatore in Sylvain Grébaut
che va pensando ad una nuova edizione del grande lessico del Dill-
mann. Saranno da meditarsi gli avvertimenti e le direttive che in pro-
posito dà il Guidi (I 2591). Intanto, il Grébaut si spiana la via con nu-
merose piccole note, su questa o quella voce (I 2592-2592 sedties). Di
tutto altro genere è una piccola serie (la vorremmo più numerosa!)
di piccole note del Pritorius, il quale, come in altre precedentemente
I. 2592 ter — GRÉBAUT S., Addi-
tions sémantiques au Lex. aeth. de
I. 2589 — Guipir Ignazio, Die
traditionelle Aussprache des Ae-
thiopischen = DLZ, 1926, col. Dillmann=Aethiops, I, 7-10, 25-28.
1903-1908. I. 2592 quater — GRÉBAUT S.,
I. 2590 — GRORMANN ADOLF, Courtes additions au Lex. aeth. de
Ueber den Urysprung und die Ent-. Dillmann = Aethiops, I, 14, 29-
wicklung der athiopischen Schrift = © 30, 57-58.
Archiv. f. Schritfkunde, anno 1, n. 1 i .
2-3, 57-87, tavola. I. 2592 quinquies — GRÉBAUT
S., Références et exemples à ajou-
ter au Lex. aeth. de Dillmann.
=: Aethiops, I, 59-60. — Références
lexicographiques. id., II, 11-12,
I. 2591 — GuipI I., .d propos
d’une nouvelle édition du Lex.
aeth. de Dillmann =- Aethiops, I,
19-52.
I. 2592 — GréBAUT S., Con-
tributions ‘a la philologie éthio-
pienne = ROC, 1915-17, 439-441;
1918-19, 103-106, 314-322, 40I-
408; 1920-1921, 329-333. |
‘I. 2592 bis — GRÉBAUT S., Addi-
tions morphologiques au Lex, aeth,
de Dillmann = Aethiofs, I, 4-7,
19-25, 39-40, 55-57. — Contribu-
tions lexicographiques: morphologie.
id., II, 4-9. | |
© I. 2592 sexties — GRÉBAUT S.,
Notules lexicographiques=Aethio0ps,
I, 12-13. — Contributions lexico-
graphiques: morphologie. 1d., 37-43,
52-58. — Vocables étrangers. id.,
59-60. — Rectifications lexicogra-.
phiques. id., 60-61.
I. 2592 septies — GREÉBAUT S.,
Bréèves considérations sur le besoin
d’un mnottveau dictionnatre éthio-
pien, ou, tout au moins, d’un sup-
pléement au dictionnaire ODI
Paris 1926, S,
— 463 —
i Fe IAT
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I, 2593-2602
fatte apparire, tende a spiegare l' ‘etimologia O N origine di talune voci,
come mne'ay « cosa » (I 2593), zenam € pioggia »,. (I 2594). saytào, in
cui potrebbe vedersi un peggiorativo di satàn (I 2595), sere'e « greco»,
la quale ultima woce, si ‘collegherebbe col mineo d-r-' « occidente »,
verisimilmente l' Egitto, ai cui signori, Greci, ‘essa sarebbe stata in un
primo tempo applicata (I 2590). Paolo Haupt accosta l'et. asfantana
all'ebraico natàn « dare »: sembra un po’ forte (I 2596). Lo Hess stu-
dia alcune voci arabe in un glossario abissino di 2597). a an-
‘che n. 2739.
abbiansi precise notizie, non esistono più, ali ‘infuori di quella della
Biblioteca Vaticana, di cui annunciasi in corso di preparazione un'il-
lustrazione, in luogo di quella che sempre sperammo vedere pubblicata
dal Gallina, II Grébaut, che ha avuto incarico. di «preparare tale
illustrazione insieme con Eugenio Tisserant, annuncia intanto d'a-
vere arricchita la raccolta Vaticana di altri TI9 ‘manoscritti. da lui
acquistati durante. una, apposita sua missione nello Scioa (I 2598).
Antichi manoscritti sono stati trovati dal P. Azais nella sua missione
a sud dello Scioa, v, n. 2692. Il Kolmodin ha fatto conoscere gli
elenchi dei. manoscritti di. proprietà della cattedrale di Aksùm,
di Dabra Margore” wòs del Dembelàs e di qualche altra chiesa d'E-
ritrea (I 2599): nulla di veramente nuovo od importante. Lo
stesso Kolmodin precisa la data - l’anno 1476-7 -, dell'interessante
ms. n. 105 d’Abbadie .(I 2600). Il Grébaut. dà notizia di talune col-
lezioni private, come la collezione Bergey (I 2601-2) e quella Delorme
I. 2593 — PRAETORIUS F., Ae-
th. Neway, ‘‘Gefass, Gerdt, Sache =
ZDMG, LXXII, 1918, 243.
I. 2594 — PRrartORIUs F., Ae-
th. Zenàm ‘ Regen” = ZDMG,,
LAXII, 1918, 243.
«I 2595 — Pririonius F. ., Say-
tan= ZDMG, LXXII, 1918, 343-4.
E, 2596 — PRAETOBIUS Fa Ae-
thiopisch Sere'e= ZDMG, LNXXIII,
IOIO, 244. |
I. 2596 — Haurt P., Hebr.
matin «geben» in arabischen und
dthiopischen=ZDMG, LXIX, 1915,
505, DA i i Li
I. 2597 — Hess ,J. J.
merkungen zu einicen arabischen
Be-,
IW ortern des abessinischen Glossars,
ZA, XXI, 61 segg. = ZA XXXI,
1917- -8, 26-32.
I. 2598 2 JA 1926, II, 170- 172.
I. 2599 — KoLMODIN ],., Abes-
sinische Biucherverzeichnisse (Aus
den. .Inventaren der . Zion. von
Aksum und , einiger auderen Kit-
chen). = MO, X, 1916, 241- 255.
I. 2600.—. KOLMODIN. J., Sur
la date du ms. éthiopien D° Abba-
die T05 = MO, X, 1000 163- 164.
(IL 2601 — GRÉBAUT Sa. Ma-
nuscrits éthiopiens appartenant à
M. N. Bergey = ROC, 1920-21,
420-442. &
I. 2602 — GréBAUT S., Les
— 464 —
Î1. LINGUA ETIOPICA - III. LETTERATURA. I. 2603-2609
{I 2603); inoltre, fa conoscere uno dei più antichi codici, forse il più
antico, del Sinassario, il ms. éth. n. 5 del Trocadero (I 2604); su questo
codice, che proviene dal Walamo e che quindi rappresenta una reliquia
del cristianesimo nelle regioni a sud dell’Hawas”, leggonsi con inte-
resse alcuni cenni del Roman (I 2605). Il Rahlfs discorre di alcuni
mss. del Vecchio Testamento, già di proprietà di Santo Stefano dei
Mori, e passati a biblioteche del nord (I 2606); inoltre, illustra due
pionieri degli studi etiopici, il Nissel e il Petraeus, le loro edizioni e
i loro caratteri di stampa (I 2607). Il Petraeus, come è noto, fu, nel
sec. XVII, un tipografo altamente benemerito degli studi orientali e,
in ispecie, degli etiopici, tanto più benemerito in quanto che la miseria
in cui per le sue edizioni orientali finì i suoi giorni lascia a lui applicare,
con lieve. variante, l'amaro motto del Verlaine «À tous ceux qui
nourris de grec et de latin sont morts de faim »] È giusto quindi ch'egli
sia ricordato da noi che a distanza di secoli persistiamo nel lavoro.
III. Letteratura (esclusa quella di carattere storico nazio-
nale). — Uno schizzo complessivo della letteratura etiopica è
stato testè pubblicato dallo Harden (I 2608); lo scritto, che si pro-
pone puramente scopi di divulgazione, ha dato luogo a qualche cen-
sura (I 2609). Nelle sue note Aethiopica (v. n. 2739), il Conti Rossini
ha talune indagini di storia letteraria: segnala l’esistenza di due libri
di preghiere, composti dalla regina Elle ni, lo Hohta Berkan e lo
“Enzirà Sebhat; traduce un curioso testo che addita nel patriarca
alessandrino Gabricle figlio di Tarik l’autore del Maskafa Hawi; pre-
cisa l’autore del Kebra Nagast nel nebura ed Yeshag, che viveva nel
mss. éthiopiens de M. N. Bergey = I. 2606 — RauLues A., Ueber
Aethiops, I, 12-14.
I. 2603 — GRÉBAUT S., Les ma-
muscrits éthiopiens di M. E. De-
Jorme (suite) = ROC, 1915-17,82-41,
408-415; 1918-19, 137-147.
I. 2604 — GréBaurt S., Le ms.
éthiopien n. 5 du Trocadéro = Ae-
thiops, I, II.
I. 2605 — Roman A,, L'acqui-
silion du ms. éthiopien n. 5 du
Trocadéro = Aethiops, I, 30-31. —
Examen paléographique de quel-
ques chiffres du ms. n. 5 du Troca-
déro = Aethiops, II, 28-29.
einige alttestamentliche Handschrif-
ten des Abessinter-klosters S. Ste-
fano zu Rom = NKGG, 1918, 161 »
203.
I. 2607 — RAHLFS A., Nissel
und Petraeus,ihre dthiopischen Text-
ausgaben und Tyvpen = NKGG,
1017, 208-348.
I. 2608 — Harprex O. M.à, An
introduction to Ethiopic christian
literature. London 1926, 1II,
I. 2609 — OM, 1927, 107-8.
— 455 —
Aevum - Anno I - 30
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2610-2611
1319 presso Ya'bika Egzi' capo di Enterta; illustra un catalogo
gerosolimitano di mss. etiopici dell'anno 1425, interessante per
la storia letteraria abissina; e rileva come ai tempi di re Malak
Sagad il testo del Deggua debba essere stato grandemente rima-
neggiato.
Il Pereira, fin che le condizioni generali e, in ultimo, la vita glielo
consentirono, continuò l'edizione critica di parti del Vecchio Testa-
mento: nel 1917 il libro di Amos, che l’uso della parola Fàrs per tra-
durre i Persi, Medi, Assiri e Caldei del testo greco gli faceva giusta-
mente supporre tradotto verso la fine del secolo VI o i principi del
VII, e che sembra essere stato volto in etiopico dalla recensione di
Luciano, con successive revisioni sul testo greco dei LXX, sul testo
ebraico masoretico, sul testo arabo diffuso in Egitto nel secolo XIII,
e, persino, pare, su un testo copto (I 2610); nel 1919, il 3.9 libro di
Esdra (i libri canonici di Esdra e il libro di Nehemia), che parimenti
proviene da un testo greco della recensione di Luciano, e che più tardi
fu rivisto sul testo ebraico (I 2611). — A proposito delle Sacre Scrit-
ture dobbiamo qui segnalare, per la parte che c’interessa, il tentativo
della Missione Cattolica d’Asmara, di stabilirne un nuovo testo,
corretto dagli errori iniziali dei primi traduttori, emendato dalle molte
alterazioni dei successivi amanuensi, e conforme alle migliori lezioni
dei LXX ed orientali; questa revisione, questo rimaneggiamento
faticoso dell’antica versione etiopica è stato affidato al P. Francesco
da Bassano, che tra i vari coadiutori ha avuto specialmente abba
Kidana Maryàm Kassa. Nel 1925 sì sono avuti, dopo parecchi anni di
lavoro, i due primi volumi, il primo con l'Octateuco, il secondo coi
Re, coi Paralipomeni e con Ezra; in questi ultimi tempi, gli ultimi
due volumi sono venuti a coronare la grossa impresa, contenendo il
terzo i libri di Tobia, di Giuditta, di Ester, di Giobbe, i salmi, i
libri di Salomone e il Siracide, e il quarto i Profeti coi Maccabei.
Quest'ultimo libro è in apposita traduzione, fatta ora, avendo il
P. Francesco da Bassano potuto stabilire definitivamente che il
testo dei Magabyan contenuto in qualche codice londinese è, come
gia il Wright aveva avvertito, una semplice traduzione (da chi
fatta?) del testo dei Settanta. Come comprendesi, non è un'edizione
I. 2610. — PEREIRA FRANCISCO
MARIA ESTEVES, O livro do profeta
Amos e a sua versao etiopica.
Coimbra 1917, 65:
letin da Segunda Classe, vol. XI,
della Accademia delle Scienze di
Lisbona.
estr. dal Bo-
I. 2611 — PEREIRA FRANCISCO
MARIA ESTEVvES, Le froisième li-
vre de ‘Ezrà (Esdyas et Néhémie
canoniques)ì, Version éthiopienne
éditte et traduite en frangais. Paris
1919, 98. Patr. Or. vol. XIII,
fasc. 5.
— 466 —
III. LETTERATURA. I. 2612-2623
_— PT ——_—_ _ y+<%xx1k.—_—_-_-_ -_//ILTr'TIirr_.rr - _________——_Ty—m—y__ ———_————— — _-
critica, nel senso scientifico della parola; è una nuova recensione del
testo ge'ez della Bibbia (I 2012).
Abbiamo una traduzione della « Ascensio Isaiae », l’apocrifo
così interessante sotto tanti aspetti, per opera di J. Flemming e di
H. Duensing (I 2613), e una del libro dei Giubilei per opera dello
Charles (I 2614). Lo Schmidt, lo scopritore del testo copto della
« Epistula Apostolorum », dedica a questo interessantissimo apocrifo
uno studio, di cui fa parte una nuova traduzione, per cura d’Isaac
Wajnberg, del testo etiopico, pubblicato nel 1913 dal Guerrier, e
collazionato all'uopo su altri codici (I 2615). Il Duensing, che già
aveva avuto occasione di esaminare il testo etiopico proponendo
emendamenti di letture (I 2616), dà ora così del copto come del-
l'etiopico una forma definitiva (I 2617), che giustamente attira gli
encomi di A. Vitti (I 2618), giudice specialmente autorizzato anche
per suoi precedenti lavori su questo documento (I 2619). Anche
il Grittzmacher tratta della pubblicazione del Duensing (I 2620).
La illustrazione della liturgia etiopica, opera del Mercer annun-
ciata in precedenti bollettini, RSO VII p. 644 n. 5, ha dato occasione
a un breve cenno del Praetorius (I 2621) e a un vero studio, utilissimo
e profondo, del Duensing (I 2622). Continuando nella sua impresa,
‘il Mercer tratta della epiclesi nella liturgia in quistione (I 2623),
I. 2612 — Beluy RKidan zata- mit scinen Jiingern nach der Aufer-
sana'awa mesla masaheft qadamt ca- stehung. Lipsia, 1919, XLIII, 25-155
berana wamesla masàhefta Sorya, :
wa Sere'e wa' Arab. Mashaf qa- I. 2616 — GGA, 1922, 241-252.
damawi, samantu behe ra ’orit; ma- I. 2617 — Dvessino H., Epi-
shaf dagmawt, nagast, hesusan, stula Apostolorum nach dem ae-
ezra, mashaf sales, za-tobit, 2a- sniopischen und koptischen Tex-
aste r, za-ivob, mazmurat ca-dawil, |, herausgegeben. Bonn 1925, 42.
masahefta salomon, watebaba siràh;
mashaf rabe ‘e, nabivat wamaqabvan. I. 2618 — Orientalia,1927, 237-8.
vol. I, 473, Asmara 1915; vol. II,
Asmara 1916, 403; vol. III, Asma- I. 2619— VITTI À. «Epistula A -
ra 1917, 392; vol. IV, Asmara postolorum» apocrypha = Verbum
1918 (èra etiopica). ‘ Domini, III 1923, 367-373; 1924,
210-218.
I. 2613 — FLEMMING ]J. und n DE
DuensING H., Die Himmelfahvt ; 2620 — Th. LibI., XVII, 1920,
des Jesaia=Neutestament. Apokry- 27° |
phen, 23 ed., 303-314. I. 2621 — ZDMG, LXX, 1916,
I. 2614 — CHARLES R. H., Ze 203:
book of Jubelees. London 1917. I. 2622 — GGA, 1916, n. II,
620-650. |
I. 2615 — SCHMIDT K., Texte und
Untersuchungen: Gespriche Jesu I. 2623 — MERCER A. B. Sa-
— 467 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2624-2627
mentre F. Talvacchia procede a un esame complessivo del rituale
etiopico (I 2624). Altre numerose anafore sono fatte conoscere dal
Mercer (I 2625), tutte nella sola versione inglese. Ma poichè il
vero senso è difficile, talora, a cogliersi, e poichè quindi la esatta
conoscenza del testo originale è necessaria per rendersi ben conto del-
la portata dogmatica del documento, bene ha fatto l’Euringer a pub-
blicare almeno il testo di una di queste anafore, quella dei 318
Padri di Nicea, chiarendo le ragioni di talune differenze della sua
interpretazione in confronto con quella del Mercer (I 2626).
Il Guerrier fa conoscere il testo abissino di un « simbolo d’Africa »
ascritto ad Atanasio di Roma (I 2027). L'editore ne dà una ana-
lisi nei riguardi teologici, facendo rilevare come esso, pur essendo
influenzato dal Quicumque, non ne sia una traduzione diretta, anzi
nella parte cristologica ne sia indipendente; come non sia punto mo-
nofisita, anzi scarti nettamente il monofisitismo eutichiano e gli er-
rori numerosi e sì vari che con questo si collegano; come un passag-
gio del Simbolo sia attinto al Maskhafa Mestir; come, infine, questo
testo sia più lontano dalle traduzioni greche ed arabe del Quicumgque
che non dal testo latino. La spiegazione di buona parte di ciò è nello
stesso explictt del breve documento: « Questa dichiarazione di fede...
portò meser Zan dal paese d’Afragya (= Africa) nel paese d'Etiopia,
e la tradussi io Giyorgis Saglawi ». Che questi sia il Giyorgis figlio di
Hezba Syon da Sagla, nell’Amhara, autore del Mashafa Mestir,
è stato ben visto dal Guerrier, il che spiega i rapporti fra il Simbolo
e tale libro; nessuno, poi, che sia avvezzo a cose italiane.esiterà a ve-
dere in meser Zan un Messere Zan, o Giovanni, trascrizione di nome
verisimilmente genovese o veneziano. Trattasi quindi di un Italiano,
passato in Etiopia dall'Africa (nome forse addotto per non dichiarare
MUEL, The Epiclesis in the Ethio-
pic Liturgy = Paul Haupt Fest-
schrift, Leipzig 1926, 440-453.
I. 2624 — TaLrvaccHia FP,
Il rituale etiopico = Bessarione,
XXXVI, 1920, 206-209; XXXVII,
192I, 163-108; XXXVIII, 1922,
283-296.
I. 2625 MeERCER A.B.S. The
Anaphora of St. John Chrysostom
= Journ of Soc. of Or. Res., 1V,
1920, 35-42; — The Anaphora
of tie holy and blessed John. id.,
VI, 1922, 21-23; — The Ana-
phora of St. Gregory, the brother of
Basil, id., VII, 1923, 27-34; — The
Anaphora of the three hundred and
eighteen Orthodoxes. id., VIIIl,1924,
60-75; — The Anaphora of St. Gre-
gory of Armenia. id.,IX,1925, 8-12.
I. 2626 — EURINGER S., Die A-
naphora der 318 Rechtsglaubigen.
Aethiopisch und deutsch= Zettschr.
fiir Sem., IV, 126-144, 266-299.
I. 2627 — GUERRIER H. (o L.),
Un texte éthiopien du symbole de
saint Athanase = ROC, 1915-17,
68-70, 133-141.
— 468 —
NI. TETTERATURA I. 2628-2633
i Sri Pit n ft fi I I E i Hi nn
un'origine cattolica, che poteva apparir sospetta?), con scritti reli-
giosi. E poichè sappiamo che il Maskhafa Mestir fu composto in seguito
a discussioni di Giyorgis con un Europeo, il Simbolo edito dal Guer-
rier ci permette di accertare il nome e la nazionalità di questo Euro-
peo: rimane con ciò documentata l'infondatezza, da me per altra via
già rilevata, delle notizie del Bruce a proposito del contradittore di
Givorgis, e rimane documentata una nuova manifestazione dell'an-
tica attività italiana in Etiopia.
P. Leander cura l'edizione della traduzione etiopica delle preghiere
di Simeone Stilita (I 2628); e il Furlani quella d’un trattatello sulla
Trinità (I 2629). — Il Pereira dà testo etiopico e traduzione di due
omelie attribuite a San Giovanni Crisostomo su San Tommaso; sem-
brano volte direttamente dal greco, il che ne fa attribuire la versione
el primo periodo della letteratura cristiana d'Abissinia (I 2630).
La letteratura pseudo-clementina ha uno studioso fervente nel
Grébaut, che va pubblicando la traduzione del Qa/le mentos (I 2631),
opera che andera sottoposta a uno studio esegetico profondo. In tale
libro, intanto, M. R. James constatò l’esistenza d’un lungo brano
dell’ Apocalisse di Pietro, che lo Harnack lamentava perduto; il
Duensing ne dà una traduzione tedesca, e tratteggia alcune impor-
tanti quistioni che esso solleva (I 2032). Del testo arabo del Libro
di Clemente e delle rivelazioni apocalittiche di questo il Conti Ros-
sini ha scoperto sicure menzioni negli scrittori occidentali delle Cro-
ciate, nel Chronicon Turanense e negli « Annales prioratus de Dun-
staplia » (I 2633). Col Libro di Clemente sono strettamente collegati
i canoni penitenziali, rivelati a San Pietro da Cristo risorto, editi dal
I. 2628 — LEANDER P., Astab-
que'ot ’enta za-Sem'on ‘amdari,
nach Handschriften in Uppsala
und Berlin herausgegeben = MO,
XI, 1917, 81-130.
I. 2629 — FURLANI G., Un trat-
tato etiopico sulla Trinità=RSO, X,
1923, 48-57.
I. 2630 — PEREIRA FRANCISCO
MARIA ESTEVES, Dias homilias
sobre S. Tomé atribuidas a S.
Joao Crisostomo. Coimbra 1915,
31; estr. dal 2Boletim da Segunda
Classe, vol. VIII, dell'Accademia
delle Scienze di Lisbona.
I. 2631 — GréBauT S., Traduc-
tion du Qalementos = RO, 1915-7,
33-37, 424-430; 1918-19, 240-252;
IV20-2I, 22-28, 113-117, 395-400.
I. 2632 — DuExsING H,,
Stiiche der urchristlichen Petrus-
apokalypse enthaltender Trahtat
der dthiopischen Pseudo-Rklementi-
nischen Literatur = Zeitschy. fiv
die neutest. Wissensch., NIV, 1913,
05-78.
Ein
I. 2633 — Coxtr Rossini C.,
Il libro dello Pseudo-Clemente e la
Crociata di Damtetta = RSO, IX,
10921, 32-35.
— 469) —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. dcalli 2634-2639
Guerrier (I 2634); essi sembrano rimontare, nella loro redazione pri-
mitiva, al tempo in cui la penitenza concedevasi una sola volta; più
tardi, sarebbero stati ritoccati, sopprimendosi la minaccia del rifiuto
della seconda penitenza , e ciò quando la pratica contraria era defi-
nitivamente stata accolta dalla chiesa d’onde questi canoni emanano;
a giudizio dell’editore, non è impossibile che sieno stati redatti in
ambienti giudaico-cristiani, quando il paganesimo era tuttora pre-
dominante. Lo stesso Guerrier e il Grébaut curano l’edizione e la
versione dei canoni del concilio di Gangra (I 2635).
La pubblicazione del trimestre del Sinassario, affidato al cui
nella Patrologia di Mgr. Graffin, è finita (I 2636). Il Grébaut in una
brevissima nota sì ferma sull’esistenza di un nucleo di testi propri
del Senkessar abissino (I 5637); in altre note, fa conoscere dei me-
nologi etiopici (I 2638).
E’ noto il posto che nella letteratura etiopica hanno i racconti
detti Ta'amra Maryam «Miracoli di Maria », cui il Budge dedicò due vo-
lumi che rimarranno memorandi per sontuosità di stampa; ora egli ha
ripubblicata la versione inglese della recensione, che era stata oggetto
delle precendenti sue cure (I 2639). Ma anche le altre recensioni me-
ritano di essere tratte alla luce, come ha dimostrato il compendioso
esame dei testi della collezione d’Abbadie. Minore influenza hanno a-
vuto, ma sono tuttavia pur sempre ragguardevoli, i Ta'amra [yasus «M-
racoli di Gesù », anch'essi passati dall'Egitto in Etiopia, e che talfiata
I. 2634 — GUERRIER L., Ca- 1900 da Hugo Duensing nella sua
nons pénitentiels, texte ét©uropien tesi di laurea all’Università di
édité et traduit = ROC, 1918-09, 5- Gottinga.
24, -355.
4 3457355 I. 2638 — GréBaut S., Un
‘I. 2635 — GUERRIER L.eGré- fragment de ménologe éthiopien
BAUT S., Les canons du concile de (suite) = ROC, 1915-17, 201-200;
Gangres = ROC, 1922-23, 303-313. 1919-20, 45-99. - Quelques menolo-
ges éthiopiens a propos du synaxai-
I. 2636 — Guipi I., Le sY- ye. id. 1920-21, 100-108. - Quelques
SCIE cthiopien: II. le mois de ménologes éthiopiens — Aethiops,
hamile, Paris., S. d., Patr. Or., I, 40-43. - Quelques imenologes
vol. VII, fasc. de Dadda Les étriopiens = Aethiops, II, 25-27.
mots de mnahasé et de paguemein
(édités par IGN. GUIDI, et traduits I. 2639 — Bubae E. A. WaL-
en francais par SYLVAIN GREBAUT), | LIS, Legends of our Lady Mary, the
Paris s. d., Patr. Or., vol. IN, perpettal Virgin, and her mother
fasc. 4, 441-691. Hanna, translated from the ethiopic
manuscrits collected by Ring 1heo-
I. 2637 — GREBAUTS., Le « pro- dore at Makdala. vol. I, LXXV-318,
pre» du svnaxaitre = AHethiops, I, vol. II, LVIII-359. London 1923.
28-20. Argomento già toccato nel 111. x
— 40 —
INI. LETTERATURA. -I. 2640-2651
comprendono documenti di speciale interesse. Se ne è reso editore il
Grébaut (I 2640). Nel periodo di tempo in esame ne sono apparsi
quattro fascicoli (I 2041); dell'ultimo il Cohen ha dato un annun-
cio (I 2642). E poichè è occorso di nominare nuovamente il Grébaut,
studioso infaticato, si rammenteraà qui una serie abbondante di sue
piccole noterelle, comprendenti di regola brevi testi, spesso
distinti dai 7a'amra Iyasus, e la loro versione: i miracoli del fanciullo
San Ciriaco, (irgos, una cui serie era già stata precedentemente di-
vulgata (I 2043); miracoli di Ciro, Abdugir, e Giovanni, aggiunti al
gadl dì que’ Santi, tradotto o fatto tradurre dal metropolita Salama
(I 204.4); una nuova concisa relazione della leggenda dei Sctte Dor-
mienti di Efeso (I 2045); la leggenda dei martiri d’Akhmim (I 2040);
l’ultima lettera dello Aragawi Manfasawi e la nota finale, che ne con-
cerne la redazione (I 2047); l’apocrifo di Abgar e Cristo, seguito
dall'articolo del sinassario sullo scambio di lettere fra l’uomo di E-
dessa e Gesù (I 2048-4049); la leggenda del mistico profumo acquistato
da Maria Maddalena per ungerne il Signore (I 2650) ; il racconto della
discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, nel giorno di Pentecoste,
e di quanto ne seguì (I 20351); il racconto del Sinassario circa la
fissazione della celebrazione della festa dell'Annunziata per opera
I. 2640 — GREBAUT S., A per-
gu sur les miracles de Jesus (suite)
= ROC, 1918-19, 94-49.
I. 2641 — GREBAUTS,, Les mi-
racles de Jesus, texte éthiopien
publiè et traduit. Parte I.: Patr.
Orient., vol. XII, fasc. 4; Parigi
1917, 555-642. Parte II.: vol. XIV,
fasc. 5. Parte III.: Patr. Or., vol.
XVII, fasc. 4, Parigi 1923, 787-858.
I. 2642 — JA, vol. CCVI, 1925,
I, 347-348.
I. 2643 — GREBAUT S., Les mi-
racles du saint enfant Cvriaque
(suite) = ROC, 1015-17, 106-100,
120-132- 409-411.
“I 2644 — GrxéBaut S., Mi-
racle des saints Cvret Jean = dHe-
thiops, II, 9-10.
I. 2645— GréBaUT S., Les sept
dormants d'Ephèese = Aethiops, I,
52-54.
I. 2646 — GRÉBAUTS., La mort
des martvrs d’Akmim, texte éthio-
pien = ROC, 1918-19, 92-3, 182,
255-200.
I. 26047 — GREBAUT S., La let-
tre et la note finales du Vieillard
spirituel = ROC, 1915-17, 77-81.
I. 26048 — GREBAUT S., Les re-
lations entre Abgar et Jésus, texle
éthiopien = ROC, 1918-9, 73-91. -
Traduction des textes relatifs aux
relations entre Abgar et Jésus. id.,
190-202.
I. 2649 — GrEBAUT S., Trois
appendices aux relations entre Ab-
gar et Jésus= ROC., 1918-9, 253-
255.
I. 2650 — GréBauT S., La lé-
gende du parfum de Marie-Ma-
deleine = ROC, 1918-19, 100-103.
I. 2651 — GrépautS., La Pen-
tecòte et la Mission des Apotres =
—_— 41
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I 2652-2659
di Sant’ Ildefonso, Dagsyos, vescovo di Toledo (I 2652); un parallelo
della menzione di Temlakos « l’angelo della gehenna » nell’Apocalisse di
Pietro e in testi giudaici abissini (I 2653); la fine degli Atti del martire
Atanasio di Clysma secondo il ms. n. 179 D’Abbadie (I 2654); una
breve raccolta di sentenze di Evagrio, che fa seguito al trattato dello
stesso autore sulle otto cattive passioni (I 2655); il seguito delle sen-
tenze ascetiche di cui già prima egli aveva iniziata la divulgazione
(I 2656).
Ignazio Guidi (v. n. 2720) esamina la versione etiopica, edita dal
P. Peeters secondo il ms. Abb. 179, degli Atti di Sant'Antonio Co-
reiscita, e propone emendamenti d'interpretazioni di quel testo,
mal tradotto dall'arabo e negligentemente trascritto più tardi.
Restando ancora nel campo che dirò « riflesso » della letteratura
etiopica, in quello cioè che si compone essenzialmente di traduzioni o
di ispirazioni a testi forestieri, abbiamo l’agiografia. Il Budge ha
fatto conoscere testi ge‘er sui martiri Psote e Mercurio (I 2657). Mi-
chelangelo Guidi (il cui nome registrasi con speciale compiacenza in
studi nei quali il padre di lui ha impressa orma si vasta) ha tratto
dal ms. Abb. n. 63, del XV secolo, gli Atti del santo Aron di Sarùg,
passati in etiopico attraverso l’arabo, non poco diversi dalla redazione
siriaca fatta conoscere dal Nau (I 2658); inoltre, egli indaga con una
grande acutezza le origini dell’omilia di Teofilo d'Alessandria sul
monte Coscam, di cui era nota già la recensione etiopica ed egli rende
pubbliche una recensione araba ed un’altra siriaca, più vicina all’e-
tiopica, mentre sembra perduta la originale copta (I 2659).
Sempre alla letteratura di riflesso appartiene la leggenda di Ba-
ralam e Ioasaf, il cui testo etiopico apparisce in veste elegante per le
ROC, 1918-19, 204-213; 1920-21, I. 2656 — GREBAUT S., Senten-
57-04. ces ascétiques (suite) = RA, 1915-
| 17, 207-209; 1920-21,-443-447.
I. 2652 — Gréavt S., La je 7 °OT299: 19 443-447
de l’Annonciation d’après le syna- I. 2657 — BupcE E. A. WALLIS,
xatre éthiopien= ROC, 1915-17, 431- Miscellaneous Coptic Texts in the
4353. dialects of Upper Egypt, edited anti
english translation. Londra 1918,
I. 2653 — GRÉBAUT S., A Pro- CIXXXI-1216,
pos de l’ange Temlakos = Aethiops,
I, 44450 I. 2658 — Guipi M., Contri-
I. 2654 — GréBaut S., Fin du Dduto all’agiografia etiopica=RAL,
martvre d’Athanase de Clysma = 1910, 059-701.
Adozs 11,220; I. 2659 — Guini M., L'omilia
I. 2655 — GrÉBAaUT S., Sen- di Teofilo d’ Alessandria sul Monte
tences d’Evagrius = ROC, 1915-17, Coscam nelle letterature orientali
211-214, 435-439; 1920-21, 206-211. = RAL, 1922.
DEI pe
cui
III. LETTERATURA. _ o I. 2660-2666
cure dell’infaticabile sir Wallis Budge, ed accompagnato da un dotto
studio introduttivo, da una versione inglese e da interessanti illu-
strazioni tratte da un incunabulo di Augsburg (I 2660). Il Conti
Rossini, nel rendere conto dell'edizione, raccoglie e vaglia le notizie
che sì hanno intorno a colui che volse in etiopico questo pio romanzo,
Enbagom, abate di Dabra Libanos (I 2601).
- Venendo alla letteratura più strettamente indigena, devesi in
prima linea rammentare la traduzione inglese del Kebra Nagast do-
vuta a sir Wallis Budge, il quale la orna con riproduzioni di pitture
abissine, tratte da codici del British Museum, e che varranno a fornire
nuovi elementi per uno studio, veramente desiderabile, sull’iconogra-
fia etiopica (I 2662): della pubblicazione hanno dato notizia il Pin-
ches (I 2663) e il Conti Rossini (I 2664). Collegato col Kebra Nagast
è un breve racconto mutilo e scorretto, trovato dal Grébaut; del resto,
esso non offre varianti o novità meritevoli di rilievo (I 2665). Va in-
vece radiato addirittura dalla storia letteraria abissina lo Hatata
Zara Ya'eqob, quel curiosissimo scritto di carattere filosofico nel quale
un ecclesiastico, sfuggito alle persecuzioni dei Gesuiti in Aksùm al
tempo di re Susenyos, passando in rivista le varie religioni a lui note,
giunge a ripudiarle tutte per assurgere a un puro teismo; l’opera, in-
fatti, che rappresentava una vera singolarità nel movimento sì gretto
del pensiero abissino, e che pur di recente aveva richiamata l’attenzio-
ne del Littmann (I 26066), è non la manifestazione delle filosofiche
riflessioni d'un indigeno Zar‘a Yàa'eqob, bensì l'amaro sfogo di una tra-
vagliatissima coscienza, dell'italiano Iacopo Curtopassi, in religione
padre Giusto da Urbino, che l’isolamento della missione nel cuore
I. 2660 — Bupce Sir E. A. in that country. A complete trans-
WALLIS, Baralam and Yewasef: lalion of the Kebra Nagast.
vol. I, Ethiopic text with two XC-241, e 31 ill., Londra 1922.
plates, 246; vol. II, the intro-
duction, english translation etc., I. 2663 — JRAS, 1923, 300-
wilh seventy-three plates, CXXI- 302.
1. Cambridge 10923.
35 BRTAO I. 2664 — RSO, IX, 1923, 600-
I. 2661 — RSO, X, 1924, 365-608.
309.
. I. 2665 — GREÉBAUT S., A pro-
I. 2662 — Bupce E. A. WAL- pos de la veine de Saba = Aethiops,
Lis, The Queen of Sheba and her Il, 44-45.
only son Menvleh, being the history
of the Departure of God and his I. 2666 — LITTMANN E., Zar-
Ark of the Covenant from Jeru- ‘a Jacob, ein einsamer Denker
salem to Ethiopia, and the esta- in Abessinien; mit einer Einlei-
blishment of the religion of the tune von Dr. BeNNO ERDMANN,
Hebrews and the Solomonic line Berlin 1916, XI-44.
= ig —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2667-2674
dell’ Amhara spingeva su vie pericolose (I 2667). Lo studio del Conti
Rossini su questo strano episodio è stato esaminato da F. Kocher
(I 2608).
L’abbondantissima letteratura magica non è rappresentata
nelle pubblicazioni di questo dodicennio se non da un amuleto fatto
conoscere dall’Euringer (I 2669), amuleto contenente il Malke'a
Gabra Manfas Qeddus e un inno a questo santo, a Yohanni ed a
Kiros. Il testo non è sempre facile; ed alla soluzione delle sue
difficoltà d’interpretazione ha concorso il Littmann (I 2670). Una
preghiera per scongiurare i demoni è stata curata dal Grébaut; in
essa la parte magica può considerarsi ristretta. all'uso della’ nota
frase palindroma satcr arepo tenet opera rotas, ma, in complesso, il
testo ha limitato interesse (I 2671). |
. Lo stesso Euringer ha fatto conoscere un nuovo genere lette-
rario con la pubblicazione del testo del Nagara febab za-’orit wa-
zanabiyat, raccolta di indovinelli poggianti sul Vecchio e sul Nuovo
Testamento, di cui soltanto il Ludolf aveva dato un brevissimo
saggio (I 2672). È genere abbastanza diffuso tra i Bizantini; credo
però che in Etiopia sia genuinamente locale, dato il grandissimo
favore che ‘presso gli Abissini hanno gl’indovinelli e gli enigmi.
Si è gia rammentata l’importanza della grandissima venera-
zione della Vergine Maria in Abissinia: venerazione e culto che e-
splicansi, fra l’altro, in numerose opere letterarie indigene. Il Lean-
der ha pubblicato lo Arganona Dengel (I 2673), edizione che confesso
di non conoscere se non attraverso l'annuncio datone da Marcel
Cohen (I 2674). Il Grohmann ha curato un'edizione critica degli inni
a Maria, in modo magistrale, edizione che anche un acuto studio su
I 2667 — Conti Rossini C., = Zeitschr. fiir Sem., III, 135-
Lo Hatatà Zara Ya'qob e il 136.
padre Giusto da Urbino = RAL,
XXIX, 1920, 218-223. I. 2671 — GREBAUT S., Priére
pour conjurer les déemons = ROC,
I. 2668 — Rev. d’'hist. et de 1922-1923, 199-208.
philos. rél. publiée par la Faculté
de théol. prot. de VUniv. de Stras-
bourg, 1921, 474-478.
I. 2669 — EcuRINGER S., Fin a-
bessinisches Amulet mit Liedern
zu Ehre der heiligen Gabra Man-
fas Qeddus, Johannes und Kyyos
= Zettschr. fiir Sem., IIl, 116-135.
I. 2670 — LITTMANN E., Zum
Minchener abessinischen Amulet
I. 2672 — EURIXGER S., Bibl
sche Ratsel. A: Text= Zeitschy. jiir
Seni, 1927, 170-179.
I. 2673 — LEANDER P., Arga-
noua Weddase, nach Handschrijten
in Uppsala, Berlin, Tiibingen und
Frankfurt a. M. GOteborg 1922,
178.
I. 2674 — JA, 1923, II, 344.
cea
III. LETTREATURA.
_1. 2675-2679
tali poesie raccomanda al lettore (I 2075). Lo Zetterstéen ne ha dato
un annuncio meritatamente elogiativo (I 2676). Un altro inno, che
io, seguendo il d’Abbadie, avevo chiamato Hasura Masgal, ma il cui
vero nome può essere Malke'a Se'el, è stato dato alla stampa dal Ro-
man (I 2677).
°° —AUa nuovissima letteratura etiopica appartiene il Mazmura
Krestos, Salterio di Cristo, dell'alaga Taye , che egli divulga per le
stampe insieme con altre poesie religiose su Cristo, e con un'altra
dal titolo Mekeha me'emanan di un Walda Iyasus (I 2677bis).
Pel loro carattere miscellaneo mi sono rimaste per ultime - last not
least! - alcune note, di vario contenuto, di Enno Littmann, un vero
maestro nell’agone etiopico. In una, investigando gli strani riscontri
che talune voci di determinate lingue presentano con altre di lingue
lontanissime, di tutt'altro ceppo, egli è condotto a ricercarne, con
fortuna, parecchi anche nelle lingue d’Abissinia, la «terra — egli
pittorescamente dice — delle mescolanze etniche, delle contrappo-
sizioni nella natura e nella cultura, ma anche dei fossili linguistici,
sociali, religiosi e culturali » (I 2678). — E’ noto l’allegro l’episodio
riferito dal Goethe su una festa di Propaganda Fide, durante cui,
declamandosi da trenta seminaristi orientali poesie nei loro linguaggi,
dinanzi a vari cardinali, un di questi - il cardinale Albani - co-
mentò scherzosamente il ritornello ghnara! ghnata!; or bene, il Litt-
mann ritrova in esso una voce derivata dall’etiopico ganaya «humiliter
adoravit, humiles gratias egit » (I 2679), ed io credo che non soltanto
egli possa avere ragione, ma che non sia difficile neppure di formulare
un’attendibile ipotesi sul verseggiatore etiope. In una terza nota
egli adduce riscontri della così detta leggenda di Didone, tra cui uno
in un dei testi harari da me editi, esponente l’astuzia usata da un
Inglese per farsi assegnare larghe terre in Ghirri; un altro potrebbe
trovarsi nelle leggende tigrai delle origini degli Irob da me edite una
I. 2675 — GROHMANN A. de- sus, wa malke'a Madhane ‘Alam.
thiopische Marienhymmnen. Leipzig (Asmara, Miss. Svedese) IoII (era
1919, XII-507,. 0 et.), 87.
I. 2676 — MO, XV, 1921, 206- I. 2678— LittManN ÈE., Sprach-
268. . liche Seltsamkeitten aus Morgen-
î land und Abendland = ZDMG,
I. 2677 — Roman A. Une hvimn- UNVI, 1922, 170-281.
ne du Nagara Marvam = ROC,
1923-23, 410-420. I. 2679 — LirtManNx E., Coe-
the in der Propaganda zu Rom =
I. 2677 bis — ALAOA TAYA, Ze- Jahrbuch der Goethe-Ges., vol. IN,
mazmura Krestos wa malke'a Iva- 1922, 173-I8I.
cid
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2680-2686
quindicina d'anni fa (I 2680). Il volume di Salzberger sulla leggenda di
Salomone nelle letterature semitiche inspira al Littmann considerazioni
interessanti sulla origine della leggenda della regina di Saba presso
gli Abissini; oltre, s'intende, al racconto del Vecchio Testamento, in-
tervengono indubbiamente in Abissinia elementi attinti agli Arabi,
ma questi, anzichè dall’Arabia meridionale come un tempo il Litt-
mann pensava, riconosconsi ora da lui venuti dall’Egitto (I 2681):
è un punto di vista che condivido interamente, pur non escludendo
che alle leggende avute forse pel tramite cristiano siensi aggiunti
elementi importati oralmente dall’Arabia, nel continuo afflusso di
gente dell’Assir e dell’Hegiàz nel Samhar e in Eritrea. Infine il Litt-
mann tratteggia l'importanza che gli studi etiopici hanno nel quadro
degli studi orientali, rilevando quanto cammino siasi percorso da
quando l’Abissinia, nei riguardi culturali, consideravasi soltanto
come « un’ancella della teologia » (I 2682); sembra però che troppo
poco egli attribuisca del merito di tali progressi alla scienza non te-
desca, ove rammentinsi i contributi del Basset e del Guidi.
IV. Storia e letteratura storica. — A titolo documentario nel
campo storico citeremo quattro studi del compianto Giuffrida Rug-
geri sull’antropologia della regione etiopica in senso lato (I 2683),
su quella delle genti più strettamente etiopiche (I 2684), sull’età
neolitica egiziana ed etiopica (I 2685), e su affinità antropiche fra
Etiopi e Arabi meridionali (I 2686); a proposito dell’ultimo, sembra
da rilevarsi che l’autore non tenne conto del molte volte secolare
afflusso di schiavi dall'Africa nel Sud-Arabia, onde le affinità, che del
resto sembrano trasparire soltanto in base a ristrette osservazioni,
potrebbero provenire non da antichissimi collegamenti camitici,
I. 2680 — LITTMANN E.,, Zur
Didosage im Orient = Dey Islam,
XIII, 1923,
I. 2681 — GGA,
171-177.
I. 2682 — LITTMANN E.,, Abes-
sintens Bedeutung fiir die Wissen-
schaft des Morgenlandes = DLZ,
1923, col 73-.80.
1915, N. 3,
I. 2683 — GIUFFRIDA-RUGGERI
V., Nuovi studi sull’antropologia del-
l'Africa: Etnologia ed antropologia
delle popolazioni eritreo-somali-abis-
sine e delle regioni vicine = Arch.
per l’Antr. e la etnol., 1915, Fi-
renze 19106, estr. 59 C. II.
I. 2684 — GIUFFRIDA - RUGGERI,
V., Un quadro sinottico delle
popolazioni della regione eritreo-
abissina = Riv. ital. di sociologia,
XXI, 1917, fasc. 2-3, estr. II.
I. 2685 — GiureFRIDA-RUGGERI
V., A few notes on the Neolithic
Egvptians and the Ethiopians =
Man, 1916, 87-90.
I. 2686 — GIUFFRIDA RUGGERI,
V., «Affinità antropiche fra Etio-
pici e Arahi meridionali = An-
— 476 —
IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I 2686-2691
bensì da incroci posteriori. Uno storico episodio del medio-evo di-
mostra come riuscisse allora quasi impossibile agli stessi Iemeniti
dell'interno di distinguere a semplice vista un vero Arabo della
Tihimah da un Africano.
Il Conti Rossini ha esaminati i rapporti politici fra il regno degli
Habas"at e l’Arabia meridionale, avanzando, fra l’altro, l'ipotesi
che la leggenda degli ashab al-fil «compagni dell'elefante » rammentata
dal Corano sia derivazione dalle conquiste del re Afilas nello Iemen,
conquiste della fine del secolo III (I 2687). In un'altra memoria,
egli esamina le notizie che il romanzo « Aethiopica » di Eliodoro di
Tricca tramanda sui rapporti fra Meroe ed Aksum, rapporti che esso
espone come eccellenti: poco dopo si hanno la spedizione del re
aksumita autore dell'iscrizione di Meroe e quella di Ezana, che ab-
battono del tutto il vecchio regno meroitico; probabilmente in questi
avvenimenti è un riflesso della politica anti-romana di Aksùm nel
secolo III, propensa invece ai Romani da parte di Meroe (I 2088). E
in una delle sue note Aethiopica (v. n. 2739) lo stesso autore collega
le gesta degli Aksumiti contro le frontiere d’Egitto e nelle acque
nord-orientali del Mar Rosso, ‘come sono esposte dalla famosa i-
scrizione di Cosma Indicopleuste, con le campagne dei Palmireni
contro i Romani, e con la conquista dell'Egitto da parte dei primi.
Un riassunto della storia antica di Aksum è dato dal Kammerer
(I 2689), in un volume recensito dal Conti Rossini (I 2690) e dal
Vitti (I 2691); lo scritto del Kammerer è di seconda mano; per altro,
il suo valore è notevolmente accresciuto da un esame delle monete
inedite aksumite che si hanno a Parigi, e, più, dalle bellissime foto-
grafie delle antichità osservate dal P. Azaîs nell’Etiopia meridionale.
Sulla origine e sul tempo di buona parte di tali antichità (altre sono
dell'età musulmana) vi è grave dissenso: lo Azaîs vi vede monu-
menti megalitici, dell'età della pictra, manifestazioni dell’arte negra
etc.; il Conti Rossini le giudica cose medioevali, fors'anche dell'alto
nuario del R. Ist. Or. di Napoli, I. 2689 — KAMMERER A., Fs-
1919-20, estr. 7.
I. 2687 — Coxti Rossini C.,
Expéditions et possessions des Ha-
basat en Arabie = JA, 1921, ll,
estr. 30.
I. 2688 — Coxti Rossini C.,
Meroe ed Aksum nel romanzo di
Eliodoro = RSO, VIII, 1919, 233-
239.
sai sur l’histoire antique d’Abvs-
sinie: le rovaume d'Aksum et
ses voisins d’Arabie et de Méroé:
avec 45 flanches hors texte et
4 cartes. Paris 1926, 198.
I. 2690 — OM, 1920, 342-340.
I. 2691 — Biblica, VIII, 1927,
238-241.
—_ 4177 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I. 2692-2695
medio-evo, dovute ad influssi aksumiti, a colonie militari stabilite
dai re d’Aksum in lontani possessi meridionali, o ad influenze di tali
colonie su tribù locali. Ma anche posteriormente al viaggio di cui
è cenno nel libro del Kammerer lo Azais fece altre fortunate
scoperte: in una recentissima conferenza, di cui hanno parlato
giornali politici (I 2692), lo Azaîs, dando conto di una missione
affidatagli dal Ministero francese della Pubblica Istruzione, dichiara
d’aver trovato scale ciclopiche, statue di granito che rammentano
l'idolo neolitico dalla testa di civetta della Creta preistorica, la
dea senza bocca guardiana delle tombe, migliaia di colonne falliche
costellate di segni solari, di Croci del Sud, di stelle raggiate, e tutto
questo attorno al lago Margherita, fino al lago Rodolfo, ed anche al di
là dell’Equatore..... Occorrerà vedere tutto ciò in una cincera, par-
ticolareggiata relazione; intanto asteniamoci da- voli di fantasia.
— In una breve nota il Conti Rossini esamina le fonti abissine
concernenti Frumenzio, l’evangelizzatore dell'Etiopia, e spiega i
nomi reali Ella Alada e Ella Azguagua, che trovansi nell'articolo
del Sinassario consacrato a Frumenzio, come alterazioni, attra-
verso la scrittura greca, dei nomi EHa Amida ed Ella Ezana (Ayza-
na) (I 2693). Il Littmann, esaminando le audaci supposizioni del
Marquart d’influssi indiani sull’arte del Benin, sostanzialmente le
approva, ed accoglie l’ipotesi di collegamenti fra India ed Etiopia
(I 2694). In un’altra memoria, dieci anni dopo, ritornando sull’ar-
gomento, ricerca le tracce di tali collegamenti in parecchie voci di
lingue semitiche o cuscitiche d'Etiopia aventi origine indiana (I 2695).
Che Aksum e India fossero commercialmente collegate, risulta da
Cosma Indicopleuste; ma, all'infuori della voce ge‘ez nage * «elefante »
= sanscrito naga (stranissimo, però, che in paese eminentemente
produttore d’avorio si adottasse un nome straniero per indicare la
bestia da cui lo si ottiene!) e forse sokar « zucchero », non sembra
esserne rimasta stabile traccia, perchè le voci segnalate dal Littmann
O pervennero in Etiopia attraverso il greco o vi sono giunte (come
è delle esistenti in somalo) in età più o meno recente. R. Miedema, e-
I. 2692 — Journal des Débats, 6 fiir Voòlherkunde in Leiden = Inter-
luglio 1927. nat. Archiv fiir Ethnogr., XXII
I. 2693 — Conti Rossini C.,, 1915 258-207.
A propos des textes éthiopiens I. 2695 — LITTMANN E. In-
concernant Salama (Frumentius) gien und Abessinien, Beitràge
Ao Ar zur Literaturwissensch und Geistes-
I. 2694 — LITTMANNE,, Verof- gesch. Indiens = Festgabe Hermann
fentlichungen des Reichmusewms Jacobi, Bonn 1926, 406-417
— 4788 —
IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. - I 2696-2697
saminando gli obelischi di Aksum, segnatamente attraverso le descri-
zioni del Krencker, giunge a queste conclusioni: i sei grandi mono-
liti sono non monumenti funerari, bensì, insieme coi troni, i monu-
menti trionfali di re Aizanas, onde risalgono alla prima metà del se-
colo IV d. Cr.; la maggior parte è del tempo pagano, il più grande
degli obelischi verisimilmente già dell’età cristiana; stando alle
misure ed agli elementi architettonici, il più settentrionale di essi è
il più antico e il più meridionale il più recente; in generale, il mono-
lite è in relazione con la de £-e l« casa di Dio » del Vecchio Testa mento;
per il che quelli dell'età pagana sono dedicati a Astar, Behe r,Meder,
quelli dell'età cristiana al Signore del cielo; questi monoliti proteg-
gevano la potenza del re, simboleggiata dal trono, e perciò ricevevano
sacrifici; presso i monoliti, forse sulla pietra sacrificale, il re vi ema-
nava il diritto, perchè ivi appunto sarebbero avvenute le consacra-
zioni dei re in tempi posteriori (I 2696). Personalmente, io non credo
punto dimostrata la pertinenza di tutti questi monumenti a Ezana;
almeno dalla metà del secolo III Aksum si trovava in grande movi-
mento militare e politico; è inverisimile che soltanto con Ezana in-
cominciasse e con lui si esaurisse il movimento artistico, connesso
con tale sviluppo di potenza.
Il convento di Debra Libanòs o Endà abbà Matà, che ci
dette i più importanti documenti feudali sinora noti, e sulle cui
balze avevo notato dei brevi graffiti in lettere abbastanza arcaiche,
ci dà ora la iscrizione funebre d’una Giha (?) figlia di Mangasa, che
potrebbe anche giungere ad occupare un posto notevole paleogra-
fico nell’epigrafia etiopica: è in lettere vocalizzate e sembra datata,
ma la sua antichità è stabilita, sin d'ora, fra l’altro, dall’uso ar-
caico delle cifre senza i trattini che le contraddistinguono e da
quello di una lineetta, anzichè dei due puntini, per dividere le
parole. È pubblicata da G. Brunetti (I 2697). Disgraziatamente è
senza fac-simile; la lettura della data (l. 2-4) è assolutamente di-
fettosa, come è assai dubbio se le scorrettezze delle altre lince
dipendano sempre dal lapicida; anche l’interpretazione non pare
sempre esatta (v. 5-8: «per altro, siccome è scritto, beato chi
« nasce da donna ed i cui giorni sono pochi »).
Il Guidi ha pagine molto interessanti sui rapporti fra l'Impero
Bizantino e il regno di Aksum; la politica di questo, assai riguardosa
verso quello, si ripercoteva nell’atteggiamento del clero monofisita,
I. 2696 — MIEDEMA dr. R.,, I. 2697 — BRUNETTI G., L'’iscri-
Amersfoort, Die Monolithen von zione funeraria di Ham = Parole
«Ahsum = Acta Orientalia, 1923, buone (boll. mens. della Miss. Catt.
262-278. fii Eritrea), NI, 1927, 80-81.
ei
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2698-2704
_ che anche nella compilazione di opere teologiche, come il Qe yillos,
doveva nella sua propaganda procedere guardingo e senza aver l’a-
ria di offendere l’ortodossia cattolica di Bisanzio (I 2698). Il Pereira
raccoglie e coordina le notizie che si hanno sul cristianesimo di Socotra,
la quale era nestoriana al principiar del secolo VI e conservò tracce
della religione del Messia fino al secolo XVI (I 2699)
Senza scientifico valore è uno studio immaginoso di F. Edwards
sugli antichi re aksumiti (I 2700). Un articolo di Domenico Saccardi
sulle prospettive archeologiche eritree non meriterebbe d'essere se-
gnalato, per la sua indole, per le sue inesattezze e per le sue esagera-
zioni che non possono giovare (come si fa a scrivere « l’Eritrea offre
un campo vastissimo di ricerche archeologiche, così vasto e così vario
che forse poche altre regioni del mondo possono uguagliarlo! » o par-
lare delle «immense e magnifiche rovine della città di Coloe », o del
« meraviglioso cimitero arabo di Dahlak? ») : lo si cita perchè annuncia
l’incarico affidato dal governo locale al prof. Brunetti, della scuola
d’Asmara, di fare ricerche, studi, scavi etc. nella Colonia (I 2701).
E’ da far voti che il Brunetti apporti nel solvere tale incarico, difh-
cile e pieno di responsabilità, preparazione e metodi adeguati; l’ac-
cenno ad un « Corpus inscriptionum arabicarum Coloniae Erythraeae »
lascia piuttosto freddi.
Sebbene per lingua rientri nel dominio della letteratura siriaca,
non è possibile passar qui sotto silenzio il Libro siriaco degli Himia-
riti, scoperto — pur troppo in stato frammentario — da Axel Mo-
berg (I 2702), e di cui hanno trattato il Néldeke (I 2703) e il Conti
Rossini (I 2704): può oramai ammettersi che il Libro sia realmente
opera di persona vissuta nello Iemen non molto dopo gli eccidi di
Nagràn e la conquista abissina dello Iemen, la quale persona rac-
colse racconti di testi oculari; da esso dipende la prima parte del
Martyrium Arethae, non, invece, la lettera di Simeone di Bet Ars "am.
I. 2698 — Guini I.,, Bisanzio I. 2701 — Saccarpo D., 4p-
e il regno di Aksum = Studi Bi- punti sull’archeologia Eritrea =
zantini a cura dell'Istituto per Riv. Col., anno XX, 1925, 505-511.
l’Europa orientale. Roma, 10924, I. 2702 — Moserc A. Tie
SSHE Di book of the Himyarites, fragn:ents
I. 26099 — PeREIRA FRANCISCO of a hitherto unknown Syriac work.
Maria ESTEVES, La Chrétienté de Lund 1914, CLXXII-6I e 8
de l’ile de Socotora = Aethiops, facsimili.
Il, 1-4. I. 2703 — GGA, 1925, n. 4-0,
I. 2700 — FreperIiK Epwarpso 1517103.
A., The eayly Kings of Axum = I. 2704 — RSO, IX, 10422, 420-
Asiatic Rev., ott. 1918, estr. 2I. 430; NI, 1926, II0-III.
— 480 —
IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2705-2708
Come vedesi, è documento d'eccezionale importanza, anche se il
cattivo suo stato di conservazione impedisce di risolvere definitiva-
mente taluni quesiti storici.
Circa venticinque anni or sono, segnalai, in base a notizie del
tenente Talamonti, l’esistenza, nella regione del Barca, di speciali
costruzioni, che secondo locali indicazioni sarebbero state tombe del
popolo Fung”. Il Madigan (I 2705) ed il Crowfoot (I 2706) segna-
lano identiche costruzioni nel territorio fra Cassala e Suachin, so-
vratutto nei pressi del Gebel Maman. L'attribuzione di esse ai Fung”
va definitivamente scartata, anche pel fatto che nelle contrade ove
più i Fung” vissero e si raccolsero non se ne hanno esempi. Il mistero
sui loro autori permane assoluto. Il fatto che esse sembrano caratteri-
stiche d'una zona fa credere che sieno dovute a un popolo che ivi
dominò. Forse uno di que’ regni Begia, dei quali è parola in geo-
grafi arabi del IX e del X secolo? e d’onde fu tratto il modello di
| tali edifici?
Si è accennato come lo Azaîs, oltre a monumenti di cui si è già
detto, abbia nell’Etiopia meridionale osservato delle antichità i-
slamiche. Sono tombe ed iscrizioni. Paul Ravaisse attribuiva a queste
epigrafi un’età remotissima, leggendo in una d'esse la data dell’anno
66 dell’egira, il 685-686 di Cristo (I 2707). Il Littmann ha dimostrato
che era volo di fantasia; è quistione non di scritture arabiche « pri-
mitive » bensì di un cufico arcaistico; la data or accennata è sempli-
cemente il 666 dell’egira = A. D. 1267-8 (I 2708). Trattasi quindi
d'uno stabilimento musulmano di tempo in cui la sua esistenza non
sorprende affatto; anzi, pur riconoscendo l’interesse di questa do-
cumentazione epigrafica, non può farsi a meno di rilevare la sua grande
lontananza dalla bellezza dei prodotti lapidari di Dahlac nello stesso
secolo e negli anteriori. E' poi sommamente opportuno che lo Azais
precisi il luogo de’ suoi ritrovamenti. i
Con la fine del medio-evo abissino associasi la leggenda del Prete
Gianni. Questa ha trovato un nuovo studioso in Costantino Mari-
I. 2705 — MaDIGAN C. T., A
description of some old towers in
the Red Sea Province, North of
Port Sudan=Sudan Notes and Re-
cords, vol. V, n. 2, 1922, 78-82, ill.
I. 2706 — Crowroot ]J. W.,
A mote on the date of the towers =
Sudan Notes and Records, vol. V,
n. 2, 1922, 83-87.
I. 2707 — Ravaisse P., Notes
sur quelques stéles et inscriplions
arabes trouvées en Abyssinie = La
France illustrée, n. 2528 del 27
ottobre 1923, 257-261. Ill.
I. 2708 — LITTMANN E, Ara-
bische Inschriften aus Abessinien
= Zetlschy. fiir Sem., I, 236-246.
— 481 —
Aevum - Anno I - 31
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2709-2714
nescu, le cuì risultanze non discostansi da quelle già comunemente
ammesse (I 27009).
Il Conti Rossini ritorna sulla fine della dinastia Zague e sulla
origine della dinastia Salomonide, confermando con nuovi elementi
le ipotesi da lui avanzate nel 1894 e che ormai possono accogliersi
come dati acquisiti alla storia; fra l’altro, egli pubblica un interessante
brano del Gadla Iyasus Mo°a, la cui esistenza era finora sconosciuta,
e una versione amarica del Be‘ela Nagast (I 2710). Di questo il Guidi
pubblica il testo etiopico, che egli crede redatto al tempo di re Takla
Giyorgis (I 2711), pochi decenni dopo il tempo cui lo vorrebbe riferito il
Conti Rossini, e che è poco dopo l’anno 1747: siamo quindi in tempi
assai discosti dai fatti narrati, e l’opera va considerata più nei riguardi
novellistici che in quelli storici. Il Bezold ha dato un esame partico-
lareggiato del Gad. del santo Gabra Manfas Qeddus, volgarmente
chiamato anche Abbò, il quale dovette vivere verso il primo secolo
della dinastia Salomonide; pur troppo, il contenuto del gad/ utiliz-
zabile per la storia del paese è pochissimo (I 2712). I vecchi canti
amarici in onore dei re abissini, segnatamente del secolo XIV e del
XV, canti editi dal Guidi, hanno trovato nel Littmann un traduttore
(I 2713) v. anche n. 2730. Il Lazzarini ha raccolto elementi sovra una
legazione inviata dall’Abissinia in Europa nel 1404; si tratta di tre
«ethiopes nigri de India », sudditi del Prete Zane, apparsi a Roma
nell’estate del 1404 (I 2714). Essi sono un anello della catena dei
rapporti fra Etiopia ed Europa nei secoli XIV e XV; di un altro a-
nello, Messer Zane, sì è già riesumata la memoria in questo stesso
Bollettino. Il Conti Rossini, a proposito delle illustrazioni del ms.
Abb. n. 105, mentre rileva l’importanza che avrebbe un accurato
studio dell’iconografia etiopica, sulla quale raccoglie elementi in
base alle illustrazioni stesse, ricerca altri anelli della catena e
. giunge alla singolare precisazione di parecchi artisti italiani passati
in Etiopia nel secolo XV, d’onde importanti influssi italiani, dap-
I. 2709 — MARrINnEScCU C., Le
Pritre Jean, son pays, explica-
tion de son mom, etc., estr. dal
Bull. de la sect. hist. de l’Acad.
Roumaine, N, Bucarest 1923, 40.
Nagast = Festschrift Haupt, Leip-
zig 1920, 403-9.
I. 2712 — BrezotDC., Abba Ga-
bra Manfas Qeddus=NKGG, 1916,
58-80.
I. 2710 — Coxti Rossini C.,
La caduta della dinastia Zasqsue
e la versione amarica del Be'ela
Nagsast = RAL, NXNNI, 1923,
279-314.
I. 2711 — Guipi I., Il Be'‘ela
I. 2713 — LITIMANN E,, Die
Altamharischen Kaiserlieder. Stra-
sburg 1914, 36.
I. 2714 — LAZZARINI V., Cra
ambasciata etiopica in Italia nel
—L:4g»
1V. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2715-2720
prima fiorentini indi veneziani, sullo svolgimento della pittura etio-
pica, ai quali influssi se ne debbono aggiungere altri letterari per o-
pera di altri Italiani (I 2715). A questo riguardo va qui ricordato
anche un testo amarico, riportato dal Cohen, su Dabra Warq, con-
vento del Goggiam, alla cui costruzione, appunto ai principi del sec.
XV, sembrano aver concorso operai d'Europa, verisimilmente d’I-
talia; il testo contiene tradizioni su quel convento, a partire dal re
Dawit II, che vi avrebbe raccolte delle pitture (I 2716).
Con le indagini sui primi rapporti fra Europa ed Abissinia col-
legasi l’edizione, fatta dal Mittwoch, d'una lettera con cui fra Bar-
tolomeo da Milano, francescano in Gerusalemme, raccomanda i mo-
naci etiopi Endreyas e Pe tros che vogliono recarsi a Roma: la lettera,
del 30 aprile 1495, è incollata in un codice abissino, passato in Ger-
mania per opera di Teodoro Petracus, ma senza dubbio proveniente
da Santo Stefano dei Mori (I 2717). i i
Il Ferrand segnala, nell'opera cinese Tao yî tche lio di Wang Ta-
ynan (anno 1349), la menzione e la descrizione d’un paese di Leo-po-
sseu, che sarebbe da identificare con al-Habas”ah; tale paese sarebbe
stato visitato anche dall’ambasciatore cinese Tscheng Ho in una
delle sette sue missioni all’estero, fra il 1405 e il 1430 (I 2718). Io
però dubito assai che una ambasceria cinese sia mai pervenuta alla
Corte Abissina; se mai, Tscheng Ho deve aver toccato Zeila o qual-
che altro punto della costa di Somalia.
La Serata mangest, ditticilissimo testo concernente gli ordina-
menti aulici d'Etiopia, ha avuto un’edizione ed una prima traduzione
per opera di Jos. Varenbergh (I 2719); il Guidi, rilevando le manche-
volezze dell’interpretazione del Varenbergh, ne ha data una nuova
versione (I 2720). Soltanto una conoscenza profonda degli usi della
Corte abissina potrà togliere le oscurità che tutt'ora permangono; cd
1404 = Atti R.Ist. Veneto, 1923-4,
842-847.
I. 2715 — Conti Rossini C.,
Un codice illustrato eritreo del
secolo XV (ms. Abb. n. 105 della
Bibl. Nat. di Parigi) = Africa
Italiana (Riv. Min. Col.), I, 1927,
83-97. eli
I. 2716 — CoHEN M., Dabra-
Warq = Mélanges René Basset,
vol. I, Paris 1923; estr. 20, C.
I. 2717 — MiITtTwocH E., Itfa-
lienischev Brief ernes Franziska-
Berliner dthiopischen
ners aus dem Jahre 1405 in einer
Handschrift
= DLZ, AANIX, 1926, col. 1907-
I010, fac.-simile.
I. 2718 — JA, 1921, 275-9.
I. 2719 — VARENBERGH ].,
Studien zur abessinischen Reichs-
ordnuung = ZA, XNNX, 1915-16,
1-45. i
I. 2720 — GuIpII., Contributi
alla storia letteraria di Abissinia
= RAL, XXXI, 1923, 65-94, 185-
218.
— 483 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA.
I. 2721-2726
anzi non è impossibile che col tramonto della Corte di Gondar, ove
erano passate le tradizioni e le istituzioni del medio-evo, Iole
cose sieno cadute per sempre in oblio.
Nel secolo XVI un monaco, Pawlos, probabilmente un Tigrino,
forse dello Sciré, passato più tardi nell’Angot, vergava su un codice
di sua proprietà alcuni suoi ricordi biografici, interessanti come unico
scritto biografico etiopico finora noto, importanti per notizie storiche
(I 2721). Il Conti Rossini tratteggia la singolare figura del bdalr-
nagàs" Yeshaq, vissuto in quel secolo, un dei maggiori personaggi
della storia eritrea, e le vicende della guerra turco-abissina del 1578,
vicende che hanno impressionanti riscontri con quelle della guerra
italo-abissina del 1895-6 (I 2722). Il Beccari con un diligente indice
di nomi propri chiude la poderosa serie de’ suoi « Rerum Aethiopica-
rum scriptores occidentales » (I 2723). Il Denison Ross ha ritrovato
(I 2724) e fatto conoscere un nuovo manoscritto della storia del d’Al-
meida (I 2725); e il Gover ne trae un interessante vocabolario de’
principali termini abissini in uso al tempo di quel missionario, meri-
tamente famoso (I 2726).
Col d’Almeida scendiamo al secolo XVII. Per il secolo XVIII
il Guidi (v. n. 2720) fa conoscere le varianti del codice di Franco-
forte delle storie dei re Iyasu II e Iyo'as, varianti talora importanti,
che sembrano attinte a fonti indipendenti dagli Annali ufficiali;
dà altresì un sommario analitico del testo, -da lui pubblicato nel 1902,
della storia di Haylu Mika‘e 1, e le varianti del codice di Francoforte;
segnala, poi, un passo della cronaca abbreviata di Fasiladas, da
cui risulta che Wahni incominciò ad essere luogo di relegazione
per i principi reali a partire dai tempi di quel re.
Egli fa inoltre conoscere due nuovi codici della cronaca dei re
I. 2721 — CONTI
Rossini C., = Bull. of the School of Or. Stud.,
L’autobiografia di Pawlos monaco London Institution, II, 1921-3,
abissino del secolo XVI = RAL, 783-801.
SI 0005: (197200: I. 2725 — DENISON Ross E,,
I. 2722 — Conti Rossini C.,
La gueyra lurco-abissina del 1578.
Roma 1923, 21: estr. da OM,
I, 1923 n. 10-11, II, 1924, n. 1.
I. 2723 — BECCARI C., Rerum
aeth. scriptores occidentales; Index
analyticus. Roma 1917, 372.
I. 2724 — DENISON Ross E,,
Almeida's Historv of Ethiopia: re-
covery of the preliminar matter
The manuscripts collected by Wil-
liam Marsden, with special re-
ference to two copies of Almetdas
‘History of Ethiopia = Bull. of
the School of Or. Studies, London
Institution, II, 1921-3, 513-538.
I. 2726 — Gover' M. B.; An
« Abyssinian» vocabulary of the
seventeenth Century. = Bull. of the
School of Or. Stud., London In-
stitution, II, 1921-3, 763-782.
— 484 —
IV. STORIA E LETTERATURA STORICA, I. 2727-2732
d'Etiopia, cui io detti il nome di « abbreviata » per distinguerla
dalle cronache ufficiali dei singoli re; dei due testi il primo discende
nella sua narrazione fino ai tempi di Iyaàsu II, restando indipen-
dente dagli annali di questo re, cd ha tratti nuovi veramente im-
portanti, sia come storia sia come leggenda; l’altro è meno inte-
ressante, però nel suo racconto discende, concisamente, fino ai
giorni nostri, pei quali l’esposizione assume maggiore ampiezza,
arrestandosi all’anno 1889 con la battaglia di Metemma, il sacco
di Gondar per opera dei Dervisci e l'incoronazione di Menelic a re
di tutta l'Etiopia (I 2727). Al secolo XVIII sembra rimontare
la redazione d’un curioso documento, di cui il Conti Rossini
ha trovato una versione francese nelle carte del d’ Abbadie,
e che ha per autore un ec"c‘age Filpos: trattasi d’una collezione
di leggende, di tradizioni e di notizie storiche sulle vicende
del paese; molti sono i tratti nuovi ed interessanti, per esempio
per la storia letteraria (I 3728). Il Weld Blundell ha pubblicato la
grande cronaca reale dal 17069 al 1840 (I 2729); pur troppo, l’edi-
zione del testo e la traduzione inglese lasciano parecchio a desiderare.
La cronaca reale dal 1800 al 1840 era già stata pubblicata, con una
traduzione italiana, dal Conti Rossini (I 2730), il quale ha dato anche
una traduzione della storia, redatta dal cattolico Takla Haymanot
da Memsàh, delle vicende del paese e delle missioni cattoliche ai
tempi di ras Alì, deggiàc” Ubié e re Teodoro, documento meritevole
di considerazione (I 2731). Vedi anche n. I 2837.
L'or mentovato scritto di Takla Haymanot ci conduce ai tempi
ed alle vicende del beato Mgr. Giustino de Jacoubis e del beato Gabra-
Mika'e 1. Per il primo cadono nel periodo da noi considerato una no-
tizia dello stesso Takla Haymanot, volta in francese e dal francese in
italiano (I 2732), e una biografia del secondo, per opera di C. Cassinari
I. 2727 — Guinpi I., Dite nuovi
manoscritti delle «Cronaca abbrevia-
ta» di Abissinia = RAL.II, 1920,
357421.
I. 2728 — Coxtr Rossini C.,
Il libro delle leggende e tradizioni
abissine dell’'ecciaghié Filpòs =
RAL, XXVI, 1918, 669-718.
I. 2729 — -WeELD BLUNDELL H.,
The roval Chronicle of Abyssinia,
1709-1840, with translation and
notes. Cambridge 10922. AIII-543.
I. 2730 — Coxtr Rossini C.,
La cronaca reale abissina dall'anno
1800 all'anno184o0= RAL, XXVI,
1917, 779922, e 2 C.
I. 2731 — CoxtI Rossixi C.,
Vicende dell’Ettopia e delle missioni
cattoliche ai tempi di ras Al,
deggiac Ubié e re Teodoro, secondo
un documento abissino = RAL,
XXV, 1910, 425-550. Nell’estrat-
to precede il titolo: Fonti storiche
etiopiche per il secolo NINX.
I. 2732 — Episodi della vita a-
postolica di Abuna Jacob, ossia il
Lie
I. 2732-2738
CONTI ROSSINI - ETIOPIA.
(I 2733): v. anche n. 2810. Del primo il Conti Rossini ha scoperto,
fra carte provenienti dal consolato francese di Massaua, una lettera
nobilissima, scritta da Halai al console Gilbert nelle tragiche giornate
di Halai, dove quel degno figlio d’Italia era rimasto per difendere
la sua comunità cattolica contro re Teodoro dopo il veloce ripicga-
mento a Massaua del conte Russel, inviato da Napoleone III (2734):
la lettera, che di non molto precede la morte del de Jacobis, ha diritto
ad occupare un posto d’onore fra le sue memorie.
A tempi recentissimi scende una pubblicazione del Mittwoch:
è il testo amarico del trattato di amicizia e di commercio fra l’Im-
pero Germanico e Menelic (I 2735); mentre il Littmann fa conoscere
lo sgorbio quasi informe con cui Menelic sì firmava (I 2736). Siamo in
piena storia contemporanea, che non è qui la sede di rievocare. Mi
limiterò soltanto a rammentare una biografia, dovuta a C. Keller (I
2737), di Alfredo Ilg, l'ingegnere svizzero che per tanti anni fu l’in-
timo’ consigliere di Menelic nei rapporti con l’Europa, ed un vo-
lume di H. C. Jackson su Osman Digma (I 2738), il famigerato com-
merciante di schiavi che divenne uno déi maggiori condottieri dei
Dervisci contro l’Etiopia del nord e le attigue regioni, volume di
primo ordine, anche se non considera, forse, sempre adeguata-
mente l’opera dei non Inglesi per contenere ed infrangere il formi-
dabile movimento scatenato dal Mahdi Mohammed Ahmed. Veg-
gansi anche n. 2954-2958.
venerabile Padre Giustino De Ja-
cobis, raccontati da un testimonio,
Una lettera di Mer. Giustino de
Jacobis = BSGI, 1922, fasc. 7-8.
abba TECLÉ HAIMANOT, prete cat-
tolico abissino, confessore della fe-
de. Traduzione dal francese per
P. CELEsTINO da Drsio, XI-372,
Asmara 1913. Il testo francese è:
Abouna Yacob ou le vénerable de Ja-
cobis. Scènes de sa Vie d’A postolai
racontées par un témoin abba Tékla
Haîmanot. Parigi (1914), 240, ill.
L’introduzione ha la firma di E.
COULBEAUX.
I. 2733 — CASSINARI E, Il
beato (Ghebre-Michael prete abis-
sino della Congregazione delle Mis-
stont (1791-1855), prefazione di
Mons. LUIGI GRAMATICA. Roma
1920, 184,.
I. 2734 — Conti Rossini C.,
I. 2735 — MITtTwocH E., Der
deutsch-dthiopische Freundschafts
und Handel svertrag: Amharischer
Text mit deutschen Uebersetzung und
Anmerkungen = Paul Haupt Fest-
schrift, Leipzig 1926, 454-401.
I. 2736 — LITTMANN E.,, Die
angebliche Geheimschrift Menileks
II = ZA, XXXII, 1919, 97-102.
I. 2737 — KELLER C., Alfred
Ilg, sein Leben und sein Wirken als
schweizerischer Kulturbote in Abes-
sinien. Frauenfeld und Leipzig,
1918.
I. 2738 — Jakcsox H. C., Os-
man Digma, with a preface by
gen. Sir REGINALD WINGATE. Lon-
dra 1926, XVII-232.
— 486 —
IV. STORIA E LETTERATURA STORICA. I. 2739-2745
Si è accennato più volte alle brevi note del Conti Rossini intito-
late Aethiopica, ed a quesiti filologici e letterari toccati in esse (I 2739).
La maggior parte però ha contenuto storico, sia nei riguardi religiosi
(p. es. sul culto dell’aquila o dell’avoltoio, sulla dea Terra, sull’an-
tropofagia magica), sia rispetto all'antica Arabia Meridionale (p. es.
sull’etimologia di talune voci, su rapporti politici con quella regione
etc.), sia per aspetti archeologici (rovine di Dahané e di Saro), sia
per le vicende interne del paese. Fra i testi pubblicati o illustrati in
queste note sono nuovi un atto feudale del 1456-7 assai importante
per l’Eritrea, una canzone tigrai del sec. XVIII, una breve nota
tigrai desunta da un codice parigino che viene ad accrescere la pic-
cola serie dei testi tigrai non dovuti a raccoglitori europei, due nuove
canzoni del secolo XVI in onore del re Galàwdewos, e una lista ama-
rica di enqutatas”. Alcuni versi della gasidah himiaritica, il cui testo è
per la prima volta dato dal Conti Rossini, e dai quali par trarsi un
cenno ad una signoria di Himiariti sulle coste di Zeila e di Berbera,
hanno dato luogo a talune osservazioni da parte di I. Guidi (I 2740),
di Giorgio Levi della Vida (I 2741) e di M. Guidi (I 2742). Del Conti
Rossini citasi anche uno studio, di carattere divulgativo, sui rapporti
fra Egitto e Abissinia nei tempi antichi e nel medio-evo (I 2743). No-
tevolissimo, veramente prezioso, è uno studio del Guidi sulla chiesa
abissina, sulle sue peculiarità e sulle sue sette; nessuno, che abbia oc-
casione di occuparsi di cose ecclesiastiche d'Etiopia, potra astenersi
dal ricorrervi (I 2744). Il Duensing dà un saggio sugli Abissini in
Gerusalemme; nuova ed interessante è, fra le altre, la notizia che egli
vi accoglie sull'origine di tale comunità (I 2745). Molto più mode-
stamente, l'argomento dei rapporti fra Gerusalemme e l'Etiopia è
I. 2739 — Conti Rossini C., Fahd al-Himyari = RSO, XI,
Adethiopica I = RSO, IX, 1923, 108-9.
305-381, 449-409; Aethiopica II.
= RSO, X, 1925, 481-520. I. 2743 — Conti Rossixi C.,
id Cui L.. di da Egitto ed Etiopia nei tempi antichi
su Fahd = RSO IX, 373. RSO, e nell'età di mezzo = Aegyptus,
III, 1922, fasc. 1-2.
X, 283.
I. 2741 — LEvi DELLA VIDA G., I. 2744 — Guipi I., La chiesa
Fahd al-Himvari e un verso di abissina. Roma 1922, 17: estr.
‘Amr b. Ma'‘dikarib = RSO, X, dall'OM, II, n. 2-4.
Vara: I. 2745 — DuensINnG H., Die
I. 2742 — Guipi M., Ancora il Abessinier in Jerusalem = ZDPV,
verso di ‘Hinr b. Ma'dikarib su 1916, 98-115.
— 487 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2746-2752
toccato anche da P. Meroni (I 27406). Jean Ebersolt ha steso una
notizia, senza speciale rilievo, sugli antichi santuari etiopici (I 2747).
Nei Mélanges apparsi nel 1915 René Basset raccoglie alcune sue
precedenti pubblicazioni, sulla leggenda di Tertàg e Werzelyà e
sulle regole attribuite a Pacomio, ed anche due sue recensioni, la pri-
ma sul mediocre volume di Hugues Le Roux « La regina di Saba »
e la seconda sulla relazione del viaggio di Denis de Rivoyre (I 2748).
Nel campo delle recensioni rammentasi, per la parte concernente j'E-
tiopia, quella del Conti Rossini sulla Storia degli Arabi nel Sudùn
Anglo-Egiziano dovuta al Mac Michael (I 2749).
Chiuderò questa rassegna di opere concernenti la storia d'Etiopia
con la menzione di alcune, che per una più completa trattazione tro-
veranno sede naturale nel bollettino concernente la letteratura araba.
Nel secondo volume della Storia del Gujarat di “Abd-Allah Mohammed
ibn ‘Omar al-Makki al-Asafi Ulugkani, edita da Denison Ross, (I
2750) il Basset ha trovato una lunga digressione circa il principio
delle guerre di Grafîi contro gli Abissini; essa è estratta dalla Tu/fat
az-LZamdan, di cui però non menziona l’autore, e vocalizza i nomi
propri con maggior cura che non i mss. noti della Tukfak; ne ripro-
duce ed abbrevia il racconto fino alla battaglia di S"emberaà Kurc”,
poi sì arresta e non menziona più se non la morte dell'imam, di
cui dichiara di non conoscere la data, il che, osserva il Basset, di-
mostra non avere il suo autore posseduto un seguito della cronaca
a noi nota di S'ihab ad-Din, seguito che probabilmente non fu mai
scritto (I 2751). Un csame dettagliato del testo in parola è desidera-
bile. Va anche rilevata la singolare storia d'un mercante per-
siano di Tabriz, lo hag"g" Nùr ad-Din Ali, che servì da intermediario
fra il re d’Abissinia e i re Franchi, storia narrata da Abù’ l-Mabhasin
ibn Tagri Birdi a proposito della spedizione dei Mamelucchi d’Egitto
contro Cipro nel 1425 e nel 1426 (I 27352). Infine, si ha, per cura di
I. 2746 — Meroni P., Aniiche I. 2750 — DrxIrson Ross E,,
relazioni fra Gerusalemme e l'E- An arabic History of Gujarat,
fiopia=: La Nigrizia, 1918, n. 3. by ‘Abad Allah AMluhammad ibn
‘Onar al-Makki al ’Asati Ulugh-
I. 2747 — EsersoLT_ J., Les pani, vol. II. Londra 1919, 584-
anciens sancluaires cethiopiens = 392.
RHR, 1918.
I. 2751 — JA, 1923, I, 143.
I. 2748 — Basset R. Melan- ù J (3a la
ges ajricains et orientaux. Paris I. 2752 — Abit "l-Mahasin ibn
1915, 300. Taghri Bird®s Amnals entitled An-
nujum az-Zahirah, edited by WiIL-
I. 2749 — RSO, IX, 10923, 597-. LIAM PoPPER, vol. VI, parte 2,
600. n. I, Berkeley, 1920.
cu'sggice
IV. STORIA E LETTERATURA - V. GEOGRAFIA STORICA. . I 2753-2760
Max Weisweiler, l’inizio della versione, con un interessante studio in-
troduttivo, dell’opera di “Abd al-Bagi al-Makki intitolata « Le buone
qualità degli Abissini » (I 2753).
V. Geografia storica. — Si ha un lessico di geografia storica
dell’Africa Orientale equatoriale, dovuto al Langenmaier, con indi-
cazioni che possono riguardare anche l'Etiopia in senso lato (I 2754).
I) Conti Rossini ha una serie d’indagini su testi greco-latini: trova
la Deiré di Strabone in Raheita, ov'egli osservò avanzi di antichi
stabilimenti, e i duelaghi salati di quel geografo nel lago di Assàl e in
quelli dell'Aussa (I 2753); con l'ausilio di rovine di monumenti, di
statue e di ceramiche studia antichi centri di cultura aksumita nel
Sahel eritreo, dove probabilmente erano gli Asachae (I 2750); in
una memoria, pubblicata nel numero che Aegvptus presentò al Con-
gresso Geografico del Cairo, ricerca negli scrittori ellenici e latini il
Gallabat, 1 Cunama, Ptolemaide delle Cacce, il Samhar etc. (I 2757);
infine identifica il popolo detto Tiknah o Buknah dai geografi arabi
nei Pachini di Tolomeo (I 2758), nuova prova, questa, della larga in-
fluenza che Tolomeo esercitò sui geografi arabi anche in quanto ha
tratto all'Africa Orientale. I Buknah o Tiknah sarebbero quindi da
mettere a fianco degli Hameg, che sembrano da riconnettersi con gli
Ayplor dei geografi alessandrini. — Per l'interesse che può aversene
per l'Etiopia, segnalasi una discussione fra J. Kennedy e W. H. Schoff
sull'età del Periplus maris Erythraet; il primo inclina a porlo fra il 70
e il 75 d. Cr. (I 2759), il secondo sembra crederlo di poco posteriore,
ma redatto in varie riprese (I 2760); il primo, tornando sull’argo-
I. 2753 — WeEISWEILER M., = RAL, XXXI, 1923, 241-278.
Buntes Prachtgewand: iiber die IM. C.
guten Eigenschaften der Abessi- Ve
nier, von Muhammad ibn ‘Abdal- I. 2757 al CONTI ROSSINI C.,
baqi al-Buhari al-Makki, Han- Commenti a notizie di geografi
classici sovra il Sudan Egiziano e
l’Etiopia = degvptus, VI, 1925,
I. 2754 — LAXGENMAIER T., Le- n. 1, 1-20.
a:kon cur alten Geographie des siid-
Ostlichen Aequatorialafrica. Ham-
burg 1918, 100. CC.
nover 1924, 127.
I. 2758 — Coxtr Rossini C.,
Il popolo sudanese-etiopico detto
«tiknah » 0 «buknah » dar geografi
I. 2755 — Conti Rossini C., arabi = RSO, IX, 1921, 30-37.
La città di Deiré e i due laghi ;
salati di Strab. XVI, 14 = RAL, I. 2759 — KENNEDY J., Some
XXIX, 1920, 291-298. notes on the Periplus of the Erv-
trean Sea = JRAS, 1I9I0, 829-
I. 2756 — Conti Rossini C., 837.
Adutiche rovine sulle rore Eritree
(Strabone XVI, 8; Plinio VI, 191) I. 2760 — ScHoFF \ILFRED H.,
— 489 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2760-2767
mento, studia i re orientali contemporanei al Periplo (I 2761), al
quale proposito occorre che definitivamente sì rinunci a trarre dall'E-
tiopia notizie utili circa la fissazione della data di redazione di questo
documento così importante, affatto priva d'ogni valore essendo qualsi-
voglia argomentazione fondata sull’identificazione di Zéòscalés con
questo o quel re delle liste dei re d’Aksum. — Ad età meno antica
si riporta un lavoro dello Storbeck, che esamina le notizie dei geogra-
fi arabi del medio-evo sull’Africa orientale (I 2762). Al sec. XIV
scende il castigliano « Libro del conoscimento », nelle cui informazioni
sull’Abissinia e sulle coste Somale il Conti Rossini trova elementi
attinti a fonti arabiche e probabili notizie de’ primi viaggiatori eu-
ropei (I 2763). Ben fatto è uno studio di R. Biasutti sulla cartogra-
fia dell’Etiopia nei secoli XVI e XVII, particolarmente su quella do-
vuta a G. Gastaldi, fiorito intorno la metà del secolo XVI (I 2764).
VI. Numismatica. — La numismatica aksumita attende an-
cora un lavoro generale di riassunzione e di coordinamento, cui darà
buona base lo studio preliminare del Littmann inserto nel 1° volume
della Deutsche Aksum-Expedition. Ma in questi ultimi annì abbiamo
in essa un certo movimento. Georg Hill, l’illustre conservatore del
dipartimento delle monete del British Museum, fa conoscere i pezzi
aksumiti di recente acquisto di quel Museo (I 2765). Il Littmann
tratta d’una moneta di re Israel, re che molto giustamente egli identi-
fica con uno dei figli di re Kale b rammentati dal Kebra Nagast (12760).
Il Kammerer, che nel suo volume sull’Etiopia antica ha pubblicate
le monete inedite del Cabinet des Médailles di Parigi, fa altresì co-
noscere quelle d’oro della collezione Muncharjce di Aden (I 2767). No-
As to the date of the Periplus = ta dell’Africa di G. Gastaldi (1543-
JRAS, 1917, 827-830.
I. 2761 — KENNEDY ]J., £Fa-
stern Kings contemporary with
the Periplus = ]RAS, 1918, 106-
114.
I. 2762 — StorBEcKk F., Die
Berichte der avrabischen Geogra-
phen des Mittelalters iber Osta-
frika = MSOS, 1914, 75 (estr.)
I. 2763 — Conti Rossixr C.,
Il «libro del conoscimento » e le
sue notizie sull’Etiopia. = BSGI, I,
1917, 650-079.
I. 2764 — BIASUTTI R., La car-
1564) e lo sviluppo della cartogra-
fia africana nei secoli XVI e XVII
= BSGI, 1920, 327-346, 387-430.
I. 2765 — Hixtc G. F., Greek
coins acquired by the British Mu-
seum 1914-1916 = Numismatic
Chronicle, 1917, 27-30 e tav. III. —
Acquired... in 192I - id., 1922,
174-5 e tav. VII.
I. 2766 — LiTTMANN ÈE,, Eine
neue Goldmiinze des Kònigs Israel
von Aksum = ZjNum., XXXV,
1925, 272-4.
I. 2767 — KAMMERER A., Les
490
VI. NUMISMATICA - VII. CRONOLOGIA E CALENDARIO. I. 2767-2773
tevolissime fra tutte una moneta di re Ezana senza simboli nè cri-
stiani nè pagani, vera rivelazione dello stato d'animo di quel re acu-
tissimamente già indovinato dal Guidi nel testo della sua grande
iscrizione « cristiana », costretto a una politica d’equilibrio fra pagani
e cristiani, ed una moneta di W-z-b indubbiamente pagana, e quindi
anteriore a Ezana, con leggenda ge'ez.
VII. Cronologia e calendario. — Il computo del tempo in
Abissinia sì fonda, come è noto, sul calendario copto. Ma, sebbene
esistessero pubblicazioni illustrative del calendario etiopico, ultima
per tempo quella d'un bravo cappuccino della nostra missione d'Eri-
trea, il Padre Mauro da Leonessa (I 2768), quanti hanno avuto da
fare con testi abissini portanti indicazioni di date sanno le noie de’
conteggi e la facilità degli errori cui la riduzione di tali date nelle cor-
rispondenti del calendario gregoriano dà luogo. Lo Chaine si era ve-
nuto specializzando in questo campo. Ha, anzi tutto, proceduto a
talune rettificazioni di date, mal calcolate da altri, della morte del
metropolita Salama, che egli stabilisce essere avvenuta nel 1387-88
(I 2769), e di altri avvenimenti (I 2770). Poscia, con savio pensiero,
anzichè insistere in parziali rettifiche, che a poco, in fondo, avrebbero
giovato, ha preferito illustrare le basi del calendario copto, seguito
in Egitto e in Abissinia, ed esporre le regole pei vari computi cui i
testi e l’uso ecclesiastico possono dar occasione (I 2771). orse,
l’opera sarebbe riuscita assai più pratica, se, rinunciando eventual-
mente a qualche parte meno necessaria, vi avesse compreso delle ta-
belle comparate come quelle date dal Wistenfeld per la riduzione
degli anni dell’egira in anni dell'era nostra; inoltre, qualche inesat-
tezza è scivolata tra le pagine. Tuttavia è opera meritoria, come rico-
noscono le recensioni di Gabriel Ferrand (I 2772) e del Conti Rossini
(I 2773). — Il Weld Blundell, nella cronaca dei re d’Abissinia di cui
monnaies abyssines de la collec- logica = Aethtops, II, 19-23, 33-37,
tion Muncharvee d’Aden = ltev. 49-52.
Numismalique, 1926, 41-53, tav.
: I. 2771 — CHAINE M,, La chro-
I. 2768 — P. Mauro da Lro- nologie des temps chrétiens de
NESSA, Computo per il calendario lEsypte et de l'Éthiopie. Paris
abissino confrontato col computo io XV-344
latino. Asmara 1918, I01,
I. 2769 — Chaine M., La date ®- 2772 — JA, 1925. 1, 139-
de la mort du metropolite Abba Sa- 141.
lama. = Aethi -30.
ma Aethiops, 1, 33-3 I. 2773 — OM, V, 1925, n. 10,
I. 2770 — Chaixk M., Chrono- 557-559.
ce Mi
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2774-2782
sl è detto al n. 2729, dedica un’appendice al calendario, traducendo
dall’etiopico un trattatello attribuito a Givorgis figlio d’Amid, os-
sia al-Makin. Il Grébaut fa conoscere delle tavole di computo e di
cronologia (I 2774), delle levate della luna per ogni mese dell’anno
(I 2775), ed alcuni calcoli e tavole concernenti il computo dei giu-
bilei, delle settimane di Esdra, delle settimane di Henoch, etc. (I 2776).
Di carattere tradizionale è una brevissima nota di cronologia biblica,
edita dallo stesso (I 2777).
VIII. Diritto. — Il diritto abissino oggi ci è noto, nelle sue due
diverse manifestazioni, per due opere principali: il diritto tradizionale
per il mio studio sul diritto consuetudinario dell’Eritrea tigrina; il
diritto — dirò così — culturale ed aulico per la poderosa edizione del -
Fetha Nagast curata dal Guidi. . |
Nel campo del primo, richiamata una recensione dello Chabot del
mio libro or indicato (I 2778), si ha uno studio sul bando, con cui
il ras Gugsa dichiara non ereditari i possessi feudali, bando di cui
Arnaldo d’Abbadie ci conservò il testo (I 2779). E. Petazzi raccoglie
le consuetudini dello Hamase n in materia di diritto penale (I 2780);
più in là, al n. 2821, si tratterà di una raccolta di statuti locali. Noti-
zie interessanti per l’etnografia giuridica sono in una monografia,
nella quale A. Pollera raccoglie le sue annose osservazioni circa la
donna in Etiopia (I 2781). Un saggio di carattere generale sui diritti
indigeni è offerto dal Cerulli, che lo completa con la versione d'un
testo amarico del Dembià, sui mestieri considerati ignobili (I 2782).
I. 2774 — GréBauT S., Table
de comput el de chronologie =
ROC, 1918-9, 323-328; Appen-
dice; les treize Cvcles. id., 329-330.
I. 2775 — GREÉEBAUT S., Table
des levers de la lune pour chaque
mois de l'année et variations des
jours et des nuits pour chaque
mois de l'année = ROC, 1918-19,
422-432.
I. 2776 — GREBAUT S., Calculs
et tables relatives au comput =
ROC, 1920-21, 212-220.
I. 2777 — GRÉBAUT S., Note
de chronologie biblique=ROC,1915-
17, 210.
I. 2778
vants, I9I7,
— Journal des. sa-
301-3.
I. 2779 — Conti Rossini C.,
L’editto di vas Gugsa sui feudi =
La Rassegna Coloniale (Tripoli),
vol. I, fasc. I.: estr. 0.
I. 2780 — Prerazzi E., L’odter-
no diritto penale consuetudinario
dello Hamasen (Eritrea). Asmara
1918, 490.
I. 2781 — POLLERA A,,, La don-
na in Etiopia (Min. delle Colonie:
Monografie e rapporti coloniali,
nuova serie, n. 1). Roma 1922,
87.
I. 2782 — CERULLI E., Diritti
indigeni ed etnologia giuridica delle
nostre colonie = Riv. col.. II, 1918,
94104.
— 492 —
VIII. DIRITTO - IX. FALASCIÀ I. 2783-2789
Segnalo anche uno studio del Crowfoot, che, pur trattando di usi
del Sudan, può dar la spiegazione dell'origine di talune usanze od
istituzioni nuziali delle tribù a lingua tigré (I 2783).
Nel campo del diritto culturale ed aulico, dobbiamo al Guidi
(v. n. 2720) l'edizione d’un giudicato del tribunale reale, che, a propo-
sito del rifugio cercato da Surahe Krestos, governatore del Walqa-
yt, presso l’ec"c"age” in Gondar, stabilisce non potersi il beneficio
del diritto d'asilo estendere a vantaggio di un ribelle contro il re.
IX. Falascià. — I Giudei d’Abissinia hanno fornito al Rathjens
l'occasione di raccorre le notizie che su essi si trovano nei testi a
stampa e nei viaggiatori (I 2784); raccolta diligente, anche se pre-
senta qualche menda rilevata in recensioni (I 2785). Il Conti Rossini
ha dedicato due note a questo curioso popolo; nella prima (I 2786)
ne indaga le origini, che crede trovare nelle colonie giudaiche d’Arabia,
donde il giudaismo sarebbe stato introdotto in Etiopia fors’anche
prima del cristianesimo; ne tratteggia talune vicende, e pone in ri-
lievo la povertà della sua letteratura, riflesso della letteratura dei
cristiani d’Abissinia; nella seconda (I 2787) ritorna sul problema delle
origini, cercando di confutar l'ipotesi d’una provenienza dall’Egitto
attraverso la Nubia, e pubblica il testo falas”a degli Atti di Abramo.
AI ciclo degli studi Falascia va anche collegata una breve monogra-
fia dello stesso autore sul Libro di Eldad ha-Dani, il ben noto tratta-
tello giudaico sulle tribù d’Israele che passarono nella terra di Kùs”,
trattatello che poi si riannoda con la leggenda del Prete Gianni (12788).
Secondo il Goite (I 2789), un altro anello della catena di elementi
che fanno credere Eldad nè un romanziere nè un travestito Ca-
raita bensì un semplice Falascia sarebbe nell’accenno che la lettera
dei Kayrwaniti a R. Semah fa dei « Bene S"amson dei figli di Da-
lila », in quanto che appunto nel Kebra Nagast si trova la leggenda
I. 2783 — Crowroor, J. W. Falascià = RSO, VIII, 1920, 563-
Wedding customs in the Northern 100.
Sudan= Sudan Notes and Records,
: I. 2787 — Coxti Rossini C,,
E | ._ Nuovi appunti sui Giudei d' Abis-
I. 2784 — RATHJIENSC., Die Ju- sinia = RAL, XXXI, 1923,
den in Abessinien. Hamburg 1921, 221-240.
si I. 2788 — Conti Rossini C.,
I. 2785 — OM, I, 1921, fasc. 1, Leggende geografiche giudaiche del
52-53. IX secolo (il Sefer Eldad) = BSGI,
1925, tasc. I-VI.
I. 2786 — Conti Rossini C.,
Appunti di storia e letteratura I. 2789 — Gorte E. D., Note on
— 493 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2789.2796
del figlio di Sansone e di Dalila. Notizie sui Falascià alla fine del
medio-evo raccoglie Paul Borchardt (I 2790); mentre Scheftelowitz,
in un articolo che non m'è noto se non per citazione, esamina il
quesito sollevato anche da inviati di grandi organizzazioni giudaiche
europee, se i Falascià vadano realmente considerati come Israeliti
(I 2791).
X. Lingue moderne semitiche.
1. TIGRE. — La lingua tigré, come è noto, è parlata in buona
parte dell’Eritrea; per numero di persone che la parlano e per esten-
sione di territorio, possiamo dirla la più diffusa in quel nostro posse-
dimento. Salutiamo con piacere la comparsa di una grammatica
tigré, per cura della Missione cattolica (I 2792): per quanto imper-
fetta, per quanto stesa senza un criterio scientifico, essa è quello
che per ora si ha di più utilizzabile nei riguardi pratici. Finora lo
studio del tigré era lasciato alla Missione protestante Svedese, alcuni
membri della quale, come il Sundstròm ma sovratutto l'ottimo Ro-
dén sono veri benemeriti per la conoscenza di questo interessantissimo
idioma.
Appunto alla Missione Svedese debbonsi i testi apparsi in questo
frattempo, come la massima parte di quelli sinora diffusi per le stam-
pe; alcuni con trascrizioni e traduzioni di R. Sundstròm (I 2793);
poesic edite dal Néldeke (I 2794); canti, editi dal Littmann, per la
morte del noto cantiba Tesfanchiél, capo dei Mensa (I 2795). Carat-
tere confessionale ha il catechismo luterano tradotto dal Rodén
(I 2796-2797). Altri duc pastori, il Norlen e il Lundgren curano il
Eldad the Danite. = Jew. Quart. I. 2793 — SUNDSTROM R., So-
Itev., XVII, 1927, 483. me Tigré texts with translitera-
tion and translation = MO, VIII,
I. 2790 — BorcharDT P., Die 1914, 1-15.
Falaschajuden in Abessinien im
Mittelalter = Anthropos, XVIII,
1923-4, 258-200.
I. 2794 — NOLDEKE TH., Ti-
gre-Lieder == ZÀ, XXXI, 1917-83,
1-25.
I. 2791 — SCHEFTELOWITZ, Sind o
die Falaschas Juden? = Monats-
schrijft fitr Gesch. und Wiss. der
Judentunis, 1924, X-XII.
I. 2795 — LITTMANN E.,, Der
Tod des Hauplings Tasfàmkél (nach
Itichardt Sundstròom). estr. da Der
neue Orient, VIII, n. 3-4, in 16, 10.
I. 2792 — Grammatica della lin-
gua ticré con annesso vocabolario
tigré-italiano e italiano-tigré, per
cura della Missione cattolica del-
Eritrea. Asmara 1919, 299.
I. 2796 — Ropéxn K. C., Dot-
trina Cristiana secondo il piccolo
Catechismo di Martino Lutero per
opera del Comitato Catechistico:
— 494 —
X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2796-2805
testo d’una breve storia sacra (I 2798). Notevolo sono le versioni,
curate da G. M. Sundstròm, del libro d’Isaia (I 2799) e dei Salmi
(I 2800). Il filologo troverà in questi, come in consimili lavori, buona
messe da mietere.
2. TicRAI. — Il tigrai o tigrigna, parlato a sud del tigré, è
il linguaggio della parte « abissina » dell’Eritrea e della vasta regione
a sud dcl Belesa-Marcb fino al Lasta verso mezzodì, e al Teccazé
verso occidente, con importanti ramificazioni anche al di là di questo
fiume. Ma il centro del suo piccolo movimento letterario è in Eritrea,
per opera delle due Missioni che vi lavorano, la Italiana, Cattolica, e
la Svedese, Protestante; oltre confine non vi è assolutamente nulla
in questo campo. L'attività delle due Missioni è giunta alla fondazione
di due giornali, o, meglio, riviste mensili in tigrai per le rispettive co-
munità, il « Vero amico del popolo d'Etiopia » della Missione Cattolica
(I 2S0r), e il « Messaggio di pace » della Missione Protestante (I 2802):
non so se siano regolarmente pubblicati e neppure se sieno tuttora in
vita.
In nota segno le pubblicazioni a me note di questo periodo per
opera delle due Missioni, pubblicazioni scolastiche o di carattere re-
ligioso. Fra quelle della Missione Cattolica (I 2803-2809) segnalansi,
liberamente tradotta dallo svedese
in tigré. Asmara, Miss. Svedese,
1920, 128.
in lingua tigrigna, per cura della
«Missione Cattolica dell’ Eritrea). Ne
conosco soltanto la 23 annata
1909 (era etiopica) = 1917, 155, €
I. 2797 — Ropigny K. C., Mar-
tino Lutero: piccolo catechismo tra-
dotto in tigré. Asmara, Tip. Evang,,
1926, in 10, 28 ediz., 23.
I. 2798 — NORLEN W., e Lunp-
GREN FR., Manuale di storia sa-
cra (versione tigré). Asmara, Tip.
Evang., 1925, 200.
I. 2799 — Il libro di Isata in
lingua tigré (trad. G. M. SuxD-
STROÒM). Asmara 1925, 94.
I. 2800 — Z salmi di Davide,
Dersan Dawd, in lingua tigré
(G. M. SUNDSTROM, trad.). Asma-
ra 1925, 198.
I. 2801 — Nay hezb Itvopya
undtayna fdtarvi (Il vero amico del
popolo Abissino, periodico mensile
la 33, Asmara 1918, 192.
I. 2802 — Male'ekti sdilam, Mes-
saggio dî pace: 6y. ‘amdat, 1015. Ne
conosco soltanto sette numeri, da
gennaio a settembre.
I. 2803 — P. Giovanni da Pa-
LERMO, e abbà GEROM GaBRA-
Musé., Mashaf fidal habas”an ità-
Ivanen. Asmara 1919, 72.
I. 2804 — Piccola grammiatica
per imparare l'italiano. Quanqua 1-
talva nemesna' ettagdbri ne'es”toy
sawasew.besala teghat Misvon Kato-
lik, Asmara 1910 (== 1917), 24.
I. 2805 — Embatè... (Vittorie del
lavoro). Libro di lettura italiano-
tigrai ad uso delle scuole indigene,
— 495 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2805-2820
per l’utile che può trarsene anche fuor dell'ambiente speciale cui sono
dirette, quelle che al testo tigrai contrappongono il testo italiano;
‘ e segnalasi in particolar modo il testo tigrai della vita del martire
Gabra Mika'e 1(I 2810) di cui s'è fatto cenno al n. 2732. Per la Mis-
sione Protestante (I 2811-2820) rammentansi le fatiche dello E-
riksson e del Winqvist.
I testi schiettamente originali tigrai apparsi in questo periodo
sono assai pochi. Il Conti Rossini ha scoperta in un codice parigino
una nota tigrai, che viene ad aggiungersi ai pochissimi documenti
indigeni spontanei in quella lingua, ed ha pubblicato un canto del
per cura della Missione Cattolica.
Asmara 1920, 215.
I. 2806— Uomini illustri dellavo-
ro, delle scienze e della carità. Libro
di lettura italiano-tigrai ad uso
delle scuole indigene, per cura della
Missione Cattolica. Asmara 1917,
203.
I. 2807 — Manuale di Igiene ita-
liano-tigrai ad uso delle scuole in-
digene, per cura della Missione
Cattolica. Asmara 1918, I9I.
I. 2808 — La Colonia Eritrea:
manuale d'istruzione italiano-tigrat
ad uso delle scuole indigene per
cura della Missione Cattolica. A-
smara 1917, 215.
I. 2809 — Re'esa liqgana papasat
Pyos Ioy zawse' ò: ‘Abiy temherta
Krestos. Bate'ezaza abuna Yose f
Kamilo Karrara nay tegrenna td-
galbataà. Asmara 1910 (= 1918),
215.
I. 2810 — Enkab mashafa abba
Takla Haymanot zetagabasa, besu'
abba Gabra Mika'el sama'et 1ityo-
pvawi, bateghat mahbar Misyon
Katolik. Asmara 1919, in 106., 76.
I. 2811 — (Qas"i Zar’a Syon).
Maglasi haqgi. Asmara, Miss.
Svedese, in 16, 1912 (era et.),
239.
I. 2812-13 — Sillabario nella lin-
gua Tigrinja, tradotto dal D.re C.
WINQVIST 1nSIeme con maestri indi-
geni. Asmara, Miss. Svedese, 1916,
76. Seconda edizione, Asmara,
1922.000
I. 2814— Are’esti sebkat, kal'ay
‘àmdt (Asmara, Miss. Svedese, sen-
za data), in 16, 256. Alla fine:
Asmara, fegemti, 1911. O(/af) E
(riksson). B. E.
I. 2815— Mashafa fidal be-zaraba
tegreina (titolo interno: Sillabario
della lingua tigrigna... 28 edizione).
Asmara, Miss. Svedese, 1922, n. 16;
120.
I. 2816 — Temherti hrestivan bde-
hasiy qal (titolo interno: Compendio
della dottrina cristiana). Asmara,
Miss. Svedese, 1922, in I6, 62.
I. 2817 — TRONA., Manuale di
aritmetica tradotto da G. Cristos Tec-
le-Haimanot (titolo abissino: Que-
srì kab A. Tron). Asmara, Miss.
Svedese, 1923, in I6, 74.
I. 2818— Mazmur salam (Cantici
in lingua tigrai). Asmara, Miss.
Svedese, 1923, in 16, 233.
I. 2819 — Hasir zantà mashaf
geddùs (Storia sacra in tigrai). A-
smara, Tip. Evang., 1924, in 16, 83.
I. 2820 — Storia Sacra. Zantà
mashaf qeddus, in lingua tigrigna.
Asmara, Tip. evang. 1925, 200.
— 496 —
X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2821-2828
secolo XVIII, veramente notevole, nel quale descrivesi l'arrivo del
ribelle deggiàc” Danghes” nell’oltre tomba fra coloro che erano morti
per seguire le sue parti, v. n. 2739. Ad Asmara furono raccolti e
dati alle stampe in tigrai gli statuti di varie genti eritree del Carne-
scim, dello Scioattè Ansebà, del Loggo Ceuà, del Sahartì e dei distretti
con esso collegati, e gli editti di Hab Sellùs: raccolta forse inspirata
dal mio lavoro sul diritto consuetudinario, e il cui concetto non sa-
prei abbastanza encomiare (I 2821-22).
- I padri Coulbeaux ‘e Schreiber, della Missione Lazzarista d’Ali-
tiena, avevano iniziata, a Vienna, la stampa d'un dizionario tigrai
(I 2823): continuerà? è da esprimerne vivissimo voto, per l’abbon-
danza del materiale raccolto, anche se talora l'elaborazione scienti-
fica non ne è perfetta. Il Littmann ha esaminato questo lavoro
(I 2824).
3. AMaRICO. — La grammatica amarica del prof. Guidi è
«alla terza edizione (I 2825), notevole per le innovazioni de’ suol e-
sercizi di versione e per un piccolo lessico. Degno complemento per
chi si applichi a questa lingua ne è un libro di letture, di J. A. Eadie,
«con racconti, bandi, canzoni etc.; non soltanto lo studente ma anche
chi già sia addentrato nelle cose etiopiche lo legge con piacere e con
profitto (I 2826). Il Littmann recensisce il libro dell’Armbruster
(I 2827).
I sawasew, specie di lessici indigeni, che possono a volte presen-
tare interesse eccedente il semplice vocabolario, sono certamente me-
ritevoli di esame. La Missione Svedese ne pubblicò uno da circa
«quaranta anni; la signorina Hermine Brauner (I 2828) e H. Hir-
I. 2821-22 — Ser'at Karnes"em,
24.- Ser'at nay Hab-Sellùs etc, 18.
Wa'elas“obh'attà Ansaba, 24; Heggi
này Laggon C‘ewan, 19. — Heggi
Sahartéin Lamzan Waqgartén Dam-
dan, 26: Asmara, iIyio. Della
Ser at nay Hab-Sellùs nay Giabrà-
Kyrestos nay Dagqgqitàs"em, Asmara
.1910, conosco anche una stampa
«in 4, 16.
I. 2823 — CouLBEAUX P. S.
et SCHREIBER /., Dictionnaire
de la langue tigrai. \ien 1915,
-504. . |
. I. 2824 — LZ BI,
I9I0, n: 18,
:COl. 470-471. Ù
I. 2825 — GUIDI I., Grammatica
elementare della lingua amarica, con
esercizi di traduzione e glossario. 38
edizione ampliata. Napoli 1924,
84.
I. 2826 — EADIE ]J. A, An
Ambharic Reader. Cambridge 1934:
«278.
I. 2827 — DIZ,
1915, n. 1,
col. 25-28. n
I. 2828 — BRAUNER PALzZIKOW-
SKI. HERMINE, . Ein. dthiopisch-
amharisches © Glossar =. MSOS,
NVI, 10914: estr. 98.
—_ 497.—
Aevum - Anno I - 32
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2829-2838
schfeld (I 2829) ne illustrano e pubblicano altri due amarico-etiopici.
L'interesse che presentano è puramente filologico.
Lo Chaine ha proceduto ad uno studio di molto valore sulla poe-
sia amarica (I 2830). Meritano, fra l’altro, d’essere rammentate
le sue osservazioni sulla metrica, che, quasi inconsciamente, si va for-
mando presso il popolo ne’ suoi canti. Di questi, parecchi nuovi sono
fatti conoscere dal Cerulli (I 2831), che in un precedente scritto ne
aveva tratteggiati i caratteri principali (I 2832), mentre in collezione
a parte fa conoscere taluni canti di musulmani, non privi di
interesse filologico (I 2833); altri d’indole assai variata debbonsi al
Marcel Cohen, che ne indaga a sua volta il ritmo, e che li cor-
reda, come il Cerulli, di notevoli osservazioni (I 2834). Sui canti
del Cohen veggansi anche talune note del Cerulli (I 2835). Il Littmann
ci dà alcuni curiosi canti di Galla (I 2836). Il Conti Rossini (v. anche
n. 2739) trae dalle carte di Antonio d’Abbadie un epistolario del da-
btarà Asaggakàfi sugli avvenimenti svoltisi durante gli ultimi anni
di re Teodoro e i primi di re Yohannes III: la lettera sulla fine di re
Teodoro rimarrà certamente ricordevole nella storia della letteratura
amarica (I 2837). Degne di nota anche sono le notizie, o le leggende,
che il Mittwoch pubblica sul primo espandersi dell’islamismo in A-
bissinia (I 2838); è però bene avvertire che nei testi redatti dall’a-
laqà Taye si vanno mescolando notizie o leggende locali con elementi
tratti da fonti occidentali, onde l’uso di tali testi, quando non sia
a scopo linguistico, richiede molta prudenza.
I. 2829 — HiRrscHFELD H., An
Ethiopic-Falassy Glossary, edited
and translated = ]RAS, 1919, 209-
230; id. 1920, 573-582; id. 1921,
211-237.
I. 2830 — CHAÎNE M,, La poésie
chez les Ethiopiens (poésie amha-
I. 2834 — ConÙen M., Cuuplets
amhariques du Choa = JA, 1924,
vol. 2, estr. I00.
I. 2835 — OM, 1926, 186-7.
I. 2836 — LITTMANN E., Am-
harische Tanzlieder der Galla,
rique) = ROC, 1920-21, 306-326,
401-425.
I. 2831 — CERULLI E., Canti
popolari amarici = RAL, XXV,
I9I16, 563-658.
I. 2832 — CERULLI E., La poe-
sia popolare amarica =L'Africa It.
(SAN), XXXV, 1916, 172-179.
I. 2833 — CERULLI E., Canti a-
marici dei musulmani di Abissinia
= RAL, 1920, 433-447.
nach Mitteilungen von E. Nagels-
bach. = Zeitsch. f. Sem., IV 1926,
300-310.
I. 2837 — Conti RossiINnI C.,
Epistolario del debterà Asegga-
chègn di Uadlà = RAL, vol. I,
1925, fasc. 7-8, 449-490.
I. 2838 — MITTwocH E.,, Ein
amharischer Text iber Muham-
med und die Ausbreitung des Islams
in Abessinien = Festschrift Eduard
Sachau, Berlin, 1915, 444-451.
— 498 —
X. LINGUE MODERNE SEMITICHE. I. 2839-2847
La Missione Svedese (I 2839-2846) ha reso l’Eritrea un discreto
centro d’irradiazione di pubblicazioni ed anche di cultura amarica. Lo
Eriksson e il Lundqvist vi hanno fatto stampare vari libriccini
d’istruzione civile e di propaganda religiosa; lo alagà Tayye (12847)
pel tramite di essa ha dato alla luce una sua storia del popolo etiopico,
da cui possono desumersi - con le già accennate cautele - dei tratti non
sforniti d’interesse. Come sarebbe utile che i letterati abissini, i quali
vogliano attendere alla raccolta di notizie sul passato del loro paese,
continuassero ad attenersi al sistema dei loro avi, cioè di riferire sol-
tanto la genuina tradizione paesana!
Ma ormai il centro di attività della nuova letteratura abissina,
in lingua amarica, deve ricercarsi nello Scioa. E’ logica conseguenza
degli avvenimenti politici; anzi, se di una cosa è da meravigliarsi, è
che tali avvenimenti abbiano finora avuto sì scarsa ripercussione nel
movimento delle lettere e del pensiero. Oltre alla tipografia dei Laz-
zaristi Francesi in Dire Dawa, su cui non ho precise notizie, vi è una
tipografia - dirò così - ufficiale o governativa in Addis Abeba; vi si
stampano opuscoli, libri, perfino giornali. Di talune di tali pubblica-
zioni, che ho avuto modo di consultare, do qui sotto gli estremi bi-
people of Abyssinia by O. E...
Asmara, Miss. Svedese, 1913 =
1921, in 16, 112.
I. 2839 — Tennes” ya-mashaf
geddus tarik (titolo interno: Pe-
tite Histoire Sainte). Asmara, Miss.
Svedese, 1921, in 16, 80.
I.2844 — ERIKSSONO.,, Récent et
passé: ahunenna tent. Asmara, Tip.
Evang., 1918, 149.
I. 2840 — ERIKSSONO., Pour l’u-
tile et l’agréable (titolo abissino: /a-
teqgemenna la-dastà). Asmara, Miss.
Svedese, 1923, 108. Trattasi di
I. 2845 — Glotred Dieu, Sebhat la-
letture di vario argomento.
*Amlak (Cantici in amarico; introd.
firmata da OLLE ERIKsson, Jo-
SEF SVENSSON. Addis Abeba, sett.
1924). Asmara, Tip. evang., 1917,
in 16, 216.
I.2841 LuNDovISTO, Notre foi
(titolo abissino: Havmanotac“ en).
Asmara, Miss. Svedese, 1922, in
16, 96.
I. 2846 — ERIiksson O., Voyons
I.2842—Ya-manbabmastamarya
bamhariana la’-Itvopyà lee“oc‘
yammisaf (titolo interno: Méthode
de lecture et de language en amhari-
que à l’usage des élèves abyssins),
Asmara, Miss. Svedese, 1921, in
16, 122.
I. 2843—ERIKSSoN O, Yd'oerafi,
la’ Itvopya leg“oc” teqem. ka'Erik-
son (titolo interno: Geografia for the
le monde. ‘Alamen enney. Asmara
1924, 205, Ill.
I. 2847 — ALAQA TAvYA, Va-
Ityopyva hezb tarik. Asmara, Miss.
Svedese, 1914 (titolo interno: A4-
byssinian history by Alega Taje,
Svedish Mission, Asmara, 1922).
61. Legato in un solo fascicolo col
n. 2677 bis.
— 499 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. . I. 2848-2865
bliografici (I 2848-62); chi voglia più precise e particolareggiate notizie
può ricorrere ad articoli di M. Cohen (I 2863), del Mittwoch (I. 2864),
e, per cose anche più recenti, del Cerulli (I 2865). Una particolarità
di queste stampe di Addis Abeba è la soppressione dei due punti di di-
visione delle parole: sembra che in origine fosse dovuta al mancato ar-
rivo dei necessari segni tipografici. La scrittura abissina ha certamente
bisogno di miglioramenti, di poter segnare i raddoppiamenti di conso-
nanti, distinguere la vocale brevissima dalla consonante priva affatto
di vocale, indicare, quando occorra, l’accento etc.
I. 2848 — Salomon wa Siràak
(in amarico). Addis Abebà 1917,
in 4, 235 © I25.
I. 2849 — Wangel qeddus, in
et. ed in amar. Addis Abebà 1010;
in 4, 538.
I. 2850 — Weddase Maryam,
qgeddus E fre m ya-darrasaw (in a-
mhar.). Addis Abebà 1915, in 16,
172.
I. 2851 — Mashafa Qeddase .
Addis Abebà, in 4, 461.
I. 2852 — Màr Yeshaq.
Abebà 1915, in 4, 344.
I. 2853 — BELATTA HERUY
WaLDA-SELLASE . Dasta-nna keber
ya’ Ityopyà mangest alga warras“ en-
naendarase” le‘ul Tafari Makuan-
nen wada Awropà sihe dunna si-
mallasu yamangadac“'aw akuahuan.
Addis Abebà 1916, 129.
I. 2854 — .BELATTÀ HERUY
WALDA-SELLASE , Ya-le‘elt wayza-
ro Mdandn mangad ba-Iyarusale” m-
enna ba-Mesr. Addis Abebà 1915,
in 4, 42.
I. 2855 — NAGADRAS GABRA
HEYwAT, AMfangest-enna ya-hezb a-
stadadar, Addis Abebà Mao in 10,
IOI.
Addis
- I. 2856 — KANTIBA GEBROU, A
short guide of the practical Am-
haric grammar (in amarico). Addis
Abeba 1915, in 106, 87.
;.non credo però
I. 2857 — VYa-heywat tarik
(Biographie) tasafa ha-belattà Heruy
Walda-SellaseT. Addis Abebà I9II,
102.
I. 2858 — Yaquetr temhert (a-
ritm. e geometria in am.). Addis
Abebà 1914, in 16, 76.
I. 2859 — VYa-feger malàket
la'Ityopya leg“oc“ tasafa. Ka-Baq-
qala Habta Mika'el. Addis Abebà
1916, in I6, 29.
I. 2860 — Sela Awropà mangad
yameker qal. Addis Abebà 1916, 10.
I. 2861 — Ya-Ityopyà mangest,
yarsanna yamasrivya Minister. Ba-
mazawer wac° fo lammifac"c“u sa-
wocY vawattà danb. Addis Abebà
19I6, 13.
I. 2862 — Balyu lawc"i guday
dariennat be t lagize w ya-qoma da-
mb: Reglement provisotre qudiciaire
et procedure sommaire devant le tri-
bunal spécial des affaires étrangè-
res. Addis Abebà, s. d., 16
I. 2863 — CoÙen N, La nats-
sance d’une littérature imprime
enamharique = JA, CCVI, 1925,
I, 348-363.
I. 2864 — MITTWOCH E, Li-
terarisches AMorgenrot in Abessi-
nien = DLZ, 1924, col. 1869-1874.
I. 2865 — CeruLLI E., Nuove
idee nell’Etiopia e nuova lettera»
tura amarica= ON, 1926, 167-173.
det
= 500 —
X. LINGUE MOD. SEM. - POPOLI E LINGUE CUS. IN GENERALE. I. 2866-2871
-
che la soppressione dei punti di divisione dei vocaboli, quando passi
dalla stampa alla scrittura a mano, sia destinata ad apportare buoni
frutti. Lo potrebbe se la scrittura etiopica potesse assumere una forma
corsiva; ciò, per altro, non è neppure immaginabile, dato il tipo delle
sue lettere e dato il sistema di vocalizzazione delle consonanti.
4. HARARI. — Una novità c’è data dalla comparsa di studi sulla
lingua harari. Parlata oggi nella sola città di Harar, questa lingua ebbe
un piccolo sviluppo letterario, in scritti stesi con caratteri arabi. Il
Conti Rossini ha esumato dalle carte del Mondon Vidailhet alcuni
testi harari, in caratteri etiopici, e li ha pubblicati con una traduzione
interlineare (I 2866). Il Littmann ha riesaminati gli stessi testi
(I 2867); e l'interesse che presenta questo idioma lo ha spinto a esa-
minare altresì 1 materiali linguistici raccolti da vari viaggiatori
(I 2868), non però quelli del nostro Brichetti Robecchi (toltene le
canzoncine pubblicate nei Rendiconti dei Lincei) che sono i meno di-
fettosi; in una terza nota studia la particella ma che ha speciale in-
teresse in harari, comportandovisi in modo uguale al - ma del»
l’assiro-babilonese (I 28609); tale particella suffissa, con valore di
«invero: altresì », esiste anche in tigré, mentre il valore «poichè »
ci riporta al tigrai -emmò, p. es. nésseka liminkanni emmò \OBPWI
liminkannimmò) « poichè tu mi hai pregato ».
XI. Popoli e lingue cuscitiche in generale; studi isolati.
Di carattere generale, e meno strettamente fientranti nel. quadro
degli studi considerati da questa rassegna, sono le osservazioni di
Frangois Lexa, sui rapporti fra camitico, semitico ed egiziano
(I 2870). Si raccomanda in particolar modo all'attenzione ed allo
studio dei filologi la serie di note che il dr. Ferrario ha pubblicato
sovra sostanziali quistioni di grammatica cuscitica comparata (I
2871). Gli argomenti da lui studiati raggruppansi in cinque capi-
toli: 1 primi quattro investono quistioni più strettamente attinenti
I. 2866 — Coxti Rossini C., Partikel «ma» im Harari = ZA,
Testi in lingua harari = RSO, VIITL, XXXIII, 1920, 103-122.
I9I9, 401-425. .
STO, 401425 I. 2870 — Lexa FR., Comment
I. 2867 — LITTMANN E, Be- se révélent les rapports entre les lan-
merkungen zu den neuen Harari- — gues hamitiques, sémitiques et la
Texten = ZDMG, LXNV, 1921, langue éevptienne dans la gram-
21-30. maire des pronoms personnels, des
I. 2868 — LITTMANN E., Ha- verbes et dans les numéraux car-
rari-Studien =: ZSVG, 1922, 38-84. dinaux 1-9. = Philologica, 1922.
I. 2869 — LITIMANN E.,, Die I. 2871 — FERRARIO B., Archi-
— 501 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2871-2874
alla lingua somali (il verbo *wgy; sulla coniugazione ed estensione
del verbo sostantivo *4w; il pronome relativo e la proposizione
attributiva; i tipi, la formazione e la concordanza dell’aggettivo);
l’ultimo è d’importanza ben più lata, esaminando la coniugazione
cuscitica ed assurgendo ‘alle più generali quistioni delle affinità e
delle origini. Il Ferrario giunge alla conclusione (cui io stesso sono
pervenuto) che la teoria genetica del Reinisch non ha fondamento;
il verbo *kwn non ebbe nessuna parte nelle formazioni tematiche e
morfologiche cuscitiche, nè quindi vi è un anello di congiunzione
tra il semitico e l’africano, i quali sono due mondi completamente
separati e differenti. Il Ferrario, indagando sui due tipi di coniu-
gazione esistenti in cuscitico, l’uno a prefissi e l’altro a suffissi, ri-
tiene che il primo fu il più antico, risalendo al primo periodo della
lingua proto-cuscitica, mentre il secondo sarebbe un prodotto se-
riore, dovuta alla reazione di elementi ancora ignoti, per quanto
sia anch’esso antichissimo, comparendo in tutte le moderne lingue
cuscitiche; il cuscitico, quindi, si scosta affatto dal così detto su-
danese o nilotico, e presenta invece una flessione di fisionomia
completamente semitica. Anche se non tutti i punti del Ferrario
potranno accettarsi definitivamente, certo il suo studio è il più
importante apparso sulle lingue cuscitiche dopo il 1908: sarà bene
che le questioni sollevate vengano esaminate a fondo e discusse,
come ha già incominciato a fare M. Cohen (vedi n. 20938).
Scarsamente importante per noi è un saggio di M. Schmidt sui
numeri in Africa (I 2872).
Il Meinhof, esaminando le parole di lingue africane che ricorrono
presso gli autori arabi, prospetta il noto egzi’a behe r, nome della
divinità dei Begia (i quali dovevano quindi essere compagni di fede
degli Abissini) secondo qualche antico geografo (I 2873).
I testi bileni del Reinisch danno luogo ad osservazioni del Kol-
modin (I 2874).
XII. Somali. — Gli studi sulla filologia, sulla storia e sul terri-
torio dei Somali segnano confortevoli progressi.
vio di glottologia e filologia africa- Mitteilungen: Afrikanische Worte
na. Vol. I, Montevideo 1923, IoI. in orientalischen Literatur = Zeit-
schv. fiir Eingeborenenspracky, X.,
I. 2872 — ScHMIDT M., Zahl 1919-20,
und Zahlen in Afrika = Matt. der
Anthrop. Ges. in Wien, vol. XLV, I. 2874 — KoLMODIN A., Ob-
1915, 100-209. servations sur les textes bilin de
Mi. Reinisch = MO, VIII, 1914,
I. 2873 — MEINHOF C., K/einere 81-91; IX, 1915, 152-157.
502 —
XII. SOMALI. I. 2875-2884
Incominciando dalla linguistica, abbiamo anzitutto una gramma-
tica della lingua Somali (I 2875) variamente giudicata dal Ferrario
(I 2876) e dal Cerulli (I 2877); ed anche un dizionario della stessa
lingua (I 2878), esaminato parimenti dal Cerulli (I 2879), per cura del
P. Giovanni Maria da Palermo. Questi, come sempre è negli scritti
dei nostri missionari, procede praticamente, ed ha di mira soltanto
scopi didattici pratici. Osservazioni molto importanti ha il Cerulli sulla
esistenza di taluni suoni che altrui pubblicazioni attribuivano ai So-
mali, e che invece mancano; si tratta spesso di equivoci, talora di
suoni particolari a taluni individui o a taluni gruppi (I 2880). In
ricerche fonetiche occorre certamente tener conto di tutto, perchè
un fenomeno fonetico oggi ristretto anche a piccole comunità può
essere la chiave per spiegarci anteriori alterazioni assai diffuse, o di-
venir domani il punto di partenza per importanti sviluppi; ma questi
suoni speciali, locali, vanno tenuti in disparte, e non chiamarli a in-
gombrare l’armamentario delle trascrizioni, che non raramente ap-
pariscono eccessive e finiscono col confondere le idee. — Contraria-
mente al lavoro del P. Giovanni Maria da Palermo, carattere ri-
gorosamente scientifico hanno le indagini di Maria von Tiling; con
l'ausilio di un Somali Habar Ga'’alo, assistente al Seminario di lin-
gue coloniali presso l’Istituto coloniale di Amburgo, essa ha proceduto
a profonde indagini sulla vocale del pronome determinativo (I 2881)
e sulle finali aggettivali (I 2882); avvalendosi d’un Somali capitato
in Amburgo, ella tratteggia uno schema del dialetto parlato nella
zona di Bur Hakaba da liberti Rahanwin (I 3883), e dà dei testi
nel dialetto stesso (I 2884), chiamato da lei erroncamente Gia-
berti. Il Cerulli, pur facendo parecchie osservazioni su questi due
I. 2878 — GIOVANNI MARIA da
PALERMO, Grammatica della lin-
gua somala. Asmara 1914, VI-357.
I. 2876 — RSO, 1917, 780-788.
I. 2877 — RSO, 1917, 788-792.
I. 2878 — P. GiovannI MARIA
da PALERMO, Dizionario della lin-
gua somala-italiana. Asmara 1910,
VI-209.
I. 2879 — RSO, 1917, 792-706.
I. 2880 — Cerutti F., Di al-
cune presunte consonanti nei dia-
letti somali = RSO, VII, 1918, 877-
883.
I. 2881 — Von Titina M., Die
Vocale des bestimmtien Artikels in
Somali = Zeitschr. fur Kolontals-
prachen, IX, 1918-9, 132-160.
I. 2882 — Von Titinc M,, A-
djectiv-endungen im Somali = Zeit-
schr. fiir Eingeborenensprachen, X,
1919-20, 208-240.
I. 2883 — Von Titinc M., Die
Sprache der Jabarti, mit beson-
derer Beriicksichtigung der Ver-
wandschaft von Jabarti und Somali
= Zeitschr. fiir Eingeborenenspra-
chen, XII, 1922, 17-102
I. 2884 — Von TicLinc M,, /a-
— 503 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2884-2890
ultimi lavori, dichiara ‘che il metodo rigorosamente scientifico nella
raccolta e nell'esame morfologico dei testi li fa classificare fra i più
notevoli libri finora pubblicati sui dialetti somali, sì che essi costitui-:
scono un vero, titolo di merito‘ per la scuola del Meinhof (I° 2885).
Carlo Fang esamina la ripetizione, la reduplicazione e quella
che i Tedeschi chiamano « Lautmalerei», i cui fenomeni egli trova
molto importanti, senza che però essi, pur essendo speciali al somali,
valgano ad alterare i rapporti generalmente ammessi di tale linguag-
gio con le altre lingue camitiche, mentre spesso tradiscono la tendenza
all’onomatopeica (I 2886). -Lo Czermak fa conoscere alcuni testi
raccolti dalla voce dello'stesso indigeno Habàr-G" a'alo che quasi venti
anni fa ne aveva altri forniti a Kurth Berghold (I 2887); inoltre rac-
coglie in uno studio profondo ed acuto una quantità di osservazioni
sulla fonetica (I 2888). Il Cerulli pubblica due notevoli serie di testi;
una collezione (I 2889) di canzoni e di proverbi degli Habir Awwàl
(da segnalarsi fra le prime quelle concernenti-il Mad Mullah), e tre
testi in dialetto Bah Ogadén dei Marre han sulle basse caste, sugli
schiavi, e sul matrimonio (I 2890), In uno studio di carattere generale,
lo stesso autore traccia un quadro dei dialetti Somali attualmente
conosciuti, non potendosi ancora nulla precisare per quelli dei Somali
Isa e dell’Harar; sono quattro, corrispondenti ai quattro gruppi.
etnici; 1. dialetti Isàg, parlati in circa due terzi délla Somalia In-
glese, e che probabilmente anderanno divisi in dialetti d'occidente
(Habàr Yunis, Habàr Awwal) e in dialetti d'oriente (Habir Ga’alo);
2. dialetti Daròd, i più estesi sebbene con poche differenze, andando dal
confine degli Isàq fino a comprendere con gl'immigrati Ogadén e
Harti quasi tutto il Giubaland, il sultanato dei Migiurtini-e Ja parte
settentrionale. e centrale di quello di Obbia; 3. dialetti Hawiyya,
nella vallata del Uebi, distinti nettamente in dialetti settentrionali
(Badi ‘Addo, Hawàdla, forse Gal-g"a'al e Mobi"lén) e dialetto meri-,
dionale (Abgàl), che conserva un peculiare arcaismo; 4. dialetti dei
barti Texte= Zeitschr. fiir Eingeb. I. 2888 — CZzERMAK W., Zur
Spr., XV, 1925, 50-60, 139-158. —Plonetif des Somali = WZKM,
XXXI, 832-102.
I. 2889 — CFRULLI E., Canti
I. 2886 — Laxc GC, Repetition, é proverbi somali nel dialetto degli
Reduplikation und Lautmalerei in Haby Auwal = RSO, VII 1918,
der Somali-Sprache = Bibl. Afv., I, 797-836.
Ai a I. 2890 — CERULLI - E., Testi
I. 2887 — CZERMAK \\., Somdali- di diritto consuetudinario dei So-
Texte im Dialeht dev Habr Ja'lo mali Marrehan = RSO, VII, 1918,
= WZKM, NXNI, 113-130. 801-870.
I. 2885 — ON, 1926, 614-620.
— 0504 .
XII. SOMALI. l * (I. 2891-2896
-——. — -—T_— _ _——— ———_—————m <————w———_——_————— bt—#y-_-____———+r—. _—._..r—_——— —————» ———_—6—€—_€ €-r.mtt1._L_—____——_—_— —_rrr——_
così detti Sab; non esiste un dialetto G“abarti, perchè questo nome,
in origine indicante forse. una popolazione musulmana a SE dello
Scioa, è una specie di dispregiativo usato segnatamente per: i liberti
della Somalia meridionale, come non esiste una unità etnica Heg "gi,
perchè questo è nomignolo usato nel Benadir per indicare gli IIURIgiaR
della Somalia del nord (I 2891). = Sa
I testi rammentati al n.:2890 collegansi con una serie importante
d'altri studi: quelli sul diritto consuetudinario dei Somali, uno degli
argomenti sui quali più si è lavorato in questo periodo. Il Cerulli
tratteggia uno schizzo del diritto consuetudinario dei Migiurtini,
i quali, grazie alla loro posizione geografica, e per il carattere super-
ficiale del loro islamismo, hanno potuto serbarsi meglio immuni dallé
influenze islamitiche e forestiere, conservando molti tratti primitivi
del proprio diritto od evolvendolo all’infuori dell’azione modificatrice
dei contatti con altre popolazioni (I .2892). Lo stesso in un’altra sua
nota si pone il quesito della origine delle basse caste in Somalia, giun-
gendo a confermare l’ipotesi del Biasutti, il quale le crede residui di
antichissime popolazioni soggiogate dagl’invasori cusciti (I 2893); so-
stanzialmente ritengo esatta la spiegazione. Ernesto Cucinotta in una'
prima nota (I 2894) dà un profilo del diritto penale indigeno del Be-
nadir e dei sistemi locali di amministrazione della giustizia (è superfluo
dire che il reato non considerasi se non un affare tra privati, e che
quindi ogni pena risolvesi nell’indennizzo del danno materiale o morale
arrecato all’offeso); in una seconda (I 2895), tratteggia gl’istituti
civili, secondo la consuetudine locale o destàir; in una terza (I 2896),
studia la costituzione sociale attraverso l’organizzazione della tribù,
la famiglia, gli schiavi ed i liberti. Importante in special modo è un
I. 289I — CERULLI E., Nota ‘ to, pena e giustizia presso i Somdli
sur dialetti Somali = RSO, VIII, del Benadir. Roma 1921, 30.
192I, 693-99. (Istituto Coloniale Italiano, sezio-
ne studi e propaganda: Mem. e
I. 2892 — CERULLI E.,. Il di- Monogr. coloniali, serie giuridica,
ritto consuetudinario della Soma- n. 3).
lia Italiana settentrionale (sulta-
nato dei Migiurtini) = Africa It. . I. 2895 — Cucinotta E., La
(
(SAN), XXXVII, 1918, 120-137; proprietà ed il sistema contrattuale’
216-283. . mel «destùr » somalo. Roma 1921,
l i 26; estr. dalla Rivista Coloniale,
I. 2893 — CERULLI E., L'ori- anno XVI.
gine delle basse classi in Somalia.
= L' esplorazione Comm. (Milano), I. 2896 — Cucinotta E., Za
XXXII, 1917, 306-300. costituzione sociale somala. Roma
1022, 43: estratto dalla Rivista
I. 2894 — Cucinotta E., Delit-. Coloniale, anno XVI.
— 505 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2897
volume di M. Colucci (I 2897), che studia i gruppi sociali e il diritto
di proprietà nella Somalia Meridionale Italiana; qualche sua asser-
zione potrà sembrare bisognosa di conferma, come quella del carattere
di proprietà individuale. nella. proprietà terriera, mentre io dubito
che almeno parecchie attenuanti siano da apportarsi a tale concetto
per i diritti della stirpe che limitano, e quasi possono annullare, la
disponibilità della terra; ma non sembra contestabile che il Colucci
presenti al lettore una massa di primo ordine per fatti, tradizioni ed
osservazioni relativamente alle tribù di quel nostro possedimento.
Il suo libro, se, come non è da dubitarsi, riferisce esattamente le cose,
è veramente un libro che determina un progresso nel campo preso
a trattare. |
La Somalia ha una storia un po’ appartata da quella generale
d'Etiopia; le sue città sulle coste orientali vissero di vita propria, tro-
vandosi a mala pena una sola menzione di Mogadiscio in un'opera
del re Zara Ya‘eqob; Berbera ebbe collegamenti più con l'Arabia
Meridionale che con l’Abissinia; soltanto le tribù del nord-ovest tro-
varonsi trascinate nelle vicende del regno di Adal e ne’ suoi con-
flitti con la dinastia dell’Amhara. L’invasione Galla valse a sepa-
rare per secoli i Somali dagli Abissini; soltanto la forte espansione
politica e militare di questi nel secolo XIX riallacciò contatti e riat-
tivò le relazioni, portando la dominazione abissina fino al Nogal ed
alla vallata del Giuba. A parte, quindi, si tratterà degli studi storici
attinenti alla Somalia.
Le due spedizioni Stefanini nella Somalia meridionale ed orien-
tale, pur avendo intenti mineralogici e geologici, non sono state in-
feconde pei nostri studi, sia grazie a ricerche di carattere antropo-
logico ed etnografico, sia per numerosi fortunati ritrovamenti di anti-
chissime stazioni umane dell’età della pietra: siamo sempre nell'età
paleolitica. Però, mentre fra gli oggetti finora raccolti nel nord della
Somalia compaiono frequenti le grosse amigdale, queste mancano,
almeno sinora, nella Somalia meridionale, che ci offre un’industria
più minuta, di tipo meno arcaico, corrispondente al tipo Aurigna-
ziano europeo o, meglio, al suo equivalente paleolitico di Tunisia,
cioè al Capsiano, anzi al Capsiano più rozzo, inferiore, prima della
comparsa delle forme geometriche. Gli oggetti litici raccolti hanno
dato luogo a un preliminare esame del prof. Puccioni, che ha
I. 2897 — Cotucci M., Prin- gruppi sociali, la proprietà. Fi-
cipî di diritto consuetudinario della renze 1924, V-282.
Somalia Italiana Meridionale: i
— 506 —
XII. SOMALI. «I 2898-2903
—--
parimenti studiato i materiali antropologici ed etnografici (I 2898-
2899-2900).
Giuseppe Caniglia ha creduto bene di pubblicare talune notizie
su Mogadiscio, studiandole in modo fantastico, sino'a farneticare di
origini fenicie (I 2901). Nè meno disgraziato è un suo successivo la-
voro sulle genti di Somalia (I 2902); i dati sembrano male raccolti,
sono male elaborati. Il Cerulli dà di questo lavoro un giudizio de-
cisamente sfavorevole (I 2903); nè io potrei bastevolmente insistere
sulla necessità che il viaggiatore, il funzionario etc., e, in genere,
chi sul posto raccoglie tradizioni, genealogie, leggende, materiale ar-
cheologico, si contenga, nel pubblicarlo, in modo rigorosissimo dal
confondere il documento raccolto con le sue ricostruzioni e le sue ipo-
tesi, che possono agli altri sembrare (ed essere) vacue elucubrazioni, e
che, sovratutto, tolgono la possibilità di avvalersi, da altri, di quel
che di buono può essersi sentito o veduto; se non fosse antipatico
il citare sè stesso, rammenterei che nella mia raccolta delle inte-
ressanti tradizioni sugli Adchemé Melgà non ho messo nel testo una
parola che non provenisse direttamente dalla fonte orale tradizioni-
stica, avendo relegato nelle note ogni mio tentativo d’illustrazione.
E credo che così vada fatto.
Per lo studio storico delle popolazioni occupanti la Somalia,
segnatamente la Somalia meridionale, e del loro affannoso avvicen-
darsi, il Cerulli ha raccolto elementi preziosi: dapprima i Bantu di
cui gli ultimi rami furono i Wa-Nyika; poscia i Galla, la cui sede
primitiva io da gran tempo considero doversi ricercare nella regione
occupata dai Boran, e dei quali permangono notevoli ricordi nell’ono-
mastica (p. es. Sab); infine, le varie ondate di Somali. Il coordina-
mento delle varie tradizioni e leggende costituisce, per l’autore, un
vero titolo di merito; ed io mi felicito di aver forse concorso, con le
I. 2898 — PuccioniI N., Studi I. 2900 — STEFANINI G. e Puc-
sui materiali e sui dati antropo- cionIi N., Notizie preliminari sui
logici ed etnografici raccolti dalla principali risultati della Missione
Missione Stefanini-Paoli nella So- della R. Società Geografica in
malia Italiana Meridionale = Ar-. Somalia (1924) = Boll. di inform.
chivio per l’Antrop. e l’Etnol., econ., Ministero delle Colonie, gen-
I19I7 € 1919: estr., Roma 1920, naio-febbraio, 1920, 065-124. Ill.
333, e tav.
I. 2901 — CanicLIA G., Noti-
I. 2899 — Puccioxi N., Ricer- zie storiche sulla città di Moga-
che antropologiche ed etnografiche discio. = Riv. Col., 1917, 172-188.
i missione Stefanini-Puccioni Lia
a Somalia Italiana (1924) = A ix" Bale ;
Archivio per l'Antrop. e l’Etnol., ©’ QREERTI, IIQONEI SOT
1923: estr., Firenze 1924, 1o. I. 2903 — OM, 12093, 5I10-I.
ie
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. | I. 2904-2910
mie preghiere, a tale lavoro (I 2904). Lo Elliot (I 2905) ha raccolto
notizie di carattere storico - sulle quali occorre tener conto’ di os-
servazioni del Cerulli (I 2906) - circa le popolazioni delle isole Bagiuni
(oltre Giuba) e sulla vicina costa di Chisimaiu, e queste notizie egli
arricchisce con interessanti notizie storiche d'altra natura: di grande
importanza potrà essere, quando sia meglio stabilita, l’esistenza,
lungo la costa, di stele falliche, di cui lo Elliot medesimo avreb-
be osservata una a Mambrui presso Malindi, su di che cfr. n. 2692,
‘Di carattere affatto diverso dal lavoro del Caniglia, e ben altri-
menti serio ed istruttivo, è un breve articolo di G. Stefanini sulle anti-
chità di Somalia (I 2907). Il Cerulli in Mogadiscio ha raccolto parecchi
documenti ed iscrizioni, che gli consentono di studiare in modo pre-
ciso il sorgere di quella città e alcune delle principali sue vicende
(I 2908). Documenti della colonizzazione araba nella Somalia sud-
orientale sono le monete locali, a leggenda araba, che vi si rinvengono;
il compianto comm. Agnesa mi diceva d’una raccolta di tali monete,
a lui donata, che sarebbero state. trovate nell'interno della Somalia,
a Baghdad; altre, trovate .in scavi di fondazioni a Mogadiscio,
furono. a me donate dal comm. Mercatelli; altre 195, provenienti in
parte da Uarscech, in parte dalle rovine del villaggio di Mòs a circa
Km. 14 da Uarscech, sono state donate alla nostra Scuola Orientale
da E. Cerulli, il quale riferisce una tradizione, secondo cui esse sareb-
bero state emesse dal popolo degli Halawani, venuto (forse da porti
del golfo di Oman o dal Golfo Persico) quasi COMIOporancaMichie
al Portoghesi (I 2909).
In altro lavoro, il Cerulli espone le condizioni dell’islamismo e
delle varie tarîgah nell'ampia penisola dell’Africa orientale; alla sua
esposizione fa precedere alcune originali ed interessantissime noti-
zic sulle traccie del paganesimo presso.i Somali (I 2910).
I. 2904 — CirutLi E., Le po- Tribuna Coloniale del 10 luglio
polazioni della Somalia nella tra- 1920.
dizione storica locale = RAL, 1920,
150-172. I. 2908 — CerutLi E., Iscri-
zioni e documenti arabi per la
I. 2905 — EiLioT J. A. G., A. storia della Somalia == RSO,
visit to the Bajun Islands = Jorn. 1926.
of th: Brit. African Soc., XXV,
n. 97-100; Londra, 1926, estr. 74. I. 2909 — CERULLI E., Di al-
cune monete raccolte sulla costa
I. 2906 — OM VII, 1927, 204- Somala = RSO, X, 1924, 281-2.
200.
I. 2910 — CEruLLI ÈE., Note
I. 2907 — StEFANINI G., Anti- sul movimento musulmano nella
chità e Belle Arti in Somalia = Somalia = RSO, X, 1923, 1-36.
— 508 —
XII. SOMALI - XIII. GALLA I. 2911-2919
Alla storia recentissima appartiene il volume sul Mad Mullah
steso dal Jardine, il quale, come funzionario inglese del Somaliland,
ebbe parte attiva nella condotta delle cose contro quell’agitatore
{I 2911). E' volume realmente importante ed interessante, sebbene
manchevole nei rapporti con l’Italia, Un episodio che ci riguar-
da, lo sbarco ad Illig nel marzo del 1905, è tratteggiato dal Cu-
cinotta (I 2012). Altre informazioni complementari possono at-
tingersi in un articolo di E. Russo (I 2913). Ma l’azione italiana
rispetto a Mohammed ‘Abd-Allah Hasan va, nel suo complesso, messa
nella giusta sua luce.
XIII. Galla. —- I Bararetta costituiscono, insieme coi Kofira
Galla presso Wito e con qualche nucleo galla nel Giubaland, l’estremo
gettone sud-orientale dei Galla: occupano la riva sinistra del fiume
Tana e la regione del Tanaland e della Seyidieh fra il Tana ed il Ga-
lana Sabaki fino a Malindi, ove sono discesi, staccandosi dal grande
ceppo Boran o Galla Orientale in tempi forse non lontani. Alice Wer-
ner dedica ad essi quattro memorie (I 2914-2917), ricche d'’in-
formazioni e di osservazioni; va segnalata in particolare modo una can-
zone in cui enumerandosi le varie frazioni del popolo s’invoca su cia-
scuna il favore di Dio con una specie di bisticcio sul nome della fra-
zione interessata. Un altro studio sui Bararetta e sulle altre frazioni
meridionali, tra le foci del Giuba, il corso del Sabaki, le paludi Lorian
e le discese di Kenya e d’'Ukambani, è dovuto a J. H. Phillipson (I
2918). Sulle quattro memorie della Werner il Cerulli presenta osser-
vazioni ed emendamenti (I 2919). Giustamente queste popolazioni
I. 2911 — JarpinE D., Te I. 2915 — \ERNER A., Two
Mad-Mullah of Somaliland, with Galla legends = Man, vol. XIII,
a foreword by the viscount MILNER. n. 6.
Lond X-3306. Ill.
i lei I. 2916 — WERNER A., Sonte
I. 2912 — Cucinotta E., Una Galla Notes = Man, vol. XV, 2.
pagina inedita della nostra storia
coloniale = Boll. dell'Ufficio Storico,
n. I, marzo 1927, 12 dell’estr.
I. 2917 — \VERNERA,, A Galla
ritual prayer = AMan, vol. NIV,
n. 8. |
I. 2913 — Russo E., Il Mul-
lah (Scek Mohammed Abdullai)
ed 1 suoi seguaci nella Somalia Ita-
liana = Riv. Col., 1920, 344-302. 177-181.
I. 2918 — PÙittipson |]. H.,
Notes on the Galla = Man, I9IO,
I. 2914 — WERNER A., The I. 2919 — CERULLI E., Le po-
Galla of East Africa Protectorate Polazioni Galla dell’Africa orien-
= Journ. of the African Society, tale inglese = Riv. Col., anno XII,
vol. XIII. 19I7: estr. II.
— 509 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2920.2922
Galla meridionali richiamano l’attenzione degli Inglesi; intanto si
apprende che sotto gli auspicî del Royal Anthropological Institute
il sig. J. P. H. Drieberg, insieme col dr. Beven, sta preparando
una spedizione appunto per lo studio dei Galla meridionali, al quale
studio vorrebbe, con savio accorgimento, far precedere quello delle
piccole tribù nomadi poco note della frontiera del Kenya, compresi
i Turcana (I 2920).
Il Cerulli si occupa più da vicino dei Galla a sud-ovest dell’Abis-
sinia, i quali, fino alla recente conquista abissina (1880-1897),
costituivano i regni indipendenti di Gimma, Ghera, Guma, Limmu
e Gomma. Egli ne studia il passaggio all'Islam (I 2921), recente perchè
iniziatosi dopo il 1850, ma giunto fino al punto che l'islamismo
è stato dai conquistatori cristiani riconosciuto ufficialmente come la
religione del paese, da rispettarsi, sebbene con forti e strane deviazioni
per opera del paganesimo prima professato; basti dire che i musulmani
continuano nel culto pagano di Atete, la dea della fecondità, che,
per altra parte, i Galla cristiani arrivano a confondere con Maria!
Appunto questi Galla del sud-ovest danno al Cerulli argomento e
materia per una grande, magistrale pubblicazione, la più notevole
che finora si abbia sui Galla (I 2922): canzoni d’argomento storico
relative a que’ regni indipendenti, alla loro conquista per opera di
Menelic, alla guerra italo-abissina; canzoni belliche e di caccia; can-
zoni d’amore, nuziali, religiose; tre racconti storici, il primo sulle
origini e sulle vicende del regno di Guma, il secondo sulla guerra
santa di Hasan Ingamo re di Hadià contro gli Scioani, il terzo sull’ec-
cidio del compianto ed illustre Bottego; numerosi testi in prosa sui
riti dell’iniziazione, sull'investitura dello Abba-Bokkù o capo elettivo
del clan, sul prezzo del sangue; testi magici; scherzi, proverbi, indovi-
nelli. Il testo galla è accompagnato dalla versione e da un comento che
a volte ha molta importanza, eccedente la filologia, come le note sulla
conquista dei regni Galla per opera di Menelic, o come quelle sull’ini-
ziazione alle quattro caste, classi o gruppi dei dobbolé, dei gonddalà,
dei rdba e dei gula, essendo questi due ultimi raccolti sotto il nome
comune di /uba. Non posso non ripetere qui il grido sfuggitomi nel
rendere conto di questo lavoro d’Italiano, apparso in veste inglese
a cura d'una Università americana: peccato che non abbia potuto
apparire in Italia in veste italiana! Del libro trattano la Werner
I. 2920 — Man n. 2, 1927. I. 2922 — CERULLI E., The folk
I. 2921 — CERULLI E., L'Islam literature of the Galla of Southern
nei regni Galla indipendenti = Abyssinia. (Harvard African Stu-
Africa It. (SAN), anno XXXV, dies vol. Ill). Cambridge, Mass.,
1916, 113-119. 1922, in 4, 228.
— 510 —
XIII. GALLA. I. 2923-2927
(I 2923) e il Conti Rossini (I 2923 bis). La quistione dell’iniziazione
alle caste o ai gradi è stata ripresa anche di poi dal Cerulli (I 2924).
Ogni tribù Galla dividesi in dieci gruppi detti gddà, i cui com-
ponenti passano, tutti assieme, da un grado d'iniziazione al suc-
cessivo compiendo degli speciali riti (p. es. la circoncisione è la
‘cerimonia per il passaggio da raba a gula). E’, per altro, argomento
difficile a chiarire, e su cui quindi le precisazioni del Cerulli, anche
se non del tutto complete, sono preziose, di fronte alle informazio-
ni non raramente oscure e contradicentisi dei precedenti scrittori.
Inoltre, esse ci danno la chiave di vari passi oscuri di fonti storiche:
a proposito del senso che il C. propone per guetw « spedizione fatta da
Galla immessi nel grado di /uda, per inaugurare la caratteristica del
grado stesso », può citarsi anche un altro passo Cronaca di Susenyos,
testo pag. 196: « Lasciaci stare (leggasi hedagana) fino a che noi si
sia compiuto il tempo del guetu ed affinchè non si violi la legge nostra
fuor di tempo »; fr. anche la Cronaca di re Yohannes I, testo p. 27 . In
un’altra nota (I 2925), il Cerulli, continuando a chiarire il sistema
dei gadà, ne mostra tracce anche in rapporto al diritto matrimoniale,
e segnala l’uso di maschere bovine da parte dell’Abba Bokkù nel pas-
saggio da raba a gula. Tale uso è specificatamente negro. Con ragio-
ne il- Frobenius fin dal 1913 rilevava come il sistema sociale dei
Galla non sia punto cuscitico, e ci richiami invece ai Sudanesi. L'os-
servazione di Marcel Cohen, nel rendere conto della grande pubblica-
zione Cerulli, che il sistema dei gad&a non sia se non quello delle
« classes d’age » dei Negri, ribadisce tale concetto (I 2926). Il Cohen
pensa che trattisi d’influsso subito dai Galla per lungo contatto con
Negri; io riterrei invece sia influsso di Negri vinti ed assimilati da
invasioni Cuscitiche. :
Il Littmann, esaminando 1 canti Galla editi dal Cerulli, vi scorge
gli accenni d'una metrica, di cui cerca di stabilire i capisaldi, unita
a un sistema di rime, che è evidente, e di men comuni assonanze vo-
caliche, costituite dal fatto che versi fra loro rimanti hanno rispetti-
vamente uguali anche tutte le altre vocali (I 2927). Le sue osserva-
I. 2923 — Zeitschr. fitr Engeb. dell'ordinamento delle tribu Galla
Spr., XIV, n. 2-3, 277-238. = Africa It. (SAN), nuova serie e
I. 2923 bis — RSO, IX, 1923, ANno V, 1926: estr. 7,
608-610. I. 2926 — Revue d’éthnogr. et
I. 2924 — CERULLI E., I riti des trad. pop., 1925, 99-102.
della iniziazione mella tribù Galla I. 2927 — Littmann E. Galla
=*R99». 19235 490405: Verskuns. Tilbingen 1925, VI-
I. 2925 — Cerutti ÈE., Ancora 50.
— 511 —
‘CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2928-2933
zioni sono esaminate dallo Zetterstéen (I 2928) e dal Conti Rossini
(I 2929). In sostanza la metrica Galla concorda con quella che fin
dal 1906 segnalavo nei canti tigrai, e che più tardi lo Chaine .(n. 2830)
ed il Cohen (n. 2834) ritrovavano nei canti amhara; la si ritrova fra i
Saho e gli Agau. Trattasi di metriche e prosodie locali, localmente
sorte; coi Semiti non'hanno se non semplici parallelismi, ‘analogie.
di formazione e di sviluppo. La stessa rima dev'essere di origine lo-
cale.
Non conosco se non per citazione la grammatica Galla dei signori
Hodson e Walker (I 2930).
Altrove ho detto dei viaggi del P. Azaîs (v. n. 2692). Un suo com-
pagno, giovane bravo allievo di M. Cohen, fa conoscere alcuni esempi
di folk-lore galla raccolti fra i Galla della zona di Harar (I 2931);
non è qui il caso d'indugiarci in confronti folk-loristici (un altro tipo
della leggenda di re Mida è nel racconto Galla, di Lofé, a pag. 4 n. 2
del mio lavoro I Mekan etc.); non posso però astenermi dal segnalare
come il curioso racconto su Gragn, narrato allo Chambard in Gigigà
a circa 150 Km, a E di Harrar, concordì con quello da me pubblicato
nel 1897 nel testo tigrai scrittomi da un cristiano di Adua.
XIV. Sidama. — In questo campo si hanno pubblicazioni im-
portanti. Il Bieber, che già aveva pubblicato cose notevoli sul Caffa,
e che nel 1916 ne aveva illustrata la storia (I 2932), ha consacrato
due volumi alla illustrazione di quella regione, che egli studiò sul
luogo, sia ne’ riguardi materiali come in quelli culturali, sociali,
religiosi, storici; sono due volumi che non possono esaurire la ma-
teria, sempre bisognosa di controlli e sempre offerente cose nuove,
ma che vengono a rappresentare pei Sidama quello che per le tribù
a lingua tigré rappresentarono gli Studi sull’Africa Orientale di
Werner Munzinger (I 2933). Il Cerulli, lo Czermak ed il Conti Ros-
I. 2931 — Azais P. ct Cham-
BARD R., ZFolkloreOromo = Rev.
d’Ethnogr. et des trad. pop., 1925,
I. 2928 — MO, 1925, 215-6.
I. 2929 — RSO, XI, 1920, I112-
113.
I. 2930 — Hobpson A. W., C.
M. G., F.R.G.S., Colonial Civil
service, and CRAVEN H. WALKER,
Sudan civil service, His Majesty's
Consuls in. Ethiopia, An ele-
mentary and practical Grammar of
the Galla or Oromo language, Lon-
don 1922.
124-135.
I. 2932 — BIiEebER F. ]J., Ge-
schichte der Kébnige von Kafja.
Ueberlieferungen der Kaffitscho 0-
der Gonga = MSOS, 1916, 94-123.
I. 2933 — BIEBEKF. J., Kaffa,
ein altkuschitisches Volkstum in
Inner - Afrika. Erster Band: Etn-
leitung. Das Eigenleben der Kaff-
— 512 —
XIII. GALLA - XIV. SIDAMA. I. 2934.2938
sini (I 2934-2936) hanno esaminato i due volumi sotto differenti punti
di vista, convenendo però nel riconoscerne il notevole valore. E
poichè di recente il Caffa è stato visitato da una missione scien-
tifica tedesca, anche con l'intento di studiarne le popolazioni, e
poichè annunciasi che essa è soddisfatta dei risultati raggiunti, giova
sperare che presto le indagini del Bieber avranno l'atteso corona-
mento. Il Cerulli fa conoscere i risultati delle sue indagini sui lin-
guaggi dei tre popoli costituenti i Sidama Orientali, vale a dire gli
Hadya o Gudie la, i Kambatta ed i Sidama o Sidimo propriamente
detti, del quale ultimo popolo, il più settentrionale di tutti, avevansi
finora notizie assai vaghe (I 2937). Oltre che negli aspetti filologici,
il Cerulli estende le sue indagini ai Sidama nei riguardi religiosi, ed
ha sul loro paganesimo elementi importanti, che gli studiosi europei
vivamente desiderano di veder ampliare. Curioso, per esempio, è
quanto egli osserva circa gli ang” 4m, specie di dinastia di maghi faci-
tori della pioggia, e che, con potere politico, appariscono non sol-
tanto nella cronaca di Malak Sagad, ma altresì in quelle di Galaàw-
de wos (p. 2 ed. Conzelman) e di Susenyos (p. 32 e 35 ed. Pereira):
ciò ha riscontro esatto con gli Scinascia, altro popolo Sidama, costi-
tuente una aristocrazia sacerdotale, magica, a danno dei Gunza, e
collegasi con informazioni del secolo XV. Queste note del Cerulli
vanno considerate come degli avant-gout; lo studio a fondo delle
popolazioni in quistione apparisce sommamente interessante. Nulla
potrebbe mostrarlo più chiaramente d’uno studio realmente inte-
ressantissimo, che le note del Cerulli hanno inspirato a Marcel
Cohen (I 2938) il quale porta nel campo cuscitico quel rigore scien-
tifico e quegli ottimi sistemi di cui ha dato prova nelle sue dotte
investigazioni di morfologia semitica. Il Cohen, pur rilevando la
necessità di più larga documentazione, procede a una disamina ac-
curata delle forme sidama orientali, sì diverse da quanto l’attuale
cognizione del caffa avrebbe fatto attendere (dovremo però mante-
nere questi linguaggi in un unico gruppo?), e da essa sl eleva an-
che a una concezione generale sulla flessione verbale cuscitica
tscho oder Gonga (con 216 fig. nel I. 2936 — RSO, XI, 1926, 114-
testo e II tav.). Munster in W. 115.
1920, XXIV-500; Zwu'eiter Band: _
‘das Gemeinleben der Kajfitscho oder I. 2937 — CERULLI È., Note
G . Wien 1923, X-500, Ill. C. SN alcune popolazioni Sidama del-
dti 959 Ù l’Abissinia meridionale — RSO, X,
* I. 2934 — OM, 1925, 551-7. 1925, 1-90.
I. 2935 — Anthropos, XX, 1925, I. 2938 — CoÙen M., Du verbe
1141-1148. sidama (dans le groupe couchitique)
— bl35 —
Aevum - Anno I - 33
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2939.2943
a suffissi; per l'origine di questa, egli richiama in vita la vec-
chia tesi del Praetorius, che essa consti di una radice verbale in-
variabile e di un brevissimo verbo ausiliare, coniugato a sua volta
con prefissi personali e con suffissi di nuinero e genere, ausiliare
che in alcune lingue (afar, saho) esiste ancora come verbo indi-
pendente, nella forma a « essere, dire ».
XV. Popolazioni e linguaggi d’altro ceppo. — L'estensione
dell’azione della Missione Cattolica ai Cunama ha portato alla com-
pilazione di una grammatica del loro linguaggio (I 2939), che appar-
tiene alla famiglia Nilotica. Il Conti Rossini ha un articolo di carattere
divulgativo su quel popolo, che ancora si trova in regime di matriar-
cato, e che è ai più bassi scalini della civiltà, probabilmente identico
con gli « Aethiopes athaei » de’ geografi classici; il Conti Rossini e-
sprime il dubbio che il loro stato sociale, il loro regime strettamente
democratico etc. rappresentino non tanto la cristallizzazione d’un
antichissimo stato, quanto il punto di arrivo in un processo di pro-
fonda disgregazione avvenuto sotto la pressione prepotente delle
vincitrici razze contermini (I 2940). Lo stesso autore studia la lin-
gua cunama nei suoi rapporti col gruppo nilotico, e nilotica egli la
riconosce, come il Westermann ed il Meinhof e contro la vecchia
tesi del Reinisch; essa tuttavia ha caratteristiche proprie, che la diffe-
renziano dagli altri gruppi (lingue ciòl, dinca-nuèr etc), special-
mente nella vocalizzazione della 2.8 pers. pron.; inoltre, verisimil-
mente per influsso cuscitico, essa è sorta ad una vera flessione ver-
bale; l'evoluzione di questo linguaggio, che è notevolmente progre-
dito, contrasta col basso stato sociale del popolo che lo parla
(I 2041).
Il Littmann ha un esame particolareggiato del volume del Mon-
tadon sui Ghimirra (I 2942).
Il Conti Rossini trae dai quaderni di viaggio di Ant. d'Abbadie
degli appunti su vari linguaggi ignoti: il Gunza parlato ad ovest dello
Agaumeder, il Gamila dialetto Berta parlato più a sud (I 2943),
= Bull. de la Soc. de ling. de Paris,
XXVII, 1927, 169-200.
I. 2939 — Grammatica della lin-
gua-cunama con annesso vocabolario
italtano-cunama e cunama-italiano,
a cura della Missione Cattolica di
Barentùu. Asmara 1918, in-16,
203.
I. 2940 — Conti Rossini C.,
I Cunama. Rivista La terra e la
vita, vol. II, 1923, 148-157. Ill.
I. 2941 — Conti Rossini C.,
Lingue Nilotiche = RSO, XI, 1926,
95-100.
I. 2942 — GGA,
28-40.
I. 2943 — Contri Rossini C.,
Popoli dell’ Etiopia occidentale ==
1915, N. 1,
— bli —
XV. POPOL. E LING. D'ALTRO CEPPO. - NVI. ETNOGRAFIA. I. 2944-2949
il Naa parlato sulle frontiere meridionali del Caffa, cd il Ghimirra o
Scé parlato in terre attigue a quelle dei Naa (I 2944). Sono appunti
che lasciano molto a desiderare, ma che pur valgono a darci una qual-
che idea sui linguaggi in quistione, linguaggi che saremmo assai im-
barazzati, oggi, a classificare. I due primi non sono camitici, nè sem-
brano nilotici. I due secondi forse sono uno stadio di transizione dal
nilotico al camitico, del tipo di quelli che 1 Tedeschi dicono « Misch-
sprachen ». Si resta impressionati dalla grande abbondanza di linguaggi
sulle frontiere nord, ovest, sud dell’Etiopia. Quale formidabile massa
di problemi e d'indagini!
XVI. Etnografia. Compilazioni. Viaggi etc. — I documenti
etnografici che vanno sotto il nome di Marcel Cohen, sebbene apparsi
nel 1920 per ritardi tipografici dovuti alla guerra, riferisconsi alle 0s-
servazioni fatte dal Cohen durante il suo viaggio in Abissinia nel 1910,
e sono una fedele descrizione di cultura materiale e di usanze del pacse,
con una buona raccolta di voci amariche (I 2945): ne è consigliata la
lettura a chi voglia occuparsi, nei nostri riguardi, dell'Etiopia, perchè
si trarra d'essa, o almeno d’alcuni suoi lati, un'impressione esatta.
Il lavoro è stato recensito dal Conti Rossini (I 2046) e dallo Zet-
terstéen (I 297). Non ha invece se non scarso interesse per noi
l'esame che Schebesta e Holtker fanno delle forme di scudo usate
in Africa, sebbene l'argomento abbia importanza per l'Etiopia, ove
almeno tre forme radicalmente diverse di scudi vengono a contatto
(I 2948); e ha carattere puramente etnografico l'esame d’un tipo
di faretra Somali, fatto da E. S. Thomas (I 2949).
G. K. Rein ha voluto riassumere in tre volumi quanto egli os-
servò in viaggi e quanto si sapeva circa l'Etiopia sotto ogni aspetto,
dalla storia alle scienze naturali, in modo da offrire, a chi ne avesse
RAL, XXVIII, 1920, 251-285, I. 2946— OM, I, 1921, fasc. I,
319-325. 53-54.
I. 2944 — ContI Rossini C.,, I. 2947 — MO, XVII, 1923,
Sui linguaggi dei Naa e dei Ghi- 107.
mirra (Sce) nell’Etiopia meridio-
nale= RAL, vol. I, 1925, fasc. 7-8, I. 2948 — SCHEBESTA P. und
612-630. HoLtKER G., Der afrikanische
Schilda = Anthropos, XVIII-NIX,
I. 2945 — Conen M., Docu- 1923-4, 1012-1002; XX, 1923,
menls éthnographiques d'Abyssinie,
avec 52 figures et un index en
caractères abyssins. Paris 1920:
estr. dalla Rev. d’Ethnogr. et de
soc., 1913, 1914.
817-850.
I. 2949 — Thomas S. E., No-
tes upon a Somali Quiver in the
Museum of the Roval Geographica
— 515 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA. I. 2950-2956
bisogno, un rapido mezzo d’informarsi; per la parte che ci riguarda,
è, quasi tutto, semplice compilazione di seconda mano (I 2950). Ciò
non potrebbe davvero dirsi di un grosso lavoro di A. Pollera, che ancora
non ho avuto l'opportunità di esaminare, sull’organizzazione statale
e sulla chiesa in Etiopia; per redigerlo, l’autore attinge alle dirette
sue osservazioni durante circa quattro lustri di soggiorno laggiù
(I 2951). Con molta esitazione e con rammarico, cito qui uno scritto
d’un altro funzionario coloniale, D. Odorizzi, sparito tragicamente,
sull’islamismo e sul suo stato in Eritrea; sarebbe stato meglio non pub-
blicarlo (I 2952). G. Cora si occupa del sistema fiscale e delle finanze
etiopiche (I 2953); argomento che meriterebbe un esame a fondo.
Ho rinviato a quest’ultimo paragrafo alcune pubblicazioni con-
cernenti la storia più recente del paese, come una relazione sulle
avversioni del governatore W. Munzinger contro il tentativo di colo-
nizzazione dello Sciotel da parte del P. Stella, relazione esumata da
F. Bonichi (I 2954), e l'edizione, curata da G. Paladino, di lettere del
col. Chermside, governatore inglese del litorale del Mar Rosso e del
nostro col. Saletta al sig. Mariopulo, segretario del vice-governatore
egiziano, lettere concernenti i primi tempi della nostra occupazione
di Massaua (I 2955). Del resto, per quanto si riferisce ai principî
della nostra vita coloniale, che è in sì stretti rapporti con la storia
recente d’Etiopia, possiamo riportarci a un libro recentissimo e ben
fatto del Mondaini (I 2956). A fatti di storia assolutamente contem-
Society of Egypt at Cairo = Man,
1922, 182-4.
I. 2950 — REIN G. K.,, Abes-
sinien. Eine Landeskunde nach
Reisen und Studien in den Jahren
1907-1913. Band I: Geschichte-
Diplomatie- Religion - Recht. XII-
495.Ill. tav. Band II: Handel Land-
wirthschaft. XX-358. Tav. cart.
Band III: Geographie - Faune und
Flora - Sitte - Sprache - Kunst
- Anthropologie - Ethnographie.
XXXII-395. Tav. I, Berlin 1918-20.
I. 2951 — POLLERA A,, Lo sta-
to Etiopico e la zua chiesa. Roma-
Milano 1926, VI-363. Ill.
I. 2952 — Oporizzi D., Note
storiche sulla religione mussulma-
na e sulle divisioni dell'islam, con
appunti speciali relativi all’islam
in Eritrea. Asmara 1916, 36.
I. 2953 — Cora G., Finanze
etiopiche. Firenze 1920, 34.
I. 2954 — BoxicHi F., La co-
lonia agricola di Giovanni Stella
e la sua storia. Con note di ORAZIO
PeDRAzZI. (Bibl. agr. colon.) Fi-
renze 10917, I8. °
I. 2955 — Parapnino G., Do-
cumenti per la storia della Colonia
Eritrea = Boll. Soc. Afr. d'It.,
XXXVII, 1918, fasc. I: estr. 23.
I. 2956 — MONDAINI G., Ma-
nuale di storia e legislazione colo-
niale del Regno d'Italia. Roma
1927, 037.
ceri
XVI. ETNOGRAFIA. I. 2957-2962
poranei si riferisce il libro di Alfred Zintgraff (I 2937), il consigliere
della legazione Germanica di Addis Abeba che lasciò il suo ufticio
illudendosi di divenire il grande consigliere di Menelic e fu tosto
sbalzato via (a. 1907-09) ; per una migliore comprensione del libro,
ove i nomi sono appositamente alterati, veggasi una recensione del
Cerulli (I 2957 bis), il quale vi parla anche d’un famphAlet che la regina
Taitù fece stampare a Dire - Daua per ribattere accuse di quell’illuso
o deluso (I 2958). — Vedi anche n. 2735-2737.
Non credo necessario insistere su pubblicazioni di attualità
o inspirate da concetti politici, che sono state non rare in questi
ultimi anni. In nota (I 2959) se ne troveranno indicate talune; ri-
chiamasi specialmente quella del magg. H. Darley sullo stato attuale
della schiavitù in Abissinia (I 2960), anche se per la parte culturale
sono da fare riserve, accennate in una recensione dal Cerulli
(1 2923 dis).
Il libro di Darley è, specialmente, libro di viaggi. Nel campo
geografico abbiamo un volume di Carlo Annaratone, che dai molti
viaggi e dal lungo soggiorno in terre etiopiche ha tratto gli elementi
per una eccellente descrizione di carattere geografico (I 2901); io
non esito a includerla fra le opere fondamentali di carattere geogra-
fico — cinque o sei in tutto (Bruce, Riippell, Cecchi etc.) — che il
cultore di studi etiopici deve conoscere. Ed abbiamo una eccellente
carta dell’Africa Orientale, includente tutta la regione etiopico-so-
mali, di A. Dardano (I 2962); le osservazioni del Cerulli (I 2902 dis)
I. 2957 — ZIntGRAFEF A., Der de la Reine de Saba è la Société des
Tod des Lòwen von Juda: Dichtung Nations. Paris 1925, 308. Ill.
und Wahrheit aus Kaiser Meneliks
von Abessinien letsten Tagen. Ber- ALYPE P., Eito du si
lin 1926, 407. Paris 1925. Rec.: in Lybra, 1,
1927, 80-8I.
I. 2957 bis. — OM, 1927, 54-55: I 2960 — Dartey H., Slaves
and Ivorv. A record of adventure
and exploration in the unkisnon
Sudan and among the Abvssinian
I. 2958 — Addis yva-mattut ha-
kimoc": Le docteur nouvellement
vent. Dirrè Daoua, Imprimerie
Saint Lazare, 1909.
I. 2959 — ALvypE P.,, L’Ethio-
pie et les convottises allemandes:
la politique anglo-franco-italtenne.
Paris 1917, NNNXNI-285.
— D'ARCE L., L'Abissinie. Etude
d’actualité. Avignon 1925, 130.
— ALvPE P., Sous la couronne
de Salomon: L'Empire du Négus,
slave-ratders. With photographs and
maps. Londra 1926, AIII-219.
I. 2960 dis — OM, 1926, 565-0.
I. 2961 — ANNARATONE C., Zn
Abissinia. Roma 1918, 516. HI. C.
I. 2962 — Darpanmo ÀA., Carta
dell’Africa Orientale: Evyitrea, E-
tiopia, Sudan Anglo-Egiziano, U-
ganda, Chenia, Jemen, etc.; quat-
=
CONTI ROSSINI - ETIOPIA.
I. 2962) :s-2964
su di essa non possono considerarsi se non come apporto dinuovo mate-
riale per nuove migliori o maggiori indagini sul posto. Di grandissima
utilità per chi si occupi di studi etiopici
sono anche le carte a
1: 2.000.000 dell’Africa, pubblicate in questi ultimi anni dallo Stato
Maggiore Inglese, e concernenti appunto la vasta regione etiopica
(I 2903).
La letteratura di viaggi, di descrizioni locali, di storia coloniale
etc., è abbondante; nè trattarne rientra negli scopi di questa rassegna.
In nota si troveranno parecchie indicazioni bibliografiche (I 2064);
nelle lucide rassegne del Cucinotta nella Rivista Coloniale degli ultimi
anni sì trovera di più. Gli scritti di Rosita Forbes (ora Mac Grath)
tro fogli, scala 12.000.000. Roma
(Ministero delle Colonie), 1925.
I. 2962 bis — OM,
503-5.
VI, 1920,
I. 2963 — Geographical Section
General Staff. Africa, I:2.000.000.
VO. 287I. Sudan 1922 (Abissinia
settentrionale e centrale fino al-
l’altezza del lago Tsana); — Abys-
sinia, 1925 (parte centrale e re-
gioni del Sud fino al Lago Rodolfo);
— Somaliland, 1926; — Kenya
Colony, 1925 (per le regioni del
Tana); — Juba River, 1925 (per
la Somalia fra Chismavu, Mereg
e Lug).
I. 2964 — Russo E., La re-
sidenza di Mahaddei-Uein == Riv.
Col., 1919, 185-196, 208-311.
— DuRINI E., Itinerari nei paesi
a Sud dello Scioa (Arussi e Bale),
I9I4-19I15 = Boll. di inf. del
Min. delle Colonie, 1920, 133-145.
C.
— RavyxE H,.,, Sun, Sand and
Somialis. London 1921. Ill.
— Arumt L. F. I, Trough
South-Western Abyssinia to the
Nile=(eogr. Journ., 1920, 347-370.
ll.
— MavyrDpoxn H. C., Across Eri-
trea = (eosgr. Jotrn., 1924, 45-50.
— PD. Vixassa de REGNY, Dan-
calia. Roma 1924, 118, 17 tav.,
2 carte.
— ReEMoxD G., La route de
l’Abbai Noir: souvenirs d'Abvss:-
nie. Paris 1924, 331.
— ZAMMARANO TEDEsco V., Alle
sorgenti del Nilo Azzurro, Roma,
s. d., 350, Ill. — Hic sunt leones.
Un anno di esplorazione e di caccia
in Somalia. Roma 1924, XII-
312, DE
— Jarpine D., Somaliland. The
cinderella of the Empire. = fJourn.
of Afr. Soc., 1925, 100-109.
— HARLAN H. V., A Caravan
Journey through Abyssinia. Lon-
don. 1925. Ill. C.
— PARKINSON ]J., The Norti-
Western Extention of the Juba-
land and the Drainage of the Ufp-
per Nile = Geogr. Journ, 1925. 333-
340, C.
— PowELL A., Beyond the ut-
most purple rim: Abyssinia, Somali-
land, Nenva Colony, Zanzibar,
the Comoras, Madagastar. London
1925, NN-431. ll
— GRABHAM G. W. e BLack R.
P., Iteport of the Missiou to Lake
Tsana 1920-21. London 1925, XIX-
207,7 carte, 35 tavole fuori testo.
— MULLER O.,' ftings um den
Ischertscher. 1027, 188, c. Ill
— Revy C. F., A recent visit to
Gudru and Gojjam = Geogr. Journ.,
LXVII, 1920, 481-505.
— 018 —
XVI. ETNOGRAFIA. - XVII. PERSONALIA. I. 2965-2967
hanno un buon contributo di fotografie per la conoscenza dei singo-
lari monumenti di Lalibala (I 2965-60); ella mi parlava anche d’un’iscri-
zione rilevata presso quel centro abitato, e il cui calco poi andò per-
duto con gli involucri di pellicole cinematografiche. In via generale,
notiamolo: i libri descrittivi e di viaggi crescono col decrescere, in
ragione geometrica, del loro valore intrinseco, almeno nei riguardi
che possono riferirsi ai nostri studî. Divengono sempre più super-
ficiali, di fuggevoli impressioni, da parte di viaggiatori sempre meno
preparati. Tra gli altri, può prendersi per tipo quello del magg.
Maydon (I 2967). Egli visita una zona pochissimo conosciuta del Se-
mién; ma, allorchè sulla base delsuo libro mi accingo a correggere e com-
pletarela carta al 400.000 di quella regione, così Importante storicamen-
te, debbo rinunciarvi. E come preparazione? Al viaggio disagiato, per
monti pericolosi, egli dichiara di essersi accinto « on quest of an
animal whose very existence in present times has been a question of
incertainty »; ebbene di questo ibex, senza esporsi ai guai della lunga
via, egli avrebbe potuto constatare la realtà nei due magnifici esem-
plari posseduti dal Museo Civico di Genova e dal Musco Coloniale
di Roma!... Per fortuna, le illustrazioni — bellissime anche nel vo-
lume del Maydon — vengono spesso a rialzare la sorte di libri, il cui
valore intrinseco non è grande.
XVII. Personalia. — Nellasso di tempo considerato da questa
rassegna gli studi etiopici hanno perduto alcuni de’ maggiori loro
uomini: Joseph Halévy morto a Parigi il 21 gennaio 1917, Leo
Rcinisch morto a Lankowitz il 24 dicembre 1919, Boris Turaiev morto
a Pietroburgo il 23 giugno 1920, Carlo Bezold morto a Heidelberg
il 21 novembre 1922, René Basset morto ad Algeri il 4 gennaio 1924,
Fr. M. Esteves Percira morto a Lisbona il 9 dicembre 1924, Franz
Practorius il 21 gennaio 1027 a Breslavia.... quasi tutti 1
nomi più insigni in questo campo di attività scientifica! Ed
altri ancora, come Richard Sundstròm, morto a Cheren il 16 giugno
1919, e F. J. Bieber morto a Vienna il 3 marzo 1924.... A loro il pen-
siero sì volge riverente, compendiando commosso per ognuno in ra-
pida sintesi 1 servigi, spesso eminenti, resi al progresso del sapere,
I. 2965 — MCGRATE R., Lalibala I. 2967 — Mavpon m. H. C.,
=: Geogr. Journ., LNVI, 1025, Simen, its Heights and Abysses, a
507-518. record of sport and travel in Abys-
; Ì sinia, th some Account of the
I. 2966 — FORBES R., From — sacred city of Axum and the vuins
Red Sea to Blue Wile Abvssinian
of Gondar. London 1925. Il. C.
adientures. London 10925, 340. Ill.
— bl9 —
CONTI ROSSINI - ETIOPIA.
I. 2968-2968quater
mentre con gli spiriti loro, nei quali spesso avevamo veduto la
scienza fondersi con una grande bontà e coi sentimenti più nobili,
per noi persiste, attraverso i loro libri, la giornaliera affettuosa con-
suetudine.
Per quelli di essi, pei quali gli studi etiopici rappresentarono la
principale loro attività scientifica, si indicano in nota alcuni cenni
biografici, che li commemoreranno (I 2968-2968 quater).
I. 2968 — LITTMANN E, Richard
Sundstrom, estr. dal Der neue
Orient, VII, 1920, fasc. 1., estr. 8.
I. 2968 bis — CONTI ROSSINI, Leo
Reinisch=RSO, VIII, 1920, 691-2.
— H. JUNKER, Leo Reinisch = Al-
manach der Akad. der Wiss. im
Wien, Vienna, 1920, estr. 12.
I. 2968 fer — KRAC"Kovs" KII.
Io., B. A. Turaiev i Kristianshii
Vostok=Atti dell’Acc. di Pietro-
burgo, 1921, 16 (estr.).
I. 2968 quater — LITTMANN E,,
Franz Praetorius = Zettsch. fir
Sem., VI, 1927, 159-167.
— 520 —
CAMILLO CESSI
Prof. di letteratura greca nella Università Cattolica del S. Cuore
I. Generalità . .
II. Edizioni generali:
VIRGILIO
(1919-1925)
III. Vita di Virgilio:
a) Biografia. .
b) Carattere ed animo di io i x
IV. Arte del poeta in generale e 3uo influsso sul:
l’arte posteriore
V. Bucoliche:
a) Edizioni speciali
b) Lavori critici:
a) Sulle egloghe in generale .
tradizione del testo
B) Sulle singole egloghe:
I.
EGLOGA
2. EGLOGA
DD dI Du de 4
VI. Gecorgiche:
EGLOGA
EGLOGA
EGLOGA
EGLOGA
EGLOGA
FGLOGA
. EGLOGA
a) Edizioni speciali
b) Lavori critici sulle Cini ine
x) in genera .
9) sui singol
I. LiBRO I.
I.
10
IV.
VI...
VEL
VIII.
Eee
» a
libri:
2. LiBro Il. . .
3. Ligro III...
4. Libro IV...
VII. L’Eneide:
a) Edizioni spectali
b) Myrte e storia dell’ Fuejde 2 $
c) Lavori sui singoli libri:
. 2909-2975
2076-3002
3003-3029
3030-3043
. 3044-3IIO
. 3111-3122
. 3123-3138
- 3139-3143
+ 3144
. 3145-3177
. 3178
. 3179-3188
3180-3191
3192-3194
- 3105
. 3190-3197
. 3198-3207
. 3208-3217
. 3238-327
A 3272-330I
CESSI. VIRGILIO I. 2969
— _ it ilo iii tir enzo Lecci ___r___t=n toe
I-LIBRO' do Lod & E 4 è 89088338
zi /lipro dl do ae E a Dia i 34438922
3 Libro: IT: o ae da e a TI2953Z80
4 -LIBROAIN: siae e 133273
5».LIBRO NV. ge de e da 3953340
0 LIBRO Vice <a a FT4I33ZS4
7 LiBRo: VII: sog gua L e e © 093553300
Ss: LIBRO VIII: La es da 3IOI=$307
Or. LIBRO Dato: e de we en È at-3308
Io, LIBRO die ii& e ope + 330053371
TI. LIBRO AIL: <. eo Lu sa a La e 33723373,
VIII. L’Appendix Vergiliana:
Ul LAVOFI GENEVA ‘> è è n ie a II743300
b) Lavori speciali:
I, CATALEPTA . L00000... + 3381-3404
2. REks ROMANAE . . . 0.0... + 3405
ICOPÀ:- a: & © as È LA © be 4 34005307
4. MORETUM . o... ++ + 3408-3413
Se CULEN 4 e dl i n a AIA
OE CIRIS sce e e e a IR A09
7. DIRAE E LYDIA . . ...... +. 3430-3434
I. Generalità. — Il secondo millenario di Virgilio per il
quale la Nazione italica, rinnovellata, prepara solenne commemo-
razione come al poeta che meglio sentì lo spirito della stirpe e lo
mantenne attraverso i secoli, divenendo quasi il genio tutelare
della Nazione, non poteva essere rammentato anche agli stranieri,
come a noi, da voce più autorevole di quella di G. Boni (I 2969).
Questi, vissuto intimamente con tutta l’anima sua nello spirito
di Roma antica, meglio d'ogni altro scppe comprendere la natura
del poeta mantovano e la sua vera importanza storica e morale
specialmente in quel suo attaccamento alla terra materiale, la 11a-
gna parens, che egli pure provava così profondamente e dal quale
l'animo s'eleva più puro e forte all’ideale della patria morale, della
patria politica. Il Boni nel ricostruire i giardini imperiali del Palati-
no sentì l’anima dcl poeta che parlava attraverso le piante, i fiori,
da ogni zolla della terra feconda, e ne voleva restituito, come sim-
bolo dei nuovi destini d’Italia, il bosco sacro. L’Italia deve trarre.
la sua forza principale dalle ricchezze agricole, e il grande concetto
politico di Augusto e di Mecenate trovava naturale eco nell'animo
del pio agricoltore mantovano, che, esaltando la fecondità dell’Ita-
lia e agognandone ancora piena e possente la fertilità naturale, in-
nalzava anche alla patria il più grande monumento di sapienza
I. 2969 — Boxi G., Il secondo p. 208-214.
millenario di Virgilio = NA.,1923:
— 522 —
I. GENERALITÀ. I. 2970-2971
i cr Li RI — —— —
politica e di gloria artistica. Ed il Boni avrebbe voluto vedere ripro-
dotte innanzi agli occhi dei fanciulli italiani le scene reali della
bellezza d’Italia a cornice delle rappresentazioni storiche che ne
facessero rivivere le glorie e mantenessero fermo nella memoria delle
giovani generazioni il ricordo del passato, che dovrebbe essere am-
monimento per l'avvenire. E di più avrebbe voluto sentire riprodotti i
suoni puri della dolce favella dei quali l'eco ancora si mantiene in
talune parlate. Grammofono e cinematografo dunque a servizio di
un'alta opera patriottica. I voti del grande studioso si potranno
compiere? Auguriamolo per il bene e la grandezza d’Italia. Intanto
ne possiamo trarre buono, confortevole auspicio dallo sforzo che il
Governo nuovo ora fa per rinnovare negli Italiani la coscienza nazio-
nale con la restaurazione agricola e morale, mezzi potenti per aftran-
care in parte la Nazione nostra dalla servitù economica straniera. L’I-
talia grande e potente per le sue stesse ricchezze, saggiamente rimesse
in valore e giustamente usate; e quindi, l’Italia grande e po-
tente fuori dei confini naturali, nella coscienza del mondo civile.
Eccoil sogno del grande poeta, ecco la concezione della nuova vita ita-
lica! Miglior monumento non sì potrebbe innalzare al poeta nazionale
che ricondurre l’Italia, per lungo tempo smarrita, al grande ideale cui
egli mirava: e l’Italia sì sta apprestando a farlo con le nuove conce-
zioni che animano tutta la vita della nazione, dalla « vittoria del
grano » alla pietà dello spirito, alla riverenza alle leggi, alla fede
incrollabile nel proprio destino per cui la religione profonda è base
di tutta la vita morale, l’amore della patria è il primo dovere di
ogni cittadino, ed orgoglio nobile è l'essere dignitosi e fermi con 1 pre-
potenti, magnanimi coi vinti: farcere sudiectis et debellare superbos.
Questo è lo spirito che anima la commemorazione che si appresta al
poeta, quale traspare ad es. dalle parole ardenti del proclama che E.
Cocchia ha rivolto (I 2070) a nome dell'Accademia Napoletana a tutti
gli Italiani, a tutta l'umanità civile, e quale animava già con l'auspi-
cato ritorno di Virgilio per il bene d’Italia il discorso tenuto in Fran-
cia da L. Siciliani (I 2971). Questo voleva essere un avvertimento
per noi, ma era anche, e forse più, per gli altri. Governo e Nazione
si uniscono in un solo intento nel commemorare l'antico poeta per
attuare quanto Dante aveva all’aprirsi della nuova tra ammonito:
...Onorate l'altissimo poeta,
L'ombra sua torna ch'era dipartita.
I. 2970 — CoccHÙia E., Proclama I. 2971 — SICILIANI L., Ver-
asl Italiani ed agli studiosi di gilii Reditus. Discorso tenuto alla
tutto il mondo civile = Mo59., III Sorbona il 20 marzo 1923, pp. 20,
(1926) p. 54. Roma, Grafica 1923.
— 523 —
CESSI. VIRGILIO. I. 2972-2977
Mentre fervono i preparativi nel mondo politico e dei dotti per
la solenne celebrazione, gli studiosi apportano il loro contributo di
sapere e di esperienza per illustrare degnamente l’opera e renderla
più conosciuta anche ad una più larga cerchia di lettori. Il Sabbadini
promette la grande edizione delle opere virgiliane (I 2972), l’Albini ed
altri ne hanno già divulgata la conoscenza con le versioni poetiche. Da
parte nostra non sarà inopportuno fare la rassegna del lavoro com-
piuto nel quinquennio dal 1919-20 al 1924-25 per centinuare, per
quanto la natura del nostro periodico consente, una tradizione
onorevole italiana, che non si può, non si deve interrompere e che
fa riscontro all'attività forestiera in questo campo di studi, per cui
dobbiamo ricordare l’Hadsitz (I 2973) che si occupa dei problemì
generali virgiliani in rapporto alla più recente letteratura, il Knapp
(I 2974) che esamina in particolare le versioni, e il Jahn (I 2975) che
riguarda, con la competenza e l’autorità quale ogni studioso gli rico-
nosce negli studi virgiliani, tutta la letteratura dal 1913 al 1923.
II. Edizioni generali: tradizione del testo. — Un'cdi-
zione completa dei poemi virgiliani è dovuta a Plessis e Lejay
(I 2976) e il valore scientifico degli autori si unisce in bell’ar-
monia nel commento con la loro esperienza ed abilità didattica.
L'intento dell’opera quale traspare dal commento è di far ri-
vivere innanzi al lettore la figura del poeta innamorato dcl-
l’arte non meno che infiammato di fede patriottica. — Il Ja-
nell (I 2977) ha curato la terza recensione dell’edizione ribbeckiana,
ma con gravi mutamenti che ne trasformano la primitiva natura e la
caratteristica fondamentale: il Janell segue sovra tutto i codd.
M. F. con l’aiuto del Rhedig. 136 r (sec. XII), mentre il Ribbeck avea
I. 2972 — SABBADINI R., Pre- ratur = JFA., 1923, II 223 e
lezione al corso su Vergilio = Ann. Segg.
R. Univers. Milano, 1926, pp. I. 2976 — Oeuvres de Virgile
55-02, publiées avec une introduct. bio-
I. 2973 — Hapsitz G. D., Some graph. ct littér., des notes criti-
vergilian problems and recent. ques et explications, des gravures,
vergilian Literature = CIW., XV
(1022) 106-121.
I. 2974 — K(NAPP) CH(ARL.),
Recent Translations of the Classics
= CIW., NIII, (1920) 145-147,
153-154, 101-102, 109-170.
I. 2975 — JauNP,, Bericht it. d.
seit 1913 erschienene Vergillite-
des cartes et un index par F. PLES-
sis et P. LEJay, pp. CKXXVIII
+ 904, incis. 52 e carte 2, Paris,
Hachette 1919.
I. 2977 — P. VercILn Maro-
NIS — Opera. Post Ribbeckium
tertium recens. G. JANELL (edit.
maior) pp. XNVIII-428, Lipsiae,
Teubner 1920.
— pic
II. EDIZIONI GENERALI.
o I. 2978-2986
posto il Pa fondamento della stia edizione. — Presso di noi notiamo
la ristampa dei Carmina (I 2978) nell’edizione manuale del Barbèra,
quella popolare dell’Eneide e Georgiche (I 2979); e l'antologia del
Foffano (I 2980) ad uso delle scuole. — La raccolta dei poemetti vir-
giliani in veste inglese presenta il Rhoades (I 2981), il Muoney (I
2982) quella dei poemetti minori. — Di Giov. de’ Medici traduttore
di Virgilio dà notizie il Craglietto (I 2983).
La grande utilità degli scoli per la ricostituzione del testo non
è sfuggita agli studiosi. Sovra tutto in questi ultimi tempi le indagini
degli studiosi si sono rivolte a riconoscere nella massa informe degli
scoli la paternità di ciascuno, gli indirizzi particolari, il valore sto-
rico ed artistico. Il Wiesner(I 2984) studia le «Interpretationes Ver-
gilianae » attribuite a T. Cl. Donato, nel rispetto linguistico. — Il Fu-
naioli con opera indefessa, tenace, giudiziosa si è industriato in pa-
recchi lavori a ricercare le fonti degli scoli. Negli studi critici di ese-
gesi virgiliana antica (12985) dopo un esame comparativo delle reda-
zioni hageniane chiamate a (recens. parigino-fiorentina dell’ Appendix,
Lips. 1902) e dè (rec. bernense, Lips. 186 4) rispetto a Servio, conchiude
affermando la superiorità di a che sarebbe stata scritta in minuscolo
carolino, notandoche il gruppo LN P discende da a, mentre da d deriva-
no i gruppi BCVD e TEF, e che in D si trovano talora note tiro-
niane le quali aiutano a completare gli Scholia Bernensia. Nelle Allego-
rie virgiliane (I 2986) il Funaioli studia le varie allegorie che gli scoliasti
immaginarono nelle allusioni delle Bucoliche: ma cure più speciali egli
ha rivolto alla silloge filarririana di cui rappresenta la natura partico-
I. 2978 — VerciLImt. Carmina, pp. VII-121, Birmingham, Cor-
pp. VIII-396, Florentiae, Barbera nish Bros 1920.
1922. I. 2983 — CRAGLIETTO A., Gio-
vanni De Medici traduttore di
Virgilio = Ann. del R. liceo Ginn.
di Pola 1925.
I. 2984 — WIESNER V., Dona-
I. 2980 — VirciLIo, Antologia tiana. Die «Interpretationes Ver-
virgiliana. Testo latino con note gilianae » des T. CI. Donatus spra-
a cura di L. FoFrano, pp. 208, chl. unters. I Th., Dissert. Wuùrz-
Torino, Soc. edit. intern. 1921. burg 1920.
I. 2981 — Ruoanes, The Poems fi; gici a ..
Virgil. Transl. (= The World' STO iS:
of Virgi ransl. ( re World's SIRIGIII[ (1919) {asd pp
47-65; 1V (1920) fasc. 1-2, pp. 1-18.
I. 2986 — FUNAIOLI G., Allego-
I. 2982 — The minor Poems of rie Virgiliane= RILLCI., II (1919-
Virgil. Translat. by J. J. MooxEy, 1920) 155-190.
I. 2979 — ViraitIo, Eneide,
Georgiche, pp. NII-482, S. Cascia-
no Pisa, Soc. ed. tosc. 1925.
Classics), pp. NII-424, Oxford,
Clarend. Press 1921.
en
tu
Li
CESSI. VIRGILIO
—_________—____t—
I. 2987-2995
lare e l'indirizzo (I 29$7) ricercandone acutamente le fonti (I 2988)
che egli fa risalire ai dotti del primo periodo imperiale. —Agli studi del
Funaioli sono in parte di conferma,in parte di complemento quelli del
Savage (I 2989) sugli scoli del manoscritto di Tours, Bernensis 165, per
scoprirvi quanto in essi appartiene ad E. Donato. Fra le sei mani,
cui è dovuto, la più antica è carolingia. Molta parte degli scoli deriva
dall’opera di Donato, che si dovrebbe identificare col Servius aucius,
mentre il commento di Filargirio pare si debba estendere anche ai
primi libri dell’Eneide. Il Savage (I 2990) si occupa ancora del cod.
par. lat. 7930 (sec. XI) ricordato da Eva M. Sanford in TPAPAA,,
LV, (1924), 219, e che è importante per la determinazione degli scoli
attribuiti a Servio. — Degli scoli Bernensi e della collezione hageniana
si occupa il Thomson (I 2991) che sì sforza di provare come essi siano
estratti di un commentario contenente interpretazioni di vari (Gallo,
Gaudenzio, Filargirio, indirett. Donato), compilato da Adamnan,
donde sarebbero derivati anche estratti della raccolta Abstrusa (C. G.
L, IV, 43-19$), di che il Thomson stesso dà dimostrazione in un parti-
colare lavoro (I 2992). — Lo stesso fa il Weir (I 2993) per le glosse di
Abolita, di cui si era gia altra volta occupato (Wirgil’s Glosses in the
Abolita glossarv=CI0., XII, (1918), 22 sg.). — Correzioni al commento
di Donato a proposito di Ex. x, 770 propone F H. Colson (I 2994). — Nè
soltanto gli scoliasti di Virgilio, ma anche quelli degli altri poeti furono
studiati per ritrarne nuovo materiale di interpretazioni virgiliane. Per
le ricerche di S, Consoli (I 2995) sappiamo che lo scoliasta di (riovenale
cita Virgilio 74 volte, mentre 57 quello di Persio. — Agn. Dall (la quale
avea dimostrato che le interpretazioni marginali in manoscritti deri-
vanti da monasteri inglesi avcano fornito materiale al gruppo inglese
I. 2991 — THomSON
I. 2987 — FUNAIOLI G., L'ese-
gesi virgiliana di G. Filargirio e
T. Gallo = SIFCI, n. s. I (1920).
I. 2988 — FUNAIOLI G., Le fonti
della silloge scoltastica filargiriana
— RFCI., LVIILI (1920) 214-238,
449-408.
I. 2989 — Savage J. J., The
Scholia in the Virgil of Tours Ber-
nensis, 105: = HSCIPh., XXXVI
(1925) 9I-104.
I. 2990 — Savace ]J. J., Note
an Some Unpublished Scholia
ina Paris Manuscripts of Virgil
= TPAPRA., LVI (1925) 229-124.
H. J.
A new Supplement to the Bern.
schol. on Virgil = AJPh., XLI
(1920) 257-280.
I. 2992 — Thomson H. ]J.
Abstrusa = CIQ., XIV (1920) 20.
I. 2993 — \WEIR R., Terence
glosse in the Abolita Glossary =
CIO., NVI (1922) 44-50.
I. 2994 — CoLrson F. H., A note
on an old crammarian with a corre-
ction=C1R., XXXIV (1920) 28-30.
I. 2995 — Consoli S., Studi
intorno agli scoli di Giovenale e di
Persio = RICI., L (1922) 38, 5 5-
— 526 —
II. EDIZIONI GENERALI. I. 2996-3002
dei glossari latini di modo che l’«edizione »inglese non ha rapporto con
le glosse spagnuole [glossae collectae]donde deriva il materiale di A bo-
Lita) dà ora (I 2996) notizia di glossae collectae in un ms. ora a Leida (67
F., foll. 119-128) e derivante dalla Francia settentrionale del tempo di
Carlo Magno con richiami solo dalle Bucoliche, Georgiche, Eneide non
dall’Afpendix e senza relazione con la « edizione » inglese e spagnuola
o con Servio od altro antico commentatore, mentre offrono materiale
curioso agli studiosi di filologia romanza. — Ncl Liber glossarum il
Thomson (I 2997) distingue le glosse segnate con de glossis risalenti
a commentatori di valore, da quelle segnate con Virgili derivanti
da recenti revisori e copisti. — Scoli virgiliani nel Persio dello stesso
leber glossarum, od almeno ritlesso di scoli virgiliani riconosce J. F.
Mountford (I 2998) ed altre traccie in singoli glossari medievali
persegue acutamente lo stesso Thomson (I 2999). — Il Boinet (I 3000)
tratta del Med. Palatin. 69 di provenienza parigina (del 1403), con-
siderandone il valore artistico specialmente nei dettagli più che
per la bellezza delle pitture da cui sono precedute le opere virgiliane,
e nelle belle iniziali a riccio con foglie bianche e rosse su fondo oro.
— Il Sabbadini (I 3001) dimostra che Pomponio Leto ebbe tra mano
verso il 1470 il cod. mediceo, contrastando con lo Zabughin per la
lezione erant minus prime = «vi erano di meno le prime », conclu-
dendo con un'osservazione che merita sia sempre ricordata dagli
studiosi medievalisti, e non solo medievalisti: « Smettiamo una
buona volta di misurare gli scrittori medievali e umanistici, si
chiamino Dante, Benvenuto, Boccaccio, Valla o altro, alla stregua
dei classici antichi ».
‘Di un palinsesto virgiliano in scrittura beneventana del cod.
vat. gr. 2324 discorre brevemente il Mercati (I 3002). — Di un mano-
scritto del commento serviano all’Eneide virgiliana appartenente
I. 2996 — Dart Acn: F. G., in Ancient Lone in Medieval Latin
An eight-century north frankish Glossaries (= SAUP., XIII) pp.
Edition of Virgil = CIO. XVII 140, Oxford, Univ. Press 1921.
\1923) 200868. I. 3000 — Borxet A., Le Me-
I. 2997 — Tiiomson H. ]J., diceus Palatinus 69 = BSNAF.,
Glossographica = AJPh., NLIV O 1922, 203-272.
(1923) 352-350. I. 3001 — SagBapINI R,
Pomponio Leto e il cod. Mediceo di
Vergilio = RICI., XLVIII (1920)
212-213.
I. 2998 — Mouxrtrorp ]. F.,
Quotations from Classical Authors
in Medieval Latin (lossartes
= CSCIPh., XXI (1925) 81. I. 3002 — MERCATI G., Sur un
palimpseste de Virgile en écriture
I. 2999 — Thomson H. F., Frae- bénéventinedanslecod.vat.gr.2324=
ments of Ancient Scholia on Virgil. SA., Montecassino, 1920, p. 119 Sg.
a 507
07 dei
CESSI. VIRGILIO. I. 3003-3010
alla Biblioteca dell’Accademia delle Scienze della Russia ci porta
notizia il Malim in Bwll. Ac. Scient. de Russte, 1926, 29-49 che non
ho potuto consultare direttamente.
III. Vita di Virgilio: «@) BioGRAFIA: — Accanto alle in-
terpretazioni del testo sono curiose negli scoli le notizie biogra-
fiche, che diventano di più in più fantastiche e leggendarie, e
sarebbe interessante, quanto è difficile, come dimostra l’Aly
{I 3003), risalire alle fonti prime, a quel «c Libro degli amici » che
dovette formarsi con le testimonianze contemporanee o di poco
posteriori e dalle quali deriva quel tono simpatico che si nota nelle
biografie. Certo tutto questo materiale storico va messo sotto più
severo esame critico, poichè solo col Ruaeus, come prova D. R. Stuart
(I 3004), la biografia virgiliana cominciò ad essere storicamente trat-
tata, facendo giustizia delle interpretazioni di Donato. Ma non con-
viene esagerare nella severità, come fa lo Stuart, nè indulgere
troppo alla tradizione, come forse è toccato al Fossataro (I 3005)
che tenta di provare l’autenticità dell’epitafio virgiliano.
Un quadro generale dell’età di Virgilio nelle sue peculiari ca-
ratteristiche disegna il Messer (I 3006). — Il Bellessort (I 3007) ci pre-
senta il poeta nel suo tempo e nell’opera sua, con sforzo notevole di
sintesi che conduce talvolta a conclusioni non accettabili come in
parte ha dimostrato il Brou (I 3008). — Presso di noi il Lip-
parini (I 3009) ha tratteggiato a grandi linee la vita e la figura mo-
rale ed artistica del pocta.
I documenti più notevoli e per la biografia del poeta e per
l’importanza politico-storica di lui si traggono dalle sue opere
stesse.
Dallo studio dell’ Eneide parte il Carcopino (I 3010) per
I. 3003 — ALY W., Die Ueberlie- I. 3007 -— BELLESORT A,,
ferung von Vergils Leben = Ph\W.,
XLIII (1923) 645-8.
I. 3004 — STUART D. R., Bio-
graphical criticism of Vergil since
the Renaissance = SPhUNC., (1922)
1-30.
I. 3005 — Fossataro P., Sulla
autenticità dell’epitafiodi Virgilio =
AAPN., LIV (1924) 15.
I. 3006 — Messer W. S., The
Foman World of Caesar, Cicero
and Virgil = ClJ., NIX (1923-24)
350 Sg..
Virgile, son oeuvre el son temps,
Paris, Plon 1920.
I. 3008 — Brou A., Virgile =
Et., CLXIII, 459-465.
I. 3009 — LiPPARINI G., Fir-
gilio. L’uomo, l’opera, 1 tempi, pp.
VI + 317, Firenze, Barbèra 1923.
I. 3010 — Carcorino F,, Vir-
gile et les origines d’Ostia = Bibl.
Ec.fr.A.R., fasc. CXVI, pp.X+-818,
Paris, Fontemoing 1919.
— 528 —
INN. VITA DI VIRGILIO. I. 3011-3017
risalire alle origini ostiensi, determinando la scena storica del
grande poema, offrendo motivo di notevoli osservazioni anche a M.
A. Levi (I 30I1).
L’importanza dell’Eneide in rapporto alla storia della civiltà illu-
stra il Warren (I 3012), contro il quale si oppone il Knapp (I 3013) per
l'eccessività di non poche affermazioni. Pur troppo in tale campo
la passione spesso prende la mano al critico, come è capitato
al De Witt ed al Frank nei loro lavori di sintesi. Il De Witt
‘I 3614) ci conduce dapprima in un viaggio attraverso la
Roma un po’ decrepita di Virgilio, prima della restaurazione
augustea, con la guida stessa di Virgilio, e di poi (I 3015) ci fa
seguire nel 45 il poeta a Napoli quando colà erano Messalla,
e Sirone presso il quale Virgilio si dà alla filosofia, abbandonando i
più leggeri studi poetici. Il De Witt ci rappresenta il poeta nella sua
vita di campagna, quando detta le Georgiche, specialmente a Nola,
donde poi si ritira, venduto il podere di via Puteolana, a Partenope:
luogo tranquillo dove Virgilio si riduce a condurre vita epicurea. Il
poeta sarebbe stato anche a Sorrento, dove avrebbe compiuto le
Georgiche ed avrebbe fondato un circolo di poeti! — Più completa e
non meno immaginosa biografia ne traccia il Frank (I 3010) il
quale, fondandosi sui Priapei e sui Catalefta ricostruisce tutta la vita
giovanile del poeta, traendo aiuto anche dalle allusioni nei poemetti
minori attribuiti a Virgilio (Culex, Ciris, Aeina, ecc.). A Napoli,
o certo in paese campano, il poeta avrebbe composte le Bwcoliche:
a Napoli, nella villa di Sirone, si sarebbe egli fermato senza più
ritornare nella Lombardia e colà l'avrebbe raggiunto anche il padre,
dopo la perdita dei beni nel territorio mantovano! — Ma sul vero
possedimento rurale di Virgilio è ancora incerta ogni conclusione cri-
tica, come dimostrano il Conway ‘(I 3017) che pensa a Calvisano, il
I. 3015 — DE WITT N.
I. 3011 — Levi M. A., Virgilio W.,
e Ostia = AeR,, n. s. III (1922) Vergil at Naples = CIPh., XVII,
142-148. (1922) 104 Sg.
I. 3012 — Warren S. H,,
I. 3016 — FRANK T., Vergil.
A Biography, pp. VII + 200, New
York, H. Holt 1922. Rec.: RICI.
n. s. I (1923) r16 sg. [R. SABBA-
DINI]; BFCI. XXX (1923-4), 147
V’ergil in relation to the Place of
Rome in the History of Civilisation,
Oxford, 1921.
I. 3013 — Knapp CH., Sortes
vergilianae = CIW., XVIII (1925)
33-40.
I. 3014 — Di WITT N. W., Itome
of Virgit =Cl]., NVII (1921-22)
150-156.
sg. [B. Romano).
I. 3017 — Coxway R.S., IT here
was Vergil’s farm? = BRL., Man-
chester, 1923 e Dot'era 10 podere
— 529 —
Aevum - Anno I - 34
CESSI. VIRGILIO. I. 3018-3028
Besutti (I 3018) che sostiene l'ipotesi del Maffei per Bande, ed il
Nardi (I 3019, 3020) ed il Dal Zotto (I 3021) che si richiamano
alla tradizione. — Per il Frank invece e per il De Witt (I 3022),
1 dubbi non esistono, tanta è Ja sicurezza delle affermazioni più cu-
riose su taluni particolari della vita di Virgilio. — Talune obbiezioni
ed appunti di natura stilistica e linguistica mosse all'opera del De
Witt anche K. Rand (I 3023) e per la biografia del Frank il nostro
Sabbadini (I 3016}. — Per le fantasticherie degli antichi scoliasti
cfr. il Funaioli (I 2986). — L’Ussani (I 3024) tratta della precoce
canizie rammentata dal Petrarca e dell’età in cuiil poeta avrebbe
composte le Bucoliche (32 anni). —- Non ho potuto aver notizia di-
retta dei lavori del Guizzon (I 3025), del Baehrens (I 3026), del
Falletta (I 3027).
Dalla nascita alla tomba la leggenda accompagna sempre Virgi-
lio: ed alla sua tomba in Napoli, (per l’epitafio cfr. I 3005) si sono
rivolti di recente, gli sguardi e le cure degli archeologi, degli
studiosi e del Governo nazionale per rimettere nel dovuto de-
coro il monumento pericolante. Esso è per lo meno sacra reliquia
di una sacra tradizione popolare per cui il poeta visse per secoli e
continua a vivere ancora nella memoria popolare. — Così per la
grotta della Sibilla; dei lavori ivi fatti dà notizia il Maiuri (I 3028).
di Virgilio? = AeR., ns. VII (1926) wmiantic Biography of Virgil = CIPh.,
XVIII (1923) 303-309.
170-180.
I. 3018 — BESsUTTI A., La pa- I. 3024 — USSsAnI V., La canizie
tria di Virgilio, Asola, 1927. precoce di Virgilio e le biografie
virgiliane note al Petrarca — RECI.,
I. 3019 — NarpI B., Notizie 1921, 431-434.
sul paese natîo di Virgilio = Ann.
del R. Liceo scient. di Mant. I. 3025 — Gvuizzon L, Un epi-
1925-60. sodio virgiliano, pp. 12, Udine,
Ciussì 1925.
I. 3020 — Narpi B., La gio-
vinezza di Virgilio, pp. 19, Man-
tova, tip. Mondovì, 1927.
I. 3026 — BAEHRENS W. A,
Cornelius Labeo alque eius comment.
vergil., Leipzig, Teubner 1918.
I. 3021 — Dar Zotto A., Man-
tua Musarum Domus = Ann. R.
Liceo-Ginn. di Mant. 1926.
I. 3027 — FALLETTA M., Nota
virgiliana, Trento, Art. gr. trid.
1925.
I. 3022 — DEWITT N. MW, Ver-
gil’s Biographia litteraria, pp.VII-
192, London, Milford 1923.
I. 3028 — MAIURI A., Printzi
saggi di esplorazione nell’antro della
| Sibilla a Cuma = NS, 126., s. VI;
L 3023 — Ranp E. K., Ad ro- v. IT, (1926), 85-92.
— 030 —
III. VITA DI VIRGILIO.
__I. 3029-3034
Alla pratica della realtà, e forse anche ad una diretta esperienza ri-
salgono le conoscenze che Virgilio dimostra dell’arte marinara, come
prova il Peaks (I 3020) studiandone gli accenni specialmente nel-
l’Eneide. Ma di qui a credere col Frank che Virgilio sia stato per
certo tempo anche marinaio ci corre, e parecchio!
b) CARATTERE ED ANIMO DI VIRGILIO. — Sul carattere del
pocta si sono sbizzarriti, e non poco, gli antichi. La fielas che alita
in tutte le sue opere, il carattere dì ritrosia e quasi di timidez-
za che traspare ad ogni passo, hanno fatto fantasticare sì da
far attribuire al poeta il nomignolo di « Vergine ». — Alla tradizione si
oppone l’Amatucci che già nel suo lavoro sulla Timidità di Virgi-
lio, (= RILLCI., 1, [1918], 151) avea congetturato che il soprannome
di Vergine fosse provenuto a Virgilio dal luogo dove egli abitava, nel
massiccio di Nola. Il Pasquali (I 303c) fa osservare a tal proposito che
esiste sì anche un Mons Virg:lius, ma che tale determinazione è molto
tarda (sec. XIII) e che ciò non autorizza ad abbandonare l’opinione
tradizionale. L’Amatucci (I 3031) a sua volta risponde insistendo sulla
sua congettura, dacchè il podere di Virgilio sarebbe stato appunto
sul massiccio di Nola. — Comunque, lo spirito dell’opera virgiliana
potrebbe essere stato anch'esso un motivo alla tradizione, ed è tale
spirito per cui S. E. Shennan (I 3032) afferma che l'opera di Vir-
gilio è elemento fondamentale per l'educazione piena, completa dei
giovani, per lo sviluppo della vita sentimentale, affettiva, morale,
religiosa. — Il sentimento umano (cfr. I 3282) e patrio del poeta è
messo in bella luce dal Beltrami (I 3033) e l’Ussani (I 3034) ricono-
sce in Virgilio la temperanza delle concezioni morali e filosofiche (I
3183) contro quel rigidismo sistematico, scorto da taluni nell’epicu-
reismo virgiliano (I 3016, 3182, 3209, 3343, 3302) e di più la pro-
pensione alla malinconia e alla pace (I 3133), che è ragione del carat-
tere dolce e sereno dell'opera del poeta che trasse inspirazione alla
sua attività artistica più dal suo intimo sentimento naturale
I. 3029 — Peaks M. B,, Ver-
gil'sSeamanship =CIW.,XV(1922)
201-209.
I.3030 — PASQUALI G., Virgilio
e Montevergine=AeR.,XXIl(1919)
219-227.
I. 303} — AMaTtuccIi A. GG,
Virgilio e Montevergine — AcR., n.
s. I (1920) 221-225.
I. 3032 — Snexnman S. E, A
message from Virgil = ClJ., XIX
(1023-24) 311-314.
I. 3033 — BELTRAMI A., Sen-
timento patrio e umanoinVirgilio =
Ann. Univ. Genova, 1919-1920,
Pp. 29.
I. 3034 — Ussani V., Zl pen-
siero di Virgilio = AcR., n. s.IV
(1923) 149-104.
— 591 —
I. 3035-3042
————— r————T———+—————È—++ _—
CESSI. VIRGILIO.
e di romano che non dai modelli ellenistici. — Complemento,
per certi riguardi, al lavoro dell’Ussani, è quello dell’Arnaldi
(I 3035) che si sofferma sovra tutto sul sentimento della natura
in Virgilio — Di tale sentimento aveva largamente trattato
l’Anderson (I 3036) il cui lavoro ricordiamo, anche se un po’ vec-
chio, a causa di molte osservazioni importanti per la compren-
sione dell’arte virgiliana, e più di recente il Knapp (I 3937) che
tende ad applicare all’arte di Virgilio 1 postulati generali di A.
Geikie (The love of nature among the Romans, London, 1912) ed il
Keith (I 3038) che fa notare il carattere di serenità statica più
che drammatica nelle descrizioni delle scene naturali per cui Virgilio:
si distingue e dai suoi modelli e dai suoi imitatori. — Più intimamente,
con vario intendimento, penetrano nello spirito del poeta il Greene
(I 3039), la Hahn (I 3040) ed il Mitchell (I 3041). Il Greene vuol pro-
vare che dove il poeta manifesta un dubbio od un ritegno nell’espri-
mere il proprio sentimento non si ha da vedere una voluta reticenza
nelle dichiarazioni ma l’espressione genuina di un dubbio reale; la
Hahn ricerca e studia i passi dai quali traspare il sentimento umano
di Virgilio verso i vinti e gli oppressi e di cui sono circonfusi anche i
nemici di Roma, quando siano colpiti dalla sventura (I 3133); il
Mitchell crede di riconoscere nella concezione che il pocta ha della
punizione nell’oltre tomba dei delitti compiuti sulla terra l’adesione
stretta a concezioni speciali delle religioni primitive che assegnano
ai morti una sede sotterranea misteriosa, indipendentemente da ogni
idea morale. In Virgilto adunque si deve ricercare non i] filosofo ma il
rappresentante della coscienza popolare e delle più comuni tradizioni.
— Il De Witt (I 3042) mette in luce il modo col quale il poeta
tratta i caratteri femminili, specialmente di Camilla nell’Ene:de, in
cuii ricordi classici delle omeriche Amazzoni e delle tragiche Alcesti
.- I. 3035 — ARNALDI F., L'anima
di Virgilio =AeR., n. s. VI (1925)
241-204.
I. 3036 — Axperson M. L.,
A study of Vergil's descriplion of
Nature, pp. 224, Boston, Badger
I9IO.
I. 3037 — Knapp Ch. The
love of Nature in Vergil = CIW.,
XIV (1921) 49-51, 57-59.
I. 3038 — KEITH A. L., Homer
Vergil and Milton in their Use of
Images from nature = TPAPhRA. LI
(1920) p. NV sg.
I. 3039 — GREENE W. C., Young
Vergil and the Doubtful doom of
human Kind=A]Ph., XLIII (1922)
344-352.
. I. 3040 — Haun E. Ap, Vergil
und the «Unterdog» = TPAPHRA,,
LVI (1925) 185-214.
I. 3041 — MitcHELL L. B,
Vergil's Teahkings on Rewards and
Punishmentinthe After Life=C1W.,
XIV (1921) 59-81.
I1.3042 — DE WITTN.W., Vergil's
Tracedv of Maidenhood = CIW.,
NVIII (1925) 107 sg.
IV. ARTE DEL POFTA IN GEN.
ed Ifigenia si fondono in nuova cuncezione ove si combinano patriot-
tismo e poesia. — Per il senso tragico della pietà in Virgilio cfr. i
lavori che ricorderemo più avanti dello stesso De Witt (I 3286, 3287).
I] tipo di Camilla specialmente ha eccitato l'animo e la fantasia dei
nostri artisti, dal ricordo delicato di Dante alla creazione delle fi-
gure di Bradamante, Marfisa, Clorinda. — Del sentimento reli-
gioso in rappotto alla storia del tempo si è molto occupato il Fow-
ler che ha raccolto (I 3043) in un denso volume gli scritti pubbli-
cati in varie occasioni; e di recente la Perroni (I 3170).
IV. Arte del poeta in generale e suo influsso sull’arte
posteriore. — Particolare interesse otfre l’arte del poeta che fu in
questi ultimi anni studiata anche nei suoi più minuti particolari, nei
più squisiti intimi segreti psicologici. Per il metodo critico moderno
è utile leggere le considerazioni che il Guillemin (I 3044) fa a pro-
posito del commentario del Norden al libro VI dell’Eneide. Egli
mette in rilievo, che non bastano alcuni elementi verbali per con-
cludere la relazione di imitazione o di contaminazione. L'una e l’altra
avvengono spesso inconsciamente. Sarebbe infatti strano, osserva
il Guillemin, non trovare le poche figure di pensiero virgiliane fra
le sessanta o più che registra la /y/etorica ad Herennium: ma non si
può per questo ammettere che il pocta le abbia usate per la Ricetorica!
— Per l’arte virgiliana in generale vedi Prescott (I 3171). — Il
Bérard (I 3045 e 3046) dalle reminiscenze odissiache delle Georgiche e
dell’Eneide conclude che Virgilio aveva un testo diverso dal nostro;
il Perrotta (I 2400) pur ammettendo la parziale dipendenza di
Virgilio da Arato, dimostra l’originalità del Mantovano; il Crump
(I 3047) risale a Riano per alcuni dettagli comuni (En. 1. IX) a
Virgilio ed a Pausania, il quale deriva dal poeta ellenistico; a
Teocrito si richiama il Kappelmacher ‘I 3047a); il Rouse (I 3048)
I. 3043 — FowLER W. W., et le texte de l’Odvssée = CRAEG,,
Roman essays and interpretations, 1918-9, p. XLVI sg.
. 290, Oxford, Clar. Press 1920.
olio Dn i di I. 3047 — Crump M. M., Ver-
I.3044—GUILLEMINA.,Quelques gilandthe Messeniakaoj Rhianus=
injustices de la critique interne CIR., XXXV (10921) 157.
d l’égard de Virgile, 41, Chalons s.
S., Bertrand 1921. I. 3047a KAPPELMACHER D.,
Vergit u Theokrit = ErV., 5
I. 3045 — BÉRARD V., La mes- marzo 1925.
de Circe: REG: NXXIT
SE MOLA CEE i I. 3048 — Rouse W. D., Ver-
1919), I6 Sg. 3 sa
Molo: Ù gil's Rhythms= CIR, XXXIII
I. 3046 — BERARD V., Virgile (1919) 138.
— 533 —
CESSI. VIRGILIO.
I. 3049-3055
nota l’influsso enniano nelle finali monosillabiche dei versi, arti.
ficio usato da Virgilio col disegno evidente di variare il ritmo
per adattarlo all'espressione, al movimento del pensiero; il Merrill
(I 3049) ricerca l'influsso lucreziano; infine il Hosius (I 3050) insti-
tuisce parecchi raffronti con poeti precedenti e posteriori a Virgilio
per dimostrare in ogni caso il carattere peculiare di originalità vir-
giliana. — I mezzi od artifici tecnici del poeta dettero motivo a varie,
molteplici ricerche. Il Frank (I 3051) tenta di stabilire quale fu la
teoria artistica di Virgilio e ne segue lo sviluppo nell’applicazione
pratica delle sue opere, studiando in particolare quel genus molle et
facetum di cui parla Orazio (Sat. 1, 20, 44). — Lo Stemplinger
(I 3052), trattando dell’interesse risvegliato nei lettori dagli artisti col
differimento e l’attesa dello scioglimento nota che in Virgilio tale
tensione della curiosità si palesa piuttosto come interesse affet-
tivo che non intellettivo, rivolgendosi più alla maniera con la quale
il poeta presenta la scena attuale che non allo scopo finale.
Ma Virgilio non è mai addictus ai suoi modelli, sì tratti anche
di Omero. — Il Blimner (I 3053) infatti dimostra che Virgilio,
pur derivando da Omero nella descrizione delle scene di morte
in battaglia, ne segue solo l'apparato scenico, esterno, ma il sen-
timento è tutto virgiliano, tutto romano onde in En. X, 781 il
morente invoca anche la patria: ed in questo lo seguc Valerio I'lacco
più che non tragga da Apollonio Rodio. — Lo scrupolo del poeta nella
determinazione dei dettagli mette in luce il Keith (I 3054) esaminan-
do l’allegoria della Fama, sì che l’espressione artistica sorpassa
talora l’idea rappresentata nell’interessamento del lettore. Il Keith
nota che in tale rappresentazione, introdotta anche a diffondere un
certo senso di simpatia per Didone ed Enea, si ha un primo passo del-
l’intromissione del divino nelle personificazioni materiali. Il Keith
I.3049 —MerriLL\V. A., Paral-
lels and Cotncidentes in Lucretius
and Virgil = UCPCIPh., III, 135-
204.
I. 3050 — Hostus C., Zu Vergil
= MuW., Bonn, 1919, pp. 105-109.
I. 3051
Apprenticeship II =
(1922) 109 sg.
— FRanNK T, Vergil's
CIPh., NV
I. 3052 — STEMPLINGER E., Die
aesthetische Spannung= S., n. s.
VII (1919) 70-81.
I. 3053 — BLUMXNER H,, Die
Schilderung des Sterbens in der
romischen Dichtung = NJPh,
XXII, (1919) 244 Sg.
I. 3054 — KEITH A. L., Vergil's
Allesory of Fama = (C1J., XIX
(1923-24) 298-301.
I. 3055 — KEITH A. L., Obser-
vations on Vergil's use of the que-
stion = CIW., XVI (1922) 210-217.
— 534 —
IV. ARTE DEL POETA IN GEN.
2 ESSI
(3055) stesso che aveva già esaminato {I 2272) l'uso delle impreca-
zioni in Virgilio ‘in rapporto a quelle omeriche concludendo che il
poeta nostro sì stacca dal suo modello per la più fine accortezza
nel saperle adattare alla psicologia dei personaggi; si rivolge all’uso
delle interrogazioni facendo rilevare la loro maggior frequenza
nell’Ene:ide in bocca a donne, forse a determinarne il carattere
meno fiero e meno pronto nelle deliberazioni rispetto a quello degli
eroi (cfr. I 3042) — Il Fraser (I 3056) si occupa delle similitudini e
del modo col quale sono introdotte dal poeta (67 casi su 84 appor-
tano l’uso di veluti, velut, ut, ceu, qualis).
A. Hahn (I 3057), ricercando quando e come Virgilio usi la figure
dell’endiadi, conclude che in nessun caso in Virgilio si può parlare di
vera e propria endiadi, dacchè ogni determinazione aggiunge sfumatu-
Te e concetti nuovi. — C. E. S. Headlam (I 3058) si sofferma sulle allit-
terazioni, assonanze, eco ritmico, ecc. che si manifestano con gli arti-
fici più squisiti, col più vivo senso dell’armonia, come riconosce
l’Evans (I 3059). — Altra caratteristica dello stile epico virgiliano il
Keith (I 3060) ritrova nell’uso delle espressioni indicanti « brevità »
(nove volte è usato breviter, dodici fatica o paucis) per cui pare che il
poeta voglia lasciar intendere più che non esprima. — Altra ne ricerca
(I 3061) nell'uso di certe parole isolate e di senso pregnante che nella
loro forma composta indicano di più che nella forma più semplice e
breve: finezze stilistiche che non sfuggirono neppure al Tennyson (cf.
ad es. cuuctantem {En. vi, 211] refostum [En. 1, 26], corripuere [En.
I, 418], ecc.). — Nell’uso del pronome nos, usato per il singolare, il
Conway (I 3062) riconosce un effetto scenico che tradisce il senti-
mento violento del soggetto: solo duc volte si ha un vero $/uralis
maiestatis. — Il Radin (I 3063) si occupa del valore avverbiale di ag-
I. 3056 — FRASER A. D., The
I. 3060 — KEITH A. L., « Briefly
Simile on
Virgil = ClJ., NIX speading» in Vergil = AW, XV
(1923-24) 48 sg. (1922) 50 Sg.
I. 3057 — Haun E. Av, Hen- I. 3061 — KriTtn A. L., The
diadys: is there such a thing? = lonely word in Vergil= CIW., XIV
CIW., XV (1922) 193-197. (1921) 36 Sg.
I. 3058 — HEapLawm C. E. S
The art in Vergil’s poetry = CIR.,
XXXIV (1920) 23-20,
I. 3062 — Conway E. H.W,,
The singular Nos tn Vergit = CIQ.,
XV (1921) 177-182.
I. 2059 — Evans W. E. Alli I. 3063 — RabIN M., The «men-
leratio latina, pp. NNXIV + 1096,
London, Williams a. Norgate 1921.
te » adverb in Vergil = = Coe: NVI
(1921) 40 Sg.
e I
CESSI. VIRGILIO. I. 3064-3069
gettivi con mente (En. I.20). — Ài gruppi dî parole rivolge la sua at-
tenzione il Hodgman (I 3064), per il loro valore artistico anche.
secondo la funzione sintattica, nell'unione dei sostantivi con
aggettivi, di verbi con avverbi, del soggetto col verbo, ecc.
presentando vari tipi quali ad es. aba, ab-ba, ab-ad, ecc. con
riguardo speciale alle parole intercalate, alla disposizione sim-
metrica delle parti logiche nella proposizione e sovra tutto
nel verso, alla fine degli emistichi o dei versi. — Sulla questione
dei versi ripetuti ritorna N. Moseley (I 3065) dimostrando che pure
derivando da imitazione di un artificio omerico, hanno uno scopo
artistico definito, per cui si possono distinguere nove gruppi distinti.
— Il Gladow (I 3066) invece in tale fenomeno artistico ricerca gli ar-
gomenti storici per la cronologia delle opere virgiliane e l’ordina-
mento interno dei poemi, concludendo che il Culex è da ritenersi
virgiliano, non la C?rîs; che il Culex è opera giovanile e la Ciris do-
vrebbe essere stata composta parecchio dopo le Egloghe, fra le quali
ed il Culex sarebbe corsa una decina di anni! Troveremo tale metodo
sfruttato di recente anche più rigidamente per le Bucoliche e l’Eneide
dal Kumaniecki (cfr. più avanti I, 3126, 3279). — Il Wilkins (I 3067)
studia la natura e la composizione delle comparazioni delle quali la
maggior parte (e si capisce!) deriva da Omero, poche da Apollonio Ro-
dio. Delle 163, secondo i suoi calcoli, che presenta l’Eneide il Wilkins
ne distingue 38 di brevi e delle 32 delle Georgiche di brevi ne sono
II; di queste 49 sono originali solo quattro, delle altre 146, che hanno
maggiore sviluppo, il W. nota che 27 sono di nuova invenzione o per
meglio dire senza un modello noto, e solo nove presentano analogie
con altre lucreziane. — Più industriosa, se non più proficua, è la
ricerca del Simon (I 3068) sugli acrostici in Virgilio!
Per le ricerche di natura propriamente grammaticale sono da
ricordare lo Steele (I 3069) che si occupa dell’ablativo efficiente;
I. 3064 — HoDpGman A. W., classification of the Similes in Ver-
Word-grouping in Vergit = CIW., gil’s Aeneis and Georgics = CIW.,
NIV (1921) 193-195. XIV (1921) 170 sg.
I. 3065 — MoseLEYv N., The I. 3068 — Simon J. A., Horatius
repeatedlinesof Vergit= TPAPNA., acrostichicus: Akrostisches bei Hora:
LIII (1922) XX. Vergil, Catull, Tibull, Ovid, Pro-
perz, pp. 14, Kòln, Kélner Mit-
I. 3066 — GLanpow F°., De Vergi- tagblatt 1923.
liv ipsius imitatore, dissert. Greifs-
wald, 1921. - I. 3069 — STEELE R. B., Ablat.
of efficient= CIPh., XVI (1921) 354
I. 3067 — Wicrkins E. G., 4A sg.
— 536 —
IV. ARTE DEL POETA IN GEN. IL 3070-3077
M. E..Lees (I 3070) che tratta degli ablativi descrittivi (ad es. En.
VIII, 2006 villosa setis bectora); il Blase (I 3071) che considera il valore
del più che perfetto di En. x, 853 a proposito del congiuntivo latino;
la Knighth ( I 3072) che esamina il valore del partecipiale in-fo sia
per le azioni contemporanee (En, I, 220), sia per quelle ripetute o dì
conato (En. I, 29: III, 125, ecc.) e per taluni usi particolari (fetas
Buc. 1, 49).
La tecnica del verso fu sottoposta ad esame particolare. Dei la-
vori speciali sulle singole opere daremo notizia al loro luogo; qui ri-
cordiamo 1 lavori d’indole generale quali quello del Rouse, già ricor-
dato (I 3048); dello Headlam (I 3073) sulla tecnica del verso e che ser-
ve di complemento a quello già annunciato più sopra (ctr. I 3058);
del Shiplev (I 3074) che studia 1 58 emistichi virgiliani, aggiungendo-
ne considerazioni per la cesura particolare, per la lettura del verso,
per l’iato e l’elisione, di che si occupa anche in altro lavoro spe-
ciale (I 3075); in finc del Siclari (I 3070) riguardo alla rima in
Virgilio.
L'influsso esercitato da Virgilio su tutta l’arte e la letteratura
posteriore fu grande. Ma che non convenga esagerare in questo campo.
dichiarò già da tempo il Lebouton (Vergil und die bildende Kunst =
ZOeG., 1915, 193 sgg.), notando che spesso si scambiano per caratte-
ristiche virgiliane quelle che sono proprie piuttosto della sua età
e dell’arte stessa del tempo. Però non v’ha dubbio che molte opere ab-
biano tratto inspirazione dalla lettura di Virgilio, come prova il
Comparetti (I 3077) per il rilievo rappresentante una scena della
caduta di Troia su l’elmo di gladiatore trovato a Pompei, e l’inci-
sione del « Grand camée de France », con l'apoteosi di Enea, secondo
l’intepretazione del Piganiol (cfr. I 3338).
Maggiore e indiscusso è l'influsso esercitato da Virgilio sui poeti
I. 3070 — Less M.E,, The a-
blative case in Virgil = CIO., XV
(1921) 183-185.
I. 3071 — BLasE H,, Die con-
junktiv im Lat. = Gl., IX, (1920),
30 sg.
I. 3072 — KNxIGHTH CL. M,,
The «to» parteciple in Vergil =
AJPh., XLII (1921) 200-204.
I. 3073 — Heaptam C. E. S.,
The technique of Vergil’s verse =
CIR., XXXV (1921) 01-64.
I. 3074 — W.,
SuIPLEY |.
Vergil’s verse Technique=WUSHS.,
XII, p. I (1924) 115-I5I
I. 3075 — SHÙipLey F. \,,
Hiatus Elision Caesura in Ver-
gil’s Hexameter = TPAPhA., LV
(1924) 137-158.
I. 3076 — SictLari N., La rima
in Virgilio, pp. 52, Palmi, tip.
Genovesi 1921.
I. 3077 — COMPARETTI |),
L’Eneide nell’altorilievo di un casco
di gladiatore pompeiano = AeR.,
XXII (1919) 113-127
— 537 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3078-3089
contemporanei e posteriori. Per Tibullo il Castiglioni {I 3078) ammette
più stretti rapporti con Orazio che noncon Virgilio.— Ne risentì in gran
parte Valerio Flacco (cfr. I 3053) di cui si occupa in particolare il Mar-
bach (I 3079); ne risentì Seneca, che seguì il modello non soltanto nelle
poesie, come prova il Consoli (I 3080), ma anche nelle lettere, secondo
le ricerche del Barris (I 3081); ne risentì persino Petronio, per quanto
‘è riuscito a confermare il Revay (I 3082). — Dell’ammirazione di
Marziale per Virgilio porta testimonianze il Preston (I 3083). — A
tale ammirazione contribuirono senza dubbio gli scoliasti stessi,
i quali in parte si occuparono anche di mettere in luce il valore arti-
stico del poeta: di che da chiara prova il Galdi (I 3084) in una disser-
tazione premiata dalla R. Accademia di Napoli nel 1925 e pubblicata
solo nel 1926. —- A proposito di Columella I, 12 il Miller (I 3085) nega
che l’eivs di quel passo sia da riferirsi a Virgilio, affermando che va
accordato con «agricultura » onde consegue, come ha provato il Lun-
dstròm (I 3086), che a torto si ricerca ur modello virgiliano in Igino.
La prima testimonianza di Virgilio nella letteratura cristiana sa-
rebbe dal Chiappelli fI 3087, 3088) ritrovata negli Atti degli A postoli,
che sarebbero di origine romana per i frequenti latinismi che presen-
ta il testo greco, come nel Vangelo di S. Luca, il quale sembra opera
«dello stesso autore degli At. La scena del pericolo corso da S. Paolo
nella sua ultima visita a Gerusalemme sarcbbe, secondo il Chiappelli,
ricalcata su quella di Enea a Cartagine! — Il Coffin (I 30809) fa rilevare
I. 3078 — CasticLiIionI L.,
Orazio satirico, Tibullo e Virgilio =
RFCI., n. s. IV (1925) 186, e
513-517.
I. 3079 — MarBacH E., Qtto-
modo Valerius Flaccus Vergilitam in
arte componenda imitatus sit, Berol.
1920. — Rec.: PhW., 1924, 430
(FR. LÉvy). i
I.3080 — CoxsoLIS., Lasatira IX
di Giovenale nella tradiz.della cultu-
ra sino alla fine del M.Evo=RFECI.,
NLIX (1921) 79-98 spec. a p. 95.
I. 3081 — Bargris E., Tergil
«and Seneca =CIW., XV (1922) 216.
I.3082 — Rrvav ]., Petroniana
= CIPh., XVIII (1923) 69 sg.
I. 3983 — PRESTON K., AMar-
.tial and former lilerarveviticism =
CIPh., NV (1920) 340-352.
I. 3084 — Gavi M., De antiqua
Virgilium interprelandi ratione =
Movo., ITI (1926) pp. 46 e seg.
, I. 3085 — MULLER ]J fil., De Hy-
| giniaetate= Mn., XLIX(1921)172.
I. 3086 — LUNDSTROM V., Lt-
terarhistorische Bertrage zu den an-
tiken Landwirtschafftlichen Schrift-
stellern = Er., XV, (1917) 161-177.
I. 3087 — CHIAPPELLI A., Vir-
gilio nel N. Testamento = AeR.,
XXII (1919) 1-14.
I. 3088 — CuiappELLI A., An-
cora Virgilio e gli Atti deglr Apo-
stolì = AcR., XXII (1919) 89-98.
I. 3089 — Corrin H. C,
The influence of Virgil on St. Je-
rome and St. Augustin = CIW.,
NVII (1924) 170-176. :
59
IV. ARTE DEL POETA IN GEN. _ 3090-3095
l’influsso di Virgilio su S. Girolamo (cfr. I 3101, 3227) e S. Agostino
(I 3101, 3143) non soltanto per il pensiero ma ancora per la lingua
e lo stile. — Per venire a più tardi tempi ricordiamo l’azione artistica
esercitata da Virgilio su Quinto Smirneo. Il Castiglioni (I 3090),
pur riconoscendo che Quinto non ricalca Virgilio, fa notare come
in più luoghi Quinto tragga motivo e spunti dal poeta latino: e
contro il Bassett, che propugna la piena indipendenza di Quinto da
Virgilio, recentemente ritorna sull'argomento a conforto della sua
prima tesi, trattando dei rapporti fra Virgilio e Trifiodoro (I 3091),
rapporti che sono piuttosto di conoscenza che di 1muilazione, « non nei
singoli particolari, ma nella materia e nella successione degli av-
venimenti ».
la diffusione dell’opera virgiliana e la sua popolarità sono
attestate dalle reminiscenze continue nei canti popolari e nelle in-
scrizioni. — La ricerca delle prove si è assunto l’Ilewycz {I 3092),
che ritrova riproduzione integrale di emistichi, versi, gruppi di versi
nelle inscrizioni pagane e cristiane di vario contenutocioè votive, ono-
rifiche, funerarie, parietali: ritrova persino l’Ille ego qui quondam
dato già come virgiliano, fatto che ne attesta l’antica origine, e
offre ottimo argomento a chi ne sostiene la genuinità.
Nell’età più tarda Virgilio, secondo i tempi, va assumendo fi-
sonomia diversa: l’opera sua racchiude il tesoro di ogni sapienza,
quando si è cominciata a studiarla come opera allegorica. Il pri-
mo che applica costantemente il metodo allegorico nella interpreta-
zione allegorica è, come attesta il Coffin (I 3093), Fulgenzio. —
Un'allusione a Virgilio (Fn. 6, 397-402) trova il Garrod (I 3094) anche
in Gregorio di Tours, ed il Weymann (I 3095) ne riconosce altra in
Rufino. — La tradizione di Virgilio mago si raffermò e continuò in
tutto il medioevo, si perpetuò anche nelle tradizioni delle famiglie fino
I. 3090 — CasrticLionI L., /n-
torno a Quinto Smirneo = BN],,
II (1921) 35-52.
I. 3093 — Corrin H. C., Alleco-
ricalinterpretation of Vergilwithspe-
cial reference of Iulgentius = CIW.,
XV (1922) 33-41.
I. 30691 — CasticLIoNnI L.,
Tryphiodorea - Trifiodore e Virgilio
RECI. n. s. IV (1926) 501 sgg.
I. 3094 — Garronb H. X\,,
Vergil and Gregory of Tours =
CIR., NXXIII (1919) 28,
I. 3092 — ILewvcz R., Ueber
der Einfluss Vergils auf die Car-
minalatinaepigraphica= WS., XL
(1918) 67-88, 138-140; XLI (1919)
46-51, I6I-106.
I. 3095 — \VEYMANN C., Ana-
lecta AIX. Zur Arbeitsweise Ru-
fins = HJGG., NL (1920) 180-
ISO. : 3
— 539 --
CESSI. VIRGILIO. I. 3096-3102
dai tempi classici, come provò il De Witt (I° 3096) nella sua' ricerca
sulle inscrizioni virgiliane distinguendo quelle appartenenti a Virgilio
e a famiglie virgiliane (Sabina, Sannio, Gallia transpadana) da quelle
magiche che più di frequente ricorrono nella Campania. — Virgilio
è l’autore più noto nel medioevo; in suo onore sono i Tetrasticha in
Virgilium, molto diffusi, attribuiti al giureconsulto Modestino, che il
Pesenti (I 3097) ripubblicò in nuova edizione su un ms. visigotico
— e che sia tale lo confermò il Sabbadini in appendice allo stesso la-
voro del Pesenti — di G. Gabriel di Venezia, trascritto dal Poli-
ziano.
Virgilio esce dalle nebbie del Medioevo solo con Dante: con lui
ritorna nella sua veraluce di poeta. — Ne tratteggia la figura in rap-
porto a Dante il Comparetti (I 3098); ed il Bonardi (I 3099) ritorna
sull’interpretazione data dal D'Ovidio riguardo al posto che tiene Vir-
gilio nella concezione dantesca, mentre il Gemelli (I 3190) si sofferma
sulla rappresentazione di Vi.gilio nella Divina Commedia in rapporto
a Beatrice. — Però l’opera di Dante non bastò a dissipare del tutto il
velame allegorico in cui il medioevo avea racchiuso il poeta, e nel
quale, pur con nuovo spirito e più alti intendimenti, Dante stesso lo
teneva ancora avvolto. Prova ne sono i dialoghi del Landino (Cod.
Laur. LIIt, 28) che segue ancora l’interpretazione allegorica — come
dimostrano le ricerche del Wolf (I 3101) — distinguendo i tre aspettî
della vita voluftuosa, activa, contemplativa, nella figura del poeta con
richiami a Servio, S. Girolamo, Macrobio e S. Agostino (cfr. I 30809).
— Mala Rinascenza libera il poeta da ogni veste allegorica, e Vir-
gilio assume una nuova funzione nella vita spirituale italiana, di-
viene il modello dell’arte classica e della nuova arte italica, quale ci
presentano i due grossi volumi dello Zabughin (I 3102) che studia la
I. 3100 — GEMELLI A., Beatrice
e Virgilio = Scritti vari pubbl. in
occas. del V centenario della morte
I. 3096 — DE WITT N. W.,
Light from Inscriptions upon the
Vergilius gens = TPAPhA., LVI
(1925) XLI.
I. 3097 — PESENTI G., Anecdota
latina IV: Herennius Modestinus
= RECI., XLVII (1919) 81-95.
I. 3098 — COompareETtTti D,,
Dante e Virgilio = AeR.,1924,149-
104.
I. 3099 — BONARDI C., Zl Vir-
gilio dantesco nell’interprelazione
critica di Fr. d'Ovidio, pp. 31,
Napoli, Federico e Ardia 1921.
di Dante Alighieri per cura della
Riv. di filos. neoscol. ecc., Milano,
Vita e Pensiero 1921.
I. 3101 — Worr E,, Die alle-
gorische VergilerRlarung d. Chri-
stofaro Landino = NJPh.., XXII
(1919) 453-479.
I. 3102 — ZABUGHIN VLAD,
Vergilio nel Rinascimento ttaliano
da Danle a T. Tasso, pp. XXIV -
245 + NV 442, Bologna, Zani-
chelli 1921-23. |
— 540 —
IV. ARTE DEL FOETA IN GEN. - V. BUCOLICHE. I. 3103-3111
fortuna del poeta dalla, Rinascenza al tempo del Tasso, del quale
ultimo in rapporto con Virgilio si occupa anche il Mustard (I 3103)
—- Virgilio fu l’inspiratoré dci nostri migliori artisti, e l’opera sua
eccitò anche artisti forestieri. Quanto sia stato studiato in Inghilterra
conosciamo ora dallo studio della Nitchie (I 3104); e che il Mòrike
l'abbia considerato, accanto ad Eschilo, come un suo modello at-
testa lo Schéònberger (I 3105). — L'importanza che l’opera vir-
giliana ha ancora per la civiltà moderna acutamente illustra il
Mackail (I 3100) con riguardo sovra tutto alla vita anglosassone
ed americana presso la quale lo spirito virgiliano ha esercitato
sempre notevole influsso, di che il Lipscomb (I 3107) trova, con
fine industria, traccia anche nella tradizione didattico-georgica vir-
giliana allo scoppiare della guerra civile.
Ricordiamo infine alcuni lavori che riguardano il valore vitale del-
l’opera virgiliana ancora nella società presente. E. M. Sanford (I 3108)
sostiene che gli scolari debbono rendersi conto non solo del valore
lessicale delle espressioni virgiliane ma altresi delle fonti dei miti
per ben intenderne tutta l’importanza: infatti conviene estendere
fuori della scuola il circolo di lettura di Virgilio — atferma il Keith
(I 3109) — perchè sì intenda il significato civile e uazionale dell'opera
sua, la quale va studiata, come ci ripete anche lo Stevens (I 3110)
nel suo spirito poetico ben più che nella sua forma grammaticale.
L'esempio dunque, e l’ammonimento a noi, Italiani, viene dagli
studiosi stranieri! |
tu
SPECIALI; — Ira le edizioni
ricordare quella curata dal Man-
larga introduzione sulla natura,
V. Bucoliche: a) EDIZIONI
recerti delle Bucoliche dobbiamo
cini (I 3r1rI1) che premette una
I. 3103 — Mustarp W._P., Tas-
so's Debt to Vergit = CIW., XIII
(1920) 115-120
. I. 3104 — NITCHIE E., Vergil
and the England Poets, pp. VIII-
251, New York, Columb Univ.
Press (London, Milford) 1019.
I. 3105 — SCHONBERGER J. K.,
Zwei antike Vorbilder bei L. Mo-
rike =BBIGSch., LVI (1920) 101 g.
I. 3106 — MAcKalL ]. W,
Vergil and his meaning the world
0f to day, pp. XIII-159, London,
Harrap 1923.
I. 3107 — LirscomB H. C,,
Virginia Georgics = AJPh., XLIII
(1922).
I. 3108 — Sanrorb E. MN,
The enrichment of Vergil course
= CIJ., XX (1925) 554-563.
I. 3109 — KEeITH A. L., Vergil
and the reading circle = ClJ., NN
(1925) 32-35. |
I. 3110 — STtEvENS D., Vergil
as the latin class saw him = ClJ.,
XX (1925) IOI-108.
I. 3IHII — Vircoinio, Le Buco-
liche dichiar. ad uso delle scuole
dal prof A. Mancini, pp. XXIII
+ 133, Palermo, Sandron 1921.
— d4l —
I. 3112-3120
e e _ — - +
CESSI. VIRGILIO.
valore, importanza delle egloghe e sul. loro ordinamento, e
quella scolastica con note semplici e brevi notizie storiche
del Capuzzello (I 3112). — Altre invece ‘sono revisioni e ristampe
di più vecchie edizioni, già note agli studiosi per gli speciali
meriti che le ornano. Ad es. l’editore Chiantore ripubblica con
variazioni ed aggiunte dell'autore il commento stampiniano alle
prime cinque egloghe (I 3113); il Ramorino (I 3114) ci dà, ri-
veduta ed accresciuta, l'edizione già curata da G. Arcangeli e G.
Rigutini; l’Albini (I 3115) presenta ristampata la raccolta dei Carmi
bucolici, seguendo la seconda edizione del 1918 con aggiunte e corre-
zioni; ed il Landi (I 3116) interamente rifonde, per tener conto
delle più recenti ricerche, il suo commento fiorentino. — Accanto alle
edizioni del testo non mancano le traduzioni. Per le persone colte
e le scuole ci offre la sua V. G. Gualtieri (I 3117); per tutte le persone
amanti dello studio e del bello, ha pubblicato recentissimamente
la sua versione l’Albini (I 3118) con una vivace, artistica intro-
duzione, e con importanti note critiche ed esegetiche.
Fra le edizioni straniere sono notevoli sovra tutto quella oxo-
niense del Royds (I 3119) e quella parigina del Goelzer (I 3120),
ambedue con la versione a fronte, con introduzioni e note, nelle
quali talune inesattezze e lacune sono compensate dai non po-
chi pregi di natura didattica ed artistica. — Una versione di carat-
I. 3112 — Virgilio, Le Egloghe, Testo e commento, 2 ed. inter.
col comm. di F. CAPUZZELLO, pp.
NXVI + 143, 4 ed., Roma, Al-
brighi-Segati 1922. I
I. 3113 — VirciLIo, Le Bu-
coliche, con note e commenti di
E. STAMPINI, p. 18 (ecl. I-v), pp.
XXIII + 109 - 2 ed. con varia-
zioni ed aggiunte, Torino, Chian-
tore 1923.
I. 3114 — VircitLIo, Zgloghe,
a cura di G. ARCANGELI e G. RI-
GUTINI, pp. 59, NIV ed. rived. ed
accresciuta da F. RamorINO, Bo-
logna, Zanichelli 1922.
I. 3115 — P. VirciLIO, M., / car-
mi bucolici, comm. da G. ALBINI,
pp. ALII + 146, Bologna, Za-
nichelli 1924 (ristampa).
I. 3116 — P. VirgiLIO, M., Le
Bueoliche, per cura di C. Landi.
rifatta, pp. XXXII-83, Firenze,
Lemonnier 1925.
I. 3t17 — ViRrciILIO, Bucoliche,
nuova trad. in versi per le persone
colte e le scuole di V. G. GUAL-
TIERI, pp. 50, Palermo, Sandron
1922.
I. 3118 — VirgiLIO, Le Buco-
liche, tradotte da G. ALBINI, pp.
153, Bologna, Zanichelli 1926.
I. 3119 — VIRGIL, The Eclogues,
Bucolics ov Pastorals. A revised
Translation with Introd. Text.
and notes by T. F. RovDps, pp. XIV
+ 122, Oxford, Blackwell 1922.
I. 3120 — VIRGILE, Bucoliques.
Text établ.et traduit par A. GOEL-
ZER, pp. XLII + 22, 23 + 77
doppie, 78 + 82, Paris, Les Belles
Lettres 1925. i
con'04D
V. BUCOLICHE.
I. 3121-3127
tere divulzativo per la Germania è pubblicata dal Haecker, or-
nata con incisioni del Leewald (I 3121).
Per quanto di natura particolare, per il suo scopo polemico,
ricordiamo lo scritto di A. Monti (I 3122) poichè contiene parec-
chie notevoli osservazioni critiche.
b) LAVORI CRITICI: a) Sulle egloghe in generale. — Il Phil-
limore (I 3123) esamina il carattere speciale della poesia pastorale
in rapperto all’allegorismo — contro lo Skutsch che nelle egloghe
trova continui enimmi. Nota come Virgilio dipenda da Teocrito,
nel quale si trovano già allusioni personali. La forma pastorale in
Virgilio ricopre lo scopo adulatorio del poeta ad Ottaviano, a Pollio-
ne, a Emilio Macro, a Varo e Gallo. Gli enimmi delle RBwcoliche
si spiegano con i fatti della vita contemporanea. — Non così pensa
S. Skutsch-Dorff che (I 3124) si sbizzarrisce ricercando nei carmi i
«contrasti » fra C. Gallo, Messala, il poeta, ecc. quasi che il testo
sia « composizione per teatro »: per cui i pastori sarebbero i geni del
poeta, le greggie le canzoni, 1 foma le poesie, ecc. ; per questo appunto:
Orazio avrebbe chiamato genus facetum l’opera virgiliana!
Alla composizione e forma e natura delle egloghe si rivolge con
recentissime ricerche G. Rohde (I 3125) riconoscendo un piano gene-
rale di composizione in una doppia serie in cui egli distingue le cgloghe
virgiliane che sono originali non ostante la imitazione teocritea che
offre solo il mezzo ed il costume non il tema del componimento.
Dell’ordine delle egloghe si occupa il Kumaniecki (I 3126) il quale
fissa quest'ordine III, II, IX, I, VIII, IV, VI, X, V, VII, sopra tutto
fondandosi sul criterio « quo modo Vergilius semet ipsum imite-
tur » (cfr. I 3066), che poi applicherà, come vedremo, con risultati
anche più incredibili all’Eneide (cfr. I 3279). — Il Porteous (I 3127) si
I. 3121 — VERGIL, Bucolica
Deutsch. v. Th. HAECKER mit 20
Holzschnitten v. R. LEEwALD, pp.
49, Berlin, Euphorion 1923.
I. 3122 — Monti A,, Di due
volumi del Corpus Script. lat.
Parav. Catulli Carmina, Vergilii
Bucolicon liber etc., pp. 13, Torino,
Baravalle 1922.
I. 3123 — PHILLIMORE ]. S.,
Pastoral and Allegory. A re-reading
of the Bucolics of Virgil, pp. 32,
Oxford, Clarendon Press 1925.
I. 3124 — SkurtscH-Dorrr S.,
Vergils Salyrspiel, Leipzig, Teub-
ner 1922.
I. 3125 — Ronpe G.,, De Vergili
eclogarum forma et indole, pp. 68,
Berlin, Ebering 1925 = Alassisc/-
Philolog. Studien herausg. F. JA-
coByr. Vi).
I. 3126 — KUMANIECKI C. F.,.
Quo temporis ordine Vergilius ec-
logae conscriptae sint = E., XXIX
(1920) 09-79.
E. 3127 — PortFous A. J.D.,
Virgil's Eclogues: A metrical clue:
tothe order of Composition= CÌR.,.
XXXV (1921) 103, 504.
— 548 —
CESSI. VIRGILIO.
I. 3128-3032
fonda invece su argomenti metrici per presentare quest’altro or-
dine: III, II, IV, IX, VII, VIII, VI, V, X, I, in particolar modo
considerando il monosillabo iniziale del 5.° piede che diminuisce
nell’uso virgiliano a mano a mano che si perfeziona l’arte del poeta.
— IWitte (I 3128) d’altra parte, considerando in Virgilio l’imitazio-
ne teocritea, e ricercando con sottigliezza soverchia, e non sempre op-
portuna, i mezzi tecnici seguiti dal poeta siracusano nella disposizione
dci gruppi di versi negli idillî (e contro questo sistema cfr. C. Cessi:
La tecnica dell’ « incorniciamento » e delle « metà » e l’arte di Teocrita
= AIV., LXXXII, p. II [1923/4], LXXXxIv, p. II, [1924/25]), li applica
alle egloghe virgiliane ritrovandovi strani schemi. Tale metodo e
schematismo combatte C. Cessi (I 3129) insistendo sul fatto che
l'ordinamento interno in un’opera d’arte deriva da inconscio sen-
timento d’armonia nell’artista, che si rispecchia in una naturale
simmetria*ben diversa da quella strettamente numerica, opera di
riflessione e di virtuosità, nun di inspirazione viva, sincera. Il Witte
propone l’ordine:;, VII, III, II, V, IX, I, IV, VIII, VI, X. Il Cessi
non tocca la questione dell'ordinamento, che setondo lo Jahn
(Vergils Gedichte bearb. v. P. Jahn, I, p. XVII), seguito dai più,
dovrebbe essere: II, III, V, VII, VIII, IX, X, I, VI, IV.
Il Jachmann (I 3130) tratta della tecnica in generale di Vir-
gilio nelle Bucoliche: nota il carattere delle figure pastorali, con-
‘ssidera la incertezza dell’egloga III riguardo alla realtà, l’idea-
lizzazione delle località nell’egl. IX per scopo poetico, ecc., conclu-
dendo che non ha grande valore l’arte delle egloghe, mentre le
bellezze più forti e reali si notano, anche per la lingua ed il verso,
nelle Georgiche. Però mette in bella luce il criterio di indipendenza
seguito da Virgilio nell’imitazione di Teocrito. — Anche il Frank (I
3131) ricerca il senso della realtà e l’influsso dell’inspirazione poetica
nelle‘ egloghe, ed il Klotz (I 3132) insiste nel provare l’originalità
del poeta romano rispetto al tradizionale modello, seguendo spesso
I. 3128 — Wirte K., Der Bu- dichterische Technik in Vergils
holiker Vergil. Die Entstehungs-. Bukolifa = NJPh., XLIX (1922)
geschichte einer ròmischen Litera- 101-120.
turgattung, pp. 73, Stuttgart, Metz-
ler 1022. I. 3131 — FRANK T., Sanning
och dikt 1 Vergilius’ ekloger = Er.
‘I. 3129 — Cressi C., Simmetria = XXI (1923)1-8.
numerica e simmetria artistica nel-
le Egloghe di Virgilio = AAVM,, I. 3132 — KLotz A., Beitrace
NVII-XVIII (1925) 1-40. zum Verstaàndniss von Vergils Hir-
tengedichten= NJPh., XLV (1920)
I. 3130 — JACHMANN G., Die 145-150.
— d4i4 —
v. BUCOLICHE. I. 3133-3134
artifici teocritei con nuovi imprevisti risultati, specialmente nelle
Egl. III, V, VIII; mentre il Latzarus (I 3133) riconosce anche nelle
Bucoliche lo spirito di gentilezza e di pietà propria del poeta, che si
inspira alla squisita sensibilità del bello, si trasporta ai grandi pro-
blemi della umanità e della compassione verso gli infelici (13033, 3010,
3282) dovunque manifestando una malinconica dolcezza (I 3034). Le
egloghe sarebbero adunque opera di circostanza e pittura di vita quo-
tidiana e ci presentano un paese che nonè estraneo alla conoscenza no-
stra:i pastori debbono alla terra la loro nobiltà ed all’ingenuità dei co-
stumiì l'entusiasmo e la serenità. — La vita loro semplice, quale appa-
risce dagli argomenti toccati dal poeta, è illustrata da E. F. Smiley
(I 3134) che dimostra come anche la materia più comune e che par-
rebbe non suscettibile di vita poetica (bere, mangiare, frutta, piatti,
‘ecc.) assuma per il calore del poeta un colorito artistico e simpatico.
L’esame particolare dei mezzi artistici hanno tentato parecchi
critici per scoprire il segreto della simpatia che inspira l’arte del poeta.
Il Weymann (I 3135) nota l’uso di parole particolari in sedi fisse del
Verso, e ne segna ì luoghi relativi; riscontri fra gli epodi oraziani e le
egloghe virgiliane indica il Witte (I 3136), ad es. Buc. I, 53 con Oraz.
.epod. 16, 34; e epod. 16, 33 con Buc. IV, 22 e VIII, 27 ecc. Ma su
tali rapporti con Orazio il Witte s'era occupato anche in altri la-
vori (I 3128, 3137) per sostenere l’imitazione da parte di Orazio
‘e non già di Virgilio, specialmente nelle relazioni dell’epodo 16 con
l'egloga IV, come aveva affermato con lo Skutsch anche il Kroll
(I 3138).
8) Sulle singole egloghe. 1. Egloga I. — Il Giri (I 3139) trattando
in particolare dell’egloga prima dichiara che l’intento principale
del poeta fu non l’adulazione verso Ottaviano, ma uno scopo
tetterario ed artistico nella rappresentazione dei due pastori,
fra i quali il più reale è Melibeo, non ostante che il poeta si sforzi
I. 3133 — LATtzaRUS B.,, La
poesie dans le Bucoliques = Rev.
Cours. Conf., XXXIV, 778-787;
896-011; 1136-1145, 1226-1232.
I. 3134 — Smicev E. F., Zhe
simple life in Vergil's Bucolics
and minorpoems=Cl]., XVI(1921I)
516-531.
I. 3185 — WEYMANNC,, Similia
zu Vergil’s Hirtengedichten = WS.,
XLII (1922) 169-173; XLIII
(1923) 198-100.
I. 3136 — Wirte K., Horaz u.
Vergil. Kritik oder Abbau?, pp.
132, Erlangen, Palm 1922.
E. 3137 — WITTE K., Hovazens
sechzehnte Epode una Vergils Bu-
Rkolica = PhW., 1921, 1095 Sg.
I. 3138 — KROLL ]., Horazens
16° Epode und Vergils Bukolika =
H., LVII (1922) 600-612.
F. 3139 — G1iRI G., Sopra la pri-
ma Bucolica di Virgilio — RFCI,
XLVII (1919) 42-53.
Aevum - Anno I - 35
CESSI. VIRGILIO. I. 3140-3146
di rendere interessante anche Titiro nel quale non si può rico-
noscere Virgilio, ma solo una persona immaginaria. — Il Cessi
(I 3140) riconosce l’intendimento artistico del poeta, ma crede non
si possa negare che nell’egloga sia anche lo scopo utilitario: e nelle
due figure dei pastori vede riflessa la figura di Virgilio nei suoi due a-
spetti reali cioè del pastore privato dei beni e del pastore reintegrato
nei suoi possessi, per rendere più viva la compassione dei lettori verso
il primo e la sua condizione e per far. risaltare ancor più il me- .
rito di Ottaviano verso di lui. L'’egloga è anch'essa opera di getto,
non la fusione di due altri schemi, come avea supposto lo Schanz. —
La migrazione in Africa ricordata nella prima egloga si richiama pro-
babilmente alla fondazione di ofpida civium roinanorum (Plin. V., 12,
24 e 29), come congettura il Frank (I 3141): in tali città i cittadini
furono la parte principale e cinque di esse ebbero il nome di Colonia
Julia. — Il Lòschhorn (I 3142) cfr. aequore di I, 59 con Oraz. 04.
I, 2,9-12; edin], 65 col Ladewig legge cretae non Cretae dipendente
da rapidus, ed in luogo di Oaxem crede che si debba leggere Oxum.
— Il Baxter (I 3143) ricorda che S. Agostino rammenta Ecl. I, 70
con la frase « ast quidam post aliquot aristas » (cfr. I 3089). — Per
il Frank (I 3376) l’egloga sarebbe posteriore al catal.- IX.
‘ 2. Egloga II. — Il Knapp (I 3144) spiega il v. 53: Aonoserit huic
quogue pomo ecc., soffermandosi sul valore di « honos ».
3. Eg:oga IV. — La quarta egloga ha continuato ad essere lacrux
interbretum negli studi virgiliani. La tesi messianica non è ancora
abbandonata, e chi non vede nel poeta il Messia cristiano vede il
Salvatore preconizzato dalle tradizioni popolari, dai calcoli dei sacer-
doti orientali, dalle profezie più o menointeressate.—IlCarus (I 3145)
nella sua edizione della egloga, che presenta tradotta, si richiama alla
credenza del Salvatore, auspicata dalle profezie. Il Jùthner (I 3146)
I. 3140 — CESSI C., Sulla prima I. 3144 — KNAPP CH., Lighé
egloga di Virgilio = AAVM., IX on iwo Puzzles = CIW., XVIII
(1920) 99-108. | (1925) 97.
I.3141 FRANK T., Vergil’s first |
eclogue and the migration to Africa Ì |
Profecy on the Saviours birth. —
= CIR., XL -20) 15.
(1925-26) 15 Eclog. IV ed. and transl., pp. 97,
I. 3142 — LoscHHorn K., Zu Chicago-London, Open Court Publ.
Vergil's Eclog.I.= PhW., 1919, 23 Comp. 1918.
Sg.
I. 3145 — Carus P., Vergil's
I. 3143 — BAXTER F. H., «Cor
habere » inthe Thesaurus. Beispiele
aus Augustin = CIR., XXXVI
(1923) 114.
I. 3146 — JUTHNER ]J., Servius
zu Vergils vierte Ehloge= AAWW.,
philos. hist. KI. XXIV (1925) 166-
176.
— 546 —
V. BUCOLICHE. I. 3147-3152
largamente ci illustra il commentario di Servio secondo lo spi-
rito dell’egloga, chè da tal commentario derivano i primi documenti
della intepretazione allegorica. — Il Witte (I 3147), secondo il suo si-
stema degli aggruppamenti simmetrici dei versi ((cfr. I 3128), dà lo
schema della IV egloga, per cui considera la triade dei vv.1-3 fuori
della composizione, e dà, secondo la simmetria eptadica, un disegno
particolare della composizione dell'intero carme, che reputa sempre
anteriore all’epodo XVI oraziano (cfr. I 3137) dal quale invece lo fa
dipendere il Kroll (cfr. I 3138) sì che una parte del colorito allegorico
dovrebbe essere spiegato ben diversamente. Per il Witte anche Virgi-
lio avrebbe desunto da fonte letteraria dall’«Herakliskos» di Teocrito
il tema, riferendo più tardi il poemetto ad Augusto. In fondo un
tema retorico in cui il numero dei versi sull’infanzia, giovinezza, ma-
turità è uguale a quello sulla nascita, carriera e divinizzazione.
La questione della relazione tra il carme virgiliano e l’epodo 169
oraziano, su cui ritorna il Kurfess (I 3148) ha certo importanza per
la cronologia del carme e la questione cronologica involge anche quel-
la dello spirito dell’egloga tutta. — Il Kunst (3149) crede che il poeta
abbia preparato il carme per la nascita del figlio auspicato di Otta-.
viano, ma dopo che Scribonia ebbe dato alla luce una figlia egli
abbia adattato il carme, con.l’aggiunta di nuovi versi, al figlio di'
Pollione. — Per il Draheim (I 3150) l’aspettato era invece proprio
Asinio Gallo ed il carme presenterebbe la struttura del nomos, esem-
plata sui modelli di Timoteo e sull’elegia di Catullo per Allio, avendo-
si come fondamento l’aggruppamento 9x 7= 3.7.7.28.7.7.4cioè
prologo, eparche, catatropa, omphalos, metacatatropa, sphragis,.
epilogos. — Il Kurfess (I 3151) afferma d’altro canto che i v. 1-59 non
alludono ad un determinato fanciullo, ma ad un Salvatore del tempo:
del consolato di Pollione, mentre i v. 60-63 si riferiscono a Marcello:
onde le contraddizioni che ne risultanosi potrebbero spiegare portando
al 41 la nascita di Marcello. — Per il Lagrange ‘I 3152), il messianismo
dell’egloga è dovuto alla rappresentazione dell’età dell’oro che è le-
gata alla nascita d’un fanciullo senza che si esigano influssi orientali,
I. 3147 — Witte K., Vergils IV. IV Eklog. Vortrag= JPhVB.,XLV
ERl = WS., XLII (1922) 63-75, (1919) 190 sg.
139-148; XLIII (192 -44.
39714 1 (1923) 35-44 I. 3151 — Kurress A. Zur
I, 3148 — KurrEss A., Zu Ho- Deutung d. viert. Ehl. Vergils =
razens 16Epode=PhW,., 1925,604. BPhW., 1921, 141-144.
I. 3149 — Kunst K., Vatis erroy I. 3152 — Lacrance M. ]J
2: PR Wp 2141020,:00450, Le prétendu messianism de Virgile
I. 3150 — DRAHEIM ]., Vergils = RBibb., XXXI (1922) 552-572.
— 547 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3153-3156
come si nota invece con esagerazione nel Royds (Virgil and Isaiah,
Oxford, Blackwell 1918). Che il carme riguardi gli stadi di una car-
riera umana, e sovratutto romana, e parimente tale che si possa
attribuire ad una persona divina non sfugge al Lagrange. — Questi
accenni di « umanità » o meglio di « realtà umana» raccoglie il Cessi
(I 3153) per concludere che l’egloga fu scritta per un'occasione fami-
liare e rappresenta lo sforzo del poeta di essere pari all'importanza
dell’avvenimento, usando di quelle amplificazioni ed esagerazioni
che sono naturali in simili circostanze, specialmente quando le espri-
ma un animo profondan:ente grato; interpretazione che in generale
è considerata giusta dal Jahn (cfr. I 2975 p. 242) e tenuta in ri-
guardo notevole dal Dalmasso (I 3156). Semplicismo soverchio, forse,
ma che ci porta meglio nella realtà della vita e spiega più chiaramente
e naturalmente tante cose per le quali altrimenti converrebbe ri-
correre ad astruse tantastiche ipotesi. Semplicismo, che spiega me-
glio l'anima dell'artista, ed al quale s’accostano di più i nostri
interpreti che meglio sentono e gustano l’arte: ad es. l’Albini (I 3115,
3118). — Ma contro tale interpretazione che appare troppo semplice,
stanno la scuola germanica e quella anglo-americana coi richiami alla
scienza specialmente occulta degli astrologi, od alle predizioni
degli oracoli ed agli influssi orientali. Il Boll (I 3154) parte dalla
considerazione della composizione del carme che è di 63 versi,
cioè 7 x 9= 63, numero mistico, come aveano già notato il
Kukula ed il Ludwich e, dopo aver dimostrato quale influsso deb-
bono avere esercitato sul poeta le profezie orientali-ellenistiche
attribuite alla Sibilla, conclude che al poeta bastava annunziare al
mondo romano il prossimo avvento d’un’èra di pace sotto un grande
e divino sovrano, la cui determinazione delicatamente il poeta evita
di manifestare. Il preconcetto astrologico domina tutta la trattazione.
— Il De Witt (I 3155) si richiama al sentimento ed all’aspirazione po-
polare di un Salvatore, quale sì immaginava anche nelle tradizioni
d'Oriente: il poeta rappresenta quindi lo stato d’animo del suo tempo.
— Illavoro che destò maggior discussioni fu quello del Norden (I 3156)
I. 3153 — CEessi C., Sulla IV
ecloga di Virgilio —= AAVM., XIV-
XVI (1923) 1-29.
I. 3154 — Botcr FR., Sulla
quarta ecloga di Virgilio = MASB.,,
s. II t. VI-VII (1923) 1-22.
I. 3155 — DE WITT N. W., The
snfluence of the Saviour Sentiment
upon Virgit=TPAPhA.,LIV (1923)
38-50.
I. 3156 — NorDEN E,, Dite
Geburt des Kindes, pp. 87 Leip-
zig, Teubner 1924 = Veròffentli-
chungen der Biblwoth. Warburg:I.
Stud. herausg. F. Saxl. Heft III.
Rec.: DLZ., 1924, 767-782 (FR.
BoLL) — Rec. BFCI. XXXI (1924)
93 sg. [L. DAaLMAsSO].
— 548 —
V. BUCOLICHE. __ I. 3157-3164
_ —- n Le - -—P—P —.
il quale dottamente tratta di tutte le correnti di vita culturale e
religiosa che, provenendo dall’Oriente e in particolare dall'Egitto,
attraverso i profeti nella gnosi giudaica e la civiltà greca-egiziana,
influirono sullo spirito romano del tempo conducendo all’aspetta-
zione del « bimbo » salvatore. Le argomentazioni del Norden furono
esaminate e largamente discusse in particolare dal Boll, (I 3154, 3150)
dal Vogt (I 3157), dal Bendel (I 3158) e fra noi dal Cocchia (I 3159) per
ricordare solo i più autorevoli fra i numerosi critici dell’opera del
‘ Norden. — Il Sasse (I 3160), procedendo dal Norden, cerca di comple-
tarne la tesi facendo notare che in quest’egloga compare per la prima
volta l’idea caratteristica della letteratura apocalittica riguardo
al saeculum venturum, essendo mito e speculazione fuse nella poesia.
— Invece il Heidel (13161) dichiara che il tentativo del Norden per ri-
condurre all'Egitto la tradizione dell’età futura divina e del bimbo,
che ne determina l’avvento, richiede una revisione generale di tutte
le tradizioni greche, orientali, giudaiche. — Anche lo Zielinski (13162)
nel terzo dei suoi studi sulla religione antica si vccupa dell’aspetta-
zione del Salvatore nella IV egloga facendo osservare che tale periodo
doveva coincidere da prima col 1 millennio dalla caduta di Troia,
e poi era stato fissato da Eratostene alla fine del 3.9 sec. a. C. on-
de i timori al tempo di Annibale e poi all’8,3 a C. e quindi prolun-
gato ancora finchè fu ufficialmente riconosciuto nel 17 a. C. In
questi momenti di trepidazioni e di ansie fu composta l’egloga che
trova sua ragione nelle condizioni storiche del tempo. — L’Hubaux
(I 3163) accetta senz’altro le conclusioni del Norden, Weber,
ecc. ammettendo nel bimbo aspettato il figlio di Antonio e Cleo-
patra, cioè Alessandro-Helios del 4o a. C.
Il Rose (I 3164) afferma che conviene considerare come profo n-
I. 3157 — Voc ]J., Eduard Nor-
den «Geburt des Kindes» = N]Ph.,
(1925) 594-600.
I. 3158 — Bennet F., Die Ge-
burt des Kindes Vergils IV Eclog =
HG., XXXVIII (1920) 105-107.
I. 3159 — CoccHIA F., Una
nuova interpretazione della IV Eclo-
ga di Virgilio= RJGI., VIII(1925)
= Studi critici di filol. class. e
moderna, I, 1926, 143-150
I. 316060 — H. SassE, Vergil's IV
ERloge u. die Eschatologie= ChrW.,
I, 2 (1924).
I. 3161 — HEIDEL W. A., Ver-
gil’s messianicexpectations = JPh.,
XLV (1924) 205-237.
I. 3162 — ZieLiNSKI TH., Trois
essais sur la velig. antique et le
Christianisme, Paris, 10924.
I. 3163 — Hupaux ]J. Études
récentes sur la quatrième Eclogue
de Virgile = MB., 1925, 117-132.
I. 3164 — Rose H. ]J., Some
neglected points in the fourth Eclo-
gue= CIO., XVIII (1924) 113-119.
— 549 —
[PI
VIRGILIO.
CESSI. I. 3165-3171
damente sentita la tede del poeta nella divinità del Salvatore,
per cui il carme assume un colorito storico importante per la
vita dell’autore quale riflesso dei tempi e dimostra che l'adu-
lazione è così vagamente accennata che si può applicare con
opportunità ai vari eventi del futuro, da parte del poeta che
trae l’idea dell'ordinamento delle età e da Esiodo (Of. e Giorn.
| 109 sg.) e da Platone (Pol. p. 259-270). — La questione fu più lar-
gamente trattata dal Weber (I 3165), il quale studia le leggende
orientali della nascita dei fanciulli divini, come Zaratustra e
Buddha — preceduto in questo già dal Carus (cfr. I 3145) — e le
applica alla vita romana, innestandole nelle varie correnti di senti-
mento religioso e superstizioso del tempo: di qui l’inspirazione del
carme col quale si tende all’adulazione ‘ del futuro imperatore.
—- Riprende ora la questione contro il Norden, il Weber ed il
Boll, per dimostrarne l’inattendibilità delle conclusioni, P. Cors-
sen (I 3166), mentre il Herrmann (I 3167) crede di togliere ogni
contrasto inserendo fra i v.17 e 18 i v.60-63 dando così nuova simme-
tria all’egloga. — Che l’idea messianica nell’egloga sia stata intuita da-
gli antichi molto tardi: opina il Kurfess (I 3168), provando che manca
ogni concordanza fra la versione greca costantiniana ed il commento
che la illustra; commento che, secondo il Kurfess, non può risalire ad
un solo autore. Però la questione dello spirito e del contenuto dell’e-
gloga è ben lontana dall'essere esaurientemente trattata: infatti ri-
cordiamo altri nuovi recenti lavori quali quelli del Trendelenburg
(I 3169), della Perroni (I 3170) e del Prescott (I 3171) di cui par-
leremo nei prossimi bollettini.
I. 3165 — WEBER W., Der Profet
u. s. Gott. Eine Studtie zur vierten
Ekloge Vergils, pp. 158 (= Beiheft
zum Alt. Orient Ill) Leipzig,
Heinrichs 1925. — Rec.: BFCI.,
XXXII (1925-06) 127 [L. CAsti-
GLIONI].
I. 3166 CorssEN P., Die
vierte Ekloge Virgils= Ph. LXKXXI
(1925-26) 26-71.
——n
I. 3167 — HERRMANN L., Sur
la composition de la quatrième buco-
lique de Virgile=MB., XXX (1926)
145-151.
I. 3168 — KUuRrFESSs A., Vergils
vierte Ehloge in Kais. Konstantins
Rede an die Heilige Versammlunge =
JPhVB., XLV (1919) 90-96.
I. 3169 — TRENDELENBURG G.,
Virgils Erloserlied, pp. 16, Berlin,
Grùtzmacher, 1926.
I. 3170 — PERRONI C., Saggio
sulla religiosità di Virgilio, pp. 175;
Firenze, Le Monnier, 1927.
I. 3171 — PREscOTT H. XW.,,
The development of Virgil's Apt,
Pp. 490, Chicago, The Univ. of
Chic. Press 1927.
— 550 —
V. BUCOLICHE. I. 3172-3177
Non sono mancati anche lavori speciali di intepretazioni di
luoghi singoli, i quali tutti, qual più qual meno, hanno alla loro
volta attinenza con la questione generale. Il Rose (I 3172) a pro-
posito della lezione del v. 62 quale fu seguita da Quintiliano (IX,
3, 8) confronta Plauto Rud. 113. — Il De Falco (I 3173) ri-
guardo al decem del v. 61 nota che si tratta di una determi-
nazione normale per molti antichi riguardo al computo del periodo
della gestazione. — Lo Stuart (I 3174) crede che le parole ferunt
infantem, ecc. della vita di Svetonio [Donato] contengano un
riflesso della quarta egloga nella quale egli sente un influsso della
religione dionisiaca — come aveano gia accennato il Reinach ed
il Pliiss— con la rappresentazione del «riso »; ma il Birt non
accoglie tale conclusione non trovando nelle parole di Svetonio,
riguardanti la nascita del poeta, allusione alcuna al « riso ». Il « riso »
anzi del v. 60 sg. ha dato motivo a varie congetture: alle ipotesi in-
sostenibili del Fries e del Reinach che pensano ad un riso rituale, e
del Kukula che vi cerca una determinazione storica per Ottaviano, si
sono contrapposte le più naturali che vi riconoscono una manifesta-
zione reale (pur in vario senso Stampini, Rasi, Landi, Mancini, Albi-
ni, Cessi, Lejav). Però si vuol talora trovare una più sottile dimostra-
zione e dichiarazione che oltrepassa, forse e senza forse, le intenzioni
del poeta. Cosi il Fowler (I 3175) ricerca in tradizioni russe la cre-
denza che il primo sorriso ed il pianto siano da considerarsi i segni
precursori della ragione nel bimbo, e quindi facciano epoca nelle
storia intima della famiglia. — Il Levy (I 3176) si richiama a Lido,
de mens, 4, 21 per attribuire la conoscenza alla madre, mantenendo
al v. 60 cui, dacchè si legge col Sè yovelc nella versione costanti-
niana. — Il Sabbadini (I 3177) fa rilevare che il gu? ha appunto il va-
lore di cui.
4. Egloga V.— L’identificazione serviana di Dafni = Cesare nella
I. 3172 — Rose H. ],., Vergil I. 3175 — FowLER W. W., £E-
u. Plautus = CIR., XL (19260) 62. glogue IV, 60 = CIR., XXXIII
1919) 67.
I. 3173 — DE Fatco V., Sub. ‘919 07
seciva. Su di un verso di Virgilio =
RIGI,, VII (1923) 37-8. I. 3176 — LEvy E. = JPhVB.,
| XLVII, (1921), 86.
I. 3174 — Stuart D. R., On
Virgil Eclogue, IV, 60-3= CIPh., I. 3177 — SABBADINI R., Qui
XVI (1921) 209-30. — Rec.: PhW. mon risere parentes = RFCI., 1925,
1920, 978 (Th. BIRT). 242.
CESSI. VIRGILIO. I. 3178-3184
quinta egloga è sostenuta da D. L. Drew (I 3178) con minuto esame
dei versi 20-23, 29-3I, 30-39, 42-44, 51-52. Virgilio imita Teocrito I,
Bione I, Mosco III: Teocrito per la scena, Bione e Mosco per i canti.
Nel v. 29 si alluderebbe all’introduzione delle feste di Bacco. La
deificazione di Cesare per la Lex Rufrena (C. Z. L. 1, pp. 37-6), era
avvenuta nel 42.
5. Egloga VI. — Dei primi versi dell’egloga tratta il Funaioli
(I 3179) dimostrando che Virgilio si vantava di essere stato il primo
fra i Romani a trattare la materia teocritea, conciliando le due op-
poste interpretazioni che attribuivano a Virgilio l'una il vanto di
| essere stato l’inventore della bucolica, l’altra l'affermazione che le
prime opere di lui furono le Bwucoliche. Che il poeta ad ogni modo
tradisca la pretesa di novatore, il Funaioli (I 3180) conterma anche
col confronto della III elegia del l. III di Properzio. — Il Wit-
te (I 3181) sostiene che l’indirizzo a Varo è in diretto rapporto con
la parte principale del poemetto, considerando fuor di dubbio l’an-
teriorità delle Bucolicke sulla Cixis, il cui autore sarebbe imitatore
servile. La dedica a Varo riceve luce, secondo il Witte (I 3182)
anche dalla dedica del 1° libro delle Epistole.oraziane ; Virgilio rinun-
zierebbe alla epopea per la poesia scientifica e filosofica, — Il Frank
(I 3183) identifica Sileno con Sirone, quasi che il poeta alluda alle
giornate passate alla scuola epicurea (cfr. I 3343, 3344). Il Varo del-
l’egloga VI sarebbe Quintilio Varo (cfr. I 3195) ricordato. da Catullo
10. — Invece il Jachmann (I 3184) non reputa del tutto epicureo
il poeta, ma piuttosto eclettico, (cfr. I 3034), esponendo egli argo-
menti vari in ordine cronologico: con la storia del mondo si conchiude
anche quella dell’umanità nella prima parte mentre nella seconda
si ha una specie di catalogo poetico con storie d'amore, di meta-
morfosi, derivanti dalla erudizione alessandrina con adattamenti
del poeta e con un riferimento a Gallo, senza che si debba pensare
ad inserzioni od aggiunte posteriori, quali ritrova ad es. nei vv. 64-73
I. 3178 — Drew D. L., Virgils
fifth Eclogue. A Defence of the Ju-
lius Caesar Daphnis Theory =CIO.,
XVI (1922) 57-65.
I. 3179 — FunaIoLI G., Nota
Vergiliana = RECI., XLVII (1919)
381-387.
I. 3180 — FunaloLI G., Da
poeti latini = RIGI., 1921, 147-150.
I. 3181 — Wirtte K., Vergils
VI ERloge und die Ciris = H.,
LVII (1922) 502-588.
I. 3182 — WITTE K., Horazens
Verhaltnisse zu Vergil = PhW.,
1923, 1075-1082.
I. 3183 — FRANK T., Vergiuls
Apprenticeship II. Vergil and Ho-
race = CIPh., XV (1920) 25-29.
I. 3184 — JACHMANN G.,, Ver-
gils sechste Ehloge = H., LVIII
(1923) 288- 304.
— 552 —
V. BUCOLICHE.
_ 1. 3185-3193
ie rr __
S. Hammer (I 3185 pp., 1-8). — Quanto alla interpretazione di sin-
goli versi ricordiamo J. S. Phillimore (I 3186) che corregge (vv.
43-44) quo in quom, sonaret in sonarit. — Il Weymann (I 3187) con-
fronta v. 67 con Catull. 64, 321; e per il principio dell’Eneide con-
fronta arma virumque con Apoll. Sid. ad lib. 3.1; e la frase 10le ego qui
quondam con carm. epigr. 426, I (cfr. I 3092), e si sofferma (I 3188)
più largamente sui vv. 31-61, 64, 73, 74, 78, 82.
6. Egloga VII. — Il Cocchia (I 3189) in vv. 18-20 spiega alternos
come ambos alternis vicibus e come soggetto dell'infinito meminssse =
dicere il cui oggetto è versus, essendo alternos usato per ragione
metrica. — Il Heinze (I 3190) crede che ai vv. 41-44 Tirsi risponda
in nome di Galatea come Menalca ai vv. 78 sg. dell’egloga III a no-
me di Iolla, e Dameta a VI, 21 a nome di Polifemo. Tali artifici sono
propri del genere bucolico. — Per il Frank (I 3191) il Codro ricor-
dato sarebbe Cornificio, come ammettono gli scoli Veronesi, come
anche il Dafni dell’egloga II, che viene riportata al 41, l'anno in cui
fu ucciso Cornificio che il poeta avrebbe anche imitato (Macrob.
VI, 4, 12 e 5, 13).
7. Egloga VIII. — Nè soltanto Teocrito, ma anche altri ellenistici
ha imitato, ed era naturale, Virgilio. Per Meleagro di Gadara da
prova l’Hubaux (I 3192) confrontando vili, 14-16 con Meleagro in
A P.V,172,173; XII, II4; € 1 VV 44-46 con A. P. v, 176, 176; XII, 86, pur
risentendo anche di derivazioni teocritee. L’imitazione meleagrea è
provata anche dalla tmesi di frae che modifica il senso della parola.
— La Zuretti (I 3193) spiega l’indignus riferito ad amor (così anche in
Buc. X, 10) come espressione dell’indignazione del tradito, non come
I. 3185 — HAMMER S., Vergi-
liana = E., XXIV (1919-20) 1-17.
— Rec.: PhW., 1922, 484 (K.
WITTE).
Vere. Ecl. 7, 18-20 = RIGI., I, 3
(Studi critici di filologia cl. e mod.
Napoli, I. 1926, 155-157).
I. 3196 — HFINnzE R., Vergil
Buc.VII,41-46=H., LVIII (1923)
112.
I. 3186 — PHILLIMORE I. S.,
Ad Verg. Bucol. VI, 43-44 = Mn.,.
1924; 221-224.
I. 3191 — FRANK T,, Cornifi-
I. 3187 — WEYrMANNC., Zu latei-
nischen Schriftstellern = BBGSch,,
1923, 137.
I. 3188 — WEYMANNC., Similia
zu Vergils Hirtengedichten-VI ERI.
= WS., XLIII (1924) 98-100,
XLIV (1925) 114 Sgg.
I. 3189 — CoccHia E., Nota a
cius as Daphnis = CIR., XXXIV
(1919-20) 49-51.
I. 3192 — HuBAUX ]., Virgile
et Méléagre de Gadara = MB.,. XXV
(1921) 149-163.
I. 3193 — ZURETTI CAT., Indi-
gnus amor: Ecl. VIII, 18. = BICI,
1922-23, 161-162.
CESSI. VIRGILIO. I. 3194-3203
magnus secondo l’interpretazione serviana. — In VIII, 30 alter ab
undecimo annus il Pike (I 3194) spiega = dodici.
8. Egloga IX.— Il Varo dell’egloga IX è per il Frank (I 3195)
Alfeno Varo, ricordato da Orazio Sat. I, 3, 130 e Catull. 30.
o. Egloga X. — Il Witte (I 3196) prova come l’egloga dipenda
non tanto da Teocrito I e VII, quanto da Teocr. XI. Infatti il v. 71
si accosta più a XI, 73 cheaI, 47; il v. 43 si richiama a V, 31 ma
anche a XI, 42: il pastore del v. 51 è Polifemo (cfr. anche I 3182
con riguardo ad Oraz. Sat. 1, 5, 63). La poesia per Gallo conforta
della perdita di Lycoris, se mai questa è esistita, data la moda di aver
una donna. — Per l'indignus amor si cfr. I, 3193. — Nei vv. Ie 44
sgg. il Hammer (cfr. I 3185 pp. 9-17) riconosce come fonte una ele-
gia di Gallo derivante a sua volta da IMOMORS (v. 59 cfr. Eurip.
Hipp. 219 5g.).
In un quadro di Bart. Schidone (morto nel 1615) ed in due pit-
ture di Poussin, il Gercke (I 3197) vede dipendenze dall’egloga
virgiliana. | | sO
VI. Georgiche: a) EDIZIONI SPECIALI.
Le Georgiche trovaronodiligenti e sagaci illustratori nel Dalmasso
(I 3198), nel Mancini (I 3199) nel Senigaglia (I 3200), nello Stam-
pini (I 3201), nel Masson (I 3202); un editore maestro nel Sab-
badini (I 3203) sia con l'editto mator (con l'apparato critico) sia
con la minor: ed interpreti e traduttori, fra noi, nell’Ulpiani
pp. XXVIII + 213, Palermo, San-
dron 1922.
I. 3200 — Virgitio, Le Geor-
giche c. n. di G., ARCANGELI e G.
RIGUTINI; XV ed. riv. e corr. da
G. SENIGAGLIA, pp. XVI-134, Bo-
logna, Zanichelli 1924.
I. 3194 — Pike J B., Vergil
Ecl. VIII, 39 = ClJ., XVII (1921-
22), 227.
I. 3195 — FRANK T., Suffenus
and Alfenus=C10Q., XIV (1920) 160.
I. 3196 — WITIE K., Ueb. Ver-
gils X. ERl.(=Satura Viadrina al-
tera. Festschr. zur 50 jahr. Best. d. I. 3201 — ViRrciILIO, Le Georgi-
philol. Vereins zu Breslau p. 65-80)
Breslau, Trewendt u. Granier 1921
I. 3197 — GERCKE A., Auch ich
war in Arkadien geboren = N]JPh.,
XXIV (1921) 319.
I. 3198 — ViRciILIO, Le Geor-
giche comm. da L. DaLMasso (p. I,
1. I-II) pp. XVI + 80, Firenze,
Sansoni 1920.
‘I. 3199 — VIRGILIO, Le Geor-
giche dichiar.da A.MANCINI (rist.),
che col comm. di E. STAMPINI (2%
ed.) p. I, 1. I-II, pp. X-118, To-
rino, Chiantore 1924.
“I. 3202 — Selections from the
Georgics ed. by J. Masson; pp.
124, Cambridge, Univ. Press. 1921.
I. 3203 — P. VERG. MAR., Geor-
gicon lì. IV, rec. praef. app. instr.R.
SABBADINI, pp. XIII + 108, Torino
Paravia, 1921 (ed. maior) — L'’edi-
tio minor è di pp. 70.
— 5054 —
VI. GEORGICHE. I. 3204-3212
—
(I 3204) la cui versione riproduce lo Scialdoni, nello Sbavaglia (I
3204a), e nell’Albini (I 3205) che alla versione premette una in-
troduzione altrettanto acuta quanto artistica facendola seguire da
note critiche ed esegetiche. Da questa versione il Bianchi (I 3205a) ha
estratto Passi scelti per le scuole con introduzione e commenti. — Lo
Schiavello (I 3206) pubblica il testo delle Georgiche con la versione a
fronte e con note. — Delle versioni straniere notiamo quella fran-
cese del Glachant (I 3207) e quella tedesca di R. A. Schréòder (I 3208).
b) LAVORI CRITICI SULLE « GEORGICHE »: @) in generale:
Della filosofia epicurea di Virgilio (cfr, I 3015, 3016, 3034, 3183,
3343, 3344, 3362) si vollero trovare traccie anche nelle Georgiche: e con
una certa misura compie il suo assunto il Kaul (I 3209). — Quanto il
poeta si inspiri direttamente alla natura, seguendo il Geikie (cfr. I
3037) mostra nuovamente il Knapp (13210) a proposito delle giornate
e delle stagioni nelle Georgiche. — L'importanza scientifica dell’opera
virgiliana avea messo in luce nelle sua opera il Royds (I 3211) che
qui registriamo appunto per il suo valore particolare, come anche
l’Ulpiani nelle note erudite che accompagnano la sua versione (cfr.
I, 3204) pubblicata nel 1917. — Complemento dell'opera del
Royds si può considerare quella del Sargeaunt (I 3212), che si occupa
I. 3204 — VirciLIO, Le Geor-
giche trad. da Celso ULPIANI a
cura di L. SCIALDONI, Ascoli Pi-
giques. Trad. nouv. par V. GLA-
CHANT, Paris, Payot 1923.
ceno, 1922.
._ I. 3204a — ViRrcILIO, Le Georgi-
che, trad. in endec. c. intr. e n. da
S. SBAVAGLIA, pp. 149. Lanciano,
Carabba, 1925.
I. 3205 — VirciLIO, Le Geor-
giche, trad. da G. ALBINI, pp. 1067,
Bologna, Zanichelli 1924.
I. 32052 — VIRGILIO, Passi scelti
dell'’Eneide e delle Georgiche, trad.
di G. ALBINI con intr. e note di J..
BIANCHI, pp. 260, Bologna, Zani-
chelli 1924.
I. 3206 — G. ScHIAvELLO, Vir-
gilio, Le Georgiche. Testo, vers. e
note, pp. 9I, Bologna-Rocca S.
Casciano, Cappelli 1923.
I. 3207 — ViRGILE, Le (Géory-
I. 3208 — VERGILS Georgika,
ins Deutsche ubertrag. v. R. AL.
SCHRODER, pp. 98, Miinchen, Bre-
mer Press 1924.
I. 3209 — Kaut G. Osk., Ver-
gilius quatenus in Georgicon libris
Epicuri praecepta secutus sit, Dis
sert. Lips. 1922.
I. 32106 — KNAPP CH., The day
and the season in Vergil = CIW.,
XVII (1923) 57-05.
I. 3211 — Rovbs T. F., The
Beasts Birds and Bees of Vergil:
a Naturalist's handbook to the
Georgics with a Preface by W. W.
FowLER (28 ed.),Oxford, Blackwell
1914.
I. 3212 — SARGFAUNT ]., 7yrees
Shrubs and Plants of Vergil, pp
VIII 149, Oxford, Blackwell 1920
CESSI. VIRGILIO. I. 3213-3220
soltanto delle piante ricordate da Virgilio, tentandone la identifica-
zione. — Della apicoltura virgiliana tratta uno specialista della
materia, il Klek (I 3213) considerando i rapporti di Virgilio con
Varrone, e con lui il D’Hérouville (I 3214) che insiste sull’im-
portanza dell’apicultura per’ gli antichi e che si intrattiene an-
che (I 3215) sui bovini, Del valore pratico delle Georgiche parla il
Burck (I 3216) e di quello artistico di tutto il poema il Kroll
(I 3217),
B) Sui singoli libri: 1. Libro I. — Ul Kroll (I 3218) studia il
proemio delle Georgiche, le determinazioni zodiacali ed astronomi-
che, facendo rilevare quanto abbia influito su alcune inesattezze e
deviazioni dalla norma di misura solita nel poeta, l'intento
adulatorio per Augusto. — Il Jacoby (I 3219) invece considera
il proemio nel suo valore artistico in rapporto a quello di Lu-
crezio, notando il pensiero politico di Virgilio rivolto alla salute
del popolo romano, mentre il richiamo alla divinità, e l'innesto
della dedica non derivano dall’ossequio alle tradizioni scolastiche
ma da più libero sentimento artistico per cui il poeta imita non nelle
particolarità ma nel suo complesso il modello lucreziano. — H Witte
(I 3220) si rivolge in particolare all’elogio delle divinità per cui il
Wissowa (= H., LII [1917] 92) aveva pensato che Virgilio avesse
introdotto nel gruppo delle dodici divinità Ottaviano come tre-
dicesimo, in omaggio al culto divino reso ai Principi, e conclude
contro il Wissowa, che Virgilio non ha avuto riguardo ad uno scopo
adulatorio, osservando che delle dodici divinità ricordate anche da
Varrone Virgilio ne nomina solo cinque. — Quanto alla interpreta-
I. 321413 — KLEK ]. L., Varro I. 3217 — KrotL W., Studien
und Vergil. Die Bienentechnik der
Romer: Romisch Betriebsweirsen =
AfB., I (1920) fasc. 7.
I. 3214 — D'HÉRouviLLE P.,
Virgile apiculteur = MB., XXX
(1920) IGI sgg.
I. 3215 — D'HÉROUVILLE P.,
Un chapitre de Zoolechnmie virgi-
lienne. Les Bovidés = RPh., XLIX
(1925), 143-152.
I. 3216 — BuRcK E., De Vergilii
Georgicon partibus tussivis, pp. 103,
TLapsiae, Berger 14926.
zum Verstindniss der ròm - Ltte-
ratur, Stuttgart, 1924, pp. 164-190.
I. 3218 — KroLtL W.,, Kleimni-
gheiten I. Prooemium der Georgica
= WkKkIPNh., 1918, 304 Sg.
I. 3219 — Jacopv F., Das
Prooemium des Lukretius = H.,
LVI (1921) 65.
I. 3220 — \VitTE K., Das Pro-
oemium von Vergils Georgica =
. PhW., XLVI (1924) 507-5I1.
VI. GEORGICHE. i I. 3221-3230
zione del testo per questo libro ricordiamo che il D’Hérouville (I 3221)
al v. 59 legge equarum per il pregio maggiore che gli antichi davano
alle cavalle che non ai maschi; che la Hahn (I 3222) a proposito dei
Vv. 201-203 constata che Virgilio usa spesso il dimostrativo dopo il
relativo con caso diverso; che il Dalmasso (I 3223) ai vv. 208-2rI
interpreta hkordea = orzo, ed ai vv. 121-223 (I 3224) corda = in-
genia ad illustrazione della sua edizione (I 3198); e che il Birt (I
3225) per la intelligenza della chiusa del libro richiama la seconda
ode del libro primo delle odi orazione. — Il Brakman (I. 3368)
riconosce nel v. 7 in cfr. con Igino fab. 274 una fonte greca.
2. Libro II. — Dei vv. 23-24 incidentalmente si occupa il Souter
(I 3226). — Al v. 256 per lo sceleratum frigus il Pease (I 3227) ri-
chiama S. Girolamo epist. 121, 10 p. 879 (Vall.) — che considera
l'espressione come un dialettismo di Virgilio — a complemento dello
studio The attitude of Jerome towards Pagan Literature = TPAPHA,
L, (1919) 150 riguardo alla conoscenza da parte di S. Girolamo
(cfr. I 3089) degli scrittori pagani e in particolare di Virgilio. —
Relazioni fra Lucrezio III 894-896 e Georg. II, 523 nota il Cosat-
tini (I 3228).
3. Libro III. — Il Drew crede (I 3229) che le allusioni storiche
al vv. 10-39 si spieghino in rapporto anche alla tecnica poetica se
si ammette che Virgilio pensi (specie nei vv. 21-25) al trionfo del 29 a.
C. ed alla dedica del tempio sul Palatino nel 28, a. C. a cui si richia-
mano i vv. 715-721 dell'ottavo dell’'Ene:de, ed il Richards (I 3230)
I. 3221 — D'HfrouvinrLe P., Verstandn.d. Oden d. Horaz = Ph.,
Les cavales d’'Epire, d propos de 6LXXV (1923) 11.
Virgile, Georg.: I. 59 = MB., NX-
XXIV (1920) 150-152. I. 3226 — SoutER A., Notes
on Latin Authors = CIR., XXXIII
I. 3222 — Haun E. Ap., Ono (1919) 153.
the Interpretations of Georgics I, I. 3227 — PEASE A. S., Scele-
201-203 = TPAPhA., LIV (1923) p. ratumfrigus=ClPh.,XV(1921)81.
XIX.
I. 3228 — COSATTINI A., Ri-
scontri, confronti, interpretazioni
I. 3223 — Darmasso L., Vir- CONE f Pp
gilii, Georgica I 208-211 = BFCI., SIFCI., n. s. III (1924) 37-39.
XXVI (1919-20) 87-89. I. 3229 — Drew D. L., Virgil's
Mayble Temple: Georg. III, 10-39
I. 3224 — Datmasso L., Virgi- — CIO. XVIII (1924) 195 sg.
lio. Georgica: I, 121-123 = BFCÌ, Q 4) 195 58
XXVI (1919-20) 114. I. 3230 — RicHarps G. C,,
IIeplaxtot — CIR., XXXV (10921)
I. 3225 — BIRT T., Bettrage 2. 105.
=D
CESSI. VIRGILIO. I. 3231-3237
opina che al v. 24 sì faccia cenno di una apertura della scena per la
disposizione delle rep laxtor dbpat — Il D'Hérouville (I 3231) afferma
che molte parti che si presentano incomplete sono state lasciate così
intenzionalmente dal poeta stesso. — Al v. 82 a/bis e gilvo sono inter-
pretate dal Phillimore (I 3232) come colore crema, = dlbogilvis
in prosa. — Il D’Hérouville (I 3233) afferma che il glauci di vv. 81-82
si riferisce al colore degli occhi non al pelo del cavallo, richiamandosi
ad Aristotile Hist. anim. I, 10. — Infine il Ramain (I 3234) riguardo
‘alle notizie sui serpenti in Italia (vv. 416-439) non trova che vi sia,
come crede il Bellessort, contraddizione fra questo passo e II, 153,
nè che sia una pura imitazione di Nicandro.
4. Libro IV. — Nello stesso articolo 1 Ramain tocca anche della
composizione del IV libro e dell'episodio di Aristeo. L'episodio d’Or-
feo, secondo il Ramain, non si riattacca con quello di Aristeo, e la
lunghezza dell'episodio infirma l’opinione comune che sia una sosti-
tuzione di quello contenente le lodi di Gallo, che non potevano avere
una tale estensione. — Sulla natura e l’origine dell’episodio si soffer-
mano con cura minuziosa il De Marchi ed il Giri. Il De Marchi reputa
(I 3235) l'episodio di Proteo non appartenente alle Georgiche prima
della espunzione delle lodi di Gallo, anche per le contraddizioni il-
lustrate dal Sabbadini (Compos. delle Georg. di Vergilio = RFCI,
190I, p. 16-22), considerandolo una derivazione da Omero Od. IV,
384-470, e (I 3236) conferma tale opinione dell’inserzione trovando sol-
tanto qui l’imitazione omerica. Il Giri (I 3237) fa notare che la notizia
serviana del rifacimento del IV libro delle Georgiche può essere dub-
bia, e conclude il suo pregevole studio asserendo che l’episodio di
Aristeo nella forma nella quale lo leggiamo noi fu letto anche da
I. 3231 — D’HfrouviLLE P., = RPh., XLVIII (1924) 117-124.
Simples remarques sur le ITI chant ui
des Georgiques=MB., XXIX (1925) I. 3235 — DE MARCHI hi
135-142. Rileggendo l’episodio d’Aristeo, ne
quarto libro delle Georgiche, Voghe-
I. 3232 — PHILLIMORE ]J. S., 1® Arti grafiche 1918.
Color deterrimus = RPh., XLIII I. 3236 — De MarcHi E.
(1919) 63 Sg. 65. Proteo nell'episodio finale delle
i Georgiche di Virgilio = MS., 143-
I. 3233 — D’HÉROUVILLE P., 149, Torino, Lattes 1921.
Virgile expliqué par Aristote =
RPh., XLIX, (1925) 234-230. . I. 3237 — GIRI G., Proteo e Ci-.
rene nella favola virgiliana di Ari-
I. 3234 — RAMAIN G., 4 propos steo = RFCI., XLVII (1919, 398-
de Virgile, Georg. III, 416-439 413.
— 558 —
VII. ENEIDE. I. 3238-3244
—_—__
Virgilio a Mecenate nel 29 a. C. quando Ottaviano ritornava da
Azio.
VII. L’Eneide: 4) EDIZIONI SPECIALI. — Ai testi letterari
papiracei contenenti testimonianze virgiliane rivolge la sua atten-
zione il Kòorte (I 3238), in particolare ai POxy. 494 e 1099 il
quale ultimo (V sec.) dà un vocabolario greco per En. IV, 659 - V, 6
con errori di testo ed arbitrario ordinamento di versi. — Dei pa-
piri con versione greca fa cenno il Lowe (I 3239) e sebbene essi
non abbiano grande valore in sè, attestano il posto eminente te-
nuto da Virgilio nella cultura latina dell'Egitto. — Il Calderini
segnala (I 3240) un altro papiro milanese, (IV-V sec.=En. I 638-
640, 649-651) pubblicato poi dal Calderini stesso (I 3241). Un testo
virgiliano con versione greca da un palinsesto arabo illustra ora il
Galbiati in questa nostra Rivista (I 3242). — Aggiungasi un altro
papiro fiorentino (I 3243) cioè il P S I 756 contenente En. II,
443-527 con versione greca. |
Fra le edizioni dell’Eneide, per valore ed importanza, merita che
sia ricordata prima di tutte quella critica del Sabbadini (I 3244),
il quale si attiene per la costituzione del testo con preferenza alla
tradizione manoscritta, apportando minimi emendamenti dove è
evidente l’errore, eccezionalmente e con cautela usando delle muta-
zioni proposte dai grammatici. Il Sabbadini segue sovra tutto i co-
dici F. M. preferendo l’incostanza piuttosto che una norma rigida
per l'ortografia, con palese ritorno alla tradizione dei codici a diffe-
I. 3238 — KGRTE A., Ltte-
rarische Texte mit Auschluss der
I 638-640, 649-65I con versione
greca, p. 1-3, Milano, Aegyptus
chvistlichen=AP.,VI(1920) 233 Sg.
._ I. 3239 — Lowe E A.,, Two
fragments of Virgil with greek tran-
slation = CIR., XXXVI (1922)
154-5e = Miscell. Ehrle, IV, 46
(1924).
I. 3240 — CALDERINI A., / pa-
piri milanesi ed altre antichità egi-
zie in Milano, Milano, Aegyptus
1922.
I. 3241 — CALDERINIL.A. Papiri
milanesi ecc. 18 Collezione Jaco-
velli-Vita: pap. 1 VIRGILIO, Eneide
1927.
I. 3242 — GALBIATI JoH., Ver-
gilius latine et graece in palimpsesto
codice arabico = Aev., I (1927)
49 SE.
_ I. 3243 — VITELLI G., Interpreta-
menta vergiliana = PSI VII, n° 756.
I.3244 — P. VERGILII MARONIS,
Aeneidos libri: rec. praef. est, ap-
pendicem criticam add. R. SABBA-
DINI, Aug. Taur., in aed. ] B. Pae
raviae (s.a.) [1919-22].
— 559 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3245-3255
renza della sua edizione loescheriana (13245). Ma anche a quest’ultima
il Sabbadini — con grande utilità delle nostre scuole — ha rivolto le
sue cure, pubblicandone la 5* edizione con una piena revisione e molti
ritocchi, resi necessari dai più recenti studi e ripresentando le
sue ricerche sul primitivo disegno dell’Eneide (cfr. anche I 3277),
per cui l’ordinamento sarebbe III, V, I, II, IV, VI, VII-XII
col minor spostamento possibile dall'ordine tradizionale. — Edi:
zioni puramente scolastiche sono quelle del Pascal (I 3246) che ap-
porta però anche contributi personali e non pochi; del Bassi (I 3247);
del Masera (I 3248); dell’Arcangeli e Rigutini riveduta dal Ramorino
(I 3249); del Capuzzello (I 3250); del Maura (I 3251), — I primi sei
libri con introduzione, note, vocabolario, ecc. ci dà il Burton (I
3252); e per l’originalità e l’importanza del commento, che rettifica
spesso e spesso si oppone alle conclusioni del Norden, è notevole
l'edizione del Butler (I 3253) per il sesto libro, alla quale muove
diversi appunti e contestazioni il Conway. — Scolastiche sono le
edizioni del Drick (I 3254) e
I. 3245 — P. VERGILII MARONIS.,
Eneide comm. da R. SABBADINI,
5 ed. riv. e ritocc., premesso
il « Primitivo disegno dell’Eneide »,
1. I-III, pp. LVIII-141, Torino,
Chiantore 1922.
I. 3246 — P. Verc. MARONE,,
L’Eneide, }. IV col comm. di C.
PASCAL, pp. 55, Palermo-Milano,
Sandron 1919.
I. 3247 — P. VERGILI: MARONIS,
Aeneis, recensione e note di I.
Bassi, pp. XX + 555 (ristampa),
Torino, Paravia, 1919 (e poi nel
1923).
I. 3248— P. VirciLIo MARONE,
Eneide col comm. di G. MASERA,
1. I-VI, pp. 130+1334+141+124
+143+155, Torino, Soc. ed. int.
1922-23.
I. 3249 — P. VirciLIo M,, L’E-
nerde con note di G. ARCANGELI
e G. RIGUTINI. XIV ediz. a cura
di F. RamoRINO, vol. I, III, IV.
(libri 1-3, 7-12) pp. VIII, rit +
108 + 122, Bologna, Zanichelli
1920-21; Vol.II (libri 4-6) pp.VIII,
124, Bologna, Zanichelli 1922.
Fickelscherer (I 3255) — Nella
I. 3250 P. Vircitio M,,
L’Eneide con comm. di F. Capuz-
ZELLO: vol. I, libri 1-3, pp. VIII+
180, Roma, Albrighi e Segati 1924.
I. 3251 — VirciLIo, L’Eneide
a cura di G. MAURA, 28 ed., pp.
130+432, Torino, Soc. ed. intern.
1925.
I. 3252 — VERGIL, The first
six Books of the Aeneid, edit. with
Introd. Notes, Vocabulary and Pas-
sages. Transl. by H. E. Burton,
pp. XX + 530, Boston, Silver
I9I9.
I. 3253 — The sixt Book of the
Aeneid edit. by. H. E. BUTLER,
pp. VIII + 288, Oxford, Bla-
ckwell 1920. — Rec.: CIR., XXXV
(1921) 163-7 (R. S. Conway).
I. 3254 — DRicKk TH., Prapa-
rationen zu Vergils Aeneis, 2 Heft
(libri 2-3) 4* Aufl. pp. 19, Leipzig,
Teubner 1919.
I. 3255 — VERGIL, Aeneis in
Auswahl herausg. v. M. FickEL-
SCHERER, VI Aufl., pp. XVI, 222,
Leipzig, Teubner 1919.
— 560 —
VII. ENEIDE. L 3256-3267
Collezione francese de « Les Belles Lettres » il Goelzer, si è accinto
.a preparare l'edizione dell’Emerde (I 3256) essendosi associato per la
versione il Bellessort. — Il Fanshawe ha curato il testo e la ver-
sione del quarto libro e l’Irvine (I 3257) vi aggiunge note critiche
ed esegetiche. — Nella collezione nostra sansoniana il Lombardi
(I 3258) continua la pubblicazione dell’Eneide col testo a fronte.
Delle nostre versioni complete ricordiamo quelle del Dobelli (I
3259) e sovra tutto quelle dell’Albini (I 3260) e del Vivona (I 3261)
ambedue pregievoli per meriti diversi. — Tra le particolari citiamo
quella del La Magna (I 3262) e quella del Verona (I 3263) per
il libro sesto. — Fra le forestiere sono da segnalare la nuova edi-
zione della traduzione (l’autore la chiama imitazione) di J. Émile
(I 3264); illavoro di L. M. Watt (I 3263) sulla versione inglese del
Douglas; la nuova revisione della traduzione inglese del Billson
(I 3266); la pubblicazione di quella tedesca di L. Hertel (I 3267)
e che ha una fisonomia tutta speciale per lo sforzo di dare ai nomi
propri il loro significato originario, e la pronunzia antica, e per la
versione in stanze libere secondo l'esempio dello Schiller per il 2° e
4° libro dell’Eneide e dello Schilling per l'Odissea.
I. 3256 — VircILE, Énéide:1. I. 3262 — VirciLio, Z/ libro IV
I-VI. Texte établ, par H. GoELZER,
et trad. p. A. BELLESSORT, pp.
XXXI + 5 - 197 doppie, Paris,
Les Belles Lettres 10925.
I. 3257 — VERGIL, The Loves
of Didon and Aeneas, Text with
parall. transl. by R. FANSHAWE
edit. with critical remarks by A. L.
IRVINE, pp. 131, Oxford, 1921.
I. 3258 — Virgilio, Eneide trad.
‘e comm. col testo a fronte di A.
LomBarDI, l. VII-VIII, pp. 295,
Firenze, Sansoni 1922.
I. 3259 — Eneide di P. VERGILIO
MARONE, trad. di Aus. DOBELLI,
Como, tip. Comense A. Bari 1919.
I. 3260 — L'Eneide trad. di
G. ALBINI, pp. XXVI+ 455, Bolo-
gna, Zanichelli 1921 (cfr. I, 32054).
I. 3261 — Fr. Vivona, L’Eneide
sn versi italiani: 2 vol. pp. 184 +
196, Roma, Ausonia 1926.
dell’En. trad. in versi di G. La MA-
GNA, pp. 40, Vittoria, tip. pop.
1923.
I. 3263 — Ilviaggio all'Inferno.
Trad. del 1. VI dell'’En. di D. VE-
RONA, pp. 159 con 3 tav., Sera-
vezza, Boldrini 1925.
I. 3264 — VIRGILE, L'Enéide
imitée en vers franc. — II ed. par
J. Émite, Lyon-Paris, Vitte 1919.
I. 3265 — Watt L. M, Douglas's
Aeneid, pp XII + 252, Cambridge,
University Press 1920.
I. 3266 — Binrson C. J., The
Aeneid of Virgil transl: New and
revis. edition, pp. VIII + 305,
Oxford, Blackwell 1923.
I. 3267 — VERGIL, Aeneis ubers
v. L. HERTEL, Zum Druck be-
sorgt von Osk. Hertel, pp., 576
Berlin, Propylien - Verlag 1922.
— 561 —
Aevum - Anno I - 36
CESSI. VIRGILIO. I. 3268-3277
— Il Hudig-Frey (I 3268) tratta delle antiche illustrazioni all’Eneide
fatte da H. v. Veldeke. — Per i commenti alle traduzioni italiane
dell’Eneide od estratti per le scuole confr. I. 2212-2214; 2217-2226.
Qui aggiungiamo la notizia dell’edizioni del Calvi (I 3269), del
Carlesi (I 3270), del Mestica (I 3271).
db) ARTE E STORIA NELL'ENEIDE. — Il Falion (I 3272) in-
daga l’arte virgiliana nei primi sei libri dell’Eneide in rapporto al-
l’arte greco-romana, essendo le creazioni virgiliane effetto piuttosto
di concezione artistica. — Il Wartenberg (I 3273) ricorda come la
scena dello scudo sia una derivazione omerica ma abbia altro ca-
rattere ed intento: perchè in Virgilio l’artificio artistico ha uno
scopo storico e politico quale seguiranno poi i nostri grandi artisti
del cinquecento. La composizione dello Scudo virgiliano è il com-
plemento del disegno della discesa all’Orco. — Per la questione
dell’imitazione conviene leggere un accurato studio del Bolaffi
(I 3274) — Il Nohl (I 3275) fa notare l’inverosimiglianza del-
l’accenno del mallevadore Nisus in rapporto alla composizione
generale del poema specie con i libri II, e III. — La Hahn (I 3276)
non trova contraddizione fra II 8-81 ed il libro III, dimostrando
che la profezia di Creusa è invece indispensabile al racconto gene-
rale dacchè l’accenno della terra Esperia in II, 7-81 è spiegato solo
da III, 165-171. |
Il Crump (I 3277) tratta della formazione dell’Eneide e col Sab-
badini (I 3245) crede che il terzo libro sia stato dei primi ed in terza
I. 3268 — Hupic - Frey M,, I. 3273 — WARTENBERG G., Der
Die diteste Illustr. d. Aeneis v. Schild des Aeneas. Ein. Verm. zur
HEINRICH v. VELDEKE, pp. 120, Enisteh. dev Aeneis = Sat. Berol,,
e 6 tav., Strassburg, 1921. 1924, 88-91.
I. 3274 — BoLArri E., I fre
scudi class. e le imit., pp. 27, Fa-
no, Soc, tip. coop. 1919.
I. 3275 — PHILLIMORE F. S.,,
«Ille ego» Virgil and projessor
Richmond, pp. 24, Oxford, Univ.
Press 1920 - Rec.: WeEiPh,,
1920, 229 (NoHL); BPhW., 1920,.
I. 3271 — VikciLIo, L’Eneide, 1012 (K.P.SCHULZE).
trad. cli A, CARO, riv. sul cod. laur. I. 3276 — HAHN E. Ap., On an
I. 3269 — VirciLIO, L'Eneide,
trad. da A. CARO, riv, sui migliori
testi ecc. da E. CALVI, pp. 69+-64
+70, Torino, soc. ed. int. 1924.
I. 3270 — Da l’Eneide trad. di
A. CARO, pref. c. n. di IF. CARLESI,
Firenze, da Voce 1925.
ecc.da E. MESTICA, 14 tir. pp.VIII-
215, 2 tav., Firenze, Barbera 1924.
I. 3272 — FALION G. M., The
Arts in the Aeneis(1.1-6) = CIW,,
XVIII (1925) 182-186.
«Alleged inconsistency in the Aeneid
= CIW., XIII (1920) 209.
I. 3277 — Crump M. M., The
‘ Growth the Aeneid, pp. 194, Ox-
ford, Blackwell 1920.
— 662 —
VII. ENEIDE. I. 3278-3280
persona. — M. B. Ogle (I 3278) afferma che nei primi sei libri le al-
allusioni allo scopo del viaggio sono determinate da situazioni
drammatiche per cui non se ne possono trarre argomenti per sta-
bilire l'ordine cronologico dei libri. Enea ad es. conosce durante lo
svolgimento dell’azione i nomi riguardanti la terra promessa: è una
anticipazione del poeta stesso e conseguenza della profezia su cui
si basa l'intreccio del poema. Il Kumaniecki (I 3279) continuando
nel suo sistema (cfr. I 3126) di stabilire la cronologia delle varie parti
del poema secondo la ripetizioni di parole o di concetti che si nota-
no fra le Georgiche e l’Eneide e secondo il modo col quale tali ripe-
tizioni avvengono o per ampliamento e conglomerazione o per con-
trazione o per confronti tratti dalle descrizioni, seguendo ancora
le leggi che il Wendling (I 2362) crede di aver trovato per le
inserzioni di brani in Omero e imitate da Virgilio, fissa un nuovo
ordine, in contrasto con quello del Sabbadini (cfr. I 3245), cioè XI,
III, IV, I-II, VII, X, VI, IX, VIII, V, XII, con tale cronologia:
XI = a. 29-27; II, IV, I, II, III = a. 27-25; X, VI = a 25-23; IX,
VIII = a 22; V, XII = a. 21-19. — Riguardo all’influsso elleni-
stico in Virgilio C. S. Duckett (I 3280) si industria di mettere
in luce più precisi particolari sia per i criteri di composizione,
sia per i mezzi tecnici. Le figure di Medea e Simeta hanno ri-
scontro con quella di Didone; Arianna e Scilla hanno riflessi in
Amata; l’Artemide callimachea influisce sulla Giunone virgilia-
na, il re Latino si esempla sui re apolloniani che sono la rappresen-
tazione di quelli ellenistici ecc.: l'interesse per miti e racconti
eroici accanto a quelli romantici: il sincretismo religioso, l’impiego
della magia, la fortuna che penetra nel reggimento delle cose umane,
il razionalismo filosofico. Aggiungansi gli artifici tecnici, artistici, la
predilezione per l’epillio e l’idillio, le descrizioni, l'interesse per scene
drammatiche accanto alle sentimentali, la brevità, la progressione
dal concreto all’astratto, le figure di pensiero e di parole, la simmetria,
ecc. ecc. — E particolarmente per le parole assonanti e sinfoniche con
le quali il poeta traveste od interpreta le parole derivanti da Ome-
ro e dai tragici per le rappresentazioni ad es. del mare, dell'amore,
I. 3278 — OcLE M. B., On some AFPAU., n.0 4, Cracovia 1926,
theories conc. the composition of pp. 1-89. — Rec.: Aev. I (1927)
Aen. = AJPh., XLV (1924) 260-387 sgg. [F. RaMoRINO!.
275.
I. 3280 — DUCKETT E. S., Hel-
I. 3279 — KUMANIECKI C. F.- lenistic influence on the Aeneid =
Quo temporis ordine Vergilius sin-. SCCS., I (Northampton Mass.
gulos Aeneidos libros elaboraverit, 1920) pp. XL 68.
— 563 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3281-3288
delle nozze, della vita, della morte, ecc., per cui si risente l’influsso
ellenistico, pur superato dalla tecnica accurata e squisita e
dal sentimento personale del poeta, abbiamo una diligente
trattazione e un minuzioso catalogo per cura di E. Steiner
(I 3281). — Dal sentimento personale di pietà e di umanità
(I 3033, 3123) che investe tutto lo spirito del poeta deriva certo
l’uso del patronimico Anchisiade, nel quale la Hahn (I 3282)
sente sempre un valore affettivo. — Dalla tendenza al dram-
matico deriva la rappresentazione della figura del re Latino e delle
sua avventure che la Saunders (I 3283) crede si possano compor-
re quasi in una grande tragedia i cui cinque atti trovano diretta
materia nel poema virgiliano. — Fra gli artifici tecnici è da ricordare
quello del sogno che è stato oggetto di studi particolari da parte di M.
H. N. (I 3284) il quale in Virgilio trova uno schema unico (1° l’espo-
sizione delle circostanze, 2° apparizione, 3° parole dell’apparizione
in cui la parte decisiva spetta al dio od allo spettro, 4° sparizione,
risveglio del dormiente) eccetto che per il sogno del re Latino, e di
G. Patroni (I 3285) che riconosce in Virgilio il diretto influsso omeri-
co e afferma che le immagini del sogno non sono entità ma schemi per
cui gli dei o i morti possono comunicare coi vivi. — Della pietà tra-
gica in Virgilio si occupa il De Witt (I 3286), riconoscendo quale ele-
mento essenziale del dramma il terrore, pietà che si sente nella figura-
zione di Turno, Niso, Camilla (cfr.I 3042) ecc. e di tutta la guerra tro-
iana (I 3287) la quale il De Witt rappresenta come un gran dramma
di cui solo l’ultima fase, rapida e con pochi personaggi, è data dal
poeta. — Il concetto del fato e dell'anima ricerca il Kiesow (I 3288).
SI spiega quindi, dato il carattere complesso del poema virgiliano,
l’interesse che esso ha destato e nell'antichità e nei tempi presenti. In-
teresse determinato da quel colorito politico che anima tutto il pocma
I. 3281 — SIEINER E., Das Be-
deutunglehnwort in Vergils Aeneis,
ria del sogno în Omero e in Vir-
gilio = RIL.,s.II, vol. LIII, (1920)
pp. 69, Dissert. Kònigsberg 1921.
I. 3282 — HAHN E. AD., Note
on Vergils use of Anchisiade =
CIW., XIV (1920) 3-4.
I. 3283 — SAUxNDERS C., The
tragedv of Latinus = CIW., XV
(1922) 17-24.
I. 3284 — M. H. N, Le songe
dans Dl Enéide = MB. XXXV,
(1921) 197-208.
I. 3285 — PATKONI G., La teo-
252-282.
I. 3286 — DE Witt N. VW,
Tragic Pity and Fear în the Aeneid
= TPAPHRA., LV (1924) XXVI.
I. 3287 — DE WiITT N. W., The
second Aeneid as a dram = Cl],
XX (1924) 479-485.
I. 3288 — KiEsow F., Del fato
e dei concetti dell'anima nell’ Eneide
di Virgilio = MS., pp. 209-224
(Torino, Lattes 1921)
-- 564 —
VII. ENFIDE. : I. 3289-3294
i] quale assume così un valore nazionale, senza perdere, come attesta
acutamente R. B. Steele (I 3289) il suo valore universale. Questo colo-
rito politico e nazionale deriva dalla felice fusione dello studio della
realtà storica con la fizione d’arte la qualenonè mai vinta dalla prima,
anzi parrebbe sottometterla. Si comprende quindi l’interesse degli
studiosi per riconoscere nell'opera d’arte quella vita storica che essa
illustra così vivamente. La tradizione letteraria si trasforma per adat-
tarsi a realtà storica. — L’Enea di Omero, nota E. T. Stage (I 3290),
di figura impersonale e inconsistente, come fondatore di città e stru-
mento della volontà divina, assume forma individuata in Virgilio,
una personalità umana definita, per cui la grandezza dell’impresa
e il valore e la grandiosità dell’epopea diventano sempre maggiori e
di carattere assolutamente diverso da quello dell’epopea omerica. —
Il Knapp (I 3291) mette in rilievo la delicatezza e l’abilità del poeta
nel farci sentire nel poema la storia senza rappresentarla direttamente,
nel farci pensare ad Augusto, ad Annibale, a Cleopatra attraverso
le figure di Enea, di Turno, di Didone, per cui Virgilio si stacca
nettamente da Nevio e da Ennio, diventando, specie nel libro sesto,
egli stesso, insieme col suo Enea, l'esponente della vita romana. —
Virgilio, quando la concezione poetica e la necessità artistica lo in-
ducono a modificare le figure storiche, non dubita di farlo, come
afferma E. S. Stout (I 3292): così ad es. per Latino, Turno, Me-
senzio, ecc. — Ma nei particolari della vita reale il pocta non travia
lo storico. Ad es. le armi di cui si servono gli eroi virgiliani sono quelle
degli antichi italici, come fa notare Cath. Saunders (I 3293), e di cui
trovansi motivi nelle tombe latine ed etrusche, sovra tutto per l’uso
del ferro in contrasto con l'imitazione letteraria omerica. — Quanto
il poeta si sia attenuto alla storicità, fino a quando non glielo vietava
l’arte, dimostrano anche le ricerche del Moselev (I 3294) sul pius
attribuito ad Enea ( 15 volte) e non già come attributo all’omerica,
ma rispondente al concetto ed alla tradizione comune del popolo
romano tutto. —Il Frank che nei suoi Roman Essays ecc. avea cercato
I. 3289 — StEELE B. B., /nte-
rest in the Aeneid ancient and
modern = TPAPhA,, (1922) XIX.
I. 3292 — Stout S. E., How
Vergil established for Aeneas a legal
claim to a home and a throne in
Italy = ClJ., XX (1924) 152-160.
I. 3293 — SAUNDERS CATA.,
The Arms of primitive Italy an
seenin Vergil’s Aeneid=TPAPNA,,
I. 3290 — Stack E. T., The
non virgilian Aeneas = ClJ., XV
(1919-20) 350-357.
I. 3291 — KNAPP CH., Legend
and history in the Aeneid = Cl],
XIX (1923-24) 198-214.
LVI (1925) pp. NXXV-XXXVI.
I. 3294 — MosELEy N., Pius
Aeneas = Cl]., XX (1924) 387-400.
— 5635 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3295-3302
di stabilire la ubicazione di Roma rispetto al racconto virgiliano, ora
(I 3295) sostiene che, in seguito ai più recenti scavi, conviene ricono-
scere nella Troia virgiliana la città romana determinata dai muri
messi nuovamente alla luce. — Il Fischer traduce per il popolo ameri-
cano le ricerche del Boissier (I 3296) sulle località ricordate da Virgilio
e da Orazio; e le osservazioni dell’archeologo francese inspirate dalla
visione dei luoghi non mancano ancor oggi, per quanto siano tra-
scorsi più decenni, di freschezza, attualità ed interesse. — L’Amatucci
(I 3297) ci fa rivivere la Sicilia antica nel poema virgiliano. — Il Coc-
chia (I 3298, 3299) studia come la storia e l’arte si fondano in bel-
l'armonia nel poema virgiliano che non cessa di essere poema d’arte
essendo quasi il manuale più vivo delle antichità italiche, e come per
questo felice connubio il poema sia «la glorificazione poetica della
storia nazionale » Nella glorificazione della casa Giulia è la glorifi-
cazione dell’Italia tutta, e per questo Virgilio torna ad essere, giu-
stamente interpretato, il poeta nostro nazionale, il genio nazionale
anche per l’Italia nuova, come aveva sentito Dante Alighieri, erede
del concetto politico di Virgilio, quale ricorda di recente il Ragazzi-
ni (I 3300) il cui lavoro ricordiamo come esempio e sintomo dello spi-
rito nazionale odierno rispetto al vecchio poeta nostro. — La gran-
de missione di Enea è quindi un’espressione della valontà divina
e perciò il pocta ci presenta l’erce in luce altamente simpatica —
e lo dichiara G. Howe (I 3301) — poichè egli apparisce strumento
della volontà divina, ma, tacendo sempre il poeta i mezzi per rea-
lizzare la missione stessa, Enea apparisce attore diretto e cosciente
per propria virtù personale. |
c) LAVORT SUI SINGOLI LIBRI. 1° Libro I. — I primi versi
hanno dato ‘motivo a gravi dissensi per la questione della loro genui-
nità. — Il Phillimore (I 3302) la sostiene contro il Richmond, po-
I. 3295 — FRANK T. Aeneas
city at the mouth of the Tiber =
AJPh., XLV (1924) 64-67.
nica, Napoli, Rondinella e Loffre-
do (1925) vol. III, 299 sg.
I. 3299 — CoccHÙia E., L’Eneide
I. 3296 — BoIssIER G., The
country of Horace and Virgil. —
Transl. by D.H. FISHER, pp. 346,
New-York, Stechert 1923.
I. 3297 — AMATUCCI A. G.,
L’Eneide di Virgilio ela Sicilia =
ASS., XLV (1923) pp. 31.
I. 3298 — Coccnhia EF.,, L'arte
e la storia nell’ Eneide di Virgilio =
AAAN., IX (1924) 197-373 (= La
letter. latina anter.all'influenza elle-
come glorificazione poetica della sto-
ria nazionale = RIGI., VIII (1924)
1-34. |
I. 3300 — RAGAZZINI V., L’E-
neide poema nazionale italico, pp.
22 (= Ann. del R. Liceo Cicogni-
ni, Prato, 1926).
I. 3301 — Howe G., The revela-
tion of Aeneasmission= SPhUNC,,
1922, 3I-4I.
I. 3302 = I. 3275.
— 566 —
VII. ENEIDE. I. 3303-3312
tendo essere genuini come gli ultimi delle Georgiche e consente
con lui lo Schulze. Non conviene dimenticare come questo prin-
cipio dell'Eneide abbia avuto largo influsso letterario; il che hanno
ricordato e l’Ilewycz (cfr. I 3092) ed il Weymann (cfr. I 3187).
— I] Lindsay (I 3303} dichiara però che non bisogna trarre con-
‘clusioni troppo arrischiate e decisive per il testo dell’Eneide dalla
rappresentazione antica di Virgilio con un libro aperto per cui si
legge: Musa mihi causas memora, ecc., ma il De Witt (I 3304) avea
fatto notare che l’epigramma ricordato dall’Ilewycz, la chiusa delle
Georgiche, Ja chiusa dell’epitafio, sono garanzia dell’autenticità delle
tre opere principali del poeta cioè Bucoliche, Georgiche, Eneide, e
se quei primi versi furono omessi da Varo e Tucca, dovevano
formare il proemio all’edizione dell’Eneide in quattro libri quale
fu recitata ad Augusto.
Il Kumaniecki (I 3305) al v. 223 nella parola fimis wi la fine
di quei mali che sono ricordati al v. 199, secondo un’ antica inter-
pretazione; il Bondurant (I 3306) fa notare che il v. 426, da molti
rifiutato, è mantenuto da Servio e Donato e dalla tradizione mano-
scritta; il Williamson (I 3307) studia le interpretazioni date al sunt
lacrimae rerum di 1,400, notando i controsensi dei commentatori
e la necessità di tener conto anche di lic etram del 451; sul verso 452
si sofferma il Keith (I 3308). — Il Sihler (I 3309) ed il Bell (I 3310)
si occupano del v. 576 leggendo l'uno 7yriusve, l’altro difen-
dendo la lezione tradizionale Tvriusque. — Al v. 599 il Kirk (I 3311)
sostiene che si debba leggere exkaustis non exhaustos in concordanza
con casibus. — Il Potter (I 3312) crede che si possa togliere il contra-
sto fra I. 755 e V. 626, ammettendo che dopo la morte di Anchise,
I. 3303 — Lixpsavy W. M,
The beginning ofthe Aeneid= CIQ.,
XXXVI (1922) 166.
I. 3304 — DE Wirr N. W,,
Virgil's Copyrigth = CIPh., XVI
(1921) 338-340.
I. 3305 — KUMANIECKI C. F.,
Ad Verg.Aen. I, 223 = F., XNIN
(1926) 68.
I. 3306 — BoxDuURANT A. L.,
A disputed line in the Aeneid 1,
426 = ClIJ., XX (1924) 534-539.
I. 3307 — WittiaMmsoN H.,,
I. 3308 — KEITH A. L., A Vergi-
lian Line = ClJ., XVII (1021-22)
398-403.
I. 3309 — SIHLER E. G., 7ros
Tyriusque (Verg. Aen. 1, 570) =
AJPh., XL (1919) 835.
I. 3310 — BELL N. J., Tros 7y-
riusque = A]Ph., NL (19109) 198-
200.
I. 331} — Kirk MW. H., Aen. 1,
599 = AJ Ph., XLV (1924) 179-180.
I. 3312 — PoTtTER FR. H., Sep-
Verg. Aen.1,460= CIR., XXXIII,
{I9I19) 30.
tima aestas=TPAPhA., XVI(1925)
pp. XNXVI-VII.
— 567 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3313-3321
nella sesta estate, Enea sia andato a Cartagine, rimanendovi solo.
tre mesi, in modo da ritornare a tempo di celebrare l’anniversario.
— Seguendo il Bern. 184 il Leopold (I 3313) difende in I, 740 la le-
zione Joppas, derivando tal nome da quello della città ’Iornz.
29 Libro II. — Per il valore drammatico del libro cfr. De Witt
(I 3287). — Unostudio psicologico sulla figura di Sinone, quale crea-
zione virgiliana, dà il Keith (I 3314). — Sulla lezione di II 124 e 309
si sofferma il Nutting (I 3315). — Il quater ripetuto al v. 242
sg. è peril Lease (I 3316) numero di mal augurio, ed appunto il valore
di omen vi ritrova il Cartney (I 3317), che si occupa anche del v. 203.
dove afferma si debba rispettare l'ordine delle parole, e di I, 707, IV,
298 che confronta con Ovid. Met. vit, 47, Lucrezio II, 558, ecc. — Il
Murley (I 3318) interpreta il proximus ardet di 311 con Orazio £ pist.
I, 15, 84 e Gioven. 3, 198 sg. — Il Funaioli (I 3180) contro il Sab.
badini mantiene in II, 350 la lezione audeniem certa sequi. — Il Miiller-
Graupa (I 3319) consente col Kurfess (= BPhW., 1918, 1246) che il
viders al v, 461 sia un infinito storico e solitae sia un aggettivo, rinun-
ciando ad una sua vecchia interpretazione ma per ragioni diverse da
quelle addotte dal Kurfess. — Il van Buren (I 3320) afferma che
l'episodio di Elena (vv. 567-588), mancante in alcuni manoscritti,
risale al poeta, trovandone ragione nelle osservazioni del Compa-
retti (cfr. I 3077) sul rilievo di un elmetto pompeiano che ne ha tratto
inspirazione. — Il Shipley (I 3321) conferma tale opinione con
ragioni grammaticali e metriche (la et che segue parole terminanti
in vocali e la # in posizione pentemimera) attribuendo all’opera di
Vario e Tucca, per accordo col poeta, l'eliminazione del brano nella
Margitnalia from Vergil = CIW.,.
XIII (1920) 217 sg.
I.3318 — MURLEv CL.,, Pro-
ximusardet=C1]., XVII, (1921-22)
530.
I. 3319 — MULLER-GRAUPA
Epw., Zu Aen. II 461 = BPhW,,
XXXIX (1919) 618-622.
I. 3320 — BUREN (van) A. W,,
Verg. Aen. II, 567-588 = CIR,
XXXIV (920) 102-103.
I. 3313 — Leopotp ]J. H., Ad
Verg. Aen. 1, 740 = PhW., XLII
(1922) 887.
I. 3314 — KritH A. L., The
Ssnon episode in Vergil = CIW.,
(1922) 140-145.
I. 3315 — NuttING H. C., Two
Vergilian notes = ClJ., XVIII,
(1922) 165 SE.
I. 3316 — Lease E. B., A fur-
lher Note to Vergil Aen II, 242
= CIJ., XIX (1923) 447-448.
I. 3317 — CARTNEy E. S. Mc,
I. 3321 — SuipLevy F. W., The
Vergilian Authorship of the Helen.
episode — TPAPNA., LVI (1925)
173-184.
— 568 —
VIT. ENFIDE. I. 3322-3330»
er ——
redazione definitiva. — Il Dunbabin (I 3322) si sofferma su II
616, e IV, 13.
3° Libro ITI. — ll libro terzo presenta parecchie dissonanze e
contrasti con gli altri libri: la Saunders (I 3323) si sforza di provare
che esse sono solo apparenti. — Il Rolfe (I 3324) studia i v. 207 (vela
cadunt) e 367 (lavare rudentes) nel loro valore tecnico. — La Delcourt
(I 3325) illustra la leggenda della morte di Neottolemo derivata
dal ciclo epico con i riferimenti virgiliani (En. III, 332). — Il Golling
(I 3326) considera Chaontam omnem del v. 334 come accus. oggettivo,
al v. 760 concessa = tmperantur (cfr. Cic. Verr. 5, 68) in En. IX, 170
nota l’ellissi del dativo, e con III, 670 confronta X, 269. — Per la
primitiva forma di questo libro in terza persona cfr. Sabbadini
(I 3245) e Crump (I 3277).
4° Libro IV. — L'episodio di Didone continua e continuerà a
commuovere lettori e commentatori: l’arte e la storia si fondono così
intimamente che è scosso l’animo dell’artista come lo spirito dello
storico ricercatore: di qui il grande numero di lavori su questo cpi-
sodio. In questi ultimi anni ricordiamo quello del Runes (I 3327) il
quale mostra come il pocta, se pure fu preceduto da Nevio nell’in-
trodurre la leggenda di Didone, la ampliò liberamente. M. B. Ogle (I
3328) dimostra come Virgilio non nasconda che sia colpevole l’amore
di Didone e di Enea ma con la sua arte li presenti in modo da inspirare
compassione ed indurre al perdono il lettore. — M. M. Odgers (I 3329),
studia i vari aspetti della leggenda proveniente storicamente da
Timeo e artisticamente da Apollonio Rodio. — Un riflesso il Patroni
(I 3330) ne trova nella pittura pompeiana: Helbig n. 974. — Sugli A-
I. 3327 — RunEs M,, De Aenea
et Didone quae tradiderit Naevius=
WS., XLIV (1925) 183.
I. 3322 — DunbBaBin R. L,,
Notes on Latin authors = CIR.,
XXXIX (1925) III sg.
I. 3323 — SAUNDERS C., The Re-
lation of Aen. III to the Rest of the
Poem = CIQ., XIX (1925) 85-98.
I. 3324 — RoLFE ]J. C., Margi-
nalta=SPh., XVII(1920) 402-432.
I. 3328 — OcLE M. B., Vergil's
Conception of Dido's charachter =
CIJ., XX (1924) 201-270.
I. 3329 — Opncirs M. M,
I. 3325 — DeELCOURT M.,, La
légende de la mort de Néoptoléme.
A propos de Virg. Eneide III, 332
= RB., 1923, 085-089.
I. 3326 — GoLLinG J., Zu Ver-
gils Aeneis =\S., XXXVII (1918)
186.
Some appearances of the Dido's sto-
yy = CIW. XVIII (1925) 145-147.
I. 3330 — PaTtRONI G., Gli 1n-
sommnia di Didone e la pittura pom-
peiana Helbig 974 = RIL., s. II.
LIII (1920) 282 e segg.
«CESSI. VIRGILIO. I. 3331-3340
gatirsi dà notizie anche C. Patsch (I 3331). — Il Radin (I 3332) consi-
dera il valore giuridico, rispetto alle istituzioni romane, del v. 330: non
haec in foedera veni. — Il v. Buren (cfr. I 3320) non crede che sul
terzo dei cinque rilievi del casco pompeiano già ricordato (cfr. I 3077)
‘si debba vedere una derivazione da IV, 507. — Il De Witt (I 3333)
interpreta il more ferae del v. 551 in rapporto alla concezione ro-
mana del culto della virginità e la fierezza che sdegna le convenzioni
speciali quale conviene a Didone il cui nome significa virago; invece
M. B. Ogle (I 3334) interpreta tutto il passo come esclamazione di
«dolore per infrazione al voto fatto a Sicheo. Per il v. 13 cfr. I 3322.
5° Libro V. — Il Wagenvoort (I 3335) legge al v. 52 et arce M1-
nervae invece della vulgata et urbe Mycenae, confrontando anche III,
530 sg. — Il Deona (I 3336), il De Witt (I 3337) ed il Piganiol
(I 3338) polemizzano quanto al valore da attribuirsi all’atto di Ace-
ste (vv. 522 sg.) che getta la freccia al cielo, sostenendo il primo che
si tratta di una funzione religiosa con cui si cerca di colpire l'albero
cosmico; il secondo, ricercandovi il prototipo del festival di Fors
Fortuna con la quale si univa la sorte della famiglia Giulia, descri-
vendo Virgilio non dei giochi funebri ad imitazione di Omero, ma
un rito simbolico; il terzo, considerandolo una profezia dell’apo-
teosi di Enea, mentre la freccia, che figura il suo destino, simboleg-
gia la cometa di G. Cesare. — Lo Scott (I 3339) dai vv. 383-5 trae
motivo di confermare una sua interpretazione (cfr. Cl J. xv, [1920]
p. 500) all’IZ. XXIII, 680 con riferimento ad Od. XV, 370. — Il
Tate (I 3340) al v. 830 trova un esempio dell’uso di un solo nunc
per nunc... nunc (cfr. Pers. III, 115 e Tac., Ann. IV, ST, ecc).
6°. Libro VI. — Questo libro è sempre stato il più tormentato
I.3331 — PATSCH C., Die Volker-
schaft der Agathvrsen = AAWW.,
Wien 1925, 69-77.
I. 3332 — RADIN M,,
ius iurisconsultus = Cl].,
(1920) 304-306.
I. 3333 — DE Witt N.
Aeneid IV, 551 = AJPh,
(1924) 176-178.
I. 3334 — OcLe M. B., On a
passage in Vergil Aen. IV, 550-
555=TPAPhA.,LVI (1925) 26-36.
I. 3335 — WAGENVOORT H., Ad
Verg. Aen. V. 52 = Mn. LIII
(1925) 131-132.
Vergi-
XV
W.,
XLV
I. 3336 — DEONNA W., Enéide
V, 522 sg.=RPh., XLV (1921) 97.
I. 3337 — DE WITT N. W., 7he
arrow of Acestes = AJPh., XLI
(1920) 369-370.
I. 3338 — PIGANIOL A., Note
sur deux passages de l’Énéide
(V, 522-534; XI 316-321)= RPh.,,
XLIV (1920) 279-283.
I. 3339 — Scott J. A., Vergil's
interpretation of Iliad, XXIII, 680
= ClJ., XVI (1921) 177.
I. 3340 — TATE ]J., Verg. Aen.
V.830= CIR.., XXXIX (1925)71.
VII. ENEIDE. I. 3341-3349
dai commentatori per la sua importanza religiosa, storica, artistica.
Quanto mai varie quindi sono le interpretazione cui dà luogo. —
Il Kerényi (I 3341), studiando le fonti del libro, vi considera gli
elementi posidoniani ed anche analogie col corfus hermeticum cioè
influssi egiziani e specialmente (I 3342) con una vecchia apo-
calisse orfica. — Il Frank (I 3343) sostiene che le traccie di dot-
trina stoica che si riconoscono nel l1. VI non escludono che il poeta
abbia continuato ad essere epicureo anche negli ultimi anni della sua
vita (cfr. I 3016 e 3183) e che l’allegoria dei sogni alla fine del libro
mostra che il poeta presenta la discesa all'inferno come una sorte di
mito: e sul determinismo virgiliano il Frank (I 3344, cfr. 3362 e in con-
trario I 3034, 3184) insiste polemizzando col Pease (=C10. XV, 2-5).
— Lavoro sotto ogni riguardo importante è quello del Pascal (I 3345)
sull’inferno virgiliano, ma ancor più notevole, fra quelli pubblicati in
questi ultimi tempi sul libro sesto, è quello del Funaioli (I 3346) in cui
con forte dottrina e fine gusto d’arte sono trattate sia le questioni fi-
losofico-critiche sia quelle storiche ed artistiche, con libertà ed indi-
pendenza di giudizio rispetto alle opinioni espresse dagli altri critici,
e conclusioni chiare e naturali derivantî dalla più diretta e ovvia
interpretazione del testo. — Il Riess (I 3347) a proposito dei vv.
42-44 ricorda gli scavi di Cuma (cfr. I 3028) e per la natura sot-
terranea del santuario ricorda una nota di W. A. Griffiths in
The national geographic Magazine (maggio 1920), per analoghe sco-
perte fatte a Malta. — Al v. 327 il Koch (I 3348) nota che il verbo
transportare (cfr. Cesare, B.C. III, 25, 2) ha il valore di passare
e ripas è accusativo di scopo, dacchè il poeta distingue da due parti
la fermata sullo stagno ed il necessario trapasso, quindi trasporto
(vv. 316, 319, 329, 374). — Al v. 3091 sg. il Nutting (I 3349) fa rilevare
I. 3341 — KERÉNYI K., Ascen-
sto Aeneae= EPhK., XVII (1923)
22-79; XLVIIJII (1924) 21 sg.
I. 3342 KERÉNYI K., Zu
Verg. Aen. VI, Pindar Platon und
Dante = PhW., 1923 279-288.
I. 3343 — FRANK T,, Epicurean
determinism inthe Aeneid= A |Ph.,
XLI (1920) 115-126.
I. 3344 — FRANK T., Corre-
spondence on Vergilian determi-
nism = Cl.W., XV (1921) 24
I. 3345 — Pascal C., Le cre-
denze d'oltretomba, 2% ediz. (L’in-
ferno virgiliano, v. II, 48-61), To-
rino, Paravia 1924.
I. 3346 — FUNAIOLI G., L'ol-
tretomba mnell’Eneide di Virgilio,
pp. 184, Palermo, Sandron 1924.
I. 3347 — RIiESS E., On Aeneid
VI 42-44 = CIW., XIV (1920-21),
14.
I, 3348 — KocH K., Zu Vergil
Aeneis VI 327 = BPhW,, 1920,
335 SS.
. I. 3349 — NutTING H. C., Ver-
gil Aen. VI, 391 sg. = CIW., XV
(1921-22) 49.
— 571 —
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I. 3350-3359
CESST. VIRGILIO.
lelagnanze di Caronte contro " morti che vanno a portare scompiglio
nel regno infernale. — NumeruS al v. 545 significa per R.A.B. (I 3350)
= la comune degli uomini, la moltitudine (cfr. Oraz. Epist. I, 2,
27). — Dal v. 697 in cfr. con V, 813 e VI 174 non si può affermare
uno sbarco a Porto Miseno, secondo il Fowler (I 3351) neppure con
le testimonianze di Dionigi D'Alicarnasso, e di Ovidio. — La Hahn (I
3352) studia i vv. 743 ei qui patiuntur, ecc. = omnes, 744 ei qui laeta
ecc. = pamci; ci qui incorpora ecc. = hae omnes, v. 748. — Il Butler
(I 3353) deduce dai v. 859 sg. che Virgilio nel concetto del pater
Quirinus, avea errato interpretando le leggi di Numa, od aveva se-
guito un’interpretazione anteriore, poichè pater Quirinus apparisce
un'antica autorità sacra formante una triade con Giove e Marte.
7° Libro VII. — I libri VII e XII sono illustrati da G.
Parenti (I 3354). — Il Damsté (I 3335) legge al v. 624 pars arcibus
altis contro la tradizionale lezione fars arduus altis. — Il Thomson
(I 3356) opina che tessera (v. 637) s'applichi agli ordini trasmessi,
onde tesserarius = praepositus cursorum. — Il Cook (I 3357) dimo-
stra che nella rassegna dei guerrieri latini Virgilio ha seguito un pia-
no, contrapponendo in testa il pio Enea all’empio Mesenzio, ed alla
fine ponendo Camilla e Turno. Nell’interno si segue un ordine al-
fabetico, eccetto l’intrusione di Messapo fra Caeculus e Clausus;
ma il brano ove si parla di Messapo mostra caratteri particolari
che attestano l’imperfezione del brano stesso, che forse non fu
finito dal pocta o non riveduto definitivamente. — Altre osservazioni
a tal proposito apportano D. A. S. (I 3358) e v. Buren (I 3359) questi
sull'uso di acies ed arces, quegli confermando che il poeta
in «arces Soractis » fa allusione ad un tempio costruito sulla monta
I. 3355 — DAMstÉ P.H., Emen-
datur Verg. Aen. VII, 624 = Mn,
LI (1923) 202-204.
I. 3350 — R. B. A,, Virgil
Aeneid VI, 545 = CIR. XXXV,
(1921) 156.
I. 3381 — FOWLERS., Et tamen
Etuboicis Cumarun adlabitur oris
= CIW., XVI (1922) 145-153.
I. 3352 — HAHN C. AD,, Aen.
VI, 743 sq.=TPAPRhA., LV (1924)
p. NXVIII.
I. 3353 — BUTLER II. T., Vir-
gil Aen. VI, 889 = CIR., XXXIII
(1919) 01-63.
I. 3354 — VIRGILIO MAGGIORE.
I libri VII e XII dell'En. esposti
e ill. da G. PARENTI, pp. Ito, Città
di Cast., Un, art. graf, 1925.
I. 3356 — THomson ]., It bello
tessera signum = CIR., XXXVIII
(1924) 14-15.
I. 3357 — Cook A M,, Virgil
Aen. VII 641 = CIR., XXXIII,
(1919) 103-104.
I. 3358 — S. D. A., On Verg.
Aen.VII,695-696 =CIR.,XXXIII
(1919) 144-145.
I. 3359 — BUREN (van) A. W.,
Acies and Ayces= CIR., XXXIV
(1920) 26-8.
— 572 —
vil. ENEIDE. I. 3360-3370
gna, secondo la credenza comune che gli dei abitino su montagne,
come apparisce anche da VIII, 347 per l’arx capitolina — L’Ama-
tucci (I 3360) corregge sublatis del v. 789 in subnatis.
8° Libro VIII. — Sul carattere e la natura del libro VIII fa osser-
vazioni il Wallez (I 3361). — Il Frank dal v. 23 sg. (I 3362) trae occa-
sione per parlare dell’idea epicurea della luce quale è accennata anclre
in VI, 6 ecc. (cfr. n. I 3343, 3344) e VII, 527, concludendo che il pre-
fisso re non indica ripetizione, ma intensità o continuità (cfr. Lucr.
IV, 189-190). Del v. 65 discute il Keith (I 3363). — In VIII, 96 il
Campbell (I 3364) con Servio, legge viridisque secant placido acquore
silvas, dacchè le barche dei Troiani tagliavano l’ombra degli alberi
nell’acqua, mentie altri, col Fowler, interpreta che il fiume tagliava
le foreste che crescevano sulla riva. — L'’intractatum del v. 206 vien :
messo in rapporto (I 3365) con l'intemptatum di Marziale. — Al v.
378 il Garrod (I 3366) propone sncassum vetitos volui in corrispon-
denza del v. 398: ed il Damsté (I 3367) avium per vatum al v. 627.
9° Libro X. — Il Brakman (I 3368) spiega l’allusione di 316
Igino fab. 202, come in Georg. I, 7 col confronto della fab. 274 ri-
conosceva una fonte greca. Per il v. 269 cfr. I 3326 e per il v. 347
cfr. I 3359.
10° Libro XI. — M. A. R. Herford (I 3369) nota che la somiglian-
za fra 45 sg. e 152 sg. non può essere casuale. Enea ed Evandro davan-
ti al cadavere di Pallante hanno gli stessi lamenti ma con sfumature
dimostranti la ricercatezza e nobiltà di spirito: Enea sente la respon-
sabilità della vita di Pallante, Evandro si rifiuta di imputargli la
morte del figlio. — La Hahn (I 3370) non crede l’invidisse deos del
I. 3360 — AMATUCCI A., Vir-
gil. En. 7. 789 = BFCI, XXVI
(1919-20) 117.
I. 3361 — WALLEZ N., Le livre
I. 3366 — GarroD H. W., Two
Passages of Virgil (Aen. VIII,
376-378, XII, 93-97) = CIR,
XXXIII (1919) 105
vi de l'’En.=NV., IV (1921)15-26.
I. 3362 — FRANK T, Virgil
Aeneid VIII, 23 = CIR., XXXIII
(1919) 104.
I. 3363 — KeIiTH A. L., On Aen.
VIII 65 = ClJ., XVII (1921) 528.
I. 3364 — CamppeLL M. F,à,
On Aen. 8, 96=CIW.. XVIII
(1925) 132
I. 3368 — Exut, Martial II,
XIV, 1=CIR., XXXIV (1919-20)
66.
I. 3367 — Dawsté P. H., De
arte critica = Mn., XLVIII (1920)
422-433.
I. 3368 — BRAKMAN C., 77y-
giniana = Mn., XLVII (1919) 3806.
I. 3369 — Hrrrorn M. A. R.,,
Aen. NI 45 sq. and 152 sq. =
CIR., XXXIII (1919) 29-30.
I. 3370 — HAHN E. Ad., Against
Interpreling «invidisse deos» Aen.
XI, 2609 as an exclamation =
TPAPNA.,, LIV (1923) p. XVIII.
— 573 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3371-3376
v. 269 un infinito di esclamazione ma lo fa dipendere dal referam del
v. 264. — J. W. M. (I 3371) legge fonit in 309 non fonite, mettendo il
punto dopo quisque per ragioni metriche. — Il Piganiol (cfr. n. I 3338)
crede che nella determinazione del terreno promesso da Latino ad
Enea si possa andare oltre i confini segnati dal Carcopino fino a
Ficana e Lavinium. La falsa donazione sarebbe invenzione degli
annalisti romani per giustificare l'occupazione dell’ager Solonius.
11° Libro XII. — La morte di Turno ha dato motivo ad un dotto
volume del Fowler (I 3372), che ci presenta così un commentario in-
teressante di tutto il XII libro, richiamandosi ad usanze ed abitudini
e credenze popolari. — Il Garrod (cfr. n. I 3366) legge al v. 93 actoris
. non Actoris e J. S. (I 3373) nell’uccello descritto nei vv. 473-519
riconosce il rondone piuttosto che la rondine (cfr. anche I 3430).
VIII. «L’ Appendix Vergiliana » (con esclusione del-
l’ « Aetna »). — @) LAVORI GENERALI: |
Gli Epigrammi ed i Priapei sono stati editi criticamente da
G. Galletier (I 3374) che studia l’autenticità di ciascuno, accettando
per genuini V, VII, VIII. — Appunti critici per l'edizione del testo
offre il Monti (I 3375) in una sua nota polemica riguardo l’edizione
curata dal Pascal nel Corpus paravianum.
L’« Appendix » come in tutti i tempi, ‘così anche nel nostro
ha eccitato la curiosità degli studiosi ed ha fatto esercitare l’a-
cume critico dei filologi per le molteplici questioni di interpre-
tazione dei singoli passi o dei componimenti interi, di cronologia e
della genuinità. Ne accettano complessivamente la paternità virgi-
liana, contro i più, il Franck (I 3016) ed il De Witt (I 3022). —
Il Frank (I 3376) crede che il Catal. IX indirizzato a Messala nel 42
a C. abbia preceduto la 1. egloga: che il Culex del 48 a. C. è da ri-
tenersi autentico; che la Ciris, essa pure virgiliana, fu scritta nel
Cecropius hortulus di Napoli, cui si allude nell’egloga VI, e che il
Catal. XIII, con VI, dovette essere dal 49-48 a. C.; mentre X e II
I. 3371 — ] W. M, Aeneid XI
309 = CIR., XXXIV (1920) 166.
I. 3372 — FowLER W. W., The
Death of Turnus, pp. VIII-158,
Oxford, Blackwell 1919.
I. 3373 — S.J., On Vere. Aen.
XII, 473-519 = CIR., XXXIII
(1919) 68.
I. 3374 — P. VERGILII M., E pi-
grammata et Priapea, ed. crit. et
explic. par ED. GALLETIER, pp.
XVI + 229, Paris, Hachette 1920.
I. 3375 — Monti A., Note filo-
logiche intorno alle ediz. di Catullo
Virgilio e dei Carmina ludicra ro-
manorum curate dal Prof. C. Pascal
ecc, pp. 108, Torino, Lattes 1921.
I. 3376 — FRANK T,, Vergil's
Apprenticeship I-III = CIlPh., XV
(1920) 22-38 e 230-244.
— 574 —
ia. _— ___ilil-. = —r e——_———.ré5éEEuZ-_ > olii Ea Ja —
VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3377-3384
—_m
sono del 43 a. C. ed il XIV prima del 4o a. C.; infine che la determi-
nazione di molle carmen (Cul. 25, Cir. 20) riguardi lo stile virgiliano
della giovinezza, prima che il poeta entrasse nel circolo augusteo.
— Il Rand (I 3377) sostiene che lo studio dei poemetti minori per-
mette di intendere meglio lo sviluppo dell’arte virgiliana, e consi-
dera virgiliani il Culex, la Ciris, la Copa, l’Aetna che Virgilio a-
vrebbe composta a 48 anni, i Catalepta, le Dirae, dubitando oltre
che del Moretum e della Lydia anche degli Epigrammi.
Per l’autenticità in parte muove dubbi anche il Goelzer (I 3378)
contro il De Witt che si appoggia nella biografia a tali testimo-
nianze. — La esclude per ragioni lessicografiche e metriche il Fair-
clough (I 3379) che dà anche le tabelle delle parole straniere nei
poemetti. — Il Radford (I 3380) per la tendenza propria di Ovidio
di dattilizzare nella lingua romana, spondaica per sua natura, assegna
al Sulmonese Catal. X, Ciris e Culex che presentano tale carattere.
dD) LAVORI SPECIALI: 1° Catalepta: Il Postgate fa alcune osser-
vazioni (I 3381) ai Catalepta XI, 14; III, che riferisce ad
Antioco il Grande; V, 7 il cui formosi interpreta come « bellezza
professionale » VII in cui rimette la forma II600g =: puer. —
Il Kent (I 3382), secondo l’uso della elisione, crede di poter
conchiudere che la Ciris è virgiliana, il Culewx ovidiano, l’Aetna
nè di Virgilio nè di Ovidio sebbene per l’uso del dattilo al primo
picde s'accosti più all’arte virgiliana che a quella ovidiana. — Il Rad-
ford (I 3383) continuando le sue ricerche nei rapporti fra la lingua di
Virgilio e quella di Ovidio mostra la grande affinità del linguaggio:
ovidiano anche per i Catalepta. — Il Lindsay (I 3384) ammette il te-
sto tradizionale in Cata/. 1, 1; II, 4, mentre in VII corregge l’assim
di XIII, 7; e afferma che la Lydia fu scritta mezzo secolo prima di
I. 3377 — Ranmp E. K., Young
Vergil’s poetry = HSCIPh., XXX
(1919) 103-185.
I. 3378 — GoELZER H., Vergile
el ses oeuvres de jeunesse = BAB.,,
IX (1925) 27.
I. 3379 — FAIRCLOUGH H. R.,
The poems ofthe App. Vergiliana =
TPAPRA,, LIII (1922) 5-34.
I. 3380 — Raprorp RS., The
quvenile Works of Ovid and the
spondaic period of his metrica!
art = TPAPNA,, L (1919) 145-171.
I. 3381 — POSTGATE, J. P., Ad
Catalepton quae Maronis dicuntur
= Mn., LI (1923) 281-285.
I. 3382 — KENT R. G., Likes
and Dislihes in Eliston and the
Vergilian Appendix = TPAPRA,,
LIV (1923) 86-97.
I. 3383 — Rabrorp R. S., The
language of the pseud-vergil. Cata-
lepton with especial Reference to its
ovidian charateristics = TPAPHRA,,.
LIV (1923) 168-186.
I. 3384 — Linpsay W. M,,
On the Appendix Vergiliana =
A]JPh., XLIV (1923) 53-55.
— 575 —
CESSI. VIRGILIO. I. 3385-3393
‘Properzio. —- Il Carcopino (I 3385) sustiene che i Priapei e gli epi-
grammi sono stati composti negli ultimi 15 anni del sec. I d. C.,
quando il corpus dell’appendice si presenta col nome di Virgilio. —
Il Lenchantin De Gubernatis (I 3386) crede che nel n. 14 convenga
accogliere le vecchia correzione del Mureto: tenerque vacula per
aver un giambico puro, dacchè non sì cppone la forma tener come
femminile. — L’Ageno (I 3387) presenta parecchie correzioni ed in-
terpretazioni ai Catalepta (II, V, 1-2, VII, XIII, 21) ed una al Mo-
ret. 100 dove legge vasum in luogo di vestem. — Il Baehrens (I 3388)
riferisce il Catal. III ad Antonio, ed inoltre dà notizia di un cata-
logo delle opere minori virgiliane in un ms. di Murbach del sec. IX,
catalogo la cui serie deriverebbe da quella svetoniana, ma che non
‘apporta argomenti nuovi per la questione della genuinità, quale il
Baehrens ritiene per gli epigrammi eccetto, IX, XIII, XIV. — Il
Weymann (I 3389) si sofferma sui Catal. IV, XI e sulla Csr1s 58 sg.;
il Rees (I 3390) ricorda la citazione di Catal. V, 12 in Liber glossarum
s. v. Kamena; lo Schmid ‘I 3391) ricerca nel Catal. V una lezione di
filosofia nel senso epicureo (cfr. Anti. Pal. XI, 20), mentre nel XII
riconosce la recidività del poeta che ricorda (iste Pothus) l’innamo-
rato. — Il Morel (I 3392) dà una nuova interpretazione dei Cagal. VI
e XII contro Noctuino: hkernia sarebbe il ventre della gravida, l’altra
figlia di Atilio sarebbe il piccolo che la donna porta in grembo sì che la
fanciulla, contro la quale inveisce il poeta per gelosia essendone egli
pure innamorato, avrebbe avuto rapporto con due patroni, e Noc-
tuinus vorrebbe dite = becco cornuto. In VI, 4 il Morel legge Stu-
prone. — Il Catal. VII secondo il Jachmann (I 3393) è una specie di
nascosta confessione dell’innamoramento del poeta per un fanciullo
(putus =: puer, non può che essere giambico), il che non converrebbe
I. 3385 — Carcopino JER,,
Vergiliana, I: .d propos de Catale-
pton= RPh.,NLVI (1922) 156-184.
I. 3386 — GUBERNATIS (DE)
LENCHANTIN M., Tener vaccula =
BICI., XLVII (1919) 348-350.
I. 3387 — AcExo F.,, Iacema-
tiones = RIGI., 1920, 203-212.
I. 3388 — RAFHRENS W., Zt
Vergil= PhW.,XLI(1921)499-502.
I. 3389 — WEYMANN C., Zu
lateinischen Dichlera = Neoph.,
VII, 129 sg. 282 sg.
I. 3390 — REFS F., A Caper
quotation in the Liber glossarumi =
CIQ, XVI (1922) 106.
I. 3391 — ScHMID W., Vergil
Catalept. V = Ph., LXXIX, n. s.
XXXIII (1923) 313-317.
I. 3392 — Morrt W.,, Zu Cata-
lepton VI und XII= PhW., (1922)
308-10.
I. 3393 — JACHMANN G., Zu
VergilsCatalepton=H.,LVII(1922)
317-320.
— 576 —
VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3394-3403
ad uno scolaro di Sirone. — Inluogo di putus invece il v. Buren (I 3394)
legge Pothus (H600c), nome di schiavo o affrancato frequente nelle
inscrizioni imperiali. — Il Merrill (I 3395) replica contro il Frank per
la identificazione del Sabino del Cat. X, che sarebbe da distinguere
«dal Ventidio di Cic. Famil. XII, 20: nessun rapporto ha la vicinanza
-del tribunale Aurelio presso il tempio di Castore che non era un tribu-
nale speciale, nè la determinazione di Picenwm come paese gallico
«dacchè la Gallia lutosa sarebbe da ricercare nelle vicinanze di Cre-
mona. — Il Holland (I 3396) spiega l'intento parodico del Catal. X
in confronto con il carme IV di Catullo, e pensa che sia un epigramma
votivo accompagnante doni ad una statua d’un plebeo rifatto dei tem-
pi passati e spiegato ai forestieri dal custode del tempio di Castore a
«Cremona. — Per il Rossbach (I 3397) il Cat. XIV sarebbe da attribuir-
-si a Virgilio: al v. g si dovrebbe leggere tb, faut: per il coloramento
delle opere di marmo Virgilio ricorda un’usanza, un artificio tecnico
del suo tempo. Invece non è virgiliano per l’Albini (I 3398) che fa
notevoli osservazioni sulla forma del componimento e sul suo valore.
Il Drew (I 3399) pone il catalepton dopo le Georgiche (II, 3 ecc.) e
le Egloghe (VII, 31). — Il Radford, (I 3400) studiata la formazione, e
la tradizione dell’Affendix, conchiude per indizi interni ed esterni,
che i Priapei come tutta l’Appendix (cfr. I 3380, 3383) si dovreb-
bero attribuire ad Ovidio.
Dei Priapei dà una nuova revisione del testo A. Maggi (I 3401).
— H De Witt (I 3402) riconosce in Priap. II, 6 sg. la descrizione
riterentesi alle stagioni, ed al v. 9 mantiene la lezione: mit coacta
duro oliva frigora. — Il Miinscher (I 3403) studia il Priap. III
nel riguardo metrico ritrovando non solo la dieresi in tutti i 21 versi,
I. 3394 — BUREN (van) A, W.,,
Catal. VII = CIR., XXXVI (1922)
IIS.
I. 3395 — MERRILL E. T., Ven-
tidius and Sabinus = CIPh., NV
(1920) 298-300.
I. 3396 — Hotrtanp R.,, Ter-
gils Sabinus and Catull Phaselus-
gedicht= PhW., XLV (1925) 59-03.
I. 3397 — RossBacH O., TVer-
gil Catal. XIV, 9 = BPK\\,,
XXXIX (1919) 7-1.
I. 3398 — ALBINI Jos., De epi-
grammate in Append. Vergil. Catal.
XIV = MS., 233-239, Torino 1921.
I. 3399 — Drew D. L. Appen-
dix Vergiliana:Catal. XIV = CIPh.,
XX (1925) 345-347.
I. 3400 — Raprorp R.S., The
Priapea and the Vergilian Appen-
dix=TPAPhA.,LII(1921)148-177.
I. 3401 — Macci A,, / Priapea:
revisione deltesto,pp.XXVII+- 106,
Napoli, tip. Artigianelli 1923.
I. 3402 — DE Witt N. X,,
Vere. Priap.: II, 6 = CIR., XXVI
(1922) 73.
I.. 3403 — MUNSCHER K., Ae-
trische Bettràge=H.,LVI(1921) 81
Aevum - Anno I - 37
CESSI. VIRGILIO. I. 3404-3409
ma anche il gliconeo al v. 19. — Il Laistner (I 3404) nel Liber glos-
sarum in D T 428 legge a formitata: deformstata (arbor) con riferi-
mento a Priap. III, 3.
. 2° Res Romanae. — Dalle allusioni che sono state rintracciate ri-
sulta indiscutibile per il Frank (I 3405) che Virgilio in gioventù scrisse
un poemetto epico sulle Res romanae, ma che non fu questo il germe
od il nucleo dell’Enesde, come pretende Donato. Il poeta dovette mu-
tare la concezione generale se anche qualche passo potè passare
nel poema maggiore.
3°. Copa. — La Copa, secondo il Drew (I 3406), imita Teocr. XI,
VII. Il poeta imita liberamente la leggenda di Galatea.e del Ciclope
ma apporta reminiscenze tutte virgiliane ; onde potrebbe parere che il
‘compositore fosse un poeta che dopo. Virgilio rifece il carme su Teo-
crito. Ma pare più verisimile attribuirla a Virgilio stesso, che l’avreb-
be composta al tempo delle Bucoliche. — Della Copa si è occupato
anche il Wilamowitz (I 2126) nel II vol. della sua Hellenistiche Dich-
tung, pp. 3II-3I15; egli: fa derivare la Copa da quel circolo poetico
fiorito dopo Virgilio al tempo di Properzio, e ne dà una viva rappre-
sentazione nel suo valore artistico, richiamandosi anche all’inscri-
zione di Calidius Eroticus di Aesernia (CIL. IX, 2689). — Il Lenchan-
tin De Gubernatis (I 3407) dà la collazione del codice bolognese
(n° 2221, sec. XIV), che contiene Ja 0) ed il Moretum e che clas-
sifica fra i peggiori.
4° Moretum. — Commenta e traduce il Moretum, aggiungendovi
un'appendice, il Monti (I 3408); il Phillimore (I 3409) ne corregge
il v. 15 leggendo et referat clausam (= porta) qui pervidet omnia
Janis (cfr. per il qui, Ovid. Ex Pont. I, 7, 43); — Il Bignone al
I. 3404 — LAISTNER M.L. W.,
Two notes from the Liber Glossa-
rum: = CIQ., XVI (1922) 105.
I. 3405 — FRANK-T., Vergil’s
Res romanae = CIQ., XIV (1920)
150-159.
I. 3406 — DREW D. L., The
Copa = CIQ., XVII (1923) 73-81;
XX (1925) 345-347.
I. 3407 — GUBERNATIS (de) LEN-
CHANTIN M., De codice Bononienst
quo Copa et Moretum continentur =
MS., 199-201 Torino, Lattes 1921.
I. 3408 — Monti A,, Z/ poe-
metto ps. vergiliano. Moretum con
comm. trad. e app. critica, 2 ediz.,
pp. 58, Torino; Baravalle 1920.
I. 3409 — PHILLIMORE I. S., 4@
Moretum = Mn., XLIX (1921) 243°
245.
— 578 —
VIII. APPENDIX VERGILIANA. I. 3410-3419
v. 60 sostituisce (I 3410). aeris ad herbis. — 1 Flak (I 3411) corregge
il v. III col cod. cracov. 542 del sec. XVI. — Su recula del v. 66, di
cui s'erano occupati presso di noi il Curcio ed il Pascal, ritorna il
Lindsay (I 3412). — Nega l'autenticità del Moretum O. Todd (I 3413)
sovra tutto per la prosodia di abictt (v. 95). — Per il v.. 100 cfr.
Ageno (I 3387). Per il cod. bologn. cfr. I 3407. |
5° Culex. — Il Fowler (I 3414) conclude dalle particolarità
metriche del Culex (caratteristica del ritmo lucreziano in cui il 5.0
piede comincia con monosillabo — venti casi nel Cw/ex, tre nella Cirss,
rare volte nelle Egloghe, e nelle Georgiche |20 versi su 2000], e nei
primi libri dell’Enetde) che il poemetto appartiene alla giovinezza di
Virgilio. — Così afferma anche il Gladow (I 3066). — L’Alton (I 3415)
si industria di correggere in più luoghi il testo e la Cirîs al v. 19. —
L'attribuzione virgiliana è studiata da W. R. Hardie (I 3416) che
dimostra non essere sufficiente garanzia l’attestazione dei Romani,
non dovendosi trascurare la rudezza dello stile, lo sviluppo incerto e
la mancanza di armonia, concludendo che l’opera ha precisamente
un certo interesse storico. — Ma il Brakman (I 3417) rinforza la tesi
della genuinità con argomenti linguistici e metrici e per la natura
stessa del soggetto, ed il Lindsay (I 3418), accettando tali conclusioni,
soggiunge che il poemetto dovette essere stato scrittoda Virgilio peri
bimbi, e di fatto al tempo di Marziale era dato in dono agli scolari. In-
vece la Cirîs sarebbe un epillio di Gallo. — Il Dinkelmayer (13419) ne-
ga l’autenticità servendosi a sua volta dei confronti lessicalie dell’arte
metrica: ma tali argomenti non hanno valore decisivo, come non
l’hanno le raccolte ed i passi paralleli con altre opere od altri autori,
rimanendo sempre aperta la questione della priorità; ed il problema
I. 3410 — BIGNONE E., Note I. 3415 — ALTON E. H,, Notes
critiche al Moretum = RFCI., 1924, on the Culex = Herm., XVIII
522. (1919) 68 sg.
I. 3411 — FLAK ST., Spicile- I. 3416 — HarDIE W. R., The
gium cracoviense = REFCI, XXII, Culezr = CIQ., XIV (1920) 22-37.
10-74.
I. 3417 — BRAKMAN C.,, De culi-
I. 3412 — Linpsayv W. M,., sa i
Recula = CIR., XXXIII (1919) 26. 0° MM L (1922) 243-254.
I. 3413 — Topp O., The author- I. 3418 —, Linpsayv W. M,,
ship of the Moretum = CIPh, XX deli sCulex = CIQ.,XVIII(1924)
(1925) 335-346. ta | |
I. 3414 — —FowLERW., A metri- I. 3419 — DINKELMEYER H,,
cal peculiarity of the Culex = Dev Culex una Vergil, Erlang. Dis-
CIR., XXXIII (1919) 95-97. . sertat. 1924.
— 579 —
\
CESSI. VIRGILIO, I. 3420-3428
largamente in tal senso viene trattato dal Drew (I 3420) e dal
Klotz (I 3421) il quale ultimo conclude che se all’età neroniana il
Culex era considerato virgiliano (si ricordi l’allusione di Lucano, che
il Lindsay (I 3412) così stabilisce et quantum mihi restat/ad Culicem?)
non era però di Virgilio, dovendo essere stato composto anche dopo
l’Eneide (per il mondo infernale del 1. VI) con imitazioni anche ovi-
diane, e su modelli greci. — Ovidiano è reputato il Culex dal Kent
(I 3382). — Il Baehrens (I 3422) ha ripreso tale tesi riportando il
poemetto all’età di Augusto, ma dopo la morte di Virgilio, mentre
Car. Mras (I 3423) lo considera autentico. — In Culex 379 sgg. il
Walter (I 3424) sostiene che v’ha bisogno solo di retta interpunzione.
6° Ciris. — Il Kaffenberger (I 3425) fa osservare che i v. 24-26
erano scritti in margine, e non possono essere addotti come deter-
minazione cronologica: che il poemetto è uno schizzo incompleto
od almeno il proemio ( v. 9), precedente le Georgiche non solo ma
anche le Bucoliche, e da riportarsi alla giovinezza di Virgilio. —
Per la Ciris come opera di Virgilio cfr. Kent (I 3382) e Fowler
(I 3414). — Il poemetto fu composto dopo le Bucoliche secondo
il Witte (cfr. I 3181) il quale lo attribuisce ad un servile imitatore
di Virgilio, come crede anche il Gladow (I 3066), mentre :l
Bellinger (I 3426) vi riconosce una stretta derivazione catul-
liana, sia per il lessico sia per la metrica. — Il Brakman (I 3427)
nega il poema a Virgilio, ma ne pone la composizione fra il Culer
e le Georgiche e ne esamina criticamente i vv. 173, 185, 397, I20,
125, 45-48, 90, 218, 262-265, 34I, 372, 374. — Il Klotz (I 3428)
va oltre, facendone discendere il tempo di composizione all’età di
Tiberio, potendosi riferire l'indirizzo al console del 20 d. C. o al padre
I. 3420 — Drew D. L., Culex. I. 3424 — WALTER F., Zu Se-
Sources andtheir bearing on the pro- necas, Tacitus, Virgil = PhW.,
blem of authorship, pp. 107, Ox- XLV (1925) 189-191.
ford, Blackwell 1925.
I. 3421 — KLOoTZA., Zum Culex,
I. Verfasser und Zeit, 2. Griechi-
sche Vorlage = H., XXI (1925) 28-
48.
I. 3422 — BaEHRENS W. Aa
Zum Prooemium des Culex = Ph.,
LXXVI (1926) 364'375.
I. 3423 — MRasC., De Culice
Vergilit = RhM., LXXV (1926)
232 SEg.
I. 3425 — KAFFENBERGER, Z1Y
Cirisfrage = Ph., LXXVI (1920)
139-175.
I. 3426 — BELLINGER A. R,,
Catullus andthe Ciris = TPAPRA,,
(1922) 73-82.
I. 3427 — BRAKMAN C,, De Cirì
— Mn., L (1922) 433-434:
I. 3428 — KLOTZ A., Zitr Ciris
= H., LVII (1922) 588-680.
— 580 —
FE SM _______T_ uaÀxw\} AE re ES PRIZE re e RI er =——»— EBùMMOM‘OERMòoUN::NNIzànn_
Sir re
sini ir zelo = —
I. 3429-3433
VIII. APPENDIX VERGILIANA.
di Messalina, concludendo che ad ogni modo l’ammettere la Ciris
dcpo l’età di Ovidio non dà difficoltà, mentre ne elimina parecchie.
— Il Thomason (I 34209), seguendo il suo maestro Radford (I 3380,
3258), fa minuti confronti fra il lessico e la metrica virgiliana e quelle
ovidiane, concludendo che la Ciris è opera del giovane Ovidio. Egli fa
notare che 87 parole della Cirxis mancano al lessico virgiliano,
mentre sono comuni a quello ovidiano. Però ve ne sono 50 ignote
ad Ovidio. Si riscontrano altresì prestiti da Lucrezio e da Catullo,
mentre si osservano divergenze dagli altri poeti contemporanei
nella designazione dei colori, nell'uso di parole greche. — Per
il Lindsay invece (I 3430, cfr. n. 3418) è opera di Gallo, il quale ri-
prende alla fine quattro versi delle Georgiche (vv.I 406 segg.). — Per il
Lindsay il nome Ciris ha valore etimologico (= rondine di mare),
cioè colei che taglia = secat aethera pennis (cfr. I 3373). — Per il v.
19 cfr. Alton (I 3415); per il v. 58 cfr. Weymann (I 33809).
7°. Dirae e Lydia. — Il Monti (I 3431) ha dato un'edizione dei due
carmi con versione in prosa, aggiungendo un'appendice critica con
note. — L’Enk (I 3432) crede che i due carmi siano opera
di uno stesso poeta, imitatore di Catullo, perdendosi in ricostruzioni
arrischiate e concludendo che Vario ne sarebbe l’autore e la sua aman-
te Hieria Plotia sarebbe la Lydia cantata. Le sue ipotesi si fon-
dano sopra tutto sui rapporti grammaticali che intercedono fra i
due carmi per l’uso comune di apostrofi, parentesi, elisioni, ana-
fore ecc. Nella Lydia si riferiscono però reminiscenze di tempo
più antico. Nelle Dirae non pare si faccia allusione alla divisione
delle terre ai tempi di Silla. Le Dirae furono finite prima della
Bucolica I, il cui v. 58 ‘non si richiama a Teocrito ma a Dir.
46, 60. Altro rapporto vi ha fra Dir. 32 a Buck. v. 44. Anche in
Lyd. 9 si nota un richiamo a Georg. 2. 458: ma è probabilmente
derivazione da più antico poeta. — Il Ribezzo (I 3433) trova
due nuovi indizi della paternità virgiliana delle Dirae in cycneas
critica di A. MONTI,
Torino, Lattes 1921.
I. 3429 — THomason R. F., The
Ciris and Ovid. A study of the lan-
guage of the poem = CÌPh., XVIII
(1923) 239-262, 334-345.
pp. 33,
I. 3432 — ExK P. Y., De Lydia
et Divis carminibus = Mn., XLVII
I. 3430 — Linpsay W. M,, Ci- (1919) 332-409.
ris = CIQ., XIX (1925) 103.
I. 3431 — Dirae et Lydia. Testo
e vers. in prosa con appendice
I. 3433 — Risxzzo F., Due nuo-
vi indizi della paternità virgiliana
delle « Divae » = RIGI., III (1919)
65-69.
= 581 —
CESSI. VIRGILIO. . lia # I. 3434-3435
voces del v. I con allusione a Cinna (cfr. Buc. 9, 35) e if divisas ite-
rum sedes del:v. 2 con‘ ‘allusione alla divisione delle terre nel
mantovano, ‘poichè in Battaro è da riconoscersi Cinna non Vario
Rufo, mentre lo Sciava (I 3434) dubita della genuinità chie-
dendosi perchè il poeta mantovano senta il bisogno di riferirsi al
mare di Sicilia. — L’Alton (I 3435) instituisce confronti fra le Dirae
e la Lvdia con Properzio e Tibullo, studiando anche grammatical-
mente più luoghi. Infatti sente valore avverbiale in snimica (82)
e novissima ‘(93) di Dirac: il sensus del v. 100 in rapporto con
ignes del v. 102 è da considerarsi: in relazione con s30p: r;::Q, IL,
Tibull. IV. 1, zor. L’Alton esamina ancora i vv. 48 e 71
della Lydia, Il Lindsay (I 3384) afferma che la Loaia fu scritta
almeno mezzo di prima ‘di Properzio.
I. 3434 —. su R., Nigoi i. I. 3435 — ALTON T. H., Zur
dubbi sulla paternità virgiliana delle Dirae = Herm., XX (1922) 30
« Dirae » = RIGI., IV (1920) 76. . sg. : ì
— 582 +
str i ge e
RECENSIONI
CHARLES BaLLY, Le langage et la vie, pp. 237, Paris, Payot 1926.
L’autore del Trattato di stilistica francese (1), che degnamente con-
tinua, nell'Università di Ginevra, l’opera di chiarificazione e di rinnova-
mento della linguistica intrapresa dal suo maestro F. de Saussure, rac-
coglie in volume cinque suoi scritti sui rapporti tra il linguaggio e la
vita, cioè su quella che un tempo si chiamava vita del linguaggio.
Essi ora svolgono ora integrano l’opera maggiore, e benchè siano in
parte già noti (2), tuttavia la loro importanza è tale che credo che valga
la pena dì esporne il contenuto.
I.Illinguaggio ela vita (pp. 11-93). Parte I: Ilfunzionamento
del linguaggio e la vita (pp. 13-53).
Il linguaggio è al servizio della vita, e la sua funzione è biologica e
sociale. La vita, in quanto è coscienza e volontà di vivere e in quanto,
come tale, è espressa dal linguaggio, noi la subiamo e la facciamo; la
subiamo, soggettivamente apprezzando i valori delle impressioni per
mezzo del nostro senso biologico, la facciamo, trasformando con l’intel-
ligenza le impressioni in atti (pp. 18-23).
Nella vita che si subisce, o recettiva le impressioni dan luogo a
giudizi di valore teleologici e affettivi (non oggettivi e intellettuali, come
i giudizi logici); e tali il linguaggioindividuale cerca di esprimerli, fin
che l’uso consacra l’espressione, e questa o perde del tutto il suo contenuto
soggettivo, diventando intellettuale, oppure riesce a mostrarlo in casi
o combinazioni diverse. Nella vita che si fa, o attiva, il linguaggio serve
l’atto, ed è sociale in quanto, ai fini della vita, mette in rapporto l’indivi-
duo con la società per persuadere pregare eludere offendere etc. (pp.
23-26).
Il pensiero, come il linguaggio che ne è l’espressione, ha nella vita
reale tra caratteristiche fondamentali: 1. dell’intelligenza si serve per i suoi
fini, nè se ne lascia dominare; 2. è essenzialmente soggettivo (s’intende,
a contatto con la vita); 3.e perciò è affettivo (in grado più o meno grande).
(1) Traité de stylistique frangaise, Heidelberg, Winter; Paris, Klincksieck 1921, 2 ed.
(2) L’Essas sur le mécanisme de l'expressivité linguistigue è inedito. Le langage
e la vie (Genève, Atar 1913) e Stylistique et linguistique générale (Archiv fur das
Studium der neueren Sprachen, CXXVIII pp. 87 ss.) sono riprodotti con importanti
modificazioni. Langage transmis el langage acquis (Journal de psychologie normale
et pathologique, 1921 pp. 625 ss.) e La iangue Ao et la formation de l'esprit
(Le Producteur, 1921 pp. 354 ss.) son quasi immutati.
RECENSIONI
Da ciò segue che nella vita reale il linguaggio naturale diventa espressivo
col deformare la realtà e la verità (pp. 26-33).
I fenomeni della vita e quelli del linguaggio sono in continuo e in-
definito processo di comune organizzazione, per mezzo dell’intelligenza:
la quale è sempre necessaria per compiere l’analisi che si riflette in quella
maniera d'espressione che tende a essere compresa secondo conviene al
parlante. Questa intelligenza, ordinatrice di tutto ciò che in noi è affet-
tivo, ha il doppio carattere di essere incosciente e collettiva. Così
il funzionamento del linguaggio è incosciente per la più gran parte,
come lavoro sia di espressione sia di comprensione; e suppone un’intel-
ligenza collettiva: infatti, meno il pensiero, insieme con la sua espressione
verbale, è cosciente, e meglio è compreso, più è ponderato e cosciente-
mente analitico, e più ha bisogno, per essere compreso, dell’intelligenza
cosciente e individuale (pp. 33-37).
Due esempi della incoscienza e collettività dell’intelligenza lingui-
stica. In francese moderno, l’opposizione tra i/èm (il aime) e e/zém (ils
aiment) ci rivela una tendenza all’agglutinazione e all’incorporazione di
elementi morfologici, tendenza di cui nessun parlante ha diretta coscienza.
La sostituzione del tipo 2’èm (mwaz’èm francese al tipo amo / ego amo
latino (traverso le fasi aim/aime, jaime/moi j'aime dovute all'usura fo-
netica prevenuta o riparata dalla riorganizzazione del sistema) è avve-
nuta per opera di ciascun parlante con un accordo del tutto incosciente
nato dal senso pure incosciente della funzione sociale del linguaggio e
del suo sistema (pp. 37-43).
La lingua letteraria esce dal linguaggio naturale o spontaneo in
seguito alla trasformazione del mezzo (espressività) in fine, ed è la risul-
tante di tutti gli stili individuali formatisi in una continuità di tradizione;
appartiene al tipo delle lingue speciali. Lo stile non è dunque da con-
fondersi con la lingua letteraria. Lo sforzo d’espressione individuale che
costituisce lo stile artistico differisce dallo sforzo d’espressioe del lin-
guaggio naturale affettivo solo perchè questo, per l’uomo che vive e
agisce, è un mezzo, quello, per l’artista, è un fine; d’altra parte lo stile
differisce dalla lingua letteraria, perchè questa è tradizionale e intellettua-
lizzata, quello è espressivo e nato al fine dell'espressione artistica (pp.
43-58).
Parte II: L'evoluzione dellinguaggio ela vita (pp. 55-93).
C'è un progresso materiale che si constata e un progresso ideale
in cui si crede. Il primo si può definire p. es. col criterio logico del miglio-
ramento materiale diffuso; così progrediscono le lingue speciali (della
letteratura, della scienza, della filosofia, etc.) che ne sono l’espressione.
Ma tale progresso non è per niente sentito dalla lingua parlata, che ha
l’immutabile carattere di essere affettiva, e si trasforma non per esser più
logica (ciò che sarebbe, dal punto di vista della logica, un progresso)
ma per conservare la sua espressività nella continua lotta contro l’intel-
lettualizzazione (pp. 57-70).
La tendenza analitica, che elimina gli aspetti del pensiero estranei
all’idea pura e crea i segni grammaticali, agisce su sintesi intellettuali
di espressioni complesse sorte dal bisogno d’espressività. }o un tempo
posteriore al periodo comune italico, mentre un'analisi intellettuale, e
— 584 —
RECENSIONI
quindi inespressiva, formava ancora dei futuri con suffissi in *-s di antichi
presenti desiderativi e in altre maniere, il linguaggio naturale dei Latini
produsse un tipo arabo (*arà + *bkwéò) che significava press’a poco « che
io sia ad arare, ch'io sia arante »; svanendo l’elemento soggettivo conte-
nuto in arabo, il -bo è caduto sotto l’analisi intellettuale, che lo ha sentito
come suffisso di futuro; quando. poi il futuro di quel tipo non è più riu-
scito ad esprimere alcun elemento soggettivo, altre espressioni son sorte,
dapprima con senso concreto: volo arare, arare habeo « posso, devo arare »,
araturus sum, arandum habeo, etc.; tra queste prevalse, nella Romania
occidentale, arare habeo, e lentamente si identificò con l’idea astratta di
futuro, finchè l’usura fonetica fece di kabeo il segno puro e semplice del
tempo, arerò; donde il nascere d’altre forme espressive (ko da arare,
il campo vuol essere arato, etc.), dalle quali potrà uscire il nuovo futuro.
Tutto ciò non è progresso, ma mutazione che perpetuamente si compie
sotto la duplice azione della tendenza espressiva e della tendenza analitica
intellettuale (pp. 70-76).
L’'attualizzazione implicita dell’i.-e. e di molte lingue antiche (i.-e.
*petér. skr. pità, lat. pater significano « padre, il padre, un padre, questo
padre, suo padre » ) tende a essere sostituita dall’attualizzazione esplicita
ottenuta con appropriati segni grammaticali. Questa è opera della ten-
denza analitica, ma’non è un progresso: il francese attuale ha sovracca-
ricato l’articolo dell'espressione del plurale e del genere, e lo lega tanto
strettamente al nome che p. es. dezòm 0zdm non differiscono da hominum
hominibus se non perchè l’attualizzazione del latino è implicita nelle finali
mentre quella del francese è ormai implicita nelle iniziali (pp. 76-80).
Il linguaggio ha la funzione sociale di permettere a tutti i membri
d’una società di intendersi tra loro, e la formazione d’una lingua comune
è indice della grandezza e del progresso dell’organizzazione sociale. Ma
d'altra parte la lingua comune è tanto più minacciata quanto più per-
fetta è l’organizzazione sociale che essa esprime: infatti codesto perfe-
zionarsi va di pari passo con un’estrema specializzazione in ogni forma di
vita, e specializzazione vuol dire lingua speciale, e l’influenza delle nu-
merose lingue speciali sulla lingua generale è tanto più forte e diretta
quanto maggiore è l’unità del complesso sociale (pp. 80-88).
Infine, come non si riesce a dimostrare il progresso delle singole
lingue, così è indimostrabile il progresso generale del linguaggio. Ci sono
lingue estremamente espressive di popolazioni estremamente incolte;
d'altra parte sono numerosissimi i punti di contatto tra qualsiasi lingua
di barbari e qualsiasi lingua d’uomini civili. Inoltre noi non abbiamo alcun
modo, con ciò che sappiamo, di farci un'idea di ciò che sia una lingua
primitiva in sè; tutte le nostre conoscenze sul linguaggio umano non ri-
salgono oltre il III millennio a. C., e 5000 anni sono un periodo troppo bre-
ve perchè noi possiamo notare un progresso (cioè miglioramento, perfe-
zionamento) linguistico. Poi che il linguaggio è espressione della vita,
domandare se il linguaggio progredisce par che sia come domandare se
progrediscono la vita e lo spirito umano. Ma alla domanda non rispon-
deranno i linguisti (pp. 88-93).
— 585 —
RECENSIONI
II. Stilistica e linguistica genérale (Pp. 95-137).
La stilistica d’una lingua è lo studio dei suoi caratteri espressivi,
eil metodo è naturalmente comparativo. Ma, mentre la:scuola tedesca
fa la stilistica, syntax, p. es. del francese, comparandolo col tedesco, ciò
che conduce a giudizii soggettivi, l’A. compara gli elementi intellettivi
con gli affettivi della stessa lingua: ciò che veramente serve a definirne
i caratteri espressivi, in quanto la lingua naturale è studiata in rapporto
con la vita reale. All’obbiezione del. Croce che all’analisi stilistica sfugge
l'intuizione sintetica da cui procede la creazione artistica, l’A.-risponde
che l’espressione linguistica del pensiero, se- vuole essere intelligibile,
deve servirsi almeno in parte dei procedimenti offerti dalla lingua comune;
inoltre, che la stilistica letteraria osserva l’opera creata, sempre accessibile
all'analisi, e non il processo creatore; infine, che la lingua letteraria è
una trasposizione della lingua comune, in cui i motivi biologici e sociali
divengono motivi estetici. Da ciò si comprende come l’A. chiami stili-
stica una disciplina che studia procedimenti analoghi a quelli dello stile
individuale artistico (pp. 95-113).
- Poi che la stilistica studia tutti i fatti linguistiti espressivi, cioè
caratteristici. d’una lingua, tutto il linguaggio , dalla fonetica alla sintassi,
è per essa oggetto di studio. L’A. traccia le linee generali della fonetica,
del vocabolario:e della sintassi studiati dal punto di vista dell’espressivi-
tà (pp. 113-126}.
.._ La lingua scritta corrente (di cui la lingua lettorazia è una
manifestazione) non rivela i veri caratteri d’una lingua viva, perchè, per
la sua stessa natura, esce dalle condizioni della vita reale: -situazione
data, oggetti e persone circostanti, necessità di comprensione piena e
immediata, ambiente sociale, mimica, espressione fonetica e melodica etc.
E poi necessariamente essa si vale di stati linguistici passati e dello stato
attuale, e può .all'occasione sorpassare anche questo. Solo dunque la
lingua parlata deve esser la base della stilistica; e lo studio della lingua
scritta sarà fruttuoso solo se fatto in funzione della lingua parlata
Pp. 126-133).
. In materia di lineuagolo: la nozione di periodo o stato è una
finzione nata dal fatto.che peri parlanti essa è una realtà soggettiva, che
finisce con l’oggettivarsi, tanto da rallentare i mutamenti linguistici. La
stilistica, in quanto studia i rapporti tra pensiero ed espressione, non
può tener canto che di uno stato linguistico, e deve prescindere da ogni
considerazione storica. Per la stilistica interna (quella a cui l'A. ri-
serva il nome, distinguendola dalla stilisticaesterna che osserva i ca-
ratteri oggettivi delle lingue) il metodo storico è del tutto inutilizzabile
(PP. 134-137). N did E
III. Meccanismo dell’espressività linguistica (pp. 129-181).
Ver pes
Tra Capressione ecomunicazionec’è antinomia. Ilpensierotende
all’espressione integrale personale affettiva; la lingua tende alla comuni-
cazione più pronta e chiara, e per raggiungere questo fine deve oggetti-
vare il pensiero. A questo punto il segno linguistico diventa arbitrario
nel suo significante (forma materiale e fonica) e nel suo significato; il
— 586 —
RECENSIONI
‘significante della parola donna, p. es., non contiene nienteche evo chi l’im-
magine d’una donna; e il significato della stessa parola è quello d’un puro
concetto che non corrisponde nè a una rappresentazione concreta e
attuale, nè all'idea generale della donna che è in ciascun individuo.
Accanto aì segni arbitrari, la lingua possiede dei sinonimi espressivi
(p. es. morire: schiattare) e mezzi espressivi d’ogni genere (p. es. ahi
per dire mi duole; mi duole pronunziato con intonazione lamentosa, etc.) ;
ma in ogni modo il segno linguistico è una creazione dell’intelligenza,
perchè l'associazione d’un segno con una rappresentazione riposa su un
giudizio implicito. Si conclude che il linguaggio non può esprimere l’emo-
zione che per mezzo dell’associazione implicita, che o col significante
richiama un'impressione sensoria, o col significato trasforma il concetto
in rappresentazione immaginativa (pp. 139- 169).
I procedimenti del meccanismo espressivo sono intellettuali
in quanto operano con le categorie logiche, e illogici perchè consistono
nello scambio delle categorie logiche. Naturalmente la logica avverte
e interpreta immediatamente la illogicità dello scambio da cui scaturisce
l'espressività; se non l’avverte, l'espressività svanisce: p. es., se, quando
io dico «è una tigre » pensando a un uomo crudele, uno non capisce la
figura da me usata, le mie parole diventano per lui del tutto inespressive
(pp. 169-173).
‘L’implicazione sintetica, che è caratteristica della espressività,
distrugge la linearità fisica e intellettuale del segno linguistico, perchè
il significante acquista più significati nello stesso tempo. Così d’altra parte
il distacco dalle associazioni implicite trasforma il segno con valore sin-
tetico in segno con valore lineare: si pensi a festa che una volta associava
« vaso-di coccio » e «capo » (pp. 173-175).
Il segno affettivo è tale finchè il pensiero che lb sostiene è affettivo
ma, entrato nella lingua comune, perde la sua forza a poco a poco, ed
esce dall'uso oppure diventa intellettuale (arbitrario, lineare). Natural.
mente il pensiero affettivo conserva la sua forza attiva e ritrova la sua
GAERERAARA sii forme che continuamente si rinnovano (pp. 175-181).
“Da Linguaggio trasmesso e linguaggio acquisito (pp.
183- 211).
L’uso costante che i soggetti parlanti fanno della lingua li induce
a pensare chè essa sia un prodotto interamente naturale, cioè che, assi-
milata automaticamente, essa si evolva secondo leggi che sfuggono alla
coscienza, Tale credenza comune, erronea solo in quanto sia assoluta,
fu accolta dai neo-grammatici, i quali hanno studiati assai più la storia
che non il funzionamento delle lingue. Ma già il Meillet ha rilevato la
parte sostenuta dalla volontà nei mutamenti linguistici, e gli effetti delle
due forze, prima mostrate dal de Saussure, che agiscono a volta a volta
sulle lingue: cioè lospirito particolaristicoo«dicampanile », che
spinge le lingue a isolarsi in un rigido tradizionalismo, e la forza di in-
tercourse, chele spinge a interpenetrarsi e a unificarsi; nel secondo caso
è certo che.i parlanti sono costretti a far uso sempre più largo della ri-
flessione e della scelta deliberata.
È necessario tener distinta la lingua comesistema dalla parola o
linguai inazione,einquestailsoggetto pastanaa che vuole esprimere
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RECENSIONI
e imporre il suo pensiero, dal soggetto ascoltante che cerca sopratutto
di capire. Ora, da un lato il soggetto parlante è molto spesso indotto dal
bisogno di agire sull’interlocutore a mutamenti volontari e coscienti,
dall’altra il soggetto ascoltante, che interpreta la parola per mezzo della
lingua, è colpito da ogni innovazione, e accade che l’adotti e la propaghi;
egli è più cosciente del parlante, ed è colui che nella lingua introduce le
novità. Queste, siano vocaboli stranieri o dialettali o di lingue speciali,
o infine modificazioni individuali di qualsivoglia specie, appartengono alla
grande famiglia di prestiti, e costituiscono il linguaggio acquisito,
dovuto a procedimenti di scelta, di analisi e di combinazione che non
possono non esser coscienti. Inoltre tutte le forme d’espressione che l’in-
dividuo è costretto, nelle scuola e nella vita sociale, a sovrapporre alla
lingua passivamente appresa nell’infanzia, esigono, per essere assimilate,
uno sforzo che aumenta il controllo sul funzionamento linguistico m
proporzione della complessità dei fattori implicati (pp. 185-194).
(Fattidifunzionamento). Chilegge deve supplire tutti, oquasi, gli
elementi musicali della parola, la mimica, etc.; chi scrive deve rimediare
all’insufficienza della scrittura con procedimenti d'espressione che sareb-
bero inutili nell'uso ordinario. A tali combinazioni, in parte o del tutto
coscienti, sì aggiunge tutto il materiale della lingua scritta (intesa come
quell’insieme dei fatti di lingua cherispondonoa forme supe-
rioridella vita e del pensiero), il bilinguismo dei soggetti che vivono
dove al dialetto è sovrapposta una grande lingua di civiltà, l’infiltrazione
reciproca delle lingue. E si noti che tutto questo linguaggio acquisito,
cioè artificiale e cosciente, non diventa subito linguaggio trasmesso,
anzi dura come acquisito per più generazioni, perchè l'acquisizione si
fa in ambienti speciali, per mezzo della lettura e della scrittura, cioè
da adulti a adulti (pp. 194-199).
(Fatti di evoluzione). Poi che i fatti sociali, tradizionali e inco-
scienti, non conoscono salti, è evidente che il materiale linguistico tra-
smesso assicura la regolarità dell’evoluzione. Il materiale acquisito invece
la rallenta, come appare dall’esempio estremo delle lingue morte (1),
come il latino e il sanscrito: esse da secoli sono costituite completamente
di materiale acquisito (nei riguardi di chi le usa), e nessuna delle possibili
innovazioni individuali (errori, calchi, prestiti) diventa trasmessa. Come
è chiaro, il rallentamento prodotto dal linguaggio acquisito non può
essere incosciente (pp. 199-230).
(Fatti di struttura). Nè del tutto incosciente è la semplificazione
della struttura che si osserva nelle lingue continuatrici dell’i.-e., il gra-
duale abbandono degli elementi sovrapposti (alternanze, accento, tono,
quantità), il progresso verso l'enunciazione generale e astratta. È diffi-
cile credere che i soggetti parlanti abbiano operato codesta innovazioni
sempre incoscientemente, e più, che i soggetti ascoltanti le abbiamo ac-
colte e propagate senza farci caso (pp. 203-211).
L’A. termina osservando, a proposito dei fatti di struttura, che i
mutamenti accennati hannolo scopo di facilitare la comunicazio ne,
ma rendono più difficile l’espressione delle forme intuitive e personali
del pensiero: e ciò conferma l’antinomia notata più sopra (p. 211).
(1) Il termine è esatto, chi consideri uno stato linguistico, non la continuità
storica d’una data lingua.
— 588 —
RECENSIONI
V. L'insegnamento della lingua materna e la formazione
dello spirito (pp. 213-236).
Per le necessità della vita sociale moderna nessuna parte dello studio
elementare e medio è superflua, e tutto pare necessario fin da principio.
Molti si domandano ciò che l’allievo deve sapere e ciò che può ignorare;
l’A. ritiene che la cosa più importante sia cercare l’ordine naturale delle
acquisizioni, e seguirlo nell’insegnamento.
Anche per ciò che concerne il linguaggio, tutto, dall'ortografia
alla grammatica storica, è necessario; ma bisogna che ogni cosa venga
al momento giusto. La scuola comincia con l’insegnare la lingua scritta
a chi non conosce che la lingua parlata; e la insegna sulla base di re-
gole per lo più storiche convenzionali sorpassate (1); così che la gramma-
tica interviene prima che i fatti linguistici nuovi siano acquisiti dell’espe-
rienza. Sarà invece conveniente che l’allievo giunga alla grammatica
dopo un lungo esercizio sui vocaboli e sulle espressioni della lingua, dopo
aver appreso il senso preciso delle parole nelle espressioni che le conten-
gono, confrontati, e quindi scelti razionalmente, i modi di dire dialettali
volgari comuni con gli altri, osservati i contrasti tra la parola espressiva
e la parola intellettuale, etc. La grammatica verrà spontaneamente dopo
tutto cio. E poi un giorno l'allievo avrà una rivelazione che colpirà for-
temente la sua coscienza di soggetto parlante: comprenderà, dalle in-
coerenze della sua lingua, che prima di lui si è parlato diversamente,
e cercherà la spiegazione nella storia. Dopo che la lingua materna si sarà
esaminata in ogni senso, verrà il momento delle lingue straniere antiche
e moderne, il cui studio, trovando il terreno preparato, sarà fecondo di
risultati e farà meglio conuscere la lingua materna (pp. 215-236).
Milano G. B. PicHI
J. B. HoFrMans, Lateinische Umgangssprache, pp. XNVI+ 184, Heidelberg,
Carl Winters Universitàtsbuchhandlung 1926 (Idg. Bibliothek
I, 17).
Chi legga, dopo il Bally, il libro di J. B. Hofmann sulla lingua par-
latalatina (sermo cotidianus, Umgangssprache), vi trova una interessan-
tissima applicazione al latino dei principii sopra esposti e una larga de-
scrizione dei caratteri espressivi della nostra antica lingua.
Nell’introduzione ($$ 1-7), dopo aver brevemente rilevate le carat-
teristiche e le differenze tra Schriftsprache (Gemeinsprache, Ver-
waltungs- Verkehrs- Rechtssprache, etc.), che contiene un mini-
modi elementiaffettivieunmassimod'’intellettivi,elaUmgangssprache,
che di fronte alla Schriftsprache è principalmente una Affektsprache
($ 1), VA. enumera le fonti della nostra conoscenza del latino parlato: anzi-
tutto i comici (e Plauto più di Terenzio), le lettere non ufficiali di Cicerone
(specialmente quelle ad Attico), i satirici da Lucilio a Giovenale (Petronio
(1) L'A. si riferisce al francese moderno, in cui la differenza tra la lingua come
è scritta e tra la lingua scritta come è letta da un lato e lalingua parlata dal-
l’altro è enorme. Ma le sue osservazioni si possono applicare anche all’italiano: s
pensi a certe nostre regole d’ortogratia (Ho, ha: etc.), sull’uso dei pronomi (gii, le,
loro), sull'uso del passato remoto, ecc. gi È
— ISO --
RECENSIONI
più di tutti), poeti come Catullo Fedro Marziale ($$ 2-4); aggiunge ($ 4, in
fine) cheicriteri generali sì ricavano dallo studio delle Umgangssprachen
moderne, e cita le opere del Wunderlich per il tedesco, del Bally per il
francese, dello Spitzer per l'italiano (1). |
Nelle « premesse metodiche » ($$ 5-7) l'A. stabilisce la gradazione tra
l’espressione puramente irftellettiva e la puramente effettiva: il concetto
di multum te amo diventa in parte affettivo se è espresso con frasi del tipo
quantum te amo! o te ego non amemò?; l’affettività è rinforzata dall’ellissi
in fantum te amol... o num te amem!?: i due elementi sono accostati in
oh! multum te amo; infine mi fili! è espressione puramente affettiva.
Il capitolo I ($$ 8-112 die subjektiv-affertische Seite der Umgangsspra-
che) comincia col descrivere la composizione delle proposizioni affettive:
interiezioni onomatopeiche e primarie ($$ 8-24), prese a prestito dal
greco ($$ 25-33), secondarie da parole sintattiche, forme verbali, pronomi,
particelle, etc. (2) ($$ 34-45), particelle di negazione, affermazione, inter-
rogazione ($$ 46-47), formole interrogative mechanisiertecomequid ais,
ain tu’ quid vis etc. ($$ 48-50). Poi studia l’efficacia affettiva della abbre-
viazione per ellissi, aposiopesi e simili, nell’accusativo e nell’infinito
esclamativo, nell’infinito storico ($$ 51-68). Poi gli elementi affettivi conte-
nuti nelle espressioni intellettive: sono intanto la geminazione e l’anafora
($$ 59-64); inoltre uno stato d’animo può essere espresso da una particolar
forma modale, p. es. nelle frasi esclamative, nella interrogazione retorica,
nelle frasi ironiche ($$ 65-68). Infine le espressioni intensive e negative, le
indicazioni di tempo, le formole di imprecazione e d’ingiuria etc. sono
soggette, qualunque sia il loro contenuto affettivo iniziale, a logorarsi
e intellettualizzarsi: di qui il loro rinnovamento mediante amplificazioni
e abbondanze ($$ 69-97): multum diventa il ciceroniano încredibiliter (p. es.
ad Att. 8,7, 1) o il plautino insanum (p. es. Mil. 24); accanto a non
intellettualizzato si svolgono le forme nihil, nullus, nullo modo, minime,
etc.; nauci, pili, assis, etc. accanto a nihili; nascono indicazioni temporali
come e vestigio e tlico; sono frequenti i comparativi e superlativi nati dal
bisogno di espressività: Poen. 991 nullus me est hodie Poenus poenior,
Pseud. 328 hic mihi nunc est multo potior Iuppiter quam Iuppiter, ad
Att. 7, 17, 2 nihil unquam legi scriptum onotwtepov etc. Dallo stesso
bisogno traggono origine le abbondanze, il cui effetto è spesso accresciuto
da allitterazione, omofonia o rima: Amph. 566 nemo homo, ib. 551 se-
quor subsequor te, ad Att., 15, ID, 1 in funus cui funeri ego quoque operam
dedi (3), Trin. 1096 fidel: et fido et cum magna fide, Capi. 825 regum rex
regalior, Pseud. 940 memor meminit, Aul. 420 amplius... plus, Men. 54
magis maiores nugas; ripetizioni come in Most. 517 hic homo est inanis::
hic homo est certe hariolus e simili; uso dei pronomi personali, di i//e, di
unus (4). |
Le ultime due sezioni del cap. I descrivono il periodo affettivo
(1) H, WUNDERLICH, Unsere Umgangsprache in dev Eigenari shrer Satzfigung
dargestelli, Weimar und Berlin 1894. CH. BaLrtv, Traité de stylistique francaise,
Heidelberg L. SpitzER, /talienische Umgangssprache, Bonn 1922.
(3) Alle interiezioni secondarie descritte dall'A. si può aggiungere uliro nel
senso d'apere: p. es. Capt. 551 ultro istum a me.
(3) Nel 8 86 sarebbero da citare i noti esempi di Cesare, p. es. bè.g. 1, 6, I
stinera duo quibus ttineribus, sb. 4 diem dicunt qua die.... îs dies erat.
(4) Vorrei che in uno degli ultimi $$ della terza sezione l’A. avesse trattato di
res e homo usati come pronomi. .
RECENSIONI
‘ ($$ 98-108 caratteri generali, nomitativo isolato enfatico ripreso da un
“pronome, paratassi), caratterizzato dal rilassamento dei membri sintat-
tici, e la collocazione atfettiva delle PATO ($$ 109-112) apposizione, epi-
‘teto, chiasmo, hysteron-proteron).
Questo I capitolo costituisce la grammatica della lingua parlata.
Ma, poi che nell’esercizio della parola il soggetto parlante ha, di fronte
al soggettò &scoltante, una sua attitudine particolare, è necessario stu-
diare i sudi: procedimenti di linguaggio. A tale argomento l'A. dedica
il cap. II (die Rolle des Partners in der Aeusserung des personlichen Ge-
dankens), in cui studia le formole di preghiera e di persuasione ($$ 113-125:
p. es. inquam, mihi crede, amabo, praefiscini, sodes, etc.), i mezzi linguistici
a servizio della captatio benevolentiae ($$ 126-131 plurale sociativo,
dativo etico, diminutivi, espressioni di tenerezza o di‘repulsiane, formole
di attenuazione sociale), l’eufemismo, la litote, l’ironia ($$ 132-135).
La lingua parlata è per sua natura affettiva e tende all’espressione
integrale e insieme alla comunicazione del pensiero nell’interesse del
.soggetto parlante: da ciò l’espressività ottenuta coi mezzi già descritti,
che sono in genere (a parte le interiezioni dei $$ 8-45 e le espressioni
amplificate dei $$ 69-80) formali indiretti ed esteriori, e con quelli che lA.
‘descrive nel cap. III (der sinnlich-anschauliche Zug der Umgangssprache)
diretti ed espressivi in sè, cioè il vocabolo e la frase concreti ni 7 140),
e la metafora ($$ 141-144) {1}. . i ie nia
Ma il bisogna. «d'espressività diventa dullo: se & situazione i (realtà
‘extra-linguistica anche sotto la forma del contesto. (2)) è espressiva per
sè quanto basta al bisogno del parlante. L'A. tratta appunto nel IV e
ultimo capitolo (der triviale und sparsame Zug der Umgangssprache) del-
l’uso dei verbi generali e incolori ($$ 150-153), delle ellissi economiche
($$ 154-159) (3), delle brachilogie ($ 160). :
Concludo con alcune osservazioni Ecnerala, sE aggiungersi alle poche
e particolari che ho messo in nota.
Lo svolgimento della materia importantissima dei capitoli II III e
IV (pp. 125-174) mi pare troppo breve, avendo riguardo alle centosedici
pagine (pp. 9-124) del cap. I. D'altra parte l’ordinamento è, come già
ho accennato, talvolta poco convincente: p. es. l’espressività per ellissi
e abbreviamento è trattata nei $$ 51-57 e 154-160; la questione del rinno-
vamento, svolta nei $$ 69-82, è ripresa nel $ 148; il $ 58 appartiene più
propriamente al II che non al I capitolo.
I procedimenti della lingua parlata sono in genere sempre gli stessi:
gli elementi espressivi invece non soggetti a mutare rapidamente, tanto
che è meno facile delimitare uno stato di lingua parlata che non di lin-
gua letteraria. Ciò dato, l’A., che va punto per punto da Plauto a Petro-
nio fino al latino tardo, segue un metodo adatto, a parer mio, alla trat-
tazione storica particolare d’un solo procedimento linguistico, non ad una
trattazione generale: a meno che in ciascun capitolo non si faccia una
(1) Confesso che non vedo chiaro il legame tra i $$ 145-149 (gli aggettivi nella
lingua parlata, infiniti sostantivati, rinnovamento delle particelle e delle preposi-
zioni, contaminazioni) e i precedenti; sarebbero meglio a posto, se non m'inganno,
nella quarta e quinta sezione del cap. I.
(2) Cfr. Barry, Le langage et la vie, pp. 143-145.
(3) Agli esempi del $ 154 si può aggiungere Cat. 14, 16 non non hoc tibi, false,
sic abibit. Nel $ 155 tra i pronomi usati con nome noto e sottinteso manca if sé
« padrone ».
— 591 —
RECENSIONI
distinzione netta di epoche o stati linguistici. E poi che noi possiamo ri-
costruire in modo sufficiente un solo momento della lingua parlata la-
tina, quello che ci fan conoscere i comici, credo che sarebbe più conve-
niente limitare la descrizione a questo, riservando, se mai, a note, che la
scarsità delle fonti non lascerebbe mai allungare oltre misura, gli stati
linguistici posteriori.
Credo poi che sarebbe utile, in ogni modo, mettere in rilievo il fat-
toreambientesociale: ciò che porterebbe inoltreatrattaredel materiale
immesso dalle lingue speciali nella lingua comune parlata, e anche dei
procedimenti espressivi di quelle, tra le lingue speciali, che in realtà
, sono le lingue parlate di certi ceti, e gruppi sociali.
Infine vorrei che la bibliografia (pp. XV-XVI) non fosse, così com'è,
limitata; p. es. al $ 148 poteva essere ricordato lo studio del Meillet sul
rinnovamento delle congiunzioni (1), che l’A. stesso cita in un'altro suo
lavoro (2).
Però nel complesso l’opera è nuova, bella e buona; e ha quelle doti di
esatta informazione, di chiarezza e di elaborazione intelligente che atti-
rano la simpatia e l’interesse degli studiosi.
Milano G. B. PicHI
A Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD HAILE, O.
F. M. of the Cincinnati Province of St. John the Baptist. pp. XI+- 324.
St. Michael’s Arizona 1927.
Una prima sistematica, esatta e possiam ben dire compiuta e defi-
nitiva esposizione della struttura della lingua Navahlo ci è offerta da
un cospicuo volume del P. Berard Haile, O. F. M.
Il Navaho, lingua americana parlata fra il sud del fiume San Juan
il N-E dell'Arizona e il N-O del Nuovo Messico, appartiene al gruppo
Athapaskan della famiglia Na-dene, la quale si estende dallo stretto
di Behring al Messico (v. Epwarp SAPIR, The Na-dene languages, a
preliminary report. 1915) e costituisce secondo la distinzione dataci dal
Radin (PauL RADIN, The genetic relationship of the North-American
indian languages, 1918-1919) l’ultimo dei tre gruppi in cui egli divide
tutte le lingue nord-americane, mentre nella enumerazione alfabetica
del Rivet (cfr. PAUL RIVET, Langues Américanes in: MEILLET e CAHEN,
Les langues du monde 1924, 597-712) occupa fra esse il duodecimo
posto.
L'applicazione del più severo e moderno metodo scientifico nello
studio di una lingua, per la quale, come è del Navaho, non abbon-
dano certo quei mezzi d’indagine di cui ormai son così ricche anche
le meno importanti lingue europce ed asiatiche e gran parte delle afri-
cane, rendono l’opera del P. Haile un preziosissimo contributo, di
cui gli americanisti in particolare e gli studiosi in genere debbono
essergli vivamente grati.
Milano AMBROGIO BALLINI
(1) A. MeILLET, Le renouvellement des conjonctions in Linguistique historique et
linguistique générale, Paris, Champion, 1921, 1926, pp. 159-174.
(2) J. B. HorMmanx, Entwicklung und Stand der lateinischen Sprachforschung
n SioLz-ScHMaLz, Lateinische Grammatik, Munchen, Bech 1926, pp. 1-35.
— 902 —
NOTIZIARIO
1. — Ancora per la traduzione delle opere del Columella. —
A correzione dell'articolo apparso in Raccolta Ramorino pp. 449-472
ripubblichiamo l’Aggiunta:
Die in den obigen Zeilen ausgesprochene Vermutung hat bereits ihre
Bestàtigung gefunden. Kurz nach der Absendung meiner Arbeit habe ich
dank der ausserordentlichen Liebenswiirdigkeit Herrn Professor Lund-
stròms das iberaus interessante Buch » Palladii Rutilii Tauri Aemiliani
viri illustris Opus agriculturae. Liber quartus decimus De veterinaria
medicina, edidit Josef Svennung (9 Gtoburgi 1920) » erhalten. Ohne die
Entdeckung Sabbadinis zu Fennen, fand Herr Svennung dieselbe Hs.
Ambr. C. 212 inf. und gab die sich dort befindenden Excerpte aus Co-
lumella so wie die anderen veterinàaren Texte heraus, wobcei es ihm auch
fast ilberall gelang firr die letzteren ihre griechischen Vorlagen festzu-
stellen. Fiùr die Excerpte aus Columella werden die Varianten der voll-
stindigen Uberlieferung angefùhrt, namentlich aus SA und aus einigen
Iè (bà x). Am wichtigsten in der Arbeit Sternings erscheint aber sein
Versuch zu beweisen, dass die Excerpte Ambr. C. 212 inf., welche ihren
Platz zwischen den 13 prosaischen und dem letzten poetischen Buche
des Palladius inne haben, authentisch sind und das vierzehnte prosa-
ische Buch des Opus agriculturae bildeten (vgl. den Anfang des poeti-
schen Buches: Bis septem parvos, opus agricolare, libellos Quos manus
haec scripsit parte silente pedum, Nec strictos numeris etc.). Da der
Umfang der vorliegenden Arbeit mir nicht erlaubt, die so iberaus
lockende Hyphotese Herrn Stcennunes und die von ihm angetihrten
Varianten der Lundschriftlichen Ueberlieferung ausfuhrlisch zu behan-
deln, habe ich es vorgezogen, meinen Aufsatz nicht zu andern in der
Hoffnung, dass es mir anderweitig moglich scin wird, eine volistàndigere
Bewertung der neuen Quelle fur die Iritik Columellas durchzufilren.
Hier méchte ich nur folgendes anmerken. Die Hss, der Klasse
fallen in keinem einzigen derjenigen Falle, wo die Vorziiglichkeit der
Excerpte vor den Lesungen der Klasse « klar zu Tage tritt mit den
Fxcerpte zusammen iberhaupt wird *) fir die veterinaren Teile des
Columella dasselbe Verhiltnis zwischen der Klasse a und den Hss. dd x
festgestellt, welches wir im Liber de arboribus beobachtet haben. Die
Lesungen von d d x erweisen, indem sie die zahlreichen Fehler und fast
(*) Was die oben analv»ierten Beispiele betrifft, welche den Wert der Excerpte
bezeugten, so bringen A und A nichts von SU oder den ersten Ausgaben unter-
schiedisches, Doch mobchte ich aut Grund der Angaben Svernrnunig hinzufilgen, dass
A VI 14,7 ad siccum cerint und VI 34,1 det bietet.
—* 003 “ahi
Aevum - Anno I - 38
NOTIZIARIO
alle Licken der Hs. A wiedergeben, keine Eigentimlichkeit, auf deren
Grund man die Benutzung irgend einer von der Klasse « unterschied-
lichen Uberlieferungslinie sicher behaupten kéònnte **). Wie es scheint,
bestaàtigt sich die am Ende des ersten Kap. der vorliegenden Arbeit
angedeutete Mòglichkeit, dass f nicht nur den Liber de arboribus, nicht
enthielt, sondern ilberhaupt einen fragmentarischen Charakter hatte.
Jedoch, insofern die Griinde, welche Svennung zwangen, sich nur mit
den Varianten der Hss. bd 4 x zu begniigen, unbekannt sind, muss man
mit dieser Schlussfolgerung bis zum Erscheinen des volstandigen kri-
tischen Apparates zum VI. und VII. Buch warten.
J. TROTZKI
2.—« Historia »— Studi storici per l’antichità classica, fondati
da Ettore Pais, nuova serie. — È uscitain questi mesi la nuova rivista
trimestrale di storia e antichità pubblicata a cura del « Popolo d’Italia »
in un primo fascicolo, in 16° grande, di ben 234 pagine per i mesi gennaio-
marzo. La direzione è affidata a Carolina Lanzani, Giovanni Niccolini e
Filippo Stella Maranca, assistiti da un consiglio di direzione costituito
dai senatori Chiappelli e Scialoia e dai professori Ciaceri, Columba, Ducati,
Lanciani, Oberziner, Pais, Sabbadini, Solari, Zuccante e Zuretti e dai
redattori Ezio Camuncoli, e Giuseppe Ostinelli. Dopo il saluto augurale
di Arnaldo Mussolini, fondatore della Rivista e di S. E. il Ministro Fedele
la prof. Carolina Lanzani espone il programma della Rivista; continuare
cioè la tradizione degli Studi storici per l’antichità classica fondati dal Pais
nal 1901, che alla loro volta avevano tenuta viva una parte degli Stu-
di storici pubblicati prima d’allora a Pisa dal medesimo Pais e da
Amedeo Crivellucci: dotare l’Italia di «un periodico.... il quale potesse
reggere il confronto coi grandi periodici che gli stranieri pubblicano
sulle antichità nostre ». Nessun programma di scuola e di metodo, ma
larga ospitalità ad ogni scuola e ad ogni metodo; estensione ragionevole
di studio alla storia e alle scienze afhini; rubriche informative; notizie di
vita scientifica universitaria; discussioni, ma non polemiche, ispirate
da motivi personali; il tutto «tenendo conto via via e del
diverso atteggiarsi della critica e di nuove aspirazioni» e secondo.
il «nutrimento che l'opera e il consiglio dei migliori sapranno darle »
Parole nobili senza dubbio, anche se per avventura si desidererebbe di
sentire aggiunto alla gentilezza femminile della direttrice-responsabile,
qualche più virile espressione di propositi netti e ben definiti, quali la
scuola italiana, e non dico una scuola italiana, può oggi proporsi per
l'attuazione immediata.
Vario di contenuto è questo primo fascicolo: esso si inizia colla
pubblicazione di un capitolo inedito della Storia di Roma durante
le guerre puniche che il Pais sta stampando in due volumi presso la casa
Optima di Roma: il capitolo è intitolato: Conseguenze della seconda guerra
punica. L'unità d'Italia, le basi dell'impero mondiale; seguono Appunti
sullo iure Papiriano di Giovanni Oberziner, e una breve nota di Arturo
Solari intitolata Per l’antichità di Rovereto; tali scritti insieme con una
ricerca assai interessante e importante di un giovane laureato dell’Uni-
(**) Ich notiere jedoch VI, 5, 4 ea labi SA4b elabi dxE Pel VI, 6,2 subsidio
SA sub dio da sub divo x e Veg.
— 594 —
NOTIZIARIO
versità di Genova, Marco Segrè, sopra Pausania come fonte storica co-
stituiscono la parte più propriamente di indagine storica di questo fa-
scicolo. Le scienze affini sono rappresentate... da una tirata d’orecchi di
Carlo Albizzati sotto il titolo Ana/ecta Gruenesiana, tirata d’orecchi....illu-
strata da ben nove nitide illustrazioni; da una ricerca di Remigio Sabbadi-
ni sui Codici di Apicio, che pur trattandosi de re coquinaria, cioè dell’arte
del cuoco, ha richiesto cure non meno sollecite e dotte dall’illustre edito-
re di Virgilio, dalla prolusione al corso di Pandette tenuta quest'anno dallo
Stella Maranca nell'Università Adriatica « Benito Mussolini » sul tema
Quinto Ennio e lo studio del Diritto Romano; da una nota filologica
su un passo di Vitruvio dovuta alle cure di Francesco Pelliti. Il resto
del fascicolo è occupato da recensioni o meglio da presentazioni
di libri varî, dai necrologi del De Ruggiero per opera del Calza, cui segue
una pregevole lista di tutte le sue pubblicazioni, del Comparetti per opera
del Neppi-Modona, da un ricco spoglio di periodici e di atti accademici,
generalmente italiani, quasi tutti per opera di Mario Segrè, e talvolta di
Concetta Barini, infine da raccolte di notizie svariate, se pure ancora
irregolarmente coordinate fra loro che sono una delle parti più caratteri-
stiche e più utili del periodico, tanto che vale la pena di enumerarli:
precede l’annuncio fatto dall’on. Mussolini alla R. Società Romana di
Storia Patria del progetto di scavo a Nemi e ad Ercolano, ormai noto e
riprodotto anche dai quotidiani; segue un notiziario archeologico per l’an-
no 1926 per opera del Pellati, con informazioni talora attinte a fonte di-
retta e con qualche illustrazione: un copioso notiziario del Convegno
— Nazionale Etrusco ad opera del Ducati; uno del Convegno Archeologico
Sardo ad opera del Taramelli; malgrado il bollettino del Pellati il Calza
scrive poi una Rassegna Archeologica di Roma che ripete alcuna cose già
dette prima, ma altre ne aggiunge importanti. Ne ripete pure alcune
già dette altrove, ma è nel suo genere un bollettino assai ricco e assai
originale (e meriterebbe di essere imitato per altre regioni d’Italia) il
notiziario intitolato « Corrispondenza dalla Toscana » dell'amico Aldo
Neppi Modona; non mi è parso invece all'altezza di un periodico scienti-
fico e di alta coltura la nota « il Bilancio dell’alta Coltura in Italia per il
1926 » di Carmen Scano, incompleto affatto e superficiale, utile in un
quotidiano, non in MHistoria; e un rimprovero vorrei fare, alla dott.
Bruna Tamaro, non per quello che ha scritto sul nuovo Museo Ar-
. cheologico di Pola, ma per quello che non ha scritto, cioè per quel molto
e buono che ne poteva scrivere, chè con tanta cura e competenza e abne-
gazione si dedica ad un’opera che è insieme di scienza e di italianità e che
deve, assolutamente deve, essere intesa e incoraggiata e aiutata da chi ha
la responsabilità della Istruzione Pubblica, e da quanti vogliono tradurre
il proprio sentimento patriottico più che in parole e in applausi in ope-
re di coltura e di vita.
Per mostrare infine che nessuna parte del nuovo fascicolo fu da noi
trascurata dirò di un interessante bollettino, che così come è fatto è
forse il primo del genere che appare in Italia, il bollettino degli argomenti
svolti dai professori di Storia Antica, Antichità, Archeologia nelle Uni-
versità Italiane nell'anno 1925-20 e quelli, ormai pure svolti, nel 1926-27.
Come parte in causa non voglio entrare nel merito della cosa; dirò soltanto
che esso sì presta a considerazioni assai interessanti, talune piacevoli,
talune meno, e più e meglio gioverebbe allo sewpo il potere averlo suc-
— 595 —
NOTIZIARIO
cessivamente degli anni venturi per un utile confronto, utile, s'intende,
per chi considera la vita Universitaria, non come una sîne cura, ma come
altaf unzionedi scienza e di magistero nello Stato stesso e per lo Stato e per
i cittadini. E concludo: Historia come tuttii periodici che iniziano la loro
vita,e bene l’hanno inteso i direttori, è ancora il principio di un’idea, piut-
tosto che l’idea concretata in opcra definitiva e potente: tuttavia, poichè
crediamo fermamente che le idee diventano opera solo quando trovano
volontà e mezzi per tradursi in realtà pratica, quella realtà che lungo il
cammino rettifica, completa, perfezioea i primi tentacivi, così noi salu
tiamo con viva soddisfazione la Rivista or ora apparsa come un nuovo
indizio della rinascita spirituale italiana anche nel campo degli studi
antichi. Che se anche altri periodici sono già in Italia, e cito la Rivista
di Filologia Classica diretta da un grande storico, Gaetano De Sanctis,
e da una delle più belle speranze della filologia italiana, Augusto Rostagni,
che possono perfettamente « reggere al confronto coi grandi periodici che
gli stranieri pubblicano sulle antichità nostre », tuttavia auguriamo che
Historia trovi costanza di collaborazione, abnegazione e sacrificio
di una preparazione non affrettata, ma meditata e sicura, concordia di
studiosi e di cittadini tale, che mentre giovi alla scienza universale,
sia anche affermazione di lavoro, di nobiltà, di fede italiana. Quod est
invotis. *
ARISTIDE CALDERINI
3. — Onoranze a Felice Ramorino. — Il giorno q giugno p.p.l’Uni-
versità Cattolica raccoglieva intorno al Preside della Facoltà di Lettere
e Filosofia, prof. Felice Ramorino, professori, studenti, amici, estimatori
dell'Uomo venerando, che dopo 52 anni di magistero, avendo raggiunto
i limiti di età, era costretto a lasciare l'insegnamento ufficiale. La ceri-
monia, improntata, come usa fra noi, ad austera semplicità e insieme a
intimità cordiale, quasi domestica, è stata nel medesimo tempo una prova
di grande stima e di affetto per il collega carissimo e una manifestazione
di simpatica colleganza di Università italiane e di Università straniere
verso la nuova consorella, che non è parsa poco significativa.
AI mattino professori c studenti erano convocati nell’Atrio dell'Aula
magna, dove Padre Gemelli celebrò la Messa in onore del festeggiato;
nell'occasione l’Associazione studenti dell’Università Cattolica volle che
il venerando Preside fosse padrino per la benedizione della loro bandiera;
ad essi il Ramorino rivolse parole augurali.
Nel pomeriggio l'Aula Magna andò affollandosi di autorità e di
invitati, di colleghi accorsi anche da altre Università, sopratutto dalle
* Mentre questo fascicolo era in inacchina ci è stato inviato anche il 2° fascicolo
del nuovo periodico che contiene un notevole articolo di Edoardo Galli Antiche ve-
stigia nel Dominio Cosano dei Domizi Ahenchardr (pp. 3-57), uno di Alfredo Trom-
betti su La fingua etrusca e gli studi stericî (pp. 58-76) e uno di Remigio Sabbadini
su (Giovanni Aurispa scopritore di testi antichi (pp. 77-84); in fine sono pure alcuni
interessanti contributi storici e topografici di scolari del Pais e del Solari, — Re-
censioni numerose sono scritte dal Patroni, dal Niccolini, dall'Antonielli, dalla TLan-
zani: il Romanelli e il Galli forniscono notizie. bibliografiche e archeologiche. —
Disapproviamo Tidea di ricominciare la numerazione delle pagine dall’1 ad ogni
fascicolo; è un sistema che bibliograficamente da luogo a inconvenienti numerosi,
e facciamo voti che col nuovo anno la direzione voglia seguire il sistema più uni-
versalimente adottato.
— Mb —
NOTIZIARIO
Università Regie di Milano, di Pavia, di Torino; erano ufficialmente rap-
presentati le loro Eminenze il Cardinale Bisleti, prefetto della Congre-
gazione degli Studi, il card. Tosi dell’Archidiocesi di Milano, il card.
Pietro Mafti di Pisa, il card. Mistrangelo di Firenze; S. Eccellenza il
Ministro Fedele, il Prefetto di Firenze, il Podestà di Pavia e quello di
Mondovì, città natale del Ramorino; avevano aderito inviando o dele-
gando un rappresentante, o con telegrammi, indirizzi e lettere, le seguenti
Università: Aix-Malseille, Angers, Basilea, Bologna, Brno, Cagliari,
Catania, Clermont-Ferrand, Firenze, Friburgo (Svizzera), Genova, Gi-
nevra, Gottinga, Grénoble, Innsbruck, Kébnigsberg, Lipsia, Monaco,
Minster, Napoli, Neuchatel, Palermo, Parigi (Sorbona), Pavia, Pisa,
Poznan, Roma, Torino, Utrecht, Varsavia, Zurigo.
Erano pure rappresentati la Facoltà Teologica e il Seminario Maggiore
di Milano, il R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, l'Accademia
Virgiliana di Mantova, la Società Atene e Roma per l’incremento e la
diffusione degli studi classici e nella sua sede centrale di Firenze, e nelle
sezioni di Trieste e di Milano, l’Arcadia.
Una speciale menzione si deve fare dell’adesione ufficiale del R. Liceo
Cesare Balbo di Chieri, in persona del preside Chiavassa, perchè a Chieri
il Ramorino aveva insegnato prima di salire la cattedra Universitaria.
Ricordare le centinaia di adesioni individuali di professori Univer-
sitarî italiani ed esteri, e di professori di scuole medie italiane, moltissimi
già discepoli del festeggiato è impossibile; ci limiteremo a citare in appen-
dice a questa cronaca tre indirizzi in versi latini che vale la pena di far
conoscere ad un pubblico ampio. Un applauso fragoroso accolse il prof.
Ramorino al suo salire sul podio dell'Aula Magna accompagnato dal Ret-
tore, dai Presidi e direttori delle Facoltà e Scuole dell’Università Catto-
lica, dai rappresentati del Senato Accademico e del Consiglio di Am-
ministrazione, da mons. Cazzani, vescovo di Cremona, il quale oltre che
rappresentare nella celebrazione l’Episcopato italiano recava l’adesione
e la rappresentanza dci più antichi scolari del Ramorino, quelli
dell’Università di Pavia. Prese subito la parola il Ramorino che in
un suo latino sobrio ed elegante, con voce calda e persuasiva
intrattenne l’uditorio sopra l’indirizzo e il metodo del suo insegnamento
ormai concluso ed espresse all’uditorio i propositi di lavoro che ancora lo
animano e a cui intende dedicare la sua vecchiezza rigogliosa e fio1en-
te. L’Annuario dell’Università per il 1026-27 che è in corso di stampa
riporterà integralmente le parole dell’illustre Uomo. Ebbe quindi la
parola mons. vescovo Cazzani che espresse la riconoscenza e il plauso dei
più antichi discepoli e soprattutto degli innumerevoli sacerdoti che, fre-
quentando la scuola del Ramorino per addottorarsi in lettere o in filo-
sofia ammiràvano nel maestro anche la bella figura del Cristiano e del-
l'Uomo. A nome dei discepoli disse pure belle e calde parole il prof. Gino
Mazzoni del R. Liceo classico di Siena, venuto appositamente a portare
l'adesione soprattutto dei discepoli del Ramorino allo studio di Firenze.
E l’adesione e la riconoscenza dei discepoli della scuola di latino dell’ Uni-
versità Cattolica disse lo studente Del Santo, che ha conseguito la laurea
in questi giorni, e che vclle esprimersi in latino per dimostrare col fatto
come l’insegnamento del Ramorino si traduca in atto nei suoi discepoli
anche giovanissimi. La parola infine del Rettore, padre Agostino Gemelli,
conclusein felicissima sintesi il sentimento e il pensiero di tutti i presenti
— 597 —
NOTIZIARIO
e di moltissimi che avevano aderito alla festa da lontano, annunciò il
plauso del Santo Padre, che volle conferita al festeggiato la Commenda
di S. Gregorio Magno, le congratulazioni e i voti del Ministro della P.
Istruzione, dei Cardinali, di Università Nazionali ed Estere e offerse
a nome dei Colleghi un volume di scritti raccolti in onore del Ramorino
da apposito Comitato presieduto dal Rettore stesso, al quale contribui-
rono ben sI autori di varie nazioni a testimoniare l'ammirazione e la
gratitudine della scienza internazionale per il classicista e lo studioso
italiano.
Poichè può interessare gli studiosi il conoscere il contenuto del vo-
lume ne riportiamo qui il sommario:
Gino FunaroLI, Z Cesari di Svetonio — VicroR MAGNIEN, Les
composés dans la langue et la poésie homérique — ENGELBERT DRERUP,
Antikritische Odyssee-Studien — MARIO ATTILIO LEVI, Studi su Timeo
di Tauromenio — Pietro DE FRaAncisci, Una questione cronologica
relativa alla compilazione del Digesto — PaoLo FABBRI, Claudiano in
Sicilia e il Ratto di Proserpina — Luigi CASTIGLIONI, In Senecam rhe-
torem, Pomponium Melam, Cornelium Nepotem, animadversiones cri-
ticae — PaoLo ROTTA, La lettera CXXI di Seneca e la teoria dell’istinto
nello stoicismo — M. BuDpIMIR, Fortuna Viscata — MARIO SALMI, Ri-
lievi lombardi tratti da stampe del Mantegna (con 4 tavole) — FRANK
TENNEY, Arrius, Catullus, Carm. 84 and Lucilius Hirrus — CAMILLO
CESSI, Romanzi virgiliani — PaoLo UBALDI, Un ricordo crisostomeo
nel « Giorno » del Parini — FR. ELEZOVITCH, Rerum universitatis pulchri-
tudo — CarLo LANDI, Alcune osservazioni sulle odi romane di Orazio
— Guic. KroLL, De Claudii morte — CHARLES H. BEESON, Paris Lat.
7520. A Study in Insular Symptoms — GrorcES MÉAUTIS, Les adver-
saires de Péyiclès — V. Vutic, JI! luogo di nascita di S. Girolamo —
EugcEN FEHRLE, Zu Varro, Res vust. I, 2, 25 ff. — ALBERTO CORBEL-
LINI, L'ironia e le ambagi ‘del Vate nell’ 01) XVI di Orazio — G. A.
S. SNYDER, De Sarcophago quodam Delphis in Museo Syngrio conservato
(con 4 tavole) — ALEXANDER SOUTER, Miscellanea Latina — SAL.
Luria, TON ZOY YION ®PIZON (Die Oidipussage und Verwandtes)
— GaETANO Curcio, Gli Epodi di Orazio — GIULIO SALVADORI « Ubi
Petrus, ibì Ecclesia » — GIOVANNI BATTISTA PIGHI, Il Libro di Catullo
Veronese — JEAN TorstoI, Une survivance du language des contes po-
pulaires chez Hérodote — PIERRE JOUGUET, Une novelle requéte de Magdbdla
— EMILIO ALBERTARIO, Le definizioni dell’obbligazione romana — KURT
WITTE, Der Literaturbrief des Horaz an Augustus — MARCELLO CAM-
PODONICO, Gli « Arcana fatorum » dell’Eneide — RopoLFo VARI, Quid
affinitatis Oppiani Halieuticorum codices nonnulli habeant, quaeritur —
STANISLAUS WITKOWSKI, De Homero artis regiones describendi inventore
— ]J. TROTZKI, Studien zur Uberlieferungsgeschichte Columellas — ERNST
KALINKA, Der Sapphische Elfsilber des Horaz — GAWRIL I. KAZAROW,
Une nouvelle inscription relative à l’histoire de la Thrace ancienne (con
1 tavola) — NicoLa TERZAGHI, Un codice torinese delle Epistole di Cs-
cerone (con 1 tavola) — ACHILLE BELTRAMI, Seneca e Frontone — GIULIO
GIANNELLI, La colonia panellenica di Turi nei primi trent'anni dalla
sua fondazione — LupwiG RADERMACHER, in mythisches Bild in der
Apokalvpse der hl. Anastasia — MARCO GALDI, De Tertulliani « de cultu
feminarum » et Cypriani « ad virgines » libellis Commentatio — ALBERTO
CHIARI, De codice laurentiano XXNXIT, 16 — GIOVANNI GALBIATI, Ovidis
de piscibus et Gratii de venatione fragmenta Ambrosiana — KARL MAROT
Aus der Frihzeit der Epik — TH. ZIELINSKI, Abiecta non bene parmula...
GiusEPPE GHEDINI, Uso anormale del piuccheperfetto congiuntivo in
— 598 —
NOTIZIARIO
Optato di Milevi — PaoLo REVELLI, Figurazioni cartografiche dell'età
imperiale in un codice ambrosiano di Solino del primo trecento (con 1 ta-
vola) — FEDERICO AGENO, Indicazioni di senso negli Ichneutai di So-
focle — JosePH MESK, Zu den Prosa - und Vershymnen des Aelius
Aristides — ARISTIDE CALDERINI, Quid de optimo viro praedicent tituli
in urbe Roma et in Africa reperti.
Il Rettore dell’Università Cattolica ha ringraziato già direttamente
quanti hanno aderito alle onoranze tributate al Ramorino; tuttavia
desidera che anche dalle colonne di questo periodico sia rinnovata l’espres-
sione della gratitudine sua e dell’Istituto che ha l’onore di presiedere.
All’egregio Uomo poi la Facoltà tutta, di cui questo periodico è espres-
sione, desidera porgere anche di qui nuovamente l’augurio che le colonne
dei « Bollettini bibliografici» possano ancora spesso o per molti anni re-
gistrare pubblicazioni uscite dalla sua penna o notizie che riguardino la
sua attività di studioso e di Maestro.
Chiudiamo ricordando gli indirizzi metrici latini pervenuti all’Uni-
versità in onore del Ramorino:
Dai senatori Albini, Cocchia, Mazzoni, Raina, Scherillo, Tamassia,
Vitelli questo distico:
Ex animo veteres veterem salvere iubemus
conlegam comites fortiter emeritum.
Dal prof. Carlo Landi, del R. Istituto Superiore di Magistero di
Messina: i
Ad Felicem Ramorino
pr. Non. Iun. a. MCMXXVII rude donatum.
Innumeros, Felix, linguae secreta latinae
discipulos valuit lingua docere tua.
Scripta patrum virtute tua renovata virescunt,
nos magis arripiunt maxima facta patrum.
Jure igitur meritum grati testantur honorem,
quorum ego pars olim quantulacumque fui.
Nunc quoque doctrinam largiri perge, magister,
donatus quamvis iam rude, semper eris.
Scr. Romae, III Id. Iun. CaROLUS LANDI
Dal prof. Marco Galdi, della R. Università di Pavia:
Ad Felicem Ramorino
qui septuagesimum quintum iam annum emensus
a nobilissimo suo docendi munere
discedit
«non quasi feriatus in Sabbato »
«sed tanquam operarius in negotio ».
mansurus.
Munere cum excedis multo perfunctus honore
quem magni debes viribus ingenii; i
Cumque tibi vivax minime et rugosa senecta est,
qua potes in studiis continuare viam,
Non possum ex animo quin Te demirer et ipse
signati spatii ferrea iura querar.
Nempe tuo quidquid lustrasti lumine mentis
perfectum, referens cum novitate, facis.
509 —
NOTIZIARIO
Censeris varia doctrina multiplicique,
subtile est cultum iudiciumque tuum,
Seu Te pertentat Saturnius horridus ille,
cui tot sollertes incubuere viri;
Seu tibi complicitas enodat Persius umbras
— difficilis labor — et mentis operta suae;
Quidquid contréctans, vestigia quaeque requirens
scriptorum, indagas si Tacitique vices;
Seu monumenta doces, quibus enitet illa Latina
in scriptis virtus, interitura nihil;
Denique sive patres, quos iure Ecclesia laudat
summos, explanas, firmaque praesidia;
Splendida tot praebes doctrinae signa vetustae,
uberibus campis tot segetesque metis.
Semper enim expositis attente rebus adhaeres,
spernis et ambages, irrita consilii.
Usque viam pergis, definitamque retractas
materiem, ut nequeat cognita rursus agi.
Quid vero numeris permiram prosequar artem
scribendi lingua qua uteris in Latia?
Ipse ego cum fructu meditatus scripta relegi,
- quae nunc Romanae tradis ephemeridi.
Nec quantum laudis tribuat studiosa iuventus
aut tua praetereo nomina docta colat.
. Quisquis enim vehementer amat, Te quisquis honorat.
doctrinae fructus concoquiturque tuae.
Nam duo conectis quae vix sociantur in unum:
est bonitas simplex cum gravitate Tibi.
His tu concilias animos virtutibus, inde
et memores reddis, semper et allicies
Quod si nunc meritis cumulato munere cedis,
sique scholam linguis, non sine maestitia,
Hic plausus, laudes, conferta hominumque corona
omnibus est quanti sis valesque notae.
Non obscurus abis, nulli est incognita virtus,
vittutis longe lucida signa micant.
Quae multos gnava duxisti mente per annos
durant: semper erit continuatus honor.
Utere iam dulci, post tot perfecta, quiete,
utere quod merito Te decet ista quies.
Laetus quod multi linguis monumenta laboris,
quodque tuum plausu concelebratur opus.
Exemplum das curae multae pervigilisque:
exemplum de te ducere iam liceat.
ingenio stimulos, studiorum imponis et arti
iam procul e ludo, multa fovere potes.
Non rude donatum Te curìs eximis ullis:
Haud raro senium fertiliora facit.
Vive diu felix, Felicis nomine dictus,
Teque omni donet prosperitate Deus.
D. Ticini, prid. non. Jun. MCMXNXVII MARCUS GALDI
=
|
NOTIZIAR:O
4. — La scienza del linguaggio dice Charles Callet, conservateur-
adjoint, «non era fino ad oggi che un ipogeo fumoso, il regno del
capriccio, cell’incoerenza, dell’inesplicabile... o del miracolo; ma da ora
in poi dovrà essere logica e luminosa » (p. 96). « Diffidiamo » dice altrove
(p. 14) «dell’immaginazione in linguistica, e sopratutto in paleolingui-
stica n .
Il suo libro meraviglioso (Le mystère du langage, les sons primitifs et
leurs évolutions par C. C., pp. 97, Paris, Maisonneuve 1926) dà la chiave
del mistero. L’uomo primitivo menglait: meu a dénommé mufle maAchoi-
re dent mordre tuer manger; l’Atenain sifflait: Sy a déinomméeé dent
gueule mordre tuer manger; /’%umain grognait: ses grognements r,
k. gre, gny, ont dénommé dent gueule mordre tuer manger (p. 0).
Col metodo dell'associazione delle idee applicato integralmente, dai
concetti di mufle nuichoire dent etc. si ricavano tutti gli altri possibili e
immaginabili. D'altra parte si faccia un vocabolario unico di tutte le
lingue umane, dal moskito d'America o dal bamhara sudanese ai patois
del Forez o di Neuilly-sur-Seine, antiche e moderne, note e ignote (i
compilatoridel Thesaurus e il prof. R. Schmidt faranno bene a tener conto
dei nuovi vocaboli latini e sanscriti citati dall’A.); e se un qualunque
lettore di media intelligenza non trova centinaia di parole che significhino
qualunque cosa, pur cominciando tutte, ad esempio, con s, si dovrà
proprio concludere che la logica e la buona fede non sono di questo
mondo {GBP}.
5. — A proposito del testo del De docta ignorantia del Cu-
sano. — Tanto nella nostra edizione critica del De docta ignorantia di
Nicolò Cusano (Bari, Laterza, 1913), quanto nella nostra traduzione
recentemente pubblicata di tale opera (Milano, Edizione Athena, 1927)
abbiamo lasciate insolute tre questioncelle riguardanti alcuni riferimenti
ad autori antichi che si trovano nell’opera maggiore del Cusano.
Due di esse sono ormai risolte: anzitutto il passo di Virgilio ci-
tato a pag. 114 (lib. II, cap. XII del testo latino (edizione Laterza)
sì trova in Georgiche IV, 226 ... luc (cioè in mentem divinam) reddi
deinde ac resoluta veferri omnia nec MORTI ESSE LOCUM, sed tiva vo-
lare sideris in numerum atque alto succedere caelo.
Il Valerio poi di cui si parla a pag. 60 (lib. I, cap. NXV) è un
Valerius Soranus (per il che è probabile che nel testo si debba leg-
gere Soranus, invece di Romanus), citato da Varrone nel Curio de cultu
deorum, i cui frammenti furono editi da L. KRAHNER Varronis Curio
de cultu deorum, Friedland, 1851.
Il frammento, che interessa al caso, è riportato da S. Agostino,
De civitate Dei, VII, 9: Ergo et Jovem, ut Deus sit et mavrimus rev
deorum, non alium possunt evistimare quam mundum, ut diis ceteris
secundum istos suis partibus vegnet. In hanc sententiam etiam quosdam
versus Valerit Sorani exponit idem Varro in eo libro, quem, seorsum ab
istis, de cultu deorum scripsit, qui versus hi sunt:
Iuppiter omnipotens resum rerumque deumque.
Progenilor genetrivque deum, deus unus et omnes.
Dato un tale riferimento ci pare accettabile la correzione che ci
ha proposto il chiarissimo Prof. G. B. Pighi che per la sua ben nota com-
petenza in fatto di letterature classiche avevamo interessato alla so-
luzione delle questioncelle di cui si parla.
Si tratterebbe di mettere un punto e virgola dopo genetricemque
Deum, quale si trova nell’edizione critica del De docta iguorantia (pag.
= (01 —
NOTIZIARIO
Go, riga 15), c leggere in seguito unde dicebant. (con plurale im-
proio come due righe sotto a:tebant): infatti non appare da
. Agostino che Valerio Sorano parlasse anche di Cupido filia Ve-
neris, e d'altra parte la nozione che Cupido (maschile e femminile)
era prole di Venere appartiene alla mitologia spicciola e corrente, nè
occorreva che il Cusano lo confermasse con l’autorità di un antico
eta.
Resta la terza questione, quella che riguarda il nome Minar di
cui si parla al principio del capitolo VII del libro I del De docta igno-
rantia (pag. 14).
Tale nome era in tutte le edizioni a stampa del Cusano, senza
che alcuno mai sapesse a chi mai esso potesse riferirsi.
Il mistero ha cominciato a schiarirsi, per lo meno, nella sua parvenza
esteriore, quando in un manoscritto del De docta ignorantia, che si trova
nell’Hof-und Staatsbibliothek di Monaco (clm. 18711) — si tratta di
un codice prezioso, perchè venuto da quel commento di Tegernsee col
quale il cardinale di Cusa ebbe strette relazioni letterarie — al posto di
Minar si legge M. Vary. il che vuol dire Varrone; identificazione que-
sta che è giustificata anche da un altro codice di Monaco (clm. 14213),
in cui si legge Marcum Varrum.
La questione ora è il vedere a che opera si può riferire quanto
il Cusano afferma aver scritto Varrone intorno al popolo dei Sissenni:
i quali avrebbero adorato espressamente Dio come Unità.
Il Nostro dice che cìò si trova în libris antiquitatum: egli è che
in tutti i frammenti di tale opera di Varrone un riferimento ai Sis-
senni (del tutto a noi sconosciuti come popolo a sè) non si trova.
Si può sperare che la sagacia del Prof. G. B. FIgla riesca a ri-
solvere anche una tale questione.
PaoLo ROTTA
| 6. — Pompei e i Cristiani. — Segnalo un articolo del Newbold
in Am. Journ. of Arch. (XXX, 1926, p. 288 e seg.), sul quale ha già
richiamato l’attenzione del pubblico anche l’amico prof. Matteo Della
Corte in un articolo della Tribuna (15 marzo 1927); si tratterebbe
nientemeno che della risoluzione di un problema che da decenni af-
fatica invano gli studiosi di Pompei: ebbe o non ebbe Pompei, di-
strutta dall’eruzione nel 79, una predicazione cristiana? oppure il Verbo
nuovo che già aveva guadagnato Roma ed era penetrato anche nella
Campania rimase lontano dalle sue vie e dalle sue case, mentre stava
per cadervi la maledizione divina?
Tracce dell’esistenza di elementi ebraici nella città già erano noti;
famoso fra tutti il dipinto detto il Giudizio di Salomone, considerato
come una caricatura del noto racconto biblico fatta in dispregio degli
Ebrei. Sono tracce non meno esplicite quelle lasciate nella epigrafia
dalle parecchie Mariae e da una Martha che si leggono in graffiti e in
pitture, e da un /udaicus e da un M. Valerius Abinnericus produttore
di vini. E la muria casta o il garium salsum che sono salse estratte
da pesci, attestano forse la presenza di Ebrei, che ne usavano come
cibo o condimento nella Quaresima. Nel 1862 scavandosi un hospitium
nella regione VZ/ si scopriva un'iscrizione tracciata a carbone in cin-
que linee di cui nulla si intendeva per l’oscurità di un linguaggio che
pareva ignoto, tranne la parola Christianos.
Ora la novità consiste in questo che il prof. Newbold suppone
che nella epigrate finora oscura sia semplicemente da leggere dell’ara-
maico trascritto in lettere latine: e così traduce: « E’ un vero squili-
brio mentale quello che ha preso il nostro A .... Da quando égli si è
— 602 «-—_
NOTIZIARIO
cacciato in mezzo ai Cristiani, che finiscono per incantare e far pri-
gioniero l’uomo, è diventato il ludibrio del popolo ».
Alla interpretazione del Newbold il Della Corte fa seguire altre
considerazioni su iscrizioni oscure, usando dell’arte di leggere e di inter-
pretare i graffiti e le iscrizioni Pompeiane di cui egli ormai si è creato
una specialità indiscussa. A smorzare alquanto i nostri entusiasmi egli
rò mi scrive che recentemente il Levi Della Vida, da lui interpel-
ato, si è mostrato molto scettico circa i metodi critici del Newbold, il
che minaccia di rimettere di nuovo la questione al punto di partenza.
L’avvenire in ogni modo dirà definitivamente, se siamo dinanzi ad
una scoperta o ad una mistificazione.
Colgo l’occasione, dacchè il discorso è caduto su Pompei e gli
studî pompeiani, per dire che proprio in questi ultimi tempi è uscito
un intiero fascicolo di Notizie degli scavi, in cui il Majuri e il Della
Corte rendono di pubblica ragione i risultati di parecchi scavi com-
piuti recentemente. Ce ne compiacciamo assai, ma anche ci domandiamo
quando potremo vedere la relazione completa di certe' altre parti di
scavi precedenti che non troviamo ancora nelle pagine ora edite; al-
ludo p. es. alle pitture della casa del criptoportico, alla casa dell’ore-
fice, ecc. L’augurio nostro è che tali relazioni siano rese al più presto
di pubblica ragione; e il Maiuri e il Della Corte sanno che noi pos-
siamo loro chiedere di accontentarci, senza che ciò suoni rimprovero
alla loro attività esemplare, anzi appunto perchè l'abbiamo sperimen-
tata.
ARISTIDE CALDERINI
7 — L’esplorazione di una fortezza dei Crociati in Pale-
stina. — La seconda parte del Bulletin of the Metropolitan Museum
of Art, di Nuova York, edito nel settembre scorso, reca una relazione
stesa da Bashford Dean sopra gli scavi fatti dal Museo stesso nel 1926
a Kal' at el Kurein nella fortezza di Montfort. Rimasto intatto dopo
il sec. XIII. quasi come l’avevano lasciato i vincitori; esso aveva
il vantaggio di essere lontano da centri abitati, sicchè più facilmente
si sottrasse alle depredazioni alle quali vanno soggette le rovine, quando
possono fornire facile esca al comodo o al guadagno dei posteri lontani.
Era un castello di circa 28 m. d’altezza, di circa 25 m. di lar-
ghezza e di più di 100 m. di lunghezza. Il circuito era, comprese le
torri, di circa 450 metri. Il luogo doveva essere stato fortificato già
da età preistorica, poi nell’età regia e nell'età romana; i Franchi vi
si asseragliarono nel XIII secolo; i signori di Monfort dovettero te-
nerlo in possesso fino al 1229 anno in cui passò a Ermanno de Salza
Gran Mastro dell’ordine Teutonico. — Venuto così in possesso del-
l'ordine ospitaliero fu riattato e si iniziò il periodo più lieto della sua
storia. Ma ben presto nel 12660 fu assediato dal sultano Melek ed
Dhahir Bìbars; nel 1271 capitolò nelle mani dei Saraceni e il sultano
diede ordine che fosse demolito. — Gli scavi furono diretti da un
competente W. L. Calver e compiuti con sorprendente rapidità in un
sol mese.
Il luogo è a mezza strada fra Acri e Tiro e a circa 9 km. dal
mare, e ‘si presenta come un'’acropoli, ai piedi della quale una via an-
tica portava i pellegrini al lago di Galilea.
Lo scavo permise di identificare la cappella del castello, e varie
camere fra una grande muraglia ad ovest e la cappella. — Si trova-
rono pure le sedi dei soldati addetti alla difesa, e fra l’altro la ca-
mera di riparazione delle armi. — Interessanti furono pure le scolture
trovate, di cui sono date nella pubblicazione anche numerose illustrazioni.
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NOTIZIARIO
Un numero incalcolabile e notevole di oggetti hanno pure dato
gli scavi al museo di Nuova York e a quello di Acri.
Noto pietre scolpite di vario genere, tra le quali notevole
un grande vaso da vino di origine Romana, con sculture di Gani-
mede e Sileno usato ad uso di fontana o fonte battesimale o ricetta-
colo d’acqua Santa: vasi copiosissimi in ogni parte tra cui molte lam-
pade, anche di vetro; ma la parte più interessante furono le armi,
tra cui tutta un’intiera armatura, elmetto, frecce, lame, palle d’ar-
tiglieria; vetri anche dipinti, tessuti, monete.
Concludendo: l’importanza dello scavo è data dalla ricerca siste-
matica di oggetti del secolo XIIl che furono prima d’ora trascurati,
tanto che mancavano nei musei di Palestina. Gli oggetti qui scavati
dunque sono tra i più antichi e i meglio conservati del genere e giu-
stificherebbero già per se stessi le spese e il disagio di una tale
esplorazione.
Ma i mezzi di cui dispongono i musei di America lasciano sperare
che queste non saranno che le prime avvisaglie di una campagna an-
che più intensa e proficua. Il che auguriamo che sia.
A. C.
le
8. — Il Congresso geografico di Milano — Dal 6 al 10 set-
tembre si è tenuto in Milano il X Congresso Geografico Nazionale.
Quando, il 29 aprile 1924, si chiudeva in Genova, a bordo del
« Giulio Cesare » della Navigazione Generale Italiana, il IX Congresso,
inaugurato sette giorni prima, a Palazzo San Giorgio, da Giovanni
Gentile, Ministro dell'Istruzione, Giuseppe Ricchieri leggeva una let-
tera del Senatore Luigi Mangiagalli, Sindaco di Milano, nella quale si
dichiarava che la metropoli lombarda era pronta ad accogliere il nuovo
Congresso. La proposta fu accolta all'unanimità, dopo che fu espresso
il voto che figurasse, al più presto, la città di Fiume, nella serie dei Con-
vegni ordinati periodicamente di tre in tre anni, sotto l’alta vigilanza
del Comitato Geografico Italiano, organo dell’« Union Géographique
Internationale ». E nessuna scelta poteva essere più opportuna di quella
di Milano, per tutta una serie di ragioni e soprattutto perchè Milano è
sede del Touring Club Italiano, la grande associazione a cui tanto deve,
e dovrà, la propaganda per una cultura geografica nazionale degna delle
tradizioni e dell'avvenire del Paese. L’ordinamento d’un Congresso
geografico nazionale, che raccoglie e coordina forze diverse, dei vari
campi della scienza e della politica, dell'industria e del commercio,
esige, fra altro, una preparazione larghissima, tutto un congegno di
norme e di pratiche che non si può facilmente improvvisare; e questo
compito fu assolto, nel modo migliore, dal Touring.
La morte di Luigi Vittorio Bertarelli, Presidente del Touring, e
di Giuseppe Ricchieri, professore di geografia alla R. Università di Mi-
lano, creò difficoltà non lievi al Comitato ordinatore. Ma le difficoltà
poterono essere prontamente superate, dopochè S. E. il Generale Se-
natore Conte Carlo Porro di Santa Maria della Bicocca, dichiarò di ac-
cettare l’onere della preparazione dei lavori. FE l’esito favorevolissimo
del X Congresso è dovuto essenzialmente all'autorità e all’attività il-
luminata di questo soldato che, diciassette anni prima di assumere il
cOmpito gravissimo di Sotto-Capo di Stato Maggiore, nella grande guerra,
a fianco di Luigi Cadorna, aveva licenziato alle stampe, quando ancora
dettava lezioni indimenticate alla Scuola di guerra di Torino, quel suo
trattato di Geografia militare il quale figura tuttora degnamente ac-
canto alla migliore produzione estera sull'argomento. Ma l’opera di
Carlo Porro non avrebbe potuto svolgersi pienamente senza la coope-
— 604 —
NOTIZIARIO
razione assklua di Giovanni Bognetti, Presidente del Touring, e senza
il concorso vigile e pronto del Segretario Luigi Rusca.
Inaugurato il Congresso dal discorso solenne di S. E. Luigi Fe-
derzoni, Ministro delle Colonie, e da quello di Carlo Porro che trattò,
davanti a due grandi carte murali, delle cause geografiche della gran-
dezza di Milano, i lavori si sv olsero tutti nel palazzo dell’Università
Commerciale Luigi Bocconi: quelli delle singole sezioni (Fisica e tecnica;
Storica; Sociologica ed economica; Coloniale; Didattica) in adunanze
antimeridiane; quelli a sezioni riunite nel pomeriggio. Fu così possibile
a tutti i congressisti ascoltare la viva descrizione del viaggio nel Congo
belga di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia-Aosta, Duca delle Pu-.
glie, che già aveva rappresentato S, M. il Re alla seduta inaugurale,
in cui l'onorevole Ernesto Belloni porse il saluto di Milano, il profes-
sore Bognetti quello del Touring, il comandante Roncagli quello del
Governatore di Roma, l’onorevole generale Nicola Vacchelli quello del
Comitato Geografico Italiano.
E, ugualmente nelle sedute pomeridiane, Luigi Federzoni lumeggiò
l'opera degli italiani nella conoscenza delle terre africane, Giovanni
Bognetti disse dell'opera del Touring nell'ultimo triennio, presentando
la prima copia dell'Atlante internazionale del Touring Club Italiano —
uno dei maggiori successi del Congresso, dovuto essenzialmente all'opera
di Luigi Vittorio Bertarelli e Olinto Marinelli, falciati dalla morte sul
loro tavolo di lavoro, e a quella del cartografo Corbellini. Di particolare
interesse furono le relazione di Nicola Vacchelli, Direttore dell’Istituto
Geografico Militare e Presidente dell’« Union Geographique Inter-
nationale » sui rilievi topografici relativi alle Terre redente e, di
S. E. Corrado Zoli sulla vallata del Giuba (ove possono essere messi in
valore, particolarmente per la produzione del cotone, 120.000 ettari
di terreno). Questa richiama al nostro pensiero le monografie geogra-
fiche sulla Somalia opportunamente edite, auspice S. E. De Vecchi
di Val Cismòn, Governatore, e la recente monografia dell'Omodei sulle
condizioni climatiche della Somalia italiana, che mette in tutto rilievo
l’importanza scientifica ed economica dell'opera di S. A. R. Luigi Amedeo
di Savoia, Duca degli Abruzzi, nel bacino dell'Uebi Scebeli. Ed ecco,
colla relazione di Ardito Desio sulla missione della R. Società Geogra-
fica all'oasi di Giarabùb, quelle di Angelo Rampazzi sul contributo del
Servizio idrografico alla conoscenza geografica d'Italia e di Ugo Giusti
— autore di una pregevolissima monografia demografica intorno alle
principali città italiane — sul censimento generale della. popolazione
in relazione ai « desiderata » dei congressi geografici, e l'ampia relazio-
ne, distribuita a tutti 1 congressisti, di Sileno l'abbri sulla circoscrizione
politico-amministrativa in Italia.
Come fu ricordato, alla vigilia del convegno, da un grande giornale
milanese, in uno scritto che diede ampio conto degli Atti del LAN Con-
gresso Geografico Italiano (3 voll. in-4% gr., con numerose carte, tavole,
incisioni. Publ. a cura del Segretario generale, prof. Giuseppe Rosso -
Genova,Stabilimenti Italiani Arti Grafiche, 1025-27), il Congresso di
Milano continua, e in parte integra, i lavori dei precedenti Congressi
(Genova, 1024; Firenze, 1921). ll problema delle circoscrizioni. pro-
vinciali e comunali, che esige lo studio approfondito delle condizioni
geografiche, le quali possono dirsi immanenti rispetto a sistemi d'in-
teressi e ad aspirazioni transeunti, fu, infatti, già lumeggiato, a Ge-
nova, da Olinto Marinelli, in un'ampia e densa relazione, che conte-
neva i debiti riferimenti alla questione dei limiti, nel tempo, delle varie
regioni italiane. Alcune considerazioni, relative ai limiti della provincia
di Genova, svolte allora nella comunicazione dell'ingegnere Bernero,
suggerirono opportune moditiche, e furono tenute presenti, in uno prov-
— bio —
NOTIZIARIO
vedimento recente. Ed è da augurarsi che la relazione Fabbri, a Mi-
lano, alla quale servon di sussidio prezioso le carte al centomila su cui
l’Istituto Geografico Militare ha segnato, recentemente, il confine dei
Comuni, abbia l’effetto pratico desiderato, oltrechè dai geografi, da
quanti hanno chiara coscienza dell'importanza che le condizioni del
suolo hanno nella vita amministrativa del Paese.
Dell’Atlante fisico-economico d’Italia già aveva trattato Renato Bia- ‘
sutti a Firenze, sei anni or sono; così già altra volta fu detto della Carta
del mondo al milionesimo, deliberata dalla Conferenza internazionale di
Parigi del 1913 (relazione Attilio Mori-Nicola Vacchelli). E la conti-
nuità degli studi, di convegno in convegno, è tale che al prossimo
Congresso Geografico Internazionale, il quale si adunerà a Cambridge
nel luglio del 1928, potranno essere presentati quasi tutti i fogli della
regione italiana (mancherà il solo foglio dell’Italia di NE: Venezia, non
ancora pronto); mentre speciali segni convenzionali già sono stati pro-
posti dall’Italia per quanto concerne aerodromi, autostrade, passi mon-
tani. Nuove riuscirono la relazione che S. E. l’on. Giuseppe de’ Ca-
pitani d’Arzago volle intitolata Sintesi geografica del problema agricolo
italiano e quella del dottor Filippo De Filippi, sui lavori della Commis-
sione per lo studio geografico della Palestina (denominazione che do-
vrebbe sostituirsi, definitivamente, a quella esotica, di « Fondo geo-
grafico » adottata nel 1925). Verrà creato in Italia un Istituto perma-
nente per lo studio della Palestina, che avrà a Gerusalemme una sede
e sarà un vero e proprio centro di ricerche, una base per missioni scien-
tifiche, a cui l’attiva cooperazione del nostro Console Generale, onore-
vole Orazio Pedrazzi, assicura l’avvenire degno del contributo larghis-
simo che gli italiani hanno portato alla corologia e alla cartografia di
Terra Santa. La missione italiana, che partirà prossimamente, attenderà
al rilievo topografico del Mar Morto, con sussidio di livellazioni di pre-
cisione, ricerche limnologiche e, soprattutto, morfologiche e geologiche,
destinate a illustrare la genesi della depressione del Mar Morto e della
Fossa del Giordano, e le possibili relazioni con le fosse africane studiate
dal Suss.
«*a
Numerose le comunicazioni al X Congresso, non rare le relazioni,
discusse nelle adunanze antimeridiane; e alcune, come quelle di Giorgio
Ghigi sull'opera dell’Italia a Rodi, di Luigi Gramatica sugli oggetti e
compiti della geografia ecclesiastica, di Luigi Foscolo Benedetto sul-
l’opera e la figura di Marco Polo alla luce di nuovi manoscritti, di Vit-
torio Emanuele Arnaboldi sugli sbocchi marittimi della Valle padana
— zona di gravitazione del traffico dell'Europa centrale — avrebbero
trovato sede più opportuna davanti alle Sezioni riunite, se la legge ine-
sorabile del tempo lo avesse permesso.
Nella Sezione I (Fisica e tecnica) furono trattate, successivamente,
questioni attinenti al regime pluviometrico e a condizioni idrografiche
(Filippo Eredia, Giulio De Marchi, Mario Giandotti, Rosario Sirchia,
Manfredo Vanni), a insediamenti umani (Roberto Biasutti, Roberto Al-
magià, Mario Longhena, Giuseppe Rosso, Narciso Cettineo) e alle re-
lazioni fra elemento folcloristico e ambiente geografico (Gina Algra-
nati), alla cartografia, al paesaggio, alla morfologia dei ghiacciai (Carlo
Porro, Mario Giandotti, Federico Sacco, Giuseppe Nangeroni), alle re-
lazioni fra aeronautica e condizioni geografiche (Giulio Costanzi), alla
cartografia aerea (Mario Baldini), a paesaggi di erosione e a fenomeni
carsici (Umberto Toschi, Carmelo Colamònico, Eugenio Boegan).
I lavori della Sezione 1I (Storica) furono iniziati da RoBERTO AL-
— 606 —
NOTIZIARIO
MAGIA che rilevò come in questa Sezione potevano essere finalmente
presentate opere compiute, come il libro su Marco Polo, o avviate a
prossimo compimento come il « Corpus » di carte medioevali e moderne
d’Italia (dello stesso Almagià) e il Catalogo dei manoscritti ambrosiani
di contenuto geografico, che traduce in atto un voto antico dei Con-
gressi Nazionali, cioè la raccolta dei materiali inediti, e in parte scono-
sciuti, delle Biblioteche e degli Archivi d’Italia. Seguirono comunica-
zioni sulla carta archeologica d’Italia (Niccola Vacchelli), sulla carta
della Nazionale di Parigi che Charles de la Ronciére credette di attri-
buire a Colombo, fissandone la composizione al periodo 1488-92 (G. Ca-
raci), sulla cartogratia della Valle del Tànaro (Giuseppe Rosso), sulle
variazioni, in età storica, del litorale toscano fra Arno e Magra (An-
tonio Renato Toniolo), sulla carta trecentesca dei Pizzigano conser-
vata alla Palatina di Parma, sulle carte (Garda; regione danubiana)
di Luigi Ferdinando Marsili, bolognese, fondatore dell’occanografia
(Mario Longhena), sui cimelii geografici dell’Ambrosiana, e della Brai-
dense (Paolo Revelli) e su quelli della Trivulziana (Alessandro Giulini)
Fu quindi letta, tra la più viva attenzione, la relazione di Monsignor
Luigi Gramatica sull'oggetto e sui compiti della geografia ecclesiastica
che studia i rapporti tra la superficie terrestre e la costituzione, la di-
latazione e l’organizzazione della società religiosa. Opportunamente il
relatore osserva: « 1 riflessi che la storia della Chiesa ha proiettato nel
campo della geografia non sono sfuggiti a chi si è occupato seriamente
di geografia storica; mentre invece non si sviluppa ora, nel campo della
geografia, quanto si riferisce alle condizioni attuali della Chiesa ». Con
plauso unanime fu salutata questa relazione, dove si propone che i
compilatori di carte geografiche tengano conto del contributo recato
da recenti annuari ecclesiastici, e che tutti coloro che si occupano di
geografia pratica diano posto conveniente (nei testi scolastici, negli
atlanti e nei dizionari, nelle carte e nelle enciclopedie geografiche) alla
geografia ecclesiastica, onde non abbiano a verificarsi lacune in quelle
stesse cognizioni che interessano la nostra vita pratica.
Dopo una breve discussione, in cui fu rilevata l'importanza che nella
diffusione della cultura geografica ha avuto la Mostra missionaria va-
ticana del 1925 e il largo favore concesso agli studi geografici da S. S.
Pio XI, fu deliberato, all'unanimità, l'invio a S. E. il Cardinale Ga-
sparri di un telegramma d’omaggio al Santo Padre. E al telegramma,
che ricordava anche il contributo prezioso portato dal Sacerdote Achille
Ratti ai lavori della Sezione Storica del IV Congresso, adunato nel 1901
in Milano, con lo studio sulle due più antiche piante della grande città
lombarda, giunse la risposta augusta che Carlo Porro lesse, tra vive
acclamazioni, nella seduta di chiusura. La Sezione storica, come ebbe
a rilevare il suo Presidente, Carlo Lagomaggiore, ha portato al Con-
gresso il risultato di studi ampi, approfonditi. Presentato il suo lavoro
su Marco Polo, il prof. Luigi Foscolo Benedetto, che trovò in varie bi-
blioteche d’Europa una sessantina di codici, oltre a quelli (circa 80)
gia noti pei lavori dello Yule e del Cordier, ha chiarito come, all’edi-
zione critica del testo, abbia giovato particolarmente un manoscritto
ambrosiano (copia tarda, ma indubbiamente esatta di un antico codice
trasmigrato nella Spagna, e probabilmente perduto) che ci ha conser-
vato, nella versione latina, elementi preziosi per la ricostruzione del
primitivo testo francese, il quale dovette essere assai diverso da quello
conservatoci dal noto codice della Nazionale dì Parigi. A questa comu-
nicazione ne seguirono altre sul viaggio di un anonimo italiano, che
raccolse iscrizioni nell'Egitto Superiore e in Nubia alle fine del Cin-
quecento (G. Caraci), sull'opera geografica di Giulio Aleni, missionario
in Cina nel Seicento (Giovanni Vacca), su quella del missionario mila-
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NOTIZIARIO
nese Samuele Mazzucchelli nel Nord-America (sec. XIX), al cui nome
dovrebbe essere intitolata una via di Milano (Angela Codazzi), e sul
valtellinese Lorenzo Boturini (Boterini?) Benaducci, a cui tanto de-
vono gli studi americanistici (G. V. Callegari). Nella stessa Sezione
S. E. il generale Enrico De Chaurand riferì sulla raccolta del materiale
toponomastico italiano, Michele Gortani sulla toponomastica delle Terre
redente, Sara Baroni Zanetti sui termini dialettali geografici dell'Emilia,
Luigi Pio Marini su una singolare corporazione per il commercio alpino
nel Ducato d’Aosta. E furono lette le comunicazioni di Luigi Negri
sul valore territoriale del nome Lombardia nel medioevo, e di Paolo
Revelli sulla prima descrizione moderna dell'Egeo: l'Insularium Ar-
chipelagi dettato da Cristoforo Buondelmonti intorno al 1422, di cui
vedrà prossimamente la luce una versione quattrocentesca, nella grande
raccolta illustrata « Viaggi e scoperte di navigatori ed esploratori ita-
liani » iniziata coraggiosamente dalla Casa Editrice « Alpes » di Milano.
Nella Sezione III (Sociologica ed economica) furono trattati argomenti
d’interesse generale (problema delle acque, problema forestale, pro-
blema dei combustibili, problema granario, problema delle bonifiche)
e fu studiato, fra altro, col problema d’un’idrovia Po-Adriatico-Danubio-
Mar Nero, quello della penetrazione economica italiana nella penisola
balcanica e in Romania. Fu indagata la funzione dei porti di Zara e
di Spàlato e discussa l’utilizzazione delle risorse termiche; si trattò
delle direttive geografiche di una rete di autostrade, del movimento
turistico in Italia, delle fiere campionarie, del numero degli italiani in
Francia e nell'America latina.
Nella Sezione IV (Coloniale) si trattò delle condizioni climatolo-
giche e agrarie della Tripolitania, dell'attività dell'Ufficio Propaganda
e studi della Cirenaica, dei progressi recenti della conoscenza geografica
dell'Albania, del servizio cartografico e dei viaggi aerei di esplorazione
coloniale; e fu opportunamente proposta dallo Stefanini la creazione
d’un Atlante delle nostre Colonie.
Nella Sezione V (Didattica) Piero Gribaudi disse della geografia
nelle Scuole dipendenti dal Ministero dell’Ec. Naz., Roberto Almagià
e Renato Biasutti riferirono sulla geografia nella nuova Enciclopedia
Italiana pubblicata dall'Istituto Treccani; Antonio Renato Toniolo sulle
escursioni interuniversitarie promosse dal Comitato Geografico Ita-
liano e sull’« Archivio e Atlante del paesaggio italiano », Albano Sor-
belli sulla schedatura delle carte geografiche. Ma il problema centrale
fu quello delle condizioni dell'insegnamento geografico nelle scuole medie
e superiori dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, intorno
a cui riferì lucidamente l’Errera, anche davanti alle Sezioni riunite.
Crebbe importanza alle discussioni la presenza di Leonardo Severi,
Direttore Generale dell'Istruzione media, il quale annunciò che si farà
l'esperimento di aflidare, in qualche Istituto medio, l’insegnamento della
geografia a un insegnante speciale (come già avveniva un tempo, con
risultati eccellenti, nei maggiori nostri Istituti Tecnici). Dopo lungo
dibattito a cui parteciparono tutti i professori universitari presenti ‘al
Convegno (tra cui, oltre quelli già ricordati: G. L. Bertolini, Luigi De
Marchi, F. S. Giardina, Stefano Grande, Goffredo Jaja, Arrigo Lo-
renzi, Assunto Mori), la Sezione, presieduta da Cosimo Bertacchi, ap-
provò un lungo e chiaro ordine del giorno, nel quale sono precisati i
provvedimenti che potranno dare alla Geografia il posto dovutole, per
il migliore avvenire del Paese, nella scuola italiana.
Certamente una delle difficoltà maggiori da superare per raggiun-
gere tale scopo è quella della preparazione degli insegnanti, poiché nes-
suna l'acoltà universitaria prepara, da sola il geograto. Evidentemente,
non è sufticiente la sola Facoltà di scienze, non solo perchè sono ecce-
NOTIZIARIO
‘zioni le Università Italiane con la cattedra di geografia fisica (Napoli
.@e Padova; Genova, Roma, Torino), ma anche perchè la geografia fi-
sica non è che un ramo, sia pure basilare, della Geografia, la quale non
può astrarre, se vuole essere completa, se vuole indagare le relazioni fra
le condizioni del suolo e la vita dei gruppi umani, da indagini storiche,
linguistiche, demografiche e sociologiche che presuppongono una cul-
tura diversa dalla naturalistica. Perciò il problema della preparazione
degli insegnanti di geografia sarà pienamente risolto quando si com-
prenderà la necessità di spianare le vie alle scuole speciali di Geogra-
fia, analoghe a quelle annesse, da recenti decreti, alle R. Università di
Roma e di Genova.
*
“* *
Varie dunque, e di molteplice interesse, furono le trattazioni al
Xx Congresso, ma complemento necessario apparvero anche le escursioni
geografiche nella regione del Lario, in Val d'Ossola e nella Bassa Lom-
bardia. E decoroso ornamento furono le sei mostre, ordinate con lar-
ghezza di criterii, tenendo presenti le necessità di evitare le interferenze,
così facili in un campo di studi che ha fra i suoi oggetti specifici la con-
nessione dei fenomeni terrestri d'ordine fisico e umano. La mostra geo-
grafica dell’Ambrosiana contò 20 strumenti (astrolabii, quadranti), un
centinaio di manoscritti (sec. VII-XVI) e pochissime stampe (ordina-
tori: Monsignor Giovanni Galbiati e Prof. Paolo Revelli, col concorso
di Agostino Zanon, laureando presso l’Università Cattolica del S. Cuore
in Milano); quella della Braidense contò Io manoscritti, Go stampe,
(fra cui la serie quasi completa delle edizioni di Tolomeo dal 1480 al
1548) e le 5 grandi tavole in rame della carta della Lombardia costruita
alla fine del Settecento dagli astronomi di Brera, posseduta dall’Osser-
vatorio Braidense (ordinatori: Conte Tomaso Gnoli, Domenico Bassi,
Paolo Revelli). E il carattere di queste due Mostre risultò diversissimo
da quelio della Mostra cartografica delle stampe a Palazzo Sforzesco,
di fondamentale importanza per la storia della rappresentazione car-
tografica, a stampa, della regione italiana (Collezione Bertarelli: or-
dinatori Achille Bertarelli e Paolo Arrigoni). Quanto alla mostra del-
l'espansione italiana all’estero, essa fu costituita col concorso di Enti
statali (Presidenza del Consiglio, Direzione Generale Italiani all'Estero,
Scuole italiane all’estero, Istituto Idrografico della R. Marina (Genova),
Marina mercantile, Sanità Pubblica, Genio Aeronautico, Poste e Te-
legrafi, Belle Arti, Commercio e politica economica) e di Enti privati
(Camere di Commercio, Case commerciali, Compagnie di Navigazione,
Istituti di credito). Ordinata presso la Camera di Commercio di Milano,
per le assidue cure dell’ingegnere Carlo Tarlarini, R. Commissario, è
riuscita tale da consentire al visitatore « di passare in rassegna le forze
produttive dell’Italia ». La mostra fotografica del paesaggio (ordina-
tori: D. Rosetti; G. Laeng) contò un numero limitato di espositori, ma
un numero molto ragguardevole di eccellenti riproduzioni, le quali do-
cumentano una verità ormai nota, cioè che la nitida fotografia è ele-
mento indispensabile alla ricerca geografica. Oltre alle belle fotografie
del Governatorato di Rodi e delle Isole Egee, dell'Ufficio Idrografico del
Po, delle R. Grotte demaniali di Postumia e di altri Enti statali, ecco,
infatti, tipiche riproduzioni dell’Associazione Nazionale per gli interessi
del Mezzogiorno e del Foto-gruppo torinese del Club Alpino Italiano,
della Società Alpina delle Giulie, e dell’Associazione per lo sviluppo
del turismo in Sicilia; ed ecco trecento fotografie dedicate all’« orrida
Brenva » da un suo studioso appassionato e fedele: Ubaldo Valbusa.
Anche alla mostra della produzione geografica italiana posteriore al Con-
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Aevum »- Anno I - 39
NOTIZIARIO
gresso di Genova (1924) non mancarono: importanti concorsi di Enti
statali (Istituto Geografico Militare, Ufficio Geologico, Touring Club
Italiano, Ufficio Idrografico del Po, Magistrato alle acque, Comando
della milizia forestale); ma fu realmente scarso il concorso degli editori,
se anche non mancarono all’appello G. B. Paravia, l’Istituto Italia-
no d’Arti Grafiche, di Bergamo, Ulrico Hoepli e Antonio Vallardi.
Numerosi i doni offerti, unitamente all'’ampio programma dei la-
vori e al distintivo, di vero e proprio pregio artistico (dono di Federico
Johnson); tra essi Un trattato geografico-politico di Giuseppe Moleti edito
in questa stessa « Rassegna ».
Il X Congresso Geografico Italiano, che ebbe a suo Patrono d’onore
S. M. Vittorio Emanuele III, re d’Italia, a Presidente d’onore S. E.
Benito Mussolini, Capo del Governo, risultò effettivamente un'alta
affermazione di scienza e d’italianità: ebbe tra i suoi meriti quello di
dimostrare alla generalità che non vi è scienza che, più della geografia,
sia unita da vincoli molteplici alle manifestazioni della vita economica
sociale e politica. Continuando e integrando l’opera del convegno mi-
lanese del 1923 presieduto da Carlo Porro, assertore della necessità so-
ciale dell'indirizzo umanistico negli studi geografici, e del Congresso
Nazionale di Genova ove Giovanni Gentile, Ministro dell’Istruzione,
lumeggiò, con mente di filosofo e di uomo politico, la complessa funzione
della Geografia nella vita della Nazione, il Convegno del 1927 ha dimo-
strato che il progresso degli studi nei varî campi della Geografia e la
intensificazione dell’insegnamento geografico (affidato a insegnanti con-
venientemente preparati) nei varî ordini di scuole sono presupposti
necessari per un avvenire degno delle tradizioni della stirpe italiana,
non seconda ad altra gente nella storia dell’esplorazione terrestre, a
cui hanno dato così valida opera i missionari.
La conoscenza geografica è, al pari della conoscenza linguistica,
etnologica e sociologica, ‘elemento essenziale, come vide Federico Bor-
romeo, alla preparazione degli apostoli di Cristo la cui propaganda di
fede e di civiltà si svolge sotto tutti i climi terrestri. E l’Università
Cattolica del S. Cuore, ove l’insegnamento geografico è seguìto da tutti
coloro che aspirano alla laurea in lettere, ove la Geografia è oggetto cì
un corso di perfezionamento ed ha un suo Seminario, l’Università rap-
presentata nel Comitato ordinatore, nella Giunta esecutiva (Mons. Gio-
vanni Galbiati), nel Comitato d’onore (P. Agostino Gemelli, Rettore
Magnifico), non poteva non partecipare ai lavori del Congresso, salu-
tato dalla parola benedicente di S. S. Pio XI.
PaoLOo REVELLI.
9. — Congresso di linguisti all’Aia nella Primavera 1928. —
Siamo lieti di pubblicare l’invito al I Congresso internazionale di lingui-
stica che sì terrà all’Aia dal 10 al 15 aprile 1928.
M.,
Nous avons l’honneur de vous soumettre le projet d’un Congrès
International de Linguistes qui aura lieu en Hollande en 1928. Les
philologues, les orientalistes, les américanistes, d’autres groupes encore,
depuis longtemps déjà tiennent des assemblées internationales qui leur
permettent d’échanger de vive voix leurs idées et leur opinions; aux
linguistes ces occasions d’un contact personnel avec leurs collègues
font encore défaut. ]usqu’à présent, les questions linguistiques ayant
un caractère général, n’ont été traitées que d’une faqgon incidentelle
et fragmentaire dans des congrès de philologues, et, surtout dans les
dernières années, les linguistes ont senti de plus en plus le besoin de
réunions consacrées exclusivement à des échanges de vue dans le do-
— 610 —
NOTIZIARIO
maine de leurs études personnelles. La linguistique générale, en effet,
a étendu ses recherches sur un si vaste champ qu'elle ne peut plus se
passer de collaboration internationale; il y a notamment toute une série
de questions pratiques qui ne pourront étre solutionnées que par un
accord entre chercheurs de tous les pays. Or, comme de récentes expé-
riences ont montré que la coopération entre les nations, interrompue
pendant la guerre et actuellement plus nécessaire que jamais à la cul-
ture mondiale, est redevenue possible, le moment semble propice à
la réalisation du désir qu’éprouvent les linguistes d’entrer en relations
avec les travailleurs d’autres pays et de discuter avec eux les problèmes
auxquels ils s’intéressent.
La Hollande semble se prèter particulitrement à donner l’hospi-
talité au premier Congrès International de Linguistes; sa situation
géographique centrale est la meilleure garantie que cette première ren-
contre aura un caractère vraiment international. La Haye se recom-
mande tout spécialement comme siège d’un Congrès; la proximité de
la plage de Schéveningue, la facilité des communications avec les villes
universitaires de Leyde, d’Amsterdam et d’Utrecht, et aussi avec le
port de Rotterdam et avec Haarlem, ville des fleurs, voilà des avantages
qu’apprécieront sans doute les congressistes.
Ces considérations et l’encouragement que leur ont donné des col-
légues éminents de l’étranger, ont amené les soussignés à prendre l’ini-
tiative qu'on attendait des linguistes hollandais, et ils ont cherché à
élaborer un programme qui ne fut pas trop indigne de la belle entre-
prise projetée. Ils ont l’honneur de s’adresser à vous, et ils vous prient
instamment, dans l’intérét de la science et de la solidarité scientifique
internationale, de contribuer à la réalisation du Congrès en y adhérant
et en nous aidant de vos conseils, de vos propositions et de votre autorité.
Nous vous proposons d’organiser le premier Congrès international
de Linguistes à la Haye, du 10 au 15 avril 1928. Son Altesse Royale,
le Prince Henry des Pays Bas a bien voulu prendre le Congrès sous
Son haut patronage. Leurs Excellences le Ministre des Affaires Etran-
géres et le Ministre de l’Instruction Publique ont consenti à accepter
la présidence d’honneur du Congrès. Le Gouvernement a mis à notre
disposition les salles historiques du Binnenhof. Un comité local de ré-
ception s’occupera de trouver, pour les membres du Congrès, des logis
à des prix raisonnables ou, le cas échéant, gratuits; on cherchera à ta-
ciliter les formalités pour les visa des passeports et à réduire les frais
de voyage, et le secrétariat veillera, d’une fagon constante, sur tous
les détails de l’organisation.
Les langues du Congrès et des rapports seront le franyais, l'anglais
et l’allemand (1). Dans les réunions de sections on pourra se servir d’au-
tres langues, pour autant que l’on puorra disposer d’interprétes.
La cotision est fixée à 10 tlorins pour les membres hollandais, à
5 florins pour tous les autres. Le membres du Congrès ont le droit d’as-
sister à toutes les réunions. Les invités seuls ont le droit de vote.
Les travaux du Congrès consisteront en discussions sur des pro-
blèmès pratiques et en réunions de sections. Les premières seront consa-
crées à des problèmes d'une portée générale et d'un caractère pratique,
portant sur les méthodes les plus appropriées à l'étude des langues vi-
vantes et, autant que possible, d celle des langues d’autrefois; et nous pen-
sons aussi bien aux langues culturelles modernes qu'à celles des peu-
ples primitifs, car, en somme, les langues des grands centres de culture
(1) Facciamo voti che il Congresso ammetta, come è naturale, fra le lingue
« ufficiali» anche l'Italiano,
— 611 —
NOTIZIARIO
sont à peine mieux connues que celles des pays lointains. Dans les sections
on aura l’occasion de faire des communications scientifiques.
La méthode de travail telle que nous la concevons est la suivante.
Pour les six sujets de discussions sur des problèmes pratiques et pour
les subdivisions de ces sujets (voir le programme), on pourra, jusq'au
Ier novembre 1927 adresser au secrétaire, en quatre exemplaires en
type-write, des propositions, avec exposé détaillé des motifs. Ces pro-
positions seront envoyées à des rapporteurs, qui seront invités à envover,
avant le I. janvier 1928, -au secrétaire (St. Annastraat 17, Nimégue)
leur rapport motivé. Ensuite, si les frais ne seront pas trop élévés, les
propositions accompagnées des rapports seront imprimées autant et
aussitòt que possible et envoyées à tous les membres du Congrès. Ainsi,
aucune proposition ne sera faite au Congrès, qui n’aura pas été envoyée
au secretaire avant le 1. novembre 1927 et qui n’aura pas fait l’objet
d’un rapport préable. C'est, nous semble-t-il, le seul moyen d’arriver,
pendant les quelques jours que durera le Congrès, à des résultats sa-
tisfaisants.
Quant aux sections destina aux communications scientifiques, il
y en aura cinq:
1. Indo-européen et domaines apparentés (Europe ancienne, Asie
antérieure ancienne, Caucase, langue basque).
2. Langues sémitiques et hamitiques.
3. Langues ouraliennes et altaiques, langues non-arvennes de
l’Inde, langues de l’Extrèéme Orient.
4. Langues de l’Australie, de l’Océanie, de l’Amérique.
5. Langues de l’Afrique.
Etant donné que les différentes subdivions de la linguistique, qui
est bien une science une et indivisible, ne sauraient ètre rigoureuement
séparées les unes des autres et que, d’ailleurs, pratiquement les recher-
ches dans chacun de ces domaines aboutissent de plus en plus à une
linguistique générale, les groupes ont été intentionnellement composés
de telle sorte que les langues qu’ils comprennent débordent dans une
certaine mesure les unes sur les autres et que, par suite, plusieurs sujets
pourront étre traités aussi bien dans une section que dans une autre.
Les communications, dans les sections, ne devront pas excéder la
durée de vingt minutes. On est prié de bien vouloir faire part au se-
crétaire des titres exacts de ces communications scientifiques avant le
I. janvier 1928.
C. C. UHLENBECK, président (Berg en Dalscheweg 215, Nijmegen) —
Jos. SCHRIJNEN, sécretaire (St. Annastraat 17, Nij)megen) — È.
Tu. BòHL — Jac. VAN HAMEL — PH. S. Van RONKEL — ]J. J. SAL-
VERDA DE Grave — N. VAN WIJK.
Il Comitato risulta così costituito:
PROTETTORE: S. A. R. il Principe Enrico dei Paesi Bassi.
PRESIDENTI ONORARI: S. Ecc. I. Bcelaerts van Blokland,
Minìstro degli Affari Esteri e S. Ecc. A. M. Waszink, Ministro del-’
l'Istruzione Pubblica.
PRESIDENTE: C. C. Uhlenbeck, Nimega (Berg en Dalscheweg 251).
VICE PRESIDENTI: F. Noas, Nuova York — C. Brockelmann, Bresla-
via — B. Karlgren, Goteborg — P. Rretschmer, Vieana — A. Meillet,
Parigi — C. Meinhof, Amburgo — ]J. Przvluski, Parigi — V. Schell,
Parigi — Wilh. Schmidt, Roma — D. Westermann, Berlino.
SEGRETARIO-TESORIERE: Jos. Schrijnen, a bi Anna-
straat 17). e US
012
NOTIZIARIO
SEGRETARIO AGGIUNTO: C. Tagliavini, Nimega.
VICE-SEGRETARI: L. Bloomfield, Columbus (Ohio) — A. Carnoy,
Lovanio — J. Duyvendak, Leida — A. Klingenheben, Amburgo
— E. Weidner, Berlino.
COMITATO D'ONORE: Ch Bally, Ginevra; ]. Baudouin de Courtenay,
Varsavia; A. Belitch, Belgrado; F. Boas, New York; W. Bogoraz,
Leningrad; R. Brandstetter, Lucerna; C. Brockelmann, Breslavia; O.
Densusianu, Bucarest; A. Dirr, Monaco; G. Ferrand, Parigi; P. E.
Goddard, New York; M. Grammont, Montpellier; Sir George Grier-
son; Rathfarnham, Camberley, Surrey; G. N. Hatzidakis, Atene;
F. Hrozny, Praga; O. Jespersen, Copenhague; B. Karlgren, Gòtergbo;
A. Kock, Lund; E. Kòénig, Bonn; P. Kretschmer, Vienna; A. L.
Kroeber, Berkeley (California); E. Lidén, Goteborg; W. M. Lindsay,
St. Andrews (Scozia); J. Melich, Budapest; A. Meillet, Parigi;
C. Meinhof, Amburgo; R. Menéndez Pidal, Madrid; R. Meringer,
Graz; W. Meyer-Libke, Bonn; T. Michelson, Washington D. C.;
Th. Néoldeke, Karlsruhe; M. Olsen, Oslo; P. E. Pavolini, Firenze;
H. Pedersen, Copenhague; H. Pernot, Parigi; Per Persson, Upsala;
H. Pipping, Helsingfors; J. Przyluski, Parigi; P. Rivet, Parigi;
E. Sapir, Chicago; A. H. Sayce, Oxford; V. Scheil, Parigi; W. Schmidt
Roma; E. Sievers, Lipsia; F. E. Sobolevsky, Mosca; F. Sommer,
Monaco; L. Sternberg, Leningrad; W. Thalbitzer, Copenhague; R.
Thurneysen, Bonn; A. Trombetti, Bologna; L. dela Vallée Poussin,
Gand; J. Vercoullie, Gand; J. Wackernagel, Basilea; D. Wester-
mann, Berlino; K. B. Wiklund, Upsala; J. Zubaty, Karlsbad.
COMITATO ORGANIZZATORE: C. C. Uhlenbeck, Presidente — Jos.
Schrijnen, Segretario — F. M. Th. Bòhl — Jac. van Ginneken —
A. G. van Hamel — Ph. S. van Ronkel — ]J. J. Salverda de Grave
— N. van Wijk.
COMITATO D’ONORE DI RICEVIMENTO: S. Ecc. W. F. van Leeuwen
Vice-Presidente del Consiglio di Stato — S. Ecc. P. W. A. Cort
van der Linden, Consigliere di Stato — E. A. J. Barone van Voorst,
Presidente del Senato — ]J. M. Ruys de Beerenbrouck, Presiden-
te della Camera dei Deputati — S. Ecc. E. C. Barone Sweerts
de Landas Wyborgh, Prefetto dell'Olanda meridionale — J. A. N.
Patijn, Borgomastro dell’Aia.
Riproduciamo pure il programma dei lavori:
9 h. % — midi et demi. Ouverture du Congrès et première discussion
sur un problème pratique (1).
Quelles doivent étre les bases d’une notation phonétique?
1. Valeur de la phonétique expérimentale.
2. Système de transcription, de translittération et de signes pho-
niques.
Examen et, le cas échéant, modification des décisions de la Con-
féerence de Copenhague.
2—4. Suite de la discussion sur le problème pratique I.
9h %—midi et demi. Réunions simultanées des sections.
Après-midi. Excursions.
9 h. 4>_—midi et demi. Discussions sur des problèmes pratiques (11
et IIla).
Etablissement et délimitation des termes techniques. Quelle est
la traduction exacte des termes techniques dans les différentes
langues (frangais, anglais, allemand)? (1) -
(1) Anche qui vorremmo vedere l’Italiano fra le lingue considerate; dopo tutto
si tratta della lingua di cui si sono serviti linguisti di valore universalmente rico-
nosciuto, e basti ricordare G. I. Ascoli.
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LEE EI RAEE OIL EI
NOTIZIARIO
Quelles sont les meilleures méthodes de recherche en géographie
linguistique.
I. Valeur des cartes, questionnaires, grammophones et des re-
cherches sur place.
2. L’aspect géographique de la lexicografie et de la stylistique.
2—4. Discussion sur des problèémes pratiques (IIIb et IV).
3. Voyages d’études.
4. Travaux scientifiques des missionaires.
Quelle sont les méthodes les mieux appropriées à un exposé com-
plet et pratique de la grammaire d’une langue quelconque?’
9 h. 4—midi et demi. Réunions simultanées des sections.
Après-midi. Excursions.
-9 h. 4—midi et demi. Discussions sur des problèmes pratiques (V et VI).
Délimitation des domaines culturels du passé et du temps présent
par rapport à des mots déterminés et à des particularités pho-
nétiques, morphologiques et syntaxiques. L’influence réci-
proque de ces domaines culturels.
Les méthodes de recherche pour les langues qui n’ont pas encore
fait l’objet d’un travail philologique satisfaisant.
2—4. Suite de la discussion sur le problème pratique VI.
Clòture.
10. — Congresso Geografico Internazionale di Cambridge.
— L'Unione geografica internazionale annuncia, come è stato detto a
proposito del recente Congresso geografico di Milano, una riunione in-
ternazionale a Cambridge per il 18 luglio 1928. — Ogni domanda di
informazione riguardante il Congresso deve essere rivolta al Segretario
del Congresso Gonville e Caius College, Cambridge. — Del Comitato
organizzatore fanno parte numerosissimi ed illustri scienziati e auto-
rità inglesi.
11. — Programmi dei corsi di lettere dell’Università Cat-
tolica del S. Cuore per l’anno scolastico 1927-1928.
I. FILOLOGIA CLASSICA:
A. LETTERATURA GRECA: Prof. CAMILLO CESSI.
Corso A. (2 ore settimanali).
La poesia ellenistica.
Corso B. (1 ora settimanale).
L’cepigramma greco: gli idilli di Teocrito.
II. LETTERATURA LATINA: Prof. GINO FUNAIOLI.
Corso A. (2 ore settimanali).
Virgilio: letture dell’epopea.
Corso B. (1 ora settimanale).
Questioni speciale sull’Eneide e lettura di passi scelti.
III. LETTERATURA BIZANTINA: Prof. CAMILLO CESSI.
Corso di 3 ove settimanali.
La storia presso i Bizantini - La cronaca di Costantino Ma-
nasse.
IV. LinGua GREcA: Prof. PAOLO UBALDI.
Corso A. (3 ore settimanali).
Sintassi greca - Omero, Pindaro, Senofonte.
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NOTIZIARIO
V. LINGUA LATINA: Prof. GINO FUNAIOLI.
Corso A. (3 ore settimanali).
Storia della lingua latina nelle sue linee generali, con lettura
di testi.
VI. LINGUA GRECA E LATINA: Prof. GIUSEPPE SHEDISIE
Corso B. (3 ore settimanal?).
I modi nelle proposizioni subordinate del greco e del latino
(con esercizi di traduzione dal greco in latino).
2. SCIENZA DELL'ANTICHITÀ.
I. STORIA ANTICA: Prof. GIULIO GIANNELLI.
Corso A. (2 ore settimanali).
Storia delle costituzioni di Sparta e di Atene.
Corso B. (1 ora settimanale).
Il periodo di Alessandro Magno.
II. ANTICHITÀ CLASSICHE: Prof. ARISTIDE CALDERINI.
Corso A. (2 ore settimanali).
Le antichità della Campania (specialmente Pompei, Ercolano,
Baia, Cuma).
Corso B. (1 ora settimanale).
Le principali iscrizioni latine di carattere legislativo e costi-
tuzionale.
III. ANTICHITÀ DELL'EGITTO GRECcOo-RoMANO (Papirologia): Profes-
sore ARISTIDE CALDERINI.
Corso di 3 ore settimanali.
Introduzione allo studio dei papiri.
Lo Stato Macedone e lo Stato Romano in Egitto.
Esercizî su papiri inediti.
IV. ARcHEOoLOGIA: Prof. GIULIO GIANNELLI.
Corso di 1 ora settimanale.
La scultura romana da Settimio Severo a Costantino (conti-
nuazione e fine dei corsi precedenti).
3. GLottoLOogIA: Prof. AMBROGIO BALLINI.
Corso di 2 ore settimanali.
La flessione pronominale e la SORLBA ZIONE verbale indo-eu-
ropea.
5. Sanscrito: Prof. AMBROGIO BALLINI.
Corso A (2 ore settimanali).
Elementi di grammatica sanscrita. con esercizî graduali e let-
ture facili dallo Hitopadeva.
Corso B. (2 ore settimanali).
Elementi di sintassi - Lettura di brani dell’epica e del Ra-
ghuvamya di Kalidasa - Esposizione del Jainismo e del Bud-
dismo.
6. FILOLOGIA SEMITICA.
I. EBRAICO E ASSIRO-BABILONESE: Prof. GIUSTINO BOSON.
Corso A. (2 ore settimanali). :
Ebraico e Assiro per principianti: grammatica e lettura di
facili brani.
Corso B. (2 ore settimanali).
Lettura ed interpretazione filologica di libri dell’antico Te-
stamento e di iscrizioni sumero-babilonesi-assire.
— 615 —
NOTIZIARIO
II. LINGUA E LETTERATURA ARABA: Prof. GIOVANNI GALBIATI.
Corso di 3 ore settimanali.’
Esposizione della grammatica araba avuto riguardo special-
mente alla teoria morfologica e sintattica del verbo; lettura e
interpretazione di passi di autori arabi compresovi un autore
cristiano,
6. LETTERATURA CRISTIANA ANTICA: Prof. PAOLO UBALDI,
Corso di 3 ore settimanali.
S. Paolo, le lettere agli Efesini, ai Colossesi, ai Filippesi,e la
lettera ai Romani.
Storia letteraria: il III secolo d. C.
7. LINGUA E LETTERATURA ITALIANA.
I. Corso MoNOoGRAFIcO: Prof. GIULIO SALVADORI.
Corso A. (2 ore settimanali).
La letteratura della Rivoluzione e del Regno Italico (milanese
o prodotta a Milano) dagli scrittori più insigni.
Corso B. (1 ora settimanale).
. Lavoro in collaborazione con gli studenti.
II. Corso DI ESERCITAZIONI: Prof. CARLO CALCATERRA.
Corso A. (2 ore settimanali).
La letteratura volgare nel ’400.
Corso B. (I ora settimanale).
Il seicento.
III. CATTEDRA DANTEScCA: Prof. GIULIO SALVADORI.
Corso di 1 settimanale.
La vita di Dante nella sua Comedia.
8. FILOLOGIA ROMANZA: Prof. LUIGI SORRENTO.
Corso A. (2 ore settimanali).
L’eloquenza in volgare nel Medio Evo.
Corso B. (I ora settimanale).
Letture paleografiche e commento linguistico di sermoni fran-
cesi da S. Bernardo (sec. XII) a Gerson.
9. LINGUA E LETTERATURA FRANCESE: Prof. LUIGI SORRENTO.
Corso A. (2 ore settimanali).
Molière e la commedia del suo secolo.
Corso B. (1 ora settimanale).
Lettura di testi classici ed esame speciale della sintassi classica.
II. ESERCITAZIONI DI LINGUA FRANCESE: Prof. CLEMENTINA DE
COURTEN.
10. FILOLOGIA GERMANICA.
I. LINGUA E LETTERATURA INGLESE: Prof. FEDERICO OLIVERO.
Corso A. (2 ore settimanali).
Il poema allegorico nella letteratura inglese: dal Phoenix alla
Faerie Queen di Edmund Spenser.
Corso B. (I ora settimanale).
John Milton e la poesia e prosa del suo tempo.
II. ESERCITAZIONI DI LINGUA INGLESE: Prof. VIRGINIA L. ROTTA.
III. LINGUA E LETTERATURA TEDESCA: Prof. LORENZO BIANCHI.
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NOTIZIARIO
Corso A. (2 ore settimanali).
Storia della letteratura tedesca nell’età classica (da Lessing
fino alla morte di Schiller).
Corso B. (1 ora settimanale). .
Il Faust del Goethe (interpretazione e commento).
IV. ESERCITAZIONI DI LINGUA TEDESCA: Prof. CARLO GRUÙU-
NANGER.
11. STORIA DELL'ARTE MEDIOEVALE E MODERNA: Prof. MARIO SALMI.
Corso di 2 ore settimanali.
La pittura lombarda del ’600 e le sue origini - L'architettura
gotica in Italia - Visita alle Pinacoteche e Musei di Milano.
12. STORIA MEDIOEVALE E MODERNA: I. Prof. GIOVANNI SORANZO.
Corso A. (2 ore settimanali).
Il Regno d’Italia dopo il 1870.
Corso B. (1 ora settimanale).
Istituzioni medioevali.
II. ESERCITAZIONI DI STORIA MODERNA: Prof. SILVIO VISMARA
O. S. B.
Corso A. (2 ore settimanali).
Caratteri fondamentali della storia italiana nel '500.
Corso B. (1 ora settimanale).
La storia d’Italia durante il periodo napoleonico.
III. StoRIA DELLA CHIESA: Prof. AGOSTINO FAGGIOTTO.
Corso di 3 ove settimanali (corso semestrale).
13. PALEOGRAFIA E DIPLOMATICA: Prof. GIOVANNI VITTANI.
Corso di 3 ore settimanali.
Cenni storici e teoretici di paleografia latina; nozioni di di-
plomatica - Esercitazioni pratiche alla lettura di codici e di do-
cumenti latini.
14. GEOGRAFIA: Prof. PAOLO REVELLI.
Corso A. (2 ore settimanali).
Problemi antropogeogratici fondamentali - Cenni sulla storia
delle rappresentazioni cartografiche: costruzione ed uso delle
carte.
Corso B. (2 ore settimanali). l
Geografia politica e geografia amministrativa; le circoscri-
zioni ecclesiastiche; la Geografia nell’opera di Dante.
I corsi di filosofia, e ne sarà fatto cenno nella Rivista di filosofia
neoscolastica, saranno i seguenti: Storia della filosofia antica (prof. Paolo.
Rotta); Storia della filosofia medioevale (prof. Amato Masnovo); Storia
della filosofia moderna (prof. Emilio Chiocchetti O. F. M.); Scolastica
(prof. Amato Masnovo); Metafisica (prof. Francesco Olgiati); Gnoseo-
logia (dott. Giuseppe Zamboni); Introduzione alla storia delle religioni
(dott. Umberto Padovani); Pedagogia (prof. Mario Casotti); Psicologia
(prof. Agostino Gemelli 0.F.M., dott. Arc. Galli O.F.M.); Cosmologia (prof.
Paolo Rossi); Biologia (prof. Lodovico Necchi, dott. Giuseppina Pastori);
sarà pure tenuto un corso cdi Fsposizione della dottrina e morale cattolica
dal Padre professore Andrea Oddone, S. I.
12. — Isidoro Del Lungo, nato a Montevarchi (Arezzo) il 20 dicembre
1841, morto a Firenze il 4 maggio, fu per più di un cinquantennio, con
la parola e con le opere, uno de’ più insigni maestri dell’Italia risorta.
Giunto prestissimo nelle prime file degli studiosi nostri con l’edizione
— 617 —
NOTIZIARIO
delle Prose volgari inedite e delle poesie latine e greche edite e inedite di
Angelo Ambrogini Poliziano (Firenze, Barbera, 1867), toccò la fama poco
. dopo per la sagacia, la dottrina e il pronto ingegno, con cui provò l’'au-
tenticità della Cronica di Dino Compagni e respinse i colpi degli « anti-
dinisti » italiani e stranieri. Era il tempo in cui con sicumera stupefa-
cente e con malaccorto dispregio della nostra critica il Dott. Schefier-
Boichorst diceva che gli studi di Cesare Guasti, Cesare Paoli, Isidoro
Del Lungo e di tutti gli altri assertori dell’autenticità della Cronica
«non erano tali da produrre la benchè minima impressione in Germania »
(1874) e il Settembrini, dinanzi a « tutte le scoperte nuove » che venivan
«di lassù e dinanzi alla distruzione della nostra storia, con animo turbato
scriveva: « Matteo Spinelli è un’impostura; Ricordano Malespini un’im-
‘postura; ora Dino Compagni è un’impostura. Io mi sento mancare il
terreno sotto i piedi, e mi si confonde il giudizio... Dove si va?... Ma
questa è demolizione generale » (1875). Il Del Lungo fu allora il maggior
campione di questa lotta contro la demolizione (Dino Compagni e la sua
Cronica, Firenze, Succ. Le Monnier, 1879-1887) e non solo egli ebbe la
ventura di veder, entro il volger di pochi anni, subissate le pagine astiose
della rivista // Borghini, in cui il Fanfani e gli altri «antidinisti» cercavan
di riversar il ridicolo su di lui rappresentandolo come « il buon Dorino
Del Lungo », ma nell’ultimo decennio, dal 1917 al 1927. ebbe anche la
gioia di vedere scossa, per opera di Enrico Sicardi, di Raffaele Morghen
e di Guido Mazzoni la recisa sentenza, con cui lo studioso tedesco aveva
intitolato il suo lavoro su Ricordano: Die Geschichte Malispini eine
Falschung (in Florentiner Sludien, Leipzig, 1874).
Fu un amoroso e appassionato indagatore e rievocatoredegliscrittori
che più sentiva, e, come non amò aggravare e annebbiare la poesia di
« perpetue discettazioni dottrinali fastidiose e sazievoli », così istintiva-
mente fu anche alieno dallo smorzare il godimento ch'egli provava di-
nanzi alle opere dei grandi creatori con tesi artistiche o teorie critiche
troppo meccaniche, le quali, per voler troppo delimitare o resecare nel
vivo dell’opera d’arte, finiscono sovente con l’irrigidire il giudizio nel
sistema.
Uomo di fine gusto nativo, scrittore di schietta purezza e di profondu
vigore, egli, dagli studi sulla Cronica fino all'estremo suo commento della
Divina Commedia (Firenze, Le Monnier, 1926), godette di far suo e di
avvalorare per sè e per gli altri il nostro patrimonio spirituale. Per ciò
egli, a ottantasei anni, era ancora uno dei letterati più noti alle giovani
generazioni. Chi non ha presenti come cosa viva i suoi studi sopra Dante,
su Dino, sul Petrarca, sul Poliziano, sul Savonarola, sul Tasso, sul Ga-
lilei, sul Goldoni, sull’Alfieri, sul Giusti, sul Capponi, sul Tommaseo, sul
Carducci? Sia che indagasse le ragioni e i modi delle opere loro, sia che
cercasse di rappresentare con sintesi fervide la loro spiritualità, sia che
‘con ardore di pura italianità ne studiasse la lingua e lo stile, come loro
forma intima, egliin ogni scritto e in ogni orazione recò sempre qualche
intuizione sua, perchè pensiero e fervore venivangli dall’anima, nella
quale a un’ansia sincera del bello univasi un puro desiderio di elevazione
‘spirituale. Nè, questo valente discepolo di Mauro Ricci, fu soltanto un
vero signore della nostra lingua, un assaporatore squisito de’ classici
nostri, un delineatore sicuro e colorito delle condizioni di cultura d’ogni
nostro secolo: egli ebbe anche un acuto e alto senso morale. Conoscitore
— 618 —
NOTIZIARIO
espertissimo della storia fiorentina c di quella italiana, egli, in tempi
cli angusto e gretto materialismo, tanto nello scrivere di Dante e d@1 suo
secolo quanto nel ricercare l'eredità di Vittorio Alfieri e la continuità
ideale della patria italiana, tanto nel parlare di Firenze e delle sue vicende
politiche quanto nell’indagare l'italianità della lingua del popolo e di
quel'a degli scrittori, diede sempre grandissimo valore alle forze morali
come a forze propulsatrici della storia, non certo inferiori a quelle di
qualsiasi altra natura. Una pagina del suo scritto L'assedio di Firenze
può essere citata come una testimonianza del suo modo di sentire e
intendere il valore vitale delle grandi forze ideali: «Quando nella storia
delle umane colpe e sventure, di mezzo al male fatto o sofferto, fra i
dolorosi contrasti di chi piange e di chi fa piangere, si inalzano da questa
polvere del mondo sozza e cruenta, le figure luminose dei pochi che in quel
contrasto hanno eletto la parte migliore, che hanno sposata con amplesso
potente e puro alcunadellegrandi idealità dell'anima immortale, la carità,
la scienza, la fede, la libertà umana, la patria, e a codesta sposa del cuor
generoso sì sono devoti, e per lei hanno combattuto, e per lei sono caduti
trionfatori, allora sentiamo che quelle sante idealità, librate nell’alto,
sono state qualche volta, quaggiù basso, il reale; allora riacquistiamo la
fiducia nel bene e la virtù di operarlo, allora la storia non è più solamente
la maestra, sì ancora la poesia, della vita ».
Quest’intimo fervore non era retorica. Per il compiacimento con cui
egli amò esprimere ogni pensiero nella forma classica del periodo ben
architettato e talora stilisticamente commisurato, molti lo giudicarono
un retore, un dicitore di belle adorne parole. In realtà egli ebbe un suo
mondo interiore, ben chiaro e ben netto, e sentì nel profondo che «le
grandi idealità dell'anima immortale, la carità, la scienza, la fede, la
libertà umana, la patria » hanno un intrinseco valore di vita e sono di
per sè sulla polvere del mondo sozza e cruenta un'altissima e indefettibile
poesia. Per questa sua nobiltà spirituale,-oltre che per i contributi da lui
recati agli studi, egli meritò che il giorno in cui fu portato al cimitero
dell’Antella, fosse accompagnato dal compianto di tutta la nazione.
CARLO CALCATERRA
13. — Walter Amelung. — È morto il 13 settembre a Nauheim in
Germania. Quando due anni or sono, circa di questi giorni, amici e
discepoli e ammiratori festeggiarono nella sede dell'Istituto Archeolo-
gico Germanico di Roma, di cui Egli era Primo Segretario, il suo sessan-
tesimo anno di età (era nato il 15 ottobre 1865 a Stettino), qualcuno
argutamente osservò se erano ben fondati i dati della Cronologia, tanto
Egli appariva giovanilmente fresco nel vigore del fisico e nella vivacità
esuberante del carattere. — Quel giorno tra i convenuti erano in gran
numero gli italiani, professori di Università, direttori e ispettori di
Musei: invero l’Amelung, per la lunga permanenza in Italia, dove era
venuto giovanissimo e dove da anni aveva fissato la sua dimora, e per
la franca cortesia dei modi, si era meritamente circondato nel nuovo
paese di elezione di una diffusa e sincera aura di simpatia: onde assai
opportunamente il governo germanico nel delicato momento del dopo-
guerra aveva scelto Lui, che pure era rimasto sempre fuori da ogni ca-
rica ufficiale, per riannodare col mondo scientifico italiano i legami
spezzati, e per provvedere alla riapertura dell'Istituto Archeologico
di Roma, cui era innanzi tutto da recuperare la ricca biblioteca messa
sotto sequestro.
— 619 —
NOTIZIARIO
Nessuno del resto meglio dell’Amelung poteva guidare i giovani
tedesthi, venuti in Italia a perfezionarsi negli studi archeologici, alla
conoscenza del paese che li ospitava: poichè nessuno più e meglio di
Lui conosceva monumenti, scavi e sopratutto Musei d’Italia. Avviato
nei primi anni della Sua giovinezza alla Scuola di H. Bruns a Monaco,
Egli aveva particolarmente indirizzato i Suoi studi nel campo della
plastica greca: non tuttavia limitandosi troppo all'indagine este-
riore e sterilmente erudita delle forme, ma penetrandone l’essenza pro-
fonda, cercando le ragioni della sua bellezza e della sua armonia: chè
l’Amelung aveva mente e cultura di scienziato, ma aveva anche e so-
pratutto anima di esteta: prova ne siano le belle traduzioni di classici,
Sofocle e Catullo, da Lui curate all’inizio della Sua attività di studioso.
Ed è, io credo, sopratutto a questa Sua acuta penetrazione nello spi-
rito dell’arte greca, che si doveva la prodigiosa memoria che Egli ser-
bava delle sculture e dei monumenti veduti: e non pure delle grandi
sculture, ma dei più minuti frammenti, che Egli ricordava, e riaccostava
e ricongiungeva mentalmente con prontezza e sicurezza a distanza di
spazio e di tempo.
I risultati degli studi condotti nei Musei d’Italia, di Firenze e di
Roma principalmente, Egli consacrò in quelle che furono le Sue opere
più importanti: lihrer durch die Antiken in Florenz (1897); Die Sculp-
turen des Vaticanischen Museum (1903-1908); il rifacimento dell’HELBIG
Fuhvrer durch die òffentlichen Sammlungen hlass. Alterthimer in Rom;
le Photographische Einzelaufnahmen antiken Sculpturen in collabora-
zione con l’ARNDT e con altri.
Ma accanto a queste pubblicazioni di mole, stanno gli innumere-
voli articoli, saggi, memorie su argomenti singoli, sparsi in riviste e
atti accademici: non v’è individualità artistica, tra le più note e fra
quelle che scompaiono quasi nella indeterminatezza delle fonti e nel-
l'incertezza delle opere, non v’è momento o corrente artistica della pla-
stica greca, su cui Egli non abbia avuto modo o occasione di intratte-
nersi e di esporre le Sue idee. Onde il suo nome sarà ricordato negli anni
da coloro, che pur con mutati indirizzi critici ripercorreranno la via di
questi studi, come la Sua persona sarà presente, con affettuoso rim-
pianto, a chi ebbe la ventura di conoscerlo e di avvicinarlo.
Roma PIETRO ROMANELLI
14. — Intorno alla nobile figura di Luigi Ceci, già professore di
glottologia nella R. Università di Roma, testè defunto, sta preparan-
do degne parole commemorative il collega Ballini, che pubblicherà
anche la bibliografia completa delle Sue opere.
— 620 —-
LIBRI RICEVUII
W. G6BER, Quaestiones rhythmicae imprimis ad Theodoreti historiam
ecclesiasticam pertinentes, pp. XI + 85, Berlin, Weidmann 1926.
H. FucHs, Augustin und die antihe Friedessedanke pp. 258, Berlin,
Weidmann 1926 [= Neue philogische Untersuchungen hgg. von
Werner Jaeger, 3 Heft].
[1. Das XIX Buch der Civitas Dei. — 2. Augustin und die antike
Friedesgedanke. — 3. Beilagen: Augustin und Varro. Zum spàtromi-
schen Staatsgedanken. Der Begriff des Friedens, cipnvn. pax, siprva, und
pax in der christlichen Sprache. Von den Nachwirkungen der antiken
Friedesgedankenj].
J. SvexxuNG, Orosiana, syntaktische semasiologische und Rritische Studien
zu Orosius (Inauguraldissertation), pp. XII+ 201, Uppsala, A.-B.
Akademiska Bokhandeln {= Uppsala universitets arsskrift 1922,
filos. sprakvet. och. hist. vetenskafer, 5).
H. DEssau, Geschichte der romische Kaiserzeit, 1 bis zum ersten Thron-
wechsel, 1924, II 1 die Kaiser von Tiberius bis Vitellius, 19206, pp.
VIII + 585, VIII + 400, Berlin, Weidmann.
[Nella prefazione alla I. e alla II. parte è ricordato il nome del Mom-
insen; e l’opera vuol essere veramente il desiderato complemento della
grande storia. La I. parte è tutta dedicata ad Augusto e alla sua riforma,
alle sue imprese, alla sua famiglia, ai suoi rapporti con la letteratura e col
movimento di pensiero del tempo. Il primo volume della II. parte con-
tiene gli avvenimenti dal 14 al 69 d. C.; il secondo volume, in corso di
stampa, tratterà delle terre e dei popoli dell’impero nel primo secolo].
N. FESTA, /icerche metriche, saggio di un nuovo metodo per lo studio
della metrica greca pp. VIII + 236, Palermo, Sandron 1920.
[= L'indagine moderna, XXVIII].
Tacito, Gli Annali, tradotti da RopoLro GIANI, pp. NIV + 418, Mi-
lano, Treves, 1927.
E. CEesaREO, Uno sguardo a Tacito nel quadro della storiografia latina, e
Commento filologico-estetico al libro XVI degli Annali, pp VIIL+ 150,
Palermo, Capozzi, 1920.
PLAUTO, .Mercator, con introduzione e note di C. D'ARGENIO, pp. 105,
Palermo, Sandron, 1927. .
[Edizione scolastica con buon commento; riproduce generalmente
il testo del Lindsay].
‘G. M. ComanpÈ, Dalle Lettere di Plinio il Giovine, pp. 116, Palermo,
Sandron s. d.
— 621 —
LIBRI RICEVUTI
G. M. ComanDpÈ, I classici greci e il ginnasio superiore. Introduzione di
ETTORE BIGNONE, pp. XV + 296, Palermo, Sandron s. d.
G. M. ComaNDÈ, Dalle prose di Giuseppe Giusti, pp. 144, Palermo, San-
dron 1927.
C. DE COURTEN, / « Rondeaux » di Clement Marot, pp. 222, Milano. C. E.
Alpes, 1927.
[L'autrice nella prima parte studia la figura e l’opera del Marot, nella
seconda la lingua dei « rondeaux »].
L. UHLAND, Ballate, traduzione di M. ANDREIS, pp. 8, Vicenza, Rossi
1927 [= Estratto dall’Annuario del R. Liceo Scientifico Paolo
Lioy 1926-1927].
F. VALLI, Un eretico del sec. IV, Gioviniano, pp. 66, Torino, S. E. I., 1925.
(= Estratto dal « Didaskaleion » N. S. 1924).
F. MANZINI, Ludovico Antonio Muratori cittadino ideale dell'Italia,
(conferenza), pp. 28, Modena 1927.
G. Munxo, La composizione delle «Opere e i giorni » di Esiodo, pp. 41,
Napoli, Pironti. (= Estratto da « Nuova Cultura » 1925].
NATALE VIANELLO, La tradizione manoscritta di Giovenale, pp. 38, Genova-
Sampierdarena, 1927. [= Estratto dell’Annuario del R. Liceo
Colombo]. i
[Dopo un capitolo sulla vita e la fortuna del poeta e un cenno sulle
prime edizioni, l’A. tratta dell’edizione di Montpellier, dell’uso fattone
dai recenti editori, degli altri edd. più importanti; descrive un’edizione
genovese (posseduta dalla famiglia Serra) che appare collegata con U
e P, accenna brevemente alla critica del testo e alle sue incertezze e
alla ricostruzione dell’archetipo. Segue una bibliografia di centoventotto
numeri « per il testo critico delle satire di Giovenale »].
CarLo DEL GRANDE, Sviluppo musicale dei metri greci, pp. VI + 144,
Napoli, 1927.
GIAN VICO GARAVAGLIA, Saggio sopra % Persiani di Eschilo, 16° pp. 60,
Milano, « Sodalitas » s. d.
Franc. VALLI, Il cantico delle creature (Interpretazione), estratto da
Valdilamone, n. IIl (1927), Faenza.
GaeTtaANO Munxo, La lirica nell’isola di Lesbo, Estr, da MOYXEION,
IV (1927). |
GAETANO SCARLATA, Dalle selva all’Empireo, Saggi dottrinali sulla Di-
vina Commedia, 16°, pagg. 216, Palermo, L’Attualità, 1927.
TortH Laszio, Garampi bécsi nuncius jelentése a gergely-féele naptàrreform
végrehajtàsàrol a birodalomban, Edito da Turrel, 1927.
Dr. Lapistaus TOTH, Zwei Berichte des Wiener Nuntius Garampi iiber
die Rirchlichen Verhdltnisse um 1776 (=Veròffentlichungen des un-
garischen historischen Institutes in Rom). Budapest 1926.
— 622 —
ABBREVIAZIONI®
AAAN = Atti R. Accad. Archeol. ecc. Napoli.
AAPN = Atti Accad. Pontaniana di Napoli.
AA VM = Atti R. Accad. Virgiliana di Mantova.
AAWW = Anzeig. d. Akad, d. Wiss. zu Wien.
Aev = Aevum.
A fB = Archiv. fiir Bienenkunde,
AFPAU = Archiv, Filologiczne Polskiej Akademji Umiej.
Afr. It. Min. Col. = Africa Italiana, rivista di storia e d'arte a cura del Ministero
delle Colonie,
Afr., I.SA N = Africa Italiana, organo della Società Africana d’Italia (N apoli)
ASS = Archivio Storico Siciliano.
BAB = Bull, de l’Assoc. G. Budé,
Bibl. Afr. = Biblioteca etnologica linguistica Africana, Innsbruck.
B phW = Berl. philolog. Wochenschrift.
BRL = Bull. John Rylands Libr.
BSIG = Bollettino della Reale Società Geografica Italiana.
BSNAT = Bull. Sociét. Nation. des Antiq. de France,
Chr W = Christentum und Wissenschaft.
CRAEG = Comptes Rendus de l'association pour l’encour. des étud. grecques,
C SCI Ph = Cornell Stud. in Class, Philology.
DLZ = Deutsche Literatur-Zeitung.
E = Eos.
E PhK = Egyetimes Philologiai K6zl6ny.
Er = Eranos,
GAA = Géttingische Gelehrte Anzeigen.
Geogr. Journ. = Geographical Journal, Londra,
Gn = Gnomon.
Herm = Hermathena.
HJGG = Histor. Jahrb. hgg. v. Géorresgesellschaft.
JA = Journal Asiatique.
JFA = Jahresber. iiber Fortschr. d. Altert.
JPhVB = Jahresb, d. philolog. Vereins zu Berl.
JRAS = Journal of the Royal Asiatic Society.
LZB1 = Literarischen Zentralblatt.
MASB = Mem. Accad, Scienze Bologna.
MO = Monde Oriental.
Mova = Movoetov.
MS = Miscellanea di studi critici in onore di E. Stampini.
MSOS = Mitteilungen des Seminars fiir Orientalische Sprachen...zu Berlin.
NGKG na,
NKGG Nachrichten der (kùn.) Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen
Vedi la lista provvisoria data alla fine del fascicolo precedente,
— 623 —
ABBREVIAZIONI
MuW = 1r1oo Jahrh. Markus u. Weber Verlag.
Neoph = Neophilologus.
NS = Notizie degli scavi di antichità.
NV = Nova et Vetera.
‘OM = Oriente moderno.
Patr. Or = Patrologia Orientalis, par Msg. Graffin,
PSI = Papiri della Società Italiana.
RAL = Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei.
RB = Revue Belge.
R Bibl = Revue Biblique.
RHR= Revue de l'’histoire des religions.
RIL = Rendiconti R. Istituto Lombardo,
RILLCI = Rassegna ital. di ling. e lett. class.
Riv. Col. = Rivista coloniale, organo dell'Istituto Coloniale Italiano,
ROC = Revue de l’Orient ckrétien.
RSO = Rivista degli Studi orientali.
S = Sokrates
SA = Scritti vari di lett. eccl. dedicati al rev. A. Amelli.
SAuP= St. Andrews University Publicat.
SCCS = Smith College Classical Studies,
S Ph = Studies in Philology.
SPhUNC = Stud. in class. Philolog. Univ. of North Caroline,
U C PCI Ph = Univ. of California Publ, in Class. Phil.
W kl Ph = Wochenschrift f. kl. Philol.
WUSHS = Washington Univer. Stud. Humanist. Series.
WZKM = Wiener Zeitschrift fiir die Kunde des Morgenlandes.
ZA = Zeitschrift fiir Assyriologie und verwandte Gebiete.
ZDMG = Zeitschrift der Deutschen Morgenlindischen Gesellschaft.
Zeitschr, fùr Eingeb. Spr. = Zeitschrift fiir Eingeborenen Sprachen.
ZfTum = Zeitschrift fiir Numismatik, di Berlino.
ZOeG = Zeitschrift f, d. cesterr. Gymnasium.
ZOPV = Zeitschrift des Deutschen Palistina Vereins.
f
È = Zeitschrift fiir Semitistik und verwandte Gebiete.
ANNO I. - FASC. 4 DICEMBRE 1927
AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
PUBBLICATA PER CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
&' A TAT
n (CS fi
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA S. AGNESE, 4 - MILANO (108)
Conto corrente postale
AEVUM
RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE
LINGUISTICHE E FILOLOGICHE
Esce in 4 fascicoli annuali di complessive pp. 800 in-8.°
DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE
presso la Università del S. Cuore in Milano (108), via S. Agnese, 4
ABBONAMENTO ANNUO - Italia e Colonie L. 50,30 Estero L. 70,30
NUMERO SEPARATO - n » » 20,00
» » 30,00
SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO
Inedita et rara:
P. ANTONIO BELLUCCI D. O., Il «De Origine Oratorij» (Opuscolo
inedito del Cardinale Cesare Baronio) . ......... pag. 625
Bollettini bibliografici:
Luigi SORRENTO: Folclore e dialetti d’Italia (1925-1927) » 635
Notiziario:
1. A proposito di inventarî di librerie Umanistiche (F. Ghisal-
berti). — 2. Glozel (P. Ferrarino). — 3. Il Mausoleo di
Augusto (G. Anfossi). — 4. La Villa di Orazio nella Sabina
(R. Locatelli). — 6. Testi greci recentemente scoperti (A. Cal-
derini). — 6. La topografia dei Promessi Sposi (A. Polva-
ra). — 7. Le tradizioni popolari siciliane (L. Sorrento). —
8. Il 1° Congresso Nazionale di Studî Romani (4. C.). . . ..
INEDITA ET RARA
P. ANTONIO BELLUCCI d. O.
IL “DE ORIGINE ORATORIJ,,
OPUSCOLO INEDITO DEL CARDINALE CESARE BARONIO
La scoperta di un opuscolo, inedito e sconosciuto, del Cardinale
Cesare Baronio destò, or sono alcuni anni, un non lieve interesse,
specialmente nel campo degli studiosi di storia ecclesiastica (1).
Dalla notizia di quel fortunato rinvenimento fui spinto a cer-
care anch'io un altro - non meno importante e del pari inedito - v-
puscolo del Barorio. Alludo al « De Origine Oratori »; del quale, da
pochi indizi lasciatici dal Marciano, ebbero a far motto - fra ghi altri -
il Mazzucchelli ed il Calenzio (2).
Ma dove cercarlo? Il Marciano non ci aveva detto dove lo aves-
1) Lo scopritore fu l’attuale Sommo Pontefice, allora Prefetto
della Biblioteca Ambrosiana. Cfr. Ratti Achille. Opuscolo inedito e sco-
nosciuto del Cardinale Cesare Baronio con dodici sue lettere inedite ed
altri documenti che lo riguardano [in « Per Cesare Baronio. Scritti vari
nel terzo Centenario della sua morte » (Roma, Athenaeum, 1911) p. 179-
254]. Ricordiamo i notevoli contributi, apparsi in tale circostanza, di
Ugo Laemmer, Giovanni Mercati, Ludovico Pastor, Francesco Filo-
musi-Guelfi, Giuseppe Tommasetti, Alfredo Magnanelli, Pasquale Del
Giudice, Domenico e Beniamino Santoro, Luigi Salvatorelli, Francesco
Ruffini e del Cauchie.
2) Il Marciano ne riporta alcuni brani, i quali con lievi varianti
ortografiche e con qualche parola sbagliata — perchè letta male nel
non facile Mss. — comprovano l’autenticità del nostro testo. Cfr. P.
Marciano d. O. Memorie historiche della Congregazione dell'Oratorio (Na-
poli, De Bonis, 1693) tomo I, p. 3, 4, 12, 13, 14, 3I, 44, 45, 46 a 48,
49, SI. Trattasi di brani ordinariamente di due o tre righe, prodotti
come testimonianze in luoghi diversi dell’opera.
Aevum - Anno I- 40
P. ANTONIO BELLUCCI
se letto. Il Mazzucchelli suppose che esistesse « forse a penna 1n Ro-
ma nella Libreria Vallicelliana » (1); ma fu contradetto dal Calenzio
il quale giustamente affermò che quell’opera del Baronio « nella no-
stra Vallicelliana non è stata mai, nè fu mai segnata nell'indice dei
Manoscritti » (2). Eppure non doveva essere difficile il rinvenirla.
Diversi elementi, molto lievi e semplici in verità, mi misero sul-
la facile via di questa piccola scoperta. Innanzi tutto - quello che era
risaputissimo (3) - il Baronio soleva far rivedere quasi tutti gli scritti
suoi, non esclusi gli Annali, dal P. Antonio Talpa, Preposito della
Casa dell’Oratorio di Napoli. Nell’Archivio dell'Oratorio napoletano
si conserva un Mss., intitolato « Istoria annuale della Congregazione
dell'Oratorio di Napoli », nel quale si riportano due brani del « De
Origine Oratori] » (4). S'aggiunga a ciò che il P. Marciano, Preposito
dell'Oratorio napoletano, compilò le sue voluminose « Memorie histo-
riche della Congregatione dell'Oratorio », servendosi quasi esclusivamen-
te dei documenti conservati nell’Archivio dell’Oratorio di Napoli.
Doveva, adunque, dedursene a fil di logica che nel detto Archivio,
più che in altri, vi fosse la probabilità di scoprire questo - tanto inu-
tilmente cercato altrove - opuscolo « De Origine Oratori] ».
Messo sulla pista da tali semplici intuizioni, cercai, un po’ a lun:
go, nelle carte dell’Archivio dell'Oratorio di Napoli, e riuscii a sco-
vare il Mss. del Baronio, in una miscellanea intitolata « Liber histo-
riae Congregationis Oratorij » (5).
Del rinvenimento di questa piccola gemma, oltremodo interes-
sante per la storia dell'Oratorio di Roma, fondato da S. Filippo Ne-
ri, diedi la notizia in una Comunicazione all'Accademia « San Pietro
I) MAZZUCCHELLI G. M. Scrittori d’Italia. (Brescia, 1758) p. 387-402.
2) CALENzIO GENFROsO d. O. Vita e scritti del Baronio (Roma,
Tipografia Vaticana, 1907), cap. IV, $ IV, p. XLVII. Il Calenzio pro-
mise pure di pubblicare questo opuscolo, del quale avrebbe trovato
un esemplare Mss. « dopo tanti e tanti anni d’inutili ricerche » fra certe
vecchie e confuse carte della Congregazione di Roma. Non gli riuscì
di stamparlo, ed ora non si sa dove sia andato a finire. Forse è fra i
residui dell’archivio di quella Casa dell’Oratorio.
3) Cfr. MARCIANO, 0Q. c., tomo II, p. 100.
4) AP. 351, 352, 366 e 367. Di questo Mss. ho data in la quasi
integralmente, la parte che riguarda il Baronio. Cfr. P. Bellucci Antonio
d. O. Il Baronio ed una ignota Cronaca manoscritta dell'Archivio del-
l'Oratorio di Napoli [in « San Filippo Neri» (Roma, Vallicella, 1923-
1925) anno III, n. 1 a 10; an. IV, n. 3 a 9g].
5) È un Mss. in 8 facciate, nel quale solo le parole « auctore Cae-
sare Baronto » sono di mano un poco posteriore. Va da p. 12 a 15 della
menzionata Miscellanea (XXI-1), che è un’importante raccolta di do-
cumenti relativi alla fondazione dell'Oratorio.
— 626 —
IL «DE ORIG. ORAT.» DEL BARONIO
in Vincoli » il 6 aprile 1922. Resi noti del pari gli altri documenti
riguardanti il Baronio custoditi nell'Archivio del''Oratorio napole-
tano, con una seconda Comunicazione, letta, anche ai Consoci della
Sezione di Storia ecclesiastica dell’Accademia anzidetta, 1'8 novem-
bre dello stesso anno.
Mi proponevo di dare subito alle stampe il prezioso Mss. baro-
niano, ma ne fui impedito da altre ricerche.
Dopo di avere attentamente collazionato il testo da me rinve-
nuto con i brani riportati dal Marciano e dall'anonimo autore della
menzionata « Historia annuale » (1), mi è riuscito di precisare che
si tratta proprio dell’inedito opuscolo « De Cpagene Oratori] » del gran-
de storico degli Annali.
Il Mss. è pieno di abbreviature e di correzioni della stessa mano.
Qualche rara volta l’autore, correggendo in fretta un'intera frase, di-
mentica di coireggere del pari qualche parola. La grafia somiglia
moltissimo, fin quasi all'identità, con quella degli altri scritti del
Baronio, incontestabilmente originali e firmati da lui. Per tal moti-
vo suppongo che si tratti dello stesso originale, inviato dal Baronio
al P. Talpa, e del quale, poi, ebbero, in piccola parte, a servirsi il
Marciano e l'anonimo autore dell’« Historia annuale ». L’ortografia è
scrupolosamente quella del Mss., dal quale ho sviluppato soltanto le
non sempre facili abbreviature.
De origine Oratori). | auctore Caesare Baronio. | Quis loquetur
potentias domini! ipse qui habitare fecit unanimes in domo, qui
congregauit nos de nationibus ut gloriaremur in laude sua: Fuimus
aliquandiu in ta-|bernaculis uelut degentes, et arca Dei quasi in
papilionibus, cantantes canticum | in terra aliena; sed eduxit nos do-
minus in manu potenti et bracchio excelso, eduxit | in laetitia et exul-
tatione, transtulit uincam suam de Acgipto et plantauit eam |in
monte hereditatis suae, montem dixerim Domum Virginis, quia ipsa
mons domus | domini in uertice montium, impleta wallis creuit in
montem, illic collocauit | exurientes ut constituerent Ciuitatem habi-
tationis. Sed quibus initijs haec fuerint |exordita, breui narratione
percurram, ut cognoscat hacc generatio altera, et |notae fiant in
populis adinuentiones Dei.
Est Romae, non longe a Patriarchio. S. Laurentij in Damaso,
ecclesia Diuo Hicro- | nimo dicata, residet in ea. S. Archiconfrater-
nitas Charitatis, quac eiusdem ecclesiae | sollicitudinem gerens, con-
1) Cfr. gli Atti dell’Accademia « San Pietro in Vincoli » (Napoli)
an. XI, vol. XI, fasc. 1, n. 57, p. 15.
— 627 —
P. ANTONIO BELLUCCI
sueuit ex seculari clero illic pro eius cultu selectissimos | deligere sa-
cerdotes, quorum est adauctus numerus, dum nonnulli suis stipen-
dijs militan- | tes, uelut subsidiari} milites, in opus ministeri) adhae-
serunt, hi qui lucro tantummo- | do animarum inhiantes, quantum
profecerint Urbi, testis est orbis, qui una uelut | cum Hieronimo in
noua Bethlehem commorantes, panem | uitae abundantius exurien-
tibus ex ea ministrabant; didicit tunc Roma hunc | auidius exurire,
et huberius satiari, | illic frequens sacrae Eucharistiae usus iam ue-
tustate dimissus est restitutus, egere | id patres uerbis, egere et scri-
ptis, qualis illuc statim factus concursus | dixisses ipsum Hieronimum
ex haeremo Romam postliminio reuersum et illic | ad eum properare -
Paulas, Eustochia (sic), Marcellas, Fabiolas, Blesillac, cur- | sitare ad
eum Pammachios et Chromatios, | caeterosque ipsum adire, ut beth-
lehemitico pane satiarentur, uerbis |instruerentur et moribus imbue-
rentur, in unoquoque illorum Hieronimum intuentes | Hieronimum
uenerantes, Hieronimum alloquentes. Extitit inter cacteros R. D. phi-
| lippus Nerius Florentinus, qui iam diu abdicato seculo, et a phi-
losophiae | compedibus, (quibus arctius tenebatur) auulsis pedibus,
se totum christianae philosophiae | addixerat, in qua supra omnes
suos coaetaneos proficijens, et illic cum alijs existens plus | omnibus
laborauit, nec satis sibi innumeros in Christo genuisse filios, nisi eos-
dem | et fouisset charitatis amplexu, et dei uerbo lactasset, et in uirum
perfectum quemque illorum |]aeducasset (sic) et duxisset, in adin-
uentionibus suis: nam quos mane per dies singulos in confessione
mun- | dasset, diuinoque cibo pauisset, cosdem, et meridie ad hubera
uelut reuocabat | illisque propinans dei uerbum, in dilectione so-
lidabat. | Erat quotidie frequens filiorum accessus ad Cellam Patris,
ut assuetis epulis saginarentur, quae et ex abundantia cordis eructabat,
quae in nocturnis uigilijs e Christi | pectore hauxerat, et sì gratia fessus,
tunc sacram lectionem interseri iubebat, uel | loquendi dei uerbi mu-
nus alicui fratrum mandabat, nihil illic curiosum uel infructiosum
(sic)| uel utilitatis uacuum permittebatur, sed ea tantum quae suspiria
et lacrimas possint | elicere; creuit in dies crebrior conuentus etiam
et exterorum, ut angustia |cellae non sufficeret, addita tunc et operi
cella propinquior, quae et non post diu | numero accedentium red-
dita est et ipsa angustior, comprimebantur foris | qui intus spiritu
dilatabantur: cum ob tales angustias maior pars | ab ingressu exclu-
deretur, Suggessit spiritus Sanctus latiora loca |, erat enim prope Ora-
torium, quo orationis tantum causa | uespertinis horis solitum erat con-
uenire, ipsum adierunt, et cadem mox |ibi fuerint repetita insti-
tuta, consuetae appositae epulae, dixisses ipsam Sapientiam solitam
apposuisse mensam, mox cunctos inuitasse | panem et uinum mi-
— 628 —
IL «DE ORIG. ORAT.» DEL BARONIO
scuisse, nam et sapienter cuncta suo | ordine fuerunt disposita, ad
ipsam mensam (uelut in antiquorum olim patrum collationibus) |
quisque symbolum afferebat suum, tali seruato ordine primo alicui
fratrum (quousque conueniret | frequens populus) tradebatur aliquis
liber ligendus (sic), qui uel uirtutum contineret tractatum, | uel San-
ctorum recenseret historias, ex cuiuslectionis uerbis ab altero fratrum
materia su- | mebatur, qua longius sermonem protraheret, uel eam
exactius explicando, uel stu- | diosius inculcando, uel quoque modo
utiliter dilatando; Accedebat (quod et maximae erat uenustatis et
gratiae) quod et alter fratrum cum eodem per dialogum nonnulla |
discurrens perutilia interserebat, ommissa (stc) ingerebat, dubia re-
fricabat et quae | in eo genere dicenda essent utiliter inuestiga-
bat: haecque mira audientium | utilitate; nam quae olim Cassianus
tot Collationibus digessit de uitijs et uirtuti- | bus, quae Basilius, | et
(Gregorius in moralibus, Ambrosius in officijs et ali) de morum corre-
ctione diffusius sparsim egissent, | illic simul congesta, e cortici-
bus enucleata, et uelut mensae apposita | incundius degustabantur.
Post hos accedebat alter fratrum, qui elaborato | sermone exempla
Sanctorum ex probatis auctoribus sumpta, et ca praesertim selecta |
quae de seueritate ultimj Judicij, de uitae praesentis inconstantia,
de mortis pauen- | do exitu, deque cruciatu tormentorum et prae-
mijs beatae uitae loquerentur, ma- | gna audientium utilitate recen-
sebat. Utque post haec auditores aliquantulum | alleuarentur, con-
sultum fuit, ut alter fratrum ecclesiasticas repeteret histori- | as, a
Christi aduentu sumens exordium, quodque per annos singulos uti-
liter gestum fuerit | ex probatis Scriptoribus referret; Aderat postre-
mo qui alicuius Sancti uitam | ex probato auctore, paraphrastice
magna audientium utilitate enarraret. | haecque diu per trium hora-
rum spatium ad minus absque audientium tedio explebantur, | ade-
rat ipse pater pracpositus spirituali mensae uelut Sapiens Architri-
clinus, qui cuncta proba- |ret, et sì quid ambiguum uel minus suf-
ficienter fuisset explicatum ipse diffusius | pertractaret. quibus exple-
tis, Cantica spiritualia ad haec specialiter summa cum in- | dustria
composita, magna audientium iocunditate decantabantur, demum
peracta breui | oratione omnes dimittebantur, haecque eadem quo-
tidie repetebantur institu- | ta, dicbus tamen festis ad uespertinum
officium usque trahebantur Sermones, post | quos ad diuinas laudes
dimittebatur populus et ad audiendas aliorum lectiones | nec tantum
apud eos uel loqui, uel audire in proposito erat, sed praecipue ipsa |
operum exhibitio, quandoquidem per singulos dies ijdem summo
uesperi ibidem conueniebant | ad orationem, quae pro unius horae
spatio explebatur, et ibidem ter in hebdomade se | flagellis caede-
— (29 —
P. ANTONIO BELLUCCI
bant diebus singulis nonnulli infirmantium hospitalia. uisitabant
ac ijs- | dem ministrabant, diebus tamen festis tanta erat talium
ministrantium numerositas, | ut diu publicorum hospitalium Romae
existentium ministerio satis essent, quae pia ministeria non nobi-
lis | uel quiuis sericis indutus erubescebat, sed quisque illorum glo-
riabatur in humilitate su). | Haec dum agerentur, excitata his sti-
mulis non post diu inuidia diaboli, non de- | stitit quibus potuit
nequiti])s, coepta dei opera perturbare, et suis dolis aduersari, | sed
quia opus dei erat, quo magis lacessabatur, eo magis firmabatur,
nam et | tunc magis augebatur accedentium numerus, sensit tunc
Christus in his suas attrectari pupillas | acuit et confestim iram
in lanceam, percussit aduersarios suos (non absque inuidia pertran- |
siret narrationis historia si specialius et suis nominibus haec de-
scriberentur). Extat ad-|uersus obtrectantes scripta ab uno fra-
trum apologia, qua obstruantur ora loquen- | tium mendacium; Sa-
tis namque ex fructu arborem conijcere quis poterat, quod | et sibi
satis ostendisse uisum est Apostolo, dum in signum sui apostolatus
profert suos discipulos, signa, inquiens, apostolatus mei estis | uos;
quis facile enumerare sufficerit quot peccatores eo uerbi ministe- |
rio fuerint a faucibus diaboli eruti, et Christo addicti! quot ex his,
seculo | etiam abdicato, probatis religionibus nomen dedere, nomi-
nent ipsae quot ex hac | Christi uinea acceperint palmites, sed et
exterae etiam prouinciae haec non ignorant. | Sed et ipsae ex-
perimento didicerunt, quot ex suis Romae peregrinantes, et Orato-
rium | adeuntes, non tantum meliores, sed in uiros alteros mutatos
receperint ad propria | reuertentes, quid dicam (quod quasi mira-
culum a Deo accidit) cum nonnulli | curiositatis non solum causa,
sed obtrectandi et subsannandi studio | hique prudentes in seculo
illuc accesserint, uerborum dei ictibus uerberati, | ignitis eloquijs
uelut saggittis confossi, risu mutato in luctum, |cordis compun-
ctione sauciati, lacrimarum imbribus aspersi, recesserunt percuti- |
entes pectora sua et seculum etiam abdicantes, et cum peccatis uc-
terem etiam | hominem exuentes, nouum induentes, arctioris religionis
se uinculis perpetuo | uelut carceri manciparunt, aesttmabatur iam
ab alijs quasi necessitas | oratorium adire et in melius mutari, et
ipsum tantum adijsse, in bonum uelut transfusum | esse, ut non
defuerint ex his qui quaestum pietatem putant, in hjpocrjsia ambu- |
lantes, ex tali accessu studucrint bonum nomen aucupari, qui so-
lummodo | uti accesserant inanes recesserunt, cum semper Spiritus
Sanctus disciplinae effugerit fictos. | Contigit post multos annos, Flo-
rentinos Romae degentes boni aemulos adijs- | se ipsum Patrem
atque ipsum rogasse ut ipsorum, quam Romae habebant, ecclesiam
— 650 —
IL «DLE ORIG. ORAT.”» DEL BARONIO
gu- | bernandam susciperet, idque pluribus egere donec fierent uoti
compotes. Trans- | misit illuc Pater quos uaetustiores (sic) habebat
delectos filios, erant | hi, qui ex diuersis prouincij;s Romam uenerant
causa studi), quique | et ]ustiniani militiae nomen dederant, a qua
deficientes, et Christo | paenitus adhaerentes, facti erant sine igno-
mjnia desertores et cum | honore transfugae, adiunxit illis pater et
alios, quorum omnium labore et | cultura sterilis olim ager fructum
retulit centuplum, erant omnes ministe | rio uerbi instantes et officijs
sacre.mentorum, redditumque celebre nomen | ecclesiae, quae sui stru-
cturr. erat exigua, Contigit et post diu | ut ipsae Oratori) exercita-
tioncs in nouum oratorium illic nouiter construc- | tum transferren-
tur, nam angusti)s bethlehemiticis frequens accessus | populj arcta-
tus, uix diutius continebatur, haec cum ita se haberent, et | om-
nium esset cor unum et anima una, expetiuit Satanas ut cribra- |
ret nos, suscitans aduersus patrem et fratres, unum ex illis qui |
post alios illuc aduenerat qui cum ob id quod inordinate ambu- |
laret corriperetur a patre, restitit in faciem eius, et aduer- | sus
cundem mouit calcancum suum, cumque contumax persisteret nec
Jussis | patris obedire uellet, meruit e coetu fratrum expelli, qui
fratrum | consortio segregatus, mouit mare et arida aduersus eosdem
et | florentinos quibusque effictis commentis in eosdem concitauit,
actumque inter | eos crebris conuentibus ut omnes pellerentur, qui
illum eiccissent, sed | non defuit inter eos pro nobis nouus Gamaliel]
nam Vir praecipuus inter cos qui cum aucto-|ritate caeteros anteiret
rationibus repressit omnes, et oratione restitit | omnibus, manus enim
dei erat cum illo, culus studio et praecipue Dei uirtute clausae fucrunt
uelut | in utre aquae maris. his pressus angustijs Pater, his fatiga-
tus la- | boribus, miseratus et suos tot agitatos procellis, cogitare
cocpit ut | eriperet eos a conturbatione hominum et a contradi-
ctione lingua- | rum, postque multas in his habitas ad Deum preces
adijt ipsum Pontifi [cem Gregorium, petijt ab eodem humiliter sibi
ac suis liberam concedi | ecclesiam, benigne eum excepit Pontifex, con-
solatus est scnem | annuit uotis, qui et inter multas sibi propositas
ipsemet elegit | ecclesiam S. Mariae in Vallicella, consulens prae-
sertim populi utilitati | et commoditati, ut in eo loco Urbis sita,
ubi est frequentior habitan- | tium multitudo et accedentium accur-
sus, est ipsa dicata Natali- | tijs Dei genitricis, antiqua urbis parochia,
nec memoria extat, | quod antiquior illa Natali Virginis Romae
fuerit dedicata ecclesia, in uetustis- | simis dipticis quae habentur
in bibliotheca Vaticana de Urbis parro- | chijs eiusdem crebrior ha-
betur mentio, quam et Eugenius. 3. ditauit | indulgentijs, extant in
registris de ijsdem exemplaria, haecque cum | esset sub Patriarchali
— Gil —
P. ANTONIO BELLUCCI.
ecclesia S. Laurenti} in Damaso con- | stituta motu proprio iterum
atque iterum eamdem exemit et liberam | nos eam habere uoluit.
haec acta ipso anno Sacratissimo Jubilei, | post annum Vigesimum
ab inceptis Oratori) institutis. hac nobis concessa | ecclesia, cum in
omnium animo esset illuc confestim accedere, ad mo [dicum tantum
tempus dilata migratio, quousque scilicet aliqua modica | impensa
ipsa usui redderetur utilior, Sapientis architecti id | relictum arbitrio,
qui eamdem exacte perlustrans fundamenta usque | deorsum inspi-
ciens, eamdem iam prope uetustate collabentem comperijt, | utque
in eadem resarcienda omnem fore impensam deperditam, nisi nouis
suffulciretur | fundamentis, idque fieri nec posse absque magna im-
pensa, quae et utilius im]penderetur, si iacienda fundamenta novae
structurae amplioris spatij inser- | uirent, terruit pene omnes et
expensarum magnitudo et temporis dilatio, | sed nec his perterrefactus
pater noluit cuncta consilio ipsius architecti | peragi, ut qui in eodem
uelut olim in Beleele (sic) Spiritum dei inesse deprecaretur, pie is
egit quod omne opus suum gratis exhibuit, cgit et pruden | ter, quia
typum construendae ecclesiae exibere usque uoluit, ne scilicet | ma-
gnae molis exemplari perspecto, disperaremur inceptis, idque | om-
ne consilium dei fuit; ad libitum filum direxit, ex amplis uestigijs }
conijciebatur summa proceritas, et iam timebamus ne nobis in fu-
turum illud euan- | gelicum exprobraretur. hic homo coepit aedi-
ficare et non potuit consumare, | sed occurrit statim deus, dun»
contigit ibidem, ubi effoderetur fossa funda- | mentorum reperij (sic)
peramplos latericios solidissimos parietes, nec in uno tantum loco |
sed pene ubique a dextero latere, sed cum a sinistris non reperirent,
affuit | spiritualis noster architectus, ipse pater, qui trans filum iussit
effodi ubi, mirantibus cunctis, continuo fuerunt fundamenta | reperta,
eaque occasione ipsum ecclesiae gremium latius est utiliter redditum, |
superque ca adinuenta fundamenta omnis aedificatio constructa cic-
uit in | templum, sed cum iam nobis nihil pene habentibus omnis
esset impensa | difficilis, insuper et mora odibilis, consolatus est nos
deus in eelemosi- | narum effusa largitione fidelium, pauperes prac-
venerunt principes, | qui ct plus cacteris contulerunt, et si non cen-
su saltem eorum fide ditatum est gazophilacium, de substantia
quisque sua offerens minuta, mulicr- | culae insuper pauperculac lu-
cerna uelut accensa domum euert.... ut uel dragma | quod offerrent
inucniret (sic), aliquas iam cx his e digitis auulsos anulos etiam
contulisse; hacc dixe- | rim semina quae continuo exorta, nec cexpe-
ctata aestate, fructum attulerunt | centuplum | nam illico et diui-
tum sunt sequutae oblationes, contulerunt et ipsi Rom. ecclesiae
pracelati et praccipue Ill.mi Cardinales, supergressus omnes ipse Sum-
— 652 —
35 n. vW aC
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BaRronIO. — ‘‘ De Origine Oratori) ,, (Archivio Oratoriano di Napoli).
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IL «DE ORIG. ORAT.?» DEL BARONIO
mus Anti- |stes Gregorius, qui se talem ab initio et usque modo
in largiendo exhibuit | ut merito eius structura, eiusque aedificatio
dici debeat, quae et post Dei genitricem etiam et Diuo | Gregorio
Magno dicandam eiusdem arbitrio censeatur. his praestitis a Deo
au- | xilijs, mira celeritate per anni scilicet spatium ea ecclesiae pars
extitit absoluta | quae ad ecclesiastica peragenda ministeria esset
idonea, quae et lato | gremio populum confluentem ad conciones
exciperet, sequentis itaque anni ini- | tio in septuagesima dominica
sacra illic sunt Encenia celebrata, so- | lemnibus illic sacris peractis
misterijs ab Archiepiscopo florentino, ubi et se- | quenti quadrage-
sima celebris ille et uelut apostolus habitus ex hispa- | nia oriundus
Lupus minorita (hoc annuente pontifice) frequentissimo | populo est
concionatus. non omittendum quod pene mense exciderat, | quod
confestim ad diuinum cultum fuerunt exhibita ornamenta, calices |
ministeriales, turribulum, candelabra, et alia..... insuper pro | sacris
indumentis fuerunt elargita serica auro contexta, et preciosis- | sima
uela, ut ipsa ecclesia, licet nondum perfecta, tamen in ornatu basi-
licam | praeseferret, facta est eodem anno fratrum transmigratio,
cumque angustae | essent aedes ut omnes reciperet (sic), commode
accidit, qued illis contiguae essent | aedes R. D. Alphonsi Viceco-
mitis nestri pernecessarij, qui easdem | non amplius priuatas sed
communes habere uoluit cum fratribus, | profana uertit in sacra,
stabula in oratorium, | exhibuit se et consortem ministeri), immo et
ministrum, mensuram | sane bonam dedit, dum sua contulit, con-
fertam et coagi | tatam dum seipsum, superefluentem uero dum se
omnium ministrum exhibuit. | Laus deo.
— 633 —
PUBBLICAZIONI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Serie prima: SCIENZE FILOSOFICHE. — Volumi 12.
Serie seconda: SCIENZE GIURIDICHE. — Volumi 16.
Serie terza: SCIENZE SOCIALI. — Volumi 4.
Serie quarta: SCIENZE FILOLOGICHE.
Vol. I. -- GiusEPPFE GHEDINI, Lettere cristiane nei papiri greci del Ill e IV
secolo. Vol. in-16 di pag. 376, L. 18.
Vol. II. — CEssi Camitto, Le origini della letteratura greca: Appunti. Vol.
in-8 di pag. 52, L. 3.
Vol. III. — Luici SORRENTO, Italiani e Spagnuoli contro l’egemonia intel-
lettuale francese nel settecento. Dissertazione proemiale. Vol. in-8 di
pag. 58, L. 5.
Vol. IV. — GiovannNI BATTISTA PicHRI, JI proemio degli Annali di Quinto
Ennio. Vol. in-8 di pag. 52, L. 4.
Vol. V. — GiusePPE GHEDINI, La lingua greca di Marco Aurelio Antonino.
Vol. in-8 di pag. 90, L. 10.
Vol. VI. — GiusEppPE GHEDINI Le clausole ritmiche nella « Historia persecutionis
africanae provinciae », di Victor de Vita. Vol. in-8 di pag. 80, L. 6.
Vol. VII. — Raccolta di scritti in onore di FELICE Ramorino, Vol. in-8 di
pag. xxIv-707 con una tavola fuori testo. L. 75.
Vol. IX - LuIGI SORRENTO, Francia e Spagna nel 700 - Battaglie e sorgenti di idee.
Serie quinta: SCIENZE STORICHE.
Vol. I. — Giovanni Soranzo, La Lega Italica (1454-1455) (esaurito).
Vol. II. —- Silvio Vismara, Il concetto della storia nel pensiero scolastico.
(Esaurito). i
Vol. III. — Pietro BELLEMO, Concetti e compiti della Geografia Economica.
Vol. in-8 di pag. 68, L. 4.
Vol. IV. — Pietro BELLEMO, Attraverso la Padania Orientale nei tempi
antichi (Appunti di Geografia Economica). Vol. in-8 di pag. 28, L. 2.
Vol. V. — GiuLtio GIANNELLI, La spedizione di Serse da Terme a Salamina
(Saggi di cronologia e di storia). Vol. in-8 di pag. V.11-84, L. 6.
Vol. VI. —- ARISTIDE CALDERINI, Saggi e studî di Antichità. Vol. in-8 di pa-
gine vIri-304 con 24 tavole fuori testo, L. 25.
Vol. VII. — Pietro BELLEMO, I fattori geografici nella localizzazione delle
industrie. Vol. in-8 di pag. 48, L. 3.
Vol. VIII. — Vincenzo Nasatti-Rocca DI CORNELIANO, Il trasferimento dello
studio Visconteo da Pavia a Piacenza. Vol. in-8 di pag. 80 L. 6.
Vol. IX. — GiuLio GIANNELLI, La Magna Grecia da Pitagora a Pirro. Vol.
in-8 di pag. 96 con tre tavole fuori testo L. 10.
Serie sesta: SCIENZE TEOLOGICHE. Volumi 3.
Serie settima: SCIENZE RELIGIOSE.
Vol. I. — UMBERTO A. PApbovani, Vito Fornari. Saggio sul pensiero reli-
gioso in Italia nel sec. XIX (esaurito).
Vol. II. — Mariano CorpbovaniI, Il Rivelatore (esaurito).
Vol. III. — ANNA CRISTOFOLI, Il pensiero religioso di Padre Gioacchino Ven»
tura. Vol. in-8 di pag. 1v-260, L. 10.
Vol. IV. — UmBERTO A. Papovani, Vincenzo Gioberti e il cattolicismo, con
documenti inediti. Vol. in-8 di pag. x11-500 L. 35.
Serie ottava: STATISTICA. — Volumi 2.
Vol. I. — MarceLLo BoLpriINI, Sviluppo corporeo e predisposizioni morbose.
Contributi statistici alla conoscenza della medicina costituzionale. Vo-
lume in-8 di pag. x11-236 con tavola fuori testo, L. 20.
Vol. II. — MarceLLo BoLpRIinI - ALBINO UGGÈ, La mortalità dei Missio-
nari. Volume in-8 di pag. 67, L. 5.
Essendo limitato il numero di queste pubblicazioni
si prega di affrettarne le ordinazioni e le prenotazioni.
Dirigere commissioni e vaglia alla Società Editrice ‘Vita e Pensieuo,, Via S. Agne-
se, 4, Milano (108), aggiungendo il 10 °, per spese postali e L. 0,50 se si desidera
la raccomandazione.
BOLLETTINI BIBLIOGRAFICI
LUIGI SORRENTO
Prof. di Filologia romanza nella Università Cattolica del Sacro Cuore
FOLCLORE E DIALETTI D'ITALIA
(1925-1927)
Al Bollettino bibliografico di Filologia romanza, per cui ho rac-
colto gran parte del materiale necessario per il biennio 1925-26, faccio
precedere questo del Folclore e dei Dialetti d'Italia. E ne dico le ragio-
ni. In primo luogo ho sempre ritenuto e ritengo che dell'uno e degli
altri non possa disinteressarsi il neolatinista, come del resto hanno di-
mostrato e dimostrano colle opere, coll’esempio e con incitamenti vari
1 più illustri colleghi italiani e stranieri. Oltre a questo motivo d'ordine
scientifico, ce n'è un altro, dirò così d'opportunità di tempo e di luogo:
mi è parso giusto e, vorrei dire, urgente, incominciare con materie che
interessano più da vicino il nostro Paese e in modo nuovo la scienza,
oggi più vivamente che mai, come si vedra nel corso di queste pagine.
Dirò pure francamente che lo studioso, oltre a un metodo, non può
fare a meno di avere un suo tono sentimentale, che lo conduce a sceglie-
re argomenti speciali nel campo degli studi e a darvi, se può, un sug-
gello particolare.
Per me lo studio det dialetti e delle tradizioni regionali risponde
a una delle più immediate esigenze dello spirito; la regione è una real-
tà che non si può sopprimere nella scala dei valori materiali, intellet-
tuali e morali; la conoscenza del proprio paese è un bisogno general-
mente sentito e un godimento insieme: « Turpe est in patria vivere et
patriam non cognoscere ». Per 1l modo stesso con cui si sono svolte la
letteratura e la storia della nostra mazione, i dialetti e le tradizioni
regionali occupano un posto quasi centrale nella vita italiana dalle ori-
gini al Risorgimento, da Dante al Manzoni, essendori stato or più or
LUIGI SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI D’ITALIA.
meno ed essendovi tuttavia tra regione e nazione un flusso e riflusso di
opere e sentimenti sempre freschi e sempre fecondi: 1 varî parlari della
penisola e ‘il folclore italiano hanno resistito ad ogni dominazione
stramera e per la loro affinità cr fanno apparire tutti, dalle Alpi
all’Etna, come germogli di uno stesso grande e rigoglioso tronco. Tale
affinità, viva e sentita, anche se non consapevole in tutti gli ordini so-
ciali, ha fatto st che spiritualmente la nazione è stata da secoli una,
pur divisa e dominata dallo straniero. Questo fatto spirituale è la parte
più significativa e, starei per dire, più commovente di tutta la serie
degli avvenimenti della nostra storia. Sicchè 1 dialetti e le tradizioni
sono importantissimi per la storia dello spirito e per la civiltà del nostro
Paese e, costituendo un corpo di scienza, sono capaci di eticità.
C'è infine un fatto materiale che dà ragione della precedenza di
questa rassegna e che non è senza una qualche relazione con quanto ho
ora detto. I miei cari studenti dell'Università Cattolica che mi aiutano
nel lavoro, sono stati più bravi e più solleciti a raccogliere note folclo-
riche e dialettali, e mi hanno spinto, consapevolmente o no, a tale pre-
cedenza. A titolo di lode cordialissima menziono tra gli altri 1 nomi
del Dr. Giuseppe Manfredi e di Don Giuseppe Marchetti. Debbo pure
ricordare la Prof. C. Naselli, mia ex-scolara presso la R. Università
di Catania e ormai molto apprezzata nel campo degli studi.
Questo Bollettino incomincia col 1925 e finisce con la metà del
1927, ma ti sono pure ricordate opere apparse anteriormente, che ab-
diano avuto un'azione 0 sollevato discussioni nel periodo da noi scelto;
e altresì vi sono segnalate quelle che sono state annunciate per la stampa
con circolari per sottoscrizioni, avvisi editoriali o promesse riassunti-
ve e pubbliche degli autori stessi o di enti. La Parte del folclore, natu-
ralmente distinta da quella dei dialetti, presenta difficoltà di raccolta e
di ordinamento grandissime, quasi scoraggianti, per la varietà e di-
spersione der suoi cultori, sebbene il Folklore Italiano (1925), come
l’Italia Dialettale (1924-25) per la dialettologia italiana, abbia cer-
cato di rimediarvi appunto in questi anni. Ma, per conto nostro, non
abbiamo risparmiato fatiche di letture dirette, per cui spesso si son qui
dati esempi di quei «ristretti» che delle opere annunziate al pubblico
st facevano nei tempi andati con grande utilità degli studi; e non cr
siamo stancati di far ricerche in ogni angolo d'Italia. A ogni modo,
saremo grati a quanti ci vorranno aiutare a colmare le lacune inevita-
bili in questo genere di lavori.
—- 636 —
PARTE I: IL FOLCLORE.
A — Il folclore in generale:
a) DISCUSSIONI E QUESTIONI METODOLOGICHE. CULTORI
DELLA SCIENZA FOLCLORICA:
Il termine « folclore»... .... 0.0... . I 3436-3443
Questioni e visioni generali . . . .... 0... 0. - 3444-3455
Problemi intorno alla novellistica . . .... . + + 3456-3463
Origine ed essenza della poesia popolare . . . . . 3464-3466
Vitalità del folclore... .... 0... 0... + + 3467-3468
Contributo dei dialettologi . . .......... 3469-3486
Scopi e valore del folclore . . . .. «00. + 3487-3491
Cultori della scienza folclorica —. . ........ 3492-3512
b) STUDÎ VARÎ E SUSSIDÎ SCIENTIFICI:
Lavori folclorici generali . . .... Sgrena 35633543
Contributo della scienza dell’antichità . . . .. . «- 3544-3551
Contributi storici . . ....... - .000+ + + + + 3552-3566
Idee filosofiche e riflessi leticiani 3: tei ione è . «+ 3507-3576
Contributi linguistici particolari . . . ....... 3577-3589
Studî filologici sulla letteratura popolare . . . . . 3590-3010
C) MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE PRATICHE:
Riviste . . ... e dle e La Si ixus ela ch: e e 3601-360390
Collezioni e colla “rc - +0. +. + + + 3631-3640
Raccolte di materiali e LibLGRTARE Sura Al eri . 3641-3651
Congressi Goes een a E 4 13092
Mostre del costume. . ....... +... + +. +. 3653-3658
Musei etnografici <.. <- «x è ue aa e . 3659-3669
d) IL FOLCLORE E LA SCUOLA:
Questioni teoriche... ...... 0.0... +... 3670-3685
Insegnamento del folclore... ........ . 3086-3691
Opere folcloriche per la scuola. . .......- 3092-3716
B — Il folclore nelle varie regioni:
—- DIVISIONE DELLE REGIONI ITALIANE . . . . . . . 3717-3718
1. Piemonte (e Savoia)... ... 0.0... +... 3719-3746
D:«LIBUIA: . 4 dol e e - 0... + + 3747-3769
3. Lombardia (e Canton Ticino) pri a 60377037048
di “Trentino: “dee aa 4 eee Lib n è 370553911
5. Venezia Euganea . ...... 0.0. + + +. +. 3812-3828
6: Piiùule sia ai . + 3829-3874
7. Istria, Trieste, house (e Danza) . «+ +. +. + 3875-3890
8: Enullia: Leelee ad è dd © 6 3891-3901
Ò). Romagna +» cu e e a Sea A 3902-3948
soit
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
I. 3436-3438
Io. Toscana (e Lunigiana) .. . ....... I 3949-3969
11. Roma, Lazio e Umbria... ..... 0... 2970-3999
2. Marche 2. we srl ey de e sore de i A000=4005
13. Abruzzo . 4006-4013
14. Campania (specialmente Terra di Lavoro e Irpinia) 4014-4052
15:--Pugliax: 04° dee E a e: a HOF
16. Basilicata e Calabria... .... 0... .. +. 4065-4107
17. SIGOlA cop ale eo e e; e e IO83166
15. SAFCEENA. cia poke de o, e A a 1074195
TO: :COrSIca: « deg a E a e de le 41804207
- DISTRIBUZIONE DELLA MATERIA FOLCLORICA PER OGNI
REGIONE:
a) Canti, Musica, Danze.
b) Proverbi, Indovinelli, Scioglilingua, Motti, Voci.
c) Giuochi, Giocattoli, Cantilene infantili.
d) Leggende e fiabe, Novelle e Facezie.
e) Usi, Costumi, Credenze, Superstizioni.
{) Feste e solennità, Santuari, Fiere, Spettacoli scenici.
g) Illustrazioni dei luoghi, di memorie e di tempi andati, Glorie
locali. °
h) Arte, Professioni, Industrie, Curiosità.
4). — IL FOLCLORE IN GENERALE
A) DISCUSSIONI E QUESTIONI METODOLOGICHE, CULTORI DELLA
SCIENZA FOLCLORICA. — Cominciamo dal termine « folklore ». In
questi anni si è tentato da varie parti di sostituirlo con un termine
italiano, ma il tentativo non è riuscito. Così apprendesi da una
noticina delle VDI (I 3436) e dai risultati di una Commissione
nominata dal Comitato generale per la futura Mostra folclorica di
Milano (I 3437), che deliberò di conservare il vecchio termine adot-
tando la grafia folclore, mentre già per conto proprio le VDI nella
predetta noticina l'avevano scelta allo scopo di italianizzare la parola
« con la sostituzione della c alla & che non fa parte dell'alfabeto ita-
liano ». Viene così a cadere il troppo vivace allarme del Corso (I 3438),
che ha difeso giustamente il vecchio termine, ma mantiene la £ nel
I. 3436 — Un concorso a premi I. 3437 — «Corriere della Sera »,
per l'illustrazione dell’Italia fol- 20 luglio 19206.
cloristica = VDI, gennaio 1026 I. 3438 — Corso R., Z triumviri
70. nomenc. = FI, II, 132 tott. 1920).
— 638 —
DISCUSSIONI METODOLOGICHE - TERMINE “FOLCLORE n. I. 3439-3441
titolo della sua rivista. A difesa di questa consonante è sceso in cam-
po il Cocchiara (l 3439) con la seguente ragione: «La parola
folc non esiste nè nella lingua italiana nè in quella inglese, e appun-
to per questo la proposta invece di tendere ad italianizzare un nome
tende a imbastardirlo ». Questa ragione non si può discutere, e l’ab-
biamo riportata per informazione.
Intanto sentiamo qualche linguista, chè la cosa è, senza dubbio,
di loro competenza. Il Prati (I 3440), che da buon dialettologo tiene
l'occhio al folclore, segue la grafia con c e ha certo i suoi motivi.
Il Corso gli osserva: « Per quanto greca, questa lettera è nell’alfa-
beto italiano non solo, ma deve esser conservata in tutti i casì in
cui ricorre nelle parole di origine esotica »; mentre si sa invece
che la £ è «estranea all’odierno alfabeto italiano » (D’Ovidio e Meyer-
Lubke), manca, secondo le grammatiche dell'uso moderno, alla no-
stra lingua, e all'occorrenza si sostituisce con altre (il che si fa be-
nissimo coi segni c, ch, g)..
Un altro linguista, che ha tante benemerenze scientifiche verso
il folclore, Vittorio Bertoldi, usa nei suoi ultimi importantissimi la-
vori, la forma con la c. Altresì ci risulta che il collega Clemente
Merlo ha sostenuto presso la Crusca, di cui egli fa parte, di ac-
cogliere nel lessico italiano il minor numero possibile di voci fore-
stiere e, quando è necessario, di accoglierle però in veste italiana:
certamente egli sta per la grafia folclore. Noi pure la seguiamo in
queste pagine, e, punto disposti a dare una soverchia e tanto meno
un'acre importanza alla piccola discussione, ci permettiamo di au-
gurare fortuna alla nuova grafia: se già si è italianizzata la pronun-
zia di folk-lore, facendosi sentire distintamente la e finale, possiamo
benissimo scrivere italianamente la voce stessa, così come è avve-
nuto attraverso i tempi in simili casi. Oltre tutto, vorremmo che
coll’italianeggiamento dell’ormai diffusa parola e con la sua legit-
timazione nel vocabolario italiano si togliesse quella veste ostica e
straniera a una scienza che ha una luminosa tradizione in Italia.
Ancora è utile ricordare che al termine italiano e pitreiano di
demopsicologia torna adesso A. Di Giovanni (I 3441), il qual termine
I. 3439 — Cocchiiara G., Fol- nov.-dic. 1924; gen. 10925. —
Rlore (Manuale Hoepli), Milano, Rec.: FI, I, 332 (giugno-sett.
1927.. 1925) (R. Corso).
I. 3440 — PRATI A., Sguardo
generale al folclore con particolare I. 3441 — Dir GIOVANNI A., Gli
rispetto al Trentino, Estr. Schola,
Trento, Arti Grafiche Tridentum,
studii di demopsicologia in Sicilia
— LEO, III, 84 (1927).
— 639 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3442-3444
il Corso ha recentemente considerato come uno dei «superflui
raddoppiamenti, che rappresentano nelle varie nazioni, rispetto alla
nomenclatura generale, quello che in determinati ambienti familiari
rappresentano alcune parole di gergo rispetto alla lingua comune ».
Non si può, per altro, andar d'accordo col Di Giovanni, quando
egli vuole stabilire una curiosa differenza di merito scientifico tra
folclore e demopsicologia, quasi che il primo costituisca una scienza
inferiore, o peggio ancora una non-scienza, e l’altra la vera scienza.
Non bisogna in questa questione guardare alla sola Sicilia, ma
a tutta la storia della scienza. Il termine Fo/k/ore fu adoperato dal
Thoms (1846) con serî intenti scientifici.
Un giovane neolatinista, Guido Vitaletti (I 3442), osserva che
«la parola demopsicologia dice tutto e non dice niente, e per di
più è brutta. Converrà trovarne un’altra, se non vorremo tornare al-
l’esotico folklore ». Paolo Toschi da canto suo, «aspettando che i dotti
sì mettano d'accordo», riconosce l’importanza e la diffusione del ter-
mine inglese, ma intanto osserva per comprensibili sentimenti italiani
e pitreiani che «con buona pace dei folkloristi, la lingua italiana
possiede un termine che vale, per ampiezza e precisione di signi-
ficato, quanto quello inglese, e forse più, ed è tradizioni popolari »
(I 3443). Crediamo bene che ogni pregiudiziale, come suol dirsi, non
esisterebbe per il Vitaletti e per il Toschi, togliendo la patina eso-
tica e usando la forma normalmente italianizzata: folclore.
Di maggiore importanza sono stati gli studî e le discussioni sul
metodo, il carattere, lo scopo, i risultati della scienza folclorica. Ciò
non è esclusivo all'Italia. A parte i varî luoghi e spunti della rivista
inglese Fo/k-Lore, basta qui citare K. Krohn (I 3444), che tratta
del metodo geografico-storico da applicare agli studî folclorici con
queste tre regole principali: 1) conoscere tutte le versioni esistenti
di una tradizione o di una leggenda che si vuol studiare; 2) ordinare
e numerare le varie redazioni secondo l'ordine topografico e storico;
3) fare il lavoro di comparazione alla maniera del filologo per ri-
salire al testo originale. In fondo si tratta di un metodo, non creato
dal padre dell'autore, J. Krohn, ma preso in prestito dalla filolo-
{de
I. 3442 — VITALETTI G., Per il I. 3444 — Kroun K,, Die fol-
futuro museo etnografico = LC, IV, pioristische Arbeitsmethode, begriind.
274: ‘(15-apHile, 925); von J. Kyohn u. wettergef. von
I. 3443 — ToscHi P., Che cosa nord. Forschern, Oslo, H. Asche-
è il Folklore = «Il Resto del Car- houg e C., 1926. — Rec.: FI, II,
lino », 14 giugno 1927. 320 (marzo 1927).
— 540 —
DISCUSSIONI METODOLOG. - QUESTIONI E VISIONI GEN. I. 3445-3447
gia, la quale creò le sue forti basi nel periodo di tempo in cui
questi visse. Certo tal metcdo è oggi esposto a riesami e a discus-
sioni, ma ad ogni mcedo ci associamo al recensore Walter Anderson
che augura una traduzione dal tedesco, «chè per disgrazia molti
folkloristi d'Italia non potranno leggere l'originale ».
Un libro straniero di carattere divulgativo è quello di Arnold
van Gennep (I 3445), che traccia un quadro d'insieme del folclore
e dà precise indicazioni sul lavoro degli studiosi della materia. L'ope-
ra del Gennep è basata su un metodo che, rifuggendo dalle com-
. parazioni generiche e astratte, ama la determinazione e la valutazione
specifica, tenendo conto nella ricerca folclorica di tutti quanti i fat-
tori: storici, anche con studî d'archivio, materiali e spirituali. Per
questo l'A. s'accosta al nuovo metodo della neolinguistica; difatti
nel suoi pregevoli lavori sulla Savoia, che citeremo più oltre, fa uso
di cartine geografiche.
Un saggio di un metodo applicato allo studio delle fiabe e 'leg-
gende può considerarsi «il piano di un dizionario di motivi dei rac-
conti popolari» di A. Christensen (I 3440). Accanto al motivo, che
è un episodio completo ridotto alla sua forma schematica, egli di-
stingue il fema (la morale della favola). Per i motivi non vi è altro
modo di catalogazione che i cateh-words in ordine alfabetico; per i
temi si può tentare una classificazione metodica, e l’autore ne pre-
senta una accuratamente studiata. I folcloristi devono tenerla pre-
sente per la comodità che deriva dal trovare molte raccolte intrin-
sicamente ordinate secondo il medesimo sistema.
Anche sulla letteratura narrativa medievale ha pubblicato un
volume lo specialista A. Wesselski: vasta la documentazione com-
parativa e acuta la critica letteraria. Qualche aggiunta vi apporta
Alfons Hilka in una recensione. In un'altra Kaarle Krohn prende
posizione per «la scuola finnica » circa l’indagine scientifica delle
fiabe, difendendo quella scuola e valutando le varianti letterarie
di fronte alle popolari. Certamente la tradizione popolare deve
essere presa in considerazione accanto a quella dei documenti tra-
smessi per iscritto: l’una e l’altra essendo spesso concatenate. Il
che del resto fa lo stesso Wesselski nei suoi lavori folclorici (I. 3447).
I. 3445 — Van GENNEP A., Le 59 (1925). — Rec.: LC, 15 dic.
Folklore, Paris, Stock, 10924. — 1920.
Rec.: ADB, XXXVII, 181 (1920). I. 3447 — WESSELSKI A., Mdr-
chen des Mittelalters, Berlin, H. Stu-
I. 3446 — CHRISTENSEN A., .Vo- benrauch, 1925 — Rec.: ZRPh,
tif et thème. Plan d'un dictionnaire, XLVI, I, 115 (1926) (Hilka) e
de légendes et de fables — FFC, fasc. NPhM, XXVI, 11 (1925) (Krohn).
— dl —
Aevum - Anno I - 41
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3448-3450
In Italia, tra coloro che han trattato questioni generali, notia-
mo anzitutto Raffacle Corso. Già nel 1923 egli pubblicò un volume
sulla storia, l’obietto e il metodo del folclore (I 3448), per cui resta
fissata la concezione che esso come scienza è una parte dell' etno-
grafia, cioè etnografia speciale : concezione, come vedremo, confermata
da altri studiosi. Buone idce sono anche state esposte il 1925, nell’av-
viso «Ai lettori» (I 3449) nel 1° numero della rivista // Folklore italiano,
da lui diretta. Tra l’altro afferma che anche il folclore nostro deve
svilupparsi in tutti 1 suoi svariati rami « da quello religioso a quello
giuridico, da quello letterario a quello musicale, da quello botanico
a quello zoologico, e via di seguito ». In ordine a quel che è la realtà
pratica, nota che è necessario togliere gli studî folclorici di mano
ai dilettanti. Simili lamenti e propositi, si sa, sono di vecchia data.
D'altra parte nello stesso Avviso è notato: « Tutti coloro che per
ragione dei proprî studî e della propria pratica, della professione e
della carriera che rivestono, hanno opportunità di osservare fatti,
pregiudizi, superstizioni sono invitati a voler cooperare al nostro
lavoro con relazioni e ragguagli». Or dunque, se è vero che il folclore
abbia raggiunto il grado di scienza, gli specialisti di esso possono
accogliere leto animo il contributo di altri studiosi, e non guardarli
quasi come concorrenti; nè hanno da temere i dilettanti: da questi
ultimi si prende quel tanto di buono che possono dare. Già essi
restano ai margini o sono come materiale grezzo nel campo della
scienza. Quali e quanti si siano 1 folcloristi italiani, essi hanno, per
questo, da imparare dai dialettologi, i quali hanno fondato da noi
una scienza che ormai si è affermata per sercnità e severità d'intenti
e di risultati indiscutibili. Eppure sarebbero facili le improvvisa-
zioni anche nel campo della dialettologia. Non si ricorre più che in
casi eccezionali all'aiuto di dilettanti. Il dialettologo ormai fa la
prima ricerca direttamente sul posto. L'idea di creare musei etno-
grafici, che pur porta con sè la necessità pratica di aiuti generosi
da varie fonti, dovrebbe emanciparsi dal dilettantismo, o almeno
aggiogarlo al carro degli specialisti, che auguriamo ricchi di numero
e di serena e severa scienza, condizioni indispensabili a conseguire
autorità. Ma su ciò si avrà più avanti occasione di tornare.
Il Corso stesso ha pubblicato un sintetico disegno storico (I
3450) dello studio compiuto in passato e di quello che si compie
I. 3448 — Corso R., Il Fol- I. 3449 — Corso R., Ai lettori
Rlore, storia, obbietto, metodo, bi-. == FI, I, 1 (marzo 1925).
bliografia, Roma, Ed. L. da Vinci,
1023. I. 3450 — Corso R., Sviluppo
— 642 —
DISCUSSIONI METODOLOG. - QUESTIONI E VISIONI GEN. I. 3451-3452
al presente sulle costumanze, le tradizioni, le produzioni artistiche,
letterarie, mitologiche popolari, studio che, un secolo e più avanti al
Thoms, aveva avuto in Italia insigni cultori. Si vuol vedere dal Corso
un precursore dei folcloristi anche in Tommaso Campanella, come
in Leonardo Giustiniani e in G. B. Basile. Nell'Ottocento abbiamo
fra i più noti folcloristi il Carrer, il Tommaseo, e altri nomi meno
noti; poi, nella generazione successiva, l'Imbriani, il Nigra, il D'Anco-
na, il Vigo, il De Gubernatis, il Graf, il Ferrari (Severino), il Rubieri,
il Cannizzaro, lo Zenatti, 11 Lumbroso, il Novati, lo Scherillo, il Cro-
ce, il Torraca, il Cian, il Rossi (Vittorio), lo Zingarelli, ecc. ecc.,
quasi tutti letterati o filologi, al tempo che il Pitrè e il Loria si af-
fermavano insigni folcloristi. Questa di passare in rassegna i cultori
del folclore è, come vedremo più avanti, una via giusta per chiarire
le idee. Peccato che le pagine corsiane siano brevi e rapide, spesso
di soli nomi, ec non tengano conto dei movimenti d'idee coevi: gli uni
e gli altri non sono interpretati armonicamente, e manca nel giudizio
complessivo una linea. A ogni modo è bene ribadito il concetto che
sì debba «lasciare all’etnografia generale la ricerca delle leggi uni-
versali che presiedono allo sviluppo dell’attività magico-religiosa e
delle istituzioni sociali; e all’etnografia speciale (folclore) la ricerca
dei fatti e delle cause locali che regolano le variazioni di quello.
Uno spunto di discussione di idce generali si trova pure in un’altra
pubblicazione del Corso annunziata dalla libreria Tirelli di F. Guai-
tolini di Catania (I 3451). L'autore dà conto, nell’Introduzione, del
perchè abbia intitolato Revtviscenze il suo libro e vuol fare una di-
stinzione: « reviviscenza è ogni tradizione — racconto, rito, pratica
magica o religiosa — in cui il popolo crede nella sua schietta e
ingenua fede di reminiscenza, invece sopravvivenza è ogni tradizione
che persiste nella memoria, senza trovare nell'anima dell’uomo il
palpito vivificatore ».
A criteri metodologici del Pitrè si mantiene in generale fedele
il folclorista Saverio La Sorsa nella sua fresca raccolta di fiabe e
novelle popolari (I 3452), c ciò quanto alla scelta di raccontatori
privi d'istruzione, e in certa misura quanto alla trascrizione orto-
fonica e non fonetica, e alla classificazione. Si sarebbe atteso da lui
in questi tempi un vivo e moderno senso filologico, ma egli ha
storico del Folklore in Italia = FI, I. 3452 — La Sorsa S.,, Fiabe
II, 1 (ott. 1920). e no:'elle del popolo pugliese. Con
I. 3451 — Corso R,, Revivi- frefaz. di A. Mari, vol. I, Bari-
scenze, Studî di tradizioni popo- Roma, F. Casini e F., 1927.
lari italiane, Catania, Guait., 1927.
= 0
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3453-3456
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tralasciato persino, e ha fatto male, di raccogliere quelle fiabe e no-
velle che presentano troppe somiglianze tra loro.
Un seguace del Corso, Giuseppe Cocchiara, ha testè pubblicato
intorno al folclore il volumetto citato tra ìi Manuali Hoepli. L. Mari-
nese, l’ha così giudicato con molta precisione (I 3453): «Nell’Avver-
tenza che è stata premessa al libro, il Cocchiara dice che questo ma-
nuale piuttosto che un libro completo e scientifico vuole essere una
guida. E come tale infatti è da considerarsi questo volumetto che
non ha grandi pretese e che alla buona chiaramente e pianamente
tratteggia la storia del folklore, prospettando le teorie più impor-
tanti — delle quali il C. da sinteticamente il risultato — che si sono
dibattute a favore del folklore stesso. L’A. si rifà assai spesso al
Pitrè e al Corso, due illustri cultori e studiosi, dei quali cita sovente —
rendendo però monotono il libro — larghi brani ». In vero per una
trattazione generale del folclore ci sarebbe voluto di più, il che può
ben avvenire in una seconda edizione. È già un merito aver inco-
minciato a colmare una lacuna.
Del movimento folclorico che fa capo al Folklore italiano dà
molto brevemente conto in una rassegna bibliografica il Van Gennep.
Egli nota che «la plupart des articles sont simplement descriptifs,
mais intéressants », e aggiunge espressioni di simpatia (I 3454). G.
Grecoracci in una conferenza tocca un argomento di viva attualità
specialmente per l’Italia: l’interesse regionale del folclore (I 3455).
Una questione che riguarda direttamente la demopsicologia nei
suoi metodi e nei suoi fini, e diciamo pure nella sua vitalità, scatu-
risce da recenti e serî scritti di Letterio di Francia, il quale difende
l’utilità degli studî comparativi e la ricerca delle origini nella no-
vellistica. Egli prende lo spunto da una dichiarazione del Croce che,
siccome riconosce lo stesso Di Francia, tale questione « tocca di pas-
saggio e sfiora appena nell’Introduzione al Pentamerone tradotto »
(I 3456). Dichiara il filosofo e critico napoletano di aver voluto, per
questa sua nuova fatica di traduttore «rinunziare deliberatamente al-
I. 3453 — SI, II, 27 (marzo-
aprile 1927).
I. 3454 — VAN GENNEP A,, Fol-
klore = MDI, 1 nov. 1925, p.
793.
I. 3455 — GRrEGORACCI G., Le
Associazioni regionali, vol. I della
Collana della « Rassegna delle As-
sociazioni », Roma, stabil. Pol. Ed,,
1927.
I. 3456 — BASILE G. B., Il Pen-
tamerone ossia la fiaba delle fiabe,
tradotta dall'antico dialetto nafpo-
letano e annotata da BENEDETTO
CRrocE, Bari, La Terza, 1925. —
Rec.: GSLI, LXKXXVII, 160, 1926
(DI FRANCIA).
cab
DISCUSS. METODOL. - PROBLEMI INTORNO ALLA NOVELLISTICA. I. 3457
l'illustrazione comparativa delle fiabe, che aveva invece con sincera
convinzione iniziata nel 1891, con la ristampa del testo originale del
Pentamerone » (Di Francia). E propriamente egli chiarisce, per quan-
to rapidamente, il suo pensiero così: « Anche la questione dell’ori-
gine delle fiabe è da convertire ormai nella storia di ciascuna di esse,
che è poi, a ogni suo passo, quella di una creazione a nuovo. Certo
sarebbe talvolta attraente seguire questa varia e intricata storia nei
particolari; ma la cosa è assat difficile e mal sicura, trattandosi di
processi fantastici che si svolgono quasi sempre fuori d’ogni osser-
vazione e documentazione, e che ebbero forse il loro periodo intenso
in tempi lontani, se non addirittura preistorici ». Le due frasi son
messe in corsivo dal Di Francia, ma non sì trova la ragione perchè
questi voglia vedere in esse « più un’antipatia personale del Croce
contro siffatte ricerche che l'intuizione d’una verità convincente e
inoppugnabile ». Il Croce qualifica come attraenti quelle ricerche, e
avverte che sono assai difficili e malsicure. E con questo vuol met-
tere in guardia gli studiosi fantastici, ma, per altro, ammette che la
storia di ogni singola fiaba si può e si deve fare. Lasciamo stare
l’antipatia personale; se mai, si può parlare di reazione, E questo è
un aspetto della posizione del C. di fronte alla cultura della 23 metà
dell’Ottocento. Nota il D. F. : « Hl metodo comparativo, veramente, nei
lavori di novellistica non si propone soltanto, come troppo sempli-
cisticamente vorrebbe far credere il Croce, il fine astratto di deter-
minare — sono sue parole — l'origine delle fiabe potolari, accarezzato
in passato da un pugnace manipolo di dotti stranieri, ma che fu aspra-
mente combattuto dal Bédier nei Fabdliaua, e che non ho esitato
neppur io a chiamare fantastico e arbitrario, per lo meno in certe
sue avventate ipotesi e conclusioni ». Dunque, dell’astrattismo e delle
fantasie ce ne sono state in questi studî? E però c'è stato bisogno
di colpi di un Bédier, che hanno fatto tanto rumore appunto perchè
attesi e necessarî. E, se permette il Di Francia, ancora ce ne sareb-
bero bisogno, come si vedra più oltre in questa rassegna.
Ricordo intanto un recente articolo di Cesare De Lollis (I 3457),
che a proposito di Les fabliaux del Bédier ha occasione d’insistere
che «era un libro nel quale la logica e la psicologia tornavano a
far valere i proprî diritti contro i documenti e contro i cosiddetti
dati positivi che si pretendeva accertare con metodo positivo ».
Secondo lo studioso francese nessuna ricerca « positiva» e indagine
comparativa «potevano riuscire ad autorizzare conclusioni ripu-
I. 3457 — DE Lottis C., Due libri, due metodi = LC, V, 529 (15
ott. 1926).
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3458
gnanti alle leggi universali che governano lo spirito umano e che
sempre al lume di tali leggi bisogna iniziare e condurre le proprie
ricerche storiche ».
E invero una lista fantasmagorica di fatti può produrre spesso
impressionismo e non scienza, se si considerano le manifestazioni
della vita spirituale coll’occhio di certi naturalisti, cioè se si guarda
non alle ragioni interne ricavate dall'esame intimo di quelle ma-
nifestazioni, come vuole il Bédier, ma solo alle ragioni esterne ri-
cavate da un preteso valore del numero e della quantità. Nel
campo della linguistica, ricordo, fu merito di quell’alto intelletto
dell'Ascoli l'aver raccomandato mezzo secolo fa. ai collaboratori
dell’AGI «di servirsi con sobrietà delle comparazioni d'ogni specie »
e di non addurre a confronto «se non ciò che torni di un’oppor-
tunità veramente specifica ».
Già è noto il grande movimento che in Germania fa capo al
Vossler e agli scritti del Jakrbuch fiv Philologie (2° vol. 1926) in op-
posizione al positivismo che aveva fatto della filologia quasi una
scienza naturale. Il Bédier, gli studiosi tedeschi d’oggi e quelli ita-
liani che si trovano nella stessa linca, non sì vorrà negare che siano
filologi di prim’ordine. Si comprende, a nostro avviso, la rca-
zione del Croce, per quanto eccessiva. Questa eccessività si spiega
con la sua dottrina filosofica, cioè per il troppo spingere verso
l'interno, per l’esagerato riversare l'oggetto nel soggetto. Nella
quale dottrina crociana i positivisti di una volta, più celebri e
più in buona fede negatori dello spirituale e del soprannaturale, e
altresì i più naturali oppositori di costoro vedono trascurato il mon-
do della realtà. Non è qui il caso di discutere che cosa sia la scuola
positivistica e l’idealistica per gli studî scientifici. Lo Schuckardt,
per esempio, ha trovato, nell’una e nell’altra, dell’assolutismo e del
limite aprioristico, ma ha fatto entrare tanti raggi di filosofia entro
il tempio della linguistica (I 3458). Il che ha fatto da noi Matteo
Bartoli, che pur sembrerebbe così pauroso della filosofia, mentre
più sicuro e coraggioso è il Bertoni. Questa per ogni studioso,
persuadiamocene, è come la prosa di quel famoso personaggio molic-
resco, che non si accorgeva, parlando, di far della prosa.
Eccessiva reazione, dunque, quella del Croce, ma non sempli-
cistica, nè tanto meno dettata da antipatia personale. Che anzi quel
che gli vuol rimproverare la Direz. del GSLI in un trafiletto aggiunto
allo scritto del Di Francia, che cioè il filosofo napoletano sarebbe
I. 3458 — MicLioRrINI B., Hugo Schuckardt = LC, VI, 305 (15
mag. 1927).
— 646 —
.
DISCUSS. METODOL. - PROBLEMI INTORNO ALLA NOVELLISTICA .
in contraddizione con sè stesso per avere la Crifica crociana indagato
e illustrato «le fonti » del Carducci e del Pascoli, sarebbe una prova
contraria del semplicismo e dell’antipatia personale. Ma, lasciando
stare ogni discussione d’indole strettamente filosofica e ogni velleità
polemica, chè questa non è la sede, ci piace riportare l'opinione a
cui è giunto il Di Francia in questa questione metodologica: « Il me-
todo comparativo tende anche, e soprattutto, a scopi tangibili e con-
creti, di carattere storico ed estetico, in quanto che permette di ac-
certare e documentare la vitalità, la propagazione, l’importanza d'un
motivo popolare, sia questo una fiaba o una novella o altro, spesso
anche di seguirne con l'occhio della mente le principali metamor-
fosi, sotto la necessità sempre mutevole di adattarsi, pena la deca-
denza e la morte, ai bisogni, alle tradizioni, ai costumi, al gusti dci
diversi popoli e dei diversi narratori; e perciò csso è una magnifica c
talora infallibile pietra di paragone, che fa discernere l'elemento storico
dal favoloso, il plagio sfacciato dal lavoro originale, e, nella stessa
originalità d'uno scritto, distinguere le tante sfumature e gradazioni,
che in fondo in fondo costituiscono la personalità psicologica ar-
tistica e morale dell'autore, nonchè le sue particolari tendenze, i
sentimenti, i gusti, e che so io ». Idee più meditate e capaci di ul-
tenori sviluppi, nelle quali possono trovare un terreno d'accordo
scienziati di varie scuole, ma riconoscerà il Di Francia che per venire
ad esse, egli è passato attraverso al Croce filosofo e al Bédier filologo
per quel che si concede all’individuale e allo spirituale. E così si
viene a considerare il metodo comparativo come mezzo, e non
come fine in cui sl esaurisca e risolva ogni ricerca.
Per vero il metodo comparativo fine a sè stesso cela sovente
povertà di idec, mentre sappiamo che i grandi studiosi, applicando
codesto metodo, non cessavano e non cessano di avere anzi e
sopra tutto un sistema proprio d'idee e una propria convinzione,
senza di che non ci sono veri studî scientifici. Per questo, il Pitrè
reagì quanto potè, col suo straordinario intuito di scienziato, alle
generalità e a ogni forma di astrattismo e agnosticismo scientifico,
e ricorse, quando era necessario, allo studio delle varianti, non
aderendo interamente, come con prudenza accennò qualche volta,
a certa filologia del suo tempo: fu il vero ricreatore 1n situ e co-
struì per la Sicilia un monumento aere perenuins. Tutto ciò è
implicito nella suddetta critica del Croce. e costituisce in generale
la parte vitale e benemerita dell'opera crociana e anche genti-
liana nel campo degli studì.
Ancora sono importanti per il nostro argomento alcune pagine
di una Prelezione di quest'anno (1927) letta all'Università di Torino
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3459
(I 3459) dallo stesso Di Francia. Egli assevera che «gli studî di let-
‘teratura comparata e di demopsicologia, coltivati un tempo fra
noi con fervore ed entusiasmo, da qualche decennio in qua son ca-
duti in un certo abbandono ed in una tiepida indifferenza, ch'è peg-
giore forse dell’aperto dispregio ». Lo stesso « felice provvedimento
legislativo della Riforma Gentile » non sembra a lui « uné sponta-
neo movimento culturale » e «l’iniziativa, certo zelante e fervida,
dei nostii maestri clementari » sarebbe « come se quella fosse un'at-
tività inferiore dell’intelletto e dello spirito ». Il Di Francia s'affisa
négli studiosi della generazione passata, il Graf, il D'Ancona, il Com-
paretti, e, strenuo difensore, come s'è visto, anche di fronte al Cro-
ce, di particolari metodi di trattazione, vede sol nel passato il bello.
Con quei celebri studiosi summenzionati ha la sua relazione, in-
vece, il presente stato di cose. Il Gentile e anche il Lombardo-Ra-
dice sono stati alla scuola del D'Ancona e si sono conservati pieni di
gratitudine c di stima per la memoria e l’opera del maestro: l’uno
filosofo e l’altro pedagogista non hanno trascurato di studiare
con amore e di far conoscere l’opera del Pitrè. Quel che deve e può
fare oggi la demopsicolegia è di non straniarsi di proposito da indi-
rizzi nuovi degli studî, che, liberati da ogni eccesso, non sono tutti
rivoluzionarî, ma integrativi, o per lo meno di non credersi da essi
minacciata e di non disprezzare quel che di buono e di vero possono
contenere nuovi avvertimenti o additamenti che si voglia dire. Fare
diversamente sarcbbe antistorico. Essa, come una delle più squi-
site scienze dello spirito, avrebbe, ripeto, tutto da guadagnare dal
posto che si viene a dare e a riconoscere allo spirituale nella vita
e nella scienza.
Le opere della generazione passata, massicce e, se si vuole,
monumentali costruzioni, non tutte esclusivamente materialistiche,
restano di esempio e d'insegnamento, e nessuno pensa seriamente
di buttarle giù, ma esse, ci si passi l’espressione, non possono pre-
starsi a fare da spaventapasseri sull'albero della scienza. Dire, come
ha fatto l’amico Ferdinando Nerì della stessa Università di Torino,
che il Pitrè « non abbia trovato continuatori degni di lui » sarebbe
un pessimismo per il presente e un esclusivismo aprioristico per
l'avvenire, che certo non sono nelle intenzioni e nell’animo del va-
lente studioso di letter. francese. Gli è piuttosto che il fenomeno
Pitrè non si ripete, nè sì può ripetere sic et simpliciter; ma del resto
non si può dire che l’Italia d’oggi manchi di volenterosi cultori di
I. 3459 — Di Francia L., I) ratura italiana tenuta nella R. Un:*
Pentamerone di Giambattista Ba- versità di Torino, 17 feb. 1927,
stle, Prelezione al Corso di Lette- Tor., Tip. Migliotti e Besso (1927).
— 648 —
DISCUSS. METODOL. - PROB. INTORNO ALLA NOVELLISTICA. I. 3460-61
DI
demopsicologia. Il Pitrè è sempre il Pitrè, una grande e magnifica
tappa della scienza; pure, oggi come oggi, fino ai maestri elemen-
tari, si fa, da ognuno, la propria parte. Già insigni studiosi della nuo-
va generazione (non soltanto italiani) in scritti e pubbliche mani-
festazioni, non hanno fatto il viso dell’armi e non hanno sofisticato
circa l’entrata del dialetto e del folclore nelle prime scuole; tutt’al-
tro. Per questo siamo d'accordo col Corso e con quanti hanno l’oc-
chio fermo al presente e all’avvenire, quando, conseguentemente a
ciò che avviene per le altre discipline, chiedono e sperano che l’in-
segnamento del folclore si estenda dalle scuole elementari e medie
alle Università (I 3460). Ma di questo a suo luogo.
L'origine e la comparazione di manifestazioni spirituali dell'uo-
mo (lingue, leggende, misteri) ci richiama una pubblicazione di qual-
che anno fa del Pettazzoni (I 3401). Egli, a proposito dei misteri,
osserva che «i concetti astratti di formazione indipendente, di con-
vergenza fortuita, di pensiero identico e costante per tutta l'umanità,
non hanno maggior titolo ad essere applicati sistematicamente alla
spiegazione delle concordanze storico-culturali che i concetti di tra-
smissione, d’'imprestito, di derivazione » (ipotesi: centralistica, uni-
taria, trasmissivnistica). È sostiene, dividendo la storia dei misteri
in tre momenti — prenazionale, nazionale, ultranazionale —, il prin-
cipio dinamico degli svolgimenti simili e paralleli. La soluzione del
problema generale non c'è; rimangono le ipotesi scientifiche e molti
dati non chiaramente coordinati; a ogni mcdo l’A. afferma che «si
deve vedere caso per caso come queste concordanze sì siano prodot-
te ». Per cui (è quel che c’'interessa) le comparazioni delle manifesta-
zioni spirituali, quando si possono, si debbono fare con la massima
cautela.
A proposito dell’origine e dell'essenza delle leggende abbiamo
pol poche, ma assai interessanti pagine del Borgese. Questi, ad Ezio
Levi, autore della Storia poetica di Don Carlos, il quale considera
la storia e la leggenda quasi come inconciliabili avversarie, osserva:
« Non mi pare si possa dire che la leggenda nasca, di regola, da un’in-
surrezione sentimentale contro la realtà storica: nasce anzi, più spesso,
da un entusiasmo lirico per la vasta verità che si vede balenare en-
tro la materialità di un singolo fatto ». Di un fatto, che appunto
sembra più facilmente di tanti altri adattarsi a un'elaborazione poc-
tica, «la fantasia degli uomini se ne impadronisce, lo isola, lo cir-
I. 3460 — Corso R.,, Per l’in- I. 3461 — PETTAZZONI R., Z M/i-
segnamento del folklore = LI, I, 438. steri. Saggio di una teoria storico-
(dic. 1025). religiosa, Zanichelli, Bologna, 1924.
— 649 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTO. I. 3462-63
coscrive entro contorni netti e precisi, lo illumina di quegli innu-
merevoli riflessi simbolici che alzano il fatto oltre la pedestre insi-
gnificanza della cronaca verso la solenne significatività della poesia ».
In queste parole par bene ci sia del crocianesimo, ma non è pro-
prio così continuando a leggere nel pensiero del Borgese. « La leg-
genda, egli aggiunge, non ha radici — che poi sarebbero radici debo-
lissime — nell’arbitrio e nel capriccio...... è Il nucleo di un fatto sto-
rico, interpretato secondo la sua sostanza, spogliato delle minuzie
accidentali, innalzato a un significato simbolico ». Naturalmente an-
che il nostro autore, pur rispettoso della critica storica, nota pru-
dentemente che «la critica storica non è onniveggente, e innumere-
voli cose accadono sulla faccia della terra che nessuna ricerca docu-
mentaria varrà mai ad illuminare pienamente ». Dunque non cieca
lode della critica storica. « Questa, dopo essersi accanita invano con-
tro la leggenda, si accorgerà — come già molte volte le è accaduto —
di aver combattuto per amore dei documenti e delle testimonianze
esatte, contro un documento e una testimonianza di prim'ordine:
che è la tradizione ». Noi vedremo più oltre come qualche studioso di
leggende, per troppo attaccamento al documento, soprattutto scritto,
non abbia tenuto conto delle leggi che regolano la tradizione, e ab-
bia ridotto la scienza a una funzione negativa, e non costruttiva,
siccome facevano molti positivisti. Il Borgese invece vuol dirci che
il fatto materiale, punto di partenza (o anche una quantità di fatti
materiali), ha da fare 1 conti col fatto spirituale in generale, e in
particolare col fatto estetico. E fatto spirituale di prim'ordine è
appunto la tradizione. Questa integrazione, che il Borgese fa della
critica storica riguardo allc leggende, risulta più che mai favorevole
alla demopsicologia (I 3462). Di minore importanza e significato è
una «comunicazione » di Luigi Collino su « Folclore e storia », dove
par si faccia una certa confusione tra l’uno c l’altra o piuttosto si
stabilisca una certa relazione di dipendenza dell'uno dall’altra, as-
segnandosi al folclore un carattere sussidiario. Avesse parlato l’egre-
gio studioso di interdipendenza e si fosse limitato ad esprimere al
XIX Congresso storico subalpino il lodevole voto: «che quanti sono
nelle provincie sub-alpine cultori e propagatori di cose attinenti alla
storia., sì adoperino anche ad impedire la dispersione e ad accrescere
la raccolta di ogni prezioso documento folcloristico piemontese »
(I 3403).
I. 3462 — BorGcESE G. A. Ot- I. 3463 — Cottino L.., Folelore
tocento europeo: VI, Don Carlos, e storia = BSBS, XIX, 47I
Milano, Treves, 1927. (1927).
— 650 —
DISCUSS. METODOL. - ORIG. ED ESS. DELLA Fonsia roroL. I. 3464-66
Un'altra questione che è stata agitata in questi tempi e che
interessa anche da vicino gli studî folclorici è quella che riguarda
l'origine e l’essenza della poesia popolare. Se ne sono occupati il Cro-
ce a varie riprese, anche recentemente (I 346.4), il Barbi in uno stu-
dio pubblicato nella Miscellanea in onore di Pio Rajna e, con altri
ancora, chi scrive queste note, da alquanto tempo a questa parte
fino a uno studio recentissimo (I 3405). Alla stessa questione è tor-
nato, e ha fatto bene, Carlo Calcaterra (I 3400), a proposito delle
Villanelle Napoletane studiate da G. M. Monti, in uno scritto inte-
ressantissimo che merita qui di essere segnalato in modo partico-
lare. Egli rileva la concezione romantica del « popolo autore » e del
« popolo poeta », che informa come vago presupposto generale il la-
voro preso ad esaminare, e contro il Monti sostiene l'opinione del
Novati, cioè che la villanella sia da considerare come un componi-
mento d’arte di materia villanesca. L'idea centrale (importa notare)
dello scritto del Calcaterra, discussa e dimostrata, è questa: « La
villanella è sempre un componimento d'arte individuale, in ogni sua
forma, sia essa plebea, sia essa dotta, sia essa anonima, sia essa
nota col nome del musico, sia dialettale sia italiana, sia stata essa
composta nel contado, sia stata elaborata in città ». Certo queste
| poesie come maniere d’arte possono essere sovente piaciute al popolo
stesso e talora possono anche essere state composte da persone di
costumi plebei; ma — insiste il C. — la popolarità non implica affatto
che siano state « composte dal popolo » e l'essere state esse dettate
da persone appartenenti al popolo o vicine al popolo non significa
in nessun modo che si debbano considerare opera del popolo.
Per queste idee c'è ancora qualcuno che nel campo folclorico
protesta quasi come parte lesa. Ma noi non vediamo il pericolo che
possa derivare da esse, anzi. Per noi può rimanere sempre la qualifica
di «canti popolari », siano opera di scrittori d'arte o di poeti rustici
e ignoranti, a quei canti che il popolo — modificando e adattando,
sempre per l’azione di questo o quel cantore, che, se non ripete, ri-
crea — fa suoi e tramanda da una generazione a un'altra col mezzo
orale che gli è proprio. Non solo questo, ma la poesia popolare ha
benissimo la sua storia, come l’ha la poesia di qualunque genere,
I. 3464 — Croci B., La letter. ciliano = RP, NNXNV\, n. 2
dial. riflessa, = LCR, NXIV, fasc. (1927).
6 (1926).
I. 3466 — CALCATERRA C., Can-
I. 3465 — SorrEnto L., La zoni villanesche e villanelle = AR,
poesia dialettale e 1l Parnaso si- N, 202 (19206).
— Gol —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3467
pur essendo un fatto individuale. Accanto alla forza creatrice in-
dividuale, che entra sempre in giuoco, la tradizione non si spegne
mai, sebbene subisca modificazioni, a trasmettere la quale tradi-
zione serve nel nostro caso l’anonimìa del popolo. La tradizione
è fonte d’ispirazione anche e soprattutto per la poesia dialettale
d’arte: questa conserva l’amore per i canti che si ripetono di ge-
nerazione in generazione, e ha il tono sentimentale della regione.
È difficile trovare grandi poeti che non sentano la poesia delle
tradizioni. Persino le letterature nazionali hanno la loro tradizione
che si chiama letteraria e si trasmette per mezzo della cultura e
si manifesta nella tecnica. L’anonimo poeta dunque Sì viene a
confondere con lo stesso popolo, ed in tal senso (e non in senso
romantico) noi possiamo ancora chiamare il popolo creatore della
sua letteratura; sicchè poesia popolare può ben dirsi poesia anc-
nima, poesia tradizionale. Avremo occasione di tornare sull’argo-
mento.
Una questione che, come si è potuto vedere nelle pagine pre-
cedenti e si vedrà nelle seguenti, occupa e preoccupa gli studiosi,
è la capacità di vitalità del folclore in tutti i suoi aspetti e in tutte
le sue manifestazioni. Già abbiamo notato (I 3451), che il Corso ha
distinto, per le tradizioni, le reminiscenze dalle reviviscenze, ma in
varie occasioni egli manifesta il timore della morte delle tradizioni
e certo desiderio di farle rinascere. Per il periodo di tempo che qui
c'interessa, il Prati nel citato suo studio (I 3440) ha scritto: « Fran-
cesco Babudri, un valoroso cultore del folclore istriano osserva: sì,
la civiltà fa sparire credenze e usi; essa con l'educazione semplifica
la vita, ma del tutto? No. Le credenze sono il pascolo indispensa-
bile del sentimento poetico, che è in ogni popolo sia pure progredito.
Onde, anche al processo semplificatore della civiltà, alle vecchie cre-
denze e superstizioni se ne sovrapporranno di nuove. Così il Babudri.
La cosa a me pare un po’ dubbia ».
In questa controversia, cortese e serena, ma viva e scottante,
sono intervenuto anch'io nel mio Discorso di Milano (I 3407), rì-
cordando le parole meditate del maestro di tutti, Giuseppe Pitre:
« Si fa presto a dire che la istruzicne ha dato un gran colpo alle tra-
dizioni! Questo sarà vero in parte per le usanze, per le pratiche ©
I. 3467 — SokrkExto L., / dia- ghina. = EN, ag.-sett. 1925,
letti d'Italia e le tradizioni popo-
larî. Discorso inaugurale al Primo
Congresso dei Dialetti in Milano,
promosso dalla. Fanuglia. Mene-
ristamp. con aggiunte in Vigevano,
Arti Grafiche F.lli Valvassori (1926)
— Rec.: FI, I, 457 (dic. 1925) e
ASSO, NXT. 318 (1925).
DISCUSSIONI METODOL. - VITALITÀ DEL FOLCLORE I. 3468
per le superstizioni, le quali, difatti, cedono e sì scompigliano al
soffio della nuova vita se pure non si trasformano per dar luogo ad
altre pratiche e superstizioni che la umana natura crea e ha bisogno
di creare per non cessare di essere quella che è; ma non è niente
vero per la tradizione orale ». (Indovinelli, dubbi, scioglilingua del
popolo siciliano, vol. XX della Biblioteca). E ho aggiunto e aggiun-
go qui per conto mio: « Non si creda che la civiltà e la storia nazio-
nali possano far sparire d'incanto usi e credenze regionali, alla stes-
sa guisa che la poesia nazionale non ha distrutto la poesia dialet-
tale. La personalità, il diverso tono e temperamento sentimentale
di una regione si trasformano, ma non muoiono, non possono mori-
re del tutto. La stessa civiltà è una forma superiore, se si vuole,
di usi e credenze, e non c'è una civiltà unica al mondo, come non
c'è un popolo unico. La stessa storia nazionale che cosa non divie-
ne nella fantasia del popolo!». Ancora: «Gli usi, le credenze e le
superstizioni hanno un continuo svolgimento, ma nè gli uni nè le
altre spariranno dalla faccia della terra. Anche le superstizioni. Perchè
che cosa sono esse, se non un prodotto dell’idea di causalità, innata
e più o meno esatta nell'uomo, e storicamente un avanzo di credenze
che, imperfette ed erronee nel tempo e nello spazio, tendono verso
la Verità suprema? Appunto perchè così si debbono in generale in-
tendere e spiegare le superstizioni, anche lo storico, che non si li-
miti ai soli fatti e documenti, ma guardi alle idee e alle opinioni di
un popolo per date epoche, ha da tenerne il debito conto, siccome
facevano i classici della storia ». (Su questo argomento dei pregiu-
dizi e delle superstizioni è ora uscito uno scritto di G. Crocioni, che
non ho potuto esaminare) (I 3468). Eppure non c'è oggi folclorista
o studioso affine che non si lasci condurre da questa idea, solita a
ripetersi e nociva al prestigio del folclore in quanto scienza, che,
cioè, le tradizioni siano tutte povere creature moribonde, per cui
bisogna chiamare in fretta il notaio per testare, e parce sepulto. Ma
le tradizioni si trasformano, e non muoiono mai, e il folclore non
è scienza che passa. I folcloristi hanno il compito di registrare e
studiare quelle del passato, di ieri a anche di oggi, come fa lo storico
per i fatti storici. Mentre mi pare che ci lasciamo a volte trascinare
dal troppo amore o dai dilettanti, quando c’illudiamo di far rivi-
vere usi e costumi, quasi come questo fosse un mezzo per dare più
vita e più credito al folclore.
P. Toschi, che pur qualche volta vediamo indulgere alla lamentata
I. 3468 — Crocioni G., Pregiu- del R. Provved. agli studi di Bo-
dizi e superstizioni = « Bollettino logna », IV, n. 4 (1927).
— 593 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3469
Opinione, ha scritto a questo proposito, nel cit. articolo (I 3443), acu-
tissime cose, che piace riportare come chiusa: « Da Adamo fino ad
oggi, ininterrottamente, ciò che di meglio in ogni campo della sua
attività il popolo ha saputo creare, è diventato tradizione: è stato
assimilato, propagato, ripetuto, trasmesso. Ogni popolo, ogni epc-
ca ha lasciato la sua traccia, ha scritto la sua pagina nel grande li-
bro della Tradizione. Alcune costumanze e alcune credenze sono an-
tichissime. La religione pagana e la cultura latina sopravvivono an-
cora, più o meno intatte, in molte superstizioni € riti e usi campe-
stri, religiosi e giuridici..... Ma il fondo più numeroso e importante
è dato dal Cristianesimo e dal Medio Evo; però sarebbe un errore
credere che questa attività creativa si sia già esaurita da qualche
secolo: essa durerà finchè ci sarà il popolo. Accanto alle leggende
di San Giorgio e di Teodorico il popolo ha già collocato anche quelle
di Garibaldi e del Passatore e se alcuni modi di dire ci richiamano
a costumi e a condizioni storiche dei tempi passati, altri sono, con
sicurezza, di creazione recente, eppure godono di non minore po-
polarità ».
Alla discussione delle idee generali sulla scienza folclorica han
portato un contributo i dialettologi e i linguisti. Si torna qui a men-
zionare lo Sguardo generale al folclore di A. Prati. Per questo stu-
dioso il folclore si riferisce ad argomenti che abbiamo già notati.
« Esso non va confuso con l’etnografia, di cui non è che una parte.
Questa è la scienza dei popoli, lo studio comparativo dei linguaggi,
dei costumi, delle letterature, delle condizioni politiche e delle re-
ligioni, fatto allo scopo di determinare il posto spettante ai popoli
individui tra di loro e rispetto a unità superiori, a famiglie di po-
poli e anche rispetto all'umanità intiera, studio che ebbe un cul-
tore sommo in Federico Ratzel. Il folclore è la raccolta, l’ordina-
mento, la comparazione dei canti, delle fiabe, delle leggende, dei pro-
verbi, studio al quale si è aggiunto di necessità quello delle costu-
manze popolari, che tanta parte ànno nella vita civile e sociale...
Come si capisce, il folclore, oltre che essere per se stesso dilettevole,
è importantissimo per la storia dello spirito, dei costumi, delle crede-
denze, delle civiltà dci popoli... In esso si riflettono gli usi, il pen-
siero, la vita di una nazione ».
Molto interessante è pure per il nostro discorso una pubbli-
cazione del Terracini (I 3469), di cui parleremo ancora nella parte
I. 3469 — TERRACINI B. A., Vita ASS, XV, (1925). — Rec.: LEO,
sarda e lingua sarda. A proposito II, 156 (1926), (SCHIAFFINI).
di una recente pubblicazione =
— 6534 —
DISCUSS. METODOL. - CONTRIBUTO DEI DIALETTOLOGI. I. 3470
II (Dialetti). L'autore fa le sue laboriose e difficili ricerche lingui-
stiche sotto l'impulso del recente e importante libro di M. L.
Wagner (I 3470). L'intento di questo libro non è soltanto descrit-
tivo. « Una concisa, ma sistematica comparazione linguistica, molti
richiami comparativi a particolarità della vita rustica o ad usanze
di altre cpoche e d'altri paesi, e soprattutto lo studio di cogliere nel-
la varietà dei tipi lessicali la vicenda degli oggetti e degli atti che
essi rappresentano, fanno sì che dietro questa descrizione del pre-
sente sardo si celi una ricostruzione del suo passato ». Intento sto-
rico. Però bene osserva ancora il Terracini: «In fondo serpeggia
qui quella stessa curiosità, animata da simpatia e illuminata da un
intento scientifico, che è del Maltzan, del Lamarmora, del Padre
Bresciani; all'opera di quest’ultimo soprattutto lo scritto del Wa-
gner mì par legato da innegabili affinità ideali. Queste particolari
disposizioni di spirito vengono a completare felicemente certe ca-
ratteristiche tecniche della maniera del Wagner, linguista ed eti-
mologo; la quale consiste soprattutto in una moderata reazione alla
astratta considerazione grammaticale della parola in favore della sto-
ria complessa di questa, come essa è determinata dalla storia con-
creta della cosa espressa ».
Già a ciò con metodo proprio nella semantica era venuto lo
Schuchardt, il quale mette in rilievo nella polemica col Thomas che
la storia della parola deve studiarsi in relazione con l'oggetto che
cssa designa, e avverte che la storia delle parole è più complicata
di quel che sembri a chi la costruisce a serie gencalogiche col sem-
plicistico metodo evoluzionistico (I 3458).
Insomma il Wagner « ha sentito come il descrivere l'aspetto e
le vicende della parola sarda significhi descrivere — almeno per que
gli elementi esteriori che soli sono oggetto di linguistica storica —
l'aspetto e le vicende dello spirito sardo ». Qui è accennato e dimo-
strato dal Terracini stesso il punto d'incontro tra dialettologia e
folclore. Il che in fondo è implicito nel mio breve discorso (I 3407)
inaugurale al « Primo Congresso dei dialetti in Milano », che in ve-
rità avrebbe dovuto denominarsi più esattamente Congresso dei dia-
lettr e del folclore.
Ma già il maestro di tutti, G. I. Ascoli, aveva accennato a que-
sto punto d'incontro. E ora le due scuole linguistiche che, pur con-
trastanti, vogliono onorarsi della discendenza ascoliana, sentono que-
I. 3470 — WagcNER NM. L., Das sch — sprachliche Untersuchungen,
landliche Leben Sardiniens im Spie-. Heidelberg, Winter, 10921.
gel der Sprache. — Kulturhistori-
— 655 —
L SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3471-3475
sto principio. Il Merlo nei Bollettini dell'Opera del Vocabolario del-
la Svizzera italiana (I 3471), va incontro al folclore e arricchisce
le sue note linguistiche con disegni di oggetti di uso tradizionale.
E tutt’altro che schiva del fatto folclorico è la neolinguistica del
Bartoli. Già il grande Atlante linguistico, che questi col Bertoni e
il Pellis prepara all'Italia, e del quale avremo a occuparci ampia-
mente, «deve essere tutto un Museo di arte antica e moderna, popo-
lare e aristocratica, rustica e urbana » (I 3472). È molto significa-
tivo e istruttivo al riguardo uno scritto dello stesso Pellis (I 3473),
dove c’è fornita una prima messe dell’inchiesta fatta sui luoghi per
l'Atlante linguistico. Il suo Prontuario contiene particolarità tecniche
dei capi di vestiario, degli utensili di cucina, del pane e dei dolci
ecc., usi di nascita e battesimo, di nozze, di morte, di Natale ecc.,
credenze e superstizioni, scienza popolare, letteratura popolare: ver-
setti di sorteggi, filastrocche di gioco, canti, scongiuri, ecc., ecc.
Anche gli autori dell'Atlante linguistico ed etnografico d’Italia e
della Svizzera Meridionale dichiarano che la loro opera « vuole essere
utile non solamente alla linguistica, ma in non piccola misura anche
alla scienza che mira a ricostruire la storia delle cose, degli oggetti.
Ai geografi, agli etnografi, ai folkloristi, agli storici, ai cultori di prei-
storia, agli archeologi essa vuol fornire, sotto forma di figure e di pa-
role, materiali che, conservati ancora oggi quali reliquie di epoche
tramontate da molto tempo, domani forse saranno scomparsi a cau-
sa delle tendenze della vita moderna...... » (I 3474). Che viene a con-
fermare uno dei tanti casi in cui una disciplina presta materiali e
metodi alle ricerche di un’altra, e ci indica la particolare necessità
della linguistica di dar la mano al folclore, e viceversa.
A questo proposito dobbiamo rilevare che il Corso (I 3475) €
qualche altro hanno espresso la preoccupazione circa una pretesa con-
fusione tra dialettologia e folclore. Il folclore è 11 folclore, e lo stesso
dicasi della dialettologia; ciò è evidente. Ma una data scienza,
jn quanto è tale, anzi quando acquista una tale coscienza, viene a
I. 3471 — Bollettino dell'opera
del Vocabolario della Svizzera Ita-
presentata alla VII Assemblea gener.
Udine, Tip. G. Vatri, 1926, 19.
liana = ID, I, 276 (aprile 1925);
II, 208 (ag.-dic. 1920).
I. 3472 — BartoLI M., Piano
generale dell’ Atlante linguistico-ita-
liano = RSFF, V, 205 (1924).
I. 3473 — Atlante ling. it. d. Soc.
friul. filol. Prima relazione annuale,
I. 3474 — Atlante ling. ed etnogr.
d'Italia e della Svizzera merid. dì
K. JABERG e ]J. JuD, Casa ed. Rin-
gier e C., Zofingen (in corso di
stampa).
I. 3475 — Corso R,, Dialetti e
costumanze d’Italia = FI, I, 130
(marzo 1925).
— 656 —
DISCUSS. METODOL. - CONTRIBUTO DEI DIALETTOLOGI. I. 3476-3479
riconoscere la sua fratellanza con altre scienze e i suoi rapporti e
contatti più o meno intimi con esse. Una vera scienza non può te-
merli, anzi! Piuttosto il non averli tenuti nel conto che si doveva
e sì deve, è stata ed è forse una delle cause per cui il folclore sia ri-
masto più spesso in mano di dilettanti. Il ricorrere che d'altra parte
fanno i dialettologi e i filologi al folclore è oggi un segno manife-
sto del riconoscimento di esso come scienza. E in questa linca erano
il Novati e gli studiosi della sua generazione, e questo ha dimostrato
coi fatti in un magistrale lavoro il Cesareo (I 3476), esperto anche
negli studî folclorici, quando è ricorso per la soluzione del proble-
ma della scuola poetica siciliana non soltanto alla linguistica, alla
filologia, alla storia, e alla critica, ma anche al folclore.
Le più giovani forze della linguistica riconoscono che il folclore
può portare il suo speciale contributo alla soluzione di problemi
della loro scienza. È di oggi l'opinione di A. Schiaffini (I 3477), il
quale ha scritto che la concorrenza di studî linguistici, paletnogra-
fici e folclorici potrebbe contribuire a fare più luce sulla vita anti-
chissima del popolo ligure. Più avanti citeremo 1 buoni lavori di
V. Bertoldi e di altri linguisti orientati verso questo movimento.
Intanto, pur in antitesi a quel soverchio allarme, ci piace segna-
lare quel che è stato scritto nello stesso campo folclorico a propo-
sito di una progettata raccolta (I 3478) di toponimi friulani: «Se i
diligenti e numerosi collaboratori non trascurassero la parte della
toponomastica leggendaria, l’opera loro sarebbe veramente grandio-
sa, esemplare e importante non solo dal punto di vista filologico,
ma anche folklorico » (I 3479).
Oggi specialmente l'accordo tra le due scienze s'impone per fis-
sare, fra l’altro, le norme della trascrizione di testi dialettali e per
intendersi circa la creazione e l'ordinamento di Musci etnografici.
La questione della trascrizione della letteratura popolare sembra or-
mai matura, al punto in cul sono gli studî. Si sa che l'Ascoli segnò
la via da seguire ai glottologi e usò a tal riguardo un linguaggio
via via più prudente e cauto (AGI, I, VII, XI). Si sa pure che il
Pitrè si pose il problema della grafia da usare nelle sue grandi rac-
colte, ma in esso non vide sempre chiaro e preciso quell’insigne in-
I. 3476 — CEsARro G. A. Ori- le indagini più recenti = GSLI,
gini della poesia lirica e la poesia II, 89 (ap.-giugno 1926).
siciliana sotto gli Svevi, Palermo, I. 3478 — BSSF, I (28 mag.
Sandron (1924). 1925).
I. 3477 — SCHIAFFINI A., I Li- I. 3479 — FI, I, 322 (giugno-
guri antichi e la loro lingua secondo sett. 1925).
toni 6.7 Tua
Aevum - Anno I - 42
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3480-3484
telletto, secondo ebbi a scrivere in un esame della sua opera, pub-
blicato il 1916 nell’ASSO. Recentemente due rappresentativi stu-
diosi della linguistica italiana sono tornati sulla questione, dico Cl.
Merlo (I 3480) e Matteo Bartoli (I 3481). Quel che han mostrato di
volere in comune tutt’e due è questo: seguire il sistema di trascri-
zione idcato dall’Ascoli. È vero che il primo bandisce ogni lettera
«che non sia latina», e il Bartoli dice che «la grafia ascoliana, benchè
contenga qualche lettera straniera, ha ormai tradizioni italiane »;
ma tutti e due sono rispettosi di aggiunte e modificazioni per par-
ticolari esigenze. A queste voci di autorevoli linguisti, o serveran-
no i folcloristi, e più specialmente gli scrittori dialettali, che la tra-
scrizione fonetica contiene molti segni diacritici. Ma si può rispon-
dere col Merlo stesso che così si esprime in un altro luogo dell'ID
(I 3482): « Conciliare le esigenze della scienza con quelle dei profani
è pur cosa possibile; nè è da ripudiare l’aiuto, il consiglio dei com-
petenti ». E si potrebbe ricorrere alle prudenti norme delineate dal
Monaci per la compilazione dei vocabolari dialettali nel Bo//. della
Società fil. rom. (N. S., VI), ritoccando e adattando. Una volta
l’Ascoli ebbe a consigliare ai linguisti un congresso « personale o
epistolare » (AGI, VII, 565); recentemente (aprile 1925) s'è tenuta
una conferenza tra glottologi europei a Copenaghen per mettersi d’ac-
cordo sulla trascrizione fonetica, ma vi mancavano appunto i ro-
manisti (I 3483). Noi auspichiamo una più modesta, e non meno
utile, conferenza tra dialettologi e folcloristi italiani.
Intanto segnalo la noticina sulla trascrizione usata da Giacomo
Melillo, giovane dialettologo e folclorista: « Volendo destinare questa
tenue raccolta di canti popolari (I 3484) anche ai non competenti,
uso il solito metodo di trascrizione. In apposita nota indico i suoni
consonantici, che non è possibile riprodurre con l'alfabeto italiano.
Segno inoltre con l'accento grave la vocale tonica, ecc. Il suono vo-
calico indistinto, tanto alla fine come all’interno della parola, lo in-
dico sempre con e. Ho cura di segnare con esattezza, 1 nessi con-
lare ital., Genova (a cura dell’au-
tore), 1924 = ID, I, 274 (1925).
I. 3480 — Merio CL., Norme
per la trascrizione fonetica = ID, I,
3 (1925) e Aggiunte e rettifiche =
ID, III, 1 (1927).
I. 3481 — BARTOLI M,,
zione = AGI, XX (Sez.
1926.
Prefa-
Neol.),
I. 3482 — Merto CL,,
PixziG proc. O., Flora
rec. a
popo-
I. 3483 — ITranscription pho-
netique et translitération. Propo-
sitions établies par la Contérence
tenue d Copenaghen en Avril 1925,
Oxford, Clarendon Press, 1920.
I. 3484 — MeElUILTO G., Canti
popolari di Volturino (Foggia),
Avellino, Tip. Pergola, 1925.
— 658 —
DISCUSS. METODOL. - SCOPI E VALORI DEL FOLCLORE. I. 3485-3489
sonantici.... Adoperando le dette norme, credo di soddisfare, almeno
in parte, anche le esigenze scientifiche. » Ecco un lodevole caso d’in-
tesa, risolta però individualmente. Il Dr. Carlo Falzoni ha fatto
precedere un suo interessante volume di favole in verso siciliano da
alcune note circa la ortografia in esso usata, ma queste non convin-
cono del tutto (I 3485). È da rilevare che Mario Borgatti, scolaro
del Goidànich, segue, come vedremo per il Centese, ora la grafia
comune per alcuni testi folclorici, e ora il sistema di trascrizione fo-
netica del Maestro per altri. Noto infine per i nostri folcloristi che
in Francia Christophe Favre ha ora costruito un « système de tran-
scription » per raccogliere « proverbes et dictons de Savière »: si-
stema non molto complicato e che potrebbe servire di modello per
l’Italia, con semplificazioni e adattamenti speciali (I 3486).
Più particolarmente agli scopi e al valore del folclore si riferi-
scono alcuni scritti del Grassi, dell’Antonucci, del Maroi, del Corso.
Il primo (I 3487), a proposito della disposizione del Ministero del-
l'Economia Nazionale per una raccolta di consuetudini agrarie, pro-
pone per la Sicilia « un’esatta inchiesta di tutte quelle consuetudi-
dini giuridiche tradizionali che concernono la proprietà rustica e
l'agricoltura ». Per conto suo, G. Antonucci (I 3488) fa recentemente
una comunicazione sui residui di istituzioni giuridiche rimasti in
frasì e in giuochi fanciulleschi. E conchiude giustamente: « L’inda-
gine storico-giuridica che ricava 1 dati di ricerca e di studio dal
folklore costituisce il folklore giuridico, il quale viene così a rappre-
sentare, nella scienza del diritto, la riabilitazione dei documenti orali
o tradizionali di fronte e come supplemento o complemento ai do-
cumenti ritenuti e qualificati storici ». Alla storia e al valore degli
studî e delle raccolte di costumanze giuridiche popolari ha dedi-
cato la sua prolusione al corso libero di Istituzioni di Diritto civile
nell'Università di Roma Fulvio Maroi (I 3489).
Sull’importanza coloniale del folclore s’intrattiene a parlare il
I. 3485 — Farzoni C., Favole v. pure FI, I, 131 (marzo 1925).
DE Derei scioglie, Colonia, COFeDA: 103408 = Awrontica:G,, Il fol:
i pi » 1925. klore giuridico = BER, XXI, 34
I. 3486 — FavRrE CH., Proverbes (marzo 1927).
et dictons de Savière = ZRPh, I. 3489 — Maroi F., Costumanze
XLVI, 1 (august 1920). giuridiche popolari, Roma, tip.
I. 3487 — LS, VII (dic. 1924), F. Centenari, 1925.
— 659 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3490-3494
Corso (I 3490) in una noticina di umor polemico. A ogni modo egli
ha perfettamente ragione nel sostenere che negli Istituti superiori,
aventi cattedre di studî coloniali, non deve essere omessa l’etnolo-
gia coloniale. Ma di questo importante argomento ci occuperemo
nella rubrica: Scuola e Folclore.
Colpi ben meritati, in difesa della onestà degli studî, son quelli
che il Corso stesso da contro coloro — e non son pochi — che mettono
le mani sugli scritti folclorici altrui per compilare noterelle vivaci e
superficiali, senza prendersi nemmanco la briga delle dovute cita-
zioni (I 3491). Ma per fortuna sono i soliti piccoli uomini che fanno
le solite piccole cose. Il guaio sarebbe grosso, se ciò si facesse di
proposito da studiosi noti.
Di altre idce e discussioni si avrà occasione di fare qualche
cenno a proposito di lavori particolari. Passiamo intanto a quegli
studî fatti intorno ai cultori della scienza folclorica, studî in gene-
rale improntati a una bella riconoscenza scientifica e istruttivi dal
punto di vista metodologico.
G. M. Lei.(I 3492) ha già ricordato il noto archeologo sardo
Giovanni Spano (1803-1878), che si occupò pure di lingua, gramma-
tica, letteratura, storia, epigrafia sarda e la cui opera offre interesse
per i folcloristi.
F. Maroi (I 3493) tratteggia, appena scomparsa, la insigne fi-
gura di Giacomo Lumbroso, che non soltanto fu storico e papirolo-
go, ma anche folclorista fra i più apprezzati e fecondi, collaborando
all’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari del Pitrè con la-
vori elencati opportunamente dal Maroi stesso. Altri lavori assai
importanti del Lumbroso: Memorie del buon tempo antico; Costumi
dei contadini di Romagna; di Nizza; di Sardegna; Spigolature nello
studio comparativo delle tradizioni popolari d’Italia; La forchetta da
tavola in Europa, ecc., ecc. Un manoscritto contiene appunti su usie
costumi di Roma e della campagna romana (I 3494). «Il Suo merito
I. 3490 — Corso R., I! fol- I. 3493 — Maroi F., L'attività
klore e la sua importanza coloniale
= FI, II, 133 (ott. 1926) e anche lo
stesso FI, I, 440 (dic. 1925).
I. 3491 — Corso R,, I flagiarii
= FI, I, 125 (marzo 1925).
I. 3492 — Lei G. M., Un grande
archeologo sardo = CM, 7, (1024).
folkloristica di Giacomo Lumbroso
(1844-1925) = FLI, 366 (giugno-
sett. 1925).
I. 3494 — LumBroso A., Bi-
bliogr. di Giacomo Lumbroso dal
1804 ad oggi, Estr. dalla « Rac-
colta di scritti in onore di G. L.
= AF, 1925.
— 660 —
DISCUSS. METODOL. - CULTORI DELLA SCIENZA FOLCLORICA. I. 3495-3497
maggiore, il titolo più cospicuo della Sua benemerenza è nell’aver
Egli attribuito agli studî del folklore il compito d'integrazione, di
interpretazione, di controllo delle indagini antiquarie ».
Un altro grande studioso, la cui morte recente è passata quasi
inosservata nel campo folclorico, è Domenico Comparetti; ma il
Rajna ne ha scritto una densa necrologia (I 3495). Per ciò che
riguarda noi, questi ricorda la collezione di Canti e Racconti del
popolo italiano, di cui s'ebbero nove volumi: «il primo nel 1870,
l’ultimo nel 1891. E di questi il sesto (1875) porta il titolo No-
velline popolari italiane pubblicate e illustrate da D. C. Doveva es-
ser seguito da uno o forse due altri; c l’ultimo avrebbe contenuto
anche la prefazione, le varianti, le illustrazioni comparative ; sen-
nonchè tutto ciò rimase allo stato d’intenzione. Quanta fosse l'at-
titudine e la preparazione per adempiere esemplarmente questi
compiti, 11 Comparetti aveva già dimostrato coi fatti». Si deve
vedere in questa interruzione del lavoro comparettiano un signifi-
cato d’ordine generale ? Son poi noti i precedenti della grande
opera Virgilio nel medio evo. La parte dal titolo «Virgilio nella
leggenda popolare », già apparsa in due articoli della Nuova An-
tologia, rimase tal quale nella redazione definitiva dell’opera, e
anche nella seconda edizione del 1890. E poteva questa parte,
«nzi doveva, ampliarsi. Io ho raccolto a varie riprese documenti
popolari nel Mezzogiorno d’Italia, e qualche volta mi deciderò di
pubblicarli, o li darò a uno dei mici scolari, capace di estendere
le ricerche e di conchiudere. A proposito, sulle leggende virgiliane
medievali ec sulla conseguente figurazione artistica in Italia ricordo
un recente articolo molto interessante di N. Tarchiani (I 3490).
Alla valorizzazione dell’opera di Lamberto Loria han contri-
buito opportunamente alcuni articoli del Corso e di altri, ai quali
sì accennerà a proposito del Museo Etnografico Italiano.
Caterina Pigorini-Beri è stata commemorata, non è molto, da
C. Pariset (I 3497) alla R. Deputazione di Storia Patria per le
Provincie Parmensi: la P. B. si distinse nel campo degli studî fol- ’
clorici con articoli su Costumi e superstizioni dell'Appennino mar-
chigiano, ecc. riuniti in un volume (Lapi, Città di Castello, 1890)
e col libro: In Calabria.
I. 3495 — Raixa P,, Clhronique nografia della leggenda virgiliana
= ROM. LILI, 2061-3 (jan. - avr. == IM, 24 apr. 1927.
1927). I. 3497 — PARISET C., Caterina
Pigorini, folklorista = FI, I, 230
I 3496 — TARCHIANI N., L'ico- (giugno-sett. 1925).
— 661 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3498-3502
Amos Parducci, con molta opportunità, ha messo in luce presso
la R. Accademia di scienze, lettere e arti di Lucca (I 3498) i lega-
mi stretti che tennero unito al folclore Idelfonso Nieri, il quale, pur
formando con gli studiosi viventi Silvio Pieri e Giovanni Giannini,
una bella triade folcloristica per la Lucchesìa, rivisse da artista
schietto e vivace le tradizioni popolari e fu di quella caratteristica
falange di scrittori che ebbero l'ispirazione provinciale. Già per lui,
come ben dice il Parducci, « dopo i grandi scrittori, il meglio della
buona lingua sopravvive nel contado ». Approfondire l’anima del
popolo era in lui desiderio e bisogno d’intimità spirituale, per cui
la ricerca appassionata e scrupolosa non smorzava, come comune-
mente suol credersi per gli scrittori, l'impeto della fantasia. Per chi
intende e ama così le tradizioni popolari non è meraviglia il vederne
consigliare lo studio e il culto nelle scuole, come faceva appunto il
Nieri, il quale esortava i suoi studenti del Liceo a fare raccolte per
proprio conto di proverbi e motti locali. Sullo stesso Nieri abbiamo
un articolo di Bianca Magnino (I 3499).
In omaggio di Atanasio Basetti, il Grossi pubblica 154 canti
di cui parecchi inediti del territorio delle Valli dei Cavalieri, e ag-
giunge utili dati biografici intorno al benemerito raccoglitore di poc-
sia popolare parmense (I 3500).
Uno studio che viene premesso al volume di scritti friulani di
Caterina Percoto, sulla quale si ricordi il vibrante saggio di A. Di
Giovanni (Noto, 1919), fa ora B. Chiurlo (I 3501). Più che la
parte linguistica, questi esamina con felice intuito il pensiero, il
contenuto lirico e morale delle novelle friulane pubblicate dalla gen-
tildonna che il Tommaseo altamente stimava ed elogiava..
Ad onorare Mons. A. Pisaneschi da Civeglio, morto nel 1924.
il quale fu squisito artista e amatore delle tradizioni popolari G.
Battelli pubblica « un bozzetto e una manatella di canti popolari »
trovati fra le carte di lui, ec aggiunge un breve cenno necrologico
(I 3502).
I. 3498 — Parkpucci A., Idel- Cavalieri e i canti pop. racc. da A.
fonso Nieri folklorista e novelliere Basetti = « Prov. di Reggio » 1924,
lucchese = GPL, II (1926). ca I. 3501 — Cuiurto B., Gli
Rec.: RP, XXXV, 54 (feb.-aprile scritta friulani di Caterina Pere
1927). coto = LP, III, 49 (gen.-feb. 1920).
I. 3499 — MacnINO B., Novel- I. 3502 — PISANESCHI A., Ma-
listica toscana, Idelfonso Nieri = emma amara, con una presenta
RN, giugno 1927. zione di GUIDO BATTELLI = FI, I,
I. 3500 — Grossi E., Le valli dei 337 (dic. 1925).
— 662 —
DISCUSS. METODOL. - CULTORI DELLA SCIENZA FOLCLORICA. I. 3503-3507
Sante Muratori ha avuto la buona idea di farci conoscere un
folclorista romagnolo: Giuseppe Nardi (I 3503).
All’opera fino al 1926 di Gaetano Amalfi folclorista, G. Gallo
Di Carlo (I 3504) dedica un opportuno scrittarello, arricchito da un
minuto elenco delle pubblicazioni di carattere folclorico. Trattano
di varî argomenti, ma hanno un'importanza speciale quelle di cri-
minologia in rapporto alle superstizioni, cioè, come egli, magistrato,
ha detto, di criminologia folklorica. Lo stesso Gallo ha scritto un
articolo illustrando in particolar modo l’opera di Raffaele Corso
(I 3505).
Per la Sicilia notiamo.
Un succoso cenno su Corrado Avoliv come demopsicologo è
fatto in un lavoro, lodevole per il tono e la ricca informazione, di
Carmelo Sgroi (I 3506). Si sa che il famoso Notigiano ebbe tempia
di filologo, ma fu di quelli che riconobbe l’importanza e il valore
del folclore. Mi piace in proposito riportare un suo pensiero: « La
scienza ha compreso ormai che in ogni parola di dialetto e in ogni
fiaba, esiste una forza che può essere utilizzata nello studio storico
della lingua e dei popoli. Spesso in un proverbio o in una panzana,
c'è un palinsesto prezioso ». Del noto demopsicologo siciliano A.
Guastella, torna a discorrere A. Di Giovanni (I 3507). Dopo 1 pre-
cedenti studî fatti dall’Interlandi (1891) e dal compianto amico no-
stro F. G. Ippolito (1909), questo del Di Giovanni ha un suo tono
speciale. Mette in rilievo la caratteristica essenziale del Guastella:
l'essere stato come il frait-d'union tra i puri folcloristi e gli scrittori
siciliani d’ispirazione provinciale, ec quindi figura eminentemente rap-
presentativa per il sec. NIN siciliano. Del posto che spetterebbe
nel folclore italiano al Salomone Marino prende motivo di parlare
I. 3503 — MURATORI S., Un folk-
lorista romagnolo: G. Nardi =:
LPI, ott. 1924.
I. 3504 — GanLo Di CARLO G,,
Gactano Amalfi, folklorista, = FI,
II, 280 (marzo 1927) e, prima,
letteraria-scolasticu della Calabria,
III, n. I (1927).
I. 3506 — Scrot C., Corrado
Avolio, dialettologo, demopsicologo
e glottologo siciliano, Estr. dal-
l’« Ann. 1925-1926 dell’Ist. Mag.
TI, I, 128 (marzo 1925).
I. 3505 — Gatto G., Raffaele
Corso = IL, I, n. 3(1925) e dello
stesso Gallo, Note di Folklore: da
G. Pitrè a R. Corso =
tura regionale » Rassegna storico-
«La Cul-.
di Noto », Noto, 1927.
I. 3507 — Dr Giovanni A,, Zl
pittore dei costumi di Modica =
Annuario della R. Scuola Compl.
Piazzi, Palermo, tip. Nazionale,
1925-20.
— 663 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3508-3511
il Cocchiara in una introduzione al celebre poemetto della Barones-
sa di Carini (I 3508).
Tra gli amatori siciliani del folclore ricordo, facendo mie le ‘pa-
role della Prof. Naselli, Santi Consoli di Catania, dove, nato nel
1853, è morto nel marzo di quest'anno. Docente universitario di
lingue classiche, in cui era versatissimo, si volse alla letteratura e
storia paesana ed entrò nel campo degli studî dialettali con intel-
ligente generoso amore. Le ricerche etimologiche, semantiche, topo-
nomastiche, non furono assai spesso che un mezzo per scrutare lo
spirito e l’anima del popolo siciliano e particolarmente catanese, di
cui egli seppe esaltare senza fanatismi le glorie e le tradizioni ed
additare senza burbanza le debolezze e gli errori. Malgrado la loro
indole erudita e scientifica, gran parte degli studî di linguistica e
di letteratura regionale del Consoli — di cui faremo cenno in queste
pagine — furono pubblicati in giornali quotidiani locali, e più a-
datto posto trovarono nell’ASSO.
Avrà certo interesse per i folcloristi lo studio che Alessio Di
Giovanni prepara sull'opera di Enrico Onufrio, fiorito in un tempo
in cui gli scrittori chiedevano ispirazione al folclore regionale. Già
il D. G. ha pubblicato suggestive pagine (I 3509) su questo « poeta
di Palermo », e messo in rilievo il bozzetto Viva la Madonna, ef-
ficacissima e originale pittura d’una festicciola, e la magnifica de-
scrizione delle feste di S. Giusto a Misilmeri: esempio e ammo-
nimento a certi folcloristi, stentati e oscuri, ovvero leziosi e pre-
tenziosi descrittori di tradizioni popolari o di quadri di vita regionale.
Giuseppe Pitrè è sempre nella mente degli studiosi. Di lui e
della sua opera sì parla nel citato mio Discorso inaugurale di Milano,
e il Corso (I 3510) lo ricorda dando notizia dell’erezione del monu-
mento a Palermo e auspicando più fortunate che non in passato le
sorti del Museo Etnografico Siciliano e della Cattedra di demopsi-
cologia.
Nel loro insicme folclore e folcloristi siciliani, avanti e dopo il
Pittè, sono passati in rassegna dallo stesso A. Di Giovanni nel citato
«art. di Leonardo (I 3511) e in altre due puntate. Peccato che esse
I. 3508 — SaLoMoneE-MaRixo S., R. Frovveditorato della Sicilia »,
La baronessa di Carini, ampiamente V, 104 (28 feb. 1926) e nello stesso
illustrata, reintegrata nel testo e fre- « Bollettino », V, 121 (30 marzo
ceduta da uno studio di G. Coc- 1927): Dai « Momenti » alla festa
CHIARA, Catania, Libr. Tirelli di di S. Giusto.
F. Guaitolini, 1920. I. 3510 — FI, I, 437 (dic. 1925).
I. 3509 — Di Grovaxxi A., Il I. 3511 — LEO, III, 84, 113,
poeta di Palermo == «Boll. del 141 (aprile, maggio, giugno 1927).
— 664 —
STUDÎ E SUSSIDÎ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI. I. 3512-3516
non possano riassumersi. L’A.sa un'infinità di cose peregrine e le.
sa dire con indipendenza e serenità di giudizio e con vivezza d’arte.
Sullo stesso soggetto promette un volume il Cocchiara col titolo:
Gli studî delle tradizioni popolari in Sicilia.
A proposito di folcloristi, sulla distribuzione geografica di essi
in una parte più e meno altrove, in Italia, prende occasione di par-
lare il Corso (I 3512), polemizzando per un «trafiletto » di un cro-
nista, il quale, dando conto di una progettata Mostra del Folclore
nazionale in Milano, si è lasciato sfuggire dalla penna che esso è oggi
accentrato in quella città. La lezione al povero cronista sembra
inopportuna. Lasciamo stare se il Sud «trascini» il Nord. Ricordiamo
piuttosto le parole del Croce, a proposito di studîì demopsicologici :
«È forse difficile trovare in altro campo di studî tanta fratellanza!
(1891).
D) STUDI VARÎ E SUSSIDI SCIENTIFICI — Tra gli studî ge-
nerali consideriamo quei lavori folclorici che non si riferiscono a
questa o quella località italiana in particolare, ma trattano di tutto
un argomento in generale che abbia importanza per l’Italia. Per
esempio Nino Massaroli (I 3513) riproduce ninne-nanne nel testo
turco e greco, ne dà la traduzione ritmica, e nello stesso tempo le
raffronta con altre romagnole, venete, abruzzesi. Di una leggenda
greca (« Lo spergiuro ») riferisce F. Cavaliere (I 3514). Patti d'amo-
re e pegni di promessa formano l’argomento generale di un volume
corsiano (I 3515), che fa seguito al saggio sopra «1 doni nuziali ».
Scopo dell’A. è di dimestrare come nelle tradizioni dei popoli, oltre
alle formule primitive di matrimonio come unione forzata, violenta
o consensuale senza valore etico, esiste il « magnum sacramentum ».
Ancora con rapidi tocchi Corso discorre in quattro pagine di un
argomento generale che meriterebbe un’ampia trattazione: i carri
sacri (I 3516). Ma i rapidi tocchi, dovuti alla padronanza che l’au-
tore ha della materia folclorica, sono utili e servono come sguardi
I. 3512 — Corso R. Milano spergiuro = ALB, IT, n. 17 e 18
centro degli studi folklorici = FI, (1925).
II, 131 (ott. 1926). I. 3515 — Corso R,, Patti di
amore e pegni di promessa, S. M.
Capua Vetere, Casa edit. « La Fiac-
cola », 1925.
I. 3513 — MAssaRoLI N., Canti
popolari d'Oriente, Rovereto, tip.
Tomasi, 1020.
I. 3516 — Corso R., Carri Sacri
T. 3514 — Cavarirere F., Zo FC, NI, 3 (gen.-marzo 1027).
— 665 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3517-3527
d'insieme su argomenti di interesse speciale (I 3517-3521), o come
brevi complementi a ricerche altrui, secondo vedremo.
Un soggetto generale squisitamente folclorico è quello del Na-
tale in Italia. Il Lancellotti c’intrattiene sui caratteristici riti, coi
quali nelle varie regioni d’Italia si celebrano ancora i giorni nata-
lizi (I 3522), e per parte sua conclude così la rassegna: « Se per dire
il poco che è rimasto sono occorse molte parole, si può desumere
quello che dovevano essere 1 riti ormai tramontati. Tutto se ne va,
tutto si semplifica e si inaridisce oggi. Ed anche il Natale segue la
sua sorte ».
Più vasto argomento («Il Natale attraverso i popoli ») vuole
abbracciare M. De Cristo (I 3523): è una scorreria sentimentale
dal Veneto al Nord d'Europa e alla Palestina con brevissimi cenni
su usi e costumi di Natale. Il saggio di Renzo Longo sulle canzoni
di guerra non ha molta originalità e precisione (I 3524). Un sog-
getto, che riveste un carattere di tradizione per il nostro popolo, si
riferisce all'origine del Tricolore italiano studiata da N. Ferorelli (I
3525) e Onorato-Pàstine (I 3520).
Quanto all'arte popolare in generale, Emilio Agostinone, rife-
rendosi alla II Biennale di Monza, dov'era una sezione dedicata
alla sempre viva arte della ceramica, dice che bisogna vincere un
malinteso sentimentalismo paesano, che si oppone agli ultimi ri-
trovati della chimica, per ottenere nuove combinazioni e nuovi ef-
fetti, e bisogna altresì convincere i decoratori in ceramica a non
disperdere le sane energie artistiche, riproducendo quadri nelle mat-
tonelle o paesaggi miniati nei piatti (I 3527). Per la IV. Biennale
I. 3517 — Corso R,, Ceri e car- I. 3523 — DE CRisto M., // Na-
ri votivi, RIA, IV, n. 4 (1926). - tale attraverso i popoli = ALB, II,
I. 3518 — Corso R., Blasons "® 24 (1920).
populares Italtens, = VNIIL 1, 3524 — Lonco R., Folklore
sO 0920]; italiano e canti di guerra, Roma,
I. 3519 — Corso R., Una sin- « Esercito e Nazione », 1926.
golare penitenza ecclesiastica e po-
polare = BIL, XXV III, 4 (19260). I. 3525 — FeERORELLI N., La
I. 3520 — Corso R. L'art des A tricolore italiano
bergers en Italie = UNITI, IV, n.° i , 654 (1925).
5 (#920): I. 3526 — PASTINE O., Sull'ori-
I. 3521 — Corso R.,, Une céri- gine del tricol. ital. = GSLL, II,
monie mystique en Italie = UNI- 52 (1920).
Il, IV, n. 12 (1926). I. 3527 — AgostINONE E., Sul-
I. 3522 — LANCELLOTTI A., Il l’arte della ceramica = LAD, IX
. Natale in Italia = NA, 1 gen. 1925. (sett. 1925).
— 666 —
STUDÎ E SUSSIDÌ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI.
e eee ———-—__——_—— —-——- -—_— ZE — —
I. 3528-3529
Calabrese il periodico « Albori » (I 3528), osserva da parte sua che
«i figuli di Seminara, tanto rinomati per le terrecotte colorate in
verde, giallo, arancione e con ornamentazioni a figure di cavalli.
di pesci e di esseri fantastici, in luogo di conservare e migliorare le
forme tipiche tradizionali, le deformano, creando delle mostruosi-
tà che non rispondono nè alla tradizione etnografica, nè a nobiltà
di concetti artistici ». E si consiglia invece: « Attingere ispirazione
alle fresche sorgenti dell'anima e della vita ed alle estrinsecazioni
della popolare fantasia è un canone estetico degno di ogni encomio
dal punto ideale, ma difficile in pratica. E ciò perchè, per avvicinarsi
alle pure fonti ed intenderne la poesia, occorre una squisitissima
sensibilità che solo il vero artista può avere ». Così riassume il Cor-
so, il quale interviene per avvertire che l’esposizione di arte popo-
lare non deve essere « un’imitazione 0, quel che è peggio, una con-
traffazione della produzione artistica rusticana, tanto più bella, quan-
to più è d'umultà vestuta». Come si vede, la questione non è così
semplice come può sembrare, e fa il paio coll’altra dei poeti dia-
lettali, sollevata con buoni argomenti e da diversi anni, dal Croce
(La letteratura della nuova Italia, 1914, II, 314), i quali poeti credo-
no spesso di essere liberati dagli obblighi della cultura e di ottenere
a buon mercato il plauso dovuto agli artisti. Per noi, conseguen-
temente a quanto abbiamo detto per la poesia popolare, l'arte po-
polare è fatta da questo o quell’artista del popolo, e per il popolo,
per uso e godimento di esso, nella quale arte, sulle basi di una tec-
nica e di motivi tradizionali, l'artista esercita la sua fantasia. Il Sa-
lomone-Marino in questo senso raccoglieva prodotti artistici di
pastori, dei quali qualche volta ci dava il nome e cognome, e fa-
ceva sempre opera di studioso.
Antonio Bruers (I 3529) da parte sua lamenta la scomparsa
delle ornamentazioni sugli strumenti da lavoro, dovuta « al profon-
do rivolgimento psicologico nella vita operaia dell’epoca nostra e
all'avvento della macchina, che attutisce il senso della gioia della
creazione nell’operaio ». E il Corso lamenta ancor più che l’asten-
sione dalle ornamentazioni si estenda a tutte le manifestazioni della
vita, non solo negli attrezzi, ma anche negli abiti ormai modificati
e uniformi. D'accordo. I tempi mutano e mutano profondamente,
I. 3528 — ALB, II (ott. 1920). I. 3529 — Nel «Lavoro d’Ita-
Vedi pure: Corso R., Per qualche lia », 9 ott. 1926. Vedi pure: CoR-
lamentata deformaz. mnell’arte pop. so R., Gli strumenti del lavoro e
= FI, II, 308 (marzo 1927). la scomparsa delle loro decorazioni
=: FI, Il, 300 (marzo 1927),
— 667 —
L. SORRENTO ‘ FOLCLORE E DIALETTI. I. 3530-3533
ma dobbiamo pensare che anche nel passato non si stava fermi.
Nonostante l’opera della macchina e dei tempi nuovi, il popolo
esprime le malcelate simpatie della sua anima (andate, per dirne
una, nella grande fabbrica di cappelli Borsalino e vi sapranno dire
quali siano i gusti particolari dei ceti popolari, che, se fate attenzio-
ne, modificano da sè qualche volta le forme stesse fabbricate, con
una spaccatura o una piega speciale); il popolo poi è più tardo ad
abbandonare un costume, una volta adottato; e niente di straor-
dinario che uno, già di dominio della borghesia, diverti costume
caratteristico popolare. Infine è da ricordare un recente articolo di
Arduino Colasanti, Direttore Generale per le Belle Arti, in favore
dell’arte popolare (I 3530); ma già fioriscono oggi una quantità di
iniziative per darle incremento: esse, solo se non saranno astratte e
se incontreranno campo e condizioni favorevoli, potranno dar belli
e serî risultati.
Passiamo a lavori generali di maggior lena.
Una trattazione sistematica dell’etnografia femminile è «quella
del Krauss (I 3531), in-sette volumi, riguardante il Regno della Bellezza,
(vol. I e II), :l Regno della Vaghezza (vol. III e IV), 11 Regno del-
l’Attrattiva (vol. V e VI), il Regno dell'Anima muliebre (vol. VII) ».
L'A. cita, fra l’altro, i cosiddetti blasoni popolari, poesie dove si e-
spongono dal popolo le qualità estetiche che deve avere una donna
perfetta, prendendo spesso le doti caratteristiche delle donne dei varî
paesi, e unendole insieme idealmente in un medesimo soggetto. |
volumi sono riccamente illustrati, ma col sopravvento delle figure
di donne germaniche e slave. A proposito del mondo tradizionale
femminile ricordiamo una storia della moda che ha impreso a
dettare la signora Genoni delle Scuole professionali dell’Umanitaria
di Milano (I 3532). Nel primo volume vediamo esaminate le vesti e gli
ornamenti preistorici e classici tanto dal punto di vista storico che
artistico, con particolari minuti e col sussidio di belle riproduzioni.
Utile è il lavoro sui vecchi libri intorno ai rimedì contro la pe-
ste, elencati e illustrati da A. C. Clebs ed E. Droz (I 3533). Nel cam-
po degli studî di magia, pratiche occulte dei nostri tempi e dei no-
I. 3530 — COLASANTI A., Arte I. 3532 — GENONI R., Stovia
popolana = BR (15 ott. 1924). della moda, Bergamo, Ist. Ital.
L'asse ave) Die Aia AT Sraiche, ol Ly 1985:
imut des Frauenleibes. Liter. Inst. I. 3533 — KLEBS A.C. ET DRo07,
Kosmos, Berlin, Wien, Leipzig, Remèdes contre la peste (Docu-
1923. Streifziice im Iteiche der ments scientiphiques du XV siè-
Frauenschònheit, id. id. 1924, ecc. cle I, I), Paris, E. Droz et E.
— Rec.: FIT, I, 142 (marzo 1925). Nourry, 1925.
— 668 —
STUDÎ E SUSSIDÎ - LAVORI FOLCLORICI GENERALI. I. 3534-3538
stri volghi presentano analogie con quelle studiate per l'Egitto da
F. Lexa (I 3534). Interesse particolare per noi - secondo il Corso -
ha la nota opera tradotta del Frazer (I 3535), perchè il folclore ogni
giorno rintraccia nuovi e importanti paralleli fra le credenze e le
cerimonie magiche e religiose dei popoli dell’Africa e dell’Italia. Il
Leite de Vasconcellos ha pubblicato un lavoro d’etnografia compa-
rata sul noto amuleto « manofica », « mano in pugno », facendolo
precedere da un interessantissimo studio sulla medicina popolare.
L’A., specialista di filologia portoghese, in questo suo lavoro si oc-
cupa più specialmente del Portogallo e per questa parte appare
compiuto. Per quel che riguarda l’Italia rivela un’informazione man-
chevole (I 3536).
Il Saintyves (I 3537) si è proposto di sostenere e spiegare che
da elementi mitici, superstizioni e cerimoniali abbiano avuto im-
pulso e forma le favole popolari dei fanciulli (Cenerentola, Pelle
d'asino, Cappuccetto rosso ecc.). Non persuade troppo, però, l’ampai
lode del recensore italiano sul « nuovo sistema d’interpretazione dei
miti mediante lo studio dei riti applicati con luminose rivelazioni
dal Frazer...». Non sempre le ipotesi geniali sono attendibili, e bi-
sogna pensare che la somiglianza dei riti non sempre può indicare
relazione di dipendenza tra un mito e un altro, tra una religione e
un’altra. Di miti e leggende degli alpigiani che, per quanto abbia-
no punti di contatto co mondo classico, non possono sicuramente
dirsi discendenti da esso, discorre il Battaglia (I 3538): per lui la
leggenda popolare del gigante monocolo e antropofago sarebbe an-
teriore al racconto omerico di Polifemo e indipendente da esso. La
critica comparata conduce l’autore a tale opinione, ma questa,
per divenire certezza, deve essere meglio approfondita. Sulla leggen-
da di Giasone e Medca è importante lo studio del Krappe (I 3539)
I. 3534 — Lexa F., La magie
dans l’Egypte antique, ecc., Paris,
Lib. Orientaliste P. Genthner, 192 5.
— Rec.: FI, II, 316 (marzo 1927).
I. 3535 — FRAZER ]J. G.,, Il
Ramo d'Oro, Storia del pensiero pri-
mitivo. Magia e veligione. Trad.
di L. Dre Bosis, Roma, Stock,
1925. — Rec.: FI, I, 346 (giugno-
sett. 1925) e II, 149 (ottobre 1926).
I. 3536 — LEITE DE VASCON-
cELLOS ]J., A figa. Estudo de etno-
grafia comparativa, Porto, Araujo-
Sobrinho, 1925.
I. 3537 — SAINTYVES P., Les
contes de Perrault et les Récits Pa-
rallèles, Leuyrs ovigines, ecc. ‘Paris,
Librairie Critique E. Nourry, 1923.
— Recc.: FI, I, 132 (1925).
I. 3538 — BATTAGLIA R., Mitie
leecende der montanari = ES,
XXVII (1925).
— 669 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3539-3544
——__—_—_——r__. __‘" 0 e@@—0tle‘e mt] a ea n"_m___——t_ rr _———_——
per ì richiami a cose nostre, per esempio al culto dei decollati in Si-
cilia.
G. Antonucci vuol portare un po’ più di luce alla storia oscu-
ra del Carnevale e del Charivari (I 3540). La trattazione però è un
po’ oscura e non è documentata. Bisognerebbe fare i conti colla
storia della parola.
Un volumetto molto importante per gli studî folclorici, in
quanto accenna all’origine di certe devozioni popolari, e tratta
dei varî aspetti della vita religiosa prima della riforma del Concilio
di Trento, è quello di Dom Louis Gougaud (I 3541). A proposito del
celebre Concilio mi sia lecito annunciare il lavoro che renderà pub-
blico prossimamente un mio studente, Alfredo Redaelli, sul folclore
lombardo e l’opera di S. Carlo Borromeo contro le superstizioni.
Intanto segnaliamo un articolo di carattere generale di E. Milano
sulle tradizioni religiose del popolo italiano (I 3542). Uno ricco d'in-
teresse è quello di A. van Gennep.su San Rocco nella fantasia popolare
(I 3543). L’A. studia anche qualche stampa popolare sacra italiana,
ma un autore nostro, dietro la guida di questo studio, potrebbe esten-
dere le ricerche in Italia, sicuro di raccogliere un cospicuo materia-
le. Ci risulta infine che è in corso di stampa un volumetto storico su
S. Crispino e le varie leggende che sono pullulate intorno al popo-
lare Santo. L'Autore, il Sac. C. dell'Orbo, l’ha compiuto sotto gli
auspicî del « Comitato milanese per le onoranze nazionali al patrono
delle industrie del cuoio ».
a
Lavori sussidiarî del folclore ci fornisce la scienza delle anti-
chità classiche. Si veda a questo riguardo un vivace e acuto
scritto di C. Cessi a proposito di due pubblicazioni dei proff. di storia
antica E. Ciaceri e G. Giannelli, importantissime anche per gli stu-
diosi di tradizioni popolari d’Italia (I 3544). Già altri lavori prece-
I. 3539 — KRAPPE A. H., The Roma-Milano, 1925.
story of Jason a. Medeia = FL, l
XXXVI, 308 (1925). I. 3543 — VAN GENNEPÀ., Sain-
Roch dans l’imaginerie populaire
I. 3540 — AnTONUCCI G., Ka- = RHF, 1926.
lendae Januari. Carnis levamen- l
Charivarium = FI, Il,9(ott. 1920). I. 3544 RAS C., Vis Italica
; , =ARIVL VI, 585 (1927), co-
L: pie SOUGALO Do L., Dé- munic. sulla Storia della Magna
vottons ef pratiques ascétiques du Cioiiz.del'Gacert vol IL Miano
M. 4., Collection « Pax», vol. Albrighi e Segati, (1924) e sui
XVI, Paris, Desclée, 1925.
I. 3542 — Mitraxo E,, Le tra°
dizioni velig. del pop. ital. = AIC.
Culti e miti della Magna Grecia
del GIrANNELLI, Firenze, Bempo-
rad (1924).
— 670) —
STUDÎ E SUSSIDÎ- CONTRIB. DELLA SCIENZA DELL'ANTICHITÀ I.,3545-3551
denti del Ciaceri sono stati utilizzati dai folcloristi, come pure quelli
sull'Italia antica del Pois, sull'Etruria del Ducati, su credenze e
feste classiche del compianto nostro maestro Carlo Pascal (I 3545)
e recentemente su feste di Roma di G. Vaccari (I 3546) e altri
di vario argomento del Calderini, degli egittologi, degli orien-
talisti, ecc. |
Uno studio di archeologia, in cui si tien conto di tradizioni e
leggende, è quello di Vincenzo Russo che, contrariamente all’Orsi,
sostiene che l'antica Medma è la moderna Nicotera (I 3547). Lo spe-
cialista di folclore N. Borelli ha mostrato di sapere esercitare il suo
ingegno nello studio dell’etnologia archeologica, interpretando un
simbolo fallico in una tavoletta magica romana rinvenuta anni so-
no nella necropoli di Calcs (Campania) (I 3548). Un altro folclorista,
Giovanni Pansa (I 3549), ha illustrato un bassorilievo della dea
Angerona, posseduto dal Musco della Medicina antica di Roma. Nel
campo della demopsicologia si è mantenuto L. Giliberti parlando
dei Lucani nell'antichità per i loro riti e costumi, le cerimonie e le
credenze (I 3550). Un glottologo e dialettologo noto, e buon inten-
ditore del folclore, Gino Bottiglioni, mostra, come vedremo meglio,
di saper trar profitto dagli studî scientifici di etnologia e di anti-
chità in un serio opuscolo (I 3551), che è una promessa di ulteriori
sviluppi e di proficue ricerche sulle basi gettate da opere precedenti
di Cl. Merlo e di scienziati diversi, per cui l’etnologia, l'archeologia
e la linguistica si danno la mano.
Si capisce che lo studio e la ricostruzione di memorie storiche
I. 3545 — PASCAL C., Feste e
poesie antiche, Milano, Treves,
1926, oltre alla precedente opera
Le credenze d’oltre tomba nelle opere
lett. dell'antichità classica, di cui
il Paravia ha pubblicato la II
cdiz. nella Bibl. «Storia e Pen-
SIero ».
I. 3546 — VACCARI G., Le feste
di° Roma antica, Torino, Bocca,
1927.
I. 3547 — Russo V., Sul luogo
di Medma = ASSO, XXII (1926).
I. 3548 — BORRELLI N., Di un
simbolo fallico in una tavoletta ma-
gica romana = FC, NI, 121 (gen.-
marzo 1927).
I. 3549 — Pansa G, Bassori-
lievo di bronzo con rappresentanza
della Dea Angerona, Estr. dal
« Bull. d. Comm. Arch. Comunale n,
s. 1, 1923. — Rec.: NI, I, 352
(giugno-sett. 1925).
I. 3550 — GiuiBiRrTI L., Z Lu-
cani mell’antichità. Saggio di de-
mopsicologia, Napoli, tip. Gian-
nini, 1924. — Rec.: FI, I, 149
(marzo 1925).
I. 3551 — BoTTiGLIONI G., La
Sicilia, la Sardegna, la Corsica
nell'unità dei popoli tirreni, Estr.
da « Mediterranea », a. I, n. 1, Ca-
ghari, Soc. Ed. Ital., 1927.
e
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3552-3559
di una città o di un grande avvenimento o personaggio passati in
dominio del popolo interessano vivamente i folcloristi. Per un lato
ne diede l'esempio il Pitrè colla sua poderosa monografia La vita
in Palermo cento e più anni fa. Genere di lavori di difficile fattura.
Per questo riguardo è di grande utilità la ristampa della Storia di
Venezia nella vita privata del Molmenti (I 3552), che è stata ‘sfron-
data di diversi capitoli, qua e là rifatta e perfezionata. E utili sono,
per le provincie tormentate dalle vicende politiche, le opere storiche
sull’Istria e Trieste del De Vergottini (I 3553), del Benussi (I 3554)
e del Tamaro (I 3555). Ammirabile è la riproduzione delle incisioni
del Pinelli per Roma: visioni storiche di un secolo fa (I 3556).
Una seria ricostruzione di Napoli nella prima metà del Cinque-
cento ci saremmo aspettata da P. La Cute (I 3557), a proposito di
Ortensio Lando. Manca lo studio delle tradizioni che possono rin-
traccìarsi benissimo nell'opera landiana. Ricca di fatti e di idee,
che hanno importanza anche per le tradizioni, è invece la pubblica-
zione di Consalvo di Taranto sulla Capitanata al tempo dei Normanni
e degli Svevi (I 3558). L’autore aveva già trattato della storia della
stessa regione per l’anno 1848, ed è uno studioso di storia curiosis-
simo, vedremo, delle tradizioni. popolari. Federico II legislatore e
il regno di Sicilia sono oggetto di uno studio storico attento di un
folclorista, Giuseppe Cocchiara (I 3559), che opportunamente consa-
cra l’ultimo capitolo a Federico II nella concezione del popolo si-
ciliano. Rileviamo una nota sul ratto (fuiuta). È vero, secondo il
Garufi, che è stata consuetudine siciliana di sposare la rapita; è vero,
secondo il Cocchiara, che questa consuetudine dura tutt’ora, sicchè
I. 3552 — MOLMENTI P., Storia
di Venezia nella vita privata dalle
origini alla caduta della Repub-
blica, VI ed., Parte III: I/ De-
cadimento, Bergamo, Ist. It. d’Arti
Grafiche, 1926. — Rec.: GSLI,
LNXXVIII, 181 (1920).
I. 3553 — DE VERGOTTINI G.»
Lincamenti storici della costituz-
politica dell’Istria durante il Medio
Evo, vol. I, Roma, Tip. « Leonardo
da Vinci », 1924.
I. 3554 — Benussi B., L’Istria
net suoi millenni, Trieste, Libr.
Treves-Zanichelli, 1925.
I. 35553 — Tamaro A., Storia
di Trieste, Trieste, Libr. Treves-
Zanichelli, 1925.
I. 3556 — Roma: visioni storiche
d'un secolo fa, con la riproduz. di
XII incisioni del PinELLI, Roma,
Maglione e Strini, 1925.
I. 3557 — LA CUTE P., Ortensio
Lando e Napoli nella prima metà
del 500, Lucera, Tip. L. Cappetta,
1920.
I. 3558 — DI TARANTO C., La
Capitanata al tempo dei Normanni e
degli Svevi, Matera, Tip. Conti, 192 5.
I. 3559 — Coccuiara G., Fede-
rico II legislatore e il regno di Si-
cilia, Torino, Bocca, 1927.
— 672 —
STUDÎ E SUSSIDÎ - CONTRIBUTI STORICI. I. 3560-3563
il ratto è un preludio al matrimonio. Ma si tratta di un matri-
monio forzato. E se le costituzioni di Federico lo giudicarono
molto balordo e per nulla utile e minacciavano di galera il rapitore,
la disposizione aveva la sua ragione d'essere, trattandosi di un atto
che aveva tutti gli estremi di una infrazione alle leggi sociali e mo-
rali. Dico questo perchè il Cocchiara mostra di non afferrare tutta
la portata delle disposizione dugentesca. Egli osserva che «oggi,
invece, questo utile c'è in quanto il ratto evita le spese del matri-
monio, che verrà, poi, così celebrato privatamente». Questo è vero,
ma è pur vero che ci sono ancora ratti genuini, mor: solito. A ogni
modo, il compromesso o abuso in cui viene in alcuni casi mutata
detta consuetudine, conserva gli stessi estremi dell'infrazione, peg-
giormente giustificabile.
Ancora ricordiamo l’opera postuma di un buon folclorista del
tempo andato, R. Capalbo, che riunisce gli sparsi ricordi della città
di Acri (I 3560). Pietro Giacosa ci descrive Cogne (I 3561). Fa co-
noscere le notizie storiche, le condizioni geografiche e le relative
variazioni meteorologiche, e non tralascia le questioni d’oggigiorno,
come l’industrialismo e l’edilizia cognense: il libro è ricco di otc-
grafie e riproduzioni di disegni. L’ultimo capitolo, di una ventina
di pagine, narra le leggende locali che riguardano, per la maggior
parte, paesi distrutti. Della Valle di Susa e dell'Abbazia della No-
valesa si occupa G. Monticelli (I 3562). La prima parte del suo libro
comprende 1 ricordi storici dal dominio di Roma alla Rivoluzione
francese. La seconda riguarda la celebre Abbazia, la sua lcg-
gendaria origine, le leggende di Waltario, di Carlo Magno e del frate
Frodoino, dei miracoli di S. Eldrado e della sua estasi durata tre-
cent'anni ai piedi di un albero che i valligiani additano ancor oggi
ai visitatori. L'ultima parte riprende le notizie storiche sia dell’Ab-
bazia (ora villa del Convitto Nazionale di Torino) che della valle
di Susa. V. Roppo ha preso a illustrare memorie storiche del comune
di Loseto, e consacra un capitolo agli usi, alle feste, ai proverbi e
al carattere di quel popolo (I 3563). Note storiche sulla città di Ca-
I. 3560 — Capanrpo R.,, Me- I. 3562 — MonticreLLIi G., La
morie storiche di Acri, S. Maria Valle di Susa e l'Abbazia della No-
Capua Vetere, Casa ed. « La Fiac- valesa, Pinerolo, Tip. Sociale, 1925.
Ria 3 Rec.: FI, I, 1401. 3563 — Ropro V., Memorie
) i SE storiche del Comune di Loseto con
I. 3561 — Giacosa P., Cogne, appendice, Bari, G. Parisini e F.,
Ivrea, Viassone, 1925. 1925. SI
— 673 —
Aevum - Anno I - 43
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3564-3568
rini ha scritte S. Buffa-Armetta, occupandosi anche del caso della
Baronessa, che forma materia del celebre poemetto (I 3564).
Pur dell’anno 1924, è degna di rilievo una ricerca di A. van
Gennep sulla tomba di Alarico (I 3565), con la quale, contrariamen-
te all'opinione del Reinach, viene difesa, anche con lo studio dei riti
gotici, la tradizione storica del sepolcro del re nel letto del Busento.
E pertanto l’autore entra nello studio dei metodi di sepoltura in
uso presso varî popoli e ne deduce che esisteva una «inumazione
subacquea »: simili riti sì ritrovano presso selvaggi per la sepoltura
di un loro re « adorato ».
Tra lavori di fondo storico ci sarebbe da notare, e anche da
incoraggiare, quelli importantissimi che studiano il trapasso dalla
storia alla leggenda, per la luce che ne viene al folclore. Parlo di
opere del tipo di quella famosa del Comparetti su Virgilio. Ha un
carattere squisitamente folclorico la ricerca del noto studioso N.
Pansa sulla fortuna e trasformazione di Ovidio attraverso il medio
evo e nella tradizione popolare, specialmente nell’Abruzzo e nella
patria Sulmona (I 3366): tra l’altro, anche il poeta delle Metamor-
fosi e dell'Arte d'amore ha subìto con Virgilio la sorte di essere stato
assimilato ai più famosi negromanti, quale Pietro Baialardo.
Suggestive chiamerei quelle ricerche sulle idee o spunti d'idee
intorno al folclore negli scritti dei filosofi e sui suoi riflessi nell’opera
degli scrittori. M. Ferrara ha tratto da un’opera di un frate savona-
roliano motti, proverbi, modi di dire che hanno riscontro nella let-
teratura popolare, sicchè il suo lavoro viene a risultare un contri-
buto, se ben non completo, alla storia dei proverbi (I 3567). Opera
utilissima ha fatto A. Bruers (I 3568), pubblicando, dopo il primo
saggio dato dal Gentile, il testo inedito italiano sul senso delle cose
e della magia del Campanella, al quale gli specialisti riconoscono
‘qualità eminenti di precursore dì studî folclorici, se non altro per
Frate Benedetto da Firenze e la sua
« Divisio proverbiosa », Lucca, Tip.
ed. Lucchese, 1925.
I. 3564 — BUFFA-ARMETTA S.,
Carini, mote storiche, Palermo, F.
Lugaro, 1925.
I. 3565 — VAN GENNEP A., Ze
tombe d'Alaric = RA (1924). I. 3568 — CAMPANELLA T., Del
. n senso delle cose e della magia. Testo
I. 3566 — Pansa G., Ovidio nel inedito italiano con le varianti dei
medio evo e mella tradiz. popol., codici e delle due ediz. latine a cura
Sulmona, Caroselli, 1924. — Rec.: di A. BruERSs, vol. XXIV dei
FI, I, 340 (1925). Classici della filosof. mod. (collez.
I. 3567 — FERRARA M.,, Per la
storia del Proverbio nel sec. NVI:
Croce e Gentile), Bari, La Terza,
1925.
ia
STUDÎ E SUSSIDÎ - IDEF FILOSOF. E RIFLESSI LETTERARI I. 3569-3574
felice intuizione di leggi e idee generali derivanti dalla sua mente
filosofica. |
Felicissime intuizioni si ritrovano nell'opera di un grande filo-
sofo, indagatore delle tradizioni popolari, G. B. Vico. Fulvio Ma-
roi (I 3569) illustra un passo relativo ai « monstra » della Scienza
Nuova. Da tale illustrazione l'opinione vichiana che i mostri non
potevano essere, secondo la legge delle XII tavole, i nati umani
deformi, ma i procreati senza il costume solenne e normale delle
nozze, risulta un fatto accertato dalla scienza etnologica, oltre che
Viene a costituire un principio etico. Ancora, in un serio e dotto stu-
dio il Giannelli rileva come le ipotesi, espresse dalla Scienza Nuova
sull’origine del senso del pudore e sul carattere primitivo dei riti
in cuì esso si manifestava, abbiano importanza c valore per l’etno-
logia (I 3570). E poi si dice male della filosofia, come troppo inva-
dente negli studî e nella vita.
Quanto ai riflessi del folclore negli scrittori, io ho dato, nella
mia sola del Sole (I 3571), un saggio di proverbi popolari sicilia-
ni che son passati nell'opera del Meli e nei Malavoglia del Verga.
Ora vedo che un simile lavoro, all’estero, ha fatto Richard Jente
per Shakespeare (I 3572), continuando l'opera del Dyer (Folklore
of Shakespeare, 1884). R. Corso, prendendo occasione dalla ristampa
di un vecchio scritto di G. Ellero (I 3573), tratto dall'opuscolo Una .
settimana fra le Alpi (Udine, 1904), ristudia in due paginette
la leggenda alpina di Silverio cantata nell’ode In Carnia del Car-
ducci, e acutamente conchiude (I 3574): «Il tratto significativo del
racconto manca nel rifacimento carducciano, che perduto ogni ca-
rattere etico e sociale, si presenta come una scena romantica di fate
e d’amore, fra il sorriso dei cieli e dei prati ». Più vasto è lo studio
I. 3569 — Maror F., L'inter-
pretazione dei « Monstra » nella le-
gislaz. decemvirale, secondo G. B.
Vico = RIFD, V, 1925. — Rec.:
FI, I, 348 (giugno-sctt. 1925).
I. 3570 — GIANNELLI G., /ntui-
zioni e ricostruzioni del Vico in-
torno all'origine di alcuni riti nu-
ziali, nel Vol. commemorativo pel
TI Centenario della pubblicaz. della
Scienza Nuova a cura del P. A.
GEMELLI, Milano, « Vita e Pen-
siero », 1920.
I. 3571 — SoRrREnTO L., L'Isola
del Sole, Milano, Trevisini, (1926).
I. 3572 — JENTE R., The Pryo-
verbs of Shakespeare, in « Washing-
ton Univ. Studies », XIII, 39I
(1920).
I. 3573 — ELLERO G., La leg-
genda di Silverio = BSFF, II, nn,
5-6 (1926).
I. 3574 — Corso R.,, G. Car-
ducci e la leggenda alpina di Sil-
verio = FI, II, 1360 (ott. 1926).
— 675 —
L. SORRENTO - FOLCLORE È DIALETTI. I. 3575-3582
di G. Giannini (I 3575), il quale mette in rilievo l’amore del Pascoli
per le tradizioni popolari assimilate e trasformate in canti ispirati.
(Si ricordi, in proposito, La Romagna nell'opera di Gio. Pascoli di
Anna Rimbocchi, Forlì, 1915). Questo del Giannini è un delicato
studio di fonti, tra le quali ci piace segnalare la constatazione: che
le tradizioni infantili vennero al Pascoli dalla lettura del Nieri. In
questo genere di ricerche il Giannini, che è un folclorista di auten-
tico valore, si è rivelato anche un fine critico. Qui potrebbe ricor-
darsi l'illustrazione dei paesi - di Alfredo Oriani, fatta da Balilla
Pratella (I 3570).
Nel campo della linguistica, oltre alle opere, iniziative e di-
scussioni sopra ricordate, spigoliamo quegli studî che hanno atti-
nenza col folclore. Interessano certamente e in particolare modo,
come ho già detto, i lavori scientifici di Vittorio Bertoldi sugli usi
della verghetta magica di nocciolo (I 3577); sulle genealogie di nomi
designanti il mirtillo (I 3578); sugli usi e nomi d’uno stagnasangue
popolare (I 3579); su droghe orientali e surrogati alpini negli usi
del popolo (I 3580); su alcune etimologie popolari, dove la storia
di una parola non è studiata astrattamente, ma è determinata, come
abbiamo pur notato di sopra, dalla storia concreta della cosa espres-
sa venendo messo in luce il multiplo lavoro dell’etimologia popo-
. lare e della semidotta nella creazione di nuove idee, così come
aveva fatto il Gilliéron (I 3581). Su qualcuno di questi lavori s'
tornerà nell'apposito Bollettino. In un recentissimo studio fatto a
proposito della nota pubblicazione Flora popolare italiana del Pen-
zig, il nostro bravo linguista (I 3582) nota che nessun mezzo più
I. 3575 — GIANNINI G., Le tradiz.
popol. nella poesia pascoliana, Estr.
da « Lucca a G. Pascoli », Lucca,
1924.
I. 3576 — PRATELLA B., I Paesi
di Alfredo Oriani = LPI, 1925.
I. 3577 — BkrTOLDI V., Una
voce moritura, con 3 cartine e 2
illustraz. geogr. = RLR, I, 237
(1925).
I. 3578 — BERTOLDI V., Genea-.,
logie di nomi indicanti il mirtillo
= ID, I, 9I (1924-25).
I. 3579 — BrrtoLDI V., Usi e
costumi di uno stagnasangue popo-
lare = SR, XVIII, 67, Roma,
1926.
I. 3580 — BERTOLDI V., Droghe
orientali e surrogati alpini (con il-
lustraz.),= AR, X, disp. 1-2‘19206).
I. 3581 — BERTOLDI V., Parole
e idee; monaci e popolo, « calques
linguistiques» e etimologie popolari,
con illustraz. e cartine geogr,
= RLR, II, 137-62 (1926).
I. 3582 — BERTOLDI V., Per la
storia del lessico botanico popolare,
= AR, NI, n. I (1927).
— 6:6 —
STUDÌ E SUSSIDÎ - CONTRIBUTI LINGUISTICI PARTICOLARI. I. 3583-3585
adeguato e più eloquente ci sia della nomenclatura della fauna e
della flora per illustrare le forze creatrici della fantasia popolare-
e colma le lacune del Penzig con una ricca messe di nomi setten,
trionali, raccolti in gran parte dalla viva voce del popolo: « espres-
sioni schiette di vecchie tradizioni popolari, che sono veri gioielli
dal punto di vista psicologico e folcloristico sempre, ma, alle volte,
anche dal punto di vista storico-linguistico ».
Una più ampia pubblicazione, che pur avrebbe bisogno di al-
cuni ritocchi, può tornare di grande utilità ai folcloristi: quella
di Reto R. Bezzola sui gallicismi italiani nei primi secoli (I 3583).
Vi si studiano voci che si riferiscono ai diversi ceti, ai mestieri, ai
divertimenti, alla caccia, alla guerra, ad animali domestici, alla casa
e mobilia, ai vestiti, ecc., naturalmente con richiami alla varia for-
tuna di usi e costumi. E ancora è interessante un buon saggio lin-
guistico di Giacomo Melillo (I 3584) intorno alla pesca nel lago di
Varano in quel di Foggia: qui lo studio delle parole non è disgiunto
da quello delle cose (barca, reti, strumenti varî), che vengono de-
scritte nell'uso cui servono o sono servite. Importante è la ricerca
comparata che fa il Merlo dei nomi della Pentecoste nei dialetti
italiani (I 3585), ricerca condotta dal punto di vista linguistico con
la cura e competenza che sappiamo. Per i folcloristi dirò che la
tesi dell'A. è la seguente: — In gran parte dei dialetti italiani la
Pentecoste è la festa della rosa (delle rose) e dei fiori; essa altro
non è verisimilmente che la festa pagana delle rose (Rosalia o Ro-
saria o Dics rosac), d'origine orientale come il fiore, rinnovellata nel
suo interiore, da pagana fatta cristiana. Venuta a cadere nel mese
che la religione cristiana volle dedicare alla Vergine, la Pentecoste
fu per i cristiani quello che erano state per i pagani le Rosalia, la
festa della primavera, della terra in fiore, e potè essere il simbolo
una rosa lasciata cadere dall'alto del tempio sui credenti. — Questa
tesi non mi sembra dimostrata. Forse, come ho accennato altrove,
la parola e la cosa (Pasqua di rose, Pasqua rosata) presentano altri
clementi che potrebbero non aver relazione o avere una coincidenza
non necessaria con origini pagane. La ricerca, quasi obbligata, delle
«origini » può condurre qualche volta ad accostamenti azzardosi e,
I. 3583 — Bezzora R. R., Ab-
bozzo di una storia det gallicismi
italiani nei primi secoli (750-1300).
Saggio storico-linguistico, Zurigo,
Seldwyla, 1024. — Rec.: (Bertoni),
AR, IX, 1925).
I. 3584 — MrtLILLO G., La pesca
nel lago di Varano in quel di Foggia
(con illustraz.) = ID, I, 252 (a-
prile 1025).
I. 3585 — Merto CL., Z nomi
della Pentecoste nei dialetti ita-
liani, = ID, II, 238 (apr.-mag-
gio 1920).
— bic —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3586-3592
sopra tutto, far dimenticare che il sorgere di una nuova tradizione
e di qualsiasi fatto dello spiito è cosa sempre possibile in tutti i
tempi. |
Un libro di consultazione utile anche agli studî comparati di
folclore può essere quello di A. Garbini sulle antroponimie ed omo-
nimie nel campo della zoologia popolare (I 3586). Così pure il vo-
lume di Bruno Migliorini, in cul è studiato con larga e seria docu-
mentazione il passaggio dai nomi propri in nomi comuni (I 3587).
Un certo interesse presentano un articolo di Gerhard Rohlfs sui no-
mi di due arnesi campestri (la zappa e il capréolo (I 3588) e un altro
in cui sono esaminati i nomi, le malattie degli animali e i termini
relativi alla mungitura del latte e alla fabbricazione del cacio nel
dialetto calabro-greco di Bova (I 3589).
Qui cade acconcio anticipare una parte del Bollettino biblio-
grafico di filologia romanza per segnalare gli studî filologici e lette-
rarî che hanno relazione col folclore, cioè quelli di letteratura po-
polare. È interessante la raccolta di rime giullaresche e popolari
italiane che ha stampato il De Bartholomaeis (I 3590), ordinate in
nove gruppi «a seconda dei varî generi che esse rappresentano e
che corrispondono a diver_i atteggiamenti della vita reale ». Ha un
sapore di curiosità una ninna-nanna musicata da Emilio Gragnani:
sarebbe una poesia popolare arrivataci attraverso alla tradizione
scritta (un cod. del quattrocento) (I 3591).
Continuando, cospicua è la messe di studî su leggende, le quali
ci sono state tramandate per la bellezza espressiva che vi hanno
infuso artisti popolari grandi e piccoli, anonimi o no, o per la dili-
gente curiosità di cronisti. Il volume che Guido Battelli ha pubbli-
cato recentemente e che contiene le più belle leggende cristiane tratte
dai codici e da antiche stampe, ha suscitato larga eco e meritata sim-
patia nella stampa (I 3592). Son divise nei seguenti gruppi: /Il Sal-
I. 3586 — GARBINI A., Antropo- -
nimie ed omonimie nel campo della
zoologia popolare, ecc., Verona, La
Tipografica Veronese, 1923-25. —
Rec. ROM, LIT, 229 (janvier-avril
1926).
I. 3587 — NIGLIORINI B., Dal
nome proprio al nome comune, Ge-
nève, Olschki, 1927.
I. 3588 — ROHLFS G., Ueber Ha-
chen und Bòbcke, = ZRPh, XLV,
002 (juli 1920).
I. 3589 — RoHLrs G., La ter
minologia pastorale dei preci d'
Bova, = RLR, II, 271 (19206).
I. 3590 — BARTHOLOMAFIS V\.
Iime giullaresche e popolari d’ Ital.
Bologna, Zanichelli, 1926. — Rec.:
RP, XXXIV, 294 (dic. 1920).
I. 3591 — GRAGNANI E., Ninna-
nanna, = GA, I, n. 2-3 (1925).
I. 3592 — BATTELLI G., Le più
belle leggende cristiane, Milano, Hoe-
pli, 1924.
— 678 —
STUDÎ E SUSSIDÎ - STUDÎ FILOLOGICI SULLA LLTTER. poroL. I. 3593-3596
vatore (la Natività di Nostro Signore, San Giovanni Battista, la Mad-
dalena, l’Albero della Croce, l’Invenzione della Croce, l’Esaltazione
della Croce, il miracolo di Bolsena), gli Apostoli e gli Evangelisti
(S. Pietro, S. Paolo, S. Marco, S. Filippo, S. Giacomo, S. Giovanni
E.), 1 Martiri (Santo Stefano, San Lorenzo, i Sette Dormienti di
Efeso, San Giorgio, San Cristoforo, Sant’Eustacchio, San Sebastia-
no), le Vergini (Sant'Agnese, Santa Cecilia, Santa Lucia, Santa Do
rotea, Santa Caterina d'Alessandria, Santa Barbara, Sant'Orsola).
gli Eremiti e i Pellegrini (S. Paolo E., S. Maccario, Santa Maria
Egiziaca, I tre monaci che vanno al Paradiso terrestre, il Purga-
torio di San Patrizio, la navigazione di San Brandano, Sant'Alessio,
San Giuliano l'Ospiteliero), i Vescovi e i Dottori (San Niccola, San
Martino, San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gre-
gorio).
Addirittura come un racconto popolare Giovanni Antonucci
considera la storia di Susanna del V. Testamento (Dan. XIII). Pren-
dendo lo spunto della XVI « degnità » del Vico (« Le tradizioni vol-
gari devono aver avuto pubblici motivi di vero, onde nacquero e
si conservarono da intieri popoli per lunghi spazi di tempi »), egli
analizza da vicino la «toria di Susanna, che afferma apocrifa sulla
base della « critica biblica » a cominciare da Giulio Africano (MIGNE,
Patr. graec., XI, 41-48). Peraltro, dice, questa storia, anche se è un
racconto popolare, ha un contenuto giuridico, che si ritrova in pa-
recchie altre leggende, relative a giudizi straordinari. Il giudizio di
Daniele avrebbe esercitato, nel medioevo, un'influenza notevole per
la formazione delle prove nei giudizi (I 3593). Questo studio ci ri-
chiama all’ampia e nota opera inglese di James Georges Frazer in-
torno al folclore nell’A. Testamento, recentemente tradotta e ridotta
in lingua francese (I 3594).
Per le leggende sacre ricordiamo altresì le pagine di H. Peter-
sen su quella di S. Eustachio (I 3595), che si riferiscono a uno stu-
dio del Monteverde (Studi medievali, III). Il volgarizzamento tosca-
no trecentesco della Leggenda Aurea di Iacopo da Varagine è edito
da Arrigo Levasti (I 3596). Nell’Introduzione è analizzata la leggenda
I. 3593 — ANTONUCCI G., Exem- origines de la légende de S. Eu-.
plum Danielis, = FI, I, 172 (giu- stache, == NPhM, NXVI, 65 (1925).
gno-sett. 1925).
I. 3594 — FRAZER ]J. G., Le fol-
RAlore dans l’Ancien Testament, Pa-
ris, Libr. Orientaliste P. Gen-
thner, 1924.
I. 3596 — JAcOPO DA VARAGINE
Leggenda Aurea. Volgarizzam. to-
scano del Trecento a cura di A. Lk-
VASTI, voll. 2, Firenze, Libr. Ed.
Fiorentina, 1925. — Rec.: GSLI,
I. 3595 — PrTERSEN H., Les LNXNVII, 367 (1926).
— 679 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3597-3600
cristiana dell’alto Medio Evo e narrata la vita e l’attività di Gia-
como da Varazze; è pure tracciata la fortuna della celebre opera.
Il testo è quello del ms. Riccard. 1254 collazionato con altri tre
mss. pure del sec. XIV. R. Altrocchi pubblica una nuova versione
della leggenda di Sant'Alessio (I 3597): racconto in prosa italiana,
in principio ritmica, Istoria Sancti Allexi, del cod. posseduto dalla
Bibl. Univers. di Chicago e scritto nel 1439. L’autore parlerà in se-
guito delle fonti. |
Con vedute particolari tratta un difficile argomento Dante
Bianchi (I 3598). Dopo aver sgombrato il terreno dalla canzone
di « Donna Lombarda », ritenendo che essa, relativamente recente,
sia indipendente dalla leggenda di Rosmunda, e negando l’esistenza
di un’epopea longobarda, l’autore viene a studiare le leggende lon-
gobarde, raccontate specialmente nel «Chronicon Novalicense », le
quali, di carattere letter. ed ecclesiastico, possono aver dato luogo a
una chanson longobarda tendente a glorificare Carlo Magno. Alla
prima parte il Bertoni in una sua recensione osserva però che man-
cano ancora ì dati per una conclusione sicura e indi aggiunge che le leg-
gende del « Chronicon » sembrano indubbiamente d’impronta francese.
Alex. Haggerty Krappe torna al vecchio tema delle fonti del
Novellino (I 3599): paralleli orientali sul motivo « passaro molti anni
per arte magica invece che pochi allo sguardo » studiati già dal
D'Ancona. Ma qui non si scioglie la questione dell’introduzione e
diffusione del motivo in Italia. Lo stesso Krappe (I 3600) fa pure
risalire all’Oriente l'origine della leggenda della «bocca della verità ».
Sarebbe passata in Italia nei primi secoli dell’Impero dall'Asia Mi-
nore, dove ebbe a nascere e a svolgersi intorno ai monumenti dei
carnivori (leoni recanti una mano umana in bocca): statue di vec-
chi culti di tofems delle tribù indigene. La leggenda derivatane della
donna che doveva porre una mano dentro una specie di bocca di
marmo, giurando la sua fedeltà, e che, se infedele, restava con la
mano stritolata, si suppone dall’autore che esistesse prima di giun-
gere a Roma: leggende simili si trovano nella Kaiserckronick (sec.
XII) e in un romanzo siriaco (sec. VI o VII). In Oriente essa si mo-
I. 3597 — ALTROCCHI R., 4 new
version of the legend of Saint AHle-
xius, = MPh, XXII, 337 (mag-
gio 1925).
I. 3598 — BIANCHI D., Leggende
longobarde in Italia. Estr. dalle .Me-
367 (1920) e RP, XXXIV, 175
(ag.-ott. 19206).
I. 3599 — KRAPpe A. H., The
source of Novellino = NPhM,
NXVI, 13, 1925.
I. 3600 — KrappE A. H,, La
morie Storic. Forogiuliesi, NX, 41
(1924). — Rec.: GSLI, LNXXVII
leggenda della « Bocca della verità »
= NSM, II, 119 (1925-26).
— 650 —
STUDÎ E SUSSIDÎ - STUDÎ FILOLOGICI SULLA LETTER. PopoL. I.3601-3605
dificò per opera di uno scrittore che la incorporò in un romanzo di
Giuliano imperatore. Anche da questo semplice « ristretto », si scorge
un certo meccanicismo nelle comparazioni e nei raffronti.
La fonte italiana della ballata ungherese « Fehér Làaszl6 » è
studiata con dati chiari e ragionati dal Prof. Béla Zolnai della
Università di Szeged (I 3601). L'argomento è popolarissimo: la mo-
glie o la sorella che, nell’illusione di liberare dalla prigione il marito
o il fratello, finisce per assecondare le impure voglie del giudice o del
capitano, motivo cioè della Tosca. Il D'Ancona già accennò nella
Poesia popolare italiana alla probabile parentela tra la leggenda un-
gherese e l'italiana. Lo Zolnai da parte sua non esita a indicare la
fonte della bellata ungherese nel tragico fatto avvenuto a Como
circa il 1547 e di cui giunse notizia in Ungheria colla lettera che il
I ottobre 1547 mandò ad un amico ungherese il giovane Giovanni
Macarius studente a Vienna. Certo è notevole l'aver constatato co-
me una leggenda, sorta in Italia e giunta all’apogeo della sua for-
tuna in Inghilterra col dramma shakespeariano Promos and Cas-
sandra (1578), abbia conservato in Ungheria il suo carattere di leg-
genda popolare, che ha molte somiglianze nel soggetto e nella forma
con la canzone veneziana intitolata La povera Cecilia.
Qui possono essere ricordati un serio studio di R. Ortiz sulla
materia epica del ciclo classico nella lirica italiana delle origini (I 3602)
e un bellissimo scritto di Attilio Momigliano sulla realtà e il sogno
nell'Orlando Furioso (I 3603). Un lavoro che ha qualche relazione
con l’Italia è quello di F. Panzer intorno ai Normanni d’Italia nelle
leggende epiche tedesche, sebbene queste siano influenzate dall’epo-
pea francese (I 3604). Infine. delle leggende intorno a Cristoforo Co-
lombo ricavate di su gli scritti dell’Ammiraglio e di Don Fernando
fa un cenno Scbastiano Crinò (I 3605).
Con la drammatica popolare han relazione gli studî importanti
I. 3601 — ZoLnar B., Sottrces
italiennes d'une ballade honeroise,
= REH, IV, 158 (10920). — Rcc.:
CO, VII, 218 (1927).
I. 3602 — OrtIz R., La materia
epica di ciclo classico nella lirica ita-
liana delle origini = GSLI, INNXNV
(1925).
I. 3603 — Mowmigrianxo A. La
realtà e il sogno nell’Orlando Fu-
rioso = GSLI, LXXXV (1925).
I. 3604 — PANZER IT., /Ifalische
Normannen in deutscher Henden-
sage, Frankfurt a. M., Diesterweg,
1925.
I. 3605 — CRinò S., Leggenda e
storta sulla mazionalità di Cristo-
foro Colombo e sulla scoperta del-
l’ America = « Rivista Marittima »,
dic. 1025.
— 681 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
I. 3606-3610
del De Bartholomaeis (I 3606), di qualcuno dei quali parleremo
nella rassegna bibliografica regionale, un lavoro di R. Shepard Phelps
(I 3607), un buon saggio di Maria Magni sullo Zanni nella com-
media dell’arte italiana (I 3608) e i due utilissimi volumi di P. Toschi
sull’antico dramma sacro italiano, nei quali l'A. riproduce i com-
ponimenti più belli e nello stesso tempo « saggi delle diverse forme
dalle primitive alle più complesse e déi diversi #19: regionali, pro-
porzionalmente alla loro importanza non strettamente estetica, ma
anche storica e culturale ». Il primo volume è preceduto da uno stu-
dio ben pensato, sintetico e vivace, sull’antico dramma, e il secondo
si chiude con un’appendice di reliquie viventi di esso (I 3600).
Di studî sulle leggende locali si parlerà nelle altre rubriche,
regione per regione. Intanto abbiamo ricordato, per questi anni. certi
lavori del Croce. In essi (mi riferisco a quelli citati sul Pentamerone
del Basile e sulle poesia dialettale), per la storia della novellistica e
della poesia del Mezzogiorno, trovasi sempre da imparare qualche
cosa dalla immensa e peregrina erudizione, che è congiunta all’a-
bito di cercare il fattore dei valori nelle interiorità del nostro
spirito, sebbene non si possa sempre e in tutto consentire coll’A.
Un buon lavoro d’indagini personali è quello del giovane studioso
A. Mauro su un vecchio soggetto: Francesco del Tuppo e il suo
« Esopo » (I 3610). Ma gli rimprovera L. Di Francia: « il ritornello,
che si ripete ad ogni raffronto infruttuoso con monotona insistenza
che le comparazioni sono un perditempo» e altresì il conseguente
difetto di idee chiare e precise sull’esatto valore del metodo
comparativo. Vario e notevole è il contributo dello stesso Di Francia,
alla novellistica: già abbiamo parlato di due lavori (I 3450 e 3459).
C) MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE PRATICHE (RIVISTE,
COLLEZIONI, BIBLIOGRAFIE, CONGRESSI, MOSTRE, MUSEI). Oltre che
I. 3606 — DE BARTHOLOMAEIS,
V., Le origini della poesia dram-
matica italiana, Bologna, Zanichel-
li, 1924.
I. 3607 — Pururs R. SuH., The
sources of Lorenzo's Sacra Rap-
presentazione. = MPh, NNIII
(August 1925).
I. 3608 — Macni M., Il tipo
dello Zanni mella commedia del-
l’arte in Italia nei secc. NAVI e
NVII — BER, marzo 1927.
I. 3609 — L'antico dramma sacro
italiano. Scelta e prefazione di P.
ToscHI, Firenze, Libreria Editrice
Fiorentina, 1920.
. I. 3610 — Mauro A,, Francesco
del Tuppo e il suo «Esopo», in
« Bibl. di coltura letter.» diretta da
G. M. Monti, Città di Castello,
« II Solco », Casa ed., 1926. —
Rec.i GSLI, LXXXVIII, 140
(1920) (L. Dr FRANCIA).
— 682 —
MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - RIVISTE. I.3611-3612
un sussidio, un incremento al folclore deriva dalle riviste spe-
ciali che sono sorte in questi anni o che si sono avviate per una mi-
gliore strada. Cominciamo con la più importante: Il Folklore Ita-
liano. Di essa abbiamo qua e là parlato, e ne abbiamo tratto no-
tizie e informazioni. Qui notiamo che è divisa in tre parti
(I 3611): 1) lavori di carattere critico, 2) di carattere descrittivo, 3)
rassegna bibliografica e notizie riguardanti il movimento degli studi
e delle istituzioni folcloriche sia in Italia che fuori. Fini e propo-
siti ottimi, per cui, al suo apparire, ebbe a scrivere l'Educazione
Nazionale (apr. 1925): «L’opera di fervore che va dal Pitrè al
Loria ed è entrata con la riforma scolastica nella cultura ufficiale,
avrà, speriamo, quella vita continuativa rispondente agli scopi
scientifici che si propone ».
Di minore importanza, ma simpatica e fervorosa, è la rivistina
calabrese, di R. Lombardi-Satriani, studioso che ama e coltiva
il folclore con esemplare disinteresse. Compiuto il decimo anno di
vita nel 1924, essa quest'anno ha ripreso le sue pubblicazioni (I 3012).
Nella ripresa ha confermato il programma del 1915, gia ampliato
nel 1921 « per soddisfare il desiderio di molti collaboratori non ca-
. labresi », e ha dichiarato di lasciare « ai collaboratori libertà di me-
todo e di idee, sia per quanto riguarda la grafia, sia ancora per quanto
concerne la discussione ». Idea onesta e lodevole, ma quanto alla
‘ libertà nell’uso della grafia speriamo che i folcloristi giungano invece,
e presto, come sopra abbiamo detto, a quella doverosa disciplina,
senza di che non si fa scienza, nè altro di serio. Ricordiamo inoltre
che nel 1925 l'Archivio per la etnografia della Lunigiana iniziò la 2.8
serie delle sue pubblicazioni.
Accanto a queste riviste speciali sono sorte o hanno preso più
ampio sviluppo, quasi in ogni regione, pubblicazioni periodiche, che
trattano di folclore, letteratura, arte, storia, industrie regionali.
Quasi tutti gli articoli e molte illustrazioni possono destare l’interesse
dei folcloristi. Ci basti ricordare per il Friuli La Panarie di Udine
(a. I. 1924) oltre al «Ce fastu?», Bollettino Ufficiale della Società
Filologica Friulana (a. I. 1925), e alla nota Rivista della stessa mi-
rabile Società; in Piemonte la Pro Torino, rivista mensile illustrate,
vecchio organo ufficiale dell’Associaz. « Pro Torino »; per le Marche
I. 3611 — Folklore italiano, Di- I. 3612 — Folklore. Riv. trim.
rezione Napoli, Amministraz. Ca- di tradiz. popol. (già Folklore ca-
tania, Libreria Tirelli di F. Guai- /abrese), Laura di Borrello, Tip.
tolini, a. I, fasc. I, marzo 1925. del Progresso, a. NI, n. 1, gen.-
marzo 1927.
— 683 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3613-3625
la Musa dialettale marchigiana, periodico mensile (a. I. 1927) (I 3613);
per la Romagna La Pié di Forlì, rassegna mensile illustrata, a cui
dà tanto fervore di opere Aldo Spallicci con altri volonterosi, e si
annuncia prossima in Faenza la rivista Valdilamone di storia e illu-
strazione romagnola, mentre si fanno vive altre pubblicazioni pe-
riodiche (I 3614-3618). Per la nostra più grande isola, oltre la rivista
mensile Sicilia di Palermo (a. I. 1926), la Stcsliana di Siracusa
(I 3619-3620) che nelle sue dieci annate è ricca di sempre più preziosi
studî e documenti folclorici.
Ancora tra vecchie e nuove riviste e rivistine d'interesse re-
gionale, per il Trentino la vecchia Rivista della Venezia Tridentina
dell’Alto Adige e la rivista trimestrale della Società di Studî Trentini;
altre per l’Istria (I 3621-3622); a Genova il Giornale storico e letterario
della Liguria (a. I. 1925); nel centro d’Italia la Rassegna del Lazio e
dell'Umbria (a. I. 1924), (I 3623), giù giù fino alla Calabria un vero
recente risveglio: A/borî, rassegna di vita e cultura calabrese (a.
I. 1925); Calabrese, rivista mensile di lettere e arte (a. I. 1925),
che ha ora sospeso le pubblicazioni; /Il Lupo, rivista di cultura (a.
I. 1925); La Cultura Regionale, rassegna scolastica (a. I. 1923),
oltre alla più vecchia, Nosside, rivista di cultura, ed altre ancora
(I 3624-3625): in tutte il folclorista può spigolare articoli imper-
tanti, chè in Calabria, non meno che in Sicilia, è sempre vivo il
I. 3613 — La Musa marchigiana I. 3619 — Sicilia, Rivista mensile
(Direttori Balsamini e Betti), Ur-
bino.
I. 3614— La Pié (Condirettori Co-
mandini, Macrelli, Massaroli, Ve-
spignani; Red. Capo De Nardis),
Forlì.
I. 3615— La Romagna, Rivista
mensile di storia, letter. e arte, fon-
data nel 1904 da Gasperoni e Or-
sini, ora riprende le sue pubblicaz.
I. 3616 — Za Riviera Roma-
gnola, Forlì, 1923-26.
I. 3617 — Il Ciabattino forlivese,
almanacco interrotto nel 1902 che
ha ripreso la pubblicaz. nel 1927.
I. 3618 — Felix Ravenna, Boll.
storico ed. da un gruppo di studiosi
a lunghi intervalli (il 31° è del-
l’apr. 1920).
sotto gl auspici dell'A. C. di Sici-
lia, Palermo.
I. 3620 — La Siciliana, (Dir.
Gaetano Gubernale), Siracusa.
I. 3621 — Alpi Giulie, Trieste,
Tip. Lloyd Triestino.
I. 3622 — Pagine istriane, Paren-
zo, Stab. tip. G. Coana.
I. 3623 — assegna del Lazio e
dell'Umbria, quindic. illustr., Ro-
ma.
I. 3624 — Rivista di cultura cala-
brese, Napoli, Editr. «La Cultura
Calabrese ».
I. 3625 — Brutium, rivista d’ar-
te, organo della Soc. Mattia Preti.
di Reggio Cal. (Dir. A. Frangi-
panc).
— 681 —
MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - RIVISTE. I. 3626-3629
culto del folclore. E le città hanno particolari pubblicazioni perio-
diche del tipo dell’Aurea Parma e del Bergomum. Anche la Corsica
fruisce di questo risveglio, ed è bene: oltre alla pubblicazione pe-
riodica trilingue d’alta cultura Kyrnos, la rivista corsa letteraria
L’ Altagna è sorta nel 1925 tra altri giornali che tendono a illustrare
la storia, le tradizioni e la letteratura dell’isola (I 3626-3620). E non
parliamo di giornali e giornaletti in dialetto di ogni angolo d’Italia,
che interessano raramente i dialettologi e i folcloristi.
Serio e importante è il contributo che ci viene dagli Archivi o
Bollettini delle varie Società regionali di Storia Patria. Appunto in
essi si è incominciato, ‘un po’ dappertutto, a dare un posto note-
vole a studî di carattere storico-folclorico. Ne danno il buon esempio
specialmente le recenti pubblicazioni: Archivio storico della Svizzera
Italiana con a capo Arrigo Solmi e Archivio storico di Corsica diretto
da Gioacchino Volpe. Qui l’importanza storica, scientifica e nazio-
nale del folclore ha il suo riconoscimento — di che va tributata parti-
colare lode ai direttori — cd esso dà, del resto, un tono suggestivo ai
due Archivi. I geografi non si mostrano da meno degli storici. Pub-
blicazioni periodiche e atti di Congressi di geografia presentano sem-
pre qualcosa d'interesse folclorico.
Altre riviste di cultura generale, come Leonardo, La Rassegna
Nazionale, la Nuova Antologia, La Lettura e sim., seguono l’esempio
e pubblicano bollettini bibl. affidati a studiosi competenti oppure ar-
ticoli di curiosità folclorica. Organi critico-bibliografici, come La Ras-
segna, L'Italia che scrive, I libri del giorno e la nuova Bibliografia
romana; giornali letterari, per esempio il vecc rio Marzocco di Firenze,
la nuova Fiera letteraria di Milano e gli Arrisicatori (a. I. 1926) di
Livorno prima e ora di Roma, s’affrettano a dar conto del movi-
mento folclorico italiano. Naturalmente al folclore tengono rivolto
lo guardo le pubblicazioni turistiche, in prima linea Le vie d'Italia.
Una menzione speciale meritano le riviste, i giornali, gli an-
nuariî scolastici. Essi ricevono l’esempio e l'impulso dalla Educazione
Nazionale del Lombardo-Radice, che è stato uno dei campioni del-
I. 3626 A Muvra, Giurnale di
e Pieve di Corsica (Direttore Petru
Rocca), Aiacciu (Corsu Grandval,
38), da cui emana ogni anno
l’Almanaccu di A Muvra, Aiacciu,
Stamparia di «A Muvra ».
I. 3627 — A Batetta Misgia,
Rivista popuiare corsa, Aiacciu
(Corsu Grandval, 38).
I. 3628 — 7yrrhenia, Boll. della
Soc. ital. di coltura e di propagan-
da, Milano.
I. 3629 — Archivio storico di
Corsica, pubblicaz. trim. (Dirett.
Prof. G. Volpe, deputato al Par-
lamento), Milano, Istituto Ed.
Scientifico (Monte Napoleone, 35).
— 685 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3630-3631
l'entrata del folclore e dei dialetti nelle scuole, campione fervoroso e
sapiente quanto altri mai. La sua animosa e dotta (I 3630) rivista
è un bollettino di battaglia e insieme un archivio severo anche di
quel che si fa e si produce in Italia per il folclore scolastico. Vorremmo
poter citare tutte le pubblicazioni periodiche scolastiche, ma esse
figurano man mano in questo Bollettino, e specialmente sotto la ru-
brica Il folclore e la scuola. Da questi cenni si vede bene che il fol-
clore in Italia è coltivato e seguito con viva attenzione. E non solo
in patria. Con viva commozione daremo posto in questo Bollettino
ad articoli folclorici italiani apparsi nei giornali di comunità di no-
stri emigrati all’estero (siciliani, calabresi, liguri, ecc.). Il folclore è
— ho detto — un’inestinguibile fonte d’intimo sentimento patrio.
È infine notevole il fatto che vecchie e severe nostre Accade-
mie non dispregiano, vedremo, di accogliere studî folclorici nei
loro Atti e Rendiconti.
Delle opere di consultazione e delle collezioni folcloriche non
abbiamo da dire molto. E ci rincresce. Quando una scienza giunge
a un grado di maturità, sogliono sorgere lavori d’insieme o generali
e nello stesso tempo si procede alla cura di testi fondamentali, che
valgano come direttive e come cultura pei nuovi iniziati, allo scopo
disinteressato di una più viva continuazione del culto di essa. Le
varie Filologie stanno lì a provare ciò. Abbiamo augurato che il
Folklore hocpliano possa divenire un'edizione più ampia e documen-
tata; d’altra parte plaudiamo al progetto di un coraggioso editore
palermitano di ristampare tutte le opere del Pitrè, sempre preziose
e ricercatissime.
In questi tre anni s'è venuta pubblicando, sotto la direzione
dell'autore di queste note, una Collana folclorica (I 3631), rivolta
«alle scuole medie e alle persone colte +, come si legge sulla copertina.
Il direttore, in una circolare a stampa, espose nel 1924 il piano da
lunghi anni meditato della sua Collezione, il quale fu accolto molto
favorevolmente dagli studiosi e attirò alla collaborazione vecchi e
insigni specialisti e giovani promesse degli studî. Il piano nell’attua-
zione fu in generale rispettato, ma esigenze pratiche imposero qual-
che volta delle riduzioni e degli adattamenti. Le esigenze pratiche
erano di natura scolastica. Non è che si voglia esprimere pentimento
di aver lavorato per la scuola (in fondo ad essa si sono dati, a giu-
I. 3630 — L’Educazione Nazio- I. 3631 — Canti, novelle, tra-
nale (Dir. G. Lombardo-Radice), dizioni delle regioni d'Italia. Collez.
Roma. diretta da Luici SORRENTO, Mi-
lano, Trevisini, 1925...
— 6560 —
MOVIMENTO SCIENTIFICO E INIZIATIVE - COLLEZIONI.
dizio generale, volumi degni del grande movimento di rinnova-
zione didattica dell’ora presente), ma sarebbe forse stato desiderabile
fare due generi distinti di Collezione, se si fosse trovato un editore
coraggioso e lungimirante. A ogni modo, i criteri scientifici sono
stati rispettati insieme ai fini scolastici, e il lavoro è stato pesante
ed enorme, oltre al fatto che si trattava di una Collezione di genere
assolutamente nuovo in Italia e fuori.
Certamente, per i risultati finora ottenuti, essa può dire di
aver vinto da una parte resistenze editoriali e dall'altra l’incompren-
sione di quegli insegnanti che non conoscono l’importanza del fol-
clore. E ciò per merito dei sacrificî di tutti i collaboratori e facen-
dosi una via da sè sola tra mille difficoltà e diffidenze. Qui non
starò io a dire quali volumi siano anche giovevoli agli studî, e degni di
restare come opere di consultazione; gli studiosi spassionati e serì
non possono non accogliere favorevolmente e non apprezzare i testi
inediti, spesso inclusi, che per la tirannia dello spazio non poterono
sempre essere illustrati, le note linguistiche, quasi sempre fondamen-
tali, se pur sobrie e succinte, certe vedute originali su questo o quel
ramo del folclore, le notizie bibliografiche principali, la ricostruzione
generale e succosa delle tradizioni popolari di singole regioni. Rias-
sumo semplicemente la qualità e la disposizione della materia di ognu-
no dei volumi finora pubblicati, che, tutti insieme, un insigne stu-
dioso ha voluto giudicare con schietta compiacenza un nobile sforzo
del folclore italiano. Ogni volume contiene: un'introduzione sugli usi
e costumi della regione, chiara e spigliata; un’avvertenza o nota lin-
guistica e bibliografica pei docenti e gli studiosi; testi dialettali scelti
in prosa e poesia illustrati e distinti in quattro grandi parti: a) canti
e melodie 0) fiabe e leggende c) giuochi fanciulleschi, passatempi,
proverbi, indovinelli, ecc. d) spettacoli religiosi e profani; un glossa-
rio dialettale-italiano; alcune pagine musicali di poesia popolare.
A titolo di curiosità, ricordiamo una raccolta, in un solo volu-
me, di canti varî d’Italia. L'autrice, che promette di meglio e di più,
l'egregia straniera Miss Grace Warrach, fa precedere parte della can-
zone guinizelliana Al cor gentil, a cui seguono un'esposizione sulle
forme metriche letterarie e popolari e una notizia delle principali
raccolte di canti popolari. Questa raccolta è distinta in tre gruppi:
Italia settentrionale (Emilia e Romagna, Liguria, Lombardia, Pie-
monte, Venezia); centrale (Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzi, Mar-
che); meridionale (Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e
Sardegna). Chiude il volume la lauda: I pastori vengono ad adorare
il Signore (dalla Corona di C. Bindi, Firenze, 1710). Il tutto, dovendo
=
I. 3632-3637
servire specialmente ai connazionali dell’autrice, è tradotto in in-
glese (I 3632).
Una bella iniziativa è stata annunziata da Adolfo de Karolis e
Raff. Corso: una collezione che consterà di dieci volumi (ed. La
Fionda, Roma) e ha il programma di promuovere quelle produzioni
artistiche degne di essere valorizzate (arte dei pastori, del vasaio,
del legno, del fabbro, tessile, dei merletti, dell’orificeria, religiosa,
architettura rustica, arti minori). Una Collezione dal titolo Anima
e usi delle regioni d’Italia, iniziatasi da poco (I 3633), non persegue
fini scientifici, ma ha un simpatico carattere impressionistico e let-
terario. Citeremo qualche volume. Di raccolte destinate esclusiva-
mente alle scuole si farà un cenno in luogo opportuno.
Di altro genere di Collane di studî direttamente e indirettamente
interessanti il folclore, ricordiamo la Biblioteca di Scienze occulte, che
offre la ristampa di testi rari e introvabili di Alberto Magno, Arte-
midoro da Efeso, Della Porta, Bòhme, Postel, Valletta, ecc Non sai
dire se lo scopo della Biblioteca sia propagandistico o commerciale,
tante son le offese fatte al metodo scientifico di editare e illustrare
testi antichi, ma ad ogni modo essa presenta delle utilità al folclorista.
(I. 3034).
Scopi serî si propone la collana di studî promossa dalla Fa-
miglia Meneghina « coll’intento di far conoscere la storia, la lettera-
tura, l’arte e la vita di Milano ». Già si è pubblicato qualche buon vo-
lume (I 3635-3637); ma il difetto che rileviamo in questa Collana, è la
mancanza di un programma e di omogeneità. Sì, c'è gran volontà
di fare e, starei per dire, di strafare, ma per fortuna i nomi egregi
e noti dei collaboratori possono ben correggere, con l'eccellenza delle
I. 3632 — \WARRACH GRACE, I. 3636 — COontE A. GIULINI,
Out of the heart of Italy Folk songs
from Venetia to Sardinia, lvriks,
lullabies sacred stories, choosen tran-
slated, Oxford, Blackwell, 1925. —
Rec.: RN, dic. 1920 (R. ZAGARIA)
e TLS, 18 marzo 1926.
I. 3633 — Collez. Anima e Usi
delle regioni d’Italia, Treviso, Cat-
‘tedra Ital. di Pubblicità, 1926.
I. 3634 — Biblioteca di scienze
occulte, A. Fidi, Editore, Milano,
1924-25.
I. 3635 — Poesie milanesi di Ba-
rella, Bertini, Cima, ecc., Milano,
« Famiglia meneghina» 1927.
Milano nel Settecento, come sopra.
I. 3637 — A. VISCONTI, Le scuo-
le palatine di Milano, come sopra.
Sono in corso di stampa o sono
per apparire:
— G. Dotci, Milano nel qua-
rantotto.
— A. TAMBURINI, Z Santi AMi-
lanesi.
— E. BaJLa, L’Igiene e la Me-
dicina a Milano.
— C. CIMA, Poeti meneghini del-
l’Ottocento.
— O. PANTALINI, La chiesa mi-
lanese avanti 10 mille (ICS, nov.
1920).
, — 688 —
MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - MATERIALI E BIBLIOGRAFIE I. 3638-40
singole opere, gli errori iniziali e generali della costituzione di una
Collana o Collezione. Il folclorista, nei « Libri della Famiglia Mene-
ghina », troverà volumi utili ai suoi studî, specialmente per la pro-
messa riproduzione di testi rari e dei costumi della Milano comparsa.
Alla cultura regionale giova molto la Collezione La Patria. geo-
grafia d'Italia (I 3638). Siano le benvenute tutte le pubblicazioni di
carattere e di fondamento geografico nel nostro paese, dove c'è an-
cora tanta incomprensione e indifferenza per la geografia, che ne viene
a soffrire la cultura popolare (e non la popolare soltanto) di tutta
la naz one. Questa collezione consta di monografie regionali, a guisa
dell'antica collana omonima dello Strafforello, che abbiamo avuto
finora nelle nostre biblioteche e consultato per molte notizie inte-
ressanti e originali, per quanto male se ne sia detto. Questa nuova,
senza dubbio, ha il vantaggio della sicurezza delle informazioni, che
sono controllate e scientificamente vagliate, e della distribuzione si-
stematica della materia. Non manca, come per esempio nel I. vol.
Piemonte (I 3639), una parte dedicata alle costumanze, ai dialetti,
alle attività regionali. Come intenzionalmente folclorica, ricor-
diano la Collezione di Amy A. Bernardi, Forme e colori di vita re-
gionale italiana, che pure ha iniziato le pubblicazioni col volumetto
sul Piemonte a cura della stessa Direttrice. Vi si accenna un po’ a
tutte le forme tradizionali piemontesi con illustrazioni caratteristi-
che; ma incompleto e pouco sostanzioso è il contenuto folclorico
_ {I 3640).
Infine non sono da trascurare le collezioni di monografie
illustrate d’arte, come l’Italia artistica dell'Istituto Italiano Arti Gra-
fiche di Bergamo, le Cento Città d'Italia illustrate della Casa Ed.
Sonzogno di Milano, le pubbblicazioni dell'Ente Naz. Ind. Turisti-
che di Roma e le famose Guide d’Italia del Touring Club Italiano,
ecc. ecc. : tutti lavori recenti, utilissimi e onorevoli per il nostro Pae-
sc, al quali direttamente e indirettamente han prestato Ja loro opera
anche i folcloristi.
Fan parte del movimento scientifico le iniziative pratiche per
la raccolta e bibliografia di materiali folclorici, la riunione di Con-
gressi, l'allestimento di Mostre, la costituzione di Musei.
I. 3638 — La Patria, geosrafia Unione Tip. Ed. Tor., Torino, 19253.
d’Italia, Unione Tipogr. Ed. To- I. 3640 — Amy BERNARDY A,,
rinese, 1925.... Forme e colori di vita regionale
italiana: Piemonte, Bologna, Za»
I. 3639 — GraNnDpE S., Piemonte nichelli, 1020.
— 680 —
Aevum - Anno I - 44
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3041-3645
Circa la collezione di materiali, il Prof. Antonio D'Amato di
Avellino, autore del Folklore irpino (I 3641), ha indirizzata una cir-
colare particolareggiata a quanti dei suoi paesi volessero fornire no-
tizie folcloriche « pro cultura regionale irpina ». Altra circolare è sta-
ta inviata il 17 gennaio 1027 ai Sindaci dei Comuni, ai Presidi degli
Istituti medi, ai RR. Ispettori scolastici e ai Direttori didattici dal
prof. Luigi Collino, » Presidente del Comitato folkloristico piemon-
tese », perchè si raccogliessero, coll’aiuto degli alunni, descrizioni e
fotografie riguardanti feste locali, costumi, abitudini familiari, can-
tilene, fiabe, leggende e simile materiale (I 3642).
Analoga richiesta fa A. Feruglio agli amatori del folclore friu-
lano (I 3643). Non sappiamo in tutti i particolari quale esito ab-
biano avuto queste e simili iniziative, che chiamano a raccolta
collaboratori diversi e infiniti. Solo di quella romagnola lanciata
da LPI potremo dire qualcosa di positivo più oltre.
Notiamo intanto che la nuova Società per gli studî delle tradi-
zioni popolari lunigianesi di Spezia (I 3644) ha deciso d’incorag-
giare la letteratura dialettale, di raccogliere il folclore spezzino e di
risuscitare la tradizione del carnevale della città (il cui simbolo era
Batiston), contribuendo a risvegliare la vecchia anima popolare del-
la terra di Luni. Anche il Consiglio Direttivo del Club A/-
pino Italiano ha nominato una Commissione per la raccolta di
canti tradizionali delle nostre montagne e si è rivolto a tutti i soci
perchè «ciascuno invii quanto gli riuscirà possibile, senza tema di
mandare cose già note, o canti troppo semplici o troppo ingenui.
Poche notizie accompagneranno ogni canto inviato, poche linee ba-
steranno ad illustrarlo; si richiede soltanto che venga fornita la tra-
ma musicale, nella sua linea più semplice, la versione poetica, il rit-
mo e il tempo, ove il canto ebbe origine » (I 3645).
Alle iniziative fanno in questo biennio corona non poche pro-
poste. Già ho accennato a quella di C. Grassi per una raccolta degli
usi giuridici siciliani che concernono la proprietà rustica e l’agricol-
tura (I 3487). Questi ha scritto poi un articolo per la completa rac-
I. 8641 — D’'AMmatO A,, Folklore I. 3643 — FERUGLIO A., Per la
irpino, Catania, Libr. Tirelli di F. /efter. popol. friulana, = CF, II,
Guaitolini, 10926. n. 5-6, (1920).
I. 3642 — CoLtino L., Richiesta I. 3644 — Corso R., ’A La-
di notizie sut dialetti e sulle tradi- vezaa = FI, I, 442 (dic. 1925).
zioni del Piemonte = «Boll. del
R. Provved. agli studî di Torino », I. 3645 — Rivista del C. A. I.
IV, 8 (febb. 1027). 1025, n. 0.
— 600 —
MOVIM. SCIENTIF. F INIZIATIVE - MATERIALI E BIBLIOGRAFIE. I. 3546-49
colta nazionale delle consuetudini agrarie (I 3646). Una proposta di
più ampia portata è stata pure lanciata da un noto studioso, attivo
c d'ingegno (I 3647). Sembra irrealizzabile, ma è segno dei tempi
favorevoli alle attività folcloristiche. Alle critiche e ai consensi è
seguita una risposta (I 3648). Ecco l'idea del proponente, Paolo To-
schi: Raccogliere in un grande corpus completo, sistematico, prepa-
rato con larghezza di mezzi, tutto il tesoro delle tradizioni popolari
italiane: una parte vecchia, sceverando e disponendo sistematicamen-
te il materiale sin qui pubblicato; una parte nuova da raccogliere
dalla viva tradizione popolare città per città a cura di esperti appo-
sitamente incaricati. Un quattrocento volumi per un venti regioni,
cioè un idcale di opus magnum. Per il Toschi gli studiosi in Italia
ci sarebbero. Bravo. Ma gli uomini non si contano come le cose. E,
oltre ad altre difficoltà, non pensa egli a quelle che inesorabilmente
frappone il Tempo? Si vuole ripetere l’errore delle opere in conti-
nuazione all'infinito? Facciamo intanto conoscere, sceveriamo, ricr-
diniamo sistematicamente, come ben dice il Toschi, /a farte vecchia.
Questa, sì, può essere ristampata e curata per iniziativa e per opera
collettiva, e in un tempo più o meno fisso.
Per la parte nuova può tentarsi un’attuazione della }ropost®
del Toschi, ma in proporzioni meno vaste e più sicure. Se ben
comprendo, l'ideale di questo studioso è: 1) di raccogliere quanto
più materiale sia possibile, tutto il materiale folclorico italiano ;
2) di togliere l'impresa di mano alle iniziative individuali, che,
diciamo il vero, sono state il più delle volte impreparate, disordi-
nate e disperse. Questo secondo punto preoccupa seriamente.
E ricordo la seria proposta di qualche anno fa del Vitaletti (I 3649)
per un corpus di poesia popol. Egli si augurava un editore corag-
gioso, aiuti del Governo ecc., ma, lamentando la morte del Novati
e del Loria, osservava: «Da noi manca quella fraterna e affettuosa
collaborazione che pur dovrebbe fiorire spontanea in siffatte im-
prese destinate a contraddistinguere un periodo caratteristico di
coltura italiana ». Benissimo. Ma noi, al riguardo, non siamo così
scoraggiati, abbiamo fede in uomini e cose che possano giovare
Ì. 3646 — Grassi C., Per una
completa raccolta nazionale delle
consuetudini agrarie, = DP, XVII,
n. 1-2 (1920).
I. 3647 — ToscHi P., Una pro-
posta. Per una raccolta nazionale
delle tradiz. popol. ital,, = «Il Re-
sto del Carlino», I, dic. 1026.
I. 3648 — ToscHi P., Per una
raccolta delle tradiz. popol. Il suc-
cesso di una proposta, = «Il Re-
sto del Carlino», 1 feb. 1927.
I. 3649 — VITALETTI G., Per la
nostra poesia popolare. = LC. II,
449 (15 ag. 1923).
- 691 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3650-3651
al folclore, e concludiamo: Non si cerchino gli aiuti del Go-
verno, che ha tante cure; si metta insieme da chi ne ha il dovere
e la possibilità il famoso corpus di questo poeticissimo nostro po-
polo; non si abbiano preoccupazioni per quel che possano dire quei
pochi spiriti polemici, egocentrici, interessati e sospettosi; si in-
cominci magari da una sola regione, sia meridionale, centrale o
settentrionale, sia per opera di uno o più studiosi. Alle opere serie
compiute non possono mancare l’assistenza degli editori, la lode
della critica sana e costruttrice, il plauso del Governo. Da che
mondo è mondo, le vie della scienza sono seminate da tante dif-
ficoltà o da tante battaglie, ma -anche da tanta.buona volontà c
da tanti sacrifizî.
Un'iniziativa di raccogliere, non documenti folclorici, ma noti-
zie bio-bibliografiche degli scrittori dialettali e di folcloristi italiani
è stata presa da Silvio Crepaldi per conto dell’« Associazione Na-
zionale fra Cultori di letter. dialett. e Studiosi di usi e costumi na-
zionali di Milano ». Dalle moltissime schede di censimento sistema-
tico che ci ha fatto molto gentilmente vedere l’infaticabile Crepaldi,
ne riconosciamo l'utilità; ma tanta somma di lavoro, per essere di
vero ausilio agli studî, dovrebbe avere uno scopo preciso e riattac-
carsi possibilmente a opere precedenti, per esempio alla monumen-
tale Bibliografia del Pitrè. A ogni modo, speriamo che presto il cen-
simento divenga di dominio pubblico.
Un contributo bibliografico, utile al folclore e dovuto all'opera
di un solo, è quello di G. Giannini, che ci ha dato la descrizione
ragionata di 42 « Maggi » drammatici stampati dal 1866 al 1806 (I
3050). Al Giannini stesso si deve, per le novelle popolari in verso, un
saggio bibliografico in cui descrive 17 poemetti popolari a stampa
della Collezione D'Ancona appartenente al Museo d’Etnografia Ita-
liana (I 3651). Notiamo anche qui «un concorso a premi per l’il-
lustrazione dell’Italia folcloristica » indetto dalle Vie d’Italia (I 4430),
che son venute pubblicando quasi ogni mese fino ad oggi bellissime
riproduzioni fotografiche di soggetto folclorico.
Tra i Congressi dei dialetti e del folclore segnaliamo quello detto
Primo di Milano (19-20-21 aprile 1925). Ne abbiamo parlato a pro-
posito del mio discorso inaugurale e fatto cenno dell’imprecisa de-
nominazione. Omissioni d’inviti e lacune di soggetti, se ne potreb-
I. 3650 — GIANNINI G., Biblio- I. 3651 — GIANNINI G., Novelle
grafia dei « Maggi» stampati dalla popolari in verso. I Saggio Biblio-
Tipografia Sborgi di Volterra = grafico = RN, ag.-ottobre 1920,
RV, II, 141 (1920). p. 42.
— 6092 —
MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - CONGRESSI.
bero rilevare, certamente involontarie, ma pur si videro nel Con- .
gresso tra i cultori di linguistica il Bartoli, il Bertoni, il Terracini,
il Sepulcri con altri, e si ascoltò una comunicazione del Merlo. Certo
esso fu una prima e, come tale, coraggiosa adunata, promossa come
meglio si potè, ma con vivo e sincero entusiasmo, dalla Famiglia me-
neghina e organizzata da quell’ innamorato della letteratura dia-
lettale che è Silvio Crepaldi. E rimarranno memorabili le giornate
in cui il Bertoni e il Lombardo-Radice dissero, con appassionata
dottrina, a mo’ di chiarimento e quasi di confessione all’uditorio en-
tusiasta, l'uno i propri principî linguistici e l’altro quelli pedagogici.
Come svolgimento e risultato dei lavori ecco i temi e gli ordini del
giorno: | |
19) I rapporti fra la scuola e la letteratura dialettale (relatori
G. Lombardo-Radice ed Eugenio Levi), con questa unanime deli-
berazione finale: che «in relazione alla riforma della Scuola elemen-
tare, sia richiesta negli Istituti Magistrali superiori adeguata pre-
parazione così per gli studî dei dialetti come per quello del folklore,
e nelle altre Scuole medie superiori lo studio della letteratura dia-
lettale d’arte completi ed integri lo studio della letteratura nazio- .
nale »; |
29) Atlante linguistico italiano, (relatori M. Bartoli e G. Ber-
toni). Voto scaturito spontaneo: che «a tale opera vengano più lar-
gamente concessi appoggi materiali e morali dal Governo, da Enti
pubblici e da Mecenati, e che Milano, col suo noto e magnifico slan-
cio, dia l'esempio alle altre città di un adeguato contributo alla
grande opera che onora la scienza e la nazione »;
3°) Per un'Associazione fra cultori di letter. dialett. e di studiosi
del folklore e per una rivista dell'una disciplina e dell'altra, l'Assemblea
approvò e fece proprîì i concetti, le argomentazioni e le conclusioni
dei relatori Fermi e Crepaldi. Gli Atti del Congresso, in possesso di
quest'ultimo, per quel che ci risulta, non furono stampati, perciò ci
siamo un po’ dilungati; ma l’EN, come vedremo, pubblicò sotto for-
ma di studî quelle relazioni più importanti che si confacevano alla
sua indole.
Il II. Congresso Nazionale fra gli studiosi e cultori der dialetti e
del folklore italiano fu tenuto a Torino (21, 22 e 23 marzo 1926), sotto
il patronato dell'Ente Pro-Torino. Temi fondamentali trattati: 1°) #0
teatro dialettale (relatore O. Castellino). 2°) Del metodo più opportuno
per la raccolta e la valorizzazione degli elementi dialettali e folklori-
stici di ciascuna regione italiana (relazione di L. Collino e commento
riassuntivo delle varie monografie inviate al Congresso, notevoli quel-
le di D. Zorzut e di N. Massaroli). 3°) L'A/lante linguistico italiano
— 693 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. IT. 3054-3053
(relatori U. Pellis e M. Bartoli). 4°) I rapporti tra 1 dialetti e la scuola
(B. Terracini, relatore ufficiale del Ministero della P. I.) (I 3052).
Il III. Congresso dei dialetti e del folclore d'Italia è destinato a
Udine e a Trieste contemporaneamente per il settembre 1927. Ci par
utile far sapere che a Udine, sotto gli auspici della benemerita So-
cietà filologica friulana, si svolgeranno i seguenti temi: 1°) Canti e
canzoni popolari (raccolta, ordinamento, catalogo). 29) Per un Musco
folclorico Nazionale 0 per 1 Musei folclorici regionali. 3°) Fantocci,
marionette, burattini nel folclore regionale. 4°) I rapporti del dialetto
e del folclore con la scuola. In Trieste si dovrebbe organizzare la pri-
ma manifestazione folclorica della Venezia Giulia con un corteo dei
costumi dell’intera regione, ecc.
Di un convegno di demopsicologia in Firenze si è fatta la pro-
posta nel Marzocco e si effettuerà, speriamo, l’anno prossimo.
Oltre ai Congressi, si son potute effettuare nelle varie regioni
Mostre, Collezioni cd Esposizioni di esemplari del costume locale. An-
che nelle grandi mostre di belle arti si è fatto strada il concetto di dar
posto all'arte rustica. Un esempio, tra molti, notevole: nella Espo-
sizione di Roma, con gli artisti, gli artefici calabresi hanno esposto
prodotti di quell’arte « che scruta, raccoglie e rivela le vibrazioni più
intime e più profonde dell’anima di una regione » (I 3653). Persino
«l’Istituto Internazionale di Sociologia », diretto dal Prof, F. Co-
sentini, ha decretato di dare nei suoi Musci e nelle sue Mostre un
posto al folclore, data naturalmente l’importanza di esso nella vita
sociale ».
Tra le iniziative siciliane, il Prof. G. Cocchiara gentilmente mi
ricorda quella dci carretti che per «la primavera siciliana » si fanno
sfilare a Palermo. Il giovane studioso non se ne mostra con-
tento, e a ragione: molti carretti infatti vengono per l'occasione
Istoriati con una pompa che è tutto l'opposto di quel che è la pompa
vera del vero carretto. Questo è ‘uno dei pericoli in cui facilmente
si suol cadere nelle Mostre; purtroppo, poi, il «carretto » è una di
quelle curiosità folcloriche di cui, per varie cause, s'è abusato.
A La Spezia, agosto-settembre 1927, ha avuto luogo la doppia
esposizione lunigianese d’arte e d’ctnografia per iniziativa della lo-
cale Associazione ’A Lavezaa e per impulso generoso e sagace di
I. 3652 — Relazione del II Con- I. 3653 — AEBERLI E., La Sc-
gresso Nazion. fra gli studiosi e zione calabrese della Esposiz. d.
cultori dei dialetti e del folklore Soc. Amatori e Cultori di Belle
italiano = Pro Torino, organo Arti, Roma, Gruppo artist. cala-
uftic. dell’Assoc. « Pro Torino », brese, 1926.
Torino, XII, n. 5 (maggio 1926).
— 694 —
MOVIM. SCIENTIF. E INIZIATIVE - MOSTRE DEI costuME. I. 3054-3657
e ee — e
Giovanni Podenzana (I 30654), che certo tramuterà la importar.te
mostra in un Musco etnografico regionale. . Dì
In Udine poi (I 3655) è riuscita la « giornata friulana », promossa
dall’Associazione della Stampa: rievocazione di antichi costumi, con
sfilata di gruppi dci varî distretti, con canti, danze e suoni d'una
volta. Le regioni del Nord-Est d’Italia sono di una alacrità ecce-
zionale. È noto che l’« Opera Nazionale Dopo-lavoro » ha bandito
in tutta Italia un concorso per la « Casa degli Umili ». Ora appren-
diamo dai giornali che la prima attuazione è il « Concorso delle Tre
Venezie per l'ammobigliamento popolare della casa », indetto dal-
l’»Ente Nazionale per le piccole industrie» e dall’ «Istituto del lavoro
di Venezia, sotto il valido impulso del commissario dell’ Opera on.
Turati ». Le opere concorrenti saranno raccolte in una « Mostra del
mobilio popolsre », a Venezia, tra il 15 e il 31 ottobre di quest'anno.
Quest'anno stesso è riuscita la Mostra del costume di Roma e
del Lazio, che ha avuto una larga eco nella stampa e importanti
illustrazioni (I 3650). Gli intenti sono stati coronati da veramente
magnifici risultati, come può bene constatare ogni visitatore di questi
giorni. « Giuseppe Ceccarelli aveva concepito la Mostra così come la
ammiriamo, un complesso di scene movimentate, piene di carattere
e di vita, non la macabra rigidità cadaverica di una lunga teoria di
manichini smorfieggianti dietro le invetriate degli armadi. Bisogna-
va quindi creare per ogni pacse, per ogni località un ambiente pro-
prio, fabbricare 1 personaggi che dovevano ganimarlo, assegnar. loro
un atteggiamento, una parte, e metterli in iscena.... Non è una fredda
rievocazione di ricordi, un album folkloristico questa Mostra del Co-
stume, ma un'esposizione viva e operante, perchè tiene conto anche
e sopratutto delle sopravvissute attività, delle fiorenti c tipiche ma-
nifestazioni artigiane della nostra provincia.....» (I 3657). Carlo Mon-
tani, facendo l'augurio che per l'esempio di Roma tutte le città e 1
paesi d'Italia custodissero tradizioni e costumanze locali, ha scritto:
«io penso che nessuno spettacolo potrebbe riuscire più importante
di un grandicso corteo ove le regioni italiane fossero inquadrate con
I. 3654 — ‘4 Lavezaa. Prima mensile di attività municipale, II
esposiz. lumigiana d’arte e d'etno- (febb.-marzo. 1027):
rafia, La Spezia, agosto-sett. 1920. nigi :
grafia, } 5 9 I. 3657 MastRrIGLI L., La 1n0-
I. 3655 — Boxgiovannxi G.. Note Stra del costume di Itoma e del
e divagazioni sulla giornata friu- Lazio, Preiaz. di CARLO MONTANI,
lana, LP, HI, 289 (1920) 39 illustraz. e una tricromia, Roma,
Ed. E. Pinci, Primavera del 1927
I. 3656 — Capitolitm, Rassegna Anno V.
— 699 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALEITI. I. 3658-3606
la loro rappresentanza di costumi, di tipi, di tradizioni, un corteo
veramente unico al mondo che dovrebbe sfilare dinanzi all’Altare
della Patria in un'occasione solenne, quasi a rivelare al simulacro di
Roma il vero volto dell’Italia nella molteplicità delle sue espressioni».
Una simile grande iniziativa è già stata presa a Milano dal-
l'Associazione Naz. « Dialetti e folclore » e sarà attuata in questa
città nel Decennale della Vittoria (sett.-nov. 1928). Tra l’altro ap-
punto è stato deliberato: oltre che nei cortei folclorici, «in ogni pa-
diglione, o salone, gli addetti alle singole Mostre, segnatamente a
quelle che Provincie o Comuni fossero per allestire in proprio, do-
vrebbero essere in costume. E, nel corso della Mostra, nei recinti .
della stessa, o in quel nostro mirabile Anfiteatro dell’Arena che il pub-
blico predilige, o in qualche nostro teatro, andrebbero riprodotte feste,
costumanze e danze, indetti convegni di Poeti e di Società corali e
di Compagnie dialettali, sicchè la Mostra del 1928 dovrebbe essere
una vera sagra del popolo italiano » (I 3658).
Passiamo ai Musei che hanno provocato molti voti e discussioni.
Procedendo dal meno al più, leggiamo una rapida e interessante sto-
ria dello sviluppo ed ordinamento che il Moschetti (I 3659) fa del
Museo etnografico romagnolo di Forlì dal 1922 ad oggi. Segue una
sommaria descrizione delle nuove sale che lo compongono, e nume-
rose e belle illustrazioni corredano l’articolo. Dell’ « Archivio folklo-
ristico » trentino discorge L. Cesarini Sforza (I 3660). Un altro breve
e interessante articolo ha scritto Amedeo Pescio per il Museo etno
grafico ligure (I 3661).
Se queste pagine bibliografiche consentissero discussioni e com-
menti ampi, vorremmo sostenere che il modo più sicuro, più proprio
e più rapido per risolvere il problema della creazione d’istituti per la
scienza folclorica, sarebbe quello, data la vastità e la varietà grandi
delle tradizioni della penisola e delle isole, di istituire in ogni regione
un museo etnografico, naturalmente preparato e diretto da studiosi
competenti. Ma matora premunt. Già è sul tappeto la grande questio-
ne del R. Musco di Etnografia Italiana, che è stata continuamente
I. 3658 — CREPALDI S., Relaz.
al II Congresso dei dialetti d’Italia
(Torino, 21-23 maggio 1926). « Pro
Torino ». Torino, XII, n. 5 (mag-
1926).
I. 3659 — MoscHETTI A, Il
Mluseo etnografico romagnolo di
Forlì, = VDI, XXXII, 1211 (nov.
1920).
I. 3660 — Cxsarini-SFrorza L.,
Archivio folkloristico = ST, VI (4.
trim. 1925).
I. 3661 — Prscio A,, Per non
morire: Il Museo etnografico li-
gure = Secolo XIX, del 21 aprile
1027.
— 696 —
MOVIM. SCIENTIF. lL INIZIATIVE - MUSEI ETNOGRAFICI. I. 3662-3665
agitata dal 1925 al 1927. Dopo qualche tempo dalla regificazione
del Museo per opera del Ministro Gentile e la relegazione di tutto
il materiale nella villa d’Este di Tivoli, R. Corso (I 3662) ha rivolto
un vivo appello ai folcloristi perchè la vasta raccolta etnografica
non fosse ridotta al ristrettissimo ambito dell’arte rustica e perchè
non fosse svalutata l’opera di Lamberto Loria e l’importanza del-
l’Istituto da lui creato per la scienza. Nello stesso tempo egli ha
polemizzata, Mm difesa di queste idec, a proposito di un articolo di
G. Zuppone-5trani (I 3663), e quindi è ricorso agli attacchi acri
contro l'aggettivo di una circolare e contro il contenuto di un arti-
colo di Arduino Colasanti, alla cui direzione (Direzione generale delle
Belle arti) è stato affidato il detto R. Museo (I 3664).
Indipendentemente dal Corso, G. Vitaletti (I 3442) ha scritto
un ampio e meditato articolo intorno allo stesso argomento. Dopo
aver lamentato del pari e giustamente il confino del Museo a Tivoli
e fatta la storia di esso, egli, astraendo da quanto può tornare di com-
petenza di puri etnografi, richiama l’attenzione, per quel che riguarda
la letteratura e l'iconografia popolare, sui seguenti capisaldi: « fon-
dazione di una biblioteca specializzata; conservazione delle stampe
popolari antiche e moderne (queste ultime dovrebbero affluirvi per
diritto di stampa); mostra di iconografia popolare; direzione affidata
a due competenti: un ctnografo e uno studioso di letteratura popo-
lare; istituzione di una rivista, tipo Lares, diretta dai due compe-
tenti di cui sopra ». E spiega con competenza e compostezza questi
capisaldi, « giacchè il Musco, che è stato stabilito per colmare una delle
lacune più profonde e della vita e della cultura italiana, non dovrà
essere una semplice fiera campionaria, nè un'esposizione modesta,
d’intenzioni e scopi, ma uno dei più cospicui e importanti istituti dei
nostri giorni e al tempo stesso uno dei laboratori più austeri, degno
di Roma e d’Italia ».
Un altro serio articolo è quello di A. Lancellotti (I 3665). Ripete
I. 3662 — Corso R., Z/ Rè. Museo
di etnografia ital.: appello ar fol-
Rloristi, FI, I, 119 (marzo 1925),
Vedi anche: Corso R., // f?. Museo
etnografico italiano, = ASDS, VI,
n. 3 (1925), e con lo stesso titolo
= « Rassegna di studi sessuali »,
V, fasc. 6-7 (1925).
I. 3663 — Corso RK., Valuta-
zione dell'opera di Lamberto Loria,
FI, I, 121 (marzo 1925), a propo-
sito di un articolo di G. ZUPPONE
STRANI = Corriere d’Italia 8 nov.
1924.
I. 3664 — Corso R,, L'arte ru-
stica e un artic. di A. Colasanti
= FI, I, 123 (marzo 1925); l’art.
del COLASANTI = Brutium (15 ott.
1924).
I. 3665 — LANCELLOTTI A., Il
museo etnografico italiano, NA, 16
ott. 1920.
— 697 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
I. 3666-3669
la necessità di un museo etnografico in Italia; traccia la storia di
quello iniziato privatamente nel 1906 dal Loria a Firenze e traspor-
tato poi a Roma per l'esposizione del IgII; fa un inventario della
raccolta (intagli, oreficeria, ceramiche rustiche, tessuti, trine, costu-
mi popolari, carri, macchine sacre, amuleti, maschere popolari), e si
augura che presto il Ministro della P. I. abbia a dare al R. Musco
una adeguata sede (precisamente nel Palazzo Venezia) e una dire-
zione competente. Lo stesso fervido voto fa il Barone R. Lombardi-
Satriani, al principio di quest'anno, nel dare nuova vita alla sua ri-
vista:*fervido di patriottismo, ma pur amaro per il pensiero che gli
studiosi stranieri s’apparecchiano già a preparare per il loro pubblico
sezioni di etnografia italiana (I 3666). Infine un'accorata lettera aperta
rivolge il Corso stesso al Ministro perchè « ascolti i voti formulati
di studiosi e appassionati della materia » in difesa del R. Museo di
Etnografia Italiana (I 3067).
Per un archivio fonografico italiano, merita altresì di essere se-
gnalata la proposta di Gavino Gabriel (I 3668): «la preparazione di
una Discoteca Etnica Nazionale, per raccogliere e fissare in dischi
fonografici non solo le varietà foniche regionali, ma sopratutto i molti
elementi di genuina arte che risiedono nelle leggende, nei canti,
nelle danze delle nostre provincie ». Infine è degna d'attenzione la
proposta di Luigi Spotti, (I 36609) per un archivio linguistico marchi-
giano, che dovrebbe consistere nella raccolta sistematica di voci e
modi appartenenti a ciascuna zona della regione. « E per prima cosa,
se sì vuol giovare non solo ai lettori locali che sono guidati dal loro
istinto, ma a tutti gli studiosi ed anche ai semplici curiosi, siano
pure di altri paesi, bisognerà ridurre ad unità l'uso dei segni grafici
adatti ad indicare l’esatta pronunzia »; di che abbiamo discorso nelle
pagine precedenti,
d) IL FOLCLORE E LA SCUOLA. — Sotto questa rubrica, come
abbiamo avuto occasione di vedere, moltissimo è il materiale da
registrare: è un materiale nuovo che non si sarebbe. immaginato pri-
ma della riforma scolastica. Dagli appunti bibliografici obiettivi, e
qua e là ragionati, che sull'argomento si tenta per la prima volta in
I. 3666 — LOMBARDI-SATRIANI I. 3668 — Riv. Suono, II, 70
R., Un saluto ai lettori ed un voto (1925). — Rec.: FI, I, 317 (giu-
per il museo di etnografia italiana gno-sett. 1925).
= FC, XI, 1, (genn.-marzo 1927). I. 3669 — Spor L., Per un
I. 3667 — Note e commenti = archivio linguistico marchigiano,
FI, II, 298 (marzo 1927). = MDM, marzo 1027.
— 698 —
IL FOLCLORE E LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE.
__T. 3670
queste pagine, i lettori trarranno, spero, le migliori conclusioni. Di:
vidiamo tali appunti in due parti: teorica e pratica. In una esporre-
mo le idee che si sono agitate da folcloristi, filologi, pedagogisti e
studiosi della scuola, in un'altra i fatti e le opere compiute.
È giusto incominciare dalle idee del Lombardo-Radice. Per il
nostro argomento parve, in qualità di Direttere generale dell’Istru-
zione primaria e popolare, un rivoluzionario, ma non si può dire tale.
Mente sensibile e aperta ai movimenti intellettuali e spirituali, da
tempo aveva maturato le sue idce circa la necessità di fare entrare
nelle scuole lo studio dei dialctti e delle tradizioni popolari, perchè
aveva visto che la cosa per sè stessa veniva maturandosi in quella
parte dei docenti e degli studiosi più vitali, e più solleciti del bene
della scuola. Ciò si apprende da teorie espresse nei suoi antichi la-
vori pedagogici generalmente noti e cì risulta dal suo insegnamento
universitario: a Catania suo collega negli anni precedenti alla guerra
lo vidi curiosissimo degli studî dialettali che si facevano in quella
Università.
Ma un suo scritto del 1924 è per questo lato molto signifi-
cativo e segna un punto di partenza per ulteriori discussioni (I 3070).
In questo scritto ha notato che i nuovi programmi per l'istruzione
elementare risolvono definitivamente un problema che risale al Man-
zoni, il quale aveva compreso quale fosse il valore del dialetto nel-
l'educazione linguistica. Per questo, il grande lombardo « consigliava
la compilazione di vocabolari dialettali come i migliori rivelatori del-
l’unità linguistica italiana e correttori delle disformità idiomatiche
A completare e a realizzare l’idea manzoniana sorse l’esperienza degli
studî sulla letteratura popolare, primissimi quelli del Pitrè, che con-
fermarono l’unità dell'anima del popolo italiano » Come è chiaro, per
il Lombardo Radice, dal punto di vista istruttivo ed educativo lo
studio dei dialetti si dà la mano con quello degli usi c costumi locali,
donde l’istituzione dei libri dialettali o esercizi di traduzione e dei
sussidiarî o almanacchi per la cultura regionale: l'uno e l’altro sog-
getto, dialettale e folclorico, noi uniamo insieme in questa rubrica,
sebbene sarebbe inutile ripetere che demopsicologia e dialettologia
non sono una stessa cosa. Gia il nostro pedagogista non ha avuto
mai in mente un dialetto astratto, ec nella prima relazione della Com-
I. 3670 — Lomparpo-RaDICE G., libri esaminati nelle sessioni di
Il dialetto nella scuola (inserito nel- agosto e settembre 10924 » è tra
la relazione della Commissione mi- le pubblicazioni del Ministero della
nist. per i libri di testo), = EN, P. I, Roma, Libreria dello Stato,
sett.1024. Tutta la « Relazione fina- maggio 1925.
le della Commiss. con l'elenco dei
— 699 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3671-3675
missione ministeriale per i libri di testo ha notato infatti, tra gli altri
difetti, questo: l’aver gli autori messo pagine dialettali fabbri-
cate appositamente (I 3671). E del resto i programmi prescrivono
con chiarezza: « Materiale sceltissimo, tratto dalla più schictta let-
teratura dialettale, di popolo e d’arte, e di contenuto educativo ».
Osservazioni di C. De Lollis (I 3672) alla pratica e alla teoria
del dialetto nella scuola hanno indotto il Lombardo-Radice a chiarirsi
meglio (I 3673): « Non voglio un dialetto imbalsamato in traduzione;
ma un dialetto che si manifesti francamente, con la più naturale
delle espressioni della fanciullezza, anzi non un dialetto ma un mondo
spirituale dialettale, nel quale il fanciullo sì senta ancora per un poco
fanciullo. Nè vedo perchè, con il così grande tesoro folklorico che
c'è in Italia, di atteggiamenti infinitamente varî, ciascuno dei quali
ha una sua nativa bellezza, dobbiamo limitarci a tener presente so-
lamente un solo folklore, quello toscano ». Il che, ricordiamo, è stato
pur detto, e non per i fanciulli soltanto, con un'espressione semplice
e bellissima dal Croce: « L'anima nestra è dialetto ».
Ed è significativo il fatto che un noto pedagogista, non della
schiera o scuola idealista, il Prof. G. Vidari, del quale forse molti
ignorano i saggi di folclore vigevanese (1911) e la compilazione di
un vocabolario dialettale della nativa Vigevano, purtroppo non con-
dotto a termine, ha ora scritto in una seconda relazione ministeriale :
che è una felice innovazione dei programmi vigenti, quella di aver
suggerito ed imposto, per mezzo degli studî folclorici, dialettali, ecc.
un più intimo rapporto dell'anima del fanciullo con la vita spirituale
e tradizionale del paese e della regione a cui appartiene. Diversi pre-
giudizi impedivano di rivolgere l’attenzione al dialetto, perchè sem-
brava ostacolare l'apprendimento della lingua, alla regione, che sem-
brava contraddire alla Patria una, alla leggenda popolare, che sem
brava la negazione dell’opera letteraria. Ora invece si è compreso
come il dialetto, la regione, la leggenda popolare si inseriscano nella
educazione del fanciullo e vi apportino un nutrimento spirituale che
può e deve essere rivolto ai più alti fini della formazione completa
dell'alunno (I 3674). Anche un vecchio organo professionale (I 3075),
I. 3671 — LomBarDpo-RapIcE G., Alcuni chiarimenti sul dialetto nella
Pregi e difetti dei libri dialettali scuola = LC, IV, 112 (15 gen-
= EN, sett. 1024. naio 1925).
I. 3672 — De Lotris C,, Il I. 3674 — V\VIDARI G., Itelazione
dialetto nella scirola = LC, IV, 36 sui libri di testo = EN, nov. 1925.
(I5 Nov. 1924). I. 3675 — La Corrente, 7 genn.
I. 3673 — LomBARDO-RADICE Ga 1025.
— 200 —
IL FOLCLORE E LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE. I. 3676-3678
La Corrente (non parlo di giornali e riviste della nuova scuola), ha
fatto una favorevole accoglienza all’introduzione nelle scuole dello
studio del folclore e dei dialetti, che ha acceso dappertutto il desi-
derio di ricercare e raccogliere le ricchezze del popolo in ogni regio-
ne (I 3676).
Nonostante, a togliere di mezzo incertezze e resistenze, ecco an-
cora il Lombardo-Radice parlare nel ricordato I. Congresso di Milano
sulla opportunità del tener presente il dialetto nella scuola elemen-
tare. Con quale spirito, si domanda, deve l'insegnante considerare il
dialetto? Cogliamo qualche idea essenziale al nostro argomento. Il
dialetto non è solo utile riferimento didattico perchè adeguato al
fanciullo, ma ha anche un valore artistico. Non dobbiamo quindi
lasciar da parte la grandissima ricchezza che ci presentano le lette-
rature di popolo. Al fanciullo deve esser fatto studiare ordinatamente
il mondo in cui vive, nelle sue forme e nei suoi spiriti, come suol
dirsi, e deve essere indicato come da codesto mondo, tutt'altro che
da di .prezzare o da dimenticare, si salga per via naturale e agevole al
più ampio mondo nazionale: lavoro che noi tutti facciamo ogni gior-
no nella vita. Su questi semplici concetti si è voluto polemizzare, ma,
come bene ebbe a scrivere in un giornale romano G. Gabrielli, «senza
una vera e propria conclusione perchè si è divagato molto dal punto
centrale della que.tione ». Alla piccola polemica a cui allude il Gabrielli,
non ha portato nuova luce un articolo di G. Cocchiara (I 3677).
Tra le voci concordì nella teoria e nella pratica alla riforma
Gentile, si è levata quella di un autorevole maestro e studioso che non
ha improvvisato il suo amore per la cultura regionale: G. Crocioni. Si
ricordi di lui il vecchio e raro lavoro Le regioni e la cultura nazionale
(1904, in « Scuola e Vita »: Bibl. di pedagogia diretta da G. Lombar-
do-Radice). Ora si vorrebbe consigliare a ogni maestro e professore
di apprezzare l’alto valore di questa fervorosa e rinnovata voce
(I 3678). Certo il Crocioni ha la preoccupazione che non tutti gli inse-
gnanti siano preparati per l'attuazione dell'idea del riformatore e si
è augurato che per loro, e non soltanto per gli scolari, abbiano a pub-
blicarsi libri « fatti da competenti, dopo serie indagini e gravi medi-
I. 3676 — LomBarDo-RADICE G., dialettale = «Giornale di Sicilia »
Il dialetto e il folklore nella scuola;
Relaz. al Congresso dei dialetti ita-
liani, Milano, aprile 1925 = EN,
ott. 1925.
I. 3677 — CoccHIARA G., In
margine a una polemica. Per l’Italia
30 apr.-I maggio 1925.
I. 3678 — CrocionI G., Tradi-
zione e cultura regionale, Estr. dagli
Atti del V Congresso Internaz. di
filosofia pel VII centenario della
R. Università di Napoli, 5-9 mag-
gio 1924, Napoli, Perrella, 1925.
0
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
___I. 3679-3681
tazioni ». E questo scopo ha avuto la nostra Collezione sopra ricor-
data con altre pubblicazioni che menzioneremo. Una buona idea ha
avuto, intanto, Alfredo Sancisi a pubblicare una guida per i maestri
di Romagna sull’argomento del dialetto nella scuola (I 3679).
Altre voci da campi diversi si son fatte sentire in favore del--
l’introduzione del mondo regionale nella scuola.
Tra ì romanisti o neolatinisti, che hanno una bella tradizione
di simpatia e di culto per il folclore, il collega Ezio Levi (I 36£0)
è intervenuto per esortare i maestri ad accogliere con fervore que-
sta ondata di spiritualità nella scuola e a farsi collaboratori della
scienza folclorica, che deve divenire sempre più vanto e onore d’Ita-
lia. E ancora un operoso studioso, B. Terracini, nel menzio-
nato II. Congresso fra gli studiosi e i cultori dei dialetti e del folclore
in Torino, ha trattato da par suo lo stesso tema del Lombardo-Ra-
dice.
Nel suo Discorso, che apparirà intero nell’EN di quest'anno,
dopo aver giustamente ricordato che la riforma scolastica per questo
lato non fece in sostanza che sanzionare ufficialmente un movimento
di idec da tempo maturo, ha accennato ai rapporti fra lingua e dia-
letto non solo in Italia, ma anche in Francia, e ai vantaggi lingui-
stici e culturali che si sono tratti e si possono trarre dal nuovo metodo
d'insegnamento; ha ritenuto, per la riproduzione di testi dialettali
ad uso delle scuole, non doversi usare naturalmente la grafia fone-
tica, nè seguire la tradizione ortografica che esiste in molte regioni,
ma «una grafia che si stacchi il meno possibile dall’italiano, anche
a costo di rinunciare ad indicare tutte le particolarità e le differenze
fonetiche »; ha dato ragione al legislatore il quale ha prescritto
che i testi fossero di preferenza di letteratura popolare. Infine
ha concluso che «i confronti dialettali fra le varie regioni servono
magnificamente a destare, per le analogie che anche il fanciullo
verrà a comprendere intuitivamente, il fatto dell’unità della Patria »
(I 3681), che è l’idea del Manzoni, illustrata dal Lombardo-Radice
e da nol.
D'altro lato la Scuola Compl. « Usodimare » di Genova (e si
potrebbero ancora ricordare la Compl. «Galileo» di Padova, l’Isti-
tuto tecnico di Sondrio e molte altre scuole) ha pubblicato nei suvi
I. 3079 — Saxcisi A., Il dialetto Scuola d'Abruzzo, Aquila, Vec-
mella scuola, Cesena, Stab. Tip. chioni, 1924.
MOCCENOa 1920: I. 3681 — Pro Torino, rivista
I. 3680 — Levi E., Il maestro mensile illustrata, Torino, XXII
e la cultura regionale, Estr. dalla (12 maggio 1920).
Lo
I. 3682-3685
— — ——_T _ ——— = — —
IL FOLCLORE È LA SCUOLA - QUESTIONI TEORICHE.
interessanti Annzari alcuni studî e particolareggiati programmi su
tutte le forme di attività regionale (I 3682). Nel III. Annuario A.
Fossati considera la cultura regionale come parte integrante dell’in-
segnamento d'italiano e dimostra la necessità di un’antologia com-
pilata da persone competenti che conoscano l’ambiente regionale
e la scuola. E P. Peola mette molto bene in evidenza il carattere
pratico ed intuitivo di quella cultura, che corrisponde all'indole del-
le scuole popolari e permette e prepara la cultura tecnica e professio-
nale in relazione alle caratteristiche esigenze local’.
Nel IV. Annuario (I 3683), l’infaticabile Preside della Scuola, L.
Fontana, ha fatto una magnifica dissertazione, ragionata e decumen-
tata, sui mezzi e i risultati dello studio della regione nel suo Istituto. A
coloro e agli insegnanti specialmente che temono si favorisca « quel
regionalismo che è sempre stato la piaga principale d’Italia » osserva:
«Se piaga veramente esiste, è buona norma igienica non dissimu-
larla o nasconderla. Occorre energicamente scoprirla e curarla......
Ma qui per fortuna non si tratta di piaghe; si tratta invece di pro-
fonde ragioni etniche che non possono essere soffocate, di necessità
storiche che devono esser capite, studiate, utilizzate ai finì e ai van-
taggi della prosperità nazionale ». Quanto poi alla distribuzione, al
carattere, c al tono dello studio della cultura regionale nei diversi
«rdini di scuole, il nostro autore sostiene giustamente che basta da:vi
tona'ità diverse © adeguati atteggiamenti di pensiero educativo cor-
rispondenti alle diverse tendenze e alle diverse scuole (elementari,
cc mplementari, magistrali, liceali). Ciò a commento di quanto ha scerit-
to G. Gabrielli su questo argomento (I 3084).
Per conto suo, Giulio Piombi (I 3083) si è soffermato sulle in-
dustrie artistiche popolari che potrebbero e dovrebbero essere va-
lorizzate dal maestro nella scuola. Argomento di grande importanza.
Per esso vale la pena di richiamare te idee che il «Dedalo» e Le vie
d'Italia lanciarono rispettivamente nel dicembre 1920 e nel febbraio
192I, prima, cioè, della riforma scolastica: « Per fare risorgere (le
I. 3684 — GABRIELLI G., Dalla
regione alla nazione = I dinitti
della Scttola, NXNVIII, n. 16
(1927).
I. 3685 — PiromBi G., Il fol-
klore e la scuola, Brevi appunti di
I. 3682 — Za Nostra Sctola,
Anno III (1925-1920), Genova,
Tip. del Risparmio, 1026: AMALIA,
Fossati, L'insegnam. dell'italiano
e la culturaregionale; PaoLO PEOLA,
Lo studio della regione e l'insegna.
scientif. nella nostra Sc. Compl..
I. 3683 — La nostra Scuola,
Anno IV (1927): LEoP. FONTANA,
Lo studio della regione.
divulgaz. folklor., =: « Per la nostra
Scuola », n. 1, S. Fietro in Ca-
sale, Tip. A. Ziosi. — Rec.: LPI,
VII, 604 (marzo 1927).
2'03-=
L. SORRENTO - IL FOLCLORE E I DIALETTI. I. 3686-3689
industrie artistiche popolari) occorrono prima di tutto lc scuole che
insegnino agli artisti il loro mestiere; e il governo si ostina a ne-
garle e a tenere separati, alle dipendenze di due Ministeri che reci-
procamente s’ignorano,. gli anemici Istituti di Belle Arti, ridotti ormai
a fabbriche patentate d’insegnanti di disegno, dalle Scuole e Istituti
d’arte industriale.... Il modo di farle risorgere ce lo insegna la Ger-
mania, da quando nel 1904 fondò le scuole statali obbligatorie d’arte
decorativa. Nel 1905 queste scuole accoglievano già 25 mila iscritti ».
Questo argomento ci conduce a parlare della questione dell'1x-
segnamento del folclore. Da voti di congressi, di enti e di singoli stu-
diosi (notevole quello di Paolo Toschi) (I 3686-3687) si tende, come si
è visto in queste pagine, ad affermare e ad estendere tale insegna-
mento in ogni ordine di scuole, mentre oggi esso è appena pre-
scritto nelle classi elementari sotto forma di esercizi di traduzione
dal dialetto e di letture sussidiarie di coltura regionale, nonchè
nelle scuole medie complementari con disposizioni regolamentari in
vero non molto chiare.
Il Corso si occupa e preoccupa dell’insegnamento superiore, in
una' serie di puntate piene d’interesse, dove egli ricorda che già do-
dici cattedre universitarie di folclore esistono in Europa (alcune dop-
pie per il Folclore e per la Letteratura popolare), e fa la storia dei
precedenti italiani che condussero all’istituzione dell'insegnamento
della demopsicologia affidata nell'Università di Palermo a Giuseppe
Pitrè, mentre, nemmeno a farla apposta, in questi anni il Consiglio
Accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Com-
merciali di Napoli ha bandito dai suoi corsi quello di etnologia co-
loniale (I 3688). Per quanto si possano giustificare le resistenze da
una parte con motivi economici o d'altro genere più delicato, e dal-
l’altra parte le pressioni possano parere non tutte meditate c
autorevoli, la questione dal punto di vista scientifico è una di quelle
che finiranno per imporsi e trionfare. Già in Germania Fritz Boehm
nella sua rivista (I 3689) ha sostenuto il doppio punto scientifico c
nazionale perchè il folclore sia tenuto in considerazione nei progetti
per la riforma scolastica della Prussia. Ma in Italia, più che del Mi-
nistero, la risoluzione della questione è di competenza dei Consigli
I. 3686 — P. ToscH1 = Resto del I. 3688 — FI, I, 315, 438 e 440
Carlino, 3 agosto 1926. | (1925); II, 129 (1926).
I. 3687 — F. NosrRrasco = // I. 3689 — ZVV, XXXV, I
Cittadino di Savona 14 luglio 1926. (1925).
— 704 —
IL FOLCLORE E LA SCUOLA - INSEGNAM. DEL FOLCLORE. I. 3690-91
di Facoltà. Possano queste pagine serene di un organo universitario
contribuire a far entrare finalmente e discutere il problema con la
dovuta serietà scientifica in sedi opportune. Ma in verità non con
soli voti e peggio con le polemiche si ottengono i buoni risultati.
Plaudiamo intanto che quest'anno il Crocioni abbia tenuto un
corso di folclore nell'Università di Bologna. Gli studiosi, se sì riten-
gono scientificamente maturi, comincino a conquistare la libera do-
cenza di Stato per cui non si possono immaginare resistenze di sorta;
sarebbe un primo passo per fare entrare e apprezzare nelle nostre
Università la scienza folclorica. Di questo avviso par bene il Di Fran-
cia, quando nella citata interessante Prelezione (I 3459) lamenta che il
Pitrè «sia salito ad una cattedra universitaria quasi per concessione
ministeriale, anzichè per la via maestra del pubblico consenso ». Seper
istituire cattedre universitarie di folclore, condizione sine qua non è che
ci siano i docenti preparati, è pur necessario che ci sia d'altro canto
la buona volontà in coloro che sono obbligati a interessarsi dello svi-
luppo delle scienze e dci bisogni culturali e scolastici del paese.
Per le scuole medie, spesso si levano verso il Ministero lamenti
e anche allarmi, che qui non raccogliamo, dai varî giornali scolastici.
Noi non sì può mettere in alcun dubbio che i tre ultimi Mini-
stri abbiano delle grandi benemerenze verso il folclore. È di que-
sto anno scolastico la circolare dell’attuale Ministro « Per le opere
integratrici della scuola » (I 3690), la quale dispone che la scuola
partecipi più vivamente all'incremento e alla valorizzazione della tra-
dizione regionale, e sappiamo che negli uffici immediatamente di-
pendenti, cioè nei RR. Provveditorati, questa circolare non è ri-
masta lettera morta. Basta per tutti ricordare che il R. Provvedi-
tore agli studî per il Piemonte (I 3691) ha subito pensato d’organiz»
zare nei centri capoluoghi di provincia « mostre d'arte e di lavoro
paesano delle scuole elementari in attuazione dei principî della Ri-
forma Gentile ». Più di questo non si può fare dagli organi ufficiali,
e sarebbe un errore attendere tutto da essi, persino, come vor-
rebbe qualcuno, i libri di testo. A far crescere nell’estimazione
generale il folclore provvederà l’opera degli studiosi. Ai folcloristi di
buona volontà e di salda fede che devono pur essere lieti di quanto
s'è fatto, parliamo per proverbi a loro cari: « Lasciamo tempo al
tempo ».
I. 3690 — Bollettino ufficiale della I. 3691 — Bollettino del R. Prov-
P. I., 4 gen. 1927, Anno V\, veditorato agli studi di Torino, IV,
153. 474 (febbr. 1027).
— 705 —
Aevum - Anno I - 45
I. 3692-3698
E siamo venuti alla parte pratica, cioè alle opere e ai fatti com-
piuti per il folclore nelle nostre scuole.
I libri dialettali e gli almanacchi regionali per le scuole elemen-
tari sono innumerevoli. Non è qui il luogo di farne l'elenco. Chi ne
ha vaghezza, può trovare le informazioni bibliografiche nelle Rela-
zioni, nelle Approvazioni di libri di testo, stampate a cura della Li-
breria dello Stato e nei Bollettini Ufficiali del 1925-26, e anche in
gran parte nell’EN. Fa piacere rilevare che studiosi emeriti e anche
enti scientifici, quale la Società filologica romana, abbiano prestato
la loro preziosa opera per modesti libri ad uso delle nostre care scuole
elementari. Alcuni di questi libri sono persino utili ai dialettologi
(I 3692), altri riportano i più schietti esempî del folclore (I 3693).
qualcuno ha pagine di un’arte originale che parla con soave grazia
alle anime infantili (I 3694). Per tutti il noto linguista Carlo Battisti
fa con molta opportunità il voto che «si dia maggior rilievo all’il-
lustrazione regionale e maggior peso alla vita che si svolge in campa-
gna, nell’officina, sul mare.... ». Con ciò si « arriverebbe pure ad ac-
crescere il patrimonio linguistico del nostro ceto borghese e rurale,
le cui conoscenze di nomenclatura tecnica (agricola e industriale)
sono ridotte » (I 3695).
A scuole di grado superiore e ai maestri sono destinate altre
pubblicazioni di numero purtroppo limitato. Dopo l’opuscolo di C.
Fiorentino (I 3696) per la Sicilia, e dopo i volumetti di B. Rubino
e G. Cocchiara in collaborazione per la stessa isola (I 3697) e di L.
Angoletta, L. Mattei, M. Borgherini-Scarabellin per le tradizioni ve-
nete (I 3698) che però sono tutti apparsi anteriormente al 1925, son
venuti pubblicandosi presso l'ed. Trevisini di Milano, appunto per
la Sicilia e per il Veneto l’ Isola del Sole di L. Sorrento e Vita e anima
del popolo veneto di D. Olivieri, nonchè per le altre regioni volumi
I. 3692 — LC, giugno 1925. ed usi siciliani, Catania, Muglia,
1924.
I. 3693 — FI, 1,330, (giugno-sett. I. 3697 — Ruzino B. e Coc-
1925). CHIARA G., Usi e costumi, novelle
e poesie del popolo siciliano. Espo-
I. 3694 — EN, gennaio 1926. sizione critica (con illustr.), Paler-
mo, Sandron, 1924.
I. 3695 — FI, I, 470 (dicg I. 3698 — ANGOLETTA L. in Pao
1925). DOVANI, MATTEI L. IN BECCARI,
BoRGHERINI-SCARABELLIN M., 7 ra-
I. 3696 — FioreNTINO C., Nel dizioni venete, Padova, L. Bo-
paese dell’arancio: tradizioni, canti scardin e f., 1924.
ine
IL FOLCLORE E LA SCUOLA - OPERE PER LA SCUOLA. I. 3699-3715
di varia mole della stessa Collezione Sorrento (I 3699-3711) della
quale ho fatto cenno di sopra. Per le scuole piemontesi e pugliesi si
sono stampati, oltre ai sottocitati voll. Vita e Pensiero del Piemonte
della Farinetti e Apulia fidelis del Vocino, Terra di Piemonte di A.
Formica (I 3712), e un libro di sintesi folclorica di S. La Sorsa
(I 3713).
Intanto si è pubblicata una seconda edizione, ridotta per le scuo-
le, della Fiorita di canti tradizionali di Eugenia Levi (1895). Secondo
noi, meglio sarebbe stata la ristampa integrale col vecchio fine di-
vulgativo-culturale, migliorata però e corretta dei diversi errori sfug-
giti prima, chè ci pare, d'accordo col Cocchiara, non avere l'editore,
dal punto di vista didattico, raggiunto il nuovo scopo (I 3714). Di
raccolte di canti abbiamo da segnalare ancora: Zl Canzoniere del po-
polo italiano di Achille Schinelli e Angelo Colombo (I 3715), che ha
pure intenti scolastici. Vi figurano giuochi, scherzi, danze, canti gin-
I. 3699 — PRATI A,, Zolclore
trentino, Milano. Trevisini, 19253.
I. 3700 — OLIVIERI D., Tifa e
anima del popolo veneto, Milano,
Trev., 1925.
I. 3709 — SorRrRENnTO L., /sola
del Sole, Milano, Trev., 1926.
I. 3710 — VITALETTI G., Dolce
terra di Marca, Milano, Trev., 1927.
I. 3711 — ALGRANATI G., Forte
Calabria, Milano, Trev.. 1927.
E in corso di stampa:
I. 3701 — BottigLioni G., Vita
sarda, Milano, Trev., 1925.
I. 3702 — BaBsupnrIiI F., Fonti — PeEscio A., La Liguria.
vive dei veneti giuliani, Milano, — TELLINI G., Ladinia e Fyiuli.
Trev., 1920. — ZAGARIA R., La Campania.
I. 3703 — ToscHi P., Romagna
solatèta, Milano, Trev., 1920.
I. 3704 — Vocino M., Apulta fi-
delis, con introduz. di N. ZIixGa-
RELLI, Milano, Trev., 1925.
I. 3705 — Visconti À., I Lom-
bardi, con pref. di G. GALLAVRESI,,
Milano, Trev., 1920.
I. 3706 — GIANNINI G. e Par-
DuccI A., Il popolo toscano, Mi-
lano, Trev., 1920.
I. 3707 DI VESTEA R,
L'Abruzzo, Milano, Trev., 1920.
I. 3708 — FARINETTI C., Vita
I. 3712 — FORNICA A., Terra di
Piemonte, Torino, Paravia, 1927,
I. 3713 — LA Sorsa S.,, Il fol-
klore nelle Scuole di Puglia, Mi-
lano, Roma, Napoli, Soc. Ed. Dan-
te Alighieri, Albrighi e Segati,
1920.
I. 3714 — LEvIE., Fiorita di
canti trad. del popolo ital. Seconda
ristampa, Iirenze, Bemporad, 1925
Rec.: FI, I, 472 (dic. 1925)
(Cocchiara).
I. 3715 — SCHINELLI A. e Co-
LOMBO A., Canzoniere del popolo
e Pensiero del Piemonte, con Nota
linguistica di B. TERRACINI, Mi-
lano, Trev., 10927.
italiano, Milano, Signorelli, 1924.
— Rec.: VDI, XXXI, 325 (marzo
1925).
— 707
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3716-3717
nastici, canti della natura, canti patriottici, ecc. con accurata tra-
scrizione musicale. Vien poi la raccoltina di R. Fumagalli (I 3710),
che ordina canti e canzoncine, filastrocche e scioglilingua, indovinel-
li e novelline, graduandoli e adeguandoli alla mente infantile, e in
modo che non cessano di essere cari anche ad adulti.
B). — IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI:
DIVISIONE DELLE REGIONI ITALIANE. — Per la distribuzione
di studî particolari sul folclore regionale, a evitare ripetizioni e
richiami, ho preferito la divisione per regione, e non per materia.
Vuol dire che questa per materia sarà inserita, come sottodivisione,
in ogni paragrafo regionale. I paragrafi regionali saranno distinti
da un numero progressivo in cifra; per entro a ogni paragrafo,
metteremo via via, seguita da parentesi, una lettera minuscola
dell’alfabeto, quando e come si potrà meglio, per indicare che
si passa a trattare di materia (canti, proverbi, giuochi, fiabe, ecc.)
che è nell'indice segnata, in principio di questo Bollettino, con la
stessa lettera. La materia generale per ogni regione precederà le
indicazioni alfabetiche. So bene che la divisione per regioni pre-
senta delle difficoltà, ma è quella che soddisfa di più. Essa è nella
coscienza generale degli Italiani, nè gli studiosi hanno tentato o
tentano di non riconoscerla e tanto meno di distruggerla, anche se
nei particolari e per speciali vedute non siano in tutto d’accordo.
Si capisce, l'argomento non è solo complesso per varî clementi che
comporta, ma vivo, voglio dire fluttuante e non statico, cioè mu-
tevole nel tempo e nello spazio.
Però una classificazione è sempre possibile nell’epoca attuale,
senza guardare a ciò che le regioni abbiano a divenire domani o
a ciò che dovrebbero essere. « Secondo molti studiosi, ha bene rias-
sunto M. Bartoli (I 3717) in una sua bella memoria, le regioni d'I-
talia sono — se non tutte, almeno per la maggior parte — sopra
tutto unità dialettali, secondo altri invece unità geografiche, e se-
condo altri ancora unità economiche. Altri infine pensa ch'esse rap-
presentino, per la maggior parte e sopra tutto, le unità statali in
cui era divisa l’Italia dalla caduta dell’Impero romano fino alla
I. 3716 — FUMAGALLI R., / canti regionale delle Venezie (Venezia
dei nostri bimbi, Palermo, San- Giulia, Tridentina, Euganea), nel
dron, 1925. num. unico «San Marco in Pie-
monte », Torino, Tip. Fedetto,
I. 3717 — BarrtoLI M., L’unità 1925.
— 708 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: I. PIEMONTE (E savola) I. 3718-22
riunione delle membra sparte. Ora è ben vero che qualche singola
fra le regioni d’Italia formava una unità statale.... ed è vero inoltre
che qualche altra singola si può dire praticamente una unità eco-
nomica o geografica o dialettale... Ma si tratta sempre solo di qualche
singola regione, non dunque di tutte e nemmeno della maggior
parte ». E allora? Olinto Marinelli (I 3718) ha osservato che il
«medio evo ha sostanzialmente cancellate quasi tutte le divisioni
regionali antiche e quasi tutti i nomi e dato consistenza a nuove
provincie e a nuovi nomi.... la geografia rinata però (del Rinasci-
mento), attraverso la conoscenza degli autori latini e greci, fece
rivivere i primi nomi». C'è qui della esagerazione, nonostanti i
due limitativi guasti. Il medioevo non si deve guardare nella sola
struttura politica dei regni Barbari, ma nelle tradizioni del popolo.
Allora il Rinascimento non apparirebbe quella rivoluzione che si vuol
fare credere. E mi pare che nella questione dovrebbero interloquire
non soltanto i geografi e i linguisti, ma anche i folcloristi.
A ogni modo, ci sembra accettabile, anche dal punto di vista
folclorico (ma gli specialisti di ogni regione debbono sempre con-
trollarla), l’opinione che ha formulato il Bartoli, concludendo: « Pos-
siamo dire che le regioni d’Italia sono, per la maggior parte, ciò
che erano le regiones dell'Impero morente, oppure le provinciae
della Chiesa nascente ». La romanità e il cristianesimo sono state
le due forze vive, cioè le vere tradizioni, che maggiormente hanno
operato in alto e in basso sul popolo italiano. A questo criterio è,
in generale, informata la nostra distribuzione e denominazione re-
gionale.
I. Incominciamo dal PIEMONTE. Un cenno prima sulla SA-
VOIA per l’interesse che può presentare rispetto a nostri paesi.
Ad essa il Gennep ha consacrato notevoli studî condotti, come
abbiamo notato, con diligenza di raccoglitore e padronanza di un
metodo scientifico contrario ad accostamenti ipotetici e ad astratte
teorie (I 3719-3724).
I. 3720 — La Chandeleur et la
Saint-Valentin en Savoie, = RETP
(1924). |
I. 3721 — Le culte populaire de
I. 3718 MARINELLI O., La di-
visione dell'Italia in regioni (citato
nell'art. Nomi e confini delle Ve-
nezie del BARTOLI, ed. in La geo-
grafia, XII.(1924) dell’Ist. Geogr.
De Agostini).
I. 3719 — Van GENNEP À,, Essai
sur le jeu de quailles en Savoie,
Thonon-les- Bains, Dubouloz, 1924.
Saint-Théodule en Savoie = MBAH,
III, 204 (1925).
I. 3722 — Le cycle cérémonial
du Carnaval et du Caréme en Sa-
vote, = JP, XXII, 422 e 586 (1925).
= 00
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3723-3733
a) Nella raccolta -di poeti piemontesi fatta da G. Drovetti,
l'editore ha compreso i primi esemplari di poesia popolare ano-
nima, la Canzone per la resa di Pancalieri del 29 ott. 1410 e la La-
mentazione lacrimosa di Gesù del 20 gen. 1517 (I. 3725). Da G. Bu-
stico sono state ristampate di su un foglio volante di Novara alcune
poesie antiaustriache « Dialogh ch'è saa faa a ca de Barlich tra lù,
Ferdinand, Radetzki e M.tterlich », nel 1848 (I. 3726). A. Petitti
di Roreto, in una memoria sul generale Federico Leutrum, riferisce
la canzone popolare, dove si racconta la visita del Re Carlo Ema-
nuele al letto di morte del generale (I. 3727).
ef) Usi natalizi, nuziali e funerei della provincia di Cuneo
illustra E. Milano {I. 3728). Antichi usi della Valle d’Andorno ha
illustrato in un articolo del Biellese (7 febb. 1927) Germano Ca-
selli e nello stesso giornale di usanze nuziali di Torrazzo ha par-
lato Don E. Anselmino (I. 3729). Antiche usanze oleggesi, tra cui
quella della corsa della torta, rievoca E. Julitta (I. 3730). Salv.
Ferrero discorre di Gianduia e dei Carnevali di Torino (I. 3731).
Del Natale del vecchio Piemonte si occupa C. della Venezia
(I. 3732): balli caratteristici all'aperto la sera della vigilia in Val
d’Aosta; leggende in diversi luoghi del Piemonte; sacre rappre-
sentazioni nel Monferrato.
g) Una curiosità storico-letteraria illustra L. Collino: un com-
ponimento giocoso piemontese del Settecento, con alcuni esempi
inediti e rari (I. 3733). Alla vita alessandrina, al focolare di un se-
I. 3723 — Lecycle de Piques dans
les contumes populaires de la Savoie,
= RISB, 1925-26.
I. 3724 — La Saint Jean dans les
croyances et contumes populares de
la Savoie = JP, XXIV, 26 (1927).
I. 3725 — ’L Piemont e i so
poéta, Poesie sernue da G. DRro-
VETTI e presentà da L. CotLINO, a
cura della Famija turineisa, To-
rino, Casanova, 1927.
I. 3726 — Bustrico G., Alcune
satire antiaustriache sconosciute,
= NO, VII, ag.-dic. 1926.
I. 3727 — PETITTI DI RORETO A,,
Il gen. Fed. Leutrum = BSBS,
XXIX 257 (1927).
I.3728 — Mirano E,, Dalla culla
alla bara, Borgo S. Dalmazzo, Bar-
tello, 1925.
I. 3729 — ANSELMINO Don E,,
Le usanze nuziali di Torrazzo, =
« Il Biellese », 15 feb. 1927.
I. 3730 — JuLitta E,, La corsa
della torta in Oleggio = PDN, 30
apr.-21 maggio 1926.
I. 3731 — FERRERO S., La storia
dei Carnevali di Torino e di Gian-
duia, Centuria Mutilati Fascisti,
Torino, s. d.
I. 3732 — DELLA VENEZIA C,,
Il Natale del Vecchio Piemonte =
FE, III, fasc. I (1925).
I. 3733 — Cortino L., Il Toni,
componimento giocoso piemontese
del Settecento, Torino, Lattes, 1925.
se
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: I, PIEMONTE (E SAVOIA) I. 3734-43
colo fa, ci richiama G. B. Porta (I. 3734). Per la stessa città di Ales-
sendria F. Gasparolo riproduce un documento, che contiene la to-
pografia della parrocchia del quartiere di Gamondio al principio
del sec. XVIII (I. 3735).
Di antiche memorie relative al folclore si occupa l’Ander-
loni in un importante articolo (I. 3736), commentato dal Corso,
circa gli Statuti di Novara e il Porco di S. Antonio, e in un altro
sui peccatucci femminili negli stessi Statuti (I. 3737). G. Bustico
parla di bandi campestri di Antronapiana nel Novarese (I. 3738).
Due velli piemontesi, di Vigezzo (I. 3739) e di Stura. (I. 3740), sono
illustrate da G. De Maurizi ed E. Milano. Utili possono essere
gli studî di onomastica continuati da G. D. Serra, se non altro per
le conclusioni considerevolissime: che nell’onomastica italiana me-
dievale, accanto ai filoni cristiano-agiologico e germanico, finora più
considerati, ha grande importanza l’ampio filone latino (I. 3741).
Anche per gli studiosi del folclore sono interessanti ses-
santa sonetti di Cesare Vincobrio (I. 3742-3743): vi è descritto il Mon-
ferrato e vi è riprodotto il tipo dell'agricoltore della regione; una
parte è anche dedicata al famoso Santuario di Crea. Lo stesso Vin-
cobrio ha pubblicato su quadretti e tipi pure del Monferrato al-
cune conferenze. Un articolo assai ben fatto di Emilio Roncati
è composto di una prima parte, dove si accenna alle condizioni
delle campagne e alle circostanze politiche e spirituali in cui viveva
il popolo di San Salvatore nel Seicento sotto gli Spagnuoli, e di una
seconda parte dove si narra il miracolo colà avvenuto nel 1010,
da cui ebbe origine il Santuario della Madonna del Pozzo. Più che
I. 3734 — Porta G. DB. Vita I. 3739 — DE Maurizi G., La
Lisandren-na a ra feu du secul pasa, Valle Vigezzo, 2. ediz., Novara,
Alessandria, Tip. Coop., 10925. Dolci, 1925.
I. 3735 — GasparoLo F., Topo I. 3740 — Mitaxo E. La Val
grafia alessandrina == RSNA, N, di Stura = VDI, 1925.
242, (aprile-giugno 1920).
E i I. 3741 — Skkga G. D., Per la
I. 3736 — Corso R., 1! porco di storia del cognome italiano; 11 Sulla
S. Antonio = TI, I, 310 (sett. 1925). continuità dell’onomastica latina-
I. 3737 — AnpERLONI E., / peo POManZa nei nomi propri canave-
catucci femminili negli Statuti del (. piemontesi) = DAR, IV, 5
La * % . (4
Novarese :-- NO, VI, 1-4 (1025), (1920),
nota e commento all’artic. di E. I. 3742 — VixcogBrto C., (Avv°
ANDERLONI NO, VI, 10925. Severino Braccio) Sounett Moun-
I. 3738 — Busrico G., / bandi 7". Casale Monf., Tip. Ballatore
campestri di Antronapiana == NO, Bosco e €. — Ree.: FI, I, 466 (1925).
VI, n. 5-0 (1923). I. 3743 — VixcoBRIO Ci Qua-
ie
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3744-3749
di tradizioni qui può parlarsi di vera e propria storia per l’abbon-
dante documentazione del fatto prodigioso (I. 3744). |
Un romanzo storico del Pietracqua (I. 3745) illustra l’am-
biente della piccola Torino della prima metà del sec. XIX, sve-
lando i segreti e le miserie di quelle innumerevoli viuzze che vanno
man mano scomparendo. Ha ancora uno sfondo folclorico un libro
di poesie di C. Di Roero, trattando di paesi canavesani (I. 3740).
Da questo breve paragrafo del Piemonte si vede che il folclore
inspira gli scrittori del paese, oppure assume un carattere sussidiario
della storia (ricordinsi le idee del Prof. Collino, piemontese). Ciò è
naturale, utile e necessario, ma ben inteso che, a sussidiare questa
o quella scienza (glottologia, storia, ecc.), non si può seriamente se
non da un’altra scienza, e il folclore è e deve essere una scienza.
Sicchè il cit. buon vol. di folclore piemontese della Farinetti nella
Collez. Sorrento è venuto a colmare una lacuna, come meglio ha
potuto: speriamo che in una seconda cdiz. si possa includere e il-
lustrare un più vasto materiale: eccellente è la Nota linguistica
del Terracini che precede il vol.
2. Per la LIGURIA, oltre agli scritti citati dei due Annuari
genovesi della Scuola «Usodimare » intorno alla cultura regic-
nale, ha scritto un libretto interessante sul «folklore civile» di
Savona il Prof. Filippo Noberasco (I. 3747), illustratore egregio
della sua città, il quale in una Miscellanea di prossima pubblica-
zione radunerà quanto è stato scritto sull'argomento.
b cd) G. A. Silla pubblica in un opuscolo proverbi, cantilene,
leggende del Finale (I. 3748). Dal punto di vista della linguistica
si potrà muovere qualche appunto, ma si deve apprezzare il nuovo
materiale che ci viene offerto. |
d) Quattro studî di A. Canepa (IT. 3749-3752) si riferiscono alla
drett e tipi Mounjrin, Bibliotechina
del « Caval ’d Bròns », stesso editore.
I. 3744 — Roxcani E., San Sal-
vatore nel passato. Il Santuario
della Madonna del Pozzo in docu-
menti e nella tradizione, = RSAA,
X, 321 (luglio-sett. 1926).
I. 3745 — PIETRACQUA, Don Pi-
peta PASsilé, Torino, Cosmopolis,
1920.
I. 3746 — Di Roero C., L Ca-
mnavets, Torino, Casanova, 10920.
I. 3747 — Nogerasco F.,, Le
voci del « Brandale », Savona, tip.
Bongio, 1925.
I. 3748 — SILLA G. A., Leggende,
proverbi e cantilene del Finale, Sa-
vona, Brizio, 1925. — Rec.: RP,
XXXIV, 150, apr.-giugno 1926.
I. 3749 — CANEPA A., Note sto-
riche sanremesi, Pontremoli, Ca-
vanna. — Rec,: GSLL, II (luglio-
dic. 1920),
N
— 712 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 2, LIGURIA,
I. 3750-375
più antica storia di San Remo: tradizioni e leggende. L’autore non
respinge l'etimologia che fa derivare la denominazione di « Villa
Matutiana » (il nome antico della città di Sanremo) dalla divinità
italica Matutia; nota per altro dover esser venuto quel nome alla
località dalla «gens matutia », che avrebbe avuto, quale divinità
protettrice, la dea Matutia. Più tardi questa dea si trasformò in
strega, la quale, inseguita dal popolo per i suoi malefizî, si sarebbe
gettata nel ‘torrente San Romolo; così sarebbe avvenuto il cam-
biamento del nome di « Matutiana » in «San Romolo ». Marcello
Campodonico, dando la spiegazione del nome Gattorna (frazione
di Mocònesi), ha occasione di riferire tradizioni del famoso vicino
santuario di Montallegro (I. 3753).
e) Per gli usi culinarî genovesi, ricordiamo un articolo di
À. Schiaffini. Secondo lui, che respinge l'ipotesi di una derivazione
dal neo-greco, « fidelli », cioè piccoli fili di pasta (vermicelli), docu-
mentato nella cucina di Genova verso la fine del sec. XVI, sarebbe
di là passato nel resto d’Italia, escluse la Toscana e la Sicilia, e
anche in paesi stranieri (I. 3754).
f) Del Venerdì Santo e della grande processione in Savona
hanno scritto G. Frumento (I. 3755) e Riello (I. 3756).
g) Per le glorie regionali e locali sono importanti gli scritti
di A. Pescio, su / grandi navigatori liguri (1913), dei quali quello
intorno ad Antoniotto Usodimare è stato ristampato recentemente
(I. 3757); su questo e altri argomenti vari, interessanti diversi aspetti
della vita della regione, si vedano le pagine del Comune di Genova,
che, sotto la direzione del comm. Monleone, ha preso un carattere
I. 3750 — Caxrera À,, Fra tra-
dizioni e leggende, Sanremo, Bian-
cheri. — Rec.: come sopra.
I, 3751 — CAaxEra A., Notizie
su alcuni luoghi del Castrum Sancti
Romuli e sua ubicazione, Genova-
Sestri, S.LA.G. — Rec. come so-
pra,
I. 3752 — CAxEPA À,, Vicende
del Castello di San Romolo = ASLS
(1926). — Rec.: come sopra,
I. 3753 — Camponponico M., /l
nome antico di Spina era forse il
greco Aspina?, = « Alcune comu-
nicazioni presentate al I Con-
gresso Naz. Etrusco», Cortona,
tip. Sociale, 10290.
I. 3754 — SCHIAFFINI A., La
diffusione e l'origine di fidelli « ver-
micelli», fidelini« capellinin = AR,
VIII, 294 (1924). — Rec.: RP,
XXIII, 153 (1925).
I. 3755 — FRUMENTO G.. //
Venerdì Santo a Savona, = «Se-
colo XIX» di Genova, t1. apr.
1920.
I. 3756 — RIirLLO, La grande
processione del Venerdì Santo a
Savona, = «Caffaro » di Genova,
15 apr. 1927.
I. 3757 — PFrescio A,., L’Usodi-
mare, = Annuario della R. Scuola
Compl. Usodimare, Genova, IV,
(marzo-mag. 1927).
— 713 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3758-3765
di rivista regionale. Degli scrittori della città di Savona ha intra-
preso, dicevo, l'illustrazione il Noberasco (I. 3758), come pure di
antiche memorie cittadine che presentano spunti interessanti di
folclore (Î. 3759-3702).
h) Ancora il Noberasco traccia la storia dell’arte savonese,
fornendoci preziose e rare notizie dei principali maestri figuli, dal
sec. XII ad oggi (I. 3763).
Ur posto a parte assegniamo alla larga attività spiegata nello
studio delle memorie e tradizioni liguri, e specialmente genovesi,
da A. Pescio. Per comodità del lettore diamo il risultato dello spo-
glio dei giornali, a cui egli ha collaborato con studî e curiosità va-
riamente importanti dal 1925 al giugno ’27 (I. 3764-4769).
I. 3758 — NoBERasco F., Gli
scrittori della città di Savona, P. I,
(secc. XIV-XVII), Savona, Tip.
Savonese, 1925.
I. 3759 — NoBERAsco F., / se-
coli di Savona cristiana, Savona,
Ricci, 1925. i
I. 3760 — NoBErasco F., L'a-
zione sociale delle Confraternite sa-
vonesi, Savona, Tip. Savonese,
1925.
I. 3761 — NogERAasco F., Cenni
storici su N. S. della Misericordia
apparsa in Savona nel 1536, Pavia,
Sc. Tip. Vesc. Artigianelli, 1927.
I. 3762 — NoBERASscO F., I! co-
miune savonese nei suoi « Statuta an-
tiquissima», Savona, Tip. Savonese,
1927.
I. 3763 — NoBERAScO F., La
ceramica savonese, ASSS, VIII,
221 (1925).
I. 3764 — « Secolo XIX a, a.
1925:
— La donna genovese nella sto-
ria: «La Dogaressa », 2-1. — Pro-
verbi e voci del popolo genove-
se: « Pasqueta » 6-1. — L’infan-
zia della fede: «Maja Materna »,
11-1 — I Marinai dell’« Amedeo »:
« Raffaelin », 17-3 — La Crociata
delle Dame (1301), I, 31-3; II, 2-4
— Nell’anno Casanoviano 1725-
1925: «La Città dei funghi » 21-4
— La Città dei funghi: « Nipoti e
femmes de chambre», 28-4 —
Sulla pietra di Belgrana, 26-4, —
La discesa del Campanone dalla
Torre: «Il bronzo verde », 5-5 —
Il terzo Parlamento della « Com-
pagna »: «Il grifo rosso » 10-5 —
Serenissima, 13-5 — L’OvRAR DEL
GENOES: « La Caravana » 21-60 —
Capelli corti: « Laura e Sofia»,
19-9 — I Consolati Regionali:
« Salutando il Marzocco », 10-12 —
Il Pilota del Mille: « Papa Silve-
stro II, 31-12 — I Liguri all'E-
Stero, 1-2.
I. 3765 — «Secolo XIXo, a.
1926:
— I Santi in Liguria: «La leg-
genda di Sant’Antomo », 17-1 —
Il bastardo canaro: « Folchetto»,
5-2 — La data del silenzio: « La
rinascita del Campanone », 9-4 —
Giorgio e Marco, 24-4 — Richiesta
d'un platano: « Per la gloria verde
di Giorgio Interiano », 260-4 —
Laude dell’artigianato, 9-5 — La
Società Patria delle Arti e Mani-
fatture, 18-5 — Saluto Ligure,
23-5 — Colore dell’Ottocento, 27-5
— L'accademia dò brenno, 3-6 —
Per la bianca Badia dell’Alfabeto,
10-60 — Annotazioni al Dizionario
di
IL FOLCLORE NELLE VARIE REG. 3. LOMBARDIA (E c. TICINO). I.3766-72
3. Accanto alla LOMBARDIA un accenno al Ticixo. Aless.
Visconti (I. 3770), che dagli studî del diritto e della storia si
compiace a volte di passare con simpatica passione a quelli
folclorici, afferma che non solo per il lato linguistico, ma anche
folclorico, l'una regione va unita all’altra, come dimostra la rela-
zione che ha Val di Blenio con la poesia dialettale milanese. Cita
parecchi esempi di poesia popolare ticinese assai simile a canti po-
polari milanesi e comaschi; riferisce poi altri canti di carattere di-
dascalico già pubblicati nel 1892 dal Can. Vegezzi: sono in dialetto
di Lugano del 1830. Temi preferiti di essi sono l’agricoltura e l’eco-
nomia domestica. Riproduce infine una poesia in dialetto di Bel-
linzona, scritta nel 1892, di carattere polemico-satirico, riferentesi
a un episodio di ribellione alle autorità militari nella caserma di
quella città. Mario Gualzata per il toponimo di Orselina si richiama
alla leggenda relativa a quella certa Orsola che vi avrebbe costruito
una capanna, ecc. (1. 3771).
a) Per il folclore cremonese Gino Bottiglioni ha trascritto
«alcuni canti e qualche leggenda » (I. 3772). Di poesia popolare
Genovese: « Vianda », 20-60 — La — Genova di Balilla: « Li Ba-
ospitalità di Baciccia: Elogio dei
« foresti », 24-60 — Cittadina Cro-
naca: «Tram-tram », 1-7 — Me-
morie della Lanterna: « Storie di
pirati e glorie di marinai », I, 6-7;
1I, 8-7 — Per la glonia dell’arte
genovese: « Il Centenario di Luca
Cambiaso », 26-11 — Il medico dei
sani, 23-12. ;
I. 3766 — «Secolo NIX», a.
1927:
— Calendario; «E messe dò
Scio’ Manùelo », 6-1 — Calendario:
« A féa de Sant'Aga », 2-2 — Con-
torno alla Cuciniera Genovese:
«Il poeta delle trofftie », 20-3 —
Per non morire: « Il Museo Etno-
grafico Ligure » (già citato), 21-4
— Arte, storia e spazzatura, 10-5
— Frammenti de « La Domenica »:
« O’ passaggiu », 14-6 — Gli scagni:
«Quella de Casse », 28-6 — Me-
moriette d’Imene « aspetate... fin
al sabo a nocte », 21-27.
I. 3767 — « H Marc », a. 1927;
ciccini » 5-2 — Noi Genovesi: « Ge.
nova e il Rinascimento, I, 20-2:
II, 5-3; IIT, 12-3 — Qualcuno dei
più: « L’Impresario Daniele Chia-
rella », I, 20-3 — Uno dei più, II,
2-4 — La Dogaressa più bella:
« Violantina Giustiniani Adorno »,
21-53 —.
I. 3768 — « Ilsuccesso », a. 1925:
O Campanon da Compagna, 22-2.
I. 3769 — « L'Italia» (Valpa-
ralso), a. 1927:
L'Accademia dò brenno, 17-7.
I. 3770 — Visconti A., Alcuni
saggi di poesia popolare ticinese
= ASSI, I, 200 (apr.-sett. 1926).
I. 3771 — Guarzarta M.,, Di al-
cuni non locali del bellinzonese e
locarnese, = AR, VIII (1924). —
Rec.; ID, I, 267 (1925).
I. 3772 — BortTticLIONI G., Per
il folklore cremonese (Canti e leg-
gende), Cremona, Un. Tip. Cre-
monese, 1925.
— lo —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3773-3780
valtellinese ha discorso la Prof. Giuseppina Lombardini in una bella
conferenza che apparirà nell’Annuario di quest’'anro del R. Istituto
tecnico di Sondrio. d) La stessa Lombardini riferisce e illustra op-
portunamente proverbì valtellinesi (I. 3773).
d) Questa brava studiosa fa un simile lavoro per le leggende
e tradizioni del medesimo paese (I. 3774). Un altro lavoro, pre-
miato al concorso bolognese dell’« Associaz. Nazion. Pro monu-
menti e paesaggi d’Italia », sulle leggende della terra di Bormio è
di Rina Lombardiri-Rini (I. 3775). Sul folclore bormiese sta pre-
parando do tempo un lavoro completo Tullio Ulrangio Tazzoli.
Sul prato di S. Michele, tra Solto e Zorzino, dove sorge una chie-
setta, è fiorita una leggenda di un signorotto, tipo di Don Rodrigo,
punito da Dio (I. 3776). Ricordo anche qui che la Valtellina nei
canti dei suoi poeti è argomento che ha spronato le ricerche di
P. Ambrosetti (I. 3777). Per il Bresciano sono state studiate da
A. Morandini alcune leggende camune (Valcamònica): fuochi di S.
Giovanni ecc. (I. 3778). :
e f) Un’usanza della Croce quale segno di confine è illustrata,
come nota di varietà (I. 3779). Essa è confermata, con la pubbli-
cazione di qualche periodo contenuto in una pergamena del 1171,
come antica nel Comasco (così come a Rivoli, in Piemonte, e nei
bacini della Lozère in Francia). « Probabilmente si voleva conferire
a quel testimonio di confinanza maggiore solennità e maggior ri-
spetto, ponendo la proprietà sotto l’usbergo del simbolo cristiano
della redenzione ». Usanza caratteristica è quella delle milizie tra-
dizionali della Valle Anzasca. L'origine si fa risalire da Carlo Pu-
gliesi (I. 3780) al sec. XVII, al tempo delle guerre del duca di Sa-
voia, Francia, Spagna e Venezia per la successione del ducato di
I. 3773 — LomBaARDINI G., Pro-
verbi valtellinesi = « Annuario R.
Ist. tecn. di Sondrio », Sondrio,
Tip. M. Washington, 10920.
I. 3774 — LomBarpiNI G., Leg-
gende e tradizioni valtellinesi =
«Ann. R. Ist. tecn. di Sondrio »,
Tip. Mevio, 1025.
I. 3775 — Lomrgarpixi-RINI L.,
Bellezze e leggende della terra di
| Bornito, Tirano, Tip. Bonazzo, 1025.
T. 3776 — Roxncnie U. Un
Rodrizo bergamasco == RDB,
10925.
Don
gen.
casca =
I. 3777 — AMBROSETTI P., La
Valtellina nei canti dei suot poeti
= «Annuario del R. Ist. tecnico
di Sondrio », Sondrio, tip. Mevio,
1025.
I. 3778 — MORANDINI A., Leg-
vende camune = IC, XXII, n. 2
1020).
I. 3779 — Nota di Varietà. U-
sanza della Croce come segno di
confine, — ASSC, XXVI, 81 (1926).
I. 3780 — Puctiesi C., Le mi-
lisie tradizionali della Valle An-
VDI, ott. 1926.
sti
IL FOLCLORE NELLE VARIE RKEG,: 3, LOMBARDIA (E c. Ticino), I. 3781-86
Mantova e Monferrato. Il Governatore di Milano costituì questa
che si chiamò la Milizia delle Terre. Da questa leva in massa tras-
sero origine le milizie tradizionali di Bormio e Calasca. Le uniformi
dapprima erano quelle spagnuole, e al principio del secolo scorso
ne furono adottate nuove ad imitazione di quelle napoleoniche. In
determinate solennità queste milizie si radunano, vengono equi-
paggiate e sfilano. Nel 1922 nel III Centenario erano in numero
di 500 uonuni coi graduati, nominati annualmente. La cerimonia
dell’adunata e della sfilata ha un’'ingenua pompa pittoresca. —
Le solennità del Natale e del Capo d'anno sono descritte, però con
poco ordine, da G. Sabbadini (I. 3781): Ceppo coi relativi signi-
ficati; presepio e regali; soprattutto fenomenali pranzi natalizî. A
proposito, per Milano gastronomica abbiamo un interessante articolo
di curiosità dialettali del Prof. Reale (I. 3782). L'« Associazione
granaria di Milano» ha testè pubblicato un elegante volumetto,
ma, mentre vi si parla del pane nella Bibbia e nell'Egitto antico,
venendo al Ducato di Milano si trovano notizie disordinate e scarse,
mentre l'argomento è così ricco d’interesse (I. 3783). Perchè nel
paragrafo dei proverbi sul pane non si sono scelti quelli milanesi
e lombardi, come a un certo punto prometteva l’autore del libro?
g) Tra le memorie antiche è stata riprodotta una lettera del
Sindaco di Vigevano a quello di Alessandria (I. 3784), in data del
20 giugno 1853, dalla quale risulta che prima delle esecuzioni ca-
pitali si usava suonare solennemente le campane e far passare con
pompa per le strade il condannato, impartendogli la benedizione
durante una sosta davanti a una chiesa. Questa usanza storica me-
rita, a nostro parere, una più ampie illustrazione. Di convenzioni
fra il Comune di Ceto (Brescia) e i conti Lodroni di Cimbergo (1490)
si occupa R. Putelli (I. 3785); A. Petriboni, anche per il Bresciano,
tratta di un fraterno attestato di rozzezza nel Cinquecento (I. 3780).
Spunti folclorici intorno a Caspano (Sondrio) e a paesi li-
I. 3781 — SABBADINI G., Na- I. 3784 — .Memorie e motizie.
tale e Capo d'anno in Lombardia Solennità che usavansi prima del
= FE, III, fasc. I (1925). 1859 nelle esecuzioni capitali —
RSAN, IX, 380 (ott.-dic. 1925).
I. 3785 — PUTELLI R., Conven-
cioni tra il comune di Ceto e i
conti Lodroni di Cimbergo = IC,
XXXII, 5 (1925).
I. 3782 — Reale C., Osserva-
zioni sul dialetto Milanese = «Ann.
della Civica Scuola G. Schiappa-
relli », Milano, 1925.
I. 3783 — Panem nostrum: I. 3786 — PETRIBONI A., Un
«L'Associazione granaria di Milano fraterno attestato di rozzezza nel
nel Venticinquennio di sua vita», Cinquecento = IC, XXII, n. 11
Milano, 1926. (1925).
dr rgre
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3787-3795
mitrofi contiene una pubblicazione del Sac. Dott. Giovanni Li-
bera (I. 3787). Varie memorie di luoghi e avvenimenti della vec-
chia Milano formano il contenuto di un recente volume di Otto
Cima (I. 3788). E. Eichmann fa uno studio piuttosto giuridico che fol-
clorico del cerimoniale del rito lombardo dell’incoronazione (I. 3789).
Offrono particolare e vivo interesse alcuni serî studî storico-locali di
Alessandro Colombo (I. 3790-3792). Infine abbiamo un grande volume,
prezioso per l’iconografia, della vita milanese negli ultimi tre se-
coli (I. 3793). Del settecento è stato edito un sonetto in dialetto
lodigiano preceduto da una strofetta d’introduz, pure in dialetto:
notevole l’uso del passato remoto (I. 3794).
4. Veniamo alla Venezia tridentina o comunemente TREN-
TINO, al cui folclore il Prati ha consacrato il cit. primo volume
della Collez. Sorrento, ordinato sistematicamente e degno di una
seconda edizione più ricca: la prima volta. il valente Autore ha
incontrato le resistenze dell’editore, il quale, in un primo momento,
avrebbe voluto misurare il materiale folclorico secondo la super-
ficie delle regioni.
a) « Il Trentino, dopo il tenace Piemonte, appare a più segni
la regione alpina che meglio ha saputo conservare le vecchie can-
zoni della nazione ». Così Albino Zenatti nella « Strenna trentina
letter. e art. per l’anno 1892 ». Queste vecchie canzoni e antiche
usanze egli aveva in animo di pubblicare. La nobile e delicata im-
presa è stata in questi anni assunta dalla signorina A. Pasetti con
la pubblicazione di canti popolari trentini (1923) e con un'altra
recente di canzoni narrative (I. 3795) raccolte dal compianto Ze-
natti, e accompagnate da note illustrative, in cui sono segnate le
corrispondenti lezioni delle altre regioni italiane e indicati gli studî
I. 3787 — LiBERA G., Cronistoria no nell’Evo antico = NRS, X,
di Caspano e dei paesi limitrofi,
Como, Tip. Volta, 1926.
I. 3788 — CIMA O.,, Milano vec-
chia con 50 illustraz., Milano, Tre-
ves, s. d.
I. 3789 — EIcHMann E,, Per
la storia del rito lombardo dell’in-
coronazione = « Histor. Jahrb. »,
NLVI, 517.
I. 3790 — CoromBo A,, Sulla
ubicazione dei Campi Raudii =
BSBS, XXVII (1925).
I.3791I — CoLomBo A., Ni Mila-
(1926).
I. 3792 — CoLomBo A,, ZI Gero-
solimitani e i Templari a Milano
e la via Commenda = ASL, LIII
(1926).
I. 3793 — BERTARELLI A., Moxn-
TI A., Tre secoli di vita milanese
(1630-1875), Milano, Hoepli, 1927.
I. 3794 — Dialettologia lodigia-
na del settecento= ASLO, luglio1r925.
I. 3795 — PASETTI‘A., Canzoni
narrative raccolte a Chizzola nel
Trentino = SR (1926).
— 718 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 4. TRENTINO, I. 3796-3800
fatti sui singoli canti. Più che di canti, ci parla dell’usanza di an-
tiche poesie del Natale nella Val di Non e Val di Sole, Antonio Tieger
(I. 3796). Il primo dell’anno e il giorno dell’Epifania tre ragazzi,
che dovevano raffigurare i tre magi, con una stella di carta illu-
minata come un palloncino veneziano, giravano per le strade e sotto
le finestre delle abitazioni principali cantavano un piccolo canto
« Puer natus ». Quest’'usanza fu combattuta dalla Chiesa, mediante
«grida » del Vescovo di Trento. Ma rimase annidata qua e là, e ora
sopravvive nei canti delle « beghenate ».
c) Un M.1. g. ci parla, in una breve nota (I. 3797), dei giuochi
infantili e popolari, d'azzardo o no, rifacendosi dall'epoca romana
e citando i nomi latini e i nomi dialettali di questi giuochi. Ter-
mina la nota con alcuni proverbi dialettali relativi al giuoco. L. Ce-
sarini-Sforza (I. 3798) ci da un cenno d’un'usanza alquanto bar-
bara, che cessò in Trento nel 1804. Consisteva nel tirare il collo a
un'oca penzolante da una fune sopra una strada, a una certa al-
tezza, stando a cavallo di ronzini che venivano spinti a tutta corsa.
(La stessa usanza ho visto praticata ancora nei primi di questo
secolo in villaggi etnei). Altra giostra curiosa era quella che si cor-
reva nell’Adige, nuotando per afferrare il medesimo collo dell'oca
che pendeva al di sopra. Lo stesso noto studioso ci fa conosgere
che uno scrittore del Seicento parla del giuoco del pallone, affer-
mando che era molto in voga a Trento. Altrettanto usato era il giuoco
della racchetta (palla alla corda, pallacorda) (I. 3799).
d) Della leggenda di S. Romedio anacoreta trentino si oc-
cupa Giuseppe Gerola (I. 3800). Ristudia questi la questione sotto
il più radicale punto di vista, ricercando se quel Santo sia in realtà
esistito. Tralasciando la storia della discussione, non fermandosi
in particolari di carattere locale, non facendo osservazioni sullo
spirito generale delle leggende agiografiche, l'A. dice di voler en-
trare nel « vivo della questione », trattando delle testimonianze più
antiche del culto di S. Romedio nella valle di Non, dove sull’erma
rupe attigua al villaggio di Tavòn sorge l'omonimo Santuario. Dopo
I. 3796 — A. T.,, I vecchi canti I. 3799 — CESARINI-SFORzA L.,
di Natale. Il puer natus = ST, 1! pallone e la racchetta a Trento
VII, 76 (1926). in tempi passati = ST, VI, 252
I. 3797 — M. L. G., I gitochi di (1925).
destrezza e abilità = ST, VI, 183 I. 3800 — GEROLA G., La leg-
(1925). genda di S. Romed'o anacoreta tren-
I. 3798 — CesariNnI-SFrorza L., tino = ARIV, LXXXV, 427 (1925-
La corsa o giostra all'oca in Trento 1920).
= ST, VI, 181 (1925).
— 719 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. . I. 3801-3805
aver fatto un esame di codeste testimonianze, e persuaso com'è
per conto suo che gli studiosi siano «simili un po’ a quei bambini
1 quali non si danno pace finchè non hanno infranto i balocchi per
esplorarne l'interno », il Gerola crede di venire alla conclusione:
«la critica storica sembra condannare l’intera leggenda ».
e) Un cenno di usanze nuziali della Val Giudicarie fa O. Cri-
stoforetti (I. 3801): alla sposina vengono presentati una vanga, una
zappa e un rastrello, simbolo del lavoro. E per lo stesso luogo l’au-
tore ci parla di costumanze tradizionali (I. 3802), come la semina
degli ortaggi il Venerdì Santo, la semina dei fagioli in tre giorni
determinati (S. Marco, Invenz. della Croce, Appar. Vergine di Ca-
ravaggio). Nei paesi di questa valle il Sabato santo è particolar-
mente propizio alla campagna, e i contadini usano tenersi pronti
sui campi al lavoro, per attendere in tal guisa il suono delle cam-
pane che annunziano la Risurrezione. Di costumi atesini nei musei
e nei balli parla un valente giornalista sotto il pseudonimo di
Don Ferrante (I. 3803).
f) Un'usanza, specie di festa o spettacolo, era assai in voga
nel medioevo, tanto che la troviamo a Bressanone, come a Parma
e in Sicilia, secondo le documentazioni esistenti. In un giorno che
seguiva il Natale, di solito il 27 dicembre, un ragazzo veniva ve-
stito degli abiti vescovili e pontificava come fosse stato veramente
il vescovo. In origine la festa poteva avere uno scopo di umiltà;
poi tralignò, divenne una carnevalata e fu abolita e proibita. Così
pure venne con ogni mezzo combattuta dalla Chiesa la famosa «festa
degli stolti» che si celebrava ai primi dell’anno, e specialmente a
Reims, a Lilla, ad Amiens, con dimostrazioni grottesche e sciocche
in onore di un simulacro di «vescovo degli stolti». Tutto questo
è narrato in forma di appunti da Don Simone Weber (I. 3804).
g) Tra le memorie storiche, troviamo riprodotta una « grida »
del 1557, pubblicata a Trento contro il giuoco d'azzardo (I. 3805),
mentre il giuoco del Lotto vi fu introdotto nel 1779! «Il vescovo
di Trento aspettò, si può dirc, fino all’ultimo limite possibile, ma
I. 3801 — CRISTOFORETTI O,. = RVT, VIII, n. 9 (1926).
Costumi matrimoniali = ST, VII, I. 3804 — S. W., La rappresen
fasc. >). .
asc. II (1926) tazione del vescovo degli scolari a
I. 3802 — CRISTOFORETTI O., Bressanone e la festa dei matti =
Usi agricoli = ST, VII, fasc. II ST, VI, 78 (1925).
(1920): I. 3805 — MARTINUS, Gitrochi
I. 3803 — Don FERRANTE, Dei d'azzardo proibiti nel Medio evo
costumi atesini nei musei e nei balli = ST, VI, 253 (1925).
— 720 —
fu costretto anche lui a seguire la corrente, visto che tanti erano
i giuocatori di lotteria, i quali portavano i propri denari alle casse
di amministrazioni forestiere ». Così il Tieger (I. 3806). Secondo
V. Maggio (I. 3807) chiamavansi «gabanoti » nelle valli trentine
piccole monete d’argento del valore di un decimo di fiorino, va-
luta austriaca del secolo passato. La denominazione avrebbe avuto
origine nei tempi napoleonici, quando i Tirolesi difendevano il paese
dalle truppe francesi. Poichè essi portavano corte giubbe (gabàn,
dimin. gabanot), e oltre alle giubbe portavano denari, così 1 de-
nari avrebbero acquistato il nome dei possessori. Della illustra-
zione delle abitazioni temporanee della Valle d’Ala si occupa M.
Rondelli nelle pubblicazioni periodiche dell’Ist. Geogr. Militare
(I. 3808). Un cenno d’illustrazione del Santuario della Madonna
della Corona sito nel basso Trentino ha scritto con tono disinvolto
Aldo Gabrielli (I. 3809). II. Tomazzoni porta il suo contributo alla
risoluzione dell’agitata questione circa il confine meridionale fra
il territorio trentino e veronese al tempo dei Romani e circa l’iden-
tificazione di Sarnis tridentina, quasi alle porte del villaggio di
Chizzola (I. 3810).
h) Tra le curiosità d’arte popolare in Val Gardena notiamo
uno studio di G. Carignano su animali sacri, domestici e feroci la-
vorati in legno soprattutto per il presepe e in generale sull’inge-
nua arte che ispira tale lavorazione (I 3811).
5. Della VENEZIA EUGANEA, la parte che va dal Sempione al
Piave è illustrata da Guido Bustico (I. 3812): «costumi, usanze
più caratteristiche, canti, giuochi, mentre, soffermandosi sul ce-
rimoniale nuziale nel Bellunese, ricorda alcuni riti ed usanze che
trovano riscontro fedele o vivono nell'Italia meridionale». Il folclore
di tutta la regione è illustrato con vivo amore da D. Olivieri nel
cit. vol. della Collez. Sorrento.
I. 3806 — A. T, Quando fu
introdotto a Trento il gioco del lotto?
= ST, VII, 77 (19206).
I. 3807 — Maccio V\., / gaba-
noti = ST, VI, 255 (1925).
I. 3808 — RonDELLI M., Le
abitazioni temporanee della Valle di
Ala = LU, VI, n. 7 (1925).
I. 3809 — GABRIELLI À., La Ma-
donna della Corona = LL, NXNVI,
718 (I sett. 1920). |
I. 3810 — Tomazzoni U., Sarmis
Tridentina = ATH, V, 54, (apr.
1927).
I. 3811 — CARIGNANO G., Ant-
mali sacri, domestici e feroci in
Val Gardena = RVT, VIII, n. 8
(1920).
I. 3812 — Bustico G., Dal Sem-
| pione al Piave: Pagine raccolte,
con illust., Vercelli, Gallardi e Ugo,
1025. — Rec.: FI, I, 330 (giugno-
sett. 1025).
— 721 —
Aevum - Anno I - 46
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3813-3820
a) Di su i mss. del Righi della Bibl. Comunale di Verona,
Arrigo Balladoro pubblica ventitrè strofette del popolo veronese
riguardanti fatti politici dalla sconfitta del gen. Melas a Marengo
fino alla guerra del ’66 (I. 3813). Egualmente sono illustrati brevi
canti popolari veronesi, con note e un’appendice bibliografica (I. 3814).
b) Lo stesso egregio illustratore di Verona ci dà in ordine
alfabetico un mazzetto di 250 proverbi veronesi che si aggiungono
ad altri già editi e illustrati da lui in precedenti pubblicazioni (I. 3815).
E altresì 65 modi di dire con la traduzione italiana (I. 3816).
d) L'infaticabile Balladoro studia le tradizioni riguardanti il
celebre santo veronese San Zeno con riferimenti a tradizioni ana-
loghe di altre parti d’Italia, come ad es., la leggenda «del prodi-
gioso passaggio del Mar Rosso effettuato da San Zeno mediante
il mantello disteso sulle onde ». Tale leggenda, che il nostro stu-
dioso avvicina all'altra simile attribuita al beato Andrea da Pe-
schiera, è, soggiunge il recensore, analoga a quella calabrese su
S. Francesco di Paola che si servì del mantello per attraversare lo
stretto di Messina (I. 3817). Della leggenda di Egidio re di Padova
si occupa Gio. Fabris (I. 3818).
Ancora, in questo paragrafo, è da ricordare la pubblicazione
di tre novelline dialettali veronesi del Balladoro. È più importante
quella abbastanza nota del « Vescovo che aveva fatto un uovo », la
quale sta a dimostrare come le donne non sappiano tenere i segreti.
E lo studioso fa parecchi riscontri e cita anche un passo di Plutarco,
contenuto nell’« Opuscolo della loquacità », dove si riferisce una sto-
riella analoga (I. 3819). Ancora recentemente lo stesso Balladoro
ha raccolto dal popolo e illustrato altri tre racconti del Garda: E/
signor e la morte, El vecio e la morte e I tre stupidi (I. 3820). Una
I. 3813 — BaLLaADORO A., Canti
politici del popolo veronese = FI, I,
47 (marzo-1925).
I. 3814 — BaLLADORO A., Quat-
tro canti popolari veronesi raccolti
dal RiGHI = FI, I, 168 (giugno-
sett. 1925).
I. 3815 — Bartanporo A., Un
mazzetto di proverbi veronesi = FI,
I, 401 (dic. 1925).
I. 3816 — BaLLaDporo A., A/cumne
locuzioni del dialetto veronese = FI,
II, 121 (ott. 1926).
I. 3817 — Barraporo A., S.
Zeno nellatradizione corale veronese,
Estratto dalla « Miscellanea per le
nozze Brenzoni-Giacometti », Ve-
rona, 1924. — Rec.: FI, 1, 142
(marzo 1925).
I. 3818 — FABRIS G., La leg-
genda di Egidio re di Padova, Estr.
dalnum. unico per il « I Centenario
del Museo Civico », Padova, 1925
I. 3819 — Battraporo A., Tre
novelline dialettali veronesi = FI, I,
(giugno-sett. 1925).
I. 3820 — BaLrtaporo A., Ira-
dizioni popolari del Garda = «Il
Garda », marzo 1927.
251
— 7122 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 5. VENEZIA EUGANEA, Î. 3821-24
versiong chioggiotta pubblica e illustra Lorenzo Padoan (I. 3821),
di una novellina popolare sparsa in Italia anche sotto altri nomi.
Nota l'editore: «La nostra versione è tra quelle che più e meglio fan
pompa di latinismo e meno sono state italianizzate: così, mentre i
nostri vocaboli son otto, tutti i primi quattro attestano codesto
latinismo. Ma dal quinto in poi lo stile cambia: il nostro prete
dimentica del tutto il latino, subisce l’influsso dell'ambiente suo
veneziano, del quale poi si libera dietro a una fulgida remini-
scenza biblica ».
e) Anche di Verona rileva usi e costumi Vittorio Fontana
attraverso gli scrittori dialettali (poeti e prosatori) dell’insigne città
(I. 3822). Una costumanza nuziale veneziana è rilevata da un vec-
chio documento che il Molmenti ora illustra (I. 3823): cioè lo strappo
o furto di una pezzuola che un giovine faceva a una fanciulla a
scopo di matiimonio, causa di punizioni non lievi da parte della
giustizia, come avveniva per il noto uso di baciare nella pubblica via
una ragazza che si voleva impalmare a qualunque costo. Al qual
proposito il Corso ricorda le parole del pontefice Sisto V: « Le mogli
si devono domandare con le ragioni dovute, non con le violenze...
I genitori non saranno più padroni della volontà delle loro figliuole,
perchè subito che ad un ragazzo salta in testa di maritarsi con una
figliuola, se gli verrà negata, la bacierà in strada, per obbligare i
genitori a dargliela ». Ed a chi gli faceva osservare che, essendosi
celebrato il matrimonio, ogni colpa era cancellata, l’acuto papa
rispose: « Questo è buono per le parti interessate, non già per gli
interessi della giustizia, che è stata la prima offesa ». Dicendo giu-
stizia, egli voleva significare la morale, la società, lo Stato che ne
erano turbati. Così commenta egregiamente il Corso (I. 3824), il
quale, in particolare per la suddetta usanza della pezzuola involata,
ritiene che la ragione della gravità delle pene « derivava dall'idea
fondamentale o rappresentativa del rito, in un tempo in cui ge-
nerale era l'orrore per la stregoneria; e cioè che, a contatto col corpo
umano, un oggetto ne ritragga e conservi l’essenza biopsichica,
tanto da consentire che l’affatturamento operato sull'oggetto vale
come se fosse fatto sull’individuo ».
Un lavoro che riguarda tradizioni delle lagune intorno a stregoni,
I. 3821 — PaboàAn L., La Fiaba I. 3823 — MOoLMENTI P. = IM,
de Domine-Domina, Nozze Molin- 21 nov. 1026.
Silvestri, Verona, 19 feb. 1925. 1. 3824 — Corso R., Sopra al-
I. 3822 — FONTANA V\., Verona cune costumanze nuziali in Ve-
attraverso î sttoì scrittori dialettali, nezia = FI, II, 301 (marzo 1927).
Verona, Bettinelli, 1924-25.
— 723 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 3825-3830
AE IA ER
fate, anime dei morti, si deve a R. Battaglia (I. 3825). Il quale
fa raffronti con altri paesi barbari, trascurando l’Italia. Questo è
uno dei casi in cui si ricorre al metodo comparativo senza un giusto
criterio o senza misura. Eppure il B. è uno studioso molto serio.
In altro non meno importante studio veneto (I. 3826) i raffronti
coll’Italia, cioè colle regioni più vicine, sono concreti e persuasivi.
f) Della nota opera di Alfred Mortier su Ruzzante è inte-
ressante il I volume, ove sono studiate la poesia padovana e vi-
centina, la satira del contadino, la commedia popolare in Italia,
la commedia dialettale, ecc. (I. 3827).
g) Intorno a viaggi del Poverello nel Veneto si è parlato in
occasione del VII Centenario francescano (I. 3828).
6. Nella VENEZIA GIULIA comprendiamo il Friuli, Trieste e
l’Istria, il Quarnaro (Fiume). Senza pregiudizio della unità regio-
nale delle Venezie, circoscritta nella giurisdizione romana ed ec-
clesiastica, qui parliamo a parte del FrIULI, perchè i folcloristi lo
considerano a sè, e credo non soltanto per ragioni linguistiche, ma
anche per motivi folclorici.
Il Friuli è una delle parti d’Italia più largamente studiate.
Non solo gli studiosi sono in gran parte ben preparati, ma hanno
la virtù di costituire Società e Riviste, ben organizzate e ben con-
dotte, che sono veramente benemerite nel campo della storia, della
letteratura, del folclore e della dialettologia. Tra i lavori d'insieme
e generali citiamo anzitutto la ricca e bella Antologia della lette-
ratura friulana di Bindo Chiurlo (I. 3829). Interessano per il fol-
clore queste parti del volume: ninne-nanne, canzoncine a ballo;
lamenti funebri; preghiere; villotte; canzoni popolari varie e can-
zoni di Natale; fiabe e leggende; proverbi e anche tre leggende
elaborate dalla scrittrice Caterina Percoto. Rievocazioni sommarie
di vita udinese ha dettate Enrico Biasutti (I. 3830). Un Discorso
I. 3825 — BATTAGLIA R., Fol-
Rlore delle Lagune Venete = RDA,
XXVII (1925).
I. 3826 — BATTAGLIA R.,, So-
pravvivenze del rombo nelle pro-
vincie venete = « Studî e Materiali
di Storia delle Religioni », Roma,
An, Romana Edit., 1925.
I. 3827 — Un dramaturge po-
pulatre de la Renaissance italienne,
RUzzaNTE par A. MORTIER, voll. 2.
Paris, Peyronnet e C.ie, 1925.
I. 3828 — RIU, III, n. speciale
franc. (1926).
I. 3829 — CÒÙiurto B., Antologia
della letteratura friulana, Udine,
Libr. ed. udinese, 1927. — Rec.:
RSFF, VII (nov. 1926).
I. 3830 — BIASUTTI E., Rievo-
cazioni sommarie di vita udinese —
« Giornale del Friuli », 6-1-1925.
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 6. FRIULI,
I. 3831-3836
sul Friuli liberato, che il compianto Prof. Giuseppe Ellero doveva
pronunziare a Como il 9 nov. 1918, è apparso quest’anno in pub-
blico (I. 3831). Per lo studioso del folclore è interessante l’ultima
parte che riguarda il carattere e lo spirito del popolo friulano at-
traverso la lirica popolare, specialmente attraverso le villotte, che
l'autore confronta coi rispetti toscani, rilevandone le caratteri-
stiche differenze. Nè possiamo tralasciare di notare la buona im-
pressione suscitata dalla conferenza tenuta da Chino Ermàcora al-
l'Università popolare milanese, il 25 marzo 1927, sul Friuli eroico,
con numerose proiezioni ed esecuzioni di villotte. Come si vede,
la poesia popolare viene considerata come base per ricostruire e
rintracciare l’anima friulana.
Così ha pure fatto Achille Tellini, al quale siamo partico-
larmente obbligati per alcune buone indicazioni bibliografiche. Egli
in un recente studio (I. 3832), che è la seconda parte di un lavoro
già pubblicato per nozze, dalle 4500 villotte finora raccolte trae
motivi e concetti ordinati sistematicamente. Il capitolo più vasto
riflette l’amore, ed è molto suddiviso in paragrafi. Seguono questi
altri: famiglia, patria, moralità, lavoro, vita di stenti, divertimenti,
giustizia, fede, sentimento della natura, malanimo, umorismo.
Anche nelle poesie dialettali abbiamo la pittura dell'anima, del
gusto, dell’ambiente del Friuli. Per es. P. Someda De Marco (I. 3833)
mescola ai ricordi della guerra visioni della vita, della campagna
friulana, ecc.; caratteristici sono pure 1 versi di gusto friulanissimo
di E. Fruc. Ma dei poeti (I. 3834) dialettali parleremo in luogo di-
stinto.
a) Non del contenuto, ma del carattere lirico e musicale della
villotta, fa un breve e acuto studio E. Morpurgo (I. 3835). Premette
la tesi dell'origine non collettiva, ma personale dei canti popolari;
esamina il metro, il motivo musicale, il modo con cui si eseguisce
la villotta, e le sue proprietà formali. Di particolare importanza
è la raccolta, edita da Francesco Spessot (I. 3836) di 313 villotte
I. 383I — ELLERO G., Il Friuli
liberato = LP, IV, 6 (gen.-feb.
1927).
I. 3832 — TELLINI A, Senti-
menti ed affetti nella poesia popo-
lare dei Ladini del Friuli = RSFF,
VII, 35, 64, 127 (1920).
I. 3833 — SOMEDA DE Marco P.,
I miò Zardin, Udine, Ed. La
Panarie, 1920.
I. 3834 — Fruc E., Antigais
Udine, Ed. La Panarie, 1926.
I. 3835 — Morpurco E.,, La
villotta friulana = LP, II, 129
(maggio-giugno) 1925.
I. 3836 — SpressoT F,, Niloftis
furlanis respadis a Farra e lenti
intòr = vol. IV degli « Studi gori-
ziani », Gorizia, Tip. Sociale, 1926.
— 725 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3837-3842
del Friuli orientale e più specialmente di Farra e dintorni, sulla
riva destra dell’Isonzo tra Gorizia e Gradisca: sono in generale va-
rianti delle migliaia già note. Non ho potuto vedere tre villotte che
credo siano musicate dal Pozzo (I. 3837). Un contrasto (fra Menico
Testa d'asino e Rosina) è stato raccolto dal Fabris (I. 3838) a Le-
stizza, facendolo risalire al 500. Di questo genere di componimento
vi sono altre lezioni, compresa la elaborazione letteraria del Collo-
redo; per la Lombardia una ne ho raccolta e inserita io nel cit.
vol. Lombardi di A. Visconti. Il contrasto avviene fra un marito
che rincasa ubbriaco e la moglie che lo rampogna aspramente; i
due vengono alle mani e, dopo che la moglie si è preso un ceffone,
avviene la riconciliazione finale. Sono 62 quartine in forma metrica
simile al sirventese tetrastico. «Pastorale» del Natale e un'antica
preghiera popolare ha pubblicate un anonimo (I. 3839).
b) Il Rupil ci parla dei motti con cui gli abitanti di un borgo
definiscono quelli di un altro, prendendo lo spunto da qualche par-
ticolarità storica o geografica o giuocando di parole sul nome dei
paesi. Qui sono messi in modo da parodiare le litanie che si can-
tano in chiesa (I. 3840). Più giù registreremo qualche leggenda sul
medesimo argomento. Di alcuni proverbi riguardanti le stagioni 0
pronostici meteorologici sono riportate varianti di diversi paesi da
L. D'Orlandi: è molto utilizzata la raccolta dei proverbi friulani
dell’Ostermann (I. 3841). i
c) Di giuochi a Cividale nel Medioevo si occupa G. Marioni
(I. 3842).
d) Oltre alle villotte, le leggende e fiabe ono una speciale
cura degli studiosi friulani. Della leggenda di Silverio, da cui trasse
ispirazione il Carducci, ho parlato (I 3573 e 3574). Un lavoro molto
serio è quello di Giuseppe Marchetti Longhi, in cui è studiato « quel-
l'intreccio tra storia e leggenda che, nel Friuli più forse che altrove,
offre la riproduzione di un quadro sempre vivo e fedele delle passate
vicende, avvolto talora di un velo che maggiormente induce a spin-
gere in esso lo sguardo per indagarne il mistero ». Gli argomenti
I. 3837 — Pozzo A., Ire Vi
lotis, Udine, Ed. La Panarie,
1925.
I. 3838 — FABRIS G., Zl con-
trasto fra Meni Ciaf-di-Mus e Îo-
sute, RSFI — VI, 098 (1925).
I. 3839 — X, Pastorale di Nadal
ed antica preghiera popolare =
CE, II, n. 9-10 (1920).
I. 3840 — Rupitr B. Lis litaniis
di quasi duc' 1 paîs de Ciargne
= CF, II, n. 1-2 e 3-4 (1927).
I. 3841 — D’OrLANDI L., .4/-
cuni proverbi e loro varianti = Cl,
II, n. 3-4 (1920).
I. 3842 — MARIONI E., Gittochi
a Cividale nel Mediocivo, = « Pa-
tria del Friuli », 31-3 1925.
— 726 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: ©. FRIULI.
1. 3843-3851
esaminati sono: S. Marco, Aquileja e Venezia; le leggende di Aqui-
leja; le origini del Patriarcato e la leggenda di Alboino; la leggenda
di Gisulfo: Paolo Diacono; la leggenda di Paolo Diacono; il patriar-
cato di Aquileja; i castelli del Friuli: Duino, Miramare; la leggenda
di Dante (I. 3843). Ecco ancora alcuni titoli di leggende fatte co-
noscere pure in questi tempi: La leggenda del romitaggio di S. Rocco;
La vergine Colomba, aquilejese, protettrice di Osoppo (in italiano;
di dubbio valore storico e folclorico); La fujazze de Madone, scritta
nel 1884 e già altra volta pubblicata; Teodolinda della Groina, leg-
genda goriziana del 1320, piuttosta in veste letteraria, che popo-
lare; Lu Signuar e san Pieri (I. 3844-3845). Ancora una novella del
ciclo del Signore e S. Pietro racconta G. Malattia della Vallata:
S. Pietro ottiene del Signore che un mendicante diventi ricco;
questi insuperbisce e maltratta i poveri, per cui il Signore lo
restituisce allo stato di prima (Dialetto di Claut) (I. 3849).
Persino un volume stampato per il 60° anniversario della So-
cietà operaia di Udine contiene una leggenda di Valcellina intito-
lata «Cent lire ben vodagnade » e trascritta da Giuseppe Malattia
Della Vallata (I. 3850). Irma Blarzino pubblica una leggenda nel
dialetto di Lauco (Carnia). Racconta di una ragazza amante del
ballo che un giorno, invitata dal diavolo, abilmente truccato, ac-
cetta di ballare in un prato. Lucifero, danzando, la trascina insensi-
bilmente sopra un burrone e ve la sospinge precipitandola nell'in-
ferno: ora in quel burrone si sentono spesso i lamenti della dan-
nata (I. 3851). Una di quelle leggende con cui si dànno la baia vi-
cendevolmente i Friulani racconta che gli abitanti di Verzegnis (Car-
I. 3843 — MARCHETTI-LONGHI I. 3848 — Tapoca D. E., Lu
G., Storia e leggenda nel Friuli re- Signuare San Pieri = CF, II,
= dento, ARC, V, 25 (1920). n. 7-8 (1920).
I. 3844 — FALESCHINI A., La I, 3849 — MALATTIA DELLA VAL-
leggenda del romitaggio di S. Rocco LATA G., Al Signour e san Piere a
= « Patria del Friuli », 20-3-1925. «/a Pueza » de Claùt. Un povarét
I. 3845 — FALESCHINI A. La diventà sior = « Stroligh furlan pal
vergine Colomba, = « Patria del 1927”, p. 40.
SILE DORIS zo: I. 3859 — Coniunctis dextris
I. 3846 — PERCUTE CATINE, 1866-1920, sessantesimo anniver-
La fuiazze de Madone, = « Stroligh S@rt0 della Società operaia di mutuo
furlan pal 1925 », anno V. soccorso, Udine, G. Chiesa, 3426.
I. 3847 — DI RoccanErRa Eco. I. 3851 — Brarzino I., Mbénie
NE, Teodolinda della Groina = sualde = RSFF, VI, 110 (1925).
« Squille isontine », IL, 29.
£L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3852-3861
nia) andarono a Roma a chiedere al Papa un Vangelo secundum
Verzegnis, portandogli in compenso un cesto di fichi (I. 3852).
Nel mondo fiabesco ci conduce Arturo Feruglio (I. 3853) con
un racconto friulano del tipo della nota Cenerentola, che ci sembra
però di gusto poco friulano. Una novellina popolare è dello stesso
A. Feruglio: una jena strappa di mano al Signore la costa di Adamo
con cui stava facendo Eva. Il Signore la rincorre e la atterra per
la coda e non potendo toglierle la costa si contenta di fare la prima
donna con la coda di jena (I. 3854). Leggende e fiabe ritrae e fa ri-
vivere con abile maestria Dolfo Zorzut. Nel 1924 col titolo Sot la
nape questo intelligente cultore della letteratura paesana ed efficace
novelliere dialettale raccolse dalla voce del popolo le storie tra-
mandate di generazione in generazione. Poi son. seguite con lo
stesso titolo una 2% e 3* parte: leggende e racconti, parte orì-
ginali e parte noti, nella parlata friulana di Cormons (I. 3855-3857),
che rivelano, tutte, caratteristiche morali e intellettuali del Friuli.
e) Di, costumanze cividalesi si occupa A. Rieppi (I. 3858).
Un breve studio sull'aspetto caratteristico, interno e esterno, d. |-
l'abitazione della Carnia è quello di B. E. Fior (I. 3859). Alla stessa
Carnia è consacrata una Guida, in cui trovasi, oltre all’illustrazione
linguistica, uno scritto di M. Gortani sugli usi, costumi, leggende e
tradizioni (I. 3860). P. S. Leicht (I. 3861) parla dello stinco di maiale
«di ragione del Comune» chc si soleva dare a prestito un giorno
per famiglia tra i poveri agricoltori per condire la brodata, nonché
del grande recipiente a forma di stivale che, colmo di birra o di
sidro, girava fra i commensali nei pranzi di nozze. Su questa u-
I. 3857 — Zorzut D,, Malan-
drét diun purzit = CF,III, 7 (1927).
I. 3858 — RIiepri A,, Costu-
manze cividalesi: î siops, = « Pa-
tria del Friuli », 8 gen. 1925.
I. 3859 — Fior E. B., La casa
carnica, con dodici belle zinco-
tipie = LP, II, 1 (1925).
I. 3860 — MARINELLI G., Guida
I. 3852 — OrLanDI LF. e L., 1/
venzeli di che di Verzegnis = CT,
II, n. 5-6 (1920).
I. 3853 — FERUGLIO A., La strie
e ifis dal re = RSFF, VI, 194
(1925).
I. 3854 — FerUuGLIO A., La jene
= «Stroligh furlan pal 1927 »,
p. 14.
I. 3855 — Zorzurt D., Sot la
nape. I racconti del popolo friu-
lano, Udine, Soc. fil. friul. editr.
1924. — Seconda parte, 1925.
I. 3856 — Zorzut D., Il forment
de Madone = » Stroligh furlan pal
1927 », 22.
della Carnia e del Canal del Ferro,
Nuova ed. a cura di MICHELE GorR-
TANI, Tolmezzo, Stab. tip. Carnia,
I9Y24-25.
-_ I. 3861 — LEIcHT P. S,, Vita
rustica nelle poesie del conte Ermes
= CF, II, n. 5-6 (1926).
lag
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 6. FRIULI. I. 3862-3868.
sanza il Corso prospetta una somiglianza con quella del Comune
di Laureana di Borrello, in Calabria, «ove i terrazzani, che dove-
vano traghettare 1 fiumi Mésima e Métrano, potevano infilare gli
stivali a mezza gamba costruiti a spese del Comune (I. 3862). Di
ricette per varie malattie, coi suggerimenti assurdi e superstiziosi in
voga fra il popolino, rende conto Lea D'’Orlandi (I. 3863). P. Menis
espone usi caratteristici che hanno relazione col Natale e il Capo-
danno e che sono ora quasi scomparsi: i sctops, doni di noci e
nocciuole, che nei primi giorni dell’anno costituivano una promessa
d'amore; i falò nella sera dell'Epifania; le schiernete. vendette di
respinti e abbandonati contro la fanciulla. Questi usi sono esposti
a forma di racconto (.Miute= Maria), secondo il modo molto prefe-
rito dagli studiosi friulani (I 3864).
f) Ercole di S. Daniele discorre di sagre friulane (I. 3865),
e X della risorta Epifania del fucco nel Friuli e nella Carnia (I. 3866).
Degna di particolare menzione è la descrizione degli usi carmici di
celebrare la notte di Natale e la festa dell'Epifania con una specie
di mistero rudimentale in cui si cantano (o si cantavano) canzoni
speciali, che Michele Gortani riporta in un suo piccolo studio (I. 3867).
Noto pur qui che E. Staaf fa delle importanti osservazioni sulla
raccolta di lande di Udine e di Pordenone, confrontando il ms. della
Naz. di Parigi con quello di Udine (ricordisi di G. Fabris, 1907) e
riportando in appendice i componimenti in più del ms. parigino, tra
cui la poesia di Pietro Capretto «O dolce insegna de la passione »
(1494) (I. 3808).
g) Per le memorie e le costumanze antiche sono da ricordare
quelle di Marcantonio Nicoletti. Questi, nato a Cividale verso il
1536, tratta un po’ disordinatamente di: nome, sito, particolarità
del Friuli; origine della chiesa di Aquileja; varî ordini e gradi di
nobiltà, magistrature e loro attribuzioni nel governo patriarcale;
parlamento friulano; statuto della Patria del Friuli; costumi e cre-
I. 3862 — Corso R., Un'oscura I. 3866 — X, La risorta Epifania
tradizione friulana = KI, II, 134 del fuoco nel Friuli e nella Carnia
(ott. 1920). i = CF, II, 2 (1927).
I. 3863 L'ORLANDI L:, Îti- I. 3867 — GortanI M., Madins
cetis par varîs malatiis, ecc. = CF,
II, n. 9-10 (1926).
e Pifanie = LP, III, 352 (1926).
I. 3868 — STAAF E., Quelques
I. 3864 — NMENIS P,, Miute =-
FE, III, 14 (gen.-febb. 1925).
I. 3865 — Di S. DAaniELE E.,
Sagre friulane == LP, III, 296
(1926).
observations sur les recueils de laude
d'’Udine et de Pordenone = Mé-
langes de philologie offerts à M.
Johan Vising, Paris, Champion,
1925.
sg
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3869-3874
denze popolari. Bisogna però esser guardinghi, specie riguardo alle
notizie storiche. D'’interesse folclorico è l’ultima parte pubblicata
anche in CF, 1927. Tutta l’opera era stata stampata a puntate
nella « Rivista friulana » dal 2 giugno all’II ag. 1861; ora si è fatta
una nuova edizione sulla scorta di buone copie (I. 3869). Possono
interessare 14 racconti in lingua italiana di A. Faleschini intorno ai
fatti e fasti di Osoppo e del suo forte. È storia, ma quale la raccon-
tano 1 vecchi osoppani che hanno visto le cose accadute nel 1848
(I. 3870). Vecchie descrizioni, in versi, del Friuli ha intitolato il com-
pianto Olinto Marinelli una raccolta di brani che si trovano nel Ditta-
mondo, nella Nuova sfera del Tolesani (1514), nella Caccia di Erasmo
da Valvasone, ecc. (I. 3871).
h) Un’erudita nota sull'origine e la storia delle vetrerie nel-
l'alto goriziano si deve a Ranieri Mario Cossàr. Non ha valore nè
intenti folclorici; ma apprendiamo che altre industrie fiorivano anche:
la fabbricazione delle candele di abete e di faggio, la confezione di
grandi cappelli per l’estate col fungo da esca. L’A. conchiude: « Chissà
quante vetraglie attribuite erroneamente alle fabbriche di Murano
provengono invece dalle nostre vetrerie. Oggi purtroppo l'industria
del vetro è scomparsa da questo paese, ma è da augurarsi che, col
ricordare queste passate glorie, qualche volonteroso la faccia ri-
vivere » (I. 3872). Nella cit. Guida della Carnia ci sono pagine sul-
l’arte che in qualche punto interessano il folclore.
Debbo infine avvertire di non aver potuto esaminare duc
articoli del Chiurlo e di P. Menis, apparsi di recente nella più
volte citata pubblicazione .periodica Ce fastx?, che quest'anno ha
preso aspetto di una rivista di certa importanza, specialmente per
il folclore (I. 3873-3874).
7. AllISTRIA e TRIESTE, al QUARNARO e FIUME, per ragioni
pratiche uniamo la DALMAZIA, purconsiderando questa come una
singola regione.
b) Di questa, e propriamente del territorio di Zara, G. Sa-
I. 3869 — NICOLETTI M., Leggi
e costumi dei Friulani sotto diciotto
Patriarchi di Aquileja, Pradamano,
Zampa, 1927.
I. 3870 — FALESCHINI A., / rac-
conti del mio paese, Udine, Del
Bianco, 1027.
I. 3871 — MARINELLI O., Vec-
chie descrizioni in versi del Friuli
= LP, II (luglio-agosto 1920).
I. 3872 — CossàR R. M., L'in-
dustria del vetro nell'alto goriziano
= AT, XIII, 313 (1920). — Rec.:
FI, II, 314 (marzo 1927).
I. 3873 — CHÙinurto B., Notizie
e quesiti sulle tradiz. popol. friu-
lane = CF, III, n. 3-4 (1927)
I. 3874 —MENIS P., Po stat c’al
vedi ancemò di nassi! = CF, III,
n. 3-4 (1927).
Tv
IL FOLCL.NELLL VARIE REG.: 7.ISTRIA, TRIESTE, FIUME (E DALM.).I.3875-79
mm
—_— —P— ——-°—--_ ———__——
balich raccoglie molti proverbi (I. 3875) sui mutamenti atmosfe-
rici e sui lavori della campagna durante i vari mesi dell’anno, e
viene a dimostrare la relazione demopsicologica tra i paesi situati
lungo le coste del Mare Adriatico.
d) G. Marcocchia riferisce parecchie ]Jeggende su Diocleziano
(I. 3876), mettendole a confronto con altre simili su Traiano diffuse
particolarmente in Serbia, Bulgaria e Macedonia. Il famoso per-
secutore dei Cristiani è considerato quasi come un demone, e in
una leggenda di Podgorica è presentato come lo stesso capo dei
demonî che il profeta Elia è riuscito a incatenare sopra il ponte
del visir, nel quale stato resterà fino al giorno del Giudizio. Note-
vole in queste leggende su Diocleziano sarebbe l’infiltrazione clas-
sica: la favola di Mida, che peraltro si trova in molti popoli d’Eu-
ropa, più o meno modificata; sicchè si può supporre, fondandosi
anche sopra un passo d’Erodoto (VIII,-138), che la favola abbia
avuto la sua origine nella Macedonia e che poi, sia direttamente,
sla per infiltrazioni classiche, specialmente attraverso le Metamor-
fosti di Ovidio, abbia avuto diffusione presso gli altri popoli e sia
stata riferita dalla fantasia popolare a questo o quel personaggio,
come a Spalato è avvenuto per Diocleziano. Riferendosi a questo
studio del Marcocchia, lo Zoller (I. 3877) apporta nuovi elementi,
e specialmente cita parecchi storici delle religioni, per stabilire in
qual modo si sia formata la leggenda che viene accostata dal pre-
cedente studioso a quella di Mida. Lo Z. vede, nell’attribuzione
della testa asinina a Diocleziano, il frutto di lotte religiose e spe-
cialmente delle lotte che la Chiesa sostenne contro il setianesimo,
dove il mito di Set è rappresentato da una testa di asino. Poichè
poi l’imperatore fu un feroce persecutore della Chiesa, nella leg-
genda popolare egli è facilmente divenuto «un demone maligno e
traditore sempre in lotta con le potenze celesti. » La tesi dello Zoller
a noi sembra più concreta e persuasiva della precedente. Del Quar-
naro ricordiamo l'articolo di A. Marpicati su barche e pescatori
(I. 3878). Un articolo di carattere storico che riguarda Fiume è
di A. Fest (I. 3879).
I. 3875 — SABALICH G., / pro- cleziano = FI, I, 300 (giugno-set-
verbi zaratini delle stagioni = AVT, tembre 1925).
VII, 198 (1925). di
I. 3878 — MARPICATI À., Barche
I. 3876 — MarcoccHiIa G., Leg- e pescatori del Quarnaro = ALU,
gende dalmate su Diocleziano = II, n. 18 (1926).
i I. 3879 — Fest A., Fiume in di-
I. 3877 — ZotLER I., Le ori- fesa della sua autonomia al prin-
gini delle leggende dalmate su Dio- cipio del sec. ATII (1601-1608) =
— 731 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3880-3883
Il campo del folclore dell’ISTRIA E DI TRIESTE oggi è in gran-
dissima parte occupato e padroneggiato da Francesco Babudri, il
quale nella citata Collez. Sorrento ha scritto un bel volume che
può dirsi un piccolo archivio delle tradizioni della sua regione.
a) Per la poesia popolare istriana egli ha pubblicato, illu-
strandolo, un tipo di quei famosi contrasti popolari italiani dei
mesi (I. 3880) e, in un foglio volante, senza indicazioni tipografiche,
ha esaminato alcuni temi lirici nella poesia popolare amorosa di
Dignano, che sono vivi ancora nel dopoguerra. Per il primo lavoro
rileviamo che in Istria fino ai tempi napoleonici c’era l’usanza di tipi
caratteristici di maschere. Quella dei Mesi era congiunta alla reci-
tazione di stanze popolari, in cui ognuno dei mesi, e prima di tutto
l'Anno, parlava di sè e delle proprie ricorrenze più note. Adesso
è rimasta la parte poetica: stanze in ottava rima che han punti di
contatto con altri « contrasti » del genere e che sono riprodotte in
numero di diciassette, corredate da note e raffronti.
c) A un noto giuoco fanciullesco con cantilena ritmica (spe-
cie di girotondo con in mezzo però un bambino o una bambina
che fa la riverenza, poi la penitenza e infine dà un bacio a colui
o colei che vuol scegliere) il Babudri ha voluto dare la spiegazione
di una pantomima francescana per il ricorrere dell’invocazione
Cordon, cordon de San Francesco nella variante istriana (anche
dalmata e marchigiana), la quale invocazione sta al posto di Bella
Lavanderina (Lombardia), Maria Giulia (Verona), Suor Maria Giulia
(Sicilia) ecc. (I. 3881). Il Corso — a noi pare, giustamente — giu-
dica troppo sottile c ricercata l’interpretazione dello studioso trie-
stino. La cosa merita un riesame di tutte le varianti italiane, tante
sono le contaminazioni: accanto a invocazioni generiche e metafo-
riche colpisce a prima vista l’indicazione concreta di Maria Giulia
(nome storico di qualche grande dama?).
e {) Il Babudri stesso ha discorso del Natale, della Pasqua,
della mamma istriana, degl’improperi nell’usanza popolare dei
«leli », ecc. (I. 3882-3886). Contemporanceamente al Babudri abbiamo
= CO, VII, 44 (1927) (in continua- commento» a un art. di F. BaBu-
zione). ; DRI = «Piccolo della Sera» di
I. 3880 — BagupRI F., Il con- Trieste, 5 ott. 1926.
trasto dei mesi mella mascherata I. 3882 — BaBUDRI F., Natale
istriana del calendario = FI, I, istriano = FE, III, fasc. I (1925).
386 (dic. 1925). I. 3883 — BABUDRI F., La do-
I. 3881 — Corso R., La pretesa menica oliva e Pasqua fioriva =
francescanità di un giuoco fanciul- «Il popolo di Trieste », 5 aprile
lesco == FI, II, 304 (1927), «nota e 1925.
— 732 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 8. EMILIA. I. 3884-3890
altri appunti di L. Galli sul Natale del popolo istriano (I. 3887).
Fantastiche sono le analogie del Natale cristiano col culto del Sole
e alquanto semplicistici altri accostamenti che fa il Babudri. Più
modesta, ma più precisa, è la descrizione della Galli su varî usi
natalizî presso gli umili abitanti di paeselli interni dell'Istria. Sugli
usi nuziali di Dignano nell’Istria s'intrattiene Domenico Rismondo
(I. 3888). Più che uno studio su tali usi, scrive una serie di note
in dialetto che riproducono scene popolari di due fidanzati nei
varî rapporti con la famiglia, con gli amici, con i parenti; poi i due
si sposano celebrando le nozze con le usanze tradizionali del paese.
Ancora per Dignano abbiamo dello stesso autore un piccolo lavoro,
ma prezioso per l’etnografia e la dialettologia, su gli attrezzi rurali
(I. 38809).
h) Infine il Babudri ricerca fatti storici e politici attraverso
rime e detti popolari istriani (I. 3890).
8. Come si sa, nell’EMILIA, così chiamata specialmente nella
giurisdizione ecclesiastica, si comprendono gli ex-Ducati di Mo-
dena e Reggio, Parma e Piacenza, nella ROMAGNA le provincie di
Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna e anche S. Marino. Nella seconda
regione, le due provincie di Ferrara c Bologna furono incluse dalla
Chiesa e formarono con Forlì e Ravenna le Legazioni pontificie
della Romagna. Gli studiosi moderni di questa (lo Spallicci e Si-
gnora, il Toschi, ecc.) vi assegnano solamente il territorio delle
due provincie di Ravenna e Forlì, il Montefeltro romagnolo, cir-
condario di Imola e Marradi e la Repubblica di S. Marino, e questa,
attraverso palesi manifestazioni, è, in quei paesi, la persuasione col-
lettiva, che ha pure il suo peso. A Bologna, per es., esiste un Cir-
colo di Romagnoli, come a Roma e a Milano. Noi seguiamo questi
termini pur essendo un po’ difficili le distinzioni nette in pia-
I. 3884 — BABUDRI F., Mamma I. 3888 — Rismonpo D., Usi
istriana, = « Mamma», Roma, nuziali di Dignano nell'Istria =
n. I (1925). FI, II, 257 (marzo 1927).
I. 3885 — BaBUDRI F., Mamma i
nel concetto del folk. istr. = I. 3889 — Rismonpo D., Di-
« Mamma », n. 2 (1926). gnano nei suoi ricordi. Attrezzi ru-
rali = Riv. « Pagine istriane », Pa-
I. 3886 — Basupri F., Gl'im- renzo, Tip. G. Corana, 1925.
properi nell’usanza popolare istria-
na dei leli = « Il Popolo di Trie-
I. 3890 — BABUDRI F., Storia e
ste», 8 sett. 1920.
politica attraverso rime e detti fo-
I. 3887 — Gatti L., Il Natale del polari istriani = «Il popolo di
popolo istriano = FE, III, I, (1925). Trieste », 13 giugno 1025.
— 733 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3891-3894
nura; e ciò facciamo per varie ragioni dialettali e folcloriche. Certo
la storia delle Legazioni ha avuto la sua importanza e i suoi effetti,
ma non pare sia valsa a distruggere le distinzioni della vita prece-
dente.
a) Per l’EMILIA abbiamo fatto menzione della pubblicazione,
in omaggio di Atanasio Basetti (I. 3500), di canti, di cui parecchi ine-
diti, relativi al territorio delle valli dei Cavalieri, che il Grossi illustra
anche sotto l'aspetto geografico. Alle medesime Valli dei Cavalieri
sì riferisce uno scritto di G. Micheli, che tratta di canti, leggende e
rappresentazioni popolari (I. 3891). Di canti d’amore del popolo emi-
liano discorre P. Toschi (I. 3892) in un articolo. Una lodata raccolta
di Jacopo Bocchialini (I. 3893) ha sottratto dall'oblio una buona
messe di rispetti d’amore che ritraggono qualcosa dell’indole del
popolo parmense, facile alla satira e allo scherzo talvolta scurrile.
Fatta con molta cura e arricchita da acuti commenti, presenta un
materiale appartenente alla media Val d’Enza, all’alta Val Taro
e all'alta Val Parma, alle valli di Cedra, Baganza e dei Cavalieri.
La maggior parte di questi canti è importata dalla vicina To-
scana, pertanto l’A. fa opportuni riscontri coi canti popolari toscani
editi dal Tommaseo, dal Tigri, dal Giannini.
A Cento e al Centese si volge M. Botgatti, proponendosi « di
riferire ed illustrare i principali canti epico-narrativi, religiosi, fan-
ciulleschi, i fiori, gli strambotti, i proverbi che furono in parte rac-
colti dal defunto Prof. Mancinelli ». In un primo lavoro ci offre ven-
totto canti di varia lunghezza e carattere: alcuni infantili, recitati
avanti d’andare a letto; altri per fugare mali o scongiurare pericoli;
l’ultimo è un divulgatissimo epitaffio del sec. XVIII, scolpito nel
pronao della Chiesa del Rosario a Cento, e contenente l’invoca-
zione di un defunto ai fedeli viventi, perchè vogliano pregare
in suo suffragio (I. 3804). Fiori e romanelle del Centese pubblica
poi: 102 fiori, alcuni con la traduzione italiana, con note e richiami
a forme analoghe di altre parti d’Italia; 65 romanelle (corrispon-
denti a strambotti), a cui fanno corona alcune battute musicali
I. 3891 — MICHELI G., Leggen-
de, canti e rappresentazioni popo-
lari nelle Valli dei Cavalieri =
«La Provincia di Reggio», n. 1
(1927).
I. 3892 — ToscÙi P, Canti di
amore del popolo emiliano, = « Re-
sto del Carlino », 16 gen. 1926.
I. 3893 — PBoccHÙilatinI I., Zti-
spetti d'amore raccolti nell’ Appen-
nino parmense, Parma, Ed. « Aurea
Parma », A. Sacchi e C., 1924. —
Rec.: ICS, VIII, 44 (1925); FI, I,
152 (Marzo 1925).
I, 3894 — Borcatti M,, Canti
religiosi di Cento = FI, I, 59 (mar-
70 1925).
— 734 —
I. 3895-3902
]L FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA,
(I. 3895). Tutti questi testi editi dal Borgatti sono riprodotti « come
sono effettivamente pronunciati, per quanto lo permettano i ca-
ratteri a stampa qui usati (nel FI)»; ma dallo stesso editore, in
altra raccolta di carattere piuttosto linguistico, è seguito il sistema
di trascrizione fonetica del proprio maestro Goidànich. Si tratta di
gerghi usati da canapini, muratori, merciai ambulanti, malviventi
del Centese (Cento e Pieve) (I. 3896).
e f) Sul costume nel Quattrocento: il « demenino », G. Rcichen-
bach (I. 3897) sostiene l'opinione del Bertoni (trattarsi, cioè, di
una giostra con lancia a tre punte ingrossate in cima), e la suffraga
con la descrizione delle feste di Ferrara del luglio 1473 fatta dal-
l’Anonimo del diario ferrarese. Figure di venditori ambulanti nelle
fiere dei monti modenesi rievoca C. Manzini (I. 3898) in un boz-
zetto, dove trovi il venditore di zolfanelli, il venditore di lumini,
lanternini, imbuti, il venditore di fichi. Del Maggio nella montagna
reggiana parla il Dr. U. Monti (I. 3899), il quale si occupa pure
di usi c costumi di Villaminopo (I. 3900). M. Antici D’Armoni ha
composto un'apposita poesia per descrivere il Natale bolognese,
giorno di sccrpacciate solenni, e il Capodanno coll’uso di bruciare
un fantoccio rappresentante l’anno vecchio (I. 3901).
g) L. Bocconi in varie puntate studia l'origine dei nomi di
alcuni luoghi del Reggiano (I. 3902).
o. La RoMAGNA è una regione largamente illustrata dal punto
“di vista folclorico. Certo La Pié, la elegante citata rassegna di il-
lustrazione regionale, vi dà impulso, come per il Friuli le pubblicazioni
periodiche che, con maggiori intenti scientifici, emanano dalla So-
cietà filologica friulana. Nel volume poi di Paolo Toschi della Col-
lezione Sorrento i Romagnoli hanno un'egregia opera d'insieme del
I. 3895 — BorcattI M., Fiori
e romanelle del centese = FI, I,
I. 3899 — Moxti U., ZI/ maggio
nella montagna reggiana = « La Pro-
259 (giugno-settembre 1925).
I. 3896 — BorcattI M., / ger-
ghi di Cento e Pieve, Fabriano,
Prem. Tip. Economica, 1925. —
Rec.: LC, dic. 1925.
I. 3897 — REICHENBACH G., Nota
sul costume nel Quattrocento: il
« demenino » = AR, IX, 456
(1925).
I. 3898 — MANZINI C., Fiere
dell’Appennino = LAR, XXI, 240
(luglio-dic. 1920).
vincia di Reggio », n. 10 (1925).
I. 3900 — Monti U.,, Z comuni
della montagna reggiana: TVillami-
mopo = « La Provincia di Reggio »,
n. 4-5 (1920).
I. 3901 — ANTICI D’ARMONI M.,
Grassa Bologna = FE, III, 9 (gen.-
feb, 10925).
I. 3902 — Bocconi L., Nomi e
luoghi del Reggiano dei quali si cerca
l’origine = « La Provincia di Reg-
gio», n. 8,9e to (1926).
— 3) —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3903-3910
loro folclore, alla quale han fatto, a cominciare da S. E. Benito
Mussolini, lietissima accoglienza.
a) Sui canterini romagnoli abbiamo un articolo del Pecci
{I. 3903), il quale parla di un concerto corale dato nel paesello mon-
tano di Mercatino Marecchia da camerate di operai che cantano le
cante antiche e nuove, Certo oggi assistiamo a iniziative per la ri-
nascita del canto popolare in Romagna (I. 3904-3905). Per la poesia
popolare, G. Bacocco presenta una «canzone provenzale » — come
egli la definisce — rimasta in Romagna e cantata ancora una qua-
rantina d’anni fa; soggiunge che in Emilia in parte, come in Pie-
monte e Liguria, nel 1200 e 1300 il provenzale era conosciuto me-
glio che non sia il francese ai nostri giorni, e vuol sostenere che nel
dialetto è rimasto l’oc per sì. Il canto riprodotto consiste di 24 di-
stici (I. 3906). Antonio dal Prato discute la frase ò ch'ai vegh inter-
pretata dal Bacocco come risposta affermativa sì che vengo e ritiene
invece che l’ò sia fraseologico con forza semplicemente asseverativa,
significando sicuro! (I. 3907). Ancora il Bacocco riproduce e com-
menta tre canzoni antiche: Lo conto Lianè, Rizzòl, Lombarda
(I. 3908). Di Lo conto Lianè (Castelbolognese) è una variante for-
livese Il Conte Liolì, che C. Martuzzi commenta ampiamente: tra-
gica canzone della vedova che vuol farsi seppellire viva nell’arca
accanto al marito morto in una partita venatoria (I. 3900).
N. Massaroli torna al famoso canto di Donna Lombarda (I. 3910).
Riassume la leggenda di Rosmunda, come è riferita dal cronista
romagnolo Agnello, e riporta la versione più comune della piana fra
Bagnacavallo e Ravenna, Dopo aver riferito sull’origine di essa
leggenda le varie opinioni del Nigra, del D'Ancona, del Franzo),
e del Paris, egli ritiene che la canzone sia nata in Romagna e non
I. 3903 — Prcci G., Coi cante- Prato su Marion = LPI, VII, 176
rini romagnoli a Mercatino Ma-
recchia = LPI, VI, n. 11 e 12
(1925).
I. 3904 — C. L., Festa canterina
= LPI, VIII (giugno 1927) e vedi
pure:
I. 3905 — Canzoniere dei can-
terini, ed. a cura della Società dei
Canterini forlivesi, Forlì, 1926.
I. 3906 — Bacocco G., Marion
= LPI, VII, 100 (maggio-giugno
1920). |
I. 3907 — Nota di Antonio dal
(luglio-ag. 1926).
I. 3908 — Bacocco G., Canzoni
romanzesche romagnole = LPI,
VIII (marzo. 1927).
I. 3909 — MartUZzZI C., Zi Conte
Liolì = LPI, VIII (apr. 1927).
I. 3910 MassaROLI N., Ro-
manze, leggende e ballate popol.
della Romagnola (N. 2 La ballata
di Rosmunda), Faenza, Monta-
nari, 1925 e = LPI, VI (marzo,
aprile, maggio 1925).
==
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA. I. 3911-3916
subito dopo la tragedia, ma nemmeno molto più tardi. A dimostrare
l'origine romagnola della ballata starebbe il fatto che, man mano
che il canto si allontana dal suo luogo natìo, si annebbia ed adombra,
mescolandovisi frammenti di altre leggende rimate: così una va-
riante monferrina, in cui un bimbo di nove mesi parla miracolo-
samente e avverte il padre di non bere la bevanda che è avvele-
nata, e altre ancora. Simile alla lezione romagnola è quella della
Marca e dell'Udinese. Nell’Italia settentrionale vi è un’altra bal-
lata della Donna Lombarda che comincia coll’invito a ballare. La
versione toscana non differisce gran che dalla romagnola, così pure
l'abruzzese e la pugliese. Una vecchia romagnola confessò al Massa-
roli che conosceva un’altra versione di Donna Lombarda, e gliela
riferì su un’aria stanca e dondolante, in cui c'era un motivo di danza.
Essa corrisponde in molti particolari alla Donna Lombarda. Sarebbe
forse la cosiddetta canzone dell’avvelenato che è antichissima e si
riscontra presso tutti i popoli romanzi. Altre cose e opinioni impor-
tanti dice il Massaroli. Peccato che l’esposizione non sia molto chiara.
Lo stesso autore ha scritto una breve nota ad alcune ninne-nanne
romagnole (I. 3911). Di soggetto religioso è un’antica orazione che .
parla della Passione di N. S. (I. 3912).
5) LPI pubblica alcuni modi di dire dialettali e popolari,
raccolti da varî collaboratori, li spiega e aggiunge un tentativo di
illustrazione (I. 3913). Del motto romagnolo (S’a chèsch in tera,
azidenti ch’am tò sò), trovato nella rivista « Gli Arrisicatori» e fatto
suo da Benito Mussolini, fa cenno R. Corso (I. 3914). G. Bacocco
elenca molti curiosi vocaboli del gergo furbesco (I. 3915).
c) Ancora LPI riporta cantilene infantili e voci dell’aia, rac-
colte a Villanova di Bagnacavallo da Vera Valentini, una delle poche
che abbiano risposto all'invito della Rivista di raccogliere anche i
canti popolari che ancora vivono sulla bocca del popolo (I. 3916).
d) La storia e le leggende francescane han dato luogo anche
I. 3911 — MAssaROLI N., Ninne- I. 3914 — Corso R,, Zl motto
nanne romagnole = FI, I, 200 (giu- del Duce = FI, II, 309 (marzo
gno-sett. 1925). 1927).
I. 3912 — Bacocco G., La pas- I. 3915 — Bacocco G.,, Gergo
sion de’ Signor = LPI, VIII (mag- furbesco dei muratori e dei fale-
gio 1927). gnami di campagna = LPI, VIII
I. 3913 — La paternità dei modi (giugno 1927).
di dire (risposte di abbonati e nota I. 3916 — VALENTINI V., Can-
redazionale) —: LPI, VII (maggio- tilene infantili di Villanova di Ba-
giugno-luglio-agosto 1926) e VIII gnacavallo, = LPI, VI. 12 (feb.
(maggio 1927). 1925).
— 737 —
Aevum - Aono I - 47
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3917-3922
in Romagna a qualche recente ricerca (I. 3917). N. Massaroli ri-
porta in dialetto romagnolo e tradotte in italiano quattro leggende
(I. 3918) che si riferiscono ai viaggi di Gesù e S. Pietro, germogliati
dai Vangeli apocrifi e venuti in Occidente dalla Grecia. Eccole: A/
dò donn (le due donne); E° fer ed caval (il ferro di cavallo); Al vesp
(Ie vespe); Sampir e 1 tudesch (S. Pietro e i tedeschi). La leggenda
della Malanotte è riportata in italiano da Fulvio Cantoni. Si rife-
risce a un combattimento di Cesare in località presso il Rubicone
(l’Urgòn), dove scavando sì son trovate ossa umane e una tomba
di pietra di un capitano: il capitano biondo che sarebbe rimasto
abbandonato e ferito per tre notti, gridando « Mamma mia, che
mala notte », donde il nome della leggenda (I. 3919). Luciano De
Nardis riferisce una vecchia favola, alquanto ridanciana e volga-
ruccia, ma non priva della consueta morale, che mette alla ber-
lina la cattiveria e l’albagia di una vecchia Regina madre, deside-
rosa di conservare il potere (I. 3920). Una vecchia fiaba con rela-
tiva traduzione italiana (« Sandron e e’ mégh dal sétt teiîst ») è nar-
rata dal Massaroli (I. 3921), non nuovo in questo lavoro di darci
con parole sue « fole » popolari.
e f) Sugli usi e costumi e specialmente sulle credenze e su-
perstizioni romagnole abbiamo una buona. serie di lavori, Sspecial-
mente del sullodato studioso Luciano De Nardis. Egli ci parla dì
varî usi, di pratiche e credenze che si riferiscono al pane (I. 3922):
la benedizione col segno della Croce, l'obbligo di non disperdere le
briciole, la proibizione di toccare il lievito col coltello, il rinnòvo
del lievito il giorno di S. Giovanni da servire per tutto l’anno, la
credenza in pani speciali che hanno la virtù di preservare da varî
mali, l’uso di non rimanere senza pane il venerdì e la sera.
Ecco due rimedî tradizionali per sollevare il corpo dalle fatiche.
| Uno, nelle campagne, è questo: per evitare i dolori di schiena basta
che il lavoratore, quando sente il primo tuono di primavera, si lasci
cadere sulla nuda terra, girandosi da fianco a fianco. L'altro, pro-
I. 3917 — FRIULLI G., S. Fran-
cesco nella storia e trad. verucchese
= LPI, VII (1920).
I. 3918 — MAssaROLI N., Pic-
colo evangelo (Leggenduole cristiane
della Romagnola) = LPI, VI (gen.
1925).
I. 3919 — CANTONI F., La leg-
genda della Malanotte = LPI, VI
(aprile 10925).
I. 3920 — DE Narpis L., An-
tica favolistica romagnola EPI,
VII (nov.-dic. 1926).
I. 3921 MASSAROLI N., Notcl-
listica della Romagnola, Faenza,
Montanari, 1925 e =LPI, VI (nov.-
dic. 1925).
I. 3922 — DE NARrDpiISs L., Dolce
sapore di pane LPI, VI (giu-
gno-luglio 1925).
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9. ROMAGNA, ° I 3923-3930
prio della città, contro lo stesso male prescrive di mangiare a mez-
zogiorno della vigilia di Natale una semplice zuppa di cavolo, stando
ritti in piedi (I. 3923). Alcune pratiche e superstizioni sì riferiscono
alla nascita e all’allattamento del bambino (I. 3924). Contro i crampi
agli arti, c'è la superstizione di portare al collo con un cordoncino
una conchiglia tubiforme che risale ad un’era antica e si trova nei
greti dei fiumi o fra le marne dei terreni terziari (I. 3925). I
È uso diffuso di portare una camicia nuova il giorno di Natale,
e quello ancora conservato nelle campagne romagnole di far indos-
sare in detta solennità ai sofferenti di mal caduco una camicia, con-
fezionata nella notte del 24 dicembre, che avrebbe il potere di ri-
sanare da questa infermità. Naturalmente ci vuole il concorso di
amici e parenti che si prestano a filare, tessere, tagliare, cucire,
perchè la camicia sia pronta prima dell'alba (I. 3926). Un'altra
gentile tradizione relativa al Natale impone di non filare in questa
solennità; sarebbe peccato il farlo; non fili di canapa, ma i capelli
della Vergine sarcbbero trasformati in gugliate (I. 3927).
Della «segavecchia » a mezza quaresima in Forlimpopoli s’in-
trattiene a parlare il Toschi in uno dei suoi articoli attraenti
e insieme eruditi (I. 3928). Per l’Ascensione, secondo la tradizione,
un uovo, deposto in tal dì e trasportato sul campo, possiede virtù
miracolose, disperdendo il maltempo (I. 3929). Era antica consue-
tudine di far dire una messa a S. Liberata perchè un ammalato
uscisse presto dalla tribolazione o con la guarigione o con la morte.
L’elemosina della messa stabilita in L. 1,50 doveva essere raccolta
con singole offerte di un centesimo, per le quali era vietato ogni
ringraziamento. Deve” essere stato uno dei curiosi casì d'’infiltra-
zione superstiziosa del popolo nel campo religioso, che sono stati
combattuti dalla Chiesa (I. 3930). Un rito religioso popolare è quello
I. 3923 — De Narpis L., Z/ la-
voro senza stanchezza = LPI, VI
I. 3927 — De Narpis L., Le fi-
latrici nel Presepio cristiano =
(apr. 1925).
I. 3924 — DE Narpis L., // fi-
glio del popolo = LPI, VI, (ott.,
nov., dic. 1925).
I. 3925 — De Narpis L., =
LPI, VI (ag. 1925).
I. 3926 — DE NARDnIs L., / bri-
sul d’ la Pié: La cancia della
salute = LPI, VI (feb. 1025). La
rassegna continua nelle annate
1920-7.
LPI, VIII ((mag. 1927).
I. 3928 — ToscHi P., Mezza
quaresima, Segavecchia di Forlim-
popoli, = «Resto del Carlino »,
24 marzo 1927.
I. 3929 — Dr NARDIS L., L'uovo
dell’ Ascensione = LPI, VIII (giu-
gno 1927).
I. 3930 — De Narpis L., La
messa di Santa Libaréita = LPI,
VI (maggio 1925).
— 739 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3931-3938
secondo il quale si può ottenere una «grazia » pellegrinando, dopo
l'’avemmaria, al cimitero, e recitando rosarii, « senza mai volgersi
indietro ». Giunti gli oranti al cancello del camposanto ritornano,
sempre pregando, alle loro case: ciò per tre sere di seguito. La nar-
razione fatta dal De Nardis (I. 3931) è fedele alla tradizione, che è
simigliante a quella di regioni diverse (ricorda Pitrè: anime mpilluse
di Messina). Colle anime dei morti ha relazione un altro articolo
dello stesso autore sulla tradizione del custode di tesori sepolti as-
sassinato, il cui spirito senza requie continua la guardia, onde la
usanza di far benedire le terre tribolate dalle ombre (I. 3932).
Varî scongiuri contro la grandine: suono di campane, palma
benedetta, cero della Candelora, catena del pozzo e quello di n-
porre un grano di grandine, dei primi caduti, nel seno di un bimbo,
perchè si ritiene che nel grano vi sia un serpente, il quale, riscaldato
in seno all’innocente, si placherebbe (I. 3933).
Notiamo tradizioni intorno a fate, streghe, diavoli. Sotto Monte
Sassone sono scavate quattro grotte che per ìl popolo una volta
formavano un prodigioso palazzo delle fate, le quali lo abbando-
narono, lasciandovi telai d’oro custoditi da un biscione (I. 3934).
Notevole la credenza del potere che hanno ì sacerdoti di conoscere
le streghe, distinguendole dalle donne pie, mentre, celebrando la
messa, si voltano verso il popolo all’« Orate fratres ». Esistono presso
il popolo mezzi per vincere il malocchio e quelli opposti per invo
care le streghe (I. 3935-3936). L’indovino migratore, che è il cuculo, è
molto noto nel popolo, benchè in alcune località si confonda col-
. l’assiolo, quindi sono sbocciati canti e distici per interrogare il cu-
culo. Il De Nardis ne riporta alcuni (I. 3937). Su spiritelli e folletti
ecco ancora due articoli dello stesso autore: l’incubo e il succubo
nella credenza popolare sono raffigurati da uno spiritello detto « maz-
zapegul» (I. 3938); è tradizione popolare che venga trascinato
I. 3931 — DE Narpis L., = escongiuri nella tradizione popolare
LPI, VII (febb. 1926). = LPI, VII (gen. 1926).
I. 3932 — DE Narpis L., L’om-
bra accanto al tesoro = LPI, VIII
(gen. 1927).
I. 3933 — DE NAarpISs L., Per
la tempesta = LPI, VI (giugno-lu- I. 3937 — DE Narpis L., L’in-
glio 1925). | dovino migratore = LPI, VII
I. 3934 — De Narpis L., Al (maggio-giugno 1926).
Grott dal Féld (Le grotte delle fate) I. 3938 — De Narpis L., La
= LPI, VI (ag. 1925). manifestazione amatoria d'e' maz-
I. 3935 — DE Narpis L., Streghe zapégul = LPI, VIII (marzo 1927).
I. 3936 — DE Narpis L., Come
st riconoscono le streghe = LPI,
VII (sett.-ott. 1926).
et
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 9, ROMAGNA, I. 3939-3941
nel palazzo dei folletti chi entra nel «moalinello » che il vento fa
sulle vie polverose, traendo nel vortice le morte cose (I. 3939).
Anche il Massaroli ha volto l’attenzione alle credenze di fate
e streghe (I. 3940). Le prime hanno come duce e patrono S. Gio-
vannino, mentre la conduttrice delle streghe è Erodiade, che nella
tradizione è figlia di Satana. L'autore riproduce alcune leggende
medievali, che tenta spiegare con svariati raffronti, messi in
nota, e sì domanda quando e come nascesse la fata. Riproduce la
spiegazione datagli da una vecchia di Bagnacavallo, secondo la
quale le fate sarchbero nate dall'unione di angeli, cacciati dal Pa-
radiso, ma non dannati all'Inferno perchè non direttamente ribelli,
con fanciulle di questo mondo. Continuando, il M. dice che, secondo
la tradizione romagnola, le fate vennero dall'Oriente, e crede di
poter accostare la leggenda paesana a una certa interpretazione
del versetto 2, cap. VI, del Genesi, mentre il Cantù identificò le
fate (le Duoneres medievali tuttora così chiamate in Provenza) con
le streghe. Ma le dironeres per i provenzali vengono dal settentrione.
Le fate, dice ancora il nostro autore, sono esseri minuscoli, così
come nella mitologia ellenica sono piccoli i genietti; le streghe, e in
genere i genî del male, hanno forma orrida e a volte colossale. Questo
studio è continuato nei fascicoli del I semestre 1927 di LPI: vi si.
parla di riti propiziatori delle fate, della natura di esse, dei segni
di riconoscimento, dei congressi e paesi loro. Bisogna pur dire che
questi studî del Massaroli, come quelli del De Nardis, se sono bene
informati, non riescono a essere sempre scientifici tutte le volte che
tentano di far uso della critica comparata; restano però molto
interessanti e preziosi per la parte locale e descrittiva.
g) Per le memorie di tempi andati ricordiamo qualche la-
voro. Sull’origine di Rimini porta un suo contributo Mario De Do-
minicis. Studiando l'opera di L. Tonini (Ricerche sulle origini della
città di Rimini), ne critica le conclusioni ed espone i suoi risulta-
menti. Si fonda sopra un testo di Strabone e polemizza col Tonini
circa l’interpretazione di un passo, affermando non essere affatto
improbabile che Rimini fosse in origine una colonia umbra (I. 3941).
Sui famosi fatti della banda del Passatore, abbiamo un arti-
I. 3939 — Dre Narpis L., Viag- = LPI, VII (mag.-giugno e luglio-
gio al palazzo dei folletti = LPI, agosto 1920) e VIII (feb.-giugno
VIII (aprile 1027). 1027).
I. 3940 — MassaroLI N., Dia- I. 3941 — DE Dominicis N,,
voli, diavolesse e diavolerie nelle Sull’origine di Ariminum = LAR,
tradiz. popolari della Romagnola XXI, 248 (luglio-dic. 1926).
cca
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3942-3949
colo del Serantini (I. 3942). Vi si parla del brigante Stefano Pel-
loni (« Il Passator cortese » del Pascoli) e del famoso assalto al teatro
di Forlimpopoli (ricordisi la poesia del Fusinato a tal proposito).
E possiamo ricordare lo scritto E° vlen (il veleno) in cui I. Missiroli
drammatizza la situazione politica romagnola di pochi anni fa, ri-
traendo le lotte tra gialli e rossi, cioè tra repubblicani e socialisti
(I. 3943). Lo stesso autore ci dà la rappresentazione di scene della
campagna ravennate (I. 3944).
h) Dell’industria locale delle stuoie, a Villanova, parlano
N. Massaroli e V. Valentini (I. 3945). Nella LPI è stata data no-
tizia di un lavoro di carattere storico sulla ceramica faentina (I. 3946).
Sante Muratori ci illustra un lato della partecipazione della Ro-
magna alla II Biennale delle Arti Decorative a Monza (I. 3947).
Alla Romagna abbiamo unito S. Marino. Già sono state
pubblicate novelline popolari da Walter Anderson (I. 3948). « Sono
in tutto nove e rappresentano il primo saggio folklorico della re-
pubblichetta. L’Anderson, prof. di folklore nell'Università di Dor-
part, ha avuto la fortuna di pubblicare questo manipolo di testi
genuini, perchè scritti da ragazzi delle scuole elementari, e d’illu-
strarli con quella competenza che tutti gli riconoscono, indicando
di ogni racconto le liste dei riscontri, le monografie che esistono
sui vari temi, nonchè la versione più antica conosciuta e l’areale,
cioè l’area di diffusione ». |
1o. Un'opera d’interesse generale per la TOScANA è quella del
Can. Francesco Polese che contiene la bibliografia ragionata (I. 3949)
di tutto ciò che è stato stampato nel vernacolo di Livorno, e quindi
.-
I. 3942 — SERANTINI, Fatti me-
morabili della banda del Passa-
tore in Romagna = LPI, VI, n. 11-
12 (1925).
I. 3943 — MissiroLI I., E’ ven
= LPI, VI, n. 8-12 (1925).
I. 3944 — MissiROLI I., E° bi-
tulen = LPI, 1925, f. III.
I. 3945 — MassaRoLI N. e VA
LENTINI V., Villanova e l’industria
delle stuoie, con illustraz. = LPI,
VI (giugno-luglio 1925).
I. 3946 — BALLARDINI G., Note
di critica ceramica = LPI, VII,
96 (apr. 1920).
I. 3947 — MURATORI S., Ra-
venna = «La Romagna alla II
Biennale delle Arti decorative a
Monza », Forlì, Coop. Tip. For-
livese, 1925.
I. 3948 — ANDERSON W., No-
velline pop. Sammarinesi, Tartu
(Dorpart), C. Mattiesen, 1927. —
Rec.: FC, XI, 23 (apr. giugno
27):
I. 3949 — PoLESE F., Letteratura
vernacola livornese: bibliogr., note
storiche, testi tned. con un’append.
sul monum. dei Quattro Mori, Li
vorno, Giusti, 1926.
IL FOLC, NELLE VARIE REG.: IO, TOSCANA (E LUNIGIANA) I. 3950-53
anche delle pocsie dialettali, dei canti, delle leggende e novelle edite
dal Papanti e da Stanislao Prato. con un’appendice sulla statua
dei Quattro Mori e delle tradizioni popolari che ad essa si riferi-
scono.
a) Sebbene pubblicate in anni precedenti al ’25, presentano
vivo interesse due rare raccoltine pubblicate per nozze da Paolo
Giorgi (I. 3950-3951), nelle quali trovansi « rispetti » toscani, « can-
zuni » siciliane e « mutettes » sardi. Il Pisaneschi in un lavoro po-
stumo già citato espone e commenta un canto popolare pistoiese
{zona montuosa di Cireglio), dove si descrivono la partenza di un
giovane per la Maremma a fine di trovar lavoro, il carteggio d'amore
con la fidanzata, l'angoscia di questa e il dolore per la morte di lui.
Seguono al canto alcuni rispetti e stornelli della montagna Pisto-
iese. Canti maremmani sono pubblicati dal Prof. Scoccianti (I. 3952):
gQ rispetti, 3 maggiolate, 8 canti religiosi, uno di Capodanno, un
frammento di Befanata e 37 stornelli, fra cui sono stati erronea-
mente inclusi due rispetti, un frammento di rispetto e i versi di
Dante: « Deh quando tu sarai tornato al mondo, ecc. » (!!). Infine
un mazzetto di stornelli e rispetti della campagna lucchese è rac-
colto da Mario Ierrara. Sono 64 componimenti esaminati in sè e
illustrati da appropriati riferimenti e riscontri con altri canti to-
scani finora editi (I. 3953). Sappiamo che Michele Barbi sta per
pubblicare coi tipi Lemonnier «una nuova raccolta di canti po-
polari toscani ». In questo lavoro, che è vivamente atteso, è aiu-
tato dal Prof. V. Santoli. Giovanni Giannini ci comunica gentilmente
che nel prossimo fascicolo terzo del FI pubblicherà le « ottave spiri-
tuali sopra i dodici mesi dell’anno con le loro feste, composte da
Giuseppe di Gerusalemme, ebreo fatto cristiano »: ristampa di un
antico poemetto popolare, di cui furono già raccolte versioni tradi-
zionali nel Lucchese e nell’Istria dal Giannini stesso, dall'Ive e,
come abbiamo visto in queste pagine, dal Babudri.
bc) Una menzione speciale merita uno studio interessante
«dello stesso Giannini, autore per la parte folclorica del bellissimo
I. 3950 — Giorci P., Nozze Gior- agli Studi di Firenze », III, 149
gi-Carazzolo, Prato, Mutini, 1922. (sett. 19206).
I. 3951 — Giorgi P., Nozze
‘iiorgi-Marchegiano, Roma, « Ater-
ags ® ) 7 Si
CR ri Rec.:RP, XXXIII, polare. Un mazzetto di stornelli e
154 (1925). rispetti della campagna lucchese
I. 3952 — La scuola in Toscana = GPL, III, quad. 2 3 (feb.-marzo
=: « Bollett. del R. Provveditorato 1927).
I. 3953 — Ferrara M.,, Con-
tributo allo studio della poesia po
— 743 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 3954-3960
volume toscano della Collezione Sorrento, portato in porto dagli e-
gregi e volonterosi autori tra mille noie tipografiche. In questo studio
il G. (I. 3954) ritorna a un genere di lavori menzionato nelle pagine
precedenti: riassume una novella del Pascoli, La Cunella, e ricerca
le fonti pascoliane delle quattro ninne-nanne ivi incluse; nota le
credenze e i modi di dire dei montanari lucchesi riferiti dal Poeta.
d) Per la novellistica, importano sotto certi rispetti ai fol-
cloristi le opere di Garibaldo Cepparelli e di Verano Magni, e però
ne accenniamo qui. La prima (I. 3955) contiene « bozzetti vivacissimi,
nei quali l’autore, artista fine che trasferisce dalla pittura nella no-
vella i suol criteri e gusti, ha mirato sopra tutto a rendere fono-
graficamente le parlate degli interlocutori (della Val d'Elsa), i ru-
mori, i suoni, il vento, le voci degli animali, dominato dall’amor
del vero è del completo effetto di questo genere di sceneggiatura ». Segue
opportunamente un piccolo e utile lessico. Anche libro d’arte e di
folclore è quello del Magni (I. 3956), scritto nella parlata di Ar-
genta di Belriguardo nel Pistoiese. Si racconta del Mago succhino,
dell’Anello fatato, della Sorellina de’ sette fratelli e di altre cose e per-
sonaggi del luogo. Non manca un lessico per comodo dei non toscani.
e) Di vecchie costumanze aretine ha parlato il Corso (I. 3957).
Coll'intento di esporre e rappresentare costumi della Versilia, Rosa
Ghirlanda Nuti ha scritto un lungo racconto in vernacolo, un troppo
lungo racconto (I. 3958). Frio da Pisa descrive la scampagnata in
primavera che suol farsi a Cumugliano dai paesi della Valle del-
l'Era (I. 3959).
f) Un articolo (I. 3960) col titolo «Un bruscello nel Chianti »,
e firmato Bianca Maria, dà la descrizione di una rappresentazione
popolare, avente per soggetto la Pia de’ Tolomei, in un paese non
nominato del Chianti.
I. 3954 — GIANNINI G., La Cu- I. 3957 — Corso R., Vecchie co-
nella = giorn. « La Corsonna » di sfumanze aretine, = « Atti del Con-
Barga, NXV, 24-25 (28 giugno gresso Etrusco », 1926.
1925). I. 3958 — GHIRLANDA NUTI R.,
Come G. B. Giandini garzone del
Moresco guarì dal maldocchio =
FI, 1I, 227 (marzo 1927).
I. 3959 — Frio Da Pisa, Pri-
mavera a Cumugliano = LL, giu-
gno 1927.
a
I. 3955 — CEPPARELLI G., Fono-
grafie valdelsane, con introduzione di
A. DI GiovanNI, 2 ed., Pistoia,
Grazzini, 10926. — Rec.: RN, dic
1920.
I. 3956 — Macsni V., Ze novelle
dell’ A rgenta, Pistoia, Grazzini, 1920.
— Rec.: RN, dic. 1026 (R. Za-
GARIA).
I. 3960 — Bianca MARIA, Un
bruscello nel Chianti = IM, 29 marzo
1925.
i
ROMA, LAZIO E UMBRIA I. 3961-3977
IL FOLCL. NELLE VARIE REG.: 1I.
g) Della antica confraternita di S. Egidio di Firenze dà no-
tizia e statuti G. M. Monti in una importante pubblicazione di ca-
rattere storico e bibliografico, che illustra le confraternite medie-
vali dell’Italia settentrionale e centrale (I. 3961).
Un posto a parte alla LUNIGIANA, delle cui attività folcloriche
abbiamo già fatto speciale menzione. Il Podenzana si può dire l’anima
di esse. A lui dobbiamo lavori interessanti su uno strumento acu-
stico cavernicolo ancora in uso, su manufatti dell’arte tessile di
Vinca e in generale della zona apuana (I. 3962-3964), come a M. Giu-
liani altri lavori sulla vita popolare, gli usi e costumi del pontremolese
(I. 3965-3966). G. Sittoni persegue studî affini al folclore (I. 3967-3969).
11. Per Roma e il Lazio una parte importante del folclore si
riassume nella Mostra, della quale abbiamo parlato; ed è bene elen
care gli scritti, varî di contenuto e di pregio, a cui essa ha dato
occasione e che sono stati opportunamente raccolti nel cit. Capi-
tollum (I. 3970-3981). In generale sono più i poeti e gli scrittori ro-
I. 3961 — Monti G. M,, Le con-
fraternite medievali nell'alta e media
«ttalia, voll. 2, Venezia, Casa ed.
ILa nuova Italia », 1927.
I. 3962 — PODENZANA G., /un-
orno a un istrumento acustico ca-
vernicolo ancora in uso nella Lu-
nigiana = AEL. I, fasc. I, 1925.
I. 3963 — PODENZANA G.. Su di
alcuni manufatti dell’arte tessile di
Vinca. = AEL, I, fasc. I, (1925).
I. 3964 — PODENZANA G., Ma-
nufatti dell’arte tessile nella zona a-
puana = AEL, I, fasc. 2 (1925).
I. 3965 — GiuLIANI M,, /Z tipi
e gli usi tradizionali della spon-
gata nel pontremolese := AEL, I
fasc. I (1925).
I. 3966 — Giutiani M., Tita
pop. pontremolese = ALEL, I fasc.
2 (1925).
I. 3967 — SittONI G., Appunti
‘apuani = AEL, I, fasc. I (1925).
I. 3968 — SITTONI G., Due crani
di Riccò del Golto =: AEL, I, fasc.
I (1025).
I. 3969 — SITTONI G., La stirpe
mediterranea, AEL, I, 2 (1925).
I. 3970 — TittONI T,, Come sor-
se l'idea della moostra del costume
= «Capitolium », II (feb.-marzo
1927).
I. 3971 — CECCARELLI G., Come
st è attuata la Mostra = come
sopra.
I. 3972 — HuEtTtter IL., Vita e
costumi laziali = come sopra.
I. 3973 — REANDA G. C., Quelle
che erano mella prima metà del sec.
AIX le mode in Roma e nel Lazio
= come sopra.
I. 3974 — Pox1r1E., Zl Senatore
di Roma e la sua corte. = come
sopra.
I. 3975 — SCACCIA SCARAFONI
A., Il costume dei Ciociari = come
sopra.
I. 3976 — AMATO O. Nella valle
dell'Aniene = come sopra.
I. 3977 — Sansoni D., La Tuscia
alla Mostra del costume = come
sopra.
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 3978-3992
maneschi che i cultori del folclore. Luigi de Gregori traccia uno
schizzo della vita romana (I. 3982). Un articolo di carattere gene-
nerale, intitolato Tempi e costumi (I. 3983), pubblica E. Rossi, e
un altro, Dal presepe all'albero di Natale, D. Petriccione (I. 3984).
Sul Natale romano ha pure qualche pagina I. Bassi (I. 3985): l’uso
degli zampognari è tramontato; perdurano le tradizioni mangerecce,
le poesie dei bambini, la tombola, i dolci, la Messa di mezzanotte;
famoso il presepio nella chiesa dell’Aracceli. Di costumi del Lazio
si occupa G. De Nardo (I. 3986) e di quelli particolarmente ciociari
L. Cappiello (I. 3987); della campagna romana E. Metalli (I. 3988).
L'uso speciale dei chiodi nei sepolcri del territorio ciociaro segnala
C. Scaccia-Scarafoni (I. 3989). L. Perotti si occupa della leggenda
francescana nella Valle di Rieti (I. 3990). Ù
— Tra le opere laterali cito una speciale collezione (Le Chiese di
Roma) intesa a far sempre meglio conoscere i monumenti e le tra-
dizioni dell'Urbe (I. 3991). N. Borrelli, folclorista, ha scritto un ar-
ticolo per la rinascita di una classica industria: le varietà della
vite falerna e la produzione del famoso vino cantato da Orazio; e
gli fa eco il Corso (I. 3992).
I. 3978 — PaLmegiIanI F., La
Sabina e il suo costume = come
sopra.
stumi del Lazio = RLU, III, n. 8
(1926).
I. 3987 — Caprrigcto L., Co-
I. 3979 — DE SANTIS A., La-
tium Novum (Minturno) e la Scuola
Profess. Femm. per la Mostra =
come sopra.
I. 3980 — Corso R.,, Il Museo
del Retaggio == come sopra.
I. 3981 — CECCHELLI C., L'ani-
ma di Roma e il suo costume =
come sopra.
I. 3982 — DE Gregori L., Vita
Romana, Estr. dalla Guida del
Touring, IV, It. Cent.
I. 3983 — Rossi E., Tempi e
costumi = RLU, II, n. 1 (1925).
I. 3984 — PETRICccIONE D., Dal
presepe all'albero di Natale =
« Roma », 303 (1925).
I. 3985 — Bassi I, Z/ Natale
romano = FE, IIl, 43 (1925).
I. 3986 — DE Narnpo G., I co-
stumi ciociari = RLU, III, n. 4
(1920).
I. 3988 — METALLI E., Usi e
costumi della campagna romana, re-
cens. lodativa del «New York
Herald Tribune », 24 gen. 1926.
I. 3989 — SCACCIA-SCARAFONI G.,
L’uso dei chiodi funebri nei sepol-
creti del territorio ciociaro = RLU,
III, n. 13 (1926).
I. 3990 — PEROTTI L., La leg-
genda francescana mella Valle di
Rieti, Milano, Mondadori, 1926.
I. 3991 — Le Chiese di Roma 1l-
lustrate, Casa ed. « Roma », Roma,
1925.
I. 3992 — BORRELLI N. « La
Ciociaria » (ott. 1925). — Rec.:
Corso R., Un’industria classica da
risuscitare: il vino Falerno, FI, I.
127 (marzo 1925).
cio
IL FOLC. NELLE VARIE REGIONI: II. ROMA, LAZIO E UMBRIA. I. 3993-99
Unendo a questa regione, per un motivo soprattutto di propor-
zione nella distribuzione della materia, l’UMBRIA, notiamo:
a) Una raccoltà di canti popolari umbri dettati da un popo-
lano al Padre Giuseppe Fratini e scelti da E. Mancini, secondo se
inediti e interessanti (I. 3993).
d) Un serio e instancabile ricercatore di archivi, M. Catalano
(I. 3994), raccoglie parecchi dati attestanti il maraviglioso divul-
garsi nell’Umbria dell’epopea francese. Il Poverello, si sa, fu ap-
passionato lettore di romanzi cavallereschi. E le leggende cavalle-
resche furono alimentate poi in Umbria dai seguaci del Santo e dalle
soste dei pellegrini. Il Catalano opportunamente esamina una vec-
chia cronaca che conserva leggende cavalleresche francesi, alcune
delle quali vivono ancora oggidì. Ma ad esse vediamo intrecciarsi
elementi del ciclo classico, di che l'A. tien conto in un ampio
lavoro, studiando e pubblicando antiche narrazioni che si riferi-
scono alla fondazione di Perugia e del castello di Corciano ce alla
conquista franca dell'Umbria (I. 3995). A proposito, ricordiamo
un articolo del venerando maestro Pio Rajna sugli spiriti cavalle-
reschi di S. Francesco (I. 4990).
e f) Il Natale in Umbria è argomento di un breve articolo
di M. L. Fiumi (I. 3997): accenni alla leggenda francescana del.
presepio; amore e poesia per la famiglia; poche notizie sugli usi
natalizi. ]
Particolare interesse può presentare qualche pagina della No-
tizia che lo stesso Michele Catalano dà di laudari ignoti di . disci-
plinati umbri e della confraternita di S. Stefano (I. 3998). Paolo
Toschi ripubbl'ca la processione del Venerdì Santo a Gualdo Ta-
dino, descritta da Ruggero Ruggeri (I. 3999).
I. 3993 — NMAaxncixi E., Una
raccolta di canti Popolari umbri
= « Annuario del KR. Istituto Ma-
gistrale di Assisi », Assisi, Tip. Me-
tastasio, 10925.
I. 3994 — Cataranmo M.,, La
leggenda cavalleresca în Assisi, =
« Annuario del R. Istituto Magi-
strale di Assisi », Assisi, Tipografia
I. 3996 — Rajna P., Francesco
d’Assist e gli spiriti cavallereschi
= NA, 15 ott. 1926.
I. 3997 — Fiumi M. L., // Na-
tale in Umbria= FE, III, 58 (1925).
I. 3998 — Cartatrano M., Lau-
dari ignoti di disciplinati umbri =
«Ann. del R. Istit. Mag. di As-
—_—_—
Metastasio, 1924. Rec.: RP,
XXXIII, 34 e 228 (1925); FI,
II, 140 (ott. 1926).
I. 3995 — CATALANO M., Il ro-
manzo di Perugia e Corciano =
BSPU, NNVII, fasc. I, 109235.
sisi », Tip. Metastasio, 1925.
I. 3999 — RuGGERI R., Il lau-
dario lirico della confraternita di
S. Maria dei raccomandati in Gual-
do Tadino, nel volume di P. ToscHI,
L’antico dramma sacro ital., Firenze,
Libr. Ed. Fiorentina, 1920.
doi pn
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 4000-4005
12. Delle MARCHE purtroppo abbiamo poco da dire; eppure
questa regione è stata illustrata da vecchi studî e raocolte del
Gianandrea, della Pigorini Beri, del Filippini, del Rondini, del Castelli
e del Crocioni, il cui volume, Le Marche, è del 1914. La più recente
pubblicazione d’insieme è il bel libro di G. Vitaletti (Dolce terra
di Marca, Trevisini, 1927) che fa parte della cit. collez. Sorrento.
È interessante un Lunario popolare, contadinesco perpetuo di Fermo,
opera di Luigi Monnocchi (I. 4000), nel quale sono raccolti proverbi e
credenze che riguardano astronomia, meteorologia, lusso, feste, ecc.:
il tutto distribuito per mese. M. Tarasca ci ha descritto il Natale
nelle Marche (I. 4001): presepio; magro della vigilia; preparativi
per la cena tradizionale e il pranzo del Natale; ceppo; messa di
mezzanotte, oltre a qualche cenno sul Capodanno e l’ Epifania.
Dei viaggi del Poverello in questa regione si è parlato in occa-
sione del centenario francescano (I. 4002). Alfiero Buroni illu-
stra una leggenda di tipo schiettamente popolare, fiorita attorno
alla bella chiesetta della Madonna dell’Homo (dal nome della
famiglia dalla quale fu costruita) sulla antica strada che con-
duceva al castello di Cavallino a poco più di un chilometro da
Urbino. Estintasi la famiglia Homo, il volgo credette che quel
cognome stesse a significare omo, donde la leggenda che un gio-
catore, per sfogare la sua rabbia, poichè perdeva, scagliasse una
boccia contro la Madonna e quindi fosse ingoiato dalla terra. Os-
serva l’A.: « Nè coi fatti dobbiamo distruggere quanto ingenua-
mente il popolo ha creato: egli ha una letteratura, una storia tutta
sua » (I. 4003). Luigi Spotti dà alcune notizie sul gergo popolare
marchigiano (I. 4004). In un articolo, che sarebbe un capitolo d’un
libro « che verrà pubblicato fra breve dalla libreria Tirelli di Catania
sugli usi e costumi delle Marche », B. Rubino, ricordando una vi-
sita fatta a Loreto, espone molte curiosità storiche e folcloriche
sulla poetica e gentile tradizione della traslazione della Santa Casa
(I. 4005).
13. Nell'ABRUZZO, sulla folla di piccoli raccoglitori e dilettanti
I. 4000 — MonnoccHi L., Lu- iello d’arte e una leggenda: La Ma-
nario fermano, popol. contadinesco donna dell’Homo, = MDM, marzo
perpetuo, Fermo, Tip. Econ., 1925. 1927.
I. 4001 — Tarasca M.,, Nelle I. 4004 — Spotti L., Il Gergo
Marche = FE, Ill (1925). = MDM, marzo 1927.
I. 4002 — RIU, III, Numero
i I. 40065 — RuBino B., La Ma-
speciale francescano, 1925.
donna del Tettarello = «Giornale
I. 4003 — Buroxi A., Un gio- di Sicilia », n. 305 (1925).
STAR
IL FOLC. NELLE VARIE REGIONI? 12. MARCHE, 13. ABRUZZO. I. 4006-11
del folclore, si eleva Giovanni Pansa, che tiene alta la serietà degli
studî onorati dal vecchio De Nino e dal Finamore. Già quest’ul-
timo, come ben disse il Pitrè, aveva rigore di metodo e prudenza
di giudizio — qualità care all’insigne demopsicologo palermitano
— tali da rispondere alle esigenze di stud? seri; il Pansa si è messo
nella via della elaborazione storico-critica dei documenti folclo-
rici. — Un modesto e buono sguardo d’insieme al folclore abruz-
zese da la egr. Sig.na R. Di Vestea nel vol. cit. edito dal Trevisini.
a) Per i canti abruzzesi menzioniamo intanto la pubblica-
zione di E. Montanaro (I. 4006).
de) Dell'opera del Pansa, Miti, leggende e superstizioni del- -
l’Abruzzo, è uscito il primo volume e in quest'anno uscirà il 2° (I. 4007).
Gli argomenti trattati: La pietra bruta nel linguaggio e nella cre-
denza popolare; Meteorologia e superstizione; I grandi cataclismi
tellurici nella leggenda popolare; Il dragone d'Atessa; La leggenda
di .S. Martino l’Eremita; Riti e simboli fallici; La guerra sociale
nella tradizione e nella toponomastica; La leggenda di S. Tommaso
Apostolo ad Ortona a Mare e la tradizione del culto cabirico; La
leggenda di Ponzio Pilato in Abruzzo; Il rito giudaico della profa-
nazione dell’Ostia e 11 ciclo della Passione in Abruzzo; La novella
boccaccesca di frate Cipolla ed i carboni di S. Lorenzo; I processi
animaleschi; ]Jus primae noctis; L’epopea carolingia; La leggenda
d'oltretomba; Toponomastica leggendaria dell'Abruzzo e della Sa-
bina, derivata dalle fonti epigrafiche; Leggende sparse (l’Amphi-
dromia, la lacrima dei moribondi, la leggenda dell'oro, la Madonna
di Filetto, la festa dell’asino e la tradizione della dea Ancaria, Pietro
Bailardo e la negromanzia in Abruzzo). Anche da questo semplice
cenno sì comprende che l’egregio autore ricorre all’ausilio di disci-
pline affini e collaterali: etnografia, mitologia, archeologia, topo-
nomastica e via dicendo. Su leggende e costumi d'Abruzzo abbiamo
un articolo di M. Federici (I. 4008). Di leggende, ricordi e usanze
della distrutta Avezzano ci fa il racconto G. Pennazza (I. 4009).
f) Del Natale e Capo d'anno in Terra d'Abruzzo ha parlato
C. Catalano e di simili feste Oberdan Merciaro (I. 4610-4011). Il
I. 4006 — MontanNaRO E, Canti I. 4009 — PENNAZZA G., Z rac-
della terra d'Abruzzo, Milano, Ri-
cordi, 1025.
I. 4007 — Pansa GG, Miti, leg-
gende e superstizioni dell'Abruzzo,
vol. I, Sulmona, Caroselli,
I. 40068 — Freprericr M., Leg-
gende e costumi d'Abruzzo = RIA,
V, n. I (1927).
1024.
conti di Angizia, Avezzano, Maggi,
1920.
I. 4010 — Cartatavmo C., Zerra
d'Abruzzo. Natale e Capodanno =:
FE, III, 2 (1925),
I. 4018 — Mercraro O., Feste
d'Abruzzo = FE, III, 6 (10925).
Lia
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
I. 4012-4016
primo descrive usi e costumi di queste solennità in diversi paesi:
ceppo, purificazione della casa, cena con le nove poltate tradizic-
nali, messa, credenze. Il secondo esalta il sentimento religioso e
domestico degli Abruzzesi e tratta del Natale con speciale riferimento
alla novena cantata e suonata dagli scupinare; per l’ Epifania de-
scrive i concerti che si organizzano la vigilia e che si ripetono,
cantando di casa in casa su un motivo tradizionale parole im-
provvisate da ignoti poeti. Qualche interesse presenta il volumetto
su Castel del Monte di F. Graziosi (I. 4012): contiene cenni storici
del pacse, osservazioni intorno al dialetto, notizie sull’amministraz.
comunale, la produzione agricola e l’attività industriale. Infine vi
si trovano usì e costumi riguardanti il matrimonio, la nascita e
alcune feste religiose dell’anno. Per la letteratura popolare abruz-
zese ha particolare valore il volume sul teatro medievale di V. De
Bartholomaeis c Luigi Rivera, che pubblicano 29 rappresentazioni
sacre e in appendice altri 15 componimenti medievali in grani
parte inediti (I. 4013).
14. Passiamo alla CAMPANIA.
a) Per la pocsia napoletana ha una grande importanza la
menzionata pubblicazione di villanelle alla napoletana di G. M.
Monti (I. 4014). Dopo la Nota storica sulla poesia popolare in Napoli
del Capasso (Arch. stor. nap., 1883, VIII, 316) emerge ancora più
l'importanza di questo genere poetico dialettale accompagnato dalla
musica. Il M. studia in II capp. e in 4 appendici l'origine, lo svol-
gimento, le forme, la fortuna di queste deliziose poesie. Questo la-
voro ha suscitato molto interesse anche presso i folcloristi
Delle canzoni di Piedigrotta discorre Enrico Boni (I. 4015). Dopo
aver dato notizie storiche della festa nel celebre Santuario, accenna
all'origine di dette canzoni, notando che il componimento poetico,
come è venuto in voga, nacque verso il 1835, e lamentandone, per
suo conto, il decadimento attuale.
b) Cesare Caravaglios (I. 4016) rievoca alcuni versi del cin-
I. 4012 — Graziosi F., Castel
del Monte, Firenze, L’Industria ti-
pografica, 1920.
I. 4013 — DE BARTHOLOMAEIS
V. e Rivera L., Z/ teatro Abruz-
zese del Medio Evo, Bologna, Za-
nichelli (1924).
I. 4014 — Mosxti G. M., Le vil-
lanelle alla napoletana e l'antica
2irica dial. a Napoli, Città di Ca-
stello, « Il Solco », 1925. — Rec.:
FI, I 450, (dic. 1925). (AMALFI G.)
e FC, NI, 19 (apr.-giugno 1927).
(COCCHIARA G.),.
I. 4915 — Boni E., La festa delle
canzoni = RIA, IV, 35 (ott.
1920).
I. 4016 — CARAVAGLIOS C., Gridi
di venditori napoletani = FI, I.
SI (marzo 1925).
— 750 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA. I. 4017-4021
quecentista G. B. del Tufo, che metteva in evidenza i frequentis-
simi gridi ed il vocio dei venditori di Napoli, e fa raffronti con una
brillante descrizione di Luigi Conforti (Ed. Pierro, 1900) sullo stesso
argomento, per conchiudere che l’anima napoletana è sempre la
stessa. È riprodotta altresì una Culluzujone, conservata nella Biblio-
teca Nazionale di Napoli e composta da Domenico Palmieri, nella
quale si contengono tutti i termini e tutte le voci di quanto si
vende nella rumorosa città. L’A. vuol sostenere che sulla musicalità
di questi gridi si basino i più antichi tipi di canzone popolare napo-
letana, la quale in quelle fonti modeste e basse avrebbe la sua origine,
e dà alcune notazioni musicali, descrivendo infine tipi di venditori: il
pizzaiolo e lo zeppulaiuolo, il venditore di acqua sulfurea, il pesciven-
dolo e l’ostricaro, il venditore di polipi e il maruzzaro, il cenciaiuolo, il
lupinaio, il venditore di fichi d'India, il castagnaro, il venditore
di cocomerì, o pazzariello, che « non si contenta di esaltare il merito
e il basso prezzo del genere che offre », ma ne dà addirittura un
assaggio, invitando la gente a recarsi in quella cantina o in quella
bottega, « che ha fatto fare questa strana, ma sicura réclame ». Frasi
napoletane (« Non tene ’na capa 'e sì ’Vicienzo » — « Mariuncello
c’ ’a scala ncuollo, ecc. ») sono spiegate da Gaetano Amalfi (I. 4017).
Di un caratteristico motto napoletano (ha avuto la « sciorte ’e Maria
Vrenna ») traccia la storia Pietro Chimienti (I. 4018). Il senso della
frase indica vita infelice, mentre ben diverse erano le speranze;
ciò si collega alla memoria dell’infelice contessa Maria di Brienne,
moglie derelitta del Re di Napoli Ladislao.
d) Leggende intorno a S. Gennaro (la casa, il bosco, la rupe
del Santo), riferisce il Corso in un articolo sulla fanciullezza del
patrono di Napoli nella tradizione calabrese (I. 4019), il quale, se-
condo l’A., sarebbe oriundo di un villaggio scomparso nella dio-
cesi di Nicotera in Calabria. Questo articolo ha dato origine a be-
nevoli commenti di A. Lancellotti (I. 4020) e di P. Toraldo (I. 4021),
e a un opuscolo di A. Bellucci, il quale cerca riferire la leggenda ca-
labrese, riportata dal Corso, ad uno dei quindici martiri di nome
I. 4017 — AMALFI G., Appunti
tradizionali, = FC, XI, 10 (genn.-
marzo 1927).
I. 4018 — CHIMIENTI P., // se-
colare Castel Nuovo isolato dalla
Reggia di Napoli = «Giornale
d’Italia », 15 ott. 1925 e FI, I.
444 (dic. 1025).
I. 4019 — Corso R.,, La fan-
ciullezza di S. Gennaro nella tradiz.
calabrese = FI, I, 161 (giugno-
sett. 1925).
I. 4020 — LANCELLOTTI À. =
« Corriere d’Italia », 28 ott. 1925.
I. 4021 — ToraLpo P. = « Cor-
riere d’Italia », 4 nov. 1925.
— 751 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4022-4030
Gennaro, distogliendola dal Santo di Napoli (I. 4022). A tale opu-
scolo ha risposto il Corso (I. 4023), ribadendo la sua tesi. Su questa
polemica un articolo di F. Verdinois è di spirito letterario (I. 4024-
4025). G. Amalfi si occupa brevemente di una leggenda di Lacco A-
meno (Ischia) su Santa Restituta e di avanzi salernitani intorno a
Pietro Baialardo (I. 4017). Un racconto turco in una facezia italiana,
lavoro dello stesso Amalfi apparso in tedesco nella ZVV del 1894, è
ripubblicato con qualche aggiunta o modifica (I. 4026). Da un G. D. è
riprodotto in pochi esemplari un racconto, udito da fanciullo nella
penisola sorrentina: è una novellina del tipo SCGRENGAnO di scemo
malizioso (I. 4027).
e) Ancora l’Amalfi fa cenno di costumi contadineschi sor-
rentini e di una superstizione napoletana riguardante chi si è li-
berato da un grosso guaio (I. 4017). E un cenno dei costumi cam-
pagnoli delle donne dell’ampia valle del Tammaro nel Beneventano
fa Giotto Dainelli (I. 4028). Del Natale a Napoli e nella Campa-
nia parla brevemente E. Gatti con speciale riguardo alla cena della
vigilia col «capitone », seguita dal giuoco della tombola, ai presepi
e alla «cantata dei pastori » (I 4029).
}) Ettore d’Avanzo studia e riporta i versi, purtroppo non
in dialetto, della sacra rappresentazione conosciuta sotto il nome di
« Storia del Cavalier Turchino », che ha una larga eco nella poesia
popolare meridionale. La rappresentazione è fatta in S. Agata dei
Goti, nel Capodanno e in Carnevale, da uno sposo (il Cavalier Tur-
chino), da una sposa che non parla, dalla Morte e da un sacerdote
(I. 4030). Questo lavoro non ha l’anno di pubblicazione, ma l’egregio
studioso R. Zagaria, che per la Campania mi ha fornito preziose
indicazioni, lo dice del 1926.
I. 4022 — Betltucci A., San turco în una facezia italiana, LIO,
Gennaro nacque in Calabria?, Na- VII, n. 1-2 (gen.-feb. 1926).
poli, Tip. Jazzetta, 1926. I. 4027 — G. D., Il conto di
I. 4023 — Corso R., Sulla pa- Giovanni lo Scemo, Officine della
tria di S. Gennaro = FI, I, 447 SIEM, apr. 1927.
‘ (dic. 1925, pubbl. il 20 mag. 1926). I. 4028 — DAINELLI G., dt
I. 4024 — VerpinoIs _ F. = torno al Matese, = VDI, ag. 1925.
« Roma della Domenica », 25 apr. I 4029 — Gatti E., Dove la fe-
o ie sta è legge = FE, III, 31 {(gen.-feb.
I. 4025— AMALFI G., LIO, n, 1-2, 1925).
p. 288, 19206, e un art. a firma I. 4030 — D'Avanzo E. Un
DEI i d’Itaziaa, 10 avanzo di sacra rappresentazione
e in Sant'Agata dei Goti, Benevento,
I. 4026 — AMALFI G., Un conto Coop. tip. Chiostro S. Sofia, s. a:
— 152 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA. I. 4031-4036
g) Uno studio monografico di carattere storico è quello di
Mario Di Martino Fusco su S. Costanzo Vescovo, patrono di Capri.
L'A. assoda la storicità del Santo e il suo culto, e ne tenta la identi-
ficazione con S. Costanzo, abate cassinese. La parte che c’interessa
è limitata a due miracoli famosi, che resero S. Costanzo patrono dci
naviganti in pericolo (I. 4031).
h) Sull’arte napoletana può offrire qualche interesse un libro
di erudizione e di analisi critica di Fausto Nicolini (I. 4032), che
ha grande importanza per i cultori di storia dell’arte. Il nucleo più
forte è costituito dalla lettera del Summonte sull'arte napoletana
(secc. XV e XVI), convenientemente illustrata dal N. All’archi-
tettura rustica della Campania dedica un articolo interessantissimo
R. Biasutti (I. 4033). L'industria del corallo è a Torre del Greco
una ricca occupazione che viene religiosamente tramandata di padre
in figlio. G. Scognamiglio (I. 4034), premesse alcune notizie gene-
riche sul corallo ec sui miti, leggende, superstizioni cui esso ha dato
vita, parla della tecnica della lavorazione in quella città. Della mo-
bilia napoletana nel Seicento si occupa C.. Giovene (I. 4035).
Nella regione della Campania diamo un posto particolare alle
ricerche folcloriche condotte con intenti scientifici da Nicola Bor-
relli intorno al popolo aurunco (particolarmente del villaggio di
Piedimonte di Sessa), e formanti una parte assai interessante del
folclore della pianura Campana o TERRA DI Lavoro. In ordine
cronologico: l'A. ci ha prima dato un saggio di ctnografia popo-
lare di Terra di Lavoro, importante e ben fatto saggio, dove de-
scrive in compendio le attività, i costumi, le tendenze del popolo
della regione (I. 4036). In un altro lavoro particolare studia temi,
soggetti, di cui ricerca la sopravvivenza nel popolo di quella Terra.
Un indovinello finnico ricorre a Piedimonte di Sessa. « Esclusa la
ipotesi dell’importazione diretta, il B. ammette che l’indovinello
I. 4931 — Dr Martino Fusco
M., S. Costanzo vescovo patrono
Una caratteristica industria napo-
letana. L’incisione a cammeo del
di Capri = YI, II, 175 (marzo corallo e delle conchiglie a Torre del
1927). Greco = VDI, XXXII, n. 7
I. 40632 — NicoLixi F., L'arte KEOZ0]:
napoletana del Rinascimento, ecc.,
Napoli, Ricciardi, 1925. — Rec.:
GSLI, LXXXVII, 177 (1926).
I. 4033 — Brasutti R., Archi-
dettura vrustica della Campania =
VDI, XXXI, n. 12 (1925).
I. 4034 — ScocnanmigLio (G.,
I. 4035 — GIOVENE C., La mo-
bilia napoletana mel Seicento =
AAD, marzo 1927.
I. 40936 — BORRELLI N., Saggio
d’etnografia popol. di Terra di La-
voro, S. Maria Capua Vetere, Tip.
Di Stefano, 1924.
sd
Aevum - Anno I - 48
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI.
e
_I. 4037-4043
sia stato importato tra noi al tempo delle invasioni barbariche, per
la mancanza di elementi che attestino l’esistenza di esso presso i
Romani » (I. 4037).
Per le rappresentazioni popolari lo stesso B. accenna alla ma-
scherata dei Mesi, nell'ultimo giorno di Carnevale, che resta an-
cora viva in qualche paese della Terra di Lavoro, ultimo residuo
di una costumanza, come abbiamo visto, assai diffusa in passato
e presto divenuta di grande importanza nei villaggi. Ogni Mese
recita alcuni versi (endecasillabi) con rime e assonanze, a forma di
ottava. L’A. riporta le stanze dei dodici Mesi, precedute da una
del personaggio raffigurante il Capodanno e da quattro versi di
Pulcinella, che rappresenta il Carnevale (I. 4038). Nella campagna
intorno a Piedimonte di Sessa sono pure raccolti apologhi, aneddoti
e racconti inediti: Il grano primaticcio ed il grano tardivo; La croce
che si fa il cane al mattino; L’upupa e la cornacchia; La pietra
piatta; La volpe ed il salaccaio; La carta che parla; Carnevale in
Paradiso; La morte ladra; Le duc comari; Il consiglio di Salomone;
Il compare e la comare nella luna; Il bevitore di vino e il confes-
sore; Il fuoco è buono 13 mesi all'anno; L’ubbriaco e il tempo;
I due coniugi e l’asino; Il giuocatore del lotto; Come ebbero origine
i due proverbi, ecc.; Fra Giusto; La figlia porchetta; La morte e
la miseria; Il monaco e lo statuario (I. 4039). Interessa il folclore,
per qualche superstizione brigantesca, il racconto di episodi del
brigantaggio del 1860-70 in Terra di Lavoro (I. 4040). Infine ci viene
descritto della campagna di Sessa Aurunca il costume tradizionale
muliebre con una illustrazione e note utili (I. 4041).
Diamo pure un posto a parte all’IRPINIA che ha la ventura di
possedere un esperto giovine cultore delle tradizioni popolari, il Prof.
Antonio D'Amato. Oltre a due lavori di storia locale (I. 4042-4043),
I. 4637 — BORRELLI N., I/ lupo
di Hati, l’insidia della Silfide, la
canzone di Olle, l’implacabile Ko-
bold, = « Riv. Campana », III, 23
(1920). — Rec.: FI, I, 129 (marzo
1927).
I. 4038 — BoRRELLI N., Rap-
presentazioni popolari: «I mesi »
in Terra di Lavoro = FI, I, 50
(marzo 1925).
I. 4039 — BORRELLI N,, Apo-
loghi, aneddoti e racconti di Terra
di Lavoro = FI, I, 211 (giugno-
sett. 1925).
I. 4040 -— BoRrRELLI N., Api-
sodi del brigantaggio reazionario (dal
60 al 70) ecc., S. Maria Capua Ve-
tere, «La Fiaccola », 1926.
I. 4041 — BORRELLI N., Il co-
stume tradiz. muliebre nella cam-
pagna aurunca = FC, XI, 3 (apr.-
giugno 1927).
I. 406042 — D’amato A., La vita
e la vicenda di un comune dell’Ir-
pinta (Bagnoli Irpino), Benevento,
Coop. tip., 1925.
I. 4043 — D’AMAaTO A,, Terzo
saggio di bibl. rag. della prov. dt
Avellino, Benevento Coop. tip.,
1925.
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 14. CAMPANIA, I. 4044-4049
segnaliamo un terzo che reca cenni storici, geografici e letterari della
provincia di Avellino con un saggio di canti, fiabe, leggende e tra-
dizioni irpine (I. 4044). A un celebre poeta irpino del Duecento, Gia-
comino Pugliese, il D’'A. consacra uno studio, dimostrandone il pregio
della vivacità per aver fatto tesoro anche della poesia popolare dei
luoghi suoi (I. 4045). S Francesco d'Assisi è studiato attraverso una
serie di brevi leggende fiorite nell’Irpinia (I. 4046) «come un pro-
fumo dell'amore di quel popolo verso il Poverello ». Il lavoro mag-
giore del D'Amato è uno studio speciale sul folclore irpino (I. 4047),
e possiamo dirlo il migliore, il più ben condotto e il più completo
del genere, per quei luoghi. Si esaminano le principali tradizioni,
i riti, 1 giuochi, le feste. le solennità, le consuetudini agricole, le su-
perstizioni popolari e via dicendo, intrecciandosi alla trattazione
opportuni canti popolari. Bellissime sono le ninne-nanne per il
dolce sentimento religioso misto all’amor materno. L'A. annunzia
di continuare in seguito con le leggende popolari religiose e le sacre
rappresentazioni, e certo manterrà la promessa con la capacità di-
mostrata nel primo saggio. Infine ricordiamo alcune noterelle car-
nevalesche e il commento d'uno ngiarmo inedito, specie di com-
ponimento popolare-satirico, composto a Montefusco una trentina
d'anni fa (I. 4048).
Lavori di altri sull’Ivpinia: rapidi e suggestivi cenni di M. T.
Pavese intorno alle varie manifestazioni mistiche (I. 40409), impor-
tanti quelle riguardanti residui di sacre rappresentazioni a Vallata
e a Castelbaronia. G. Valagara riassume una curiosa polemica in-
torno al sacco di S. Francesco, che avrebbe reso incolumi coloro
che ne portavano addosso un ritaglio. Il sacco risalirebbe ai tempi
del Santo, allorchè Egli mandò del pane fresco ai suoi frati che per
la troppa neve caduta languivano di fame nel Convento di S. Fran-
I. 4044 — D'AMaATO À., La verde
Iypinia, con illustraz. e una cartina
geogr., 3. ediz., Napoli, Federico
e Ardia, 1925.
I. 40645 — D'Amato A., Un poeta
îrpino del ’200, ecc., Avellino, C.
Labruna, 10920.
I. 4046 — D'Axmato A. S. Fran-
cesco d'Assisi e l'Irpinia, Avellino,
Prem. Tip. Pergola, 1920 e
« Corriere dell'Irpinia », 1 maggio
1920.
1
I. 4047 — D'Amato A,, Folklore
irpino = FI, I, 417 (dic. 1925) ©
Il, 46 (ott. 1926). — Rec.: ICS,
N, 7 gen. 1927 e RP, XXXIV,
310 (dic. 1920).
I. 4048 — D'Amato A,, Il Car-
nevale a Montefusco; «lo ngiarmo »
« Don Basilio», Avellino, 4 mar-
ZO 1927.
I. 4049 — Pavise M. T., Misti-
cismo irpino, = « Corriere dell’Ir-
pimia », Avellino, 26 giugno 1926.
(dii
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4050-4056
cesco a Folloni (Montella) (I. 4050). Sul Santuario dell’Incoronata
posto a cavaliere del villaggio di Torchiati, A. Galiani riporta tra-
dizioni e canti di singolare interesse (I. 4051). Da una viva descri-
zione del magnifico Santuario di Montevergine, fatta da A. Car-
pentieri (I. 4052), sì possono desumere alcune notizie folcloriche.
Mentre scriviamo, il Prof. Vito Acocella sta pubblicando una rac-
colta di proverbi (Calitri, paese dell'Irpinia).
15. Per la PUGLIA non sono pochi gli studî folclorici, generali
e particolari. Per i primi menzioniamo subito uno sguardo d'’in-
sieme dato alla psicologia e alle consuetudini del popolo pugliese
dal menzionato folclorista Saverio La Sorsa (I. 4053). È uno studio
che riassume, in brevi linee, quasi tutta la cospicua produzione pre-
cedente (dal 1914) dello stesso autore: acuto studio dell'animo del
volgo, in cui sono rilevate talune caratteristiche del suo spirito alacre,
vivace, mattacchione e furbo. Giuseppe Chiarelli intitola un suo
studio generale « Folklorologia pugliese » (I. 4054), e un altro si ri-
ferisce alla cultura locale (I. 4055). Di cose leccesi si occupa nel
« Corriere Meridionale » il Prof. Francesco D'Elia, e il bravo poeta
e studioso Consalvo di Taranto ha ora pubblicato un volume « La
vita paesana in Capitanata », riproducendo una serie di scene, di
quadri e di bozzetti che ritraggono dal vivo quel che si fe, si dice,
si pensa, sì vuole in quella provincia: molte cose che «sono ancora
e che saranno, poichè l'animo umano non muta e le condizioni spe-
ciali dei nostri paeselli montani (propriamente Deliceto che l'A.
cela sotto il nome di Colle d’Elce) non cangiano così facilmente
per nuove vicende»; e con le cose sono dipinte le persone che « non
sono creazioni della fantasia, ma vere e reali » (I. 4056). Un lavoro
d'insieme del folclore pugliese è quello citato, nella Collez. Sor-
rento, di M. Vocino, benemerito studioso della regione, al qual la-
I. 4050 — VALAGARA G,, Il
sacco di S. Francesco = « Cor-
gliese = Riv. « Fantasma », Napoli,
1923.
riere dell’Irpinia », I gen. 1927.
I. 4051 — GALIANI A., Dall'Ir-
pinia. Il Santuario dell’Incoronata
= «ll Mattino», 19-20 aprile
1927.
I. 4052 — CARPENTIERI À., Mon-
tevergine = VDI, dic. 1926.
I. 4053 — La Sorsa S., d°sico-
logia e consuetudini del popolo pu-
I. 4054 — CHIARELLI G., Fol-
Alorologia pugliese = due pun-
tate del « Mondo», ed. pugliese,
ott. 1925.
I. 4055 — CHIARELLI G., La
cultura locale = 2 puntate nel
« Mondo », sett. 1925.
I. 4056 — Di Taranto C., La
vita paesana in Capitanata, Ma-
tera, lip. Ed. Conti, 1927.
— 756 —
Il FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 15. PUGLIA. I. 4057-4060
voro Nicola Zingarelli ha fatto precedere una bella Introduzione.
Non meno interessanti sono gli studî particolari:
a) Per la poesia popolare, il La Sorsa (I. 4057) tratta di quella
amorosa in terra di Bari: dialoghi d'amore, dispetti e invettive che
si scambiano gli innamorati. Lo stesso A. recentemente ha pubbli-
cato un saggio di poesia popolare religiosa in Puglia (I. 4058). Già
ho accennato con lode ai Canti popolari di Volturino (Foggia) di
Giacomo Melillo, autore di buoni saggi sui dialetti di Volturino e
del Gargano: sono quaranta canti «teneri, vivaci e talvolta vio-
lenti », cantati nelle campagne da coppie di individui sugli sciam-
bule (specie di dondolo). Interessanti sono i riferimenti ad altri
canti delle provincie meridionali (I. 3484).
d) Per le fiabe e novelle l’infaticabile La Sorsa ha iniziato
la sua citata raccolta (I. 3452) di oltre cinquecento testi popolari.
In un primo volume ne pubblica sistematicamente circa 150 (fa-
vole ed apologhi, novelle di carattere morale), scritte in molti dia-
letti, da quelli della Capitanata a quelli del Salento — impor-
tanti dunque anche per i dialettologi. A ciascuna novella segue una
buona traduzione italiana per facilitare la lettura alle persone non
competenti. Lo stesso autore ha riprodotto altrove (I. 4059) sette
racconti che parlano di avventure capitate al diavolo, il quale, se-
condo l’opinione del popolo, quantunque cerchi di ordire inganni
e trappole, finisce sempre coll’essere scornato. G. Amalfi riporta
una leggenda circa l’origine di Francavilla Fontana, che si fa risa-
lire a Roberto d'Angiò (I. 4017).
e f) Su usi, costumi e feste del popolo pugliese, anche il La
Sorsa ci ha dato un bel volume riccamente illustrato da ben riusciti
clichés. È una ricchissima materia abbracciante la vita pubblica e
casalinga di vasti territori, e in una visione poetica e armonica ve-
niamo a conoscere tutte le feste e le solennità che si compiono nei
diversi periodi dell’anno, sia in campagna che in città (I. 4060).
Importante è l’accenno ai pellegrinaggi presso i Santuari più ce-
lebri della regione. Se pure, come ha notato il recensore, si nota
scarsità di citazioni bibliografiche e non esauriente critica folclo-
I. 4057 — 1a Sorsa L., La volo. Novelline popolari = FI, II,
poesia popolare in Terra di Bari, 271, (marzo 1927).
Napoli, « l'’antasma », 1926.
T-iisa—la Soia S, Soa: 0 1008 Da coro
: SA: . costumi e feste del popolo pugliese,
di poesia popol. relig. in Puglia Bari: Caciài Rec: FI
- “RN, XLIX (mag. 1927) ari, Casini, 1925. — Rec.: i
ac sl I, 134 (marzo 1925). (R. Cor-
I. 4059 — Ta Sorsa S., // Dia- so).
— 757 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI,
—————_——_———_——_—_——_—-_—_-—-_-——————————114H#+-1##««=«||][( ec@c€c©cOehGc€eogO ‘e y@—___yTT—ttT_yT—___________.
I. 4061-4067
rica, l’opera del La Sorsa è lodevolissima: noi non crediamo, come
G. Amalfi e altri, che « il periodo di raccoglimento sia già quasi esausto
ai tempi nostri ». L’opera dell’editore di testi è in tutte le epoche
possibile, ed è sempre preziosa. Del Natale e Capodanno parla par-
ticolarmente Vincenzo Pastina (I. 4061). Varî e molto caratteri-
stici gli usi nei diversi paesi della Puglia: presepio, preparativi
culinarî, comitive che vanno in case d’amici a cantare la « pasto-
rella », pronostici, pranzo e cena con descrizione delle varie portate
che hanno relazione con fatti religiosi, falò, ceppo; augurî di Capo-
danno e musiche: pochi di questi usi sopravvivono, come pure
sono scomparsi, secondo l’A., gli zampognari che cantavano la
«novena ». Inoltre ricordisi qui il saggio citato di G. Melillo intorno
alla pesca nel lago di Varano in quel di Foggia (I. 3584).
g) Ad antichi tempi e memorie storiche si riferiscono varie
pubblicazioni: Giuseppe Grassi, autore di un lodato saggio fone-
tico sul dialetto di Martina Franca, si è occupato di cose riguar-
danti la stessa città al tramonto del sec. XVIII (I. 4062), ricostruendo
propriamente gli avvenimenti del 1799. Egualmente il Chiarelli ha
dettato alcuni saggi biografici su « notabilità martinesi » (I. 4063),
e ha scritto di un processo di stregoneria nel Settecento (I. 4064).
16. A differenza della vicina BASILICATA, la CALABRIA è stu-
diatissima. Della prima regione ho poco da dire. Una variante ba-
silicatese delle dodici parole della verità, raccolta dal compianto
Dr. G. M. Pasquarelli e pubblicata dall'avv. Gaetano Gallo (I. 4065),
è un componimento che «ha della preghiera e dello scongiuro ».
Una singolare leggenda su Federico Barbarossa in Castel Lago-
pésole riferisce E. Claps (I. 4066). Di storie sacre disserta Sergio Dc
Pilato (I. 4067). Nel suo opuscolo tratta: « 1) del ciclo leggendario
di San Laviero, S. Luca, S. Vitale; 2) delle storie di martiri emer-
I. 4061 — PASTINA V., Natale
e Capo d’anno in Puglia, = VE,
III, 38 (1925).
I. 4062 — Grassi G., Il tra-
monto del sec. XVIII in Martina
Franca, Taranto, Tip. Arciv., 1926.
I. 4063 — CHIARELLI G., Nota-
bilità martinesi, Martina Franca,
Tip. Aquaro e Dragonetti, 1925.
I. 4064 — CHIARELLI G., Un
processo di stregoneria = 2 ;pun-
tate nel « Mondo », sett. 1925.
I. 4065 — Gatto Di Carto G,,
Una muova ‘variante delle dodici
parole della verità = FI, I, 187
(giugno-sett. 1925).
I. 4066 — Craps T., Una sin-
golare leggenda basilicatese, ecc. =
« Lucania », Boll. del R. Provve-
ditorato, III, n. 4-5 (1926).
I. 4067 — Dr Pitato S,, Leg-
gende sacre di Basilicata, Estr. da
«La Basilicata nel Mondo », Na-
poli, R. Stab. Tip. Fr. Giannini,
1925. — Rec.: FI, I, 351 (giugno
sett. 1925).
To
JIL FOLC. NELLE VARIE REGIONI: 16. BASILICATA L CALABRIA. I. 4068-76
genti dalla tradizione orale e dalla letteratura agiografica; 3) delle
tradizioni e credenze che, in determinati periodi dell’anno, richia-
mano moltitudine di pellegrini ad antichi santuari, come quelli di
S. Michele Arcangelo sul Gargano, di S. Maria di Perno nei pressi
di S. Fele; 4) delle « reliquie » che costituiscono il nucleo da cui si
esplicano tanti racconti miracolosi ». Usi nuziali della piccola città
di Matera espone brevemente Gino Di Salvia (I. 4068).
In generale, per la CALABRIA, dell'anima del popolo ha scritto
un articolo F. Scalfari (I. 4069) e quadri di vita calabrese I. Si-
rianni (I. 4070); di « cusiceddi » e d’altre piccole e melanconiche cose
G. Zuppone-Strani (I. 4071). Anche G. Isnardi in un suo scritto
mira ad illustrare la Calabria soffermandosi specialmente sulla
parte pittoresca e sul patrimonio artistico regionale. Per il folclore
c'è qualche cenno alle caratteristiche fogge del vestire, special-
mente temminili a Tiriolo, a Marcellinara, a S. Giovanni in Fiore,
a Cosenza, nci varî pacsi albanesi (I. 4072). Come sobria opera
d'illustrazione folelorica generale ricordo il cit. vol. Calabria forte
di G. Algranati della Collez. Sorrento.
a) Canti popolari calabresi, pochini e senza commento, pub-
blica Lina Galati (I. 4073). I canti della Piana Calabrese interessano
R. Santagati (I. 4074). L’A., dopo aver fatto una descrizione della
piana, esamina lo spirito del popolo in tutte le manifestazioni di
amore e di odio, di tenerezza e di gelosia, di vendetta e di perdono,
e riporta qualche canto, oltre a cantilene di Natale e a canzoni
di lontananza. Ninne-nanne calabresi dobbiamo a F. Fuscà (I. 4075).
I. Sirianni estende ed eleva una nota ninna-nanna a quadro significa-
tivo di vita calabrese. (I. 4076). Fedora Scalfari si occupa di poesia
I. 4068 — Di Sarvia G., Usi Roma, Assoc. Nazionale interessi
nuziali a Matera FC, XI, 9
(apr.-giugno 1927).
I. 4069 — ScaLrari F., L'anima
del popolo calabrese = NOUS, IV,
N. 4-5 (1925).
I. 4070 — SiRIANNI I, Quadri dî
vita calabrese NOS, IV, n. 8
(1925).
I. 4071 — Zuppoxe-STRANI G.
Di «cosiceddi» e di altre piccole e
melanconiche cose IL, I n.1
1925).
I. 4072 — ISNARDI G., Calabria,
-——
—
Mezzogiorno, 1920.
I. 4073 — Garati L., Canti po-
pol. calabr. FC, XI, 11 (apr.-
giugno 1927).
I. 4074 — SANTAGATI R., Canti
popolari nella Piana Calabrese =
«La Coltura regionale », Il, n. 2
(1926).
I. 4075 —Fuscà F., Niîmne-nanne
calabresi = CAL, Il, n. 4 (1920),
I. 4076 — SIRIANNI I., Nimne-
nanne, = «La cultura regionale »,
III, n. 4 (1927).
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI, I. 4077-4081
religiosa popolare (I. 4077), «il cui rappresentante, diciamo così uffi-
ciale, è il cantastorie col suo violino or stridulo ed ora stonato,
che accompagna con note stereotipate le varie grazioni e i misteri
nelle ricorrenze dell’anno religioso ». Come dice l’A., «le poche
note modeste ed incomplete non hanno certo la pretenzione di a-
vere esaurito l'argomento; ma cì pare bastino per arguire quale
messe abbondante ci sarebbe da raccogliere nel popolo, per rica-
vare uno studio esauriente sulla poesia popolare religiosa calabrese ».
E perchè la Scalfari stessa non intraprende codesto lavoro?
b) Proverbi e indovinelli calabresi ha pubblicati lo stesso San-
tagati (I. 4078), ma non ci sembrano testi raccolti dall’editore di
su la bocca del popolo e tutti inediti, sebbene non abbiamo po-
tuto controllare questa nostra opinione.
d) M. De Cristo, a proposite di un’ascensione al Montalto,
riferisce una leggenda di Silvestro vescovo e dell’imperatore Co-
stantino e parla di un luogo dove si sarebbero rifugiati i primi cri-
stiani e dove Ruggero il Normanno edificò una chiesetta (I. 4079).
G. De Cristo, volendo spiegare certi nomi di contrade del roccioso
Aspromonte, riferisce alcune leggende: le prache di Sansone, le
rocce di S. Erasmo, le grotte dei colombi, le pietre di Febo, il
sasso di Lucifero (I. 4080). P. Tramontana ci parla della Madonna
dei Poveri in Seminara, mèta di pellegrinaggio nella festa di ago-
sto. Il culto si fa risalire a circa la metà del sec. XIII. È tradi-
zione che alcuni infelici, cercando di che sfamarsi, nell’aperta cam-
| pagna videro una fiamma avvolgere un roveto rimasto incombusto,
si accostarono e trovarono una statua rappresentante la Vergine
col Bambino (I. 4081). Raffaele Lombardi-Satriani, folclorista men-
zionato, ha di recente raccolto fiabe in dialetto: « Pezzuleda »;
« Ntonuzzu senza paura» in Tiriolo; «'I tridici paroli d’a verità»:
quest’ultima ci richiama la' variante basilicatese or ora citata, con
la differenza che il L.-S., «fedele interprete della voce o meglio della
I. 4077 — ScaLrari F., La poe- n. 20-21 (1926).
sta la eligi = NOS, IV,
a ina I. 4089 — DE CRISTO G. 1/ culto
n. 8 (1925). ji
della pietra sull’Aspromonte =
I. 4078 — SavxtagaTI R., Pro- ALB, III, n. 4-5 (15-31 marzo
verbi e indovinelli = «La col- 1927).
tura regionale », I, n. 1 (1925) e
II, n. 7-8 (1926). I. 4081 — TRAMONTANA P., La
Madonna dei Poveri = «La col-
I. 4079 — De Cristo M., Una tura regionale », Il, n. 7-8 (1926).
ascensione al Montalto = ALB, Il,
ca Foa
= re
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 16. CALABRIA. I. 4082-94
frase contadinesca » corregge dodici in tredici (I. 4082-4084). Di que-
sta tradizione ha tentato di dare una spiegazione R. Corso (I. 4085),
del cui continuo contributo al folclore calabrese abbiamo avuto
occasione di accennare nella parte generale di questo Bollettino.
e f) Di usanze popolari calabresi si occupa il Corso (I. 4086),
che dedica un articolo speciale alle consuetudini di Catanzaro (I. 4087).
GG. Gallo disserta sopra un rito nuziale primitivo nella Calabria (I. 4088)
È una popolare quanto illegale celebrazione di nozze (i matrimoni
ncannestra), consistente nel fare tre giri attorno a un certo albero
e nel cantare determinate parole, a cui si attribuiva il potere di le-
galizzare l'unione. Queste parole formano quattro versetti rimati
o assonanti, di cui due venivano pronunciati dallo sposo e due dalla
sposa. L’A. combatte l'opinione che ricollega quest’usanza con le
licenze rivoluzionarie della fine del XVIII secolo, e vede nel sim-
bolismo dell’albero e dei tre giri, che si ritrova presso altri popoli
(Slavi meridionali e Indiani del Bengala), elementi di origine anti-
chissima, primitiva, rifugiatisi nel popolino come forme di pratica
magica. Sulla solennità e festa del Natale si sono pubblicati parec-
chi appunti (I. 4089-4004), tra i quali mi sembra notevole la descri-
zione particolareggiata degli usi in Cittanova. L'anonimo au-
tore, dopo averci parlato dei preziosi fastorelli del presepe della
Chiesa di S. Rocco, risparmiati dal terremoto del 1783, e di altre
notizie storiche, rievoca con nostalgia le scampagnate, 1 canti, i
I. 4082 — LOoMBARDO-SATRIANI I. 4088 — Gatto Di CarLo G.
R., Pezzuleda =- FI, I 191 (giugno- Sopra un rito nuziale primitivo nella
sett. 1025). Calabria = Il, I, 38I (dic. 1925).
I. 4083 — LOMBARDO-SATRIANI I. 4089 — CARDONE D., In Ca-
R., Fiaba di Tiriolo = FC, NI, 16 labria = FE, III, 11 (1925).
ME I. 4090 -— Loxco A., Il Natale
I. 4084 — LOMBARDO-SATRIANI calabrese == NOS, IV, n. 12 (1925).
R., ’/ tridici paroli d’a verità = Ie ; i i
FC, XI, 13 (apr-giugno 1927). I. 4091 — X. Y., Il Natale in Cit-
tanova = ALB, I, n. 17-18 (1925).
I. 40685 —- Corso R., Un pre-
giudizio popolare calabrese == «La I. 4092 — Motto S., Il Natale
cultura regionale », 1II, num. 6 nel simbolismo cristiano in Calabria
(1927). = ALBI, n. 17-18 (1925).
I. 4086 — Corso R., Usanze I. 4093 — JuLia, Natale in Ca-
popolari in Calabria = 1I., I, n. 1 /abria =- ALB, II, n. 24 (1920).
(1925). I. 4094 — Cailvavno P.,, La tra-
I. 4087 — Corso R., Le con- dizione del Natale in Calabria =
suetudini di Catanzaro, = CAL, II «La cultura regionale », III, n. 2-3
(luglio 1020). (1927).
ail
L. SORRENTO - FOLCLORE LE DIALETTI,
I. 4095-4100
suoni, i piccoli lumi di creta ad olio, le zampogne, ci ricorda che in
due giorni si dovevano mangiare tredici cose, tra cui zippole e tor-
rone, e_.infine riporta -una poesia sacra in onore di Gesù Bambino:
. una descrizione che ci richiama il Natale siciliano, ma in Calabria,
se ci è lecito dirlo, la festa ha un sapore più pastorale e più caratte-
ristico..-Del Calendimaggio in Sangineto (Cosenza) si occupa G. Gallo
(I. 4095). Silvio Mollo, che a varie riprese si è occupato di folclore
calabrese nel Mezzogiorno di Napoli, nel Calabrese ecc., ha brevi
note su: una bizzarra tradizione nuziale, gli sponsali di fanciulli,
origini della costumanza; gli zingari di Cassano Jonio; i vaticina-
tori di Joppolo, la tradizione al giorno d’oggi; giurisprudenza et-
nografica; luce di civiltà spirituale in Calabria (I. 4096). G. Nico-
tera parla di usi e costumi durante 1l carnevale, e si ferma sullo
zuccu, che consiste in un vaso di terracotta ricoperto da tenue
pelle a guisa di tamburo; ncl mezzo della pelle è fissata vertical-
mente con uno spillo una sottile cannuccia, priva di nodi, che
produce un suono cupo e monotono in accompagnamento di un
canto (I. 4097).
g) L’Arcipr. N. Cilione in un articolo, intitolato Prete Mato
di Sambatello, dà spiegazione di un esametro latino scritto sul da-
vanti di una «bara» processionale che esiste nella chiesa del paese:
il prete Maio è la figura dell’eroe sambatelliano che risponde al
nome di Mario Cagliostro, vissuto nella seconda metà del sec. XVI,
quando i Corsari rubavano donne e fanciulli (I. 4098). Un documento
storico, che ha relazione col Natale. riporta Vinc. De Cristo: un
dialogo tra il Bambino e la Madonna nella notte di Natale, tratto
da un'opera di P. Ag. Manno del 1612 (I. 4099). Un libro descrittivo
e illustrativo di paesi, paesaggi e grandi compatrioti calabresi è
quello di Giovanni Patàri (I. 4100), autore, vedremo, di recenti
poesie dialettali che, come quelle di altri simpatici conterranei,
hanno un vero valore artistico congiunto a una grande importanza
I. 4095 — Gatto G., Calendi-
maggio in Sangineto = « Cala-
bria Nova » (Organo della collet-
tività calabrese in Argentina), VII,
n. 75 (I maggio 1927).
I. 4096 — Motto S.. Calabria
folklorica = « Il Mezzogiorno, » 20-
2I ottob. 1920.
I. 4097 — NicorERAa G., La mu-
sica dî carnevale = «Ta cultura
regionale », III, n. 2-3 (1927).
I. 4098 — CILIONE N., Prete
Maio di Sambatello = « La cultura
regionale », III, n. 4 (1927).
I. 4099 — DE CRISTO V., Nella
grotta divina = ALB, II, n. 24
(1920).
I. 4100 — PATÀRI G., (ALFIO
Bruzio), Terra di Calabria, Catan-
zaro, G. Mauro, 1925.
— 762 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 10. CALABRIA. I. 4101-4107
folclorica. Oltre agli scritti illustrativi della Calabria su ricordati,
ecco un volume in collaborazione di C. Sinopoli (parte storica), S.
Pagano (geografia e movimento demografico), A. Frangipane (parte
artistica) (I. 4101): la ristampa è stata fatta in tre fascicoli di-
stinti, secondo mi ta sapere il mio bravo ex scolaro, Dr. Prof. P.
Acrosso, che qui ringrazio cordialmente per avermi procurato gior-
nali e riviste che non riuscivo a trovare fuori della Calabria. Op-
portuna e bella è poi l'impresa di Domenico Zangàri di ristampare
note di italiani e stranieri illustranti la forte Calabria (I. 4102). Ha
relazione con memorie storiche e sacre di Reggio C. un articolo di
padre Ed. da Alengon circa la contesa fra Minori Capp. di questa
città e Teatini messinesi per l’attribuzione di una spina della Corona
di N. S. G. C. (I. 4103).
h) Un A. C. ha pubblicato uno studio sul nome, sull'origine
geografica, sulla coltivazione e sulla lavorazione del bergamotto
(I. 4104). Quanto a premure e culto per l’arte popolare, la Calabria
non è seconda a nessuna regione. Già abbiamo accennato alla sua par-
tecipazione attiva in questi ultimi anni a Esposizioni e Mostre. Fra
i molti resoconti e studî, citiamo anzitutto un articolo di A. Fran-
gipane (I. 4105) e le pagine del Corso per l’Esposizione di Monza
(1925) (I. 4106). Ricordiamo che in Calabria è fiorente e fattiva
la Società artistica « Mattia Preti », della quale è benemerito organo
il Brutium e anima infaticabile Alfonso Frangipanc, direttore di
questa rivista. Tale Società ha rivelato in mostre nazionali e regio-
nali i tesori d’arte — anche popolare — della terra calabrese. Infine
con piacere leggo in una pubblicazione dell’egr. Prof. Fucile l’an-
nunzio che quanto prima sara pubblicata una diligente ricchissima
bibliografia di tutto ciò che riguarda la Calabria, opera di Mario
Mandalari con prefaz. e aggiunte di O. Dito (I. 4107).
I. 4101 — SixopoLI C., Pagano /abresi, Fragranze di bergamotto
S., FRANGIPANE A., La Calabria, = VDI, XXXIII, 311 (marzo
Catanzaro, G. Mauro, 1925. 1927).
I. 4102 — Zancari D., Viag- I. 4105 — FRANGIPANE A., L'art
giatori stranteri in Calabria: J.HER- rustique en Calabre = UNITI, III,
MANN von RIEDESEL (1740-1785) n. 10 (1925).
e GIUSEPPE SACCHI (1804-1891) = I. 4106 — Corso R., Rustica ars,
RCC, IV, 10924, f. 1-2. — Rec.: nel Catalogo dell’Eposizione di
FI, I, 475 (dic. 1925). Monza (Arte applicata all’indu-
I. 4103 — P. Ep. DA ALENGON, stria), 1925.
Una spina della Corona di N. S. I. 4107 — FuciLe L., Un poeta
G. C. = RLU, HI, Numero unico dialett. della Calabria Reggina, lab.
francescano, 1920. Coma = «Ann. del R. Liceo di
I. 4104 — A. C., Industrie ca- Reggio Calabria », 1926-27.
ga
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4108-4109
17. La SICILIA d'oggi, per opera di suoi vecchi e giovani stu-
diosi viventi, mostra di non voler perdere il posto che nel campo
degli studî folclorici le ha conquistato il Pitrè. Si ha da lamen-
tare, a mio avviso, la scarsità di testi popolari nuovamente rac-
colti, chè, nelle collezioni pitreiane, ci sono gravi lacune per certi
paesi siciliani, per i quali testi di là da venire vorrei proporre la
grafia adottata dallo Schneegans, pur con qualche semplificazione.
Ma, come dissi in principio, speriamo, per questo, in un accordo
tra folcloristi e dialettologi. Quasi per ogni materia del folclore sono
copiosi gli studî recenti, sebbene non siano dell’ampiezza d’infor-
mazione e di concezione di quelli del Pitrè. E mi piace incomin-
ciare con un lavoro di poco tempo fa del tante volte menzionato
G. Cocchiara. Da tale lavoro si possono scorgere certi aspetti e at-
teggiamenti del giovine studioso, che alcuni possono approvare e
altri no.
a) Di esso, che porta il titolo Popolo e canti nella Sicilia d'oggi
(I. 4108), ebbe a scrivere C. di Mino: che non si tratta « della con-
sueta raccolta con la solita prefazione storico-comparativa. A un
giovane dotato di viva fantasia e di vis creativa, qual'è il Coc-
chiara, ripugnava la raccolta venuta su col vecchio metodo.... egli
rivive nella sua fantasia i poeti dalla cui bocca aveva raccolto i
canti, i luoghi dove la prima volta li intese e il momento in cui fu-
rono recitati.... Questa rielaborazione poteva arenare, ma col C.
diventa opera di ricreazione, senza svalutare perciò la serietà e la
compiutezza della ricerca ». Lo stesso Cocchiara recentemente si è
occupato di speciali forme della poesia siciliana: arie e canzonette
(I. 4109).
L'A. vuol cogliere in contraddizione il Vigo, il quale aveva
affermato nella sua raccolta che «le arie sono anello intermedio tra
la poesia popolare e la non popolare », e aggiunto che di esse «i ru-
stici non solo non ne compongono, ma neppure ne cantano ». Vuole
altresì modificare uno stesso concetto del Pitrè, che è espresso nella
collez. dei Canti popolari siciliani in questo modo: « L'aria è il
canto nobile per eccellenza, l’unico che si crede degno di esser co-
nosciuto dagli uomini istruiti »; il quale Pitrè definì l’aria «un parto
d’ingegni mezzanamente istruiti e quasi di nessuna lettera che si
canta con accompagnamento di chitarra, quando si van facendo
serenate o mattinate alla bella ». La preoccupazione del C. è questa:
I. 4108 — CoccHIARA G., Popolo Mixo).
e canti nella Sicilia d'oggi, Palermo, I. 4109 — CoccHiaRra G., dine
Sandron, 1923. — Rec.: nell’« Ora » e canzonette siciliane = FI, II, 163
di Palermo, 4 luglio 1923 (Di (marzo 1927).
(9
IL FOLCLORE NELLE VARIÈ REGIONI: 17. SICILIA, I. 4110-4111
se con tali definizioni, specialmente con quella del Vigo, sia « opera
scientifica includere in una raccolta di poesie popolari le dette poesie ».
Ma questa preoccupazione non avrebbe ragione d’esistere. Del resto
il C_ per le arie e le canzonette, identiche nel metro, ma diverse per
il contenuto, afferma che entrambe non sono di origine siciliana:
provennero da altre parti d’Italia, nel Settecento; ma, passando
nell'anima del popolo siciliano. ricevettero da questo una caratte-
ristica impronta. Per noi questo è un bel fenomeno che, dato il
tempo recente in cui è avvenuto, si fa studiare meglio in tutti i suoi
particolari, ed è un esempio di quel che si diceva più su, a proposito
di una recensione del Calcaterra alle villanelle napoletane studiate
dal Monti, cioè dell'adattamento della poesia soggettiva e indivi-
duale o d’arte, come si voglia dire, passata in dominio del popolo.
Senza dubbio, al Vigo si deve il merito di aver intuito quel-
l'anello di congiunzione tra, diciamo così, i due generi di poesia;
il Pitrè folclorista ha mostrato di vedere meglio l'elemento popolare
siciliano che è indubbio ed è tale che quasi dà un aspetto nuovo e
caratteristico all'aria siciliana. Le stesse arie dialettali del Meli ci
attestano l'adattamento siciliano di una forma poetica di origine
forestiera. L’aria meliana è senza dubbio originata e fiorita dal-
l’Arcadia coeva, sebbene non sia più la canzonetta arcadica. Il
poeta, che aveva vivo il tono sentimentale della sua regione, fece
sua, come ho dimostrato recentemente, la forma metrica forestiera
e letteraria e vi diede un’impronta tutta siciliana: i motivi infatti.
sono quelli comuni della poesia popolare dell’isola: «d’amore, ge-
losia, spartenza e sdegno ». Quel che si vede chiaramente per il Meli,
è stato press'a poco operato da cantori popolari. E, a proposito, è
notevole la relazione di dipendenza tra l’aria meliana e quelle po-
polari, chè spesso il grande poeta palermitano è stato il vero anello
fra la canzonetta forestiera e letteraria e l’aria popolare siciliana.
Canti popolari, tra i più belli che traggono ispirazione da S.
Rosalia, esamina I. Gattuso Criscione (I. 4110). Alessio di Gio-
vanni, per amore della scienza che in lui è vivo e appassionato quanto
quello per la sua isola e per il Parnaso siciliano, ci parla di errori
, In cui caddero il Vigo e il Pitrè nell'accettare e dare come popo-
lari e genuini alcuni canti contenenti allusioni storiche (I. 4111).
Lo stesso autore c’intrattiene sui canti ditirambici della mietitura,
I. 4110 — GATTUSO-CRISCIONE I., I. 4111 — Di GIOVANNI A., Una
Santa Rosalia e la poesia popolare . allusione alla casa Savoia in un
siciliana =: LS, IX, 41 (marzo fseudo canto popolare siciliano =
1926). « Boll. del R. Provveditorato della
Sicilia », II, 183 (30 mag. 1927).
Lina
L. SORRENTO - FOLCLORE LE DIALETTI. I. 4112-4118
facendo opportuni raffronti e acute analisi critiche (I. 4112), e ha
pure raccolto in montagna alcune canzuni, « fresche come un mazzo
di fiori maggesi e in gran parte ancora inedite » (I. 4113). Mi par
bene ricordare qui che Paolo ‘Toschi sotto il titolo di Acqua viva
ha riprodotto dalla Raccolta amplissima del Vigo un’ottava siciliana,
facendola seguire da un commento estetico (I. 4114). Una simile
opera di presentazione, commento e traduzione di alcune canzoni
siciliane sull’infanzia di Gesù, tratte anche dalla Raccolta vighiana,
l'A. aveva fatto qualche anno prima (I. 4115).
b) A complemento delle voci dei venditori ambulanti, lascia-
teci dal Pitrè, il Rubino (I. 4116) ne ha opportunamente raccolte
c pubblicate altre. |
c) Un giuoco popolare si ricollega a una festività. A Canicattì,
ci racconta Giacinto Gangitano, la maestranza della Confraternita
di M. SS. degli Agonizzanti, per la domenica in Albis, usava fare il
« giuoco » di lanciare ripetutamente a grande altezza e di riprendere
diritta sulla testa una bandiera gialla col monogramma della Ver-
gine ricamato in viola (I. 4117). Di un caratteristico giuoco popolare
ci parla il Gattuso Criscione (I. 4118). .
d) Tra le leggende ricordiamo anzitutto quella famosa della
Baronessa di Carini, che forma materia del poemetto siciliano rac-
colto dal Salomone-Marino ed ora presentato dal Cocchiara, secondo
la terza ristampa già curata dal celebre editore (I 3508). Questa leg-
genda ha un'importanza che trascende la letteratura popolare dell’iso-
la. Il poemetto suscitò più di mezzo secolo fa interesse e discussione
grandi nel campo degli studi, e nel 1915 Salvat. Raccuglia, secondo
ricorda recentemente A. Di Giovanni, ritenne di potere affermare
che esso «come fu pubblicato dal Salomone-Marino e dal Galante,
non esiste nel popolo, e che trattasi di un lavoro letterario di puro
intarsio, fatto unendo elle parti veramente tradizionali di esso, una
quantità di versi, in miessima parte popolari, anche tradotti da le-
I. 4112 — Dr Girovanxi A., 7 e poesia di popolo = «La Festa»,
canti ditirambici della mietitura = Milano, 4 mag. 1924.
« Bollett. » detto, V, 202 (30 giu- I. 4116 — Ruino B., Grida-
gno 1927). tori delle vie siciliane = LL, 1 feb.
I. 4113 — Di Giovanni A., Un 1925.
mazzo di fiori maggesi = « Bol- I. 4117 — Gaxcitano G., Una
lettino » detto, IV, 61 (30 dic. festa tramontata. Il «giuoco della
1926). bandiera = », LS, VIII, 136 (luglio
I iosa. dii
i Mi +e ; a 1020 sua I. 4118 — GATTUSO-CRISCIONE ].,
I. 4115 — Toscni P., Religione
Lu jocu vr’ ’o cascavaddu = LS,
VIII, 224 (nov. 1925).
='‘106=
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 17. SICILIA, I. 4119-4123
zioni di altre regioni e più o meno ritoccati secondo il bisogno » (I.
4II9). |
Una menzione speciale merita lo studio del Natoli che porta
nuova luce sulle tradizioni e leggende cavalleresche messe in rap-
porto alla storia delle usanze siciliane (I. 4120). Contro quegli stu-
diosi che hanno fatto risalire le tradizioni cavalleresche o romanzesche
siciliane ai secc. XVII e XVIII, perchè i frammenti scritti sono
di tali secoli, il nostro A. vuole sostenere che i Normanni abbiano
portato in Sicilia leggende poetiche romanzesche come dimostre-
rebbero sopravvivenze di fatti eroici esistenti ancora nei canti po-
polari, e così anche l'indagine onomastica, la quale fa pensare che
il popolo aveva una speciale ammirazione per i personaggi celebri
delle storie romanzesche. Altre conferme si troverebbero in opere
d’arte, come una coperta da letto, magnifico ricamo siciliano del
sec. XV esistente nel South-Kensington Museum, e come un sof-
fitto (sec. XIV) del palazzo dei Tribunali a Palermo, dove sono di-
pinte scene del ciclo di Carlomagno e del re Artù. Tutte queste
forme di sopravvivenza delle antiche leggende si sarebbero poi rac-
colte e concretate nel cunto e nell’opra. Il cunto è una specie di re-
citazione popolare della materia romanzesca; l’opra è il teatro ma-
rionettistico a soggetto e a sfondo romanzesco.
Ecco alcune leggende che si riferiscono a luoghi e paesi. B.
Rubino raccoglie una leggenda popolare circa la sepoltura, presso
Acquedolci, dei martiri Alfio, Filadelfio e Cirino, protettori di San-
fratello (I. 4121). Sull'origine di Troina è ricordata da S. Saitta la
mistica leggenda di un bel cavaliere identificato dal popolo in S.
Giorgio, che sarebbe apparso per aiutare i Normanni contro gli
Arabi (I. 4122). Il Sajeva narra la bella leggenda di S. Pellegrino,
primo vescovo di Triocola (oggi Caltabellotta), il quale salvò il
fanciullo Liberante e di conseguenza il paese dal terribile dragone,
cui si doveva pagare ogni anno il tributo di un ragazzo (I. 4123).
Dopo di aver parlato del Santuario, in Mezzoiuso, della Madonna
dei Miracoli, il Gattuso Criscione riferisce la pia leggenda popolare
della guarigione del lebbroso, alla quale s’ispirò il poeta siciliano
I. 4119 — Di GrovaNnnI A., Gli
studî di demopsicologia in Sict-
lia = LEO, III, 142 (20 giugno
1927).
1.4120— NAaTOLI L., Le tradizioni
cavalleresche in Sicilia = FI, II,
v9, (ott. 1920).
I. 4121 — RuBixo B., Acque-
dolci = LL., 1 giugno 1926.
I. 4122 — SAITTA S., Leggende
antiche di Troina = LS, VIII, 187
(ott. 1925).
I. 4123 — SAJEva S., Storia,
tradizione e leggenda intorno a Trio-
cola e S. Pellegrino = LS, VIII,
237 (dic. 1925).
— 767 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. 1. 4124-4130
Carollo senior da Carini (I. 4124). S. Pappalardo illustra la « Grotta
del Drago » presso Palagonia, che è detta dal popolo antica abita-
zione di un gigante mostruoso, marito di una «Draga », il quale
faceva devastazioni e ruberie, incutendo terrore nei paesani (I. 4125).
Due leggende di Comiso riferisce Fulvio Stancanelli (I. 4126). Po-
trà avere qualche interesse per il folclore, tanto più che quello della
Sicilia occidentale non è molto studiato, un ciclo di leggende dre-
panitane che si propone di scrivere Riccardo Castorina (I. 4127):
tre rapsodie finora pubblicate cantano le origini e la leggenda vir-
giliana di Enea in Trapani. Auguriamo che l’egregio poeta voglia
far seguire la illustrazione folclorica.
Passiamo ai racconti fiabeschi e alle facezie. Giuseppe Men-
dola, nel trattare della credenza dei bambini (che i Morti portino
doni nella notte sul 2 Novembre), riferisce la fiaba della bambina
che va di notte al cimitero per vederne uscire insieme con le altre
l'ombra della nonna (I. 4128). « Serramonica » era una donna piut-
tosto alta, col viso coperto, e avvolta in un lenzuolo o in una coltre
bianca di lana (frazzata), che compariva a metà della Quaresima agi-.
‘ tando una grattugia. La sua missione era quella di punire i fan-
ciulli che, invece di stare in casa, si trastullavano nei quadrivi.
Oggi la «Serramonica » non è che un leggendario ricordo. Così ri-
ferisce Francesco Pulci (I. 4129). Facezie contro paesi sono rac-
colte da Alfonso Tropia (I. 4130). Un racconto in dialetto sta a di-
mostrare che i «racarmutisi » (abitanti di Racalmuto) sono pieni
di senno e di malizia. La « monacella di Palma » impersona la pro-
verbiale ingenuità dei Palmesi. « Tre feste della musica di Cani-
cattì », è il titolo di un terzo racconto: la banda di Canicatti,
impegnatasi una volta a suonare in tre giorni consecutivi, in
tre paesi diversi, venne meno a uno degli impegni, e fu punita
da S. Angelo, patrono di Licata. Questo fatto è passato in pro-
verbio per indicare la faciloneria della musica di quella città. Sul
I. 4124 — GATTUSO-CRISCIONE
I., Mezzoiuso e la sua Madonna
dei Miracoli, ecc. = LS, IX, 1006
sodie drepanitane = « Littorio »,
di Trapani, 29 ag. 1926, ecc.
I. 4128 — MENDOLA G., Il giorno
(giugno 1920).
dei morti = LS, IX, 47 (marzo
I. 4125 — PaAppaLarDo S., La 1920).
Grotta del Drago = LS, 1X, 154 I. 4129 — Purci F., La Serra-
(db 1920); monica = LS, IX, 175 (sett.
I. 4126 — STANCANELLI F., Due 1926).
leggende comisane = LS, VIII, 213
(nov. 1925).
I. 4127 — CASTORINA R., SMap-
I. 4130 — Tropia A., Malizie
e ingenuità paesane = LS, VIII,
128 (luglio 1925).
— 768 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE RSGIONI: 17. SICILIA. I. 4131-4137
detto racconto della « Monacella di Palma » si crede in dovere di
interloquire G. Caputo « pro domo sua », cioè per scagionare i Pal-
mesi dalla taccia di credenzoni. Essi invece apparirebbero forniti
da tanto potente immaginazione da drammatizzare la serafica in-
genuità della « Matri Crucifissa », e d’altra parte, aggiunge il con-
traddittore, questa è da Girgenti e non da Palma, sebbene ivi assai
venerata (I. 4131).
e) Su abitudini tradizionali dell'anima del popolino ha scritto
curiose note Francesco Vaccaro-Curto (I. 4132). Come abbiamo no-
tato, a ricordi di antiche tradizioni soleva risalire S. Consoli (I. 4133)
nelle sue « divagazioni » linguistiche e più specialmente toponoma-
stiche. Per ora ricordiamo la spiegazione di cristian per indicare
o chiamare un uomo, e di cattiva, vedova, voci che hanno relazione
con fatti e costumi del passato. E a questo proposito ci piace ricor-
dare la spiegazione data dal Cesareo (I. 4134) a un’ignota parola
del Decameron (VIII, 10): la voce «achanino», «acanino» è l’arabo
«h'anin » che ha senso di «soave, dolce, tenero, affettuoso ». Feli-
cissima spiegazione; e pare che questa stessa parola abbia lasciato
uno strascico in certi costumi popolari dell’isola. Ancora qui salu-
tiamo con festa la ristampa del vecchio, prezioso e dilettevole vo-
lume del Salomone-Marino sui costumi e usanze dei contadini in
Sicilia (I. 4135). Qualche cosa di affatto nuovo, anche per questo
argomento, si trova nel mio citato volume Isola del Sole. È di qualche
anno fa un articolo di B. Rubino su speciali costumi e usanze (pa-
tronali) dei nostri contadini (I. 4136). Un cenno di costumi pesche-
recci della borgata di S. Elia è stato scritto dal Can. Giuseppe Traina
(I. 4137).
f) Ma in generale gli usi e costumi studiati sono legati a ri-
correnze e feste particolari. G. Pappalardo ricorda usi e costumi
del Carnevale di altri tempi a Scordia. Famose le mascherate sim-
I. 4131 — Caruto G., Ad propo-
sito di una ingenuità popolare (Pro
domo mea) = LS, VIII, 183 (sett.
1920).
I. 4134 — Crsarto G. A.,, Una
ignota parola siciliana nel Deca-
merone = BAP, 1926.
I. 4135 — SALOMONE MARINO S.,
I. 4132 — Vaccaro-CurTto F.,
Di alcuni aspetti comici del dolore
morale nel popolino perchè sopraf-
fatto dalle abitudimi tradizionali, =
LS, VIII, 55 (marzo 1925).
I. 4133 — Consoli S., Divarando
per il campo del dialetto catanese
= « Corr. di Sicilia », 22 gen. 1925.
Costumi ed usanze di contadini di
Sicilia, Palermo, Sandron, 1924.
I. 4136 — RuBINo B., Costumi
ed usanze dei contadini di Sicilia.
Il Patrono = «Giornale d’Italia »,
23 ag. 1925.
I. 4137 — TRAINA G., S. Elia
(Palermo) = FI, II, 127 (ott. 1926).
— 7600 —
Aevum - Anno I - 49
L. SORRENTO - FOLCLORE F DIALETTI I. 4138-4140
boliche, tra cui i caratteristici carretti adorni d’edera e di fiori.
Da essi « un cantore declamava ad alta voce i versi che altri aveva
elaborati » per esprimere i lamenti pubblici agli Amministratori del
Comune (I. 4138). Giuseppe Scirè si occupa della « Vecchia della
Quaresima » in Militello (Catania). Nel mezzo di una corda tesa
ad una certa altezza, da un capo all’altro della strada, si ‘colloca
una pupattola di cenci con conocchia e fuso, alla quale sottostà
un’arancia con infisse sei penne di gallina. Ogni domenica si allenta
la corda per togliere via una penna; la sesta penna caduta dà l’'an-
nunzio della Settimana Santa e quindi dell’imminenza della Pa-
squa. In tal modo la « Vecchia della Quaresima » diventa una specie
di calendario popolare. Ma oggi l’usanza è quasi scomparsa (I. 4139).
Di usi e costumi di Castroreale, alcuni dei quali già scomparsi,
ci parla Mario Casalaina (I. 4140). Sono ancora in uso il «ca-
nestro dei Santi », che i bimbi trovano pieni di doni il primo no-
vembre, e il «ricevimento delle maschere » nelle sere di Carnevale.
Sono scomparsi: i « presepi » che, ad ingresso libero, si facevano
per Natale nelle case signorili; le «lontananze o sfondati», una
delle maggiori attrattive delle feste del 15 e del 25 agosto; il « cam-
mello » che serviva per la questua della festa dell’Immacolata e
riusciva di grande spasso al popolino; le « prefiche » che facevano
lo stesso ufficio delle omonime donne del tempo classico; la « caval-
cata » con la quale si rendeva onore a qualche illustre personaggio
*che giungeva nel paese. Ci risulta infine che l’infaticabile Rubino
pubblicherà nella LL del settembre 1927 alcune note su «Pani e
caci festivi ».
Oltre agli usi e costumi, tutto un mondo folclorico si dispiega
dalle solennità e dalle feste siciliane: canti popolari, giuochi, fiabe,
credenze, spettacoli, rappresentazioni sceniche. Sta a dimostrarlo
l'opera immensa del Pitrè, ce lo dice la nostra esperienza e ce lo
confermano questi appunti bibliografici. Una suggestiva descri-
zione è quella che il Di Giovanni ha fatto della straula, una carat-
teristica torre con doni votivi su un carro, che viene portata per
le vie di Ribera appena Cristo è risorto, e si può dire appartenga
«a quel genere di sacri spettacoli muti che il nostro popolo ama tanto»
I. 4138 — PAPPALARDO G., Car- ecc. = LS, VIII, 193 (ott. 19253).
È bia Scordia = «L .
aio Lc... a I. 4140 — Casararna M., Usi
1927 i di 3» e costumi di Castroreale, alcuni det
quali interamente scomparsi = ILS,
I. 4139 — Scirt G., Ust e co- VIII, III (giugno 1925).
stumi quasi scomparsi di Alilitello,
um
IL FOLCLORE NELLE VARIE RÉGIONI: 17. SICILIA. I. 4141-4147
(I. 4141). Lo stesso studioso ci parla di costumanze e tradizioni
interessantissime per S. Antonio e per Santo Banna. Per quest’ul-
timo Santo corregge l’errore del Vigo e del Pitrè che scrissero Santu
Bauna, e crede che debba trattarsi di S. Barnaba (I. 4142-
4143). Francesco Pulci in un articolo divulgativo parla della famosa
ricorrenza del 2 novembre (la festa dei morti), coglie dialoghetti fan-
ciulleschi d'occasione e spiega che la « vucciria » è la piazza del mer-
cato, sicchè «insegnare la vucciria » significa « svelare ai bambini la
provenienza dei doni, distruggere in altre parole la gentile poesia
dei morti portatori dei doni » (I. 4144). In altro articolo B. Bruno
riferisce usi, costumi, leggende, riti del Natale (I. 4145): scambio
del vischio come simbolo augurale, novena, ninnareddi e ciaramid-
dari, presepio, giuochi, cene, credenze e superstizioni popolaresche.
Per la Settimana Santa C. Minacapelli descrive lo spettacolo
caratteristico della cosiddetta « alzata della tela », che ha luogo
nel Duomo di Piazzarmerina la sera della Domenica delle Palme
e il Sabato Santo un’ora prima di mezzogiorno (I. 4146). Salv. Pap-
palardo ci dà la descrizione con ricchezza di particolari dei misteri
della Passione di Cristo che vengono celebrati a Scordia nella ri-
correnza della Pasqua, a cura delle tre confraternite degli Schiavi
del SS. Sacramento, dell'Immacolata e del Convento. Ma avanzi di
vere rappresentazioni sceniche sulla Passione, come ora vedremo,
sono pure studiati recentemente.
Per le feste dei Santi abbiamo una particolareggiata esposi-
zione di M. P. Cimino (I. 4147) intorno al famoso pranzo che si
suol fare all'aperto per la Sacra Famiglia, il giorno di S. Giuseppe
a Grotte (Girgenti). Lo Sposo di Maria ha un culto speciale in Si-
cilia, come ho notato particolarmente nella mia Isola del Sole.
In proposito ricordo che A. Di Giovanni ha scritto di una
curiosissima consuetudine, viva ancora in Scicli, Comiso, nelle due
I. 4141 — Di Giovanni À,, La
stràgula = «Boll. del R. Prov.
della Sicilia », II, 289 (15-30 ott.
1924).
I. 4142 — Dir GIOvanNsI AÀ.,,
Sant’ Antonio e il suo compagno =
« Boll. del R. Provv. della Sicilia »,
IV, 4 (30 ottobre 10925).
I. 4143 — DI GrovannI A., Chi
è Santo Bauna?, = stesso « Bol-
lettino », IIT, 106 (15-30 apr. 1925).
I. 4144 — Purci F., La poesta
dei bambini del 2 novembre = LS,
VIII, 9 (gen. 1925).
I. 4145 — Bruwo B., Ust e co-
stumi, viti e leggende di Natale in
Sicilia = FE, III, 54 (1925).
I. 4146 — MINACAPELLI C., L’al-
zata della tela nel Duomo di Piaz-
zarmerina = LS, IX, 127 (luglio
1920).
I. 4147 — Cimino M. P., La
festa di S. Giuseppe a Grotte = LS,
IN, 55 (marzo 1926).
al
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4148-4151
Raguse, in Vittoria e in qualche altro paese del Modicano: si tratta
di un vecchio in tunica e mantello di color giallo e azzurro che gira
tutto l’anno per le case ed è accolto come il vicario di S. Giuseppe
in terra (I. 4148). F. Pulci (I. 4149) illustra consuetudini popolari
relative alla festa dell'Assunta; le « cappelline » che le fanciulle pre-
parano per celebrare innanzi ad esse la «quindicina »; le preci e i
canti che vengono innalzati in coro ogni sera; i falò che si sogliono
accendere la sera della vigilia; il giorno festivo che è il giorno dei
frutti per le fanciulle, le quali in onore della Madonna si sono aste-
‘ nute dal mangiarne durante la «quindicina ». Tra le classiche « ca-
valcate » che erano così belle in varî paesi siciliani, quella detta di
S. Antonino, in Capizzi, si fa nella prima decade di settembre. Pare
abbia essa origine storica e religiosa; risalirebbe all’epoca di Rug-
gero il Normanno, a cui le popolazioni, stanche del lungo dominio
dei Saraceni, andarono incontro con rami d'alloro per manifestargli
la loro gioia. Attraverso i tempi, «la cavalcata » s'è andata insensi-
bilmente trasformando nell’itinerario, nell’ordine e nei diritti di
precedenza e ha perduto nella sostanza quel contenuto religioso
da cui era primitivamente animata. Così si legge in un articolo di
Nicolò Mingari (I. 4150), ma l'argomento importante merita mag-
giore documentazione e ampiezza di trattazione. Nuovi aspetti del
festino di Palermo riferisce oggi L. Marrocco (I. 4151). L'A. vuole
«analizzare le varie fasi di trasformazione della grande festa della
patrona palermitana per metterne in rilievo un aspetto novo, no-
vissimo, che rivestirà valore storico ». Si tratta dell’erezione di una
nuova chiesa in onore di S. Rosalia, la qual chiesa dovrà anche
contenere il monumento ai Caduti e avrà valore di offerta alla me-
moria di essi. Resterà per altro ancora il carro, il festino dei 3 o
dei 5 giorni, ma indubbiamente il centro della manifestazione di
fede sarà dato dai riti che si svolgeranno nella chiesa. « Così la Pa-
lermo godereccia, nel suo substrato etnico, sì rivela straordinaria-
mente sensibile non solo alla fede e alla religione, ma anche al culto
delle sacre memorie d’indole meramente patriottica ». Sulla festa
di S. Alfio sull'Etna, famosa per la scena poco edificante di ubbriachi,
ecco ancora un opuscolo con appendice illustrativa sul paese di
1. 4148 — Dr GIOVANNI A,, Zl I. 4150 — Mincari N,, La ca-
vicario di S. Giuseppe = «Boll. valcata di S. Antonino in Capizzi
del R. Provveditorato di Sicilia », = LS, VIII, (25 feb. 1925).
Hr 33209 g0F01C 1924): I. 4151 — Marrocco L., Nuovi
I. 4149 — Purci F., La festa aspetti del festino di Palermo =
della Madonna dell'Assunta in Si-- RIA, IV, n. 11 (1926).
cilia = LS, IX, I1o (giugno 1920).
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 17. SICILIA. I. 4152-4158
Trecastagni, dove essa ha luogo (I. 4152). Infine un prezioso volu-
metto di Rosario Pennisi ritesse la storia delle feste annuali in onore
di S. Agata in Catania dalle origini al sec. XVIII e s’intrattiene
anche sulle feste dell'agosto 1852, decimosesto centenario della
morte della Santa (I. 4153).
A spettacoli scenici, dicevo, ha dato luogo la Passione. Un
articolo di Gaspare Gresti riesce interessante per la rievocazione e
l'esame della celebre rappresentazione, Il mortorio, che soleva avere
svolgimento in Acireale la Domenica delle Palme. L’ultima recita
di essa fu preparata nel 1820, e avrebbe duvuto prendervi parte
anche l’illustre folclorista Leonardo Vigo, ma poi non ebbe luogo
(I. 4154). La sacra rappresentazione per la Passione non è però
morta in Sicilia, secondo G. Cocchiara, il quale ci descrive il « Mor-
torio » di Mistretta recitato anche quest'anno in un italiano stor-
piato (I. 4155). Il Rubino accenna a una costumanza di alcuni anni
fa (la lavenda dei piedi il giovedì santo) in S. Fratello, rimasta come
ricordo di quelle grandi finzioni sceniche della Passione e morte di
Gesù Cristo, che sì usavano assai in passato. Nell'esempio riportato
in italiano, dodici ragazzi in costume di apostoli declamano cia-
scuno la propria parte; l'episodio termina con la maledizione di un
Angelo a Giuda, il quale getta, non si sa perchè, un’arancia in mezzo
alla folla (I. 4156). Un argomento che riguarda il famoso teatro
popolare è trattato da S. Lo Presti (I. 4157) in un opuscolo che con-
tiene i seguenti capp.: Dell'opera dei pupi; I Pupi in genere; I tr-
teres castigliani a Napoli; Teatri, fupi e fupara in Sicilia; Le gesta
di Uzeda il Catanese nell'Opira. Sono importanti per la Sicilia gli
ultimi due capitoli: quello su fufi e pfupara è quasi per intero il
riassunto di alcuni articoli pubblicati anni fa da Peppino Fazio
nel « Corriere di Sicilia ». Non sono riportati testi nè passi dialogati
che si svolgono sulla scena popolare. Giuseppe Cocchiara (I. 4158),
I. 4152 — Torrisi A,, La fe-
sta di S. Alfio, Catania, Scuderi,
1925.
I. 4153 PexnISI R., Zeste
annue e centenarie celebratesi in
Catania in onore della Vergine e
Martire S. Agata, ecc., con prefaz.
di Mons. G. ScaLia, Catania, Ga-
latola, 1927.
I. 4154 — GrESTI G., Appunti
di Folklore, Il Mortorio di Aci-
reale = I.S, VIII, 178 (settembre
1925).
I. 4155 — Coccuiara G., Sicilia
tradizionale. Il « Mortorto » = GA,
I5 apr. 1927.
I. 4156 — RUBINO B.,, La la-
vanda dei piedi a S. Fratello =-
FI, I, 41 (marzo 1025).
“I. 4157 — Lo PRESTI S., / pupi
(vagabondaggi siciliani), Catania,
Studio Fd. Mod., 1927.
I. 4158 — COCcHIARA (G., Le
Vastasate. Contributo alla storia
del teatro popolare, Palermo, San-
dron, 1926. — Rec.: GSLI, NLV
113 —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4159-4165
seguendo le vicende sceniche del tipo del popolano di Sicilia dal
Cinquecento fino al secolo scorso, mette in rilievo l’esistenza di un
vero e proprio teatro popolare. Di questo teatro sono espressione
le vastasate, forse aventi per protagonisti i vastast (facchini). La
tesi del C. è: che il buffo della farsa era passato alla commedia eru-
dita, la farsa della piazza era passata alla letteratura, e da questa
passa poi ai casotti e alle vastasate. Passati in rassegna casotti ed
esercenti, si esaminano e giudicano le principali vastasate, in cui il
pubblico è attore e spettatore. Una delle caratteristiche che divide
queste azioni sceniche dalle commedie del sec. XIX è l’introduzione
del « mafioso ». Il tema trattato risulta interessantissimo.
g) L'anima e gli usi siciliani rappresenta con vivacità L. Vigo-
Fazio (I. 4159). Appunti di storia passata e di folclore scrive G. Gu-
bernale a proposito di una statua, conservata nella Chiesa di S. An-
tonio Abate in Avola e ritenuta di S. Emiddio. Egli dimostra che
questa statua di ignoto autore, raffigurante invece Cristo alla Co-
lonna, fu inaugurata il 25 aprile 1612 e fu onorata come miraco-
losa dagli Avolesi (I. 4160). La beltà dell’isola e la semplicità dei
costumi rileva L. Golding (I. 4161), ed in lode delle bellezze natu-
rali e artistiche ecco al solito un’altra voce straniera (I. 4162). Un
cantuccio ignorato di Sicilia (Gibilmanna) ci descrive con grazia
sottile e pensosa Giovanna Maria Pignocco (I. 4163). Come guida
storica per la città di Sciacca in provincia di Girgenti (auguriamo
a quella provincia un folclorista che si prenda cura del ricchissimo
materiale inedito) si segnala qui la Storta che va stendendo Ignazio
Scaturro (I. 4164).
h) Di piccoli mestieri siciliani si occupa il Rubino. Ecco un
quadretto vivo, colto dal vero, del calderaio ambulante che gira
tutto il giorno per le viuzze, seguìto da un ragazzotto, col qual
divide il peso degli arnesi e il magro compenso del lavoro (I. 4165).
(1927) — ICS, IX, 145 (luglio 1926).
I. 4159 — Vico-Fazio L., Gente
di Sicilia, Treviso, Cattedra Ital.
di Pubblicità, 1926.
I. 4160 — GUBERNALE G,, S. E-
middio o Cristo alla Colonna? (Ap-
punti di storia e di folklore avo-
lese) = «Corriere di Sicilia », 20
feb. 10927.
I. 4161 — Gorpinc L., Sicilian
Noon, London, Chatto, Windus,
1925.
I. 4162 -— Jackson N, A stu-
dent în Sicily, London, Lane, 1920.
I. 4163 — Pignocco G. M., Dove
sî sogna, Palermo, Barravecchia,
1925. — Rec.: « Boll. d. R. Provv.
della Sicilia », IV, 116 (feb. 1920,
(A. Di Giovanni).
I. 4164 — ScatuRRo I., Storia
della città di Sciacca, ecc., Napoli,
Maio, I, 1925.
I. 4165 — RuBINno B.,, Piccoli
mestieri siciliani. Lu quadararu,
stagnapareddi = LS, VIII, 34 (feb.
1925).
ie
IL. FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 18. SARDEGNA. I. 4166-4170
Fa parte delle «Monografie di arti decorative» Il carretto Siciliano
di Giuseppe Capitò (I. 4166).
18. Per la SARDEGNA, più che i lavori di folclore, abbondano
quelli di dialettologia, di storia, di cultura e interessi regionali per
cui sono benemerite col vecchio ASS le riviste: ZI Nuraghe, Sar-
degna, Fontana viva, Mediterranea di Cagliari. Già per il nostro scopo
abbiamo citato alcuni studî del Wagner, del Terracini e del Botti-
glioni. Aggiungiamo qui un articolo di E. Pretternhofer (I. 4167).
a) Ricordiamo anzitutto il bel libretto di qualche anno fa
di Gavino Gabriel che illustra dal lato musicale esempi dei vari
canti della Sardegna (I. 4168). Un breve articolo di A. Pazzola si
occupa del canto popolare in Sardegna (I. 4169), ma un notevole
studio sulla poesia popolare nel Nuorese è quello di Elena Chi-
roni (I. 4170). Viene prima descritta la poesia popolare sarda in ge-
nerale e a questo proposito l'A. accenna all’esistenza di una poesia
di soggetto storico, che dovrebbe essersi estinta sotto le ultime do-
minazioni straniere. Entrando nell'argomento del presente lavoro,
informa che i due componimenti poetici più in voga nel Nuorese
sono il Muttu e la Battorina. Il muttu si divide in due parti: l’ister-
7ja che è una specie di esordio, quasi una proposta, molte volte
non connessa alla rimanente parte del componimento; la forrada,
che è il nucleo principale, generalmente composta di strofe in numero
eguale a quello dei versi dell'isterrja. Nella isterrja ricorrono accenni
mitologici e specialmente l’uso del numero tre e dei suoi multipli,
e in quelle sbocciate ai giorni nostri si ritrovano alcuni nomi di or-
degni e invenzioni modernissime. L'A. riproduce alcuni esempi di
torrada, che sono quasi sempre di contenuto amoroso. I muttos 1n
malas sono componimenti impetuosi che il giovine abbandonato da
una ragazza lancia contro l’ex-fidanzata: a volte sono amebei. Ma
ce ne sono di altri argomenti; per es. quelli composti durante la
guerra rispecchiano l'odio contro il nemico più che l’amore per la
Patria. Si passa alla descrizione dell’altro componimento: la bat-
forina e poi allo studio dell'origine dei due generi dei canti. Con-
I. 4166 Capilò G., I/ carretto Ed. « Italica ars», (1923-24).
Aa Milano, Bottega di poesia, I. 4169 — PAZzoLa A., Il canto
3% popolare in Sardegna = « L'Isola »,
I. 4167 — PRETTERNHOFER E., 7 gen. 1926.
Beitrage zur sardischen Volkskunde
Ren I. 4170 — CHIRONI E., La poesia
= WZ\ NN tt. 3 Da
sà di 152) popolare nel Nuorese == FI, I, 368
I. 4168 — GagriEL Gavino, (dic. 1925); II, 14 (ott. 1926); II,
Canti di Sardegna, Milano, Casa 207 (marzo 1927).
!
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALFTTI. 1. 4171-4174
chiude l'A. col ritenere che il muttu sia una forma indigena, mentre
ciò non può dirsi per l’altra. Altri generi di poesia esaminati: af-
titos (canti funebri), ninnidos (ninne-nanne), gosos (canti di lode
e invocazione a un Santo). Lo studio termina con un cenno sui canti
amebei, da cui avrebbero avuto origine piccole azioni sceniche, che
sono sempre in ottave. La stessa autrice si è occupata del senti-
mento religioso nella poesia popol. sarda (I. 4171). Giuseppe Cal-
via pubblica sei deliziosi canti di contenuto religioso destinati a
essere recitati dai bambini del Logudoro in varî momenti della
giornata (I. 4172).
5) Proverbi della Gallura con note illustrative ha pubblicato
À. Pirodda (I. 4173).
b e f) Note e appunti su varî aspetti del folclore ha raccolto
in un volume Pietro Maria Cossu (I. 4174), che è un sacerdote e
perciò vive costantemente accanto al popolo. L’A. ristampa alcuni
articoli pubblicati qua e là nei giornali dell’isola e ne aggiunge altri
nuovi. Ecco l'elenco esplicativo dei capitoli interessantissimi: 1) Po-
tenzia Cappai (nome di una improvvisatrice famosa in tutto il Cam-
pidano; 2) Giogus e Gioghittus (giuochi fanciulleschi); 3) L'offerta
dei capelli (si tratta dell'uso delle donne sarde di tagliarsi i capelli
per offrirli alla Divinità); 4) Reliquie e amuleti che si appendono al
collo; 5) /s ’razias (le grazie, cioè il sale, il grano, i dolciumi, ecc.,
che la suocera sparge sugli sposi novelli); 6 Pippieddus moddis (in-
sieme con îs istrangius o su benidori) indica nel linguaggio materno
il nome del bimbo nascituro; 7) Superstizioni del malecchio; 8) Su
divinu de Siddi (è un tal Lucifero Porta che aveva il dono della
profezia); 9) S'attitidu (il rito funebre caratteristico dei Sardi);
10) /s cogas malas (manifestazioni spiritiche di vario genere); 11) La
missa de ritiru (la messa che si celebra per scongiurare gli spiriti);
12) Devozioni e superstizioni popolari intorno alla Santa Messa;
13) La musca macedda (una mosca favolosa che fa strage di uomini
e d’animali): [Vedi anche Le leggende e tradizioni di Sardegna del
Bottiglioni, p. 24)]; 14) Le trasformazioni in pietra; 15) Zs brebus
(formule magiche); 16) /s malifattus (i maleficî); 17) Is 1spiridades
(donne invasate dagli spiriti che fanno predizioni e scongiuri); 18}
I. 4171 — CHÙrosi E., Z/ senti- I. 4173 — PiroDpDpa A., Pro-
mento religioso nella poesia popo- verbi sardi, Firenze, Bemporad,
lare sarda = MED, I, n. 2, feb. 1925.
1927.
I. 4172 — CALVIA G., Canti re-
ligiosi del Logudoro = FI, I, 232
(giugno-sett. 1925).
I. 4174 — Cossu P. M,, Note e
appunti di folklore sardo, Bagna-
cavallo, Soc. Tip. Ed., 1925.
#51
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 18. SARDEGNA. I. 4175-4180
Le streghe. L’A. attinge le sue note dalla sicura informazione del
popolo; sicchè molto spesso riesce a darci notizie e particolari del
tutto nuovi. D'altra parte i raffronti che egli stabilisce con la tra-
dizione biblica o classica sono quasi sempre indovinati e, se non
arrivano a una vera e propria ricostruzione genetica, servono a
dare maggior risalto alle credenze popolari. Questo è il giudizio di
Gino Bottiglioni, che è l’autore dell'importantissimo volume Vita
Sarda della Collezione Scrrento, e ora prepara una compiuta
rassegna di studî sardi per la RLR. Ancora il Calvia raccoglie di-
rettamente dal popolo indicazioni e voci di animali e piante, corre-
date da note e richiami; sono 84 voci notevoli (I. 4175). Per le solen-
nità e feste è da ricordare un articolo di A. Melis de Villa sul Na-
tale in Sardegna (I. 4176): discesa dei dardaricini dalla Barbagia per
vendere oggetti di legno, castagne e noci; pronostici amorosi della
vigilia; preparativi culinarî, molti e caratteristici anche per scambi
di doni; ballo nella piazza della parrocchia al suono di /uneddas,
strumento che non manca nella Messa di mezzanotte; caratteristica
è la festa dell'Epifania a Sorso. S. Merghe si occupa in due articoli
della maniera di fare il pane d'orzo e della pastinatura (I. 4177-
4178).
g) C'è una serie di buoni lavori di storia, archeologia, di il-
lustrazione di luoghi e di curiosità sarde, che presentano interesse
per il folclore. I saggi di archeologia di Vincenzo Ulargiu, studioso
attivo e infaticabile (I. 4179), spettano più che altro all’etnografia.
Notiamo che l’A. vuole ricercare l'origine e l’uso dei Nuraghi nella
etimologia del nome. La radice ws, ur « bruciare », che per lo Spano
con semplice traslato sarebbe passata a indicare casa, cioè luogo
dove si accende e custodisce il fuoco, per il nostro studioso farebbe
pensare al fuoco sacro, all’ara, al tempio del sacrificio, c quindi l’uso
primitivo delle costruzioni sarde sarebbe esclusivamente religicso.
Mi par ci sia qui della ingegnosità, non raccomandabile negli studi eti-
mologici. Per i nuraghi, da parte sua il T. Gen. Vittorino Edel (I. 4180)
I. 4175 — CALVIA G., Animali e I. 4178 — MERGHE S., La pa-
piante nella tradiz. popol. sarda e stinatura == MED, I, n. 3 (marzo
specialm. nel Logudoro = FI, II, 1927.
log <marzo:-1027): I. 4179 — UrLaRGIUÙ V., Saggi
I. 4176 — Metis DE ViLLa A., IZ di archeologia e letteratura sarda,
Natale in Sardegna = FE, III, P. I, Oristano, Tip. Pagani, 1925.
(1925). I. 4180 — EpxL V., / Nuraghi
I. 4177 — MEercHE S., Come si e i Nuraghici, Cagliari, Casa Ed.
fa il pane d'orzo - MED, IT, n. 1 «Il Nuraghe», 1025.
(gen. 1927)
1
1
I
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4181-4187
vuole dimostrare che essi erano posti avanzati di tutt’un sistema di
opere di offesa e di difesa che i popoli nuraghici invasori opposero
agli indigeni. .
Giuseppe Pardi in una pubblicazione di carattere demografico
esamina nella storia sarda gli avvenimenti che hanno determi-
nato. il lento sviluppo della gente sarda, concludendo che la
scarsezza della popolazione sarda è la causa prima dei suoi mali
(I. 4181). Uno straniero, il Dr. Anton Krautze, fa una rapida ras-
segna di curiosità e caratteristiche sarde illustrate magnificamente
da fotografie offerte dalla munificenza di un professore di Cagliari
(I. 4182). Ed è da segnalare la bella idea attuata di pubblicare in
quattro volumi riccamente illustrati la prima traduzione italiana
che il Prof. Valentino Martelli ha fatto del Viaggio in Sardegna
di Alberto Ferrero Della Marmora, non che di ristampare in cinque
volumi la Storia di Sardegna di Giuseppe Manno (I. 4133-4184).
h) Nell'isola c'è un buon movimento a favore della coltura
locale delle piante medicinali vecchie e nuove (I. 4185).
19. Del risveglio di studî storici, linguistici e folclorici nella e
per la CORSICA d'oggi si è fatto cenno. Una circolare o bando dalle
colonne di A Muvra è rivolta ai « buoni corsi » affinchè prestino con
entusiasmo la loro collaborazione agli studî linguistici e folclorici,
« per il bene del loro caro paese ». Siamo persuasi col Ferrarin (I. 4186)
che questa campagna concepita e condotta con buon metodo darà
buoni frutti, specialmente per gli studi italiani, chè, come ha scritto
Arrigo Solmi, «l'Isola ha una storia tutta legata alle vicende toscane,
e vive una vita per le costumanze e le forme civili abbastanza si-
mile a quella della Lunigiana, della Garfagnana, della montagna
lucchese o pisana » (I. 4187). Già alla letteratura in dialetto corso
I. 4181 — ParpI G., La Sar-
degna e la sua popolazione attra-
verso 1 secoli, Cagliari, 1926.
I. 4182 — KRAUITZE A,, Aus
dem unbekannteften Lande Europas,
in « Die Koralle-Magazin fuùr alle
Freunde von Natur und Technik »,
Berlin, ott. 1925, 67.
I. 4183 FERRERO DELLA MAR-
MORA A., Viaggio in Sardegna. Pri-
ma trad. ital. del prof. V. MAR-
TELLI. Vol. I, Cagliari, Casa Ed.
a Jì Nuraghe», 1920.
I. 4184 — Manno G., Storia di
Sardegna, Cagliari, Casa Ed. « Il
Nuraghe », 1923-25.
I. 4185 — La coltura delle piante
medicinali in Sardegna = TYR,
I, n. 2 (luglio 1925).
I. 4186 — FERRARIN A. F., Fol-
klore corso = ASC,I, n. 2 (1925).
I. 4187 — SoLMI
sica (Studio storico) =
n. I (1925).
A., La Cor-
ASC, I,
Sa
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI: 19. CORSICA. I. 4188-4191
aprono le loro colonne A Muvra, L’annu Corsu, Le Petit Marseillais
(éd. de la Corse), L’éveil, Le Courrier de la Corse, La Nouvelle Corse,
La Corse, L’Aloès, ecc.; una rivistina in generale di poesie dialettali
è A Baretta Maisgta.
Parleremo, in separati Bollettini, di poeti dialettali e di studì
linguistici.
Per i folcloristi ha indiscutibile valore il volume di G. B. Mar-
caggi, direttore della Bibl. Municipale di Aiaccio, il qual volume
è una miniera preziosa di poesia popolare corsa (lamenti, vòceri,
nanne, canzoni, serenate), preceduto da una dotta prefazione e con a
fianco la traduzione dei testi in francese (I. 4188). Ricordiamo pure la
spiegazione che si è tentata di un proverbio (« a gola porta a Tunisi »),
che, contenendo un accenno a ricordi pirateschi, non mostra chiaro
il legame col vizio della gola. Qualcuno ha affacciato l’idea che si
tratti di un bisticcio di parole, essendo Gola, Goletta il canale che
mette Tunisi in comunicazione col mare (I. 4189). Interviene R. Corso
a spiegare — e mi par giusta l’interpretazione — che qui debba trat-
tarsi di un adagio di carattere topografico, designando la posizione
della città salvaguardata dalla fortezza di Goletta. « Col volgere dei
tempi, dimenticato dal popolo il primitivo significato, il proverbio
venne ad acquistare un valore metaforico per l’idea della golosità
suscitata dalla parola Gola o Goletta » (I. 4190). « Pruverbi e detti »,
« detti intesi da Mamma », leggende, illustrazioni di luoghi e di cose
del passato si trovano sparse nell’Almanaccu di A Muvra, del
1925 (I. 4191), in quello già esaurito del 1926 e nel recente del 1927.
Sono pure interessanti per i folcloristi e specialmente per i lin-
guisti 1 Raconti e le Fole di Don Domenico Carlotti, esimio parroco
di Muraccioli e conosciuto sotto il rinomato pseudonimo di Mar-
tinu Appinzapalu, il quale con Petru Rocca, battagliero e dotto di-
rettore di A Muvra, è intelligente amatore del folclere isolano.
«Sono leggende, fiabe — ha scritto C. Merlo — che, attinte dalla viva
voce del popolo, delle novelle popolari hanno intera la grazia delle
linec, l’ingenuità, la freschezza; sono racconti, anche se d’invenzione,
condotti su motivi, intessuti su trame paesane così finamente che
la personalità dell'autore mal si distingue da quella della sua gente »
—a eat
1 ce° - e. ri
lita ©
I. 4188 — Marcacai G. B., La- I. 4190 — Corso R., Per un
menti, Vòceri, chansons populaires proverbio = FI, I, 332 (giugno-sett.
de la Corse, Ajaccio, Rombaldìi 1925).
(1927).
I. 4191 — A/manaccu di A
I. 4189 — A gola porta a Tunist Muvra, Aracciu, Stamparia di A
= ASC; I, ii LL; 20 3:.(1925). Muvra, 1925, 1920 e 1927.
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4192-4197
(I. 4192). Scritti di lui dello stesso genere e più recenti si trovano
sparsi qua e là. Ecco: A trastagliula; U tilaghiu d'oru (I. 4193-4194);
.4 Calcagnetta (leggenda murianinca), U vitellu di l’oru (fola di Natale),
U testamentu di l’Orezzincu (racontu di A Castagniccia), U dutturi
Bastiacciu (I. 4195). E formuliamo l’augurio che l’autore stampi
un secondo volume dopo quello del 1924. Leggende corse si trovano
in altra pubblicazione del Marcaggi, dove è studiata evoluzione
dell’Isola in tutte le sue manifestazioni dalle origini fino ai nostri
giorni. L’opera è divisa in cinque parti: preistoria; l'archeologia
romana e medievale, quattordici leggende; storia; alcuni aspetti
particolari dell'Isola (Aiaccio nido dell'Aquila, la Tournée d’Evisa,
Bonifacio la città medievale, L'incanto delle foreste còrse, Bastia
la città ligure, La luce di Capo Corso, La desolazione delle coste,
La dolce Balagna, Pellegrinaggio alla tomba di Pasquale Paoli,
padre della Patria) (I. 4196).
Per le tradizioni e costumi popolari notiamo fra l’altro un bre-
vissimo scritto su una strana profezia sopra la Corsica (I. 4197).
Merindelle, pranzetti, sono convegni periodici dei più noti poeti
dell’Isola. È una usanza antica con riflessi e spiriti nuovi. Suggestiva
riuscì la terza merindella del 14 luglio 1926 a Merusaglia, città santa
per i Corsi, in occasione della deposizione di una corona di bronzo
sulla tomba di Pasquale Paoli. Ebbe prima luogo la festa patriotticte
con cerimonia religiosa, durante la quale il Sac. Petrignani pronunziò
un discorso in lingua cérsa, e fu cantato un vecchio canto religioso
— inno di guerra degli antichi còrsì — in lingua italiana; poi davanti
alla casa di Pasquale Paoli il cantore popolare Minicale, dalla be-
retta misgia e a cispra in collu, improvvisò un canto ispirato per
l’Eroe e sulle tristi condizioni della Corsica; e a lui seguì un altro
noto pocta, il Maistrale, accompagnandosi al mandolino. La parte
propriamente folclorica incominciò con la smerindella (« presede a
taula Petru Rocca »); allora si svolse tra i poeti una gara di canti
improvvisati. Levata la mensa, la gara poetica venne continuata
I. 4192 — Carotti D., (.Vur- I.
tinu Appinzapalu), Raconti e fole
di lIsula Persa, Pyretiaziu di CLE-
MENTE Merto, Aiacciu, Libreria I.
di A Muvra, 1024. Terre de Corse,
4195 —
Muvra, 1927.
Almanaccu di A
4196 — Marcacci G. B,
Ajaccio, Rom-
I. 4193 — ApprixzapaLu M., d
trastagliula = TYR,T, n. 2 (1925).
I. 4194 — AppixzaPaLu M., U
tilaghitt d’oru ecc. = « Altagna »
II, n. 7 (1020).
baldi (1927).
I. 4197 — Per le tradizioni popo-
lavîì tirreniche. Una strana pro-
fezia sopra la Corsica = TYR, I,
n. 4 (1925).
— 180 —
IL FOLCLORE NELLE VARIE REGIONI:
19. CORSICA. I. 4198-4205
davanti a grande folla, alla « Fontana di u Melu, la dove i cantori
«s’inzzuffanu a chiama e rispondi » (I. 4198-4200). — È stata pubbli-
cata una poesia di tradizionali lamenti per i morti, con questa pre-
messa: « Ancora come altre volte citiamo alcune strofe cantate poco
tempo fa sul letto funebre d’una mite e buona fanciulla di Propiano
e le citiamo perchè ci preme di tener sempre presente agli Italiani la
persistenza in Corsica di questa antichissima e bella forma di poesia
popolare. Il poeta è il fratello stesso della povera morta » (I. 4201).
Questa poesia individuale (il poeta è G. P. Codaccioni), ha un
sapore popolare. Un articolo sul teatro dialettale còrso non do-
vrebbe essere segnalato qui, ma l'anonimo autore ritiene che esso
possa dirsi « vero teatro popolare, nel senso assoluto della parola »,
chè «i poeti e pensatori d'oggi in Corsica, non sono tanto dei
letterati d'eccezione nel senso solito della parola, ma sono dei poeti
popolari» (I. 4202).
Per le memorie antiche menzoniamo anzitutto «una succosa
e savia epigrafe latina che in brevissime linee disegna bellamente
uomini e cose dell’isola ». È ricavata dalla Galleria delle Carte Geo-
grafiche del Vaticano, dove «sono indicate con grande esattezza
le varie regioni d’Italia, dipinte sulle pareti: insigne monumento
della coltura italiana del Cinquecento, ben a ragione aggiunge la
Guida di Roma del Touring, perchè nella reggia dei Papi si affermò
così l’unità geografica e spirituale dell’intera regione italiana» (I. 4203).
Dobbiamo rallegrarci per il ricordo che va risorgendo di Carlo Massei,
autore di una memoria sulla Corsica (1834). in cui furono studiati
fra l’altro i costumi e l'indole dei Corsi (I. 4204). E qui può trovar
posto il recente lavoro storico di Gioacchino Volpe, che non è solo
una ricostruzione originale e documentata della storia corsa, ma
tien conto, negli ultimi capitoli, del movimento odierno di cul-
tura locale e tradizionale dell'Isola (I. 4205).
I. 4198 — Atteggiamenti antichi
I. 4201 — Gli ultimi vòceri =
e spiriti nuovi della poesia di Cor-
TYR,I,n.3(1925) e II, n. 1 (1926).
sica. Le merindelle = TYR,II, n. I. 4202 — La questione del teatro
2-3 (1920). dialettale in Italia. E° la volta
I. 4199 — A terza merindella dei Corsi = TYR, I, n. 4 (1925).
d’ i pueti corsi, Ajacciu, 1920. i. ola diva
I. 4200 — MAanFRrEDI P., Una
grandiosa manifestazione cursista.
A Palma di u Centenariu di Pas-
quale Paoli. A Terza Merindella
d’i pueti corsi, Merusaglia, 14 lugliu
1920 = « Almanaccu di A Muvra»,
1927.
di Corsica = TYR, I, n. 2 (1925).
I. 4204 — Una memoria di Carlo
Massei sulla Corsica = ASC, I, 2
(1925).
I. 4205 — VoLre G., Corsica,
Milano, Ist. Ed. scientif., 1927.
STR —
L. SORRENTO - FOLCLORE E DIALETTI. I. 4206-4207
Siamo infine lieti di comunicare che Gino Bottiglioni sta pre-
parando uno studio sulla lingue, gli usi e costumi corsi (I. 4206),
di cui è apparso un saggio (I. 4207). E l’ed. Trevisini si è deciso di
comprendere e pubblicare nella Collez. Sorrento il vol. folclorico
destinato alla Corsica.
[Seguiranno al presente Bollettino la II Parte (ZI Poeti dia-
lettali) e la III Parte (7 Dialetti italiani)].
I. 4206 — Grimanpi E., L'Italia I. 4207 — BorttiGLIONI G., La
dialettale = «A Muvra», 17 ma- penetrazione toscana e le regioni di
gchiu 1925. l’omonte nei parlari di Corsica =
1D, IT, f. 2 (1920).
— 782 —
NOTIZIARIO
1. A proposito di « Inventarî di librerie umanistiche ». —
Augusto Mancini, illustrando in questa rivista l'inventario di una no-
tevole raccolta di codici di cui ci conserva memoria una carta lucchese
del 1420 (cir. AEVUM, I, pp. 455 Sgg.), confessa di trovare strana la no-
tazione che vi si incontra di un libro matii poetria. Il M. però soggiunge
che, pur «non essendovi incertezza di lettura », egli crede che non vi
sia dubbio trattarsi della epistola oraziana (art. cit. p. 457).
Questa conclusione mi pare un po’ affrettata e non tale da eli-
minare ogni dubbio. La stranezza della indicazione è affatto apparente.
Accade infatti non di rado di incontrare, nei cataloghi di biblioteche
medievali, dei trattati di arte poetica che non sono di Orazio. Nei
secoli XIII e XIV la fama della epistola oraziana anzi era stata oscu-
rata da altre opere come il Laderintus di Everardo di Germania, la
Poetria di Giovanni di Garlandia, la Poetria nova di Goffredo di Vi-
nesanf, l’Ars versificaria di Gervasio di Melkley e l’Ars versificatoria di
Matteo di Vendòme. È probabile che il codice elencato in questo inven-
tario contenesse appunto il testo della poetica di quest’ultimo. La forma
Matii non è inspiegabile: in una antica inscrizione cristiana troviamo
Mattius per Mattheus (v. CIL. X, 1621) . La denominazione generica
di poetria non può fare difficoità, poichè il tratraro di Matteo.di Ven-
dome è tramandato dai manoscitri con titolo incerto (cfr. Hist. lett.
di la France, XV, p. 427; ENDLICHER, Catal. codd. philo!. latinor. Bibl. Pa-
lat. Vindob., p. 250-251; E. FARAL, Les arts poétiques du XII© et du XIII®
siècle, Paris 10924, pp. 13 sg.), e si sa d'altronde che tali trattazioni ve-
nivano designate nei cataloghi per brevità col nome di foetrie. Inoltre
esiste nella biblioteca in questione un gruppo di codici che rappresen-
tano l'indirizzo della cultura latina imperante nel sec. XIII; e non mi
pare temeraria la supposizione che accanto a testi grammaticali e les-
sicali come il Grecismo, l'Uguccione e il Papia, potesse esistere anche
il celebre testo di rettorica dell’autore del Tobias. Questa conclusione
avrebbe un certo interesse riguardo alla fortuna dell’Ars versificatoria
del Vindocinense che ci è conservata da un numero relativamente ri-
stretto di manoscritti.
Milano
FAUSTO GHISALBERTI
2. — Glozel. — Una terricciola francese sulle propaggini” Nord
del Massiccio Centrale, nel dipartimento dell'Allier, che dista da Vichy,
capo luogo « di cantone » del dipartimento, km. 17 a S. S. E.: è tra la
Loira e l’Allier, a circa km. 11 da questo fiume e ad un'altitudine su-
periore ai m. 600. Ignota fino a ieri, la piccola località ha assunto, in
— 783 —
NOTIZIARIO
questi ultimi tempi e, specie, sullo scorcio del 1927, una notorietà gran-
dissima, per certe scoperte « archeologiche », che, reali od immaginarie
che siano, hanno avuto potere di attrarre l’interesse di illustri uomini
di scienza: indi dispute, dapprima solo calorose, e poi violente fino a
portare i contendenti nelle aule del Palazzo di Giustizia; sicchè ben
presto la « novità » archeologica s’è mutata, data anche la mancanza
d'una ufficiale e definitiva conclusione, in un.... « mistero glozeliano ».
Il campo degli scienziati è decisamente scisso in due schiere pugnaci
di «glozeliani » e « antiglozeliani », al cui comando figurano nomi ce-
lebri, d’ogni parte: il duce dei glozeliani, il «lanciatore » di Glozel è
il dott. Morlet, col quale stanno, Salomon Reinach, conservatore del
museo di Saint Germain, il prof. Camille Jullien e il prof. Loth, membri
dell’Accademia delle Iscrizioni, il prof. Bjorn, dell’Università di Oslo.
Per gli antiglozeliani basti citare, il prof. Dussaud, conservatore del
Museo del Louvre ed il conte Beguin, professore di lettere alla Facoltà
di Tolosa.
La storia delle sensazionali scoperte di Glozel risale al 1° marzo 1924,
quando un agricoltore di Glozel, di nome Fradin, arando un suo campo,
detto « deì morti », dette coll’aratro in alcuni mattoni, sepolti nella
terra, e scoprì, in seguito a ciò, una fossa ovale sotterranea, donde trasse
altri mattoni similari. Si sparse subito la novella di una grande scoperta
archeologica: una società di coltura, in aprile, mandava sul posto al-
cuni competenti, i quali giudicarono, solennemente, che una tomba,
ivi trovata, risaliva a tempi antichissimi. Se non che, poco dopo, in-
dagini non meno autorevoli riconobbero nella pretesa tomba le vestigia
di un forno di vetreria, di qualche secolo addietro: colate di vetro,
infatti, risultavano ancora sui mattoni. Ma, il gennaio del ’25, il Fradin
ricompariva sulla scena e, questa volta, recava trionfalmente una ta-
voletta con cifre incise, e, l’aprile dello stesso anno, trovava — fortuna
grande per lui! — nel dott. Morlet l’appoggio della sua autorità di scien-
ziato. Ciò che fece seguire ad un primo tempo di comune noncuranza
ed incredulità, un crescente movimento glozeliano; gli scavi procedet-
tero alacri e copioso ne divenne il materiale, tanto che lo straordinario
« campo dei morti », lungo una ventina di metri e largo altrettanto,
fu circondato da palizzata; e sì istituì un attiguo Museo Glozeliano
che espone ora circa 3500 oggetti, naturalmente con una regolare tassa
«l'ingresso per i visitatori.
In che consiste la « scoperta » di Glozel? — Gli scavi, praticati nel
breve campo, hanno svelato due tombe e numerosissimi oggetti in esse
contenuti; sì tratta naturalmente di oggetti sacri di carattere votivo,
destinati appunto a tali tombe, o forse «li strumenti di magia, necessarî
da una fattucchiera (ipotesi di Camille Jullien). Questa osservazione ha
tatto esprimere al prof. Loth la persuasione, che Glozel fosse una città
sacra: secondo altri, una necropoli.
Lasciando, tuttavia, la questione della autenticità o meno del
«giacimento o piantagione di antichità », che forma ancora, si può
dire, «l’enimma scientifico o pseudlo-scientifico di Glozel » (vero è che
la Commissione internazionale d'inchiesta, nominata in occasione del
Congresso Internazionale d’antropologia, tenuto ad Amsterdam, il set-
tembre del 1927, ha redatto un lodo completamente antiglozeliano), quelli
che più seriamente hanno destato curiosità e studio e sono stati fomite
Mi
NOTIZIARIO
di aspre dispute, sono i caratteri incisi sui mattoni: è già pubblicata per-
fino una grammatica glozeliana, compilata dal colonnello Saint-Hi-
laire.
Tutti i contendenti, oltre al carattere funerario delle iscrizioni, ri-
conoscono, di conserva, che le lettere glozeliane, non appartengono ad
un unico e noto alfabeto: il dott. Morlet ha fatto notare che vi si tro-
vano tutti, o circa, i caratteri « qui ont constitué les alphabets étrusque,
lydien, libyen, italiotes, ainsi que les fifinar’ berbères, etc. ». Più in dietro
ancora risale il Butavand (G/ozel et ses inscriptions néolithiques, Paris,
Chiron, 1928, Avant-propos, p. 8) il quale pensa «que le glozélien se
rattache peut-étre aux origines paléo-sémitiques, à une époque où la
discrimination des deux courants sémitique et berbère n'’était pas en-
core un fait accompli, ou plutòt à une époque où le berbère était relative-
ment près de cette origine commune ». Ed in realtà, chi ben li osservi tali
caratteri, trova, più che altro, una molteplice complicazione di segni non
nuovi ed una duplice tendenza della scrittura, che, secondo il Butavand
(id, p. 12), «est pratiquée de droite à gauche », alla grafia verticale e
alla grafia obliqua a sinistra. Tutto questo ha destato seri sospetti negli
avversari, tanto, che il prof. Dussaud ha dichiarato sul Matin: « Se le
tavolette trovate a Glozel fossero autentiche, esse proverebbero, ‘che
tutti i popoli della terra sarebbero venuti a Glozel, per cercarvi le loro
lettere alfabetiche ». Invece per uno dei più calorosi glozeliani, Sa-
lomon Reinach, tali caratteri, appunto, forniscono il prezioso elemento
rivelatore di Glozel: « è la grande rivelazione della scrittura neolitica,
tanto più — egli sostiene — che è notevole la mancanza della lettera
B, «introuvable dans les anciens alphabets qui ont précédé le graphisme
gréco-latin ». (Butavand, p. 6). Si tratterebbe, perciò, dato anche il
materiale, dell'importante periodo neolitico, durante il quale la nuova
« phase du développement de l’intelligence humaine fut celle qui ouvrit
au progrès ses véritables voies» (JAcquES DE MORGAN, L’Humanité
préhistorique, Paris 1921, p. 85), periodo caratterizzato appunto dalla
levigazione delle rocce più dure (silice, Jade, diorite, sienite) e dalla
loro stessa lavorazione ed il cui limite inferiore si può fissare, per la
Gallia, la Svizzera e i paesi limitrofi ,verso il XXV sec. a C.
Come si vede, le illazioni sono sbalorditive: di qui la aspra op-
posizione di tanti. — Mistificazione o verità?
Non è nostro intento portare alla questione glozeliana una qualsiasi
soluzione: vogliamo soltanto far notare come ormai, qualunque sia
l'esito finale della contesa scientifica, Glozel ha già raggiunto un suo
fine pratico molto importante, quello cioè di richiamare l’attenzione
non solo degli studiosi, ma anche del pubblico profano sopra queste
ricerche, il che giova indubbiamente alla coltura attraverso una più
fine coscienza del divenire della nostra civiltà.
Milano | PieTRO FERRARINO
3. — Il Mausoleo di Augusto. — Strabone (Geogr., V, 8) dopo
avere descritto il campo Marzio come una delle regioni più amene di
Roma antica, ricorda che i Romani «riguardando questo luogo come
il più sacro e magnifico, qui posero i monumenti sepolcrali degli uomini
e delle donne più illustri ». Già fin dal I sec. a. C. infatti le persone più
ea
Aevum - Anno I - 50
NOTIZIARIO
eminenti venivano sepolte nel campo Marzio e le ceneri di Silla e quelle
di Cesare trovarono qui riposo dalle aspre contese civili, mentre per la
. figlia di Cesare Domizio trovò che il luogo era troppo solenne e glorioso
(Dro Cass. XXXIX, 64 e seg.; RICHTER, 7op. d. Stadt Roms, p. 29).
‘Tra i monumenti funerarî del campo Marzio Strabone ricorda come
il più grande e il più ricco il Mansoleo di Augusto. L’imperatore ne iniziò
la costruzione tra il Tevere e la via Flaminia il 28 av. C. e l’opera con-
dotta non secondo‘i principi sfarzosi dell’Oriente ellenistico, ma ispi-
rata alle tradizioni della vecchia Etruria, fu finita il 27, quel mede-
simo anno in cui, il 16 gennaio, fu decretato ad Ottaviano il titolo ono-
rifico d’imperatore.
« Consisteva — dice Strabone (V, 8) — in un gran terrapieno, su
alta base di pietra bianca, ombreggiato fino alla cima da alberi sempre
fronzuti. In alto la statua in bronzo di Cesare Augusto e in basso i se-
polcri di lui e dei familiari.... Nel mezzo del piano si trova il recinto
(anch’esso in pietra bianca) del suo rogo, circondato da un cancello di
ferro e internamente piantato a pioppi ». All'entrata che da mezzogiorno
conduceva nel sotterraneo erano collocate, su due pilastri, le tavole di
bronzo che noi conosciamo oggi sotto il nome di Monumentum Ancy-
ranum © di Res gestae divi Augusti per mezzo di copie superstiti in Oriente
e che furono come la sintesi delle imprese di Augusto, il suo bilancio e
quasi il suo testamento politico: de tribus voluminibus — dice di esso
Svetonio (Aug. 101) — alterum indicem rerum a se gestarum (Augustus)
voluit incidi in aeneis tabulis quae ante mausoleum statuerentur.
In una data incerta, ma ad ogni modo prima della morte di Au-
gusto furono pure portati davanti al mausoleo quei due grandiosi obe-
lischi graniticìi di cui uno è del 1587 presso S. Maria Maggiore sull’Esqui-
lino, l’altro del 1787 nella piazza del Quirinale. All’intorno si estendevano
boschetti e giardini: era il parco che, come dice Tacito, Augusto populo
suo publicarat.
Nell'intervallo fra il 27 av. C., anno nel quale il Mausoleo fu finito di
costruire, e il 14 d. C., anno della morte di Augusto, l’imperatore fece
ivi seppellire quanti della sua famiglia, a lui più cari, lo precedettero
nella morte; in primo luogo Marcello, suo nipote e genero, il bello e
forte giovane, su cui egli aveva riposto tutte le sue speranze e che Ve-
gilio cantò con dolcissimi versi nell’Eneide. Seguirono Agrippa, Ot-
tavio, Lucio e Gaio Cesare, Druso, e nel 14 d. C. Augusto, e dopo di lui
‘Germanico, Livia, Tiberio, Agrippina e qualche altro; ultimo Nerva,
dopo il quale il Mausoleo si chiuse (Dro Cass., LXIX, 23).
Ad un lungo periodo di reverenza e di ricordo intorno alla mole
Augusta, succedette, iniziata da un assalto di Goti nel 410, l’ età della
decadenza e della profanazione, chè i Goti prima penetrarono nell’in-
terno del sepolcro, sconvolsero le urne, e fecero man bassa su tutto ciò
che era oggetto di valore e si poteva esportare, poi si susseguirono
gli operai delle calcare che dal sec. VIII in poi saccheggiarono i mo-
numenti di Roma per cavarne calce da costruzione e fissarono proprio
nell'interno del mausoleo una delle loro officine. Divenuto poi castello
dei Colonna, fu dai Romani nel 1167 smantellato in odio a tali signori;
nel 1354 fu quivi cremato il corpo di Cola di Rienzo, finchè dopo varie
altre vicende nel ’500 Monsignor Soderini lo ridusse a giardino; nel-
l'ultimo ’700 il marchese Argenteri lo utilizzò per giostre e corride, e
— 786 —
NOTIZIARIO
più tardi fu adibito a sede di una scuola musicale e vi si incluse un grande
salone di concerti. E venne recentemente per il Mausoleo di Augusto
anche l’èra degli scavi archeologici, e già nel 1908 l’ing. Rebacchi nel
ricostruire il salone dei concerti vi intraprese alcune ricerche, che sono
state i prodromi di quelle che con rinnovato ardore di studiosi e di am-
miratori di Roma il prof. Giglioli e il prof. Collini hanno iniziato per
incarico del Governatorato di Roma e il cui esito porterà al rilievo de-
finitivo di tutto quanto potè essere salvato dalla distruzione del tempo
e degli uomini. i
Tali la misurazione del diametro del tamburo base, che risultò di
88 metri, cioè di molto superiore a quanto avevano supposto altri in-
dagatori precedenti, quali il Lanciani; quattro sono poi i muri concen-
trici posti come altrettanti anelli intorno alla parte centrale; negli in-
terstizi fra l’uno e l’altro muro settori e nicchie; un corridoio tra-
sversale che tagliava gli anelli concentrici metteva in comunicazione
l’interno del monumento con le porte rivolte a mezzogiorno. Nel centro
una cella circolare di circa 17 m. di diametro, con parecchie nicchie
per le urne, nel mezzo un grande pilastro secondo il costume degli Etru-
schi. E gli scavi continuano diretti ora a liberare intieramente le celle,
e già ne vennero una statua di Nerva, con iscrizione, le epigrafi di Ot-
tavia e di Marcello, e parte probabilmente della stessa tomba di Ot-
tavia. Scavi dunque archeologici e insieme nazionali, accanto a quelli
che il Governatorato ha intrapreso ai fori di Augusto, di Nerva, di Tra-
lano, al teatro di Marcello, al Campidoglio, e che ci daranno tra poco
una visione sempre più chiara di Roma imperiale.
Milano
GIUSEPPE ANFOSSI
4. — La villa di Orazio nella Sabina. — In seguito agli scavi
del 19II, diretti dal prof. Pasqui e a recenti studi del Lugli (Mon.
Ant. Lincei XXXI, 2°, 1926) pare ormai definitivamente risolta la que-
stione più che secolare, circa l'ubicazione della v://a di Orazio nella Sa-
bina. Le conclusioni, che interessano particolarmente e gli studiosi di an-
tichità e gli amatori del poeta, stabiliscono ormai l’identificazione di
essa con la villa situata alle falde del Colle Rotondo (com. Licenza) in
località Vigne di S. Pietro. In principio, la discussione, sorta in propo-
sito per zelo di studio e amore al poeta, era compresa tutta in questi
termini: «Dov'è la villa di Orazio?» Risposero il Broxpo, il PIAZZA, il
CLUVERIUS, assegnandone il vanto alla Media Sabina, senza però ac-
cordarsi nei particolari. Primo l’HoLSTENIUS, seguito, almeno in parte,
dai compilatori di mappe del Tiburtino e del Lazio antico, nel 1635
rivolgeva lo sguardo degli studiosi alla Bassa Sabina, additando nel
Licenza il Digentia oraziano, in Roccagiovane il fanum Vacunae, in Vi-
covaro, Variae, in Bardela, Mandela, nel monte Germano il Lucretile,
senza maggiormente specificare. Solo nel 1761, D. DE SANCTIS e B. CAMP-
MARTIN DE CHAUPY, mentre si contendevano l’onore della scoperta,
precisavano il sito esatto della villa, nel comune di Licenza. Non tutti
lo riconobbero, non il Rosa (1857), per esempio, che escluse questi avanzi
« perchè appartenenti all’epoca della decadenza » e perchè le indicazioni
= ar
NOTIZIARIO
post fanum putre Vacunae (Ep., I, 10, 49), în montes et în arcem (Serm. II,
6, 16), în arduos tollor Sabinos (Carm. III, 4, 21) meglio corrispondevano
a suo avviso, ai resti trovati al di là di Roccagiovane, presso Madonna
delle Case, alle falde del Colle Poetello)il qual nome lo fece troppo pen-
sare, mentre non è che corruzione di Pogetello, Poggio). Se non che,
a un certo momento, la questione si complicò: alcuni studiosi, troppo
zelanti nel conciliare le due opinioni pin accreditate, vinti dall’entu-
siasmo e dalla frequenza con cui Orazio parla di Tivoli e dell’Aniene,
gli attribuirono un’altra villa in queste località. Ora è sostenibile tale
affermazione? il LucLi la nega affatto, e con buone ragioni: anzitutto,
le allusioni, per quanto accorate (Carm. II, 6, 5) del luogo, non impli-
cano necessariamente che il poeta possedesse ivi una casa (l'avrebbe,
in tal caso, cantata più spesso di quella sabina, perchè in territorio
più nobile) anzi, si spiegano facilmente, se si pensa che il poeta vi do-
veva passare per recarsi nei suoi possedimenti, e forse vi pernottava.
Per quanto poi concerne la frase di SvETONIO: Vixtt plurimum in secessu
ruris sui Sabini ant Tiburtini; domusque eius ostenditur circa Tiburni
luculum, che pare favorevole alla tesi, vale l’interpretazione di C. JuL-
LIEN il quale pensa che il territorio di Tivoli, occupando tutta la bassa
Sabina, poteva chiamarsi col nome generale di Sabino, o col nome del
centro più importante (Tivoli). Augusto infatti lo incluse nella IV re-
gione Sabina e del resto in proposito vedi CATULLO (Carm. 44). In terzo
luogo ai passi citati per provare l’esistenza di una seconda villa (Carm. I, 7
10 (30-27 av. C; H 6, 5 (25-24 av. C.), III 4, 21 (23-22 av. C.). Ep. I,
7, 44 (21-20 av. C.), 18, 11 (21-20 av. C.), Carm. IV 2, 30 (17-14 av. C.),
IV 3, 10 (17-14 av. C.), il LucLI alrri ne oppone (Serm. II, 6, 1 (32
30 av. C.), Ep. I 3I (31-30 av. C.), Carm. II, 18, 11 (25-24 av. .C),
Carm. ITI 11, 47 (23-22 av. C.) posteriori (sec. la cronologia del VOLLMER,
Lipsia 1912) ad alcuni di essi (gli altri da sè soli non hanno valore
particolare) in cui si parla chiaramente di un’unica villa sabina.
Si può chiederne ora la data di donazione: il BoIssiERr la fissa nel-
l’anno 34, altri nel 33 perchè nel Carm. III 8, 9 e sgg. Orazio dice di
aver offerto a Mecenate, in un banchetto, vino riposto nelle anfore
sotto il consolato di L. Volcazio Tullo, che cade appunto nel 33. Ma il Lu-
GLI, seguendo l’UssanI stabilisce l’anno 32. Infatti, egli dice, sappiamo
che il banchetto fu offerto in occasione dello scampato pericolo per la
caduta del pino; che Mecenate guardò con diffidenza il vino (Carm. 1],
20), credendolo proveniente dalle vigne Sabine, e infine che vi furono due
consoli Tulli, uno nel 66, l’altro nel 33. A quale dei due alludeva il poeta?
se al primo, intendeva un vino più vecchio di lui, se al secondo, un vino
anteriore all'anno di donazione della villa. L’autore citato preferisce
quest'ultima ipotesi, perchè lo lusinga il pensare che Orazio abbia pre-
venuto l'obiezione dell'amico « Ma che vino mi dai? il vino cosi cattivo
della tua villa? » affrettando un « No, è un vino che non ho fatto qui,
l'avevo già prima che tu mi donassi la villa ».
lFissato così tutto ciò che riguarda la villa dal lato storico, ossei -
viamo che numerose sono le coincidenze che esistono fra il paesaggio
della valle del Licenza, ove si ritiene esistesse il possesso sabino di Orazio,
e le frasi che il poeta lascia cadere nelle sue lirtche: la forma della valle
che il sole nascente lambisce nel lato destro, i rapidi tramonti dietro
il C. Rotondo che la sovrasta a scirocco, riparandola dai raggì cocenti,
— 7188 —
NOTIZIARIO
la sorgente a poca distanza, poi il fiume in basso, il sito tiepido e tran-
quillo troppo bene richiamano i versi:
Continui montes si dissocientur opaca
Valle, sed ut veniens dextram latus aspiciat sol
Laevum discedens curru fugiente vaporet,
Temperiem laudes.
Ma se questi argomenti non bastano per riconoscere la natura de-
scritta da Orazio, altri ne avanza il Lugli, e cioè:
1) la facilità con cui si spiega il passaggio di Digentia in Licenza;
2) l'identità ormai assodata di Mandela oraziana con Bardela,
in base a un'iscrizione (ZL. XIV, 3482) ivi trovata (1757) (nessun
motivo fa pensare che provenga da altrove) in cui si nomina una « massa
Mandelana, ove la dedicante il monumento aveva fondi. Il NiBBvY poi
ritiene che 11 medievale Bardella, Burdella, sia corruzione. di Mandela;
3) il passaggio evidente di Vicus Wariae in Vicovaro, Anche la
tavola Peutigeriana segna sulla Via Valeria a 8 miglia da Tivoli, fianco
destro dell'Aniene, una borgata, Nariae, ancora in efficienza nel VII sec;
4) Inoltre il post fanum Vacunae va inteso nel senso che la villa
era situata dietro, cioè al di là del tempio di Vacuna, rispetto natural-
mente a chi giungeva da Roma o da Tivoli. Ora i resti dell’edificio sup-
posto di Orazio si trovano proprio oltre Roccagiovane, dove, attissa al
muro di quella che ora è la sede del Comune, un’iscrizione ricorda il
restauro fatto da Vespasiano a un tempio della Vittoria in rovina (IL.,
XIV, 3485). Appunto la dea Vacuna è idenficabile con la Vittoria,
come riconobbe anche l’HoLstENUS valendosi di un passo della Pseudo
Acrone (Scholta, KELLER, Lipsia 1902-04, II, p. 245);
5) si aggiunga, infine, la sopravvivenza del casato degli Orazi,
ORATI, nel territorio fra Tivoli e Licenza, riscontrata dall’UssaANI fino
in carte del princ. del sec. XIV, conservate nell’arch. munic. di Licenza.
A questo punto per togliere l’ultimo dubbio sulla posizione esatta
della villa, esaminiamo ancora con la scorta del Lugli tutte le antichità
della valle. Le uniche ville che potrebbero gareggiare con i restidi Licenza,
sono quelli a Capo le Volte, o Formello, presso Roccagiovane, e quelli
a Prato Le Corte; quest’ultima va senz'altro esclusa, perchè essenzial-
mente rurale, troppo vicina alla via Valeria, non addossata al monte,
poi priva di sorgente, sita prima e non dopo il fanum Vacunae (iden-
tificato in Roccagiovane). L'altra, già dal Rosa, Dis VERGES, Bols-
SIER, attribuita ad Orazio, non presenta vestigia d'età romana, è, ve-
ramente alle falde del monte, post fanum Vacunae presso una sorgente,
ma non în reducta valle, poi troppo lontana dal fiume, che lambiva in-
vece, allagandola durante le piene, la proprietà del poeta. Adunque
caso strano, molti argomenti a favore dell'identificazione suddetta;
nessuno in contrario, a meno che non si voglia considerare tale, il fatto
che non si trovarono frammenti di vasi greci, in cui Orazio stesso so-
leva riporre il vino, né le pitture licenziose ricordate dallo PsEuDo
ACRONE, né il cubiculus speculatus di cui parla SvetoNIO (Vita Horatii).
La villa del poeta vien dunque, con gli ultimi studi, collocata, con buone
ragioni, nel territorio di Licenza; nel complesso si rivela dimora di tipo
signorile, ma severa, senza lussi: uma casetta (12 stanze e due cortili)
— 789 —
NOTIZIARIO
un bagno completo aggiuntovi, un quadriportico con piscina e hortns
costituiscono il corpo del fabbricato. Intorno bosco di querce ed elci
alle falde del Lucretile (Colle Rotondo) e nel bosco il fons e il rîvus; ager
seminato a segetes, fruges, frutteto e vigna e ove la vite si sposava
all’olmo e all’ulivo, il resto, prati. Belli i mosaici trovati, esempi no-
tevoli per finezza di disegno ed esecuzione, belle le pitture che per
la loro vivacità si rivelano opera di artista non comune, e soprattutto
belle le figure umane fra cui spicca un Bacco giovane ignudo, chiaro
su fondo giallo. Era dunque poi tanto piccolo quello che il poeta chia-
mava agellus, angulus, villula? Sì, se lo confrontiamo con le ville dei
grandi personaggi romani, di Cesare, Mecenate, ecc. Ma questo che
importava ad Orazio? Il suo ottimismo epicureo gli suggeriva, con l’amore
alla campagna: parva domus magna quies.
Milano
Rina LOCATELLI
5. — Testi greci recentemente scoperti. — Poichè il nuovo
fascicolo di Aegyptus tarderà ancora qualche settimana ad uscire, non
voglio rimandare ancora l’annuncio della pubblicazione di due importanti
volumi nel campo della papirologia greca, volumi che cì procurano nuovi
testi greci, che erano andati perduti. Si tratta del XVII volume degli or-
mai celebri papiri di Ossirinco (The Oxyrhynchus Papyri part. XVII edit.
by A. S. Hunt, London, Egypt Expl. Society, 1927) e del Catalogo dei
papiri letterarî del Museo Britannico (Catalogue of the literary papyri
in the British Museum ed. by H. ]J. M. MiLnE, London, Trustees, 1927).
Fra i testi liturgici e teologici noto un dialogo antigiudaico; fra ì testi
classici un nuovo frammento del catalogo Esiodeo, del libro II di Saffo.
forse del Nauplio di Sofocle, del Piritoo di Euripide, e soprattutto degli
Aetia di Callimaco, un frammento di Chronica di Flegone di Tralle,
una vita di Esopo, un curioso encomio del fico, commenti retorici, un
glossario, un frammento latino che tratta di Servio Tullio, e un frammento
giuridico latino. Nel volume del Milne, oltre la riedizione e la biblio-
grafia di testi già prima pubblicati, noto un lungo frammento del II libro
dell'Iliade seguito da una introduzione in prosa; frammenti del cata-
logo di Esiodo, dei Fenomeni di Arato, di epici sconosciuti, di una
lirica monodica che è forse il lamento del Sole per IFetonte, di un inte-
ressante frammento lirico drammatico alessandrino, di giambi di Si-
monide di Amorgo, di un epicedio di Partenio per Timandro, dell’Ippolito
di Euripide, di retori, di filosofi, di critici, ecc.
La notizia di tali scoperte giovi a quei lettori che ancora ignoras-
sero quante e quali sorprese le papirologia egiziana ancora riservi alle
conoscenze della letteratura antica, segnatamente della greca.
ARISTIDE CALDERINI
6. — La topografia dei «Promessi Sposi». — Su questo di-
sputato tema il Bindoni pubblicò due volumi (1), ma non s’illuse perciò
di aver esaurito l’argomento e chiuso i dibattiti: credette anzi che un
(1) G. BixponI - La topografia del romanzo I Promessi Sposi. Milano, Rechie-
dei, 1895. °
— 790 —
NOTIZIARIO
lavoro più proficuo avrebbe potuto fare chi risiede sul luogo. Restava
dunque qualche punto da illuminare, qualche conclusione da rettifi-
care, qualche indagine da fare ex novo: e il prof. Spreafico, nato e
cresciuto nei luoghi manzoniani, se ne assunse il compito. Natural-
mente egli riprese solo le questioni più mal certe: cioè quelle riguar-
darti il palazzotto di don Rodrigo, le terre ed il castello dell’Inno-
minato, il paese degli sposi: questioni che sono poi le capitali.
Egli esplorò a palmo a palmo (non è una frase) il territorio di Lecco
con i Promessi Sposi nella mano destra e gli Sposi Promessi nella mano
sinistra; notò le varie prospettive di un medesimo luogo; rifece i viaggi
di don Abbondio, di Renzo, del Padre Cristoforo, etc., computando il
tempo e i passi richiesti per passare da sito a sito: tutto con amore ed
intelligenza, senza pregiudiziali e senza proporsi un punto d’arrivo. Ora
nel suo libro, che io qui presento, dice a chi vuol leggere quel che ha
trovato (*).
Certamente al M. non capiterà di far tramontare il sole dietro il
Resegone; ma lo Spreafico ha trovato un bel gruppetto di assurdità
e di contraddizioni, che si leggono con vera curiosità e che stan lì a
dimostrare, se mai ce ne fosse bisogno, che il M, non aveva rinun-
ciato alla fotestas quidlibet audendi. Tanto meno poi aveva mnun-
ciato al bel gusto di lasciare innominati i luoghi e di prendersi gioco
con insinuazioni ironiche e contraddizioni di quei critici (oh li preve-
deva egli!) i quali avrebbero scambiato la sua opera d’arte per una
guida del territorio di Lecco. Ma lo Spreafico ha forse trovato che,
ad esempio, i particolari decorativi e descrittivi si attagliano bene con
località particolari e designabili: e questo, con buona pace di altri
critici, viene a dire che il M. fu capace di rivivere il mondo dell’espe-
rienza, fu sensibile alle immagini reali e visive, nè vagolò punto nel
dominio assoluto della fantasticheria. Questo appunto di sceverare
nell’armoniosa unità dei Promessi Sposi l’elemento reale da quello in-
ventivo è il merito e la ragione del libro dello Spreafico.
In alcune pagine è rilevato accidentalmente che la topografia de-
gli Sposi Promessi tende ad essere fotografica; laddove nei Promessi
Sposi, il M. si lascia andare a maggiore libertà e ha un maggior vi-
gore creativo: approfondendo questo studio comparativo della topo-
grafia nelle due redazioni del romanzo, si potrebbe arrivare all’alta
critica, cioè all'analisi della potenza inventiva manzoniana nel suo
ascendere e culminare.
Milano
A. POLVARA
7. — Le tradizioni popolari siciliane. — Hanno avuto quest'anno
la ventura di essere esaminate e illustrate largamente da studiosi di
varie tendenze. Segnaliamo quella che fa capo a Raffaele Corso. Egli
stesso ha pubblicato una breve memoria sullo «sviluppo storico del
folklore siciliano « (in Atti del secondo Congresso Nazionale di Chimica
pura ed applicata, Palermo, 10927, p. 1508-1620), nella quale sono esposte
(2) A. SPREAFICO - La topografia dei Promessi Sposi nel territorio di Lecco. Lecco
E. Bartollozzi, pp. 131.
— 101—
‘ NOTIZIARIO
dee chiare e vive sull’opera del Vigo e del Pitrè. Dei canti raccolti
dal primo è detto che sono «inattendibili come documenti filologici,
perchè l’ortografia è male adoperata »: questa osservazione e, direi,
preoccupazione di un folclorista fa piacere a noi che auspichiamo un
accordo tra filologi e folcloristi circa la grafia da usarsi per i docu-
menti popolari in dialetto. Per il Pitrè, è ben messo in rilievo l’in-
tuito e il metodo scientifico del grande studioso palermitano. Certo
anche le sue raccolte lasciano a desiderare dal punto di vista filolo-
gico, per avere egli usato una grafia piuttosto etimologica, ma, nono-
stante ciò e alcune piccole mende, giustificabili nella vasta e monu-
mentale opera, il Pitrè rimane il maestro di quelli che sanno.
Un volume su «Gli studî delle tradizioni popolari in Sicilia » (ed. San-
dron, Palermo) ha pubblicato, in questi ultimi giorni. l’infaticabile Gius.
Cocchiara, È un lavoro che ha una linea. Noi abbiamo discusso qualche
Opinione espressa da questo giovine studioso nelle sue opere, abbiamo
dato il benvenuto al suo manualetto (Hoepli) sul Folclore italiano,
augurando che una seconda edizione sia più ampia e degna del mo-
vimento odierno degli studî folclorici, abbiamo fatto le nostre lodi
all’ottimo suo studio sulle vasrasate siciliane; adesso ci rallegriamo
per questo nuovo contributo portato al folclore. Il Cocchiara padro-
neggia la materia e mostra di essere in continuo progresso nell’eser-
cizio scientifico della sua disciplina. Ci sarebbe da fare qualche pic-
cola osservazione, ma non la facciamo, in questa notizia di ncces-
sità breve, chè, per contrapposto, dovremmo anche mettere in evi-
denza i numerosi e cospicui pregi del volume. Solo vorremmo dire
che alla innegabile serietà di esso nuoce un po’ una puntata finale di
spirito aspramente polemico. Chi conosce la via dolce e severa della
scienza che ne sospinge, vorrebbe consigliare, specialmente a giovani
operosi come il C., di sapere padroneggiare anzitutto il proprio animo,
anche se risentito.
L. SORRENTO
8. — È annunciato per il 21 aprile prossimo un I° Congresso
Nazionale di Studî Romani da tenersi in Roma sotto gli auspici di
S. M. il Re, e dell'on. Mussolini, presieduto dal Ministro Fedele e dal
Principe Spada Potenziani, governatore di Roma; fanno parte della
Giunta Direttiva i professori Scialoja, Calisse, Giglioli, Muîos, Benci-
venga e il dott. Delli Santi: segretario generale del Congresso è il
prof. Carlo Galassi Paluzzi, preside dei corsi superiori di Studî Romanis
« Il rinnovellato amore per Roma e la romanità ed il nuovo fervore
di studî intesi ad una miglior conoscenza di questi due termini sacri
alla Storia » dice il bando del Congresso « hanno fatto sentire il bi-
sogno di organizzare in modo sempre più vasto e sicuro, e quindi dì
iniziare una serie periodica di congressi destinati a facilitare un’intesa
fra gli studiosi, fonte necessaria d’ogni vasta opera collettiva, e a lu-
meggiare in pari tempo i più importanti problemi inerenti agli studî
romani. i
Il Governatorato di Roma, d’accordo con il Governo Nazionale,
ha l’onore di invitare gli studiosi italiani, e quegli studiosi stranien
che nella loro qualità di Presidi di Istituti residenti in Roma e di
NOTIZIARIO
Membri di Accademie italiane sono ospiti graditissimi fra noi, a pren-
der parte al Primo Congresso Nazionale di Studî Romani e in pari
tempo ha l'onore di invitare le Accademie, le Università e altre Asso-
ciazioni culturali a voler inviare i loro rappresentanti al Congresso.
L'organizzazione del Congresso è stata affidata all’Istituto di Studî
Romani (Roma 112, piazza dell'Orologio 4, Palazzo dei Filippini) ».
Il Primo Congresso Nazionale di Studî Romani sarà divisa in un
certo numero di Sezioni e di Comitati.
Ad organizzare i lavori delle Sezioni e dei Comitati è nominato
un gruppo di studiosi dalla Giunta Direttiva, ai membri della quale
è riservata la presidenza delle Sezioni medesime.
SEZIONE ANTICHITÀ: Presidenza: prof. G. Q. GIGLIOLI.
SEZIONE MEDIOEVO: Presidenza: prof sen. CARLO CALISSE.
SEZIONE RINASCIMENTO ED ERA MODERNA: Presidenza:
prof. ANTONIO MuNos.
SEZIONE ERA CONTEMPORANEA: Presidenza: gr. uff. DOoME-
NICO DELLI SANTI.
COMITATO DISCIPLINE GIURIDICHE: Presidenza: prof. sen.
VITTORIO SCIALOJA.
COMITATO LETTERATURA E FILOLOGIA: Presidenza: prof.
VITTORIO RoSSI.
COMITATO ARTE E ARTISTI: Presidenza: prof. TonmASo BEN-
CIVENGA. |
COMITATO DISCIPLINE SCIENTIFICHE: Presidenza: prof.
FeDERICO MILLOSEVICH.
Del Comitato d’onore fanno parte fra altri il prof. Bartolomeo
Nogare, Direttore Generale dei Musci Pontifici, il prof. Pio Paschini
del Pontificio Seminaria Lateranense e il P. Pietro Tacchi Venturi S. J.
dell'Istituto di Studî Romani.
AGC:
Le numerose
RECENSIONI
preparate per questo fascicolo sono state per abbondanza di
materia rimandate al prossimo numero.
— 7193 —
LIBRI RICEVUTI
Bruno Mosca, La satira filosofico-sociale in Orazio, pp. 93. Chieti,
Grafiche Bonanni 1926,
Bruno Mosca, La psicologia politica di Catullo [= Estratto Atene e
Roma, nn. 1, 2; 1927].
Bruno Mosca, La pazzia universale (interpretazione delle ZEumenides
di Varrone. [Estratto Terra Vergine, Ann. II, fasc. 28, 29), Te-
ramo, La Fiorita, 1927.
Bruno Mosca, La satira politica in Lucilio {| Estratto Annuario Gin-
nasio Teramo 1924-25). Teramo, La Fiorita, 1927.
SopPHocLIs, Trachinias, edit. R. Cantarella, pp. xi1i-104. Napoli-Ca-
strogiovanni, 1920.
BragIo PAcE, Camarina, con 69 illustrazioni e 2 carte topografiche
[= Collezione Sicilia Antiqua], pp. x-165. Catania, Tirelli, 1927,
ERICH STOLTE, Der Faliskiche Dialekt, Inaug. Diss. 8°, pp. 63, Minchen
Hòfling, 1920.
RoBERTO PARIBENI, Optimus princeps, 2 vol., pp. v-340-321. Messina,
Principato, 1927.
UNIVERSITA’ DI UpsaLa, Symbola Litteraria, 89, pp. 365. Upsala, Almqvist
et Wiksells, 1927.
FRANCECCO STABILI, L’Acerba a cura di A. Crespi, pp. 49I, Ascoli
Piceno, Cesari, 1927.
GENNARO MARIA MonTI, Le confraternite medievali dell'Alta e Media
Italia, 2 vol., pp. xIv-309-183, Venezia, La Nuova Italia, 1927.
FRANCESCO LANZONI, Le diocesi d'Italia dalle origini al princ. del sec. VI®,
2 vol., pp. xI11-1122. l‘aenza, Lega, 1927.
GIovannNI DE CAFSARIS, Memorie Francescane Pennest, pp. 40, Lan-
ciano, Mancini, 1927.
G. B. PicoTTI, La giovinezza di Leone X il Papa del Rinascimento, 106°,
pp. 738, Milano, Hoepli, 1927.
AmBRrosIaNUS, Soluzione possibile della Questione Romana, 16°, pp. 23,
Milano, Bestetti ec Tuminelli, 1927.
FRANCESCO PETRARCA, La vita solitaria, pp. XXII-159, Milano, Hoepli,
1927.
FRANCESCO PETRARCA, Z/ mio segreto, pp. XXxIx-190, Milano, Hoepli,
1927.
GIOVANNI PINZA, Storia delle civiltà antiche, pp. x-3806 con 94 tavole,
Milano, Hoepli, 1923.
GiusEPpE CATTANI, Sentire e volere, pp. xv-580, Milano, Hoepli, 1928.
— 794 —
LIBRI RICEVUTI
GIOVANNI SEREGNI, Don Carlo Trivulzio e la cultura milanese, pp. xI-
278, Milano, Hoepli, 1927.
PiETRO PaoLo GEROSA, L’umanesimo agostiniano del Petrarca, Parte I:
L'influenza psicologica, pp. 159, Torino, Soc. Ed. Intern., 1927.
J. SvENNUNG, De auctoribus Palladii, pp. 124, Gottburg, Elanders
Boktr., 1927.
CaRL WEYMANN, Beitrage zur Geschichte der Chyistiich-Lateinischen
Poesie, pp. x11-308, Munchen, Max Hueber, 1926.
PRÙMMER DomIin. U. O. Pr., Manuale Juris Canonici in usum scholarum,
Editio IV et V aucta et secundum recentissimas decisiones Romanas
recognita, in 8° (xLIV et 720 p.). Friburg. Brisg., Herder, 1927.
[Manuale ad uso delle scuole, che sarà utile e gradito, non solo
agli studenti, ma anche agli insegnanti e a quanti desiderano di avere
in compendio l’amplissima materia del diritto canonico, che è raccolta
completa in opere di grande mole e non sempre agevoli a consultarsi.
Il pregio del lavoro, oltre che in questa sapiente concisione, consiste
nella disposizione della materia corrispondente in buona parte a quella
seguita nel nuovo Codice del Diritto Canonico, nella perspicuità, nella
facilità dell’esposizione, nel grande senso pratico, con cui il volume è
condotto.
Nella sobria introduzione si fa il dovuto posto alle questioni fon-
damentali del diritto canonico; si dà un catalogo illustrativo dei prin-
cipali canonisti e delle fonti del diritto.
In appendice sono raccolti utili informazioni e indicazioni sul modo
di trattare con la Curia Romana, si riportano formularî di atti della
medesima, dichiarazioni autentiche relative all’interpretazione del Co- .
dice, e infine segue, assai utile, un buon indice alfabetico.
Il Prof. Primmer ha reso un ottimo servizio agli studiosi].
FRANCESCO LANZONI, La controriforma nella città e diocesi di Faenza,
pp. 316, Brescia, Stabil. Grafico F. Luga, 1925.
ETtToRE PARATORE, La movella in Apulejo, 16°, pp. 264, Palermo,
Sandron, 1928.
LoRrENZo DaLmasso, Virgilio e la vite (riflessì del carattere di Virgilio
nel poema delle Georgiche) [Estr. Atti R. Accad. Virg. di Man-
tova] pp. 38, Modena, Tip. Mod. 1927. |
}°. J. M., DE WAELE, The magic staff or rod in Graeco-italic Anti-
quity, 16°, pp. 222, Nijmegen, 10927.
— 7959 —
ABBREVIAZIONI ®
AAD = Architettura e arti decorative.
A DB = Annales de Bretagne.
A E = Aegyptus.
AEL = Archivio per l’etnografia della Lunigiana.
AGI = Archivio glottologico italiano.
ATC = Annali dell’Italia cattolica.
ALB = Albori.
AR = Archivum romanicum.
A RC = Arcadia - Atti dell’Accademia e scritti dei Soci.
ARIV = Atti del R. Istituto Veneto.
ASC = Archivio storico di Corsica.
ASDS = Archivio di storia della Scienza.
ASL = Archivio storico Lombardo.
ASDL = Archivio storico della città e diocesi di Lodi.
ASLS = Atti della Società Ligure di Storia Patria.
ASPP = Archivio storico per le provincie Parmensi.
ASS = Archivio storico Sardo.
ASSI = Archivio storico per la Svizzera Italiana.
ASSO = Archivio storico per la Sicilia orientale.
ASSS = Atti della Società Savonese di Storia Patria.
AT = Archeografo Triestino.
ATH = Athenaeum.
AU = Augustea.
AVT = Archivio Veneto-Tridentino.
BAP Boll. della R. Accad. di scienze, lettere e belle arti di Palermo.
BER = Bergomum.
BIL = Bilychnis.
BMAH = Bulletin du Musée d’Art et d’Histoire.
BR = Brutium.
BSBS = Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino.
BSIYF = Bollettino della Società Filologica Friulana.
BSPNX =: Bollettino Storico per la Provincia di Novara.
BSPU = Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria.
CAL = Calabrese.
CI = «Ce fastu? » Bollettino uftic. della Società Filologica Friulana.
CM = La Cultura Moderna. |
CO = Corvina, Rivista di scienze, lettere, ecc. (Budapest).
* Si riferiscono all'ultimo fascicolo soltanto.
TO
ABBREVIAZIONI
DAR = Dacoromania.
D P = Diritto e Politica.
E N = Educazione Nazionale.
ES = Escursionista. ù
FC = Folklore (già Folklore calabrese).
FE = Femmina.
FFC = Folklore Fellows Comunications dell’Accad. finlandese di Scienze.
FI «= Folklore Italiano.
FL = Folk-Lore, rivista inglese.
GA =« Gli Artisicatori.
G PL = Giornale di Politica e Letteratura (Lucca).
GSLI = Giornale Storico della letteratura italiana.
GSLL= Giornale Storico-Letterario della Liguria.
IC = IUlustrazione camuna.
ICS = Italia che scrive,
ID = L'Italia dialettale.
IL = Il Lupo.
IM = Il Marzocco.
JP = Journal de Psycologie norm. et path.
LAD = le Arti decorative.
LAR = L’Archiginnasio.
LC = La Cultura.
LCR = La Critica.
LEO = Leonardo.
LIO = L'Italia d'oggi.
LL = La Lettura.
LP = La Panarie.
LPI = La Pié.
LS = La Siciliana.
LU = L'Universo.
MDI = Mercure de France.
MDM = La Musa dialettale Marchigiana.
MED = Mediterranea (Cagliari).
M Ph = Modern Philology.
NA = Nuova Antologia.
NO = Novaria.
NOS = Nosside.
N PhM = Neuphilologische Mitteilungen.
NRS = Nuova Rivista Storica.
NSM = Nuovi Studi Medievali.
PDN = Provincia di Novara.
PSSC = Periodico della Società storica d. Prov. e antica dioc. di Como.
RA = Revue archéolbgique (Parigi).
RCC = Rivista Critica di Cultura Calabrese,
RDA = Rivista di Antropologia.
RDB
I
Rivista di Bergamo.
— 797 —
ABBREVIAZIONI
REH = Revue des études hongroises et finno-ongriennes.
RETP = Revue d'Ethnographie et des trad. pupulaires.
RHF = Revue d'histoire franciscaine.
RIA = Rivista d'Italia e d'America.
RIFD = Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto.
RISB = Revue de l'Institut de Sociologie, di Bruxelles.
RLR = Revue de linguistique romane.
RLU = Rassegna del Lazio e dell'Umbria.
RN = Rassegna Nazionale.
RO M = Romania.
RP = La Rassegna, del Pellizzari.
RSAA = Riv.distoria, arte, archeologia per la provincia di Alessandria.
RSAN = Rivista di storia, arte, archeologia per la prov. di Novara.
RSFF = Rivista Società Filologica Friulana.
RSR = Rassegna storica del Risorgimento,
RV = Rassegna Volterrana.
RVT = Rivista della Venezia Tridentina.
SI = Sicilia, Rivista mensile.
SR = Studî romanzi.
ST = Studî Trentini.
TLS = Times Literary Supplement.
TYR = Tvrrhenia.
UNITI = Rivista dell’Unione Nazionale Industrie Turistiche Italiane.
VDI = Le Vie d’Italia.
WZV = Wiener Zeitschrift fiir Volkskunde.
ZFO = Zeitschrift fiir Ortsnamenforschung.
ZRTITh = Zeitschrift fiir romanische Philologie,
ZVV = Zeitschrift des Vereins fiir Volkskunde.
— 798 —
INDICE GENERALE DELL’ANNATA
AVVERTENZA: & ed È Lee a A peo 3
AGOSTINO GEMELLI O. F. M., L'ordinamento delle Facoltà di
lettere nelle Università cattoliche straniere . . . >» 5
Inedita et rara:
GIOVANNI GALBIATI, Vergilius latine et Graece in Palim-
psesto codice Arabico . . . . eo 49
PaoLOo REVELLI, Un trattato PRENOTA di isa
Moleti: « Discorso che il re cattolico sia il maggior
principe del mondo e [1580-81] con 2 illustrazioni . » 417
Avousto Mancini, Inventari di librerie umanistiche. . » 455
P. AntToNnIo BeLLuccI D. O., Il «De Origine Oratori) »
(Opuscolo inedito del Cardinale Cesare Baronio) . » 625
Bollettini bibliografici:
AmBRrogiIo Battini, India (1915-1924). .../.... 0» 71
CAMILLO CESSI, Letteratura greca, parte l (1923-1925) . » 283
GIOVANNI SORANZO, Storia del Papato (1923-1925) . . . » 359
CarLo CoNTI Rossini, Etiopia (1925-1927) . . . .... >» 459
CamiLto CESSI, Virgilio (1919-1925) . ././..... +. » 521
Luci SoRRENTO: Folclore e dialetti d’Italia (1925-1927) . » 635
Recensioni:
KUMANIECKI C. F., Quo temporis ordine Vergilius singulos
Jdeneidos libros elaboraverit (Fel. Ramorino) . . . » 387
Soria DoLENZ, Le Commedie latine di Suor Rostita (Feli-
CES RAMONNO) aa e e a o» 03
Luigi PARETI, Le origini etrusche I° (Giul. Giannelli) . . » 394
Forma Italrae, I 1 ed. Jos. Lugli (Ar. Calderini) . . . » 398
CHARLES BALLvy, Le langage et la vie (G. B. Pighi). .. » ‘417
J. B. HorMann, Lateinische Umgangssprache (G. B. Pighi) » 589
4 Manual of Navaho Grammar. Arranged by Fr. BERARD
HAiLE O. F. M. Of the Cincinnati Province of St.
John the Baptist (A. Ballini) ./././....... >» 592
— 799 —
INDICE GENERALE DELL’ANNATA
Notiziario: 1. À proposito delle prime stampe in Italia (P.
Rotta) — 2. La critica nel testo nelle iscrizioni an-
tiche (A. C.) — 3. Pubblicazioni in preparazione
dell’Università Cattolica dell’ Ovest (Angers) —
4. Necrologie (Pascal, Pistelli, Comparetti) (Felice
Ramorino) L00066 060 + + pag. 408
1. Ancora per la tradizione delle opere del Colu-
mella (J. Trotzti) — 2. « Historia » Studi storici per
l'antichità classica, fondati da Ettore Pais, nuova.
serie (Aristide Calderini). — 3. Le onoranze al Prof.
Felice Ramorino. — 4. La scienza del linguaggio.
— 5. A proposito del testo del De docta ignoran-
tia del Cusano (Paolo Rotta). — 6. Pompei e i Cristiani
(A. Calderini). — 7. L'esplorazione di una fortezza
dei Crociati in Palestina (A. C.). — 8. Il Congresso
geografico di Milano (Paolo Revelli). — 9. Congresso
di linguisti all’Aja nella primavera 1928. — 10.
Congresso geografico internazionale di Cambridge.
— 11. Programmi dei corsi di lettere dell’Univer- |
sirà Cattolica del Sacro Cuore per l’anno scolastico i
1927-1928. — 12. Isidoro Del Lungo (Carlo Calca-
terra). — 13. Walter Amelung (Pietro Romanelli).
—- ig. Euigr Cecl a di por dle a
I. A proposito di inventarî di librerie Umanistiche
(F. Ghisalberti). — 2. Glozel (P. Ferrarino). — i
3. Il Mausoleo di Augusto (G. Anfossi). — 4. La
Villa di Orazio nella Sabina (AR. Locatelli). — 6. Te-
sti greci recentemente scoperti (A. Calderini). — 6.
La topografia dei Promessi Sposi (4. Polvara). —
7. Le tradizioni popolari siciliane (L. Sorrento). —
8. Il 1° Congresso Nazionale di Studî Romani (A. C.). » 783
j
4
|
—-— —— i si fi =. =
» 593
Libri ricevuti < ./.0.0.00 +++ + + pag. 412, 621, 795
Abbreviazioni, . LL 2264 413, 623, 798
ILLUSTRAZIONI
Codice palimsesto arabo greco latino della Biblioteca Am-
DIOSIANA: a ue i Me e i e È £ Agi. 56
Codice Ambrosiano di Giuseppe Moleti . ......... * 455
Codice del «De origine Oratorji » del Baronio . ..... » 625
Pio Bondioli, direttore responsabile
Unione Tipografica — Milano (114), Corso Roma. 98.
— 800 —
PUBBLICAZIONI DELLA UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Volumi recentemente pubblicati:
Serie prima. - Scienze filosofiche:
RotTA PaAoLo, IL CARDINALE NICOLÒ DI CUSA. LA VITA ED
IL PENSIERO, volume in-8 di pagine XII-466, L. 20.—
Serie seconda. - Scienze giuridiche:
ZanzuccHi Marco TuLLio, LE SUCCESSIONI LEGITTIME, vo-
lume in-8 di pagine XII-223, 1926, L. 15.—
DeLITALA Giacomo, IJ, DIVIETO DELLA REFORMATIO IN
PEIUS NEL PRÙ-*3SO PENALE, volume in-8 di pagine
XII-220, L. 12.—
Cicu ANTONIO, LA FILIAZIONE, vol. in-8 di pag. VIII-216, L.12.—
STUDI DEDICATI ALLA MEMORIA DI PIER PAOLO
ZANZUCCHI DALLA FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA,
volume in-8 di pagine 528, con un ritratto, L. 30.—
Racci Luici, DELLA LEGGE PENALE E DELLA SUA AP-
PLICAZIONE, volume in-8 di pagine 130, L. 10.—
OSSERVAZIONI INTORNO AL « PROGETTO PRELIMINARE DI
UN NUOVO CODICE PENALE - AGOSTO 1927 - ANNO V »,
volume in-8 di pagine VIII-224, L. 12.—
Serie terza. - Scienze sociali:
VuoLI Romeo, IL MUTUO SOCCORSO E IL CREDITO POPOLARE,
volume in-8 di pagine 80, L. 4.—
Serie quarta. - Scienze filologiche:
GHEDINI Giuseppe, LE CLAUSOLE RITMICHE NELLA HI-
STORIA PERSECUTIONIS AFRICANAE PROVINCIAE DI
VICTOR DE VITA, volume in-8 di pagine 80, L. 6.—
RACCOLTA DI SCRITTI IN ONORE DI FELICE RAMO-
RINO, volume in-8 di pagine XXIV-707, con un ritratto e
numerose tavole fuori testo, L. 75.—
SORRENTO Luici, FRANCIA E SPAGNA NEL SETTECENTO,
BATTAGLIE E SORGENTI DI IDEE, volume in-8 di pa-
gine XII-324, L. 15.—
Serie quinta. - Scienze storiche:
NASALLI-Rocca Emitio, IL TRASFERIMENTO DELLO STUDIO
a DA PAVIA A PIACENZA, volume in-8 di pagi-
ne 64, L.
Gunni GiuLIo, LA MAGNA GRECIA DA PITAGORA A PIR-
RO, volume in-8 di pagine VIII-112 con tre tavole fuori
testo, L. 10.—
Serie settima. - Scienze religiose:
ANNA CRIsToroOLI, IL PENSIERO RELIGIOSO n P. GIOAC-
CHINO VENTURA, volume in-8 di 10.—
PAapovanI UMBERTO A., VINCENZO CICRERTÌ E E IL CATTO-
LICISMO: UNA PAGINA NELLA STORIA MODERNA
DELLA CHIESA, CON DOCUMENTI INEDITI, volume in-8
di pagine X1I-560, L. 35.—
In corso di sfampa:
Serie prima. - Scienze filosofiche:
CONTRIBUTI DEL LABORATORIO DI BIOLOGIA E PSICOLO-
GIA (serie terza).
Serie seconda. - Scienze giuridiche:
RoBERTI MELCHIORRE, STORIA DEL DIRITTO PRIVATOIN ITALIA.
Serie quinta. - Scienze storiche:
CALDERINI ARISTIDE, AQUILEIA ROMANA (Ricerche di storia e di
epigrafia).
Soranzo GiIovannI, IL PAPATO E I SUCCESSORI DI GENGYS
KHAN.
Serie ottava. - Scienze statistiche:
CONTRIBUTI DEL LABORATORIO DI STATISTICA (serie prima).
SOCIETÀ EDITRICE “VITA E PENSIERO,,
PERIODICI
VITA E PENSIERO, ‘Rassegna Italiana di coltura redatta dai
professori AGOSTINO GEMELLI, V. NECCHI, F. OLGIATI.
Si pubblica mensilmente.
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RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA, pubblicata per
cura della Facoltà filosofica dell'Università Cattolica del
Sacro Cuore.
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RIVISTA INTERNAZIONALE di scienze sociali e discipline
ausiliarie fondata da Mons. SALVATORE TALAMO e dal
prof. GiusePPE TonIOLO, pubblicata a cura dell’ Uni-
versità Cattolica del Sacro Cuore.
Abbonamento annuo per l’Italia e Colonie L. 40, per l'Estero L. 50.
Ai prezzi suddetti si aggiungano centesimi 30 per ogni abbo-
namento per la tassa di bollo e la quota dovuta alla Cassa
di Previdenza dei Giornalisti.
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diretta dal Prof. ARISTIDE CALDERINI, con l’assistenza
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complessive pagine 400 circa.
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l'Università Catt. del S. Cuore, via S. Agnese, 4 - Milano (108).
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MAY 28 1932
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